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ASPETTI ORGANIZZATIVI da vedere su e-learning

Che cos’è la scienza delle finanze? Si tratta di una disciplina economico-finanziaria del
settore pubblico; si occupa dell’intervento pubblico in economia. Essa intende rispondere a 3
domande:
1. Perché il settore pubblico interviene in economia, e l’attività economica non è
interamente lasciata al settore privato?
2. Come interviene il settore pubblico in economia?
3. Quali sono gli effetti dell’intervento pubblico?

Il settore pubblico è talmente presente che alcuni economisti hanno cercato di


sistematizzarne l’attività: uno di questi è l’economista Musgrave, che elabora nel 1959 il
modello detto delle tre branche. Tre sono fondamentalmente secondo questo modello le
funzioni dell’intervento pubblico in economia: la funzione allocativa, la funzione
redistributiva e quella di stabilizzazione.
La prima riguarda la fornitura di beni o servizi ai cittadini. Essa avviene in vari modi:
attraverso la produzione diretta da parte del settore pubbliche che vengono messe a
disposizione della collettività (es. scuole pubbliche); attraverso la regolamentazione delle
attività private (es. scuole private paritarie, che rispettano requisiti quantitativi e qualitativi
disposti dal settore pubblico che esse, seppur private, devono rispettare).
La seconda funzione si occupa di modificare la distribuzione delle risorse realizzata dal
mercato. Essa avviene attraverso trasferimenti monetari, ma anche attraverso trasferimenti
in natura (= trasferimenti in kind) quando si mettono gratuitamente a disposizione di alcune
fasce della popolazione beni o servizi (sovvenzionati, anche solo in parte, da altre fasce
della popolazione), o attraverso le imposte (come ad esempio le imposte sul reddito)
progressive.
La terza funzione comprende tutte quelle politiche poste in essere dal settore pubblico
per perseguire tendenzialmente l’equilibrio macroeconomico (equilibrio di domanda ed
offerta aggregate). Queste politiche si realizzano attraverso manovre della spesa pubblica e
attraverso le imposte.
Il settore pubblico coincide con le pubbliche amministrazioni. Esse sono composte da unità
istituzionali e organizzative preposte alla fornitura di beni o servizi non destinate alla vendita
e preposte alla ridistribuzione delle risorse. Esse si dividono in amministrazioni centrali,
amministrazioni locali e enti di previdenza. Esempi possono essere la Presidenza del
Consiglio dei Ministri o il Consiglio dei Ministri per le amministrazioni centrali; Regioni,
Province e Comuni o le Aziende Sanitarie Locali e le Camere di Commercio per le
amministrazioni locali; l’INPS e l’INAIL per gli enti di previdenza.
Si definisce, invece, settore pubblico allargato, che coincide con l’aggregato delle
amministrazioni pubbliche, più le imprese pubbliche nazionali e le imprese pubbliche
locali (queste ultime due comprendono l’Extra PA, pertanto il settore pubblico allargato può
essere definito come somma del settore pubblico ed Extra PA).
La dimensione del settore pubblico si misura attraverso diversi indicatori:
1. Spesa pubblica / PIL - si ricordi che il PIL è il valore dei beni e servizi prodotti
all’interno di uno Stato.
2. Imposte / PIL
3. Numero di impiegati pubblici / forza lavoro
Si noti che gli ultimi due indicatori sono meno usati. Come varia nel tempo la dimensione del
settore pubblico? Nel tempo, questo indicatore è tendenzialmente crescente (anni ‘60 =
30%, 2010-2011 = 45%, sfiorando prima del 2020 il 50%).
Perché la dimensione del settore pubblico è così cresciuta nel tempo? Vi sono diverse
spiegazioni: se ne vedano due. Un primo blocco di teoria giustifica la crescita del settore
pubblico dal lato della domanda (si studierà in questo ambito la legge di Wagner); un
secondo blocco di teoria giustifica tale crescita dal lato dell’offerta e dei dipendenti pubblici
(a riguardo si veda il displacement effect).
Nel 1883 Wagner elabora la sua legge sulla base di dati analizzati appunto sulla fine del XIX
secolo: secondo questa legge, all’aumentare del reddito pro capite, il settore pubblico
aumenta la sua importanza relativa. All’aumentare del reddito individuale, quindi, la
dimensione del settore pubblico cresce in misura più che proporzionale. La legge di Wagner
nasce in un particolare momento storico: una prima ragione mostra che la fine del
diciannovesimo secolo è un’epoca di forte industrializzazione e che richiede una forte
influenza del settore pubblico; una seconda ragione mostra che si sviluppa in quel periodo
una maggiore richiesta di beni superiori (beni per cui l’elasticità al prezzo è maggiore di 1,
es. l’istruzione). Il processo di industrializzazione ha infatti portato ad un aumento del reddito
pro capite, che ha generato un aumento di domanda di beni superiori.
Il displacement effect è dovuto a Wiseman e Peacock nel 1961, che fanno parte della
Public choice. Secondo questo effetto sono state scelte politiche che hanno giustificato un
aumento della spesa pubblica. In un grafico si riporti sull’asse delle ordinate il rapporto
spesa pubblica/PIL e sull’asse delle ascisse si pongano 3 diversi istanti temporali (t1, t2 e
t3). Si supponga che nel periodo t1 si verifichi un aumento emergenziale che richiede
necessariamente un aumento della spesa pubblica: nel punto t1 la retta nel grafico cresce
fortemente. Al termine del momento emergenziale, secondo la teoria del displacement
effect, la retta tornerà a diminuire, ma seguirà la stessa tendenza che seguiva nel punto t1.
La differenza tra la retta originale presente nel grafico e quella che si ha dopo il momento
emergenziale (con pendenza uguale al punto t1, anche se il momento emergenziale cessa)
prende appunto il nome di displacement effect.
Nell’analisi dei fenomeni economici possono esservi analisi positiva e analisi normativa.
Cosa si intende con analisi positiva? Si tratta di un’analisi che pone l’enfasi sulle cause di un
fenomeno economico (es. Perché esiste disoccupazione? Perché vi è inflazione alta?).
L’approccio normativo si focalizza invece sulla ricerca di soluzioni di policy. Per effettuare
un’analisi normativa è necessario aver approfondito precedentemente un’analisi positiva.

Che cos’è l’economia del benessere? Si tratta di una branca che studia la desiderabilità
sociale di situazioni economiche (anche detti stati del mondo) alternative. L'economia del
benessere si basa su giudizi di valore. Giudizi di valore dell’economia del benessere:
1. Principio di Pareto, il quale afferma che se la situazione economica x è preferita ad
un'altra situazione economica y da tutti i componenti della collettività, allora la
situazione economica x è socialmente preferita a y. Il principio di Pareto presuppone
l’unanimità.
2. Individualismo: esso prevede che ciascun individuo opera delle scelte secondo
criteri egoistici, per massimizzare cioè il proprio benessere.
3. La collettività è data dalla somma degli individui che la compongono e il benessere
sociale (w) è dato dalla somma delle utilità dei singoli individui (u1 + u2 + … = u n con
n = numero degli individui).
4. Il benessere sociale aumenta se, mediante una riallocazione delle risorse, aumenta
l’utilità di un individuo senza che diminuisca quella di qualcun altro. Ad esempio,
considerando due diversi stati del mondo per cui nello stato del mondo 1 ha un’utilità
dell’individuo è 30 e nello stato del mondo 2, un altro individuo ha utilità pari a 45. Se
l’utilità dell’individuo 1 aumenta e quella dell’individuo 2 rimane uguale, allora il
benessere sociale è aumentato.

Si definisce ottimo paretiano uno stato del mondo dal quale non è possibile spostarsi se
non riducendo il benessere di almeno un individuo. Il grafico di un ottimo paretiano è
rappresentato da una curva molto particolare che rappresenta le massime utilità raggiungibili
da due individui. La curva prende il nome di frontiera di ottimi paretiani: se ci si sposta da
un punto interno alla frontiera verso un punto che appartiene alla frontiera, il livello di utilità
di uno dei due individui aumenta, mentre quello dell’altro individuo rimane uguale. Si parla in
questo caso di miglioramento paretiano.
Quali sono le condizioni necessarie per realizzare un ottimo paretiano?
1. efficienza nella produzione
2. efficienza nel consumo (o nello scambio)
3. efficienza globale

Si può enunciare, quindi, il primo teorema dell’economia del benessere: esso afferma
che ogni equilibrio di concorrenza perfetta è un ottimo paretiano. Le condizioni della
concorrenza perfetta sono particolarmente stringenti, per cui è difficile che questo tipo di
sistema si configuri nella realtà. Il sistema di concorrenza perfetta realizza comunque un
ottimo paretiano e presuppone, pertanto, le condizioni necessarie di cui sopra.

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