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Il Boreali - Nordic Festival è ormai una manifestazione di successo, ideata e organizzata

nel 2015 dalla casa editrice Iperborea per promuovere la cultura nordeuropea spaziando
dalla letteratura al cinema e alla musica. Essa è una delle possibilità offerte ad un pubblico
semplicemente incuriosito o fortemente appassionato di entrare in contatto non solo con
esperti della produzione artistica nordeuropea, ma anche con gli artisti stessi. L’arte non è
che una delle forme attraverso le quali l’identità culturale di una nazione viene veicolata,
eppure è quella più facilmente accessibile (rispetto ad esempio alla storia o alla lingua) per
un pubblico ad essa estraneo.
Ciononostante, l’identità non può essere definita solo ed esclusivamente attraverso la
copiosa produzione letteraria o gli innumerevoli dibattiti d’attualità, ma anche e soprattutto
attraverso il loro veicolo, la lingua. Durante il laboratorio La lingua può definirsi identità?
l'introduzione a due lingue vicine ma diversissime, lo svedese e il finlandese, è stata
affrontata approfondendo il rapporto dei popoli nordici con l’avvicendarsi delle stagioni. La
lingua finlandese non appartiene al ramo delle lingue germaniche del Nord, ma ad una
famiglia linguistica a sé stante, quella delle lingue ugro-finniche. Facendo riferimento alla
terminologia legata alla stagione invernale e all’attesa di quella estiva, la differenza tra le
due lingue è stata facilmente individuata. Nel definire alcuni specifici tipi di nevicata, i
finlandesi possono trovarsi ad esempio ad utilizzare la parola Tuiskutta per indicare una
nevicata caratterizzata da piccoli fiocchi e molto vento o la parola Pyrytta per designarne
una sottozero in assenza di vento; gli svedesi usano invece la parola Snökanon per
designare una nevicata caratterizzata da un rapido accumulo dovuto a una massa d’aria
fredda o la parola Kramsnö per indicarne una perfetta in consistenza per giocare. Nel
trasmettere il senso di attesa misto al desiderio della bella stagione gli svedesi usano e
quasi abusano dell’avverbio äntligen, soprattutto in frasi che annunciano l’arrivo dell’estate.
L’attesa non è però una caratteristica esclusivamente svedese, ma è propria di tutti i paesi
nordici. Eppure è in Islanda che si unisce in maniera peculiare, quasi unica, con la tendenza
di vivere in uno stato di costante sospensione: è sempre un “aspettare la prossima
tempesta, o il ritorno del sole dopo settimane; aspettare l’inverno, poi di nuovo l’estate.” 1
Durante l’incontro Islanda: Terra di storie, fuoco e caducità Lorenzo Piccione ha
presentato la propria opera, Il libro dei vulcani d’Islanda, in cui la passione per i vulcani si
lega all’amore per l’Islanda, che osserva attraverso le suggestive leggende e i peculiari fatti
d’attualità. Un precedente tentativo di scrivere una sorta di “antologia” è stato quello di Jón
R. Hjálmarsson, il quale ha raccolto una gran quantità di leggende e le ha organizzate
nell’Atlante leggendario delle strade d’Islanda, seguendo il percorso della Statale 1 e
arricchendolo con alcune deviazioni per potersi soffermare su ulteriori storie degne di nota.
L’Atlante leggendario e il Libro dei vulcani guidano il lettore in un viaggio che racconta
l’Islanda nel primo caso esclusivamente attraverso le leggende delle varie località, dalle più
famose alle più remote e inesplorate, e nel secondo caso attraverso l’aggiunta di
avvenimenti recenti e di aneddoti personali. Accompagnato dalle mappe altimetriche di
ciascun vulcano trasformate in disegni astratti dal carattere quasi artistico, il Libro dei vulcani
è suddiviso in zone geografiche introdotte da schede scientifiche e citazioni letterarie in
qualche modo riconducibili all’Islanda e al vulcanismo. La curiosità dell’autore fonde infatti
un metodo quasi scientifico, derivatogli dalla formazione universitaria, ad una vena letteraria
che relega lo spezzettamento in brevi narrazioni in secondo piano rispetto all’unitaria

1
Taverna, G., “Così mi sono perso tra i vulcani d’Islanda”. Intervista a Leonardo Piccione, in
“L’indipendente”
https://www.lindiependente.it/intervista-leonardo-piccione-vulcani-islanda/#respond
esplorazione della storia passata e presente dell’Islanda attraverso il tema portante scelto.
Corredato da mappe semplificate e illustrazioni tematiche, l’Atlante leggendario è anch’esso
suddiviso in zone geografiche che raccolgono un numero variabile di racconti precedute da
una breve introduzione che le localizza e descrive inserendo talvolta riferimenti storici e
culturali. Eppure, non è solo l’approccio ad essere sensibilmente diverso, ma anche il
pubblico a cui i due autori si rivolgono. Hjálmarsson scrive per un pubblico islandese, al
quale l’Atlante ripropone i racconti popolari che sono parte integrante della loro identità
culturale mettendoli insieme non tanto per stendere un compendio quanto per offrire una
guida pseudo-turistica alla riscoperta del proprio territorio. Piccione scrive per un pubblico
italiano, al quale il Libro dei vulcani offre una chiave di lettura personale (ma non troppo) di
una realtà, quella islandese, poco conosciuta rendendo le proprie nozioni sul vulcanismo
potabili e le proprie esperienze appetibili. L’autore è consapevole che alcune delle vicende
da lui selezionate sono già conosciute e raccontate altrove, tuttavia il punto di vista adottato
in questi casi è diverso. Una delle occasioni in cui i due libri propongono una stessa storia al
lettore è quella dell’episodio riguardante la messa del fuoco nei pressi di Kirkjubær.
L’episodio è soltanto brevemente riportato nell’Atlante, dove si racconta della messa e della
miracolosa deviazione del percorso della lava, laddove nel libro dei vulcani la storia è
approfondita e narrativizzata, approfondendo gli effetti dell’eruzione del Laki nei precedenti
quaranta giorni arricchendo il racconto con alcuni specifici episodi tratti dai diari dello stesso
reverendo Jón Steingrímsson, il chierico del fuoco. Eppure, è nell’Atlante che viene
sottolineato l’esistenza di un convento femminile a Kirkjubær, presso il quale si recavano
spesso e volentieri gli appartenenti al convento maschile di Þykkvabær in visita: la natura
licenziosa di tali incontri sarebbe una delle cause della caduta nel peccato della comunità e
dell’eruzione che avrebbe creato il più esteso campo di lava provocato da una singola
eruzione, lo Skaftáreldahraun.
Le donne non sono quasi mai assenti dalle narrazioni, anzi sono spesso al centro delle
vicende che hanno contrassegnato non solo la storia islandese dai suoi principi ad oggi, ma
anche quella degli altri paesi nordici. Per comprendere al meglio la condizione femminile
bisogna andare indietro nel tempo, fino al periodo dei vichinghi. Durante l’incontro La
cavalcata delle Valchirie si è cercato di ricostruire il ruolo della donna all’interno della
società con esiti particolarmente sorprendenti. La donna era infatti uno dei pilastri portanti
della società e conseguentemente era dotata di un ventaglio di possibilità enormemente
maggiore rispetto alle donne appartenenti ad altre popolazioni. Le donne potevano svolgere
l’attività che maggiormente le caratterizzava: la donna non solo gestiva la casa e i figli, ma
poteva aspirare a diventare guerriera così come sacerdotessa. E sono numerose le figure
femminili che influenzano il corso degli eventi nella Laxdæla Saga. La popolazione
islandese discende da sezioni della società norvegese continentale che, rifiutando di
sottomettersi al sovrano Haraldr Hårfrage, hanno preferito partire alla ricerca di nuovi territori
dove insediarsi e sentirsi più liberi. La saga si apre con la figura matriarcale di Unnr la
sagace, la figlia di Ketill Naso Piatto, il quale è uno degli hersir più potenti e importanti in
Norvegia. Una delle migrazioni in Islanda è infatti guidata da Unnr stessa, la quale dalla
Norvegia si sposta in Scozia e, sentendosi vulnerabile in seguito all’uccisione del figlio,
decide dapprima di raggiungere le isole Orcadi, le Far Øer e infine l’Islanda. Unnr guida gli
spostamenti del proprio ramo di discendenza, dispone delle proprietà di famiglia senza
lasciare nulla al caso e mantiene la pace tra i congiunti senza troppe difficoltà: è per questo
che riceve una sepoltura degna degli uomini di rango più potenti. Una delle testimonianze
archeologiche a supporto di ciò è la ricca sepoltura di Oseberg in Norvegia. Le due donne
seppellite dovevano essere o una sacerdotessa accompagnata dalla propria ancella o due
parenti appartenenti ad una famiglia di spicco, per le quali era stata organizzato un funerale
grandioso non solo per la scelta del sito, ma anche per lo sfarzo della cerimonia e del
corredo. La seconda generazione ruota invece attorno a due figure, quella di Jórunn
Bjarnardóttir e di Melkorka, entrambe legate a Höskuldr: la prima è la moglie, la quale ha
una discendenza nota e rinomata, eppure non riesce con la propria autorità a fare
allontanare la nuova arrivata; la seconda è la sua concubina, la quale sembra non aver
passato e invece è figlia del re d’Irlanda. La terza generazione è quella di Þorgeðr, la moglie
di Óláfr il Pavone, la quale si impossessa con sprezzo delle infauste premonizioni della
spada Azzannazampa incrinando inesorabilmente l’equilibrio delle prime generazioni. Una
figura tanto matriarcale quanto Unnr è quella di Guðrun, con la cui morte si conclude anche
la saga. Guðrun è già stata sposata e rimasta vedova due volte quando finisce in un
triangolo amoroso, quello che distrugge i legami di fratellanza tra Kjartan e il fratello adottivo
Bolli: le donne potevano anche divorziare nella società vichinga senza che per questo
fossero poste ai margini della società. Guðrun è la donna più desiderata in quanto non solo
bella, ma anche intelligente e pragmatica. Tuttavia, è anche una donna spaventosamente
vendicativa, tant’è che spinge il marito Bolli, colpevole di averle mentito sul ritorno di Kjartan,
ad uccidere il quasi fratello Kjartan, colpevole di essersi sposato. Le ultime parole della
donna (e oltretutto le più memorabili) sono rivolte al figlio Bolli, il quale le chiede chi più ha
amato nella sua vita e riceve come risposta che in realtà è stata più crudele con chi ha più
amato. L’aspetto peculiare di questa saga, la quale rispetta la classica struttura da saga
familiare, è che al contempo rompe gli schemi del genere collocando le donne al centro della
narrazione: le donne sono il fulcro delle vicende che si alternano man mano che il racconto
procede decidendo le sorti degli uomini che si muovono sulla scena numerosi, ma più come
comparse o al massimo esecutori delle volontà femminili.
Ciononostante, nei paesi nordici, dove il ruolo della donna è stato preminente fin dal tempo
dei vichinghi, è stato rilevato una sorta di “paradosso”. Durante l’incontro Il paradosso
nordico è stato sorprendente scoprire che la stima di violenze sessuali registrate nel Nord
Europa giunga ad un terribile 33%. Lo studio è quello di Enrique Gracia, professore di
psicologia sociale all’Università di Valencia, e Juan Merlo, docente di epidemiologia sociale
all’Università di Lund, pubblicato sulla rivista Social Science & Medicine nel 2017 e
presentato in un articolo della Harvard Political Review2. I ricercatori hanno esposto alcuni
punti per giustificare una percentuale così alta:
- la maggior propensione da parte delle donne a parlare e denunciare;
- lo spiccato alcolismo che aumenterebbe le possibilità di violenza nei confronti delle
donne;
- la quasi parità di genere che provoca negli uomini una reazione al senso di
vulnerabilità che la condizione delle donne instilla così come nelle donne una
risposta immediata alla violenza subita;
- la maggiore sensibilizzazione e conseguentemente consapevolezza da parte delle
donne al riconoscere e discriminare tra le diverse tipologie di violenza subita rispetto
ad altri paesi meno egualitari.
La discussione intavolata dalla giornalista Ludovica Lugli e dalla scrittrice svedese Elisabeth
Åsbrink, la quale ha evidenziato come le condizioni di vita delle donne siano tra le migliori
ma contemporaneamente la percezione della violenza molto più marcata. Tuttavia, nessuna
delle proposte avanzate dai ricercatori sembrano convincere la scrittrice, la quale però si

2
Chimaoge, I., The Nordic Paradox: Gender Equity and Sexual Assault, in “Harvard Political Review”
http://harvardpolitics.com/world/the-nordic-paradox-gender-equity-and-sexual-assault/
sofferma sul terzo e quarto punto sottolineando che in Svezia sono numerose le leggi che
regolamentano in maniera sempre più accurata l’eguaglianza di genere nella società e le
forme di violenza sessuale subite. Tuttavia l’uguaglianza di genere è stata innanzitutto
imposta dall’alto, attraverso una serie di cambiamenti legislativi che però non sono stati
seguiti da un identico e reale cambiamento culturale nella società. L’autrice ha oltrettutto
ricordato che la disuguaglianza culturale e strutturale basata sul genere che si vive
quotidianamente e che ha a che fare con molte altre questioni che si intersecano con il
genere non è stata ancora soppiantata, e rimarcato come la tradizione patriarcale resti
particolarmente radicata nei paesi del Nord Europa.
Come il controllo delle donne e del loro modo di essere ed apparire sia da sempre una
prerogativa della società patriarcale è utile prendere in considerazione la narrativa per
ragazzi. I libri per ragazzi in Svezia così come negli altri paesi nordici sono diventati sempre
più importanti, fino a costituire un fecondo filone letterario affrontato con grande serietà dagli
autori: non si tratta solo di costruire storie che intrattengano i giovani lettori educandoli, ma
che facciano riflettere. Se in origine però i testi erano esclusivamente educativi e incentrati
su personaggi maschili, i testi più moderni privilegiano la creatività e le protagoniste
femminili. Durante il live Il mondo è uno specchio oscuro Luca Scarlini ha guidato lo
spettatore in un mondo narrativo scandinavo in cui numerose ‘piccole’ donne, sono alle
prese non solo con le problematiche della propria età, ma anche con i retaggi della propria
società. Nelle favole gli autori nordici non hanno alcun timore nell’affrontare argomenti che
sono difficili da discutere coi figli. Non dissimile è l’approccio di Maria Gripe, la quale
riprende spesso e volentieri gli avvertimenti destinati alle fanciulle di buona famiglia e li
radicalizza stravolgendone il senso in una peculiare chiave goticheggiante. Uno degli
esempi in cui le figure femminili dominano la narrativa è quella di Fuori, Sotto tocca a te!
L’ansia di perfezione della madre investe in pieno la timida e impacciata Frederika, la quale
la traduce in negazione della propria natura per adeguarsi al desiderio materno, ma
l’intervento di un’amica spinge l’adolescente a riflettere e riconquistare sé stessa.
La serie di incontri organizzati dal Boreali – Nordic Festival e di libri scelti per approfondire
alcune delle tematiche hanno reso possibile se non comprendere appieno la cultura
nordeuropea almeno di acquisire una conoscenza generale della realtà nordica e della
relativa produzione artistica. Per quanto la questione del genere resti piuttosto controversa
anche nei paesi scandinavi, è stato possibile notare come la lingua possa essere veicolo di
identità culturale e come la cultura islandese nello specifico possa essere facilmente
inquadrata attraverso le proprie leggende e fatti d’attualità.

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