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CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE SULLA COMUNICAZIONE

PERSUASIVA E IL NEUROMARKETING
Mera esposizione = La mera esposizione contribuisce a rendere più accettabile un messaggio. Questo
fenomeno è stato studiato da Robert Zajonc, che ha dimostrato come le preferenze possano formarsi anche
senza alcuna registrazione cosciente degli stimoli e come la dimensione emotiva sia quella che emerge nei
ricordi, nel riconoscimento di cose, persone e eventi. Zajonc, per dimostrare la veridicità di questo
fenomeno, ha fatto numerosi esperimenti, tra i quelli quello delle parole turche. In questo esperimento
Zajonc, dopo aver mostrato in maniera subliminale delle parole turche ad un gruppo di studenti americani, ha
chiesto loro di indicare in un secondo momento il grado di preferenza delle parole, quando le stesse parole
venivano presentate insieme ad altre parole turche mostrate in maniera non subliminale. Il risultato è che,
sebbene le persone non conoscessero il significato delle parole, la maggior parte preferisce quelle mostrate in
maniera subliminale. La mera esposizione dimostra come le preferenze possano formarsi anche senza una
registrazione cosciente degli stimoli, ma con il semplice riconoscimento in base al ricordo.

Lo studio della comunicazione dal modello razionalistico alle neuroscienze


La psicologia ha sempre cercato di studiare scientificamente i principi e i costrutti che sottostanno a ogni
singolo comportamento, ed era ritenuto un modo per manipolare la mente del consumatore, senza tenere
conto del ruolo della psicologia della comunicazione necessaria a studiare la relazione tra impresa a
consumatore determinandone gusti e preferenze.

John Watson, fondatore del comportamentismo, fu uno dei primi a introdurre interessanti innovazioni
nelle tecniche di vendita, come per esempio la collocazione strategica dei prodotti in prossimità delle casse,
lo sviluppo di meccanismi di studio per la rilevazione dell’efficacia di uno spot pubblicitario e l’utilizzo di
personaggi famosi negli spot.

Wilhelm Wundt fu il fondatore della psicologia (laboratorio di Lipsia), egli individuò le due soglie
percettive: la soglia assoluta, ovvero la quantità minima di stimolazione percepibile, e la soglia
differenziale, ovvero la quantità minima di cambiamento di stimolo percepibile, entrambe strettamente
legate al tema della pubblicità subliminale.

Edward Scripture pubblicò un testo intitolato “Thinking, Feeling, Doing”, dedicato allo studio della
risposta alle stimolazioni e all’influenza dei sentimenti sui processi decisionali.

Harlow Gale, studioso all’università di Yale, studiò al laboratorio di Lipsia i processi percettivi.

Walter Scott pubblicò due manuali di psicologia della pubblicità nel 1903 e 1908, basandosi sulla capacita
di memorizzazione del messaggio in una logica razionale.

Dagli studi sull’attenzione ai modelli razionalistici


Come si attira l’attenzione delle persone? Bisogna descrivere in dettaglio il prodotto o farlo superficialmente
in modo emozionale? L’obiettivo dei comunitari e degli esperti è attirare l’attenzione e suscitare l’interesse
di un pubblico sempre più consapevole.
Per dare una risposta a queste domande, nel corso del secolo scorso, abbiamo assistito allo sviluppo di
diversi modelli, uno dei quali ispirato alla teoria comportamentale = che sposta l’attenzione dallo studio
della mente del consumatore allo studio dei suoi comportamenti. Secondo questa teoria, le uniche variabili da
considerare nello studio dei processi persuasivi sono nell’ambiente esterno, dove il consumatore è una tabula
rasa, passivo senza capacità critiche, un soggetto da condizionare tra stato di bisogno e di rinforzo.

Nell’età della pubblicità per corrispondenza, nel 1904, nasce il modello del “Salesmanship theory”. John
Kennedy, un giovane pubblicitario, si presenta alla sede di Lord & Thomas a Chicago, catturando
l’attenzione del CEO, Albert Lasker, padre della pubblicità moderna, con un messaggio che usava i trucchi
della pubblicità per vendere sé stesso, destando curiosità e interesse con un claim accattivante. Kennedy si
era ispirato al modello AIDA - Attention, Interest, Desire, Action di Elmo Lewis ipotizzato alla fine del
1800, secondo cui il processo di creazione del messaggio pubblicitario può essere riassunto nei

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seguenti passaggi:
- Attenzione: una comunicazione pubblicitaria deve catturare
l’attenzione del consumatore che è esposto a un numero elevatissimo di annunci. Il messaggio non deve
essere solo attraente, ma anche eccezionale;
- Interesse: una pubblicità deve accendere l’interesse del consumatore e catturare l’attenzione selettiva: non
basta catturare l’attenzione, occorre riuscire a farsi leggere e guardare;
- Desiderio: una comunicazione pubblicitaria deve innescare il processo di creazione del desiderio, creando
un forte legame tra il prodotto ed il consumatore;
- Azione: una comunicazione pubblicitaria deve condurre all’azione, che si concretizza nell’acquisto del
servizio o del prodotto.

L’approccio scientifico alla creazione pubblicitaria


Si riconosce alla coscienza e alla ragione un ruolo determinante: un contributo arriva dalla psicologia
cognitivista, che studia come gli stimoli vengano recepiti, appresi, memorizzati, elaborati e rappresentati
attraverso un processo di lavoro cognitivo. Il cognitivismo diviene essenziale nell’analisi pubblicitaria, in
interazione con la semiotica cognitiva. Claude Hopkins nel 1923, ampliò il modello teorico definito “sales-
manship theory” dando corpo al tema dell’efficienza pubblicitaria usando una serie di regole rigorose per la
pubblicità, in chiave puramente razionalistica. Il suo modello partiva dal presupposto che “più si dice e più
si vende”, lasciando intendere che il computo della pubblicità è quello di narrare oggettivamente le
caratteristiche del prodotto e dell’azienda; è un metodo scientifico, quindi razionale.

Il modello di Hopkins viene integrato da quello di Daniel Starch, che segnala l’importanza della memoria e
misura l’impatto della pubblicità sulla base di quanto viene ricordato.
Il modello di Starch prevede i seguenti passaggi (AICAM):
1) Assicurare l’attenzione;
2) Attivare l’interesse;
3) Portare alla convinzione;
4) Produrre azione;
5) Rimanere impresso nella memoria.

Nel 1961 Russell Colley scrive il testo Defining Advertising Goals for Measured Advertising Result, dalle
cui iniziali nasce il modello DAGMAR, secondo il quale la pubblicità deve procedere secondo precisi step:
1)  Consapevolezza: favorire nel consumatore la conoscenza dell’esistenza del marchio o
dell’azienda;
2)  Comprensione: sviluppare la comprensione di ciò che il prodotto è e di quello che farà per il
consumatore;
3)  Convinzione: sviluppare una disposizione mentale nel consumatore per facilitare l’acquisto del
prodotto;
4)  Azione: spingere il consumatore ad acquistare il prodotto.

Chi ha maggiormente proposto un modello razionalistico per lo studio del consumatore è Rooser Reeves,
promotore del modello fondato sul Unique Sell Point (USP). Secondo Reeves una pubblicità per essere
efficace deve puntare su un unico argomento di vendita. Se il messaggio coglie nel segno e viene
memorizzato la pubblicità ha avuto efficacia.

Cosa c’è nella parte inferiore dell’iceberg? Il contributo della psicoanalisi


La psicoanalisi rappresenta la concezione speculare della psicologia meccanicista, propone un modello per il
quale non esiste solo la coscienza, ma anche l’inconscio. Ed è principalmente in quest’ultimo che va
individuato l’innesco motivazionale di gran parte dei comportamenti umani.
Ernest Ditcher, nel 1953 crea l’Istituto di Ricerca Motivazionale. Ditcher dice che, ad esempio, la pubblicità
non deve affrontare il problema del sapone, ma la pratica del bagno nella sua complessità e il suo valore
psicologico e simbolico. Allora il prodotto non è un semplice sapone, ma un modo per prepararsi e coccolarsi
prima di uscire, o per lavare via i problemi. Quindi diciamo che questa teoria è di matrice freudiana perché si
basa sullo studio dell’inconscio focalizzandosi non solo sulla risoluzione del problema ma sul valore
simbolico e psicologico del prodotto.

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Il contributo delle neuroscienze e del neuromarketing al marketing e alla
comunicazione
Oggi, grazie alle neuroscienze e al Brain Imaging, sappiamo che il modello più adeguato per comprendere i
comportamenti di acquisto è quello che riconosce all’emozione un ruolo non più secondario ma
determinante. Un modello che vede l’uomo come una macchina emotiva capace di eccelse
razionalizzazioni, e non più una macchina pensante che si emoziona. Infatti la razionalità interviene per
trovare la giustificazione alle decisioni prese in maniera emotiva.
L’idea è quella della visione dell’uomo tipica dell’età moderna, ovvero quella di un soggetto razionale,
l’Homo Oeconomicus, in grado di decidere secondo un sistema di valutazione caratterizzato da logicità e
previsione matematica, capace di garantire il perseguimento del proprio benessere. Si tratta di un modello di
studio del consumatore di tipo razionale e logico che parte dal presupposto che i consumatori:
-   Scelgano analizzando in termini di convenienza ogni singola informazione necessaria alla
risoluzione del problema;
-   Svalutino utilizzando tutte le informazioni utili per la scelta più razionale;
-   Decidano in maniera razionale;
-   Modifichino razionalmente le scelte effettuate una volta sopraggiunta un’informazione
contraddittoria;
-   Siano consapevoli delle loro scelte e delle emozioni che li guidano.
I consumatori hanno una funzione adattiva delle emozioni che gli permette di fare una valutazione degli
elementi d’acquisto con maggiore celerità e in maniera funzionale alla sopravvivenza. Ma molte ricerche
dimostrano quanto i consumatori spesso non abbiano consapevolezza dei veri motivi per cui acquistano
alcuni prodotti.

I presupposti del neuromarketing


Il neuromarketing studia le relazioni senso-motorie, cognitive e affettive che gli stimoli di
marketing hanno su un soggetto. Il neuromarketing nasce dall’applicazione delle neuroscienze al marketing,
che permettono di misurare ogni singola modifica psicofisiologica collegata per esempio alle emozioni
attivate da un’immagine, un colore ecc.
Possiamo individuare tre diversi elementi considerati dal neuromarketing:
1) Le nostre scelte sono spesso basate su processi inconsapevoli;
2) Le emozioni guidano i comportamenti e le nostre decisioni;
3) Le nostre decisioni avvengono istantaneamente dopo aver ricevuto solo una parte delle
possibili informazioni utili per decidere.
Per decenni si è studiato il cervello grazie alle tecniche di analisi autoptica o alla traumatologia. Queste
tecniche hanno portato a:
-   La Risonanza Magnetica Funzionale (fRMI) e Emissione di Positroni (PET), grazie alle quali si sono
potute conoscere con maggiore chiarezza molte parti del cervello;
-   Risonanza Magnetica e Magnetoencefalogia (MEG), queste due tecniche di indagine hanno
permesso in questi anni di mappare il cervello, indicando quali aree corticali si attivano in
relazione particolari comportamenti o esperienze di consumo.
-   L’Elettroencefalogramma (EEG), fra le tecniche più antiche di Brain Imaging, è quella più
economica ma con minore risoluzione, permette di avere una rappresentazione delle attività
cerebrali.
Negli ultimi anni le neuroscienze hanno sviluppato sistemi di indagine sul cervello sempre meno invasivi, in
grado di misurare le attivazione cerebrali mentre le persone agiscono.

Gli strumenti del neuromarketing per la misura dell’efficacia della comunicazione


Il neuromarketing contribuisce a valutare tre processi fondamentali della persuasione:
1) Attenzione: l’attenzione può avvenire in maniera guidata (top-down), o in maniera spontanea
(bottom-up). Le migliori soluzioni di comunicazione sono quelle che riescono a giocare in un perfetto
equilibrio tra l’attrattività data dalla novità e il riconoscimento di ciò che è noto e familiare.
2)  Emozione: l’emozione, pressoché inconsapevole e immediata, gioca un ruolo determinante nei processi
di consumo. Riuscire a misurare l’emozione provocata da uno spot o dal packaging di un prodotto è
determinante. In questo caso è possibile misurare la valenza (ovvero la direzione dell’emozione positiva o
negativa), l’arousal (l’intensità dell’emozione) e la motivazione (il grado di orientamento che l’emozione
produce sull’azione).
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3)  Memorizzazione: questo è il processo più articolato da misurare. Si presenta con due dimensioni di
interesse per la ricerca: una in entrata, ovvero la codifica delle informazioni e il loro radicamento nel sistema
mnemonico, e una in uscita, ovvero il recall di ciò che si è memorizzato e il riconoscimento.

Gli strumenti che si possono usare sono:


- L’eye tracking: l’eye tracker è uno strumento tecnologico molto avanzato in grado di misurare
il comportamento visivo e restituire sotto forma di output qualitativo e quantitativo una serie di informazioni
idonee a valutare come si muovono gli occhi nello spazio, su un’immagine o su un filmato. Il principio alla
base della ricerca eye tracking è la così detta ipotesi mente-occhio, secondo la quale ciò che una persona sta
osservando riflette anche ciò cui sta pensando o ciò a cui è interessata. L’eye tracker fornisce una quantità
significativa di dati classificabili in due macro categorie: quelli qualitativi, ovvero basati sulla
visualizzazione grafica del comportamento visivo di uno o più utenti, e quelli quantitativi, basati sull’analisi
quantitativa di dati numerici (come ad esempio il numero o la durata delle fissazioni);
- L’analisi della conduttanza cutanea: ovvero il grado di attivazione psicofisiologica, misurato attraverso la
sudorazione della pelle, che permette di valutare il grado di arousal;
- L’analisi della respirazione e del battito cardiaco: il battito cardiaco viene correlato con lo stato di
concentrazione, mentre la velocità e la profondità del respiro sono correlate con il grado di attenzione o di
tensione emotiva;
- La misura delle espressioni facciali: si misura il movimento del volto i cui muscoli si muovono in
relazione alla tipologia di emozione provata;
- L’analisi dei tempi di risposta e dei tempi di latenza: si tratta di una misura del processo di
comparazione tra stimoli in termini di velocità di risposta, valutandone la forza di associazione. In questo
caso più è veloce la scelta più determinata e convinta sarà la decisone;
- L’analisi con elettroencefalogramma EEG: in questo vaso si misurano le onde cerebrali e le zone che
vengono attivate in relazione alle stimolazioni;
- La postura misurabile anche con eye tracking: ovvero mediante la misura del grado di avvicinamento
degli occhi allo schermo dell’eye tracker. Questa tecnica parte dal presupposto che ciò che ci piace produce
un lieve avvicinamento fisico rilevabile dallo strumento.

CAPITOLO 2 - LA PERCEZIONE E IL RUOLO DELLA


COMUNICAZIONE
Percezione e sensazione
Alla base dell’acquisizione delle informazioni vi sono due processi: la sensazione, ovvero la
risposta immediata dei nostri sensi ad uno stimolo, e la percezione, ovvero quel processo attraverso il quale
queste sensazioni sono selezionate, organizzate e interpretate.
La percezione è il risultato dei complessi di elaborazione che hanno il loro avvio dall’attivazione dei nostri
sensi. I primi processi di elaborazione sono a carico dei sistemi sensoriali che sono impiegati sia nella
recezione dal mondo fisico delle varie forme di energia (luminosa, sonora ecc.), sia nella trasduzione, ossia
nella conversione dell’energia fisica in segnale nervoso.
La percezione trova la sua origine da una stimolazione ambientale, come un suono o una luce, che stimola
uno degli organi di senso, come l’occhio o l’orecchio, in grado di essere attivato dall’energia dello stimolo.
Successivamente l’input viene rilevato dagli organi di senso, tradotto in attività neuronale e inviato al
cervello per essere elaborato.
Possiamo individuare tre sensi principali da cui riceviamo stimolazioni sensoriali:
1) il senso vestibolare, ovvero il sistema uditivo in relazione all’equilibrio del posizionamento del corpo su
un piano;
2) il senso cinestetico, ovvero la percezione del movimento del corpo nello spazio
3) il senso viscerale, ovvero le sensazioni che provengono da stimolazioni interne al corpo.

In base al tipo di senso coinvolto possiamo distinguere diverse sensazioni:


1) Sensazioni esterocettive: legate al senso vestibolare, in questa categoria rientrano le
sensazioni che derivano da variazioni sensibili dell’energia ambientale.

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2)  Sensazioni propriocettive: legate al senso cinestetico, in questa categoria rientrano le
sensazioni che segnalano la posizione del corpo nello spazio e il movimento degli arti;
3) Sensazioni enterocettive: legate al senso viscerale, in questa categoria rientrano le
sensazioni che derivano da informazioni nervose provenienti dagli organi interni al corpo;

I sensi hanno il compito di rilevare le informazioni provenienti dal mondo esterno. Il cervello poi elabora
queste informazioni, e dal modo in cui queste vengono organizzate e interpretate si ha la percezione. La
rappresentazione mentale dello stimolo originale si chiama percetto. La percezione è un processo
consapevole di costruzione del percetto, in quanto cerca di dare significato ai messaggi provenienti dai nostri
organi di senso. In questo processo ricostruttivo però, possono entrare in gioco errori interpretativi o
semplicemente delle aspettative come la forza dei colori, grazie ai quali possiamo creare delle aspettative sui
sapori che sentiremo o sui profumi che inebrieranno il nostro olfatto.

Il cervello
Il cervello può essere diviso in due parti uguali chiamate emisferi cerebrali e collegate tra loro dal corpo
calloso. Ciascun emisfero cerebrale è suddiviso in quattro lobi: possiamo distinguere il lobo frontale, il lobo
occipitale, il lobo temporale e il lobo parietale.
Per orientarsi nel cervello occorre distinguere tre piani ortogonali con cui si analizzano le parti del cervello:
- Anteriore e Posteriore, che individuano le aree
della parte frontale e posteriore del cervello;
- Dorsale e Ventrale, che individuano le aree della
parte superiore e inferiore del cervello;
-  Mediale e Laterale, che individuano le aree che si
trovano nel mezzo e di lato.

Il lobo frontale
Il lobo frontale è quello più ampio e comprende circa un terzo dell’intero cervello, esso funge da area di
convergenza di dati relativi a sensazioni, emozioni e pensieri. Si tratta di un’area molto importante per la
programmazione e pianificazione delle decisioni e per il controllo del corpo. Inoltre, essendo connessa con la
zona motoria, una sua stimolazione provoca il movimento degli arti o di altre parti del corpo. Una parte di
quest’area, quella definita corteccia orbito-frontale, è dedicata alla percezione consapevole del piacere ed è
legata alla motivazione dell’azione.

Il lobo occipitale
Il lobo occipitale si trova nella parte posteriore del cervello ed è dedicato alla vista. Qui troviamo l’area
visiva primaria (V1) che ha il compito di ricomporre le informazioni, queste informazioni vengono
successivamente inviate alla corteccia parietale e a quella temporale, queste due cortecce servono a
riconoscere l’informazione in termini di orientamento nello spazio, di identificazione e di riconoscimento
degli oggetti.

Il lobo parietale
Il lobo parietale che si trova sopra la corteccia occipitale, si sviluppa nella parte laterale del cervello e in
quella mediale. Questa zona riceve input da alcune parti della corteccia occipitale, in particolare per le
informazioni relative al movimento e ad alcuni sensi. Nella parte anteriore di questa zona sono presenti le
principali terminazioni relative alla nostra sensorialità. Si chiama, infatti, area somato-sensoriale ed è una
zona coinvolta in alcune funzioni determinanti come la coscienza, l’autoconsapevolezza e l’empatia. La
corteccia somato-sensoriale primaria include le aree di Brodmann 1, 2 e 3 e contiene una rappresentazione
somatotipica del corpo chiamata homunculus sensoriale, secondo la quale maggiore è la grandezza dell’area
cerebrale maggiore sensibilità sensoriale si avrà in quell’area.

Il lobo temporale
Il lobo temporale si trova nella parte bassa del cervello tra la corteccia occipitale e quella frontale. La sua
funzione è quella di essere un centro di convergenza di informazioni. In quest’area avviene il riconoscimento
degli oggetti e quindi dei brand, ma anche il riconoscimento dei volti. La parte dorsale del lobo è legata al
sistema uditivo e al linguaggio, in questa parte ci sono due aree: l’area di Broca, deputata all’espressione del
linguaggio, e l’area di Wernicke, deputata alla comprensione del linguaggio.

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Le strutture profonde del cervello
Quest’area ha un ruolo determinante nelle decisioni. Si tratta di una zona che comprende diverse strutture,
come il diencefalo, che contiene il talamo e l’ippotalamo.
Oltre a queste aree nelle strutture profonde del cervello troviamo anche il tronco encefalico, l’ippocampo,
l’amigdala, i gangli basali, l’insila e la corteccia cingolata.

Il tronco encefalico
È costituto da strutture molto complesse che svolgono innumerevoli funzioni, tra cui i riflessi e il controllo
dei centri che regolano il respiro, la temperatura corporea e la circolazione sanguigna.

Il talamo
È una sorta di hub cerebrale in grado di smistare le informazioni provenienti dai sensi direttamente in altre
aree per una valutazione meno grossolana e più attenta. A esso si affianca l’ipotalamo che ha una funzione
determinante per la gestione dei riflessi.

I gangli della base


I nuclei (o gangli) della base sono il globus pallidus, il nucleo caudato e il putamen. Questi ultimi due
formano il neostriato. Le funzioni di questa parte del cervello sono legate alle attività motorie. Una delle aree
più importanti nel campo della comunicazione e dei consumi è proprio lo striato e le sue sottocomponenti,
ovvero il nucleo caudato, il nucleo accumbens e il putamen. Il nucleo accumbens (NAcc), infatti, è legato alla
motivazione di acquisto e alle scelte dei consumatori, e si attiva in prossimità di una decisione e in
connessione con alcune attivazioni emozionali.

L’amigdala
È una struttura ovoidale, di grande importanza per la comunicazione e il marketing poiché è il centro di
integrazione dei processi neurologici superiori come le emozioni. Si tratta quindi di una parte del cervello
che gestisce le emozioni, in particolar modo quelle negative.

L’ippocampo e il lobo temporale mediale


Nella parte mediale del lobo temporale (MTL) troviamo l’ippocampo, una struttura di grande importanza per
il campo del marketing e della comunicazione poiché è strettamente legata alle funzioni mnemoniche. La
possibilità di riconoscimento dei brand, dei prodotti o di un’esperienza
dipende dalle strutture di questa parte del cervello, in cui troviamo oltre all’ippocampo anche la corteccia
entorinale, responsabile di quei meccanismi attraverso i quali un profumo può ricordarci una persona, e la
corteccia paraippocampale, importante nei processi di memorizzazione.

La corteccia cingolata e l’insula


Queste due regioni del cervello si attivano congiuntamente quando si provano sentimenti come l’amore
materno, la rabbia, la paura, la tristezza, la gioia e il disgusto. La corteccia cingolata è divisa in corteccia
cingolata anteriore e posteriore e ha una diretta funzione nei processi decisionali e nella risoluzione dei
conflitti di scelta, nella predizione delle azioni e nelle risposte agli stimoli. L’insula ha diverse funzioni, ma
principalmente presiede quelle legate alla consapevolezza, alle emozioni e di conseguenza ai processi
decisionali.

La soglia assoluta e la soglia differenziale


Nel periodo di sviluppo della psicologia sono state studiate soglie percettive:
La soglia assoluta corrisponde al più debole livello di energia entro il quale un individuo può sentire o
vedere uno stimolo. Da qui si può affermare che la soglia assoluta è la stimolazione minima che può essere
rilevata dagli organi di senso.
La soglia di percezione cosciente è il valore al di sopra del quale lo stimolo è percepito molto forte. In
questo caso il soggetto lo percepisce chiaramente e può reagire di conseguenza.
La soglia fisiologica è quella al di sopra della quale si trovano gli stimoli di intensità troppo debole per
essere recepiti dalla coscienza, sia volontariamente sia involontariamente.
La zona del grande silenzio si trova sotto la soglia fisiologica, là dove qualsiasi tipo di percezione è
completamente assente. In questa zona si trovano gli stimoli la cui intensità è talmente debole da non
produrre nessuna reazione sensoriale.
La zona di percezione subliminale si trova sopra la soglia fisiologica, ma sotto la soglia di percezione
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cosciente. In questa zona lo stimolo possiede sufficiente energia per essere captato dagli organi di senso e
produrre una risposta, ma questa energia è comunque insufficiente per raggiungere la coscienza.
La soglia differenziale corrisponde alla quantità minima di stimolazione necessaria per distinguere due
stimoli diversi. La soglia differenziale permette di individuare la quantità minima necessaria affinché venga
realmente percepito il cambiamento. Si pensi alle applicazioni nel campo del pricing. Per esempio se
volessimo definire di quanto debba essere lo sconto perché un prodotto venga percepito conveniente. La
soglia differenziale non è un valore costante, ma dipende dall’intensità dello stimolo originale. Se il livello
quantitativo di un ingrediente in un prodotto è basso, il consumatore sarà molto sensibile anche a piccole
variazioni di quell’ingrediente, mentre se questo è presente in quantità maggiore, per ottenere la stessa
percezione di cambiamento occorrerà una maggiore variazione della quantità di quello stesso attributo.
Questo principio è descritto dalla legge Weber e Fechner:
Tale modello definisce il rapporto tra l’ammontare del cambiamento e l’intensità originale dello stimolo
affinché il cambiamento possa essere recepito. Quanto più forte è il valore dello stimolo iniziale tanto più
grande dev’essere la quantità addizionale di stimolazione affinché questa venga percepita. Ad esempio, se ci
si trova davanti ad uno sconto di 50€ su un prezzo di 1900€ l’offerta non viene presa in considerazione, al
contrario se lo sconto di 50€ è su un prezzo di 350€.

Percezione ed emozione
La gradevolezza di un profumo di gelsomino richiama in noi un piacevole ricorso o un profondo sentimento
di nostalgia. Si ha quindi uno stretto rapporto tra il consumatore e il modo dei prodotti, essi devono essere
visti e toccati, percepiti con l’olfatto e intravisti, così si afferma il marketing estetico, ovvero il marketing
delle esperienze sensoriali che contribuisce a formare l’identità di una marca o di un’organizzazione.

Dalla percezione subliminale all’inconscio cognitivo


La comunicazione persuasiva subliminale esiste? E se esiste, funziona?
Il tema della persuasione subliminale ha avuto un forte impatto sull’immaginario collettivo ed è oggetto di
dibattiti già dall’inizio della sua apparizione.
Con percezione subliminale si intende la possibilità di recepire informazioni attraverso stimoli sensoriali
che risultano al di sotto della soglia percettiva cosciente: sono piccole immagini
all’interno di messaggi pubblicitari stampati, messaggi uditivi in audioregistrazioni, di odori che stimolano
emozioni inconsce di paura, amore o affiliazione.

La nascita del subliminale nell’immaginario collettivo e nella comunicazione


Il tema della percezione subliminale ebbe un forte sviluppo negli anni ’50: Packard usò il concetto di
hidden persuasion, che ha goduto di forte successo e diffusione, divenendo un vero luogo comune nei
decenni successivi. Questo concetto collega la persuasione occulta con la pubblicit à, evocando quella
dimensione oscura della teoria di Packard e individua nel pubblicitario l ’agente principale dell’eversione
sociale in atto: egli è il persuasore occulto che entra nell’inconscio del pubblico attraverso misteriose
tecniche di psicologia applicata, come i messaggi subliminali, per forgiarne le decisioni a suo piacimento.
Negli anni vennero presi provvedimenti per vietare l’uso di pubblicità subliminale in molti paesi come
Belgio e Stati Uniti e si considerarono le tecniche subliminali come tecniche ingannevoli. Nel 1966 Hal
Becker brevettò la “Little Black Box”, un dispositivo capace di leggere cassette audio e mescolare segnali
da diverse fonti audio, rendendole percettibili solo in forma subliminale. Le audiocassetta furono numerose
con segnali come smettere di fumare, per ridurre lo stress ecc.

La prosopagnosia
È quella condizione neurologica per cui una persona risulta incapace di riconoscere i volti, distinguendo però
i volti da altri oggetti. La sindrome è associata a lesioni bilaterali della corteccia temporale e i lobi occipitali
per trauma cranico, encefalite o avvelenamento.

Il blindsight
Quando le persone subiscono un trauma nella corteccia visiva primaria perdono la capacità visiva. In questo
caso il soggetto ha un’area cieca a causa di un trauma che provoca la cecità in una parte del campo visivo,
eppure è in grado di effettuare il riconoscimento di stimoli che ricadono in quell ’area.

Il neglect
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In questa condizione il soggetto non vede nulla ma, a differenza del blindsight, non è consapevole della sua
cecità. In questa condizione il soggetto rinnega la parte non vista, come se non ci fosse.

Il subliminale, il product placement e la suggestione


Ci sono aspetti che rendono complesso l’uso della comunicazione subliminale: Il primo è sicuramente la
diversità soggettiva, che dipende dall’età, dall’etnia di appartenenza e dal genere sessuale. Per esempio
sappiamo che ogni soggetto ha un numero di papille gustative diverse in grado di differenziare le persone in
super-taste, normal-taste e low-taste, basate sulla capacita di percepire un amaro chiamato PROP.
Numerose ricerche tendono a classificare i risultati ottenuti da quelle stimolazioni come l’esito dell’effetto
placebo, secondo cui il cambiamento dei comportamenti non sarebbe imputabile alle tecniche subliminali,
ma solo alla suggestione personale degli individui.
Un grande valore in questo caso è attribuibile alla suggestione, ovvero alla possibilità di essere guidati dalle
aspettative, secondo il principio della profezia che si auto-avvera. Sappiamo infatti che la suggestione può
avere un effetto fortissimo nel determinare i comportamenti delle persone. Un altro strumento utilizzabile nei
processi di influenzamento consapevole è il product placement, ovvero quella forma di comunicazione
commerciale che consiste nell’inserire o nel fare riferimento a un prodotto all’interno di un contenuto
narrativo già precedentemente costituito e architettato, quale può essere ad esempio un film cinematografico
o un programma televisivo. Una pratica ormai legale in Italia dal 2004.

Il contenuto latente
Uno degli errori è la confusione tra contenuto latente e il subliminale. Ci sono immagini che richiamano altri
significati, come quelli sessuali e di attrazione fisica. Il contenuto esplicito in questo caso richiama un
contenuto latente attrattivo, utile ad attirare l’attenzione, dato che il nostro cervello risponde
immediatamente a stimoli con una forte connotazione sessuale o di pericolo.

Percezione selettiva. Chi ha visto il gorilla?


Il concetto di soglia assoluta è strettamente legato a quello di filtro percettivo. Poiché siamo
circondati da una grande quantità di stimolazioni, il nostro sistema percettivo è dotato di veri e propri filtri in
grado di selezionare solo le informazioni ritenute utili. Per questo motivo possiamo dire che percepiamo in
maniera selettiva. L’esistenza della percezione selettiva costringe chi si occupa di marketing a lavorare per
attirare l’attenzione attraverso stimolazioni che hanno un’intensità leggermente più alta della soglia assoluta,
e in grado di distinguersi dagli altri stimoli. Gli esseri umani per ridurre il carico informativo innescano
l’economia psichica, selezionando e scegliendo gli stimoli più utili. Per esempio il desiderio di acquistare
una nuova macchina spinge il consumatore a prestare attenzione a tutti i messaggi pubblicitari relativi alla
venduta e alla promozione di automobili. Se un consumatore ha sviluppato una preferenza di marca, allora
tenderà a notare la pubblicità di quel prodotto, con il rischio di lasciarsi sfuggire gli annunci pubblicitari dei
prodotti della concorrenza. Si tratta di una sorta di vigilanza percettiva. Al fine di superare le barriere
imposte da questa forma di difesa, il marketing deve trovare soluzioni creative, come per esempio l’utilizzo
di domande negli spot, l’uso dell’ironia o dei colpi di scena. L’uso di filtri personali attivati da desideri,
interessi, emozioni può dare vita non solo a una percezione selettiva, ma anche a una forma di percezione
difensiva, intensa come la tendenza a non rilevare la presenza di stimoli ritenuti non graditi o minacciosi e
spiacevoli. Ma non tutto ciò che passa davanti al nostro campo visivo arriva alla coscienza, questo lo
dimostra la pubblicità del gorilla. L’esperimento è diventato famoso come esempio di cecità attenzionale,
un tipico caso di percezione selettiva. La misdirection, ovvero la direzione dell’attenzione, consiste nella
capacità del prestigiatore di attirare l’attenzione del pubblico solo sulle parti del gioco o della scena che
ritiene opportune, permettendo così di sviare l’attenzione da movimenti e mosse che non devono essere viste
o ricordate. In questo modo il pubblico avrà l’impressione di azioni pienamente legittime laddove in realtà
sono stati realizzati dei trucchi.

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