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STORIA DELLE ARTI APPLICATE

E
DEL DISEGNO INDUSTRIALE
Prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa
Moderna Torino 1902
 A Torino, nel 1902, si apre la Prima Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna:l’obiettivo è quello di
presentare al pubblico italiano ed europeo il meglio della produzione internazionale nell’ambito dell’architettura,
dell’arredamento, delle arti applicate e offrire, a dirla con il critico d’arte Vittorio Pica «uno spettacolo nuovo e abbastanza
bizzarro», suscitando «le più leggiadre visioni poetiche».
 L'Esposizione comprenderà le manifestazioni artistiche ed i prodotti che riguardino sia l'estetica della via, come quelli
della casa e della stanza.
Vi saranno ammessi soltanto i prodotti originali che dimostrino una decisa tendenza al rinnovamento estetico della
forma.
Non potranno ammettersi le semplici imitazioni di stili del passato, ne la produzione industriale non ispirata ai sensi
artistici.
 Il progetto vincitore risultò quello di Raimondo D'Aronco, architetto eclettico e internazionale che, dati i suoi impegni a
Costantinopoli, affidò la direzione dei lavori al discepolo Annibale Rigotti, di sua fiducia. I padiglioni furono allestiti al
Parco del Valentino, purtroppo non ne rimane traccia se non in una rara documentazione fotografica.
 L’intento degli organizzatori dell’Esposizione è indagare il rapporto tra arte e società, riflettendo sulla capacità dell’arte di
qualificare l’ambiente: le sezioni sono dedicate alla casa moderna, alla stanza moderna, a “casa e via nel loro organismo
decorativo”. Attorno all’evento si costruisce un’alleanza tra artisti, intellettuali e architetti che connoterà la vita culturale
torinese nei due decenni successivi e che ha come protagonisti, tra gli altri, l’architetto Annibale Rigotti (1870-1968),
l’ebanista Giacomo Cometti (1863-1938), lo scultore Edoardo Rubino (1871-1954).
 In questa esposizione, come nelle analoghe d'oltralpe, si pensava alle arti decorative come un unicum che abbracciava
sia l'oggetto di uso quotidiano che l'arredamento urbano, sia il portone che il palazzo.
La progettazione non riguardava più un solo ambito, ma essa investiva tutto l'oggetto del produrre: in una stanza da
pranzo il progettista-artigiano curava i tavoli e i soffitti come le tazze e i candelabri, in un palazzo l'artista-architetto
curava il disegno dell'edificio e le ringhiere interne delle scale, fino alle maniglie delle porte.
 La vivacità della riflessione sulle arti decorative a Torino è testimoniata anche dalla nascita, nello stesso 1902, di due
periodici, «Arte decorativa moderna» e «Il Giovane artista moderno» che pubblicano notizie, riflessioni, disegni e progetti
di molti dei protagonisti di questa tendenza.
 L’esposizione rappresenta il trionfo dell’Art Nouveau: un termine attribuito per estensione a quel movimento europeo
che, se deriva dal nome del negozio aperto a Parigi nel 1895 da Siegfried Bing (che forniva «installazioni moderne,
mobili, tinture, tappeti, oggetti d’arte»), assume successivamente diverse denominazioni: Liberty o Modern style in
Inghilterra; Modernismo in Spagna, Jugendstil in Germania, Sezessionstil in Austria, Floreale in Italia. Movimento che si
snoda tra il 1890 e la Prima guerra mondiale, e che si propone di intervenire nel processo di industrializzazione nel
campo dell’architettura e dell’arredamento, tendendo ad affiancare alla funzionalità della produzione la creatività
progettuale: “Bisogna che l’arte penetri dappertutto, che porti nel più umile oggetto il suo marchio e il suo fascino, orni
tutte le forme materiali dell’esistenza […] occorre che dai cardini di una porta al cuoio di un portafoglio, dalle cornici di un
quadro a un braccialetto, dalla sedia al tappeto ogni cosa porti un’impronta e un sorriso d’arte” (dalla rivista «Arte
decorativa moderna», uscita in occasione dell’Esposizione internazionale di arte decorativa a Torino del 1902).
 L’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Moderne di Torino del 1902 fu la consacrazione del Liberty e
l’autocelebrazione della classe borghese. I critici d’avanguardia, tra i quali vi erano gli stessi organizzatori della mostra,
privilegiavano il Modernismo nelle sue forme più semplici e rigorose e il loro giudizio combaciò con quella della giuria che
aveva conferito premi a Galileo Chini e alla Ducrot di Basile. Nella sezione italiana della mostra vi si trovavano sia
prodotti seriali che pezzi di alta e raffinata esecuzione artigianale. In genere tutta la produzione italiana era ben
rappresentata, con particolare attenzione a quella torinese.
Inoltre, essendo la mostra rivolta ad un mercato diretto e mancando in Italia un Museo delle Arti Decorative, i pezzi
migliori furono immediatamente assorbiti dal mercato e venduti.
 Il bando prevedeva il “rinnovamento estetico della forma” che ci fu grazie ad artisti e ditte destinati a rimanere nella storia
dell’arte: le vetrerie Beltrami di Milano, la Richard-Ginori con tutto il suo nuovo repertorio; per i mobili il milanese Carlo
Zen; la ditta Issel di Genova, la palermitana Ducrot che si presentava con una fisionomia prettamente floreale. Poi si
inserivano in questa categoria maestri del ferro come Alessandro Mazzucotelli, gli arredi di Eugenio Quarti.
 Alla fine dell’ottocento la felice congiunzione tra i Florio, ricchi armatori cosmopoliti, Ernesto Basile, giovane architetto
aggiornato sulle tendenze nord europee, e Vittorio Ducrot, energico industriale del mobile di origini francesi, porta al
rinnovamento delle arti decorative dando corpo ad uno degli aspetti migliori del Liberty italiano.
La Sicilia si contraddistingue per una tradizione autonoma, contaminata da arabi e normanni, e dal folklore locale. Basile
riesce a fondere tutto questo in uno stile modernista.

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Su incarico dei Florio progetta palazzi e ville, curandone anche l’arredamento che Ducrot realizza. Alcune volte sono
pezzi esclusivi ma, spesso, vengono prodotti in centinaia di copie. È il primo caso italiano di industrial design.
 Vittorio Ducrot, che nel 1899 aveva iniziato una collaborazione col massimo esponente del Liberty cittadino, ed uno dei
più rilevanti a livello europeo, Ernesto Basile.
Ducrot divenne unico proprietario dell’impresa nel 1902; partito con 200 operai, nel 1930 aveva 2.500 dipendenti ed era
quotato in Borsa.
I mobili a firma di Ernesto Basile giunsero nelle case altoborghesi di Palermo, nel Grand Hotel Villa Igea (dove ancora è
visibile uno strepitoso paravento), sulle navi da crociera dell’imprenditore Florio e persino a Montecitorio, i cui arredi sono
firmati Basile-Ducrot.
 Importante la presenza di una delle maggiori ditte di produzione ceramica di quegli anni, la Richard-Ginori: una lunga
serie di piatti in porcellana con decorazioni floreali ed eleganti soprattutto nelle tese ( influenzati dall’Art Nouveau di
matrice francese), tazzine dalla forma rastremata in prossimità del collo e decorate da calligrafici motivi floreali, vasi
ornamentali con decoro sia modellato che pittorico, fioriere con figurine di danzatrici avvolte in lunghe vesti mosse dal
vento, calamai con decori ispirati al mondo della natura.
 Nella stagione del Liberty la Richard-Ginori fabbricò opere di grande pregio. Esili vasi, brocche, basi per lampade dalle
linee sinuose in porcellana bianca, impreziosite da decori in rilievo costituirono una nuova raffinata linea produttiva che
trovò larghi consensi in particolare alla Esposizione Universale di Torino del 1902.
 L'attività ceramica dei Chini inizia nell'ultimo decennio del XIX secolo ad opera di Galileo Chini che, con alcuni soci,
fonda, a Firenze, nel 1896 la fabbrica L'Arte della Ceramica.
Poco dopo entrano nella manifattura Chino, Pietro, Guido e Augusto, cugini di Galileo.
La produzione, contrassegnata da un marchio raffigurante una melagrana, si impone per i suoi precoci connotati di
modernità, ed ottiene prestigiosi riconoscimenti in manifestazioni nazionali ed internazionali, come le esposizioni di
Torino del 1898 e del 1902, e l'Esposizione Universale di Parigi del 1900.
Le splendide ceramiche di questa fabbrica, disegnate da Galileo, si ispirano in genere a motivi floreali di gusto Art
Nouveau; spesso troviamo anche figure femminili dalla chiara influenza di schemi botticelliani.
Lasciata L'Arte della Ceramica, Galileo e Chino Chini fondano nel 1906, a Borgo San Lorenzo, nel Mugello, vicino a
Firenze la manifattura Fornaci San Lorenzo.
Galileo dirige artisticamente la fabbrica, mentre Chino si occupa dell'aspetto tecnico della produzione, che è
contrassegnata da un marchio raffigurante una grata, simbolo del martirio di San Lorenzo, patrono del luogo.
La nuova fabbrica produrrà raffinate maioliche, spesso caratterizzate da una copertura a lustri metallici, e originali
esemplari di gres.
Un vasto settore della produzione sarà dedicato ai rivestimenti per architettura, che ancora oggi arricchiscono molti
edifici, e anche a vetrate, lampade e lampadari.
A partire dagli anni Venti prestano la loro opera nella fabbrica anche Tito e Augusto Chini, figli di Chino, apportando un
certo movimento nel repertorio di produzione.
Nel 1943, la fabbrica viene distrutta da un bombardamento aereo.
La difficile ricostruzione delle Fornaci San Lorenzo negli anni del dopoguerra, si realizza per lo straordinario impegno di
Augusto Chini. Nel 1956 la fabbrica si trasforma nella Franco Pecchioli Ceramiche, dove Augusto ricoprirà la carica di
direttore artistico fino agli anni Settanta, quando verrà sostituito dal figlio Vieri. Sempre nello stesso periodo la
presidenza passa nelle mani di Giovanni Pecchioli, figlio di Franco.
Attualmente collaborano con l'azienda anche le nuove generazioni: Mattia e Cosimo, figli di Vieri Chini e Leone
Pecchioli, nipote di Giovanni.
 Tra i manufatti, celebri quelli di Galileo Chini: una serie di piatti in maiolica policroma raffiguranti volti femminili, vasi con
motivi floreali quali l’iris su fondo bianco, vasi decorati a lustri metallici con accostamenti di fiori e serpenti e vasi in grès
salato con decorazione semplice e bicroma.
 Gli italiani offrono un panorama interessante, ma assai eterogeneo. I protagonisti e i premiati di allora sono gli stessi
che oggi formano i pilastri della storia delle nostre arti decorative: Carlo Bugatti, Eugenio Quarti , Alessandro
Mazzucotelli, Ernesto Basile, Galileo Chini.
Uno stile unitario non si raggiunge.
Il Liberty appare come un insieme di eccellenze individuali, ancorate alle diverse tradizioni locali:ebanisteria a Milano,
vetro a Venezia, ceramica a Firenze e Faenza.
Il liberty prende piede anche nelle realizzazioni destinate ad un pubblico più vasto come la grafica pubblicitaria e nella
riproduzione di oggetti d’uso a basso costo.
Molti artefici provengono da famiglie di artigiani.
 Il modello di questa sedia è disegnato da Carlo Bugatti per una delle sale completamente arredate che l'artista presenta
alla prima Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna di Torino, nel 1902.
Per esaltare l'ampiezza delle curve create, Carlo Bugatti immagina di rivestire completamente queste forme nuove con
una pelle satinata di cuoio pergamenato, perfettamente aderente all'anima del legno. Questo rivestimento, inoltre, è
impreziosito da una fine decorazione rossa e dorata di esili insetti.
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"A seguito di vivaci discussioni [...] di accese dispute scatenate in seno alla Giuria come nel pubblico", Carlo Bugatti
ottiene il Diploma d'onore, il massimo riconoscimento per essere stato “il primo, in Italia, a realizzare e non soltanto ad
ideare un mobile moderno".
 Questa "sala da gioco e da conversazione" riproduce su scala umana un guscio di chiocciola. Immediatamente
ribattezzata con l'appellativo di "camera a chiocciola", questa sorta di "installazione" variante sulla morfologia
dell'animale così come meditazione sul tema della spirale, segna l'apice raggiunto da Carlo Bugatti nella creazione di
mobili.
 Nel 1888 Eugenio Quarti lo troviamo nell’atelier milanese di Bugatti. Dopo un breve periodo si mette in proprio copiando
la produzione di Bugatti. In pochi anni elabora un proprio stile liberty floreale ben definito: un genere solido e ricco con
sottili intarsiature metalliche o madreperlacee, non esente da giapponismo.
La grazia, l’esecuzione incomparabile sono l’aspetto più eclatante delle sue prime produzioni. Della tradizione lombarda
mantiene la grande abilità manuale e la leggerezza, di Bugatti mantiene il gusto per le forme. Unisce le qualità del
grande disegnatore, dell’eccellente artigiano e dell’illuminato e capace industriale. Le sue opere realizzate in piccole
serie, preziose e costose, sono destinate ad una clientela facoltosa tra cui la casa Reale .
 Mazzucotelli:Artefice delle più straordinarie opere in ferro battuto del Liberty, paragonabili solo a quelle di Gaudì.
Artigiano di talento, accolto nella comunità artistica milanese che ben aveva recepito il messaggio modernista di
equiparazione di arti maggiori e minori.
Per Quarti e Mazzucotelli l’arte è strumento di elevazione sociale, lavoratori infaticabili diventano ricchi, famosi e potenti.
Tra i primi ad aderire al nuovo stile, ispirandosi alla natura dal vero , operando spesso in collaborazione con architetti
milanesi e torinesi all’avanguardia, crea opere grandi e piccole piene di fiori, foglie, insetti, serpi, ritratti
naturalisticamente tra nastri e volute.
 Per quanto riguarda il tipo di prodotti che vi si potevano trovare bisogna distinguere almeno due categorie:
quelli che dello stile moderno avevano colto solo l’aspetto vistoso e fantasioso, senza aver capito le intime ragioni del
Liberty ( Carlo Bugatti con i mobili d’ispirazione esotica e con caratteri moreschi ).
quelli che rasentavano il Liberty partendo dalla precedente connotazione eclettica e che vi accostavano per gradi (
Aemilia Ars-Cantagalli-Arte della Ceramica- Gerard&Culter-Jesurum-Ceruti&Moretti );
 La Società Aemilia Ars, dedita alla produzione di oggetti artigianali con la consulenza degli artisti della Gilda di Alfonso
Rubbiani, ottiene un grande successo all'Esposizione Internazionale, che si tiene a Torino dal 10 maggio all'11
novembre 1902. Nella sala decorata da Raffaele Faccioli, vengono molto ammirati i merletti, le rilegature in cuoio, le
ceramiche, i ferri battuti, i gioielli. Sono apprezzati i cartelloni di Marcello Dudovich e Gigino Bompard, gli ex Libris di
Alfredo Baruffi, le sculture di Giuseppe Romagnoli.
 Spiccano inoltre i cancelli in ferro di De Col, Tartarini e Casanova, eseguiti da fabbri artigiani quali Mingazzi e Maccaferri.
I mobili invece sono giudicati troppo decorati.
 La Società è premiata con un diploma d'onore e la motivazione dettata da Vittorio Pica è assai impegnativa: "Nella storia
del movimento novatore dell'Arte Decorativa, l'Aemilia Ars tiene, rispetto all'Italia, il posto medesimo che occupa
l'Inghilterra di faccia al mondo". I modelli di decorazione degli artisti bolognesi sono pubblicati in questo periodo in
prestigiose riviste nazionali: ad esempio i pannelli di Achille Casanova e le vetrine di Alfredo Tartarini appaiono su "Arte
italiana Decorativa e Industriale".
 Casanova:Attorno a lui e alle sue idee si era formato un cenacolo di artisti, una «gilda», come la chiamarono a imitazione
delle corporazioni medievali, che fece dell'arte floreale il loro pane quotidiano. Di questa «gilda», il Casanova fu
l'esponente di spicco.
Questa fase dell'arte, che interessò la cultura europea tra la fine dello scorso secolo e parte della prima metà di quello
successivo ed ebbe estimatori del calibro di Gabriele D'Annunzio, non ha goduto in seguito di molta considerazione.
 La manifestazione, comunque, ben testimonia l’acme della volontà di rinnovamento, e gli italiani, nella Galleria degli
Ambienti, presentano un’articolata presenza di mobili, sia pezzi unici dal gran lusso floreale a serie più economiche: dalle
creazioni con legni pregiati, avorio, rame, madreperla, pelle di cammello e di daino di Carlo Bugatti (1856-1940) agli
arredi in piccola serie, lisci, eleganti e funzionali destinati a una borghesia colta e aperta alle novità d’oltralpe di Giacomo
Cometti (1863-1938).

La stampa come design


La stampa rappresenta l'inizio dell'industria perché ha permesso alla scrittura di diventare un
atto meccanico.
L'inizio della stampa o "scrittura artificiale" non è ancora del tutto chiaro: molti pensano che la
stampa a caratteri mobili venga dalla tecnica della silografia, altri invece, non sono d'accordo e
pensano che anche Gutenberg non sia il vero inventore della stampa. Comunque l'invenzione

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della stampa è veramente rivoluzionaria perché permette di riprodurre in serie non tutta la
pagina, ma la singola lettera, così il processo di riproduzione diventa più veloce, economico e
agevole. Infatti, grazie all'invenzione dei caratteri mobili è stata possibile anche 'invenzione e
introduzione del pezzo intercambiabile.
Il libro diventa, grazie alla stampa, un vero prodotto di design, una merce che viene da una
industria capace di fabbricare modelli più velocemente e economicamente. All'inizio inoltre
l'industria libraria non produce nuovi genere e modelli ma riproduce a stampa quelli copiati un
tempo dagli amanuensi.
All'inizio intorno alla stampa si crea una vera rete di vendita e anche se è molto semplice e non
evoluta come oggi, in breve tempo diventa sempre più efficiente. Per questo la stampe è da
considerare parte della storia del design: infatti a differenza del lavoro artigiano che è mirato
alla realizzazione di un unico prodotto per cui è fatto anche il progetto iniziale, nella stampa,
come nel design, il progetto è studiato in ogni particolare all'inizio e poi non più modificato ma
riprodotto in serie.

Negli anni della rivoluzione industriale 1760-1830


Gli anni della rivoluzione industriale vanno dal 1760 al 1830. In questo il design comincia a
avere una grande importanza: prima di tutto per le macchine industriali stesse che devono
essere economiche e funzionali. I cambiamenti che la rivoluzione industriale porta sono sociali,
culturali e fa nascere la moderna tecnologia. Soprattutto ovviamente la rivoluzione industriale
porta grandi cambiamenti nel sistema di produzione: molti manufatti che prima erano
in legno ghisa o in pietra, vengono sostituiti da prodotti realizzati in acciaio: un esempio è
il ponte sul fiume Severn, progettato da John Wilkinson, che è stato realizzato da molti
elementi prodotti industrialmente.
La storia del design nel periodo industriale comincia con l'industrializzazione di una delle più
antiche manifatture: la ceramica.
Josiah Wedgwood (1730-1795) è il primo produttore di ceramica industriale.
Wedgwood nella sua industria utilizza macchine a vapore per macinare i materiali e azionare
i torni e inventa anche il pirometro, un particolare termometro per misurare la temperatura dei
forni.
Wedgwood cerca di avvicinare sempre più la forma alla funzione dei prodotti ceramici: usa fino
nel processo iniziale il le macchine e successivamente, per il lavoro di finitura la mano
dell'uomo dividendo le fasi del lavoro per ottenere una maggiore velocità di produzione e più
economicità. In questo modo sostituisce molti lavoratori specializzati in piccoli settori alla
figura del vecchio artigiano.Per Wedgwood è molto importante anche la pubblicità e la promozione: la sua
produzione infatti doveva incontrare i gusti del grande pubblico e non essere interessante solo per pochi.

L’età vittoriana
Il movimento industriale di questo periodo è diventato normale, abitudinario e perde le
caratteristiche di innovazione di un tempo: la produzione è quindi peggiore. In breve c'è
bisogno di una nuova estetica, un nuovo stile per la forma del prodotto industriale. Per
soddisfare questo bisogno si pensa a scuole e eventi per educare sia i designer che il pubblico.
Due personaggi si evidenziano in questo periodo:
 Henry Cole (1808-1882): secondo lui, il fabbricante deve essere anche artista e
ricercare artisticità negli oggetti d'uso. Le decorazioni che propone e le forme dei
prodotti che si ispirano alla sua teoria sono geometrici.
 William Morris (1834-1896): pensa a un progetto storicista, ispirato al passato e
al Gothic Revival. Molti giovani che seguono Morris tornano a lavorare come artigiani e
aprono negozi, botteghe, laboratori.

Gli elementi comuni tra Cole e Morris sono:


1. la ricerca stilistica e la produzione di oggetti utili in casa;
2. la ricerca di un grande pubblico
3. Propaganda e pubblicità per promuovere la propria idea e i propri prodotti.
4. la preferenza per le arti applicate più che per le altre arti.
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5. il desiderio di un'artisticità diffusa.

Henry Cole è il maggior esponente della cultura vittoriana nel campo del nascente design.
Nel 1845 conia l’espressione “art manufacturer” per designare un artista-fabbricante, anticipando la
moderna definizione di “designer”.
Nel 1847 fonda la Summerly’s Arts Manufacture, per dedicarsi alla produzione di oggetti replicabili in tirature
consistenti.
Nel 1849 fonda e dirige il Journal of Design and Manufacture sostenendo la necessità di un’alleanza tra arte
e industria per arricchire la semplice funzionalità dell’oggetto d’uso con apporti culturali e artistici.
Funzionario pubblico, pittore, editore e sostenitore delle arti applicate, Sir Henry Cole si fa inoltre promotore
di diversi progetti per la produzione di oggetti riproducibili in serie.
Nel 1851, sostenendo il principio dell’“imparare vedendo”, si fa promotore dell’Esposizione Universale di
Londra e, dal 1852, inizia il primo nucleo della raccolta che diverrà il Victoria and Albert Museum.

La questione della bellezza fu collocata nella giusta prospettiva da Henry Cole nel suo Journal of design:
tentò di educare all’osservazione delle forme proponendo le sagome di umili utensili come pentole, bottiglie,
scarpe o sedie .
I suoi oggetti d’uso aspiravano a porsi come i paradigmi di una nuova sensibilità estetica, capace di cogliere
la bellezza delle forme pure dei più elementari artefatti.
Al di là dell’ornamento, era la loro struttura ad imporre i canoni della valutazione estetica.
In essa era già possibile notare un adeguamento all’uso, frutto di una sapiente conoscenza dei materiali,
delle tecniche e dei contesti d’impiego.

La Great Exhibition del 1851


Organizzata nel 1851 la Great Exhibition è ideata da Henry Cole in base alle idee del libero
commercio, libera comunicazione, miglioramento nella produzione e nell'esecuzione attraverso
la libertà ci competizione e facilità di trasporto, come si legge nel catalogo della mostra scritto
da Cole.
L'esposizione è organizzata nel Crystal Palace, il primo edificio prefabbricato della storia
dell'architettura che è progettato da Joseph Paxton. Sono molti i paesi industrializzati che
espongono alla mostra e in particolare Inghilterra e America lo fanno secondo due idee
completamente diverse del rapporto arte-industria:
- America: espone macchinari prodotti senza nessuna ricerca stilistica e estetica;
-Inghilterra: espone prodotti con ricerca dello stile e della forma.
Due dei temi principali discussi durante la Greta Exhibition era la possibilità di unione tra arte e
industria e la differenza tra produzione artigianale e produzione industriale.
In Inghilterra infatti in quel periodo il pubblico chiedeva prodotti molto decorati che dovevano
sembrare prodotti artigianali e non industriali. L'artigianato era infatti, secondo la borghesia,
più accurato nell'esecuzione della produzione industriale. Per questo c'erano molte falsificazioni
e prodotti pseudoartigianali fatti in molti modi:
-riproduzione galvanoplastica
-creazioni di matrici di modelli antichi.
Questo tipo di tecniche non veniva applicato a oggetti di uso quotidiano, ma a quelli di natura
estetica ovviamente solo per un pubblico ricco. Accanto a questo tipo di oggetti c'erano quelli
"foggiati" cioè per classi sociali più povere.

Arte applicata (W. Morris)


Deve essere frutto di collaborazione tra disegnatore e artigiano.
Lo scopo di applicare arte agli oggetti utilitari è duplice:
- aggiungere bellezza al lavoro umano
- dare gioia al lavoro stesso

William Morris
• 17enne, nel 1851, rifiutò di metter piede al Crystall Palace affermando che ciò che conteneva era
“wonderfully ugly” , stupefacentemente brutto.

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• La sua azione non fu quella del semplice teorico, come era stato John Ruskin, suo maestro, bensì quella del
designer, dell’organizzatore, del fervente propagandista di un’estetica progettuale e di un’ideologia sociale.
• Fondatore nel 1861 della Morris, Marshall, Faulkner & Co., che nel 1874 diverrà la Morris & Co.
 L’insistenza sul concetto di Gilda, la corporazione medievale delle arti e dei mestieri, rispecchiò le nostalgie
medievalistiche e le utopie sociali che alimentarono questi tentativi
Oltre all’influenza di Ruskin, si avvertono echi della predicazione comunitaria di Fourier, che vedeva nell’
“attitudine alle belle arti” un requisito indispensabile per essere ammessi alla falange e che faceva del
falansterio il centro di un’armonia universale espressa nei “manufatti artistici e industriali” prodotti dalla
comunità.
 Morris sosteneva la necessità di prendere a modello le corporazioni, le lavorazioni e le morfologie tipiche dei
prodotti medievali, cioè di un’epoca caratterizzata dall’onestà dei rapporti sociali, dal corretto uso dei
materiali, dalla pregevole esecuzione artigianale e da quella “Joy in Labur” definita da Ruskin come un
antidoto all’alienante lavoro industriale e unica garanzia della qualità dei prodotti.
Anche in questo caso, il primo effetto di questi insegnamenti fu che molti giovani artisti, architetti e dilettanti
decisero di dedicarsi all’arte applicata che riacquistò dignità e nobiltà, dopo essere stata considerata per
oltre mezzo secolo un’occupazione inferiore.
Morris considerò prioritaria, rispetto alle altre, la riforma delle arti applicate, poiché in esse si spendevano
quotidianamente più energie e interessavano un maggior numero di persone, tra produttori e consumatori.
 Per favorire la diffusione di questi prodotti fu creata la “Arts and Crafts Exhibition Society”,
incaricata di organizzare esposizioni e di mettere i produttori in contatto con gli industriali e i consumatori,
che finì col dare il nome al movimento.

Arts and Crafts Movement


Netto rifiuto per ogni forma di produzione industriale degli oggetti e rivalutazione dell’artigianato e degli stili
arcaici e regionali Paradossalmente precursore del disegno industriale in quanto pose con forza la questione
della bellezza nei più umili arnesi quotidiani e la necessità che essa fosse assicurata da un progettista–
artista il designer chiamato a definirne i caratteri formali e a presiederne la realizzazione.

Expo
Le esposizioni universali che si susseguirono per tutto il XIX secolo:
Londra 1851, Parigi 1855, Londra 1862, Parigi 1867, Vienna 1873, Filadelfia 1876, Amsterdam 1883,
Parigi 1889.
Testimoniarono il trionfo del sistema della fabbrica e dell’oggetto di massa.

 La modernità, incarnata da un’industria capace di sfruttare tutte le possibilità offerte dalla scienza e dalla
tecnica, veniva accettata sul piano dell’utilità ma tenuta a bada sul piano dell’estetica e dell’etica.
 Il progresso tecnico non ha nulla a che fare con quello dell’arte e della civiltà visto che le due civiltà in cui
l’arte si è innalzata alle più grandi altezze, la Grecia antica e l’Italia rinascimentale, sono rimaste estranee
alle raffinatezze industriali
 L’irriducibile separazione tra utilità e bellezza negava ai prodotti industriali qualsiasi dignità estetica proprio
nel momento in cui la presenza degli oggetti ornamentali nell’esistenza quotidiana diventava sempre più fitta.
 Il predominio del capitale finanziario indusse a nuove forme di consumo, con interni stipati di cose, un
desiderio di possesso e accumulazione malcelato dal gusto del collezionismo, dell’esotismo.
 a prevalere non era il concetto d’uso ma quello di rappresentazione: il sovraccarico ornamentale degli
oggetti doveva garantire il buon gusto del possessore e la loro quantità elevava il prestigio sociale.
 Mallarmé, commentando le esposizioni di quegli anni: sosteneva che al XIX secolo non rimaneva come
ruolo critico che “collezionare le forme usuali e curiose nate dalla fantasia d’ogni popolo e d’ogni epoca”
All’industria era affidato il compito della “moltiplicazione popolare di queste meraviglie”
Renan (orientalista e storico del cristianesimo), in occasione dell’esposizione di Parigi del 1865: “L’utile non
nobilita. I miglioramenti materiali non servono a fini religiosi o morali.”
 Fu il design, soprattutto quello anonimo e trascurato, lontano dalle estenuate raffinatezze del dominante
spirito borghese, a indicare percorsi più diretti verso una nuova concezione dell’oggetto d’uso.
Un design che trovava le sue motivazioni di fondo in una precisa situazione sociale e culturale, da cui gli
oggetti risultarono in qualche modo direttamente plasmati.

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Biedermeier
Un nuovo stile che si diffuse in Austria nella prima metà del XIX secolo,e parzialmente anche in Germania e
Boemia. Riguardò il disegno dei mobili, gli oggetti decorativi e anche la pittura.
Mobili pratici, anche se sobriamente eleganti, erano realizzati con legni locali ed economici come noce,
ciliegio e betulla.
Il termine non rinvia ad alcun costruttore e nessun mobile fu mai firmato.L’etimologia più probabile è che
derivi dal tedesco “bieder”, sempliciotto, e meier , un cognome molto comune.
Più che uno stile progettuale fu un modello abitativo, se non addirittura di vita, del ceto borghese austriaco
che la restaurazione post-napoleonica e il ferreo governo Metternich avevano avvolto di conservatorismo e
autoritarismo.Nel clima sospettoso e conformistico dell’epoca la casa divenne un rifugio. Gli interni vennero
arredati e decorati in economia ma seguendo esigenze di comodità e tranquillità.
Il mobilio Biedermeier sfruttò al massimo la ristrettezza degli spazi degli appartamenti con i suoi pezzi
rigorosamente funzionali.Stipati di cassetti e ripiani, mostrano un disegno fondato su compunte simmetrie,
ornamentazioni delicate, superfici decorate dalle venature dell’impiallacciatura o intarsiate con motivi
allusivamente neoclassici .La struttura è solida senza essere massiccia. La funzionalità e avvolta di decoro.
L’ideologia che si rispecchia in questo stile, fa di questo design la manifestazione tangibile di una piccola
borghesia intimorita e pacifica. Fu lo stile che rappresentò al meglio la vita famigliare nella sua intimità.
Anche nella pittura e nelle arti applicate come vetri e porcellane.

Gli Shakers
 Camisardi, calvinisti francesi che vivevano in Inghilterra da esuli, scacciati oltre la Manica dall’esercito di
Luigi XIV nel 1702-1706. Li chiamavano “Shaking Quaquers”, ovvero “Quaccheri che si agitano”, perché in
chiesa solevano scuotere mani e piedi per fare penitenza e liberarsi dai peccati.
Ann Lee, fondatrice degli American Shakers, nacque a Manchester nel 1736. Nel 1776, Mother Ann fondò
la prima comunità Shaker americana in una zona a nord-ovest della cittadina di Albany, nello stato di New
York.
 Uno dei principi fondamentali della setta imponeva la totale separazione dal mondo profano per dedicarsi
anima e corpo alla vita comunitaria.
Questo presupponeva che le comunità Shakers dovessero raggiungere la completa autosufficienza,
provvedendo a soddisfare ogni bisogno all’interno dei villaggi, senza mai ricorrere ai prodotti della vicina
civiltà urbana.
 Questa organizzazione sociale, influenzata dai principi della fede e legata ad una condotta di vita puritana,
condizionò ben presto anche il modo di costruire gli edifici e di arredare gli ambienti interni con mobili e
suppellettili di un’eleganza semplice ed essenziale.
Per realizzare il “Paradiso sulla terra” ogni gesto quotidiano doveva essere espressione di fede: il lavoro
diventava quindi liturgia, rapporto con Dio, gestione di una creatività che è dono divino
 Agli inizi i mobili erano costruiti a mano, poi con l’industrializzazione e l’uso dei macchinari, la produzione
diventò seriale, ma solo nel 1873 troviamo il marchio registrato degli Shakers, applicato soprattutto allo
schienale delle sedie.
Lo stile e la filosofia progettuale degli Shakers hanno influenzato gran parte dell’arredamento di fine ‘800 e
del moderno design, in particolare quello scandinavo (Alvar Aalto) e quello americano del secondo
dopoguerra.
 Il design è una disciplina progettuale che inizia ad affermarsi quando i prodotti non nascono più dall’abilità
degli artigiani, ma dall’affidabilità di un sistema produttivo che replica all’infinito un modello nelle sue
caratteristiche formali e funzionali.
I mobili prodotti all’interno delle comunità degli Shakers sono uno dei primi esempi di questo modo di
produrre e progettare.
 L’importanza attribuita da questa comunità a valori quali l’ordine, l’utilità e la robustezza si rifletteva tanto nei
prodotti artigianali quanto nei mobili e negli utensili creati nei loro laboratori.
L’armonia delle proporzioni e la purezza formale distinguono questi oggetti.

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Ogni fase di produzione era eseguita con i materiali di cui la comunità disponeva, tra cui il più usato era
certamente il legno, considerato un dono divino, una bellezza naturale da amare e rispettare.
Per questo motivo, nella lavorazione dell’oggetto, il legno era economizzato al massimo, non certo per
carenza ma unicamente per amore.
La pratica dell’impiallacciatura (che consiste nel rivestire con un sottile foglio di legno pregiato un legno di
scarso valore o di brutto aspetto) era considerata peccato, poiché ogni qualità di legno possiede uguale virtù
e bellezza.
 Poiché il senso e lo scopo di un oggetto risiedono nella sua funzionalità, la perfezione esecutiva è raggiunta
quando esso è utilizzabile in maniera agevole e fluida. Dunque l’obiettivo non é la bellezza formale ma
l’utilità. Moltissimi oggetti domestici oggi considerati comuni sono invenzioni brevettate dalle comunità
Shakers, dalla sega circolare alla molletta per il bucato, dalla scopa piatta (che rimpiazzò le vecchie ramazze
tonde) alla sedia a rotelle.
 Assai prima che la scuola del Bauhaus o Frank Lloyd Wright formulassero le loro dottrine sul funzionalismo,
gli Shakers compresero che non era necessario ricoprire un tavolo con marmi, lamine o tessuti, ma che esso
ha bisogno solo di un piano e delle gambe, con un’intelligente progettazione ed una valida costruzione.
I mobili prodotti nelle officine delle comunità Shakers presentano soluzioni funzionali assolutamente geniali:
sedie con supporti traversi digradanti in spessore dall’alto verso il basso, al diminuire della funzione di
appoggio; schienali sagomati con una leggera curvatura verso l’interno, per garantire un’ottimale linea di
sostegno lombare.
 mobili polifunzionali con ampi e numerosi cassetti per riporre biancheria e ogni genere di oggetto domestico;
e ancora tavoli, scrittoi e letti montati su quattro ruote, per facilitarne lo spostamento.Precursori delle
tecniche di vendita, utilizzarono perfino un catalogo postale e uno showroom per commerciare i loro prodotti.
Ecologisti ante litteram, usavano solo colori derivati dalla terra e dalle piante per dipingere le pareti, mobili e
stoffe. Furono anche i primi a utilizzare strisce di tessuto per le sedie, motivo decorativo ripreso poi da alcuni
designer scandinavi.
 ladder-back chair: Letteralmente “sedia con schienale a pioli”, una seduta con appoggio in paglia di Vienna
o legno, braccioli e un alto dorsale raccordato da una serie di traversi che ricorda, appunto, una scala a pioli.
Queste sedie sono molto leggere poiché in origine dovevano poter essere agganciate a delle speciali fasce
di legno con pioli, inchiodate alle pareti, per liberare il pavimento e facilitare la pulizia degli ambienti
 Oggetti d’uso: La creatività e la professionalità degli Shakers, sostenuta dall'uso di tecnologia avanzata
diede luogo ad una vasta gamma di prodotti innovativi di alta qualità, che oltre ad essere usati all'interno del
gruppo, venivano venduti con successo al di fuori della comunità.
Questi metodi di produzione non solo risultavano efficienti ma gli aiutavano a mantenere l'uniformità,
principio basilare della filosofia degli Shakers.
 Negli Stati Uniti, gli Shakers sono principalmente conosciuti per la loro produzione, molto più che per le loro
opinioni religiose, e i loro mobili d'epoca sono venduti a prezzi molto elevati e ricercati , soprattutto da esperti
del mondo del design e dell'antiquariato.
 Introdotti nel nostro paese da Maddalena De Padova, gli arredi shaker sono oggi difficili da trovare. De
Padova, che per anni ne ha rieditato i tipi, ha ormai sospeso la produzione, salvo che per la sedia a dondolo,
il tavolino a tre piedi e alcune scatole. Oggi la comunità Shaker vive nel Maine e, nonostante sia esigua,
continua a produrre i suoi mobili e a venderli.

Michael Thonet (1796-1871)


 Ebanista prussiano che a partire dal 1830 sperimentò la tecnica della piegatura del legno, inumidendolo con
il vapore (6 ore a 104°) e collocandolo in stampi metallici per l’essiccatura che ne fissava la forma voluta (2
giorni a 70°).
Nel 1841 si trasferì a Vienna.
Le sue sedie ebbero un successo strepitoso e alla fine del XIX secolo le sue fabbriche producevano 4000
pezzi al giorno.
 Thonet ottenne i brevetti per la sua tecnica del legno curvato nel1841 (Inghilterra, Francia e Belgio ) e 1842
in Austria. L’inizio della vera e propria attività industriale avvenne 1853 quando intestò la ditta ai suoi figli

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(Gebrüder Thonet). Dal 1856 furono costruite le grandi fabbriche per la produzione seriale (Moravia,
Ungheria, Polonia) e aperti punti vendita in molte città europee e anche a New York e Chicago.
 Apparizione del design:
Il disegno dell’oggetto tracciato artisticamente sulla carta, veniva fissato in rigorosi schemi geometrici e
matematici che ne garantivano la funzionalità strutturale e la riproducibilità seriale.
 Secondo l’arch. Portoghesi:
“Con questi due strumenti diventa possibile racchiudere lo spazio senza nasconderlo alla vista e
l’arredamento non diventa più riempimento di uno spazio ma filtraggio di uno spazio, caratterizzazione
dinamica di uno spazio attraverso un sistema equilibrato di linee […]”
 “Un ambiente arredato con mobili Thonet ha un fascino supplementare a quello dei singoli oggetti per la
serie infinita di relazioni originata dalla trasparenza e dalle infinite sovrapposizioni dei vari pezzi, che si
articolano, si oppongono o rifluiscono l’uno nell’altro formando un unico inestricabile nodo di linee tese.”
 I dondoli, le chaises longues, i divani, i letti sono strutture dotate di una loro spazialità interna che ha nella
trasparenza il suo carattere e la sua specificità.
 La produzione Thonet soddisfa pienamente i 4 parametri del design: Progetto, Produzione, Vendita,
Consumo.
Anticipa nuovi orientamenti del gusto, l’Art Nouveau in particolare, e risulta ancora attuale.
 l museo Thonet è nato quasi dal nulla: alcuni esemplari sono stati acquistati presso i cittadini di
Frankenberg, altri invece ritirati e sostituiti con mobili nuovi, dato che la fabbrica produce qui dal 1889.
L’ampliamento effettivo della collezione si deve a Georg Thonet, pronipote del fondatore, spinto dalla
passione di acquistare i mobili Thonet, reperiti negli angoli più sperduti del globo. La riapertura del museo
Thonet nel 1989 ha coinciso esattamente con i cento anni della fondazione della fabbrica Thonet di
Frankenberg.
 Oggi l’azienda Thonet è divisa in due rami, Thonet Frankenberg e Thonet Vienna. La Thonet Vienna è stata
acquisita recentemente dal Gruppo Poltrona Frau, mentre la parte tedesca rimane Thonet.

Mobili Brevettati
Il binomio “mobili da tappezzieri e mobili da ingegnere”, sottolineato da Sigfried Giedion, ingegnere,storico
dell'architettura, dell'arte e critico dell'architettura svizzero, si riferisce al fenomeno degli elementi d‟arredo
metallici o “brevettati”, molto diffusi in USA a partire dal 1850, con origine nell‟Europa Settecentesca, oggetti
maneggevoli, leggeri e pieghevoli, con un minimo ingombro.
Il loro progetto de mobili meccanici, aveva una duplice esigenza, oggetti non più statici come quelli dei
tappezzieri, chiusi e bloccati, ma pieghevoli, affidando il confort alla discontinuità dei suoi elementi, in gran
parte metallici,come si fossero un prolungamento degli arti.
Arredamenti che seguono gli sviluppi tecnologici e le necessità, chirurgia-letto chirurgico, sedia da barbiere,
arredi ferroviari e l‟affermarsi di nuove tendenze, poltrone a sdraio, letti pieghevoli, identificandosi anche con
l‟esigenza dei nuovi ceti sociali.
I mobili da ingegnere invece, ritrovavano nella necessità del ceto medio, di ottenere nel minimo spazio il
maggiore confort, il suo punto principale, ecco la nascita dei mobili trasformabili, che da divano diventa
poltrona ecc., seguendo questa logica di arredo iperfunzionale troviamo quelli per ufficio, è a questo punto
che il mobile diventa un manufatto con storia e concessione propria e specifica progettazione, dove l‟oggetto
può
prescindere completamente dall‟arredamento, l‟aspetto interessante fu che per superire la necessità di
produzione e la necessita di quantificazione di questi oggetti speciali, come ad esempio la poltrona per
invalidi, gli oggetti subirono un adattamento al campo domestico, una semplificazione delle forme, la
seggiola Wilson (1871) è uno dei primi modelli che trasferiscono questi requisiti e da li altre modelli
deriveranno nel corso del 1871-90 e che saranno destinati a scomparire entro il 1893, anno della svolta e
nascita della Scuola di Chicago.

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Germania-USA 1900-1929
La storia del design tedesco dei primi 30 anni del Novecento è intrecciata con quella
americana. Dal 1850 al 1930 sono moltissime le invenzioni e una gran parte di queste sono
fatte da americani e tedeschi: la macchina da scrivere (1855), la macchina per cucire (1858),
la plastica (1862), l'automobile (1862), il cemento armato (1867), … e molte altre.

Le lettere di Reuleaux
Nel 1876 Franz Reuleaux invia alla stampa tedesca alcune lettere (Briefe aus Philadelphia) che
raccontano della situazione industriale americana: Franz Reuleaux si trovava in quel periodo a
Filadelfia in USA per partecipare all'Esposizione Internazionale.
In queste lettere si legge una dura critica all'industria tedesca che ha scelto "un buon prezzo
per una cattiva qualità" per la propria produzione, all'artigianato tedesco che sceglie solo
motivi patriottici e nazionalistici e ha una generale mancanza di gusto e di progresso tecnico.
In generale, secondo Reuleaux, sarebbe meglio preferire il "il mantenimento dei prezzi e una
crescita nella qualità". L'industria americana ha invece delle ottime macchine utensili:
l'industria tedesca dovrebbe adottare le macchine utensili nell'industria ogni volta che le
macchine possono sostituire la mano dell'uomo con un vantaggio per la produzione, eliminando
il lavoro fisico o almeno rendendolo meno pesante; è meglio utilizzare il lavoro dell'uomo e la
sua abilità nell'opera di finitura del prodotto.
In quanto si legge nelle lettere sono importanti tre indicazioni:
a) l'impresa industriale deve essere costituita grazie agli sforzi dell'intera nazione;
b) la macchina ha un'enorme importanza;
3) la qualità è la caratteristica della produzione più importante.

GERMANIA
Cronologia
• fine Ottocento:importazione di tessuti dall’oriente (soprattutto dal Giappone) affermazione dello Stile Liberty
(che in ogni nazione assume connotazioni un po’ diverse e un diverso nome: in Germania “JugendStil”
• 1890 Sedia Thonet modello n°14 già vendute circa quaranta milioni di esemplari
• 1898 Deutsche Werkstätte (R. Riemerschmidt, H. Tessenow, J.M. Olbrich)
• 1901 Dramsdadt: Comunità di artisti fondata su teorie Arts & Crafts Sotto la guida del granduca Ludwig von
Hessen Uno degli esponenti è J. M. Olbrich
• 1903 Wiener Werkstätte (J. Hoffmann, K. Moser) Ludwig Lobmeyr (lavorazione del cristallo secondo lo stile
Neoclassico) Hermann Krupp (argentatura mediante galvanizzazione)
• 1907 AEG (P. Behrens) 1907 Deutscher Werkbund associazione di artisti ed industriali (H. Muthesius,
F.Naumann, H. Van de Velde)
• 1914 mostra del Werkbund a Colonia In occasione della mostra viene convocata un’assemblea
programmatica: tipizzazione (sostenuta da Muthesius) contro mutamento (sostenuto da van de Velde)
• agosto 1914 scoppia la Prima Guerra Mondiale durante la guerra si afferma la STANDARDIZZAZIONE
costituito l’ufficio di standardizzazione tedesco vi lavorano H. Muthesius e W. Gropius
• Van de Velde deve lasciare la Germania indica come suo successore alla scuola d’arte di Weimar W.
Gropius.

Concetti a confronto
per la produzione di serie su cui si interrogavano industriali e progettisti

Utilità Gusto
Uso <----> Estetica
Funzione Bellezza

-In Germania questo dibattito trovò il suo terreno più fertile anche se si diffuse in tutta Europa
-presenza di una forte industria ma anche di una tradizione artigianale gelosa del proprio prestigio
~ 11 ~
 La forma dell’oggetto si caricava di nuove implicazioni:
• Alla pura appetibilità sul mercato si opponeva il richiamo a valori culturali;
• Alla libera creatività si poneva il freno della standardizzazione e dell’economia.

Joseph Maria Olbrich


 Già allievo di Otto Wagner, è stato il protagonista della Secessione viennese, con G. Klimt, J. Hoffman e K.
Moser, per cui ha costruito l’omonimo Palazzo nel 1897. Con la singolare cupola di foglie d'alloro in bronzo
dorato, è il monumento-manifesto del gruppo che si era staccato dall’arte ufficiale austriaca e era riunito
intorno alla rivista Ver Sacrum, aperta alle nuove tendenze internazionali.
 Nel 1889 il granduca d’Assia lo chiamò a collaborare alla creazione della "colonia di artisti" di Darmstadt,
inaugurata nel 1901, con edifici ispirati al nuovo stile, mescolando alcuni stilemi tedeschi con il gusto per la
decorazione e la scenografia che mediava le sperimentazioni dello Jugendstil con un senso quasi classico
della misura e della semplicità. Furono chiamati 7 progettisti tra cui Olbrich e Behrens.
 Olbrich si dedicò ad un'opera di progettazione integrale, dall'architettura al design nei suoi più vari aspetti.

Il Werkbund
Sulla scia della acquisita consapevolezza che la forma degli oggetti non è destinata solo ad una fruibilità
estetica, ma anche alla funzionalità ed è posta in stretto rapporto con la realizzazione industriale e alla
stessa sua ripetitività seriale, si cominciano a creare iniziative che sfoceranno, nel 1907 nel Deutsch
Werkbund. Tale associazione è stata definita la più importante organizzazione culturale tedesca degli anni
precedenti alla guerra. Si proponeva, tra i suoi obbiettivi, di saldare la cesura tra industria ed arti applicate e
stabiliva una sorta di collaborazione tra artisti e industrie.
Tra esse l'AEG, formata nel 1883 da imprenditori e persone attente al mondo dell'arte.

Peter Behrens
 Ernesto Luigi d’Assia , nipote della regina Vittoria, perseguiva uno scopo in sé preciso: far coincidere la
nuova visione estetica della vita con la ripresa economica dell'Assia.
Tra gli artisti che furono chiamati a partecipare alla sua “colonia” c’era anche Behrens .
Realizzò la propria abitazione con una sapiente alternanza di superfici bianche e contorni a mattoni dove,
nel pesante linearismo, il gusto liberty è solo evocato.
 Nel 1898 si dedica al design e negli anni seguenti inizia ad interessarsi di grafica e tipografia, creando una
nuova serie di caratteri tipografici conosciuti anche come "Scrittura-Behrens".
Dal 1899 al 1903 insegna presso la neo-fondata colonia d’artisti di Darmstadt.
A Darmstadt realizza la sua prima casa (Casa Behrens) per l'esposizione "Ein Dokument deutscher Kunst"
dove disegna dalla struttura ad ogni elemento d'arredo.

Il primo designer industriale


 Nel 1906 è incaricato di disegnare il materiale pubblicitario per la Emil Rathenau's A.E.G., la grande azienda
elettrica di Berlino, dove erano impiegati come designer Adolf Messel and Otto Eckmann.
Nel 1907, ha pubblicato "Art in Technology", cioè il concetto alla base della filosofia della "perfezione di
forma e funzione".
 Lo stesso anno fu chiamato da Paul Jordan, consigliere delegato dell’Allgemeine Elektricitäts Gesellschaft
(AEG), e diventa architetto e consulente artistico per l’AEG a Berlino, con compiti che vanno dal design della
carta da lettera e di prodotti industriali alla progettazione architettonica. Vi resterà fino al 1914 e nomi famosi
come Mies van der Rohe e Le Corbusier collaboreranno con lui.
 Nel 1900 assume l'incarico di architetto della compagnia di elettricità di Berlino AEG. Nella fabbrica di
turbine che progetta per l'AEG nel 1908, in cui alterna vetro e metallo, troviamo il prototipo dell'architettura
industriale moderna. La Fabbrica di Turbine AEG, nel 1909 a Berlino, ha una destinazione pratica e
funzionale, è ideata dal suo progettista come una sorta di "monumento". C'è come un desiderio di creare
un'icona per l'industria
 Vi è una specie di glorificazione di una grandissima macchina elettrica racchiusa in un vasto volume. Si
tratta di un capannone di 207x39 metri, affiancato da un corpo di fabbrica a due ordini con copertura piana;
~ 12 ~
alle vetrate è dato un grande spazio, non solo nel prospetto principale ma anche in quello laterale; è retto da
una struttura metallica con telaio a tralicci a tre cerniere.
 Ci sono una serie di dettagli che ricordano il tempio greco: i pilastri verticali presentano una rastrematura
verso il basso, e la ripetizione stessa di tali elementi richiama i colonnati, mentre alla presenza del vetro tra i
pilastri si può associare la rappresentazione del principio di libera circolazione dello spazio, che faceva parte
del colonnato del tempio.
 Nello studio di Behrens si formeranno alcune tra le maggiori personalità del panorama architettonico
moderno come Mies Van Der Rohe, Le Corbusier e Gropius.
 Peter Behrens non è solo il padre del design industriale tedesco ma è anche il fondatore della “corporate
identity” (immagine aziendale). Behrens è il pioniere di questo concetto e lo mette in pratica.
Lavorando per AEG, Behrens crea loghi, materiale pubblicitario e pubblicazioni aziendali con un approccio
coerente di disegno unitario.

AEG
 L'AEG produce articoli legati all'uso dell'energia elettrica per illuminazione, riscaldamento,
comunicazione, attivazione di macchine.
La lavorazione in questa azienda è a ciclo continuo: si producono lampadine elettriche,
ventilatori, teiere, ecc…
 Nel 1891 la Germania introduce per legge l'uso di "carrozzerie", cioè di coperture o involucri
per proteggere elementi meccanici e evitare incidenti sia nell'uso del prodotto sia sul lavoro.
Questo tipo di coperture riguarda ovviamente anche la produzione delle lampadine e di molti
prodotti dell'AEG. L'involucro diventa un elemento di design oltre che di sicurezza, diventa un
modo per proteggere ma anche per promuovere i prodotti dell'AEG che crea una vera
campagna pubblicitaria e ha un enorme successo di vendite.
 Il successo dell'azienda è dato da tre cause:
1. Arte e tecnica si uniscono nella produzione dell'AEG
2. Immagine unitaria di design e grafica pubblicitaria: lo stesso tipo di disegnoe di stile
che si può sempre riconoscere
3. Prodotti nuovi e moderni che hanno un grande successo

 Tutto quanto il Werkbund, pur animato da interessi pratici , propone, dibatte , divulga attraverso congressi,
pubblicazioni e mostre, l’AEG lo realizza nei termini stessi della fenomenologia del design: progetto,
produzione, vendita e consumo, ponendosi come il caso più riuscito nella vicenda dell’Industrial design.

Hermann Muthesius
 Architetto tedesco(1861 - 1927), dopo aver vissuto in Giappone, ebbe l'incarico presso l'ambasciata tedesca
di Londra di studiare l'architettura contemporanea e le arti applicate inglesi.
Risultato del suo soggiorno inglese (1896-1903) furono diverse pubblicazioni sul tema di cui la più
conosciuta è “Das Englische Haus”, (La casa Inglese, 3 voll., 1904-05).
 Nel 1904 Muthesius, divenuto funzionario del Ministero prussiano per il commercio a Berlino, riprese la
professione di architetto, progettando ville in «stile inglese» per i ricchi borghesi della capitale.
 Personaggio di spicco della cultura guglielmina, importò a Berlino il modello della country house e fu la
figura chiave del trasferimento della leadership in campo architettonico dall'Inghilterra alla Germania.
 Nelle sue ville traspose i caratteri della casa di campagna inglese senza disattendere quei requisiti di
assoluta funzionalità che i soci del Werkbund esigevano sia da un prodotto industriale che da un'abitazione
moderna.
 In veste ufficiale, egli mise in pratica la lezione appresa in Inghilterra promuovendo una riforma delle scuole
di arte applicata. Fece anche uso della propria influenza per far collocare in posti chiave alcuni progettisti di
prim’ordine: Peter Behrens all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, Hans Poelzig all’Accademia di Breslau,
e Bruno Taut alla Scuola di Arti Applicate di Berlino.
 La nomina di Muthesius alla cattedra principale di arti applicate presso l’Istituto superiore per il commercio di
Berlino nella primavera del 1907 aumentò il suo prestigio, permettendogli di sostenere con autorità ancora
maggiore la causa delle riforme.

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 Fondatore nel 1907 del Deutscher Werkbund, continuò a influenzare con altri scritti il corso dell'architettura e
delle arti applicate tedesche, sostenendo la standardizzazione come l'unico mezzo nel mondo moderno per
raggiungere i livelli artistici delle civiltà passate, l’importanza della lavorazione industriale per risolvere il
problema socio-economico delle arti applicate, attaccando l’eclettismo storico ed il gusto per il lusso e per
l’ornamento.
 Muthesius salutò favorevolmente il sempre maggiore rispetto dimostrato verso il carattere specifico dei
materiali, il risalto dato a criteri di design funzionali e strutturali, e il declino del sentimentalismo nostalgico,
dell’artificiosità e dell’ornamentazione eccessiva. Il pubblico dei consumatori, corrotto dallo snobismo
sociale, dalla ricchezza improvvisa e dalla disponibilità di beni «di lusso» fatti a macchina a buon mercato,
doveva essere ricondotto agli antichi ideali di semplicità, purezza e qualità. Allo stesso tempo, i produttori
dovevano sviluppare un nuovo senso di responsabilità culturale, basato sulla consapevolezza che gli uomini
sono plasmati dagli oggetti che li circondano.

 L’esposizione di Colonia, fu concepita originariamente come una vetrina dei prodotti delle industrie d’arte
tedesche. I padiglioni espositivi, circa cento, furono progettati per la maggior parte per ospitare esposizioni o
per altre funzioni specifiche, piuttosto che come esempi di stile architettonico.
 Nel complesso, comunque, a Colonia l’architettura occupava una posizione di secondo piano rispetto alle
arti applicate, perché gli organizzatori intendevano soprattutto propagandare il principio di collaborazione tra
arte e industria. La progettazione delle strutture espositive fu affidata per la maggior parte ad artisti del
Werkbund.
 Vi erano alcune eccezioni: la fabbrica e gli edifici per uffici di Gropius, il teatro di van de Velde, un
condominio di Alfred Fischer, e due piccoli gruppi di alloggi modello, uno dei quali illustrava lo stile
consigliato per le colonie, l’altro rappresentava un insediamento per lavoratori dell’industria in stile rustico.
 La struttura più originale presentata a Colonia, fu il padiglione del vetro di Bruno Taut; progetto
commissionato dall’industria vetraria che vi espose i propri prodotti.
 Comunque sia, gran parte degli edifici della mostra lasciavano parecchio a desiderare. Un eclettismo diffuso,
non dissimile da quello contro il quale si erano scagliati i fondatori del Werkbund (edifici pseudo-romanici,
pseudo-barocchi, pseudo-classici, pseudoBiedermeier), trasformò la mostra, sia nel settore dell’architettura
che in quello della arti applicate, in una «torre di Babele» artistica. Tutto il contrario dello stile unitario
auspicato dal Werkbund.

 Nel luglio 1914, in concomitanza dell’esposizione, il Werkbund si riunì per discutere alcuni principi
fondamentali. Muthesius innescò una violenta querelle sul problema della contrapposizione tra
standardizzazione (Typisierung) e individualismo creativo.
Circa una settimana prima dell’apertura del congresso del Werkbund, Muthesius aveva distribuito dieci tesi,
le quali dovevano fungere da linee direttrici per il lavoro futuro dell’associazione. In esse si esortavano i
progettisti tedeschi a concentrare le proprie attività sullo sviluppo di forme standard o tipizzate, le quali
potessero essere prodotte in grandi quantità in modo da venire incontro alle esigenze dell’esportazione.
Egli affermava che la standardizzazione avrebbe assicurato la vittoria del buon gusto; pertanto non era
necessario inventare forme nuove, quanto perfezionare quelle già esistenti. Nella sua prolusione al
Werkbund, Muthesius fornì una elaborazione di queste tesi e le modificò notevolmente, poiché sapeva che
un gruppo di artisti, capeggiati da van de Velde, si erano riuniti la sera precedente per stilare un pacchetto di
dieci contortesi nelle quali si esprimeva una assoluta contrarietà nei confronti di ogni tentativo di limitare la
libertà dell’artista.
Le contortesi vennero lette pubblicamente, non appena Muthesius terminò di parlare, dallo stesso Van de
Velde. Nonostante le sue osservazioni conciliatorie, Muthesius non riuscì a placare i suoi oppositori.
 L’opposizione intendeva bensì elaborare uno stile moderno nei prodotti, ma esaltava la funzione
dell’artigiano-artista, che riteneva depositario di valori culturali genuini e patriottici.
La scelta era quella tra una produzione meccanizzata, seriale, standardizzata e destinata al largo consumo e
una produzione artigianale , manuale , del pezzo unico destinato a una committenza ristretta.
Il design era centrale in entrambe le posizioni: la prima lo inseriva in una struttura produttiva parcellizzata e
di grandi dimensioni, la seconda gli affidava il controllo sull’intero ciclo di fabbricazione di pochi prodotti.

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Le esigenze della guerra rafforzano la tendenza alla standardizzazione e alla produzione meccanizzata
auspicate da Muthesius, tendenza che condusse, nel 1917, alla creazione di una commissione per la
definizione degli standard produttivi, di ispirazione americana, con la quale Il Werkbund collaborò
ampiamente.

Henry Van de Velde


 Noto anche in Germania dove nel 1899 aveva esposto la famosa scrivania con la sagoma curvilinea alla
mostra della Secessione di Monaco e a Berlino aveva disegnato l’interno di una tabaccheria, con gli scaffali
sinuosi richiamati da una decorazione astratta e dinamica sulle pareti, e un negozio di barbiere con le
tubazioni lasciate a vista che formavano un ondulato disegno unendo funzione e ornamento.
 Punti di forza del suo design: la tendenza all’astrazione e l’intento di fare della decorazione un dato
organicamente inserito nella struttura architettonica
 Aveva sostenuto nel 1897 sulla rivista “Pan”:
“non creare nulla che sia privo di un fondamento pratico e razionale”
“ogni stanza ha un nodo centrale da cui si irradia vitalità e intorno al quale tutti gli altri oggetti devono
articolarsi e ordinarsi”
“liberare gli oggetti del nostro ambiente da tutti quei motivi ornamentali che non significano nulla”
“le stesse leggi che presiedono al lavoro dell’ingegnere guidano anche l’arte ornamentale”
 Van de Velde venne chiamato a Weimar a dirigere la Kunstgewerbeschule, la scuola di arti e mestieri, con il
compito di preparare i futuri disegnatori artistici per l’industria. L’edificio della scuola, progettato da lui stesso
con una concezione moderna e funzionale, costituirà il nucleo del futuro Bauhaus.

Josef Hoffmann (1870-1956)


 Basa la sua carriera artistica sulle teorie dell’architettura moderna e sul concetto di funzionalismo.
Anche se veniva considerato prima di tutto un architetto, il suo contributo nel campo del design è stato molto
rilevante.
 Nelle principali realizzazioni di design di Josef Hoffmann si ricordano le sue semplici opere decorate in
lattice, dove prevalgono le forme angolari e le decorazioni geometriche sulle superfici lisce, rivelatesi le
principali caratteristiche dello stile Secessione.
Nella sua prestigiosa carriera di designer, ha avuto grande importanza la collaborazione con Wiener
Werkstätte, che per la scelta selezionata della sua clientela, ricca e sofisticata, ottenuta assicurando un
prodotto di estrema qualità basato sulla cura di ogni singolo componente, gli ha permesso di escludere
definitivamente la produzione industriale e nella fase di produzione, disegnare e supervisionare
personalmente l’oggetto di design.
Quando si pensa ad Hoffmann come designer, è importante tenere a mente questi aspetti del suo lavoro. Ha
progettato sia per la produzione di massa che per il lavoro artigianale. Alcuni oggetti sono rimasti in
produzione continua e altri sono estremamente rari e unici.
Nel corso della sua carriera, ha progettato per numerose imprese e ha rivolto la sua attenzione anche al
tessile e al fashion design.
Considerava tutte le sue creazioni come un’opera d’arte. Ha portato un nuovo livello di eleganza e semplicità
per l’ambiente domestico.

 Il Palazzo Stoclet a Bruxelles (1905-14) rivela tutta la complessa personalità dell’autore. Vi dominano il gusto
per il particolare e il rigido controllo tecnico di ogni elemento costruttivo, la scomposizione del volume in
riquadri fortemente individuati da listelli scuri e la simmetria delle varie parti, tutti ricondotti a esigenze
complessive di funzionalità, danno all’edificio un carattere di notevole monumentalità, intatta tutt’oggi.

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 Il forte legame con lo stile di Mackintosh, prediletto da Hoffman, fa si che lo stile della Weiner Werkstätte sia
anche ricordato con il nome di “Quadrat style”.
 In Austria opera, invece, la Weiner Werkstätte, fondata da Hoffmann e Moser nel 1903, la cui produzione
verteva su un artigianato artistico basato sull’unità stilistica, partendo dalle esperienze inglesi dell’Arts &
Crafts e in particolare di Machintosh, del Liberty e dell’Art Nouveau.

Programma ( Hoffmann e Moser 1905)


 Vogliamo stabilire uno stretto rapporto tra il pubblico il progettista e l’artigiano e produrre oggetti d’uso
domestico, semplici e di qualità.
 Il nostro punto di partenza è l’USO dell’oggetto, la nostra condizione prima e la FUNZIONALITÀ, la nostra
forza consisterà nell’armonia delle proporzioni e nell’eccellente qualità della lavorazione.
 Il valore dell’artigiano dovrà essere considerato come quello del pittore o dello scultore.
 Al di là del quadrato, fu colto soprattutto lo spirito geometrico: l’accuratissima ortogonalità dei piani e dei
contorni, la riduzione al minimo degli innesti ornamentali.
 Idea dell’opera d’arte totale: Implicante più esperienze di artisti e la più vasta tipologia di oggetti, tutti legati
da un unico stile;stesso linguaggio formale, stessa sensibilità cromatica, stessa eleganza.
 La macchina: qui esiste ma non è la dominatrice, bensì l’aiutante. Non è lei a determinare la fisionomia dei
prodotti, ma lo spirito dei loro creatori e la precisione di mani esercitate all’arte.
 “Non è possibile convertire la massa, di conseguenza è tanto più pressante il nostro dovere di rendere felici i
pochi che si rivolgono a noi”
 Il valore artistico non è determinato esclusivamente nell’esteriorità decorativa
un oggetto esprime il massimo livello di capacità tecnica e artistica, nel contenuto ideativo e nell’accuratezza
del lavoro manuale.
non è disegnato soltanto dall’artista progettista, ma anche dall’esecutore, l’operaio, l’artigiano che l’ha
realizzato.
 Regola fondamentale: è meglio lavorare 10 giorni intorno a un oggetto, che produrre 10 oggetti al giorno.
 Una fattura di Moser si dice che a volte fosse più bella di un arredamento di Hoffmann, tanto era riconosciuto
per la sua elegante grafica che ben rappresentava l’impresa a cominciare dal marchio di fabbrica.

 È la conferma più illustre che l’esperienza del Design può darsi anche per lavorazioni artigianali e non
necessariamente seriali.
Dona il contributo maggiore alla nascita del Protorazionalismo.

AMERICA
Se in Europa si cerca di meccanicizzare i mestieri semplici come filatura, tessitura, produzione
siderurgica, in America si meccanicizzano i mestieri complessi e uno dei modi per farlo è la
catena di montaggio, cioè la divisione della lavorazione in varie fasi che poi producono la
merce.
Per arrivare a un aumento della produttività in America ci sono in questo periodo due modi:
1. il sistema di Taylor: si basa su una migliore organizzazione del lavoro
2. il sistema Ford: basata sulla costruzione di un nuovo manufatto, l'automobile.
3. Un'altra caratteristica del sistema produttivo americano è quella di produrre per un
grande numero di persone, un grande pubblico con gusti molto simili per scelte e
orientamenti.
In generale i valori vincenti del sistema produttivo americano sono la funzionalità, la praticità,
la comodità, l'economicità.

Henry Ford
 Henry Ford iniziò ad appassionarsi ai motori da giovanissimo. All'età di 12 anni, infatti, trascorreva la maggior
parte del suo tempo libero in un piccolo laboratorio allestito da lui stesso. Fu qui che costruì il suo primo
motore a vapore: era il 1878 e aveva solo 15 anni. L'anno successivo lasciò la sua casa diretto alla vicina
Detroit, per lavorare come apprendista macchinista.

~ 16 ~
 Nel corso degli anni successivi, si occupò della riparazione di motori a vapore, lavorò occasionalmente
presso una fabbrica di Detroit e curò la revisione delle attrezzature della fattoria del padre.
 Il 1888 segnò un profondo cambiamento nella sua vita, sposò Clara Bryant e iniziò a mantenere la sua nuova
famiglia lavorando presso una segheria.
 Nel 1891, iniziò a lavorare come tecnico presso la Edison di Detroit.
 Due anni dopo, in seguito alla sua promozione a capo tecnico, Henry ebbe tempo e denaro a sufficienza per
dedicare maggiore attenzione ai suoi esperimenti personali sui motori a combustione interna.
 Questi esperimenti raggiunsero il culmine nel 1896 con la costruzione di un veicolo: il quadriciclo
 La storia dell'auto cambiò per sempre con la fondazione della Ford Motor Company nel 1903. Henry Ford
deteneva il 25,5% delle azioni e ricopriva sia il ruolo di Vice Presidente che quello di capotecnico.
 Dopo essersi licenziato dalla Edison nel 1898, Ford istituì la Detroit Automobile Company.
 All'inizio venivano prodotte solo poche vetture al giorno presso la fabbrica Ford di Mack Avenue a Detroit,
dove due o tre uomini lavoravano a ogni vettura, utilizzando componenti prodotti da altre aziende.
La prima auto costruita dalla società venne venduta il 23 luglio 1903 ed Henry diventò prima Presidente e
poi azionista di maggioranza tre anni dopo.
 Alle origini del logo Ford c’è innanzitutto la scelta di scrivere il nome dell’azienda in corsivo nelle
comunicazioni aziendali. Sulla prima vettura di produzione Ford, la Model A, venne però applicato un
cartiglio art nouveau, con caratteri maiuscoli e iniziali più grandi, riportante la scritta «FORD MOTOR CO.»,
l’indicazione di città («DETROIT») e lo stato («MICH.») dove si trovava la sede dell’azienda: lo stile si
sposava perfettamente con quello della vettura, ancora in gran parte legata all’epoca delle carrozze a
cavallo.
 “Ogni giorno accarezzavo l’idea di un modello universale”
Nel 1908. Ford realizzò il suo sogno di produrre un'automobile dal prezzo ragionevole, affidabile ed efficiente
con l'introduzione della Model T.
Questo veicolo segnò una nuova era nell'ambito del trasporto personale: era facile da guidare, riparare e
manovrare su strade dissestate e infatti riscosse un successo immediato.
Ne verranno prodotti circa 15 milioni di esemplari fino al 1927.
 Nel 1919 Henry e suo figlio Edsel acquisirono le azioni di tutti gli azionisti di minoranza per la somma di
$105.568.858 e diventarono proprietari unici della società. Edsel, che in quell'anno era succeduto al padre
come Presidente, continuò a occupare la posizione fino alla sua morte nel 1943, quando Henry Ford tornò
alla guida della società.
Henry Ford abbandonò la carica di Presidente della Ford Motor Company per la seconda volta durante il
settembre 1945, lasciando il posto al nipote, Henry Ford II.
L'anno successivo, Henry venne premiato in occasione dell'American Automotive Golden Jubilee per
l'importante apporto al settore automobilistico e, nello stesso anno, l'American Petroleum Institute gli
assegnò la sua prima Medaglia d'oro per il prezioso contributo al benessere dell'umanità.
Henry Ford morì nella sua casa di Fairlane, a Dearborn, il 7 aprile 1947.
 Nell’accezione storica comune, Henry Ford è sinonimo di Model T non meno che di catena di montaggio,
sistema di fabbricazione che peraltro arriva solo qualche anno dopo il lancio della “T”, sull’onda della
crescente e inarginabile domanda del mercato.
L’idea per questo razionale ed efficiente – ma anche ripetitivo e alienante – metodo produttivo viene a Ford
dopo la lettura del libro “Principi del management scientifico” scritto da Frederick Taylor nel 1911, in cui
vengono preconizzate le linee guida di una nuova e rivoluzionaria organizzazione industriale per il XX
secolo, largamente incentrata sull’impiego della catena di montaggio.

Fordismo
 Sistema di organizzazione e politica industriale, attuato a partire dal 1913 da H. Ford nella sua fabbrica di
automobili.
 Basato sui principi del taylorismo, mirava ad accrescere l'efficienza produttiva attraverso una rigorosa
pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione, l'uso generalizzato della catena di montaggio, un
complesso di incentivi alla manodopera (paghe più alte, orari di lavoro ridotti ecc.).

~ 17 ~
Taylorismo
 Organizzazione scientifica del lavoro, ideata dall'ingegnere americano F.W. Taylor (1856-1915), basata sulla
razionalizzazione del ciclo produttivo secondo criteri di ottimizzazione economica, raggiunta attraverso la
scomposizione e parcellizzazione dei processi di lavorazione nei singoli movimenti costitutivi, cui sono
assegnati tempi standard di esecuzione. Più genericamente, il termine indica tutti gli aspetti di un lavoro, sia
manuale sia impiegatizio, organizzato secondo criteri ripetitivi, parcellizzati e standardizzati.

 lo scopo era quello di:


 rispondere alle esigenze espresse dai nascenti gruppi industriali americani, prima fra tutte
un’utilizzazione più razionale della grande massa di forza lavoro priva di ogni qualifica.
 limitare o annullare la discrezionalità dei vecchi sistemi di lavoro che, secondo Taylor, rappresentava la
fonte maggiore di spreco e di inefficienza.
 Come egli stesso scrisse: "L'attività di studio e di pianificazione della produzione spetta esclusivamente ad
un apposito ufficio; il compito degli operai deve essere limitato all'esecuzione di mansioni predeterminate,
scomposte con criteri scientifici in operazioni semplici e banali eseguite con utensili standardizzati ed in
tempi cronometricamente stabiliti".

Produzione (secondo Ford)


• “Alla base del mio pensiero è la convinzione che lo spreco e l’avidità siano i maggiori impedimenti ad
una produzione davvero buona.
• Io mi sono sempre sforzato di produrre con il minimo spreco, sia per quel che riguarda le materie prime sia
per quanto riguarda il lavoro operaio, e di vendere con il minimo profitto, compensando tale minimo con un
alto volume d’affari. Il prezzo deve essere in armonia con il potere di acquisto del pubblico.”

Produzione di massa
• La fabbrica di automobili realizzata da Ford incorporava una serie di innovazioni legate tra loro che
cambiarono radicalmente il modo tradizionale di produzione, consentendo di abbattere i costi rispetto a quelli
delle fabbriche tradizionali.
• Divenne allora possibile fornire al consumatore prodotti in grande quantità, poco differenziati e a prezzi
abbordabili.

Innovazioni
Oltre all’organizzazione scientifica del lavoro, innovazioni fondamentali per l’aumento della produttività
furono:
• la progettazione dell’automobile in funzione delle esigenze produttive;
• l’introduzione dei principi dell'intercambiabilità completa dei pezzi e della facilità di incastro.

Il "modello T"
Risalente al 1908, fu la prima automobile realizzata secondo i nuovi metodi.
fu prodotta in un’unica versione di color nero e venduta corredata di un libretto di istruzioni per le riparazioni
e la manutenzione, compilato immaginando che l'acquirente tipo fosse un contadino con pochi attrezzi e con
una scarsa conoscenza meccanica.

Prima
• le macchine nelle fabbriche venivano disposte in base alla loro funzione. Ad esempio, i torni venivano raggruppati in
un'area, le molatrici in un'altra e i trapani in un'altra ancora.
Per produrre era necessario spostare i materiali e i semilavorati attraverso la fabbrica in lotti (lotto = insieme di prodotti
uguali), nelle diverse zone dove subivano le necessarie lavorazioni.

~ 18 ~
Poi
• L'idea fu quella di disporre le macchine nell'ordine delle operazioni che esse consentono, in modo da non
dover trasportare i lotti da un reparto ad un altro.
In questo modo sono evitati trasporti e scorte intermedie, in quanto i prodotti si muovono direttamente da
una macchina all'altra.

Processo continuo
• Si arrivò alla fine dell’ ‘800 a collegare macchine specializzate, funzionalmente distinte, in una singola
macchina complessa che prendeva il materiale ad un estremo e spingeva il prodotto lavorato all'altro
estremo.
• Le prime tecnologie di processo continue furono realizzate nelle industrie della raffinazione e della
distillazione che utilizzavano gas e materiali liquidi.
Poi fu creata una macchina che rivoluzionò la produzione di sigarette. Mentre prima un lavoratore altamente
specializzato poteva produrre 3.000 sigarette al giorno, una macchina Bonsack riceveva il tabacco su un
nastro, lo prendeva, lo comprimeva, lo avvolgeva di carta e depositava le sigarette all'altro estremo. Ogni
macchina produceva 120.000 sigarette al giorno. Il costo di 1.000 sigarette scese da 60 a 10 centesimi.
• La progettazione di complesse macchine integrate capaci di aumentare radicalmente la produttività divenne
una sfida per gli ingegneri meccanici in tutte le industrie.
Henry Ford ebbe l'idea rivoluzionaria di applicare il principio del flusso ad un'industria che richiedeva
l’assemblaggio di un gran numero di componenti complessi.
• Gli ingegneri di Ford applicarono ed estesero il principio della linea di flusso (flowline) all'assemblaggio dei
motori e delle trasmissioni e allo stesso assemblaggio finale.
Nell'estate del 1913, in un esperimento, il telaio di un automobile di modello T fu spinto lentamente
attraverso la fabbrica e il tempo richiesto per l'assemblaggio fu diminuito da 13 ore a poco meno di 6.
• Nel gennaio 1914 fu installato il primo nastro trasportatore in movimento che faceva passare l'automobile
davanti agli operai fermi. Ciò diminuì ulteriormente il tempo richiesto per l'assemblaggio da 6 ore a 1 ora e
30 minuti.
• Contestualmente la specializzazione dei compiti portò il ciclo di lavoro medio di un montatore fermo alla
catena a 1 minuto e 19 secondi. Tale parcellizzazione comportava un livello di addestramento insignificante,
il che consentiva di utilizzare anche una manodopera immigrata priva di qualsiasi istruzione e per lo più
incapace di comprendere l’inglese.
• Questi sono gli aspetti che in genere portano ad esprimere giudizi negativi sul sistema di produzione
adottato da Ford.
Tuttavia, grazie agli aumenti di produttività, egli fu in grado di aumentare drasticamente i salari, per
trattenere i lavoratori.
l successo gli consentì inoltre di aprire nuovi stabilimenti, offrendo così molti nuovi posti di lavoro.
• Il fordismo non è stato quindi solo un modo di produzione, ma anche un modello di regolazione
sociale in cui si sono saldati, in un circuito virtuoso, produzione di massa e consumo di massa.

Nascita dello Styling (T. Maldonado)


Modalità di Disegno industriale che cerca di rendere il prodotto superficialmente attraente, a scapito spesso
della sua qualità e convenienza; che favorisce la sua obsolescenza artificiale invece della sua prolungata
fruizione e utilizzazione.
• costituisce una bizzarra risposta alla crisi, coerente con i presupposti di una particolare strategia competitiva.
• Strategia che ha consentito di passare dal capitalismo concorrenziale al capitalismo monopolistico.
• Da una strategia che punta alla riduzione del prezzo a quella che si basa sulla promozione del prodotto.

• Erano gli anni della depressione, l’inizio degli anni trenta, quando la paralisi economica afferrò il paese.
• I prodotti industriali assolvevano il compito per il quale erano stati pensati, ma uscivano dalle catene di
produzione con una stagnante monotonia.
• Quando gli affari andarono a picco, le varie aziende incominciarono la concorrenza dei prezzi.

~ 19 ~
• Ma intanto alcuni industriali più avveduti erano riusciti a capire che, per risolvere il loro problema, si doveva
perfezionare il servizio dei prodotti, renderli più convenienti per il consumatore e allo stesso tempo
migliorarne l’aspetto.
• Tra il 1945 e il 1970 gli Stati Uniti e l’Europa, sotto il paradigma taylorista-fordista-keynesiano conoscono
una dei periodi di maggior crescita economica e di benessere della storia.
In Italia questo periodo si identifica con il “miracolo italiano”, un periodo di crescita e consolidamento
dell’economia che è testimoniato dai film della cosiddetta “commedia all’italiana”
• Oggi viviamo nell’era del postfordismo:
Con la crescita di un’economia sempre più globalizzata, e sempre più basata sui servizi
(deindustrializzazione), a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso la produzione industriale ha subito una
nuova mutazione: i consumatori non sono più intere classi sociali ma gruppi di consumatori con gusti
mutevoli.
Grazie anche all’uso massiccio delle nuove tecnologie digitali, le imprese sono in grado di modificare e
adeguare la produzione alle esigenze del mercato: il nuovo paradigma, nella produzione e
nell’organizzazione del lavoro, è la flessibilità.

Il Bauhaus (Staatliches Bauhaus Weimar)


 Istituto superiore di istruzione artistica, fondato a Weimar nel 1919 da W. Gropius per promuovere, in
risposta alle esigenze che già dalla fine dell’Ottocento avevano dato vita ai movimenti Arts and
crafts e Deutscher Werkbund, un nuovo metodo educativo in grado di superare l’antinomia arte-artigianato,
finalizzato all’integrazione tra arte e industria e all’unità e armonia tra le diverse attività artistiche.
 Strutturato in sei semestri, il programma del Bauhaus prevedeva due corsi paralleli ma coordinati (uno
dedicato ai materiali e ai processi di lavorazione, guidato da un ‘maestro artigiano’; l’altro consacrato al
disegno e alla teoria della forma, guidato da un ‘maestro della forma’), preceduti da un semestre preliminare
per sviluppare nell’allievo il senso dei materiali e dello spazio, introducendolo alla figurazione artistica. (corsi
tenuti da J. Itten e, dopo il 1922, da L. Moholy-Nagy).

Manifesto
• Il fine ultimo di tutta l’attività creativa formale è l’edificio! La sua ornamentazione era ritenuta,
anticamente, il compito più nobile delle arti figurative, componenti inseparabili della grande architettura.
Oggi esse si trovano in una situazione di borioso isolamento, dal quale si libereranno solamente
attraverso la cosciente cooperazione di tutti gli artigiani. Architetti, pittori e scultori debbono di nuovo
imparare a conoscere e a capire la forma complessa dell’architettura nella sua totalità e nelle sue parti;
solo allora per spontanea reazione torneranno a infondere nelle loro opere quello spirito architettonico
che hanno dissipato nell’arte salottiera.
• Le antiche scuole di arte sono state incapaci di creare questa unità, e come potrebbero, dato che l’arte è
una cosa che non si insegna? Devono tornare ad essere officine. Questo mondo di disegnatori e artisti
deve, finalmente, cominciare ad orientarsi per la costruzione. Quando il giovane che sente passione per
l’attività dell’arte plastica comincia come anticamente, per l’apprendimento di una professione, “l’artista”
improduttivo non sarà condannato in futuro all’incompleto esercizio dell’arte, quando la sua abilità è
preservata per l’attività artigianale, dove può prestare ottimi servizi.
• Tutti noi architetti, scultori, pittori dobbiamo rivolgerci al mestiere. L’arte non è una professione. Non c’è
alcuna differenza essenziale tra l’artista e l’artigiano, l’artista è una elevazione dell’artigiano, la grazia
del cielo, in rari momenti di illuminazione che sfuggono al controllo della volontà, fa fiorire l'arte
incoscientemente, mentre, la base del mestiere è essenziale per ogni artista. Così si trova la fonte della
creazione artistica.
• Formiamo, dunque, una nuova corporazione di artigiani senza la distinzione di classe che erige
un'arrogante barriera tra l'artigiano e l'artista. Insieme concepiamo e creiamo il nuovo edificio del futuro,
che abbraccerà architettura, scultura e pittura in una sola unità, e che sarà alzato un giorno verso il
cielo, plasmato dalle mani di milioni di artigiani, come il simbolo cristallino di una nuova fede.
Walter Gropius Weimar, Aprile 1919

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 Il Bauhaus fu innanzitutto scuola di democrazia, in un mutato rapporto tra docente e allievo, la cui istruzione
doveva cominciare dalla conoscenza della materia (corso preliminare tenuto da Johannes Itten) per liberare
le facoltà creative dell'allievo stesso, mentre lo studio della storia dell'arte doveva, secondo Gropius, essere
rinviato al momento in cui l'impostazione del progettista sarebbe stata così solida da permettergli di
“affrontare ogni problema in funzione dei fatti specifici”
 Corsi d’insegnamento artistico generale erano tenuti da P. Klee e da W. Kandinskij. Tra i vari maestri della
forma, vi erano
O. Schlemmer (scultura in pietra e in legno, officina teatrale), L. Feininger (stamperia),
G. Muche (tessitura).
Nel 1923 il Bauhaus organizzò un’esposizione del lavoro creativo di studenti e maestri in cui fu realizzata
anche una casa-tipo, sebbene non vi fosse ancora una sezione per l’architettura. Nonostante il successo
ottenuto, il Bauhaus, osteggiato dagli ambienti più conservatori, fu costretto a concludere la sua attività a
Weimar (1925).
 Sommerfeld House è stata la prima commissione di Walter Gropius ricevuto (nel 1920) come direttore della
sua nuova scuola. E 'stato costruito a Berlino-Dahlem dal imprenditore edile Adolf Sommerfeld. La casa in
legno espressionista è stato anche il primo progetto collettivo del Bauhaus. Le finestre e le finiture interne e
le attrezzature sono state fatte da studenti come Josef Albers, Marcel Breuer e Joost Schmidt.
 La croce diagonale collocato incorpora la Bauhaus-Signet (Bauhaus logo) disegnato da Oskar Schlemmer,
il cui uso è stato richiesto nella proposta, insieme alle informazioni sull'evento, data e il luogo. La versione
originale del manifesto, che è stato utilizzato per scopi pubblicitari in 120 stazioni ferroviarie tedesche,
specifica i mesi da luglio a settembre, come le date espositive. Questa informazione è stata
successivamente aggiornato per mezzo di un adesivo.
 L'insegnamento era impostato su linee parallele: da una parte l'artista e l'artigiano con l'ausilio di laboratori
specializzati (lavorazione della pietra, del legno, della ceramica, dei metalli, delle materie coloranti, dei
tessuti, studio dell'arte grafica, della fotografia, della scenografia ecc.), dall'altra l'allievo in una
partecipazione attiva alla creazione collettiva.
 La Bauhaus riaprì a Dessau, finanziata dal Comune e nel 1926 gli fu riconosciuto il titolo di Hochschule für
Gestaltung
(Istituto superiore di figurazione).
Nella nuova scuola, la cui sede fu progettata da Gropius, si abolì la distinzione fra maestri artigiani e della
forma grazie ai ‘giovani maestri’ usciti dal Bauhaus di Weimar.
(J. Albers, oltre al suo insegnamento nel corso preliminare, anche quello per l’officina di pittura su vetro; G.
Stölzl, per quella di tessitura; M. Breuer per quella del mobile; H. Bayer per tipografia e pubblicità).
 Gropius progettò e costruì l'edificio che ne divenne la sede, realizzando sicuramente il più significativo
progetto della sua carriera, in una sintesi funzionale che interessò tutta l'architettura successiva.
La scuola divenne centro di orientamento internazionale.
 Nel 1927 fu istituita una nuova sezione di architettura guidata H. Meyer che, nel 1928, divenne direttore
della scuola.
Sotto la sua guida si diede maggiore spazio all’architettura nei suoi aspetti sociali e a discipline ausiliarie
quali la scienza dell’organizzazione industriale o la psicologia. La tolleranza di tendenze politiche radicali di
sinistra offrì il pretesto per sostituire il direttore nel 1930 con L. Mies van der Rohe che guidò il Bauhaus (e
la sezione di architettura) fino al 1932, quando la maggioranza nazionalsocialista del consiglio comunale di
Dessau impose la chiusura della scuola.
 Mies van der Rohe decise il suo trasferimento a Berlino, ma la presa di potere nazista portò alla chiusura
definitiva (1933).
 Il patrimonio di idee e di esperienze del Bauhaus, che aveva già avuto grande risonanza internazionale,
continuò a esercitare la sua influenza anche attraverso la personale attività dei suoi insegnanti emigrati
negli Stati Uniti come Moholy Nagy (New Bauhaus, in seguito School of Design) e Mies van der Rohe
(Illinois Institute of Technology) a Chicago, Gropius (Harvard University), Albers (Black Mountain College e
Yale University).
Nel dopoguerra in Germania si ispirò in particolare al Bauhaus la Hochschule für Gestaltung di Ulma,
fondata da M. Bill che cercò di riprendere, adattandolo ai tempi nuovi, il programma del Bauhaus. Importanti
mostre retrospettive del movimento sono state organizzate a New York (1938), a Monaco (1950) e a Parigi
(1969). Nel 1961 alla Gnam di Roma, curata da Gropius.

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Nel 1960 fu istituito a Darmstadt l’Archivio del B.auhaus e, nel 1978, realizzata la sua sede a Berlino
(prog. W. Gropius )
 Dal 1979 il Bauhaus Archiv di Berlino, progettato dallo stesso W. Gropius, accoglie una collezione di oggetti
recuperati in tutto il mondo, mostre e una ricca documentazione sulla storia della scuola e dei suoi
protagonisti.

L’Art Déco e Le Corbusier


Il nome Art Déco nasce dall'Exsposition Internationale des Arts Décoratifs che è organizzata a Parigi nel
1925: in verità la data 1925 è la fine del movimento dell'Art Déco, perché questa mostra doveva essere
tenuta nel 1913, (era stata ideata nel 1907), e invece a causa della Prima Guerra Mondiale fu rinviata al
1922 e poi realizzata tre anni più tardi. Questo movimento comprende tutte le tendenze dei maggiori eventi
e artisti del primo decennio del Novecento:dalle avanguardie figurative del Cubismo e del Fauvisme ai
grandi spettacoli internazionali,come i balletti russi di Diaghilev, dalle innovazioni tecnologiche in campo
automobilistico e aeronautico all'industria della moda che proprio in quegli anni otteneva il successo
internazionale. Proprio nel campo della moda è opportuno ricordare l'opera del grande sarto Paul Poiret che
seguendo l'influsso della Wiener Werkstaette riuscì a creare un movimento nuovo non solo in ambito della
moda (introduzione della giacca di taglio maschile per le donne e dello stile alla garconne) ma anche in
quello dell'arredamento della casa.
Gli stili dell'Art Déco ricorrono in architettura, come nelle arti applicate: elementi tipici possono essere
considerati la riduzione geometrica, la struttura scalare, la fontana zampillante, forme zig-zagate, oggetti
trattati con colori puri, profili curvilinei in pianta come in alzato.
Progetto. Durante il periodo di sviluppo dell'Art Déco la Francia si trovava in grave crisi a causa della
concorrenza di Inghilterra e Germania nel ramo industriale. La Francia quindi cerca di creare una struttura
produttiva simile a quella di Inghilterra e Germania, ma preferisce cercare il suo sviluppo nella continuità
della tradizione, nell'artisticità della produzione e non nell'industrializzazione. L'artigianato ha ancora grande
importanza quindi per la Francia. Il tentativo è quello di cercare uno stile moderno non privo di decorazioni
ma con un'artisticità propria, riconoscibile sempre e dappertutto.
Produzione. Non è facile considerare l'Art Déco come fenomeno di Design. La vecchia Union Centrale des
Arts Décoratifs sostiene gli artisti e le ditte che si ispiravano ai principi dell'Art Déco, poi La Société Artistes
Décorateurs inizia a organizzare tutti gli anni una grande mostra esposizione per la vendita dei prodotti di
Art Déco, in generale molti artisti aprono atéliers e botteghe dove oltre si producono e si vendono oggetti di
Art Déco. Il più famoso è l'Atelier Martine fondato proprio da Paul Poiret nel 1911. Un altro casa di molta
importanza è quello di Francis Jourdain che progetta mobili economici per piccoli ambienti delle nuove
case,utilizzando in modo razionale lo spazio a disposizione. E' difficile però considerare l'Art Déco come
fenomeno di design, perché di fatto manca una vera a propria struttura produttiva come in Germania. Infatti
l'Art Déco è organizzata con atelirs e botteghe che hanno anche commissioni e produzioni completamente
diverse dall'iniziale idea: i sarti arredano, i profumieri producono anche mobili e così via.

Le Corbusier
Concepì l’architettura come DESIGN e più precisamente come INDUSTRIAL DESIGN.
Dualismo concettuale:
• Soddisfare le esigenze funzionali mediante la FORMA empirica
• Usare elementi astratti che toccano i sensi e nutrono l’intelletto

Maison DOM-INO
• Prototipo realizzato secondo i principi della STANDARDIZZAZIONE
• Strutture e forme organizzate come objets-types, capaci di dar vita alla casa
• Casa STRUMENTO, casa in SERIE, SANA (anche moralmente) e BELLA
• Nel 1914 abbiamo la Maison Dom-ino, il cui nome deriva dalle pedine del domino, che si possono
aggregano fra di loro come le cellule della progettazione di Le Corbusier (i punti delle tessere del
Domino secondo lui rappresentano i pilastri). La maison dom-ino sarà la base strutturale delle sue case

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sino al 1935.
Fondamentale la prefabbricazione e la velocità di cantiere, con elementi assemblati da manovalanza
non specializzata, quindi casa standardizzata come macchina per abitare.
• Elementi fondamentali sono l’armatura portante indipendente, l’ossatura strutturale che sostiene solo i
solai e le scale (con la tecnologia del cemento armato fornita dagli specialisti del settore), tutte le altre
parti prefabbricate.
Queste case potevano poi essere aggregate, cellule che si possono affacciare direttamente sulla strada
o arretrate.

Purismo
Movimento pittorico fondato insieme a Amédée D’Ozenfant,
«La ragione nell’arte come nella scienza e nell’industria, domina e organizza l’opera»
Tessuto connettivo che regola i rapporti all’interno di ogni struttura.

Produzione artistica (arte) e produzione tecnica (industria)


Com’è possibile che noi possiamo apprezzare sia la forma di un’auto che quella di un quadro?
ovvero confronto tra bellezza dell’opera e il corpo tecnico dell’oggetto, invocato come connessione,
unità, sintesi
ragione in grado di comporre le differenze in nome della FUNZIONE che le giustifica.

 Il 1925 è per Le Corbusier anche l’anno dell’Esposizione universale di Parigi. Realizza un ambiente
espositivo, il padiglione dell’“Esprit Nouveau”, con annesso un diorama che visualizza le proposte
urbanistiche per una nuova città messe a punto a partire dal 1922 e un piano per il centro storico di Parigi, in
cui propone di abbattere la città vecchia per fare posto a spazi verdi su cui insistono snelli grattacieli
cartesiani.
È riduttivo vederlo come un’opera d’architettura in sé conclusa, estraniandolo dalla proposta urbanistica
illustrata nel vicino diorama. Il padiglione, infatti, è un modulo abitativo che trova la sua ragione solo in una
prospettiva urbanistica.
Non una casa unifamiliare isolata, ma un blocchetto che si inserisce – ne prevede 64 per piano, 340 per
isolato – negli Immeubles villas che circondano il centro cittadino lasciato ai grattacieli cartesiani.
È l’espediente per contemperare alte densità abitative e insieme – si osservi in pianta la forma a “L” che
racchiude un generoso terrazzo – per dare a ciascun abitante una casa con un grande spazio all’aperto, a
sua volta affacciato sul verde della corte: cioè, una condizione abitativa da villa anche a un banale
appartamento situato al piano alto di un blocco intensivo.
 Pubblicato nel 1923, Verso un'architettura è l'opera teorica più importante della prima metà del XX secolo. In
essa, Le Corbusier espone i suoi celebri cinque punti alla base del nuovo modo di concepire lo spazio
architettonico e di costruire un'abitazione con cemento armato.
1. I Pilotis (piloni) sostituiscono i voluminosi setti in muratura che penetravano fin dentro il terreno, per fungere
infine da fondazioni, creando invece dei sostegni molto esili, poggiati su dei plinti, su cui appoggiare poi i solai in
calcestruzzo armato. L'edificio è retto così da alti piloni puntiformi,di cemento armato anch'essi, che elevano la
costruzione separandola dal terreno e dall'umidità. L'area ora disponibile viene utilizzata come giardino, garage o
- se in città - per far passare strade.
2. Il Tetto-giardino (tetto a terrazza) restituisce all'uomo il verde, che non è solo sotto l'edificio ma anche e
soprattuto sopra. Tra i giunti delle lastre di copertura viene messo il terreno e seminati erba e piante, che hanno
una funzione coibente nei confronti dei piani inferiori e rendono lussureggiante e vivibile il tetto, dove si può
realizzare anche una piscina. Il tetto giardino è un concetto realizzabile anche grazie all'uso del calcestruzzo
armato: questo materiale rende infatti possibile la costruzione di solai particolarmente resistenti in quanto resiste
alla cosiddetta trazione, generata dalla flessione delle strutture (gravate del peso proprio e di quanto vi viene
appoggiato), molto meglio dei precedenti sistemi volti a realizzare piani orizzontali.
3. Il Plan libre (pianta libera) è resa possibile dalla creazione di uno scheletro portante in cemento armato che
elimina la funzione delle murature portanti che 'schiavizzavano' la pianta dell'edificio, permettendo all'architetto di
costruire l'abitazione in tutta libertà e disponendo le pareti a piacimento.
4. La Facciata libera è una derivazione anch'essa dello scheletro portante in calcestruzzo armato. Consiste nella
libertà di creare facciate non più costituite di murature aventi funzioni strutturali, ma semplicemente da una serie
di elementi orizzontali e verticali i cui vuoti possono essere tamponati a piacimento, sia con pareti isolanti che con
infissi trasparenti.

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5. La Fenêtre en longueur (o finestra a nastro) è un'altra grande innovazione permessa dal calcestruzzo armato.
La facciata può infatti ora essere tagliata in tutta la sua lunghezza da una finestra che ne occupa la superficie
desiderata, permettendo una straordinaria illuminazione degli interni ed un contatto più diretto con l'esterno.

 La sua opera, nei primi tempi ostacolata per la sua presunta «rivoluzionalità» e per il piglio radicalista
scaturito dalle esperienze «puriste», con il maturare dei tempi ha avuto e continua ad avere il giusto
riconoscimento.
l’uso di sistemi razionali, con moduli e forme estremamente semplici, fondati sulla logica funzionale.
«Funzionalismo non tanto rivolto alla rivalutazione della funzione simbolica, quanto a spodestare simboli che
egli ritiene ormai inattuali e insignificanti e a restaurare come simbolica di nuovi valori, la funzione pratica».
 Lo stesso impegno si ritrova nei mobili dell’Equipement intérieur de l’habitation (tavoli, sedie, poltrone,
divani) progettati per il Salon d’Automne, 1928, insieme con Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand e nei
“Casiers Standard”, sistema di mobili contenitori progettati per il Padiglione dell’Esprit Nouveau, 1925,
insieme a Pierre Jeanneret.

Regolamento Expo’
• Rifiuto non solo dell’imitazione dall’antico ma anche dal folclore e dal rustico
• Doveva affermarsi solo la contemporaneità che non aveva ancora uno STILE riconoscibile e unitario

L’Art Déco
Vi confluirono tutte le istanze della cultura precedente:
• progettuale
• artistica
Figurazione artistica variegata e composita:
LINEA = Art Nouveau
GEOMETRISMI = Cubismo
COLORI = Fauves
ORTOGONALITA’= WienerWerkstätte
Balletti Russi, Figurini Poiret, Spettacoli Josephine Baker

 RIGORE GEOMETRICO e SOBRIETA’ DECORATIVA


 Solo l’oggetto di lusso può imporre dei MODELLI alla produzione di massa; la sua fine fu decretata proprio
dall’incapacità di tradursi in PRODUZIONE DI MASSA
 LINEA: STRUTTURA PORTANTE,NON SINUOSA, INTERPRETAZIONE GEOMETRICA DEL RICCIOLO,
SPESSO FORMA A GRECA,ANGOLARE MA NON SPIGOLOSA

Iconografia déco
Diretto influsso dell’arte negli ambienti in cui l’equilibrio formale era garantito dalla perfezione di ogni
particolare
SFOLGORIO DELLE VETRATE
RISALTO ALLE STRUTTURE: GIOCO DI LUCI E OMBRE (elettricità)
CORNICI: forma saliente
Carattere GRAFICO: linearismo accentuato

Natura scenografica
Teatri,Alberghi,Cinema,Locali,Atelier

 Seppure divenuto immediatamente internazionale, il Déco è nato nel contesto specifico degli atelier francesi,
dal lavoro collettivo, dove è centrale la nozione di ensemble del talento di maestri vetrai, forgiatori, ceramisti,
ecc.
 DESIGN:moderno e raffinato,artistico ma senza capriccio,attenzione alla funzionalità che impediva qualsiasi
arbitrio.
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 Nella produzione di mobili (soprattutto cassettoni, scrittoi a ribalta, credenze con vetrina, e soprattutto il
mobile-bar, invenzione tipologica dell’Art Déco), combina stili del passato con geometrismi cubisti e
“quadrature” secessioniste, grazie anche all’influenza esercitata dalla filiale parigina della Wiener Werstatte.
 Strutture di estrema eleganza definivano il lusso dell’ambiente:
FORME semplici e sobrie (sagome asciutte, angolate o appena ricurve)
LAVORAZIONI laboriose (laccature, intarsio)
MATERIALI pregiati (ebano, avorio, metalli preziosi)
ARREDI lievitavano nell’aria, robustezza del corpo contenitore, esilità degli appoggi

Altri aspetti
 Il clima che produce il nuovo gusto è determinato da una società cosmopolita, che legge Francis
Scott Fitzgerald e si muove al ritmo del charleston e del jazz importato dall’America verso la fine del
conflitto mondiale.
Che scopre la musica e la danza nera dell’allegra e scatenata Joséphine Baker che balla quasi
nuda e affascina Loos e Le Corbusier mentre Man Ray accorre per fotografarla.

Paul Poiret
 Paul Poiret nacque a Parigi nel 1879 da una famiglia di commercianti di tessuti, dimostrò subito una
grandissima passione per il disegno e per la moda.
Nel 1903 aprì la sua prima Maison dietro all'Opera, al numero 5 di Rue Auber.
Cercando di sfruttare al massimo i pochi mezzi che aveva a disposizione, ebbe la modernissima
intuizione di usare la vetrina.
Creò l'abito Lola Montes, che fu l'emblema assoluto del rinnovamento dei costumi e della
liberazione delle forme femminili da ogni artificio e costrizione: Poiret eliminò definitivamente il
corsetto, sostituendolo con reggiseno e giarrettiere, elementi intimi più adatti ad un abbigliamento
agile ed essenziale.
Eliminare la rigidità, liberare la società, rinnovare il costume erano le missioni di Poiret. La sua
moda, tendeva alla semplificazione delle forme e alla pulizia delle linee.
Nel 1905 realizzò uno dei capi più famosi e importanti della sua produzione artistica, Confucius: un
mantello d’ispirazione fortemente orientale. Trasformò il tradizionale kimono in un capo
occidentale rendendolo un soprabito. Il colore rosso, invece, è di evidente ispirazione fauve.
Le pubblicazioni sulle riviste dell'epoca erano in bianco e nero, visto l'importanza dei colori negli
abiti di Poiret, lo stilista assunse al suo servizio l'illustratore Paul Iribe, il quale creò delle tavole a
colori a tiratura limitata da distribuire alle clienti della Maison.
L'illustrazione, oltre ad essere un canale di divulgazione inedito per la moda, permise anche di
offrire uno scenario in cui inserire gli abiti, suggerendo un'atmosfera e un immaginario. Anche i
disegni di Iribe, per la bidimensionalità della rappresentazione, erano influenzati dalla cultura
giapponese.
Sempre ad Iribe venne affidato il compito di curare la coerenza formale e
comunicativa della Maison: progettò il marchio a forma di rosa, i biglietti di invito, la carta intestata,
ecc.
 Fra il 1909 e il 1910 iniziò a Parigi la stagione dei Ballets Russes capitanati da Diaghilev che fece
della capitale francese il centro delle ricerche nel campo della danza, della musica e non solo.
Fino a quel momento la danza classica proponeva ambienti semplici e poveri come scenografia e
tutù e calzamaglia come abiti; gli spettacoli russi come i celeberrimi Shéhérazade, L'uccello di fuoco,
L'après-midi d'un faune, invece, prevedevano costumi straordinari e scene colorate: favole, luoghi
esotici, musica innovativa. un mondo culturale nuovo e completamente ignoto fino a quel momento
in Francia.
 Nel 1911 Poiret organizzò un grandioso evento "La festa della Milleduesima Notte", una serata in
costume organizzata nel parco della Maison in cui venne allestita una elaboratissima scenografia
composta da: fontane, cuscini, tappeti, oggetti orientali, ballerini, uccelli, pappagalli, scimmie,
sabbia, incenso, mirra, fuochi, suoni di flauti e cetre, coronata da un buffet a base di specialità

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culinarie indù.
Come in un teatro, l'entrata era sorvegliata e si controllavano i costumi degli invitati, proponendo
sostituzioni fatte dalla Maison nel caso in cui non fossero stati in tema.
 Poiret con le sue sperimentazioni in campo pubblicitario gettò le basi per la moderna
e contemporanea comunicazione della moda.
 Per presentare le sue creazioni e il suo stile a tutta l'Europa, nel 1910, Poiret intraprese un
lungo viaggio, che gli permise di entrare in contatto con le avanguardie artistiche e di
conoscere personaggi come Klimt e Hoffmann.
Dalla Wiener Werkstätte in particolare imparò che la creazione di abiti faceva parte di un più ampio e
complesso quadro del gusto che andava dalle arti maggiori agli eventi mondani, alla vita quotidiana.
 L’idea che arti maggiori e minori aderissero a un unico programma lo abbagliarono e nel 1911 aprì a
Rue de Saint-Honoré l’Atelier Martine, una scuola-laboratorio di produzione di oggetti, vestiti,
accessori, elementi d'arredamento per offrire un favoloso mondo "alla Poiret".
 Bisognerà aspettare la fine del Novecento perchè grandi Maison come Christian Dior, Ralph Lauren,
Gucci riprendano una progettazione della moda così globale, dalla carta da parati, all'arredamento
al foulard e alla boccetta del profumo.
 Nel 1911 creò anche delle fragranze della Maison, i primi profumi avevano il nome degli atelier,
quindi Rosine e Martine, poi presero nomi suggestivi come Aladino, Maharajah.
I flaconi erano disegnati e realizzati dall'atelier e erano avvolti da foulard di seta con stampe e
disegni personalizzati sul gusto del cliente.

Djaghilev
 Aristocratico nato nel 1872, con formazione giuridica ma anche artistica, Djaghilev fu dapprima
attivo come critico e consigliere nei teatri imperiali russi, poi organizzatore di mostre e spettacoli di
vario tipo - eventi diremmo oggi; il primo di essi fu in Russia nel 1905, ma l'anno dopo l'impresario
con una mostra è a Parigi.
 Con la Francia Djaghilev instaurerà un rapporto di lunghissima durata.
Non particolarmente esperto di danza ma assolutamente geniale nelle sue capacità creative,
Djaghilev ebbe il merito di intuire il valore di molti artisti dell'epoca, il coraggio e l'abilità di metterli
insieme e di inventare così spettacoli del tutto innovativi, ispirati ad una nuova idea di teatro.
I Balletti Russi riunivano i migliori danzatori e coreografi, scenografi e musicisti francesi, italiani,
spagnoli; la danza fu vista come forma di spettacolo completa, in cui l'elemento espressivo si univa
alle novità dell'immagine e ad un'estetica che rivalutava il balletto classico ottocentesco e
contemporaneamente instillava in esso la linfa della più ardite novità.

Léon Bakst
 Tra le scenografie più suggestive che curò nella loro prima esecuzione sono da ricordare:
Shéhérazade di Rimskij-Korsakov (1910),L'uccello di fuoco di Stravinskij (1910),Preludio al
pomeriggio di un fauno di Debussy (1912),Daphnis et Chloé di Ravel (1912),Le Dieu Bleu di Hahn
(1912).Bakst ebbe una grande influenza sull'arte e sulla moda all'inizio del XX secolo, specialmente
nella scenografia, di cui fu uno dei primi maestri moderni.
 Nelle serate dei Balletti Russi, le provocazioni musicali di Debussy si affiancano a Schumann e
Chopin, la tradizione ballettistica di Ciaikovsky si abbina alla scoperta di un titanico assoluto
innovatore come il giovane Stravinsky; ancora, collaborano musicisti come Milhaud, Poulenc,
Prokofiev, Ravel, Respighi, Milhaud, R. Strauss, Satie. Sotto la direzione artistica di Léon Bakst si
muovono allo Chatelet di Parigi, (e dal 1922 all'Opera di Monte Carlo) i più grandi ballerini tra cui il
leggendario Nijinsky e Anna Pavlova, le coreografie sono firmate da Fokine, Léonide Massine e
Balanchine; gusto esotico, art-déco, cubismo, sperimentazione e tradizione trovano spazio in scene
e costumi, e in cartellone troviamo nomi come Braque, Picasso, Matisse, De Chirico, Utrillo e Coco
Chanel.

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Konstantin Mel’nikov
 Sono i sovietici, con il padiglione di Konstantin Mel’nikov, gli unici a puntare su un’architettura decisamente
contemporanea.
Il suo progetto, schiettamente moderno eppure appariscente e non privo di una certa retorica, lo fa scegliere,
nonostante la giovane età e l’inesperienza dell’autore, la cui unica opera di prestigio eseguita alla data del
concorso è la bara in cristallo sagomato per il feretro di Lenin.
Il padiglione realizzato è il risultato di una snervante opera di revisione, per stare nei tempi e nei costi, che
porterà una notevole semplificazione del progetto iniziale, impostato su curve generatrici.
Nella versione definitiva il padiglione è un corpo di fabbrica prismatico tagliato in diagonale da una scala. I
due triangoli hanno coperture con inclinazioni opposte raccordate da pannelli inclinati e incrociati che
fungono da copertura alla scala stessa.
Una torre, realizzata con un traliccio reticolare, posta su un lato della scala, funge da richiamo visivo.
La costruzione, per motivi di economia, è interamente in legno. Il colore rosso fiammante. Lo stile
costruttivista.
Hoffmann lo definisce il migliore edificio dell’esposizione.

L’industrial design negli USA


Il prodotto industriale in America si è sviluppato più velocemente che in ogni altro paese. E' in
America che intorno al 1920 è ideata la parola industrial design per tutti quegli oggetti che
hanno bisogno di un'attenta progettazione e sempre in America nel 1930 circa nasce la
professione di design.

Lo Streamlining (pronuncia: strimlaining)


Il movimento dello Streamlining, cioè della forma aerodinamica, è molto importante nella storia
del design americano. Le caratteristiche principali da ricordare per questo movimento sono:
 elevato livello tecnologico
 uguale tipologia di prodotti
 carrozzeria protettiva
 unità stilistica
Tutti questi sono elementi comuni anche all'AEG e alla Wiener Werkstatte.
Anche nell'architettura europea degli anni Venti si vedono esempi di Streamlining,
specialmente dopo la famosa mostra sull'International Style del 1932 al Museo di Arte Moderna
di New York.
Dal Futurismo e dall'Espressionismo lo Streamlining prende due caratteristiche in particolare:
l'amore per la velocità e il simbolismo. Il nuovo stile nasce infatti dagli studi
sull'aerodinamica ma anche a quelli sulle materie plastiche e sullo stampaggio.
La forma a goccia, per esempio, è una delle più aerodinamiche e infatti è molto usata per le
navi, i sottomarini e i dirigibili di quel periodo. Un importante cambiamento è portato
dall'invenzione della galleria del vento.
La promozione e la vendita dei prodotti dello Streamlining hanno grande successo grazie alla
collaborazione dell'ingegnere che progetta questo tipo di prodotti e dell'industrial designer che
si occupa di promuoverli.

 Le proposte avanzate da Paul Jaray (ungherese) furono ritenute per lo più eccentriche dal pubblico .

Norman Bel Geddes


 Lavorò per le agenzie pubblicitarie e poi si dedicò alla scenografia.
Fu convinto sostenitore del ruolo del design nell’età della macchina. I suoi progetti furono spesso
talmente avanzati da rivelarsi irrealizzabili come il treno che anticipa le forme dell’attuale tav o
l’avveniristico transatlantico o l’enorme idrovolante che doveva trasportare 500 persone.

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 Nel suo libro scritto nel 1932, “Horizons”, esaltava la velocità e indicava nel design la vera arte
moderna: “come gli artisti del XIV secolo sono ricordati per le loro cattedrali , così quelli del XX
saranno ricordati per le loro fabbriche e i prodotti che ne sono usciti.”
 Futurama della General Motors era l’altra esposizione che offriva una visione della vita urbana
negli anni futuri. Ideata dal designer Norman Bel Geddes come un modello dell’America nel 1960,
Futurama era costata 6 milioni e mezzo di dollari per la costruzione e occupava uno spazio di più di
3000 mq. Senza dubbio il padiglione più popolare, richiamò circa 25 milioni di visitatori. Bel Geedes
così spiegava il suo grande diorama: esso dimostrava “come un sistema autostradale può essere
tracciato sull’intera nazione, attraverso montagne, fiumi e laghi, città e paesi”.
 All’ingresso di Futurama gli spettatori venivano fatti sedere in comode poltrone imbottite e portati “in
volo” per 15 minuti dalla costa est alla costa ovest. Guardando giù seguivano il percorso di un
sistema autostradale transcontinentale a sette corsie che girava in curve, si lanciava su e giù da
rampe e correva su ampi ponti sospesi su cui “macchine a forma di goccia guizzavano 150 km/h”.
 L’autostrada di Bel Geddes serviva a collegare le futuristiche città, zone residenziali e le aziende
agricole d’America. Basata sulla pianta di Saint Louis, la grande metropoli del 1960 era “riprogettata
attorno a un moderno sistema stradale altamente sviluppato”, con grandi vie di comunicazione
dirette a “soppiantare imprese antiquate e quartieri fatiscenti”.
 Nonostante la pretesa di rappresentare una comunità ideale pianificata, Futurama non era in realtà
altro che un’esaltazione mascherata della civiltà automobilistica e dei suoi finanziatori.
Ciò non sfuggì al presidente della fiera Grover Whalen, che definì Futurama il “miglior
investimento pubblicitario mai effettuato dalla General Motors”. E neppure il giornalista Walter
Lippmann, che nella rubrica “oggi e domani” dello Herald Tribune scrisse le profetiche parole: “La
General Motors ha speso un piccolo capitale per convincere il pubblico americano che, se desidera
godere pienamente dei benefici dell’impresa privata automobilistica, dovrà far ricostruire le sue città
e le sue autostrade dall’impresa pubblica”.

Walter Dorwin Teague


 Esordì come brillante pubblicitario.
 Secondo lui il conferimento di una sagoma aerodinamica a oggetti destinati a rimanere immobili,
come una radio o un telefono, trovava motivazione nel fatto che quella forma era caratteristica di
un’epoca segnata dalla velocità.
Gli orientamenti collettivi si traducevano in tendenza estetica, che il design era chiamato a
esprimere.
 Fu acuto interprete di una modernità impersonata nella figura della macchina, che per lui incarnava
l’idea stessa di progresso, destinata a esprimersi nella forma degli oggetti tecnologicamente più
avanzati.
 Seppe tradurre la nuova realtà degli apparati tecnici d’uso quotidiano in forme eloquenti.

Henry Dreyfuss
 Inizialmente disegnava luci, costumi e ambienti per lo Strand Theatre di New York.
La spettacolarità e la comunicazione costituirono le premesse culturali sue e degli altri aderenti al
movimento. d’altronde, in un mondo dove l’unico parametro per misurare il valore di una cosa o di
un’azione era il successo, attirare l’attenzione era indispensabile.
 Democracity rappresentava una comunità nell’anno 2030. Il progetto prevedeva un’area di 30.000
km quadrati e poteva ospitare 1 milione e mezzo di abitanti. Al centro era collocata Centerton, una
metropoli senza precedenti in cui arrivavano quotidianamente 250.000 pendolari per dedicarsi agli
affari, all’istruzione e ad attività sociali e culturali. Le abitazioni erano collocate in 70 città satelliti che
circondavano Centerton, alcune delle quali erano esclusivamente residenziali, mentre altre
contenevano un misto di industria leggera e residenze suburbane. Sparse tra le città si stendevano
cinture verdi di 50 km destinati all’agricoltura e alla ricreazione. Le vie di comunicazioni più
importanti che sostenevano Democracity erano le sue moderne autostrade, le vie panoramiche.

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Loewy
 Francese di nascita, negli Stati Uniti dal 1919, esordì come disegnatore di moda.
ha trasformato il mondo degli oggetti della vita quotidiana, sia in proprio che come consulente delle
maggiori industrie americane.
Il più pragmatico e più geniale esponente dello Streamlining americano.
“Il ruolo del disegno industriale è quello di assicurare la soddisfazione del consumatore e la
prosperità del cliente, nonché di dare lavoro al designer.”
 Nel 1937, Loewy venne contattato dalla Pennsylvania Railroad, per lavorare all'ammodernamento di
alcune locomotive in ottica streamline.
 Loewy non progettò l'estetica della famosa Locomotiva PRR GG1, ma contribuì alla sua
realizzazione consigliando l'uso di lamiere termosaldate invece delle tradizionali placche rivettate.
Inoltre, propose la sostituzione degli spigoli con tratti più curvilinei, da dipingere a strisce per
esaltarne la morbidezza.
Oltre a questi progetti puramente stilistici, lavorò alla progettazione di interni, stazioni, dépliant e altri
prodotti per la Pennsylvania Railroad.
 Esigenza di assumere il corpo tecnico dell’oggetto d’uso come elemento plastico, da modellare in
una forma che ne esaltasse la funzione e ne occultasse il funzionamento.
Morbidezza di superfici levigate e di colori accattivanti.

Studebaker
 “Fra due prodotti identici nel prezzo, nella funzionalità e nella qualità, quello più bello sarà il più
venduto”.
 “Si direbbe che più che la funzione, sia la semplicità il fattore decisivo nell’equazione estetica”
 “Il successo arrivò quando riuscimmo a convincere qualche persona intraprendente che il buon
aspetto era un fattore di vendita, che spesso esso riduceva i costi , accresceva il prestigio del
prodotto, aumentava i benefici dell’azienda , andava a vantaggio del consumatore e migliorava
le occasioni di impiego.”
 Il presidente Egbert lo assunse per creare questa nuova linea destinata ai giovani per il 1963:
Loewy riuscì a rispettare l'incredibile scadenza di 40 giorni per arrivare ad un modello in scala
completo.
Loewy chiamò intorno a sé un gruppo di lavoro formato da progettisti esperti e da ex
collaboratori. Il gruppo si chiuse in ritiro a Palm Springs lavorando alla nuova auto. Ogni
membro del gruppo aveva un ruolo: Andrews e Kellogg lavorarono agli schizzi, Ebstein
coordinava il lavoro, e Loewy era il direttore creativo e la fonte di idee e ispirazioni.
Con l'ingresso sul mercato, l'Avanti ottenne un grande successo.
 L’aneddoto che si racconta: una signora a cena, accanto al leggendario Loewy, gli
chiede: “Perché ha voluto usare due x nel marchio Exxon?”. Lui rispose: “perché me lo chiede?”
e lei: “Perché non ho potuto fare a meno di notarlo” … e lui: “Molto bene, questa è la risposta”.
 I suoi spigoli arrotondati, le forme aerodinamiche e i colori vivaci, la pulizia formale sono stati
fondamentali per la definizione del design americano degli anni '60. Il lavoro di Loewy spaziò in
moltissimi campi: frigoriferi, locomotive, tostapane e automobili, rossetti ed aerei, autobus e
negozi, pacchetti di sigarette e interni di ufficio.

L’esposizione del 1939


 L’idea di allestire la fiera venne un gruppo di dirigenti aziendali e finanziari di New York che cercavano un
modo per migliorare la sofferente economia della città, imitando il riuscito esempio della Century of Progress
Exposition che aveva avuto luogo poco tempo prima a Chicago.
 George e Ira Gershwin composero un fox trot che portava il nome di “Alba di un nuovo giorno” La musica
non poteva avere un titolo più adatto, visto che la fiera pretendeva di offrire una profezia panoramica del
futuro.

~ 29 ~
 Centrata sul tema della ” costruzione del mondo del domani con gli strumenti di oggi”, l’esposizione era
divisa in vari settori che illustravano la vita americana.
 L’Italia partecipò all’esposizione mondiale di New York del 1939-40 con un proprio padiglione progettato da
Michele Busiri-Vici, insignito nell’occasione della cittadinanza onoraria di New York.
Il padiglione era caratterizzato da una cascata alta 60 metri e da un monumento dedicato a Guglielmo
Marconi, uno degli italiani più noti in America.

 La riunione del Civic Club portò alla proposta di una fiera del futuro il cui scopo era quello di celebrare i
vantaggi del “progresso meccanico”, di rivelare gli effetti dei “nuovi processi e prodotti” e “mostrare le
interconnesse attività e interessi degli americani”.
La fiera sarebbe stata divisa in vari settori dedicati ai diversi aspetti della vita moderna. Per comunicare il
messaggio della manifestazione l’ente organizzativo avrebbe costruito un padiglione centrale in ogni settore
e un’esposizione dedicata al tema principale. Gli altri spazi, che sarebbero stati gestiti da società private a
scopo commerciale, avrebbero sviluppato ulteriormente il soggetto di fondo.

 Al centro della fiera si ergevano il Trylon, un’affusolata asta a forma di ago di 230 m d’altezza, e la
Perisphere, un grande globo di più di 60 m di diametro. Due piattaforme rotanti, o ” tappeti magici”,
portavano i passeggeri all’interno della Perisphere viaggiando “due miglia” sopra Democracity, consentendo
loro ” di penetrare, come da altezze olimpiche, le nebbie dell’ignoranza, dell’abitudine e del pregiudizio che
avvolgono il pensiero quotidiano e ammirare la comunità ideale che l’uomo potrebbe costruire oggi stesso”.

 Distribuiti nella città di 1 milione di abitanti vi erano grattacieli ultramoderni che occupavano interi isolati,
collegati agli edifici vicini da passaggi pedonali sopraelevati. Le rientranze e le terrazze erano adibite a
giardino. Queste strutture, alte circa 450 m, erano abbastanza distanziate tra loro da non proiettare ombre
l’una sull’altra.
Sul tetto di molti edifici erano situate piste di atterraggio per aerei, i parcheggi per automobili coprivano un
terzo della totale area urbana di New York. Oltre all’“entusiasmante architettura” la metropoli offriva “in
abbondanza sole, aria fresca, viali verdeggianti, centri civici e ricreativi, risultato di un’attenta progettazione”.

International Style
Espressione coniata da P. Johnson e H.-R. Hitchcock nel saggio The International Style: Architecture since
1922, scritto nel 1932 a complemento della prima mostra di architettura moderna tenuta nello stesso anno al
Museum of modern art di New York. La mostra (ideata da A. Barr e curata da P. Johnson) evidenziava come
maestri della nuova architettura Le Corbusier, W. Gropius e L. Mies van der Rohe, e nel saggio gli autori
auspicavano la realizzazione di un linguaggio architettonico internazionale, e quindi sollevato da qualsiasi
regionalismo, fondato sui basilari principi dell’architettura moderna, esemplarmente presenti soprattutto
nell’opera di Mies van der Rohe (semplicità, funzionalismo, sfruttamento dei materiali moderni ecc.).

Mobili e oggetti scandinavi


 Diversità rispetto al Movimento Moderno:
-Referente non è la macchina
-Mancata frattura fra artigianato e industria
- Uso prevalente del legno (grande abbondanza)
-Non smentire la propria tradizione ma continuarla
 I mobili e oggetti design scandinavo: non escono dalla logica dell’ARTIGIANATO MECCANIZZATO,
nascono idealmente o effettivamente dal CONTESTO AMBIENTALE(concepiti in occasione di specifiche
realizzazioni architettoniche, architetti designers)
 Gli scandinavi hanno privilegiato il design degli oggetti domestici e hanno assunto la natura come referente
dei loro progetti così,grazie alla macchina e alla mano dell’artigiano, della natura hanno scoperto la
morfologia più inedita e segreta

~ 30 ~
Alvar Aalto
 Non persegue l’oggetto emblema, ma l’oggetto pensato in ragione di un’architettura e di un rapporto
dialettico tra l’uomo e l’ambiente, per un preciso edificio, per una determinata committenza
 Buona parte di quelli di Alvar Aalto, furono progettati o realizzati per la biblioteca di Viipuri, per il
sanatorio di Paimio, per la villa Mairea
Progettato per ambienti specifici, non è interessato alla serializzazione e prevede una possibilità di
standardizzazione legata unicamente alle componenti progettuali.
 Le lampade di Aalto non sono più i meccanici apparecchi per illuminazione del Bauhaus ma oggetti
che, muniti di schermi e diffusori, tendono a fondere la luce artificiale con la naturale luminosità
nordica.

Il legno
La tecnologia del legno ha un ruolo primario nella determinazione del prodotto sia in fase progettuale che
esecutiva (ma vi è anche una sorta di feticismo della materia).

La forma
L’interesse per l’idea di forma che precede la fabbricazione di ogni oggetto, forma realizzata nelle opere più
dissimili e con materiali diversi (es.: giunzione a ventaglio del legno compensato di un mobile che torna nei
nodi strutturali della chiesa di Imatra di A. Aalto)

 Ricerche di Aalto sul legno compensato, sulla sua curvatura, partono dalla conoscenza delle
tecniche di costruzione degli sci da neve, impiegati nei paesi nordici.
Non solo con il vapore come aveva fatto Thonet, ma anche utilizzando l’umidità naturale del legno di
betulla
 La tecnica di lavorazione del compensato in Finlandia era molto sviluppata e ne faceva il maggior
produttore mondiale fin dal 1912
 Poltrona del 1935, dove seduta e schienale sono ricavati da un’unica lastra di compensato curvato
tenuto a due strisce più spesse di legno laminato aperte.
 Il Sanatorio di Paimio suscitò grande interesse anche all’estero, e gli venne immediatamente
attribuito un significato universale. In questo progetto Aalto sintetizza tutte le conoscenze sulla
architettura razionalista. La qualità del progetto sta nella combinazione di criteri funzionali e tecnici
con accorte considerazioni psicologiche
 Egli infatti ideò numerose soluzioni tecniche in quanto credeva che per guarire in ospedale
bisognava offrire la pace ai pazienti. Il complesso è stato progettato fino all’ultimo particolare.
 La poltrona Paimio è una delle poltrone più belle create da Alvar Aalto. La sua leggerezza e la sua
genialità per quanto riguarda la struttura sono senza confronti. Faceva parte del progetto per la
costruzione dell’ospedale di Pamio, Finlandia, commissionato ad Alvar Aalto nel 1929 dopo la
vincita del bando di gara.
 Aalto desiderava creare per l’ospedale dei mobili che promuovessero con il loro funzionalismo, ma
anche con la loro bellezza, il benessere dei pazienti. Oltre che per motive estetici, la poltrona Paimio
fu realizzata anche per rendere più facile ai pazienti respirare.
 La progettazione dell’ospedale di Paimio rese Alvar Aalto famoso nel mondo come architetto, ma
significò anche l’inizio della sua carriera come designer di pezzi di arredamento.

Tradizione
Legame con i grandi orientamenti artistico-culturali: classicismo, romanticismo nazionale, influenze viennesi
e anche con il moderno Funzionalismo organico.Continuità tra antica produzione popolare e quella più colta
e moderna(emblematico il danese Kaare Klint)

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Kaare Klint (1888-1954)
 Diede origine allo stile moderno scandinavo verso la fine degli anni ’20, che poi divenne popolare
negli anni ’30 e dopo il 1945 si diffuse in tutta Europa e America del nord destando sgomento sia nei
tradizionalisti che nei modernisti
 Felice interpretazione della via di mezzo tra l’alta ebanisteria di Ruhlmann e il modernismo asettico
di Le Corbusier e dei disegnatori del Bauhaus
 Riesce a cogliere una sorta di filo rosso che attraversa tutta la cultura del mobile
 Klint incoraggiava i suoi allievi a studiare i mobili del passato.
 Non era un rivoluzionario, si sforzò di prendere a modello per i mobili contemporanei le forme buone
e sicure delle epoche trascorse, quando la loro semplicità e funzionalità si avvicinavano alle
concezioni moderne.
 Trasse motivi d’ispirazione dai mobili classici, da quelli del Settecento inglese e persino dalla setta
americana degli Shakers
 Voleva creare un oggetto d’uso atemporale, uno “strumento per abitare”.
 “Modern antic”: Una sorta di re-design, nell’accezione migliore del termine, tra eclettismo
storicistico e irrazionali fantasticherie futuribili.Unificazione di tanti modelli ad opera di una
tecnologia, quella del legno.Disegno basato su studi di antropometria che per Klint è un vero e
proprio codice.

Finn Juhl
 Il suo design si basa sulle contemporanee esperienze dell’arte astratta e molto sull’antropomorfismo.
 Tra 1945 e 1955, trasforma la classica poltrona imbottita , munita di struttura invisibile, in una
costruzione dove il telaio in legno (struttura portante) e le superfici per sedere sono separati e
contrapposti, sul piano formale :
“Un mobile deve costituire parte importante dell’ambiente: non deve e non può esprimere altro che
le funzioni per le quali è prodotto. Se la struttura portante sintetizza la funzione statica, per tale
requisito non deve impastarsi con le superfici che accompagnano la figura umana. Parallelamente,
se tali superfici sono caratterizzate da una serie di scelte fisiologiche , non devono giungere a
falsare organicamente la struttura portante”
 Linea del mobile “discontinuo per elementi”

Mobile singolo scandinavo


Si può accostare armonicamente solo con altri concepiti nello stesso spirito ORGANICO, costruiti con il tipico
LEGNO, che esprimono quella particolare SINTESI DI TRADIZIONE E MODERNITÀ cerca l’accostamento
con i suoi simili, altrimenti risulta spaesato.

Arne Jacobsen (1902-1971)


 Uno dei maggiori designer del secolo, è considerato l’uomo del rinascimento del design e
dell’architettura danese e scandinava.
 I suoi lavori prodotti dall’azienda danese Friz Hansen hanno come fattori comuni:
-linee pulite
-alta qualità dei materiali
-grande ergonomia.
sono definiti “senza tempo” .

IKEA
 Design in continua evoluzione: Abbiamo iniziato a occuparci della produzione di mobili 60 anni fa. Ci
siamo chiesti fin da subito come poter progettare i nostri prodotti facendo combaciare nel miglior modo
possibile le capacità dei fornitori con le esigenze dei clienti. Riuscire in questo intento, infatti, ci avrebbe
permesso di mantenere bassi i prezzi.

~ 32 ~
Da allora continuiamo ad applicare questo metodo e a lavorare a stretto contatto con i fornitori. Il concetto di
design democratico influisce positivamente su ogni settore dell'azienda: dai nostri centri di sviluppo ad
Älmhult ai nostri fornitori in tutto il mondo, passando per gli artigiani locali in India e nel Sud-est asiatico.
Ci chiediamo sempre: esiste un modo migliore per fare le cose? E proprio rispondendo a questa domanda
abbiamo imparato che le idee brillanti possono nascere ovunque.
 Lavoriamo per tutti: Il Concetto IKEA parte dall’idea di creare un assortimento di prodotti accessibile alla
maggioranza delle persone, non solo a pochi privilegiati. Come raggiungiamo questo obiettivo?
Combinando funzione, qualità, buon design, sostenibilità e prezzo basso. Il Concetto IKEA riguarda ogni
aspetto della nostra attività: progettazione, sourcing, imballaggio, distribuzione e, naturalmente, il nostro
modello di business. Vogliamo aiutare sempre più persone a vivere una vita migliore in casa.
 Il nostro punto di partenza: La casa è molto più di un semplice luogo dove trascorriamo le nostre giornate.
È il posto più accogliente e importante del mondo. Ecco perché la vita quotidiana delle persone in casa è
diventata il nostro naturale punto di partenza. Ogni anno visitiamo migliaia di case in tutto il mondo per
scoprire quali sono le esigenze e i sogni della gente che ci abita. Dall’incontro tra queste esigenze e le
capacità dei nostri fornitori nascono nuove soluzioni per migliorare la vita di tutti i giorni.
 La sfida: offrire prodotti belli e funzionali al prezzo più basso.
 Il design dell'assortimento IKEA è sviluppato per soddisfare le esigenze quotidiane delle persone, in
particolare dei tanti clienti che dispongono di possibilità economiche e spazi limitati. Ecco come
IKEA riesce a offrire prodotti funzionali e dal design curato a prezzi così bassi da permettere al
maggior numero possibile di persone di acquistarli.
 Per realizzare dei prodotti commerciabili e in linea con l'identità IKEA, i collaboratori del settore
Design e Sviluppo del prodotto devono concentrarsi su prezzo e qualità, design e funzione,
ambiente e salute. Esaminano ogni idea nell'ottica di un utilizzo ottimale delle materie prime e delle
possibilità di lavorazione. Per questo motivo moltissimi prodotti vengono progettati direttamente in
fabbrica.
 Tutte le posizioni di lavoro di quest’area hanno sede ad Älmhult, in quanto l’assortimento IKEA è
sviluppato da IKEA of Sweden.
 Visione strategica e idea commerciale: La nostra visione strategica, creare una vita quotidiana migliore
per la maggioranza delle persone, è sostenuta dalla nostra idea commerciale: offrire un vasto assortimento
di articoli d’arredamento belli e funzionali a prezzi così vantaggiosi da permettere al maggior numero
possibile di persone di acquistarli.
 Assortimento: L'assortimento IKEA si concentra su articoli d’arredamento belli, funzionali e a prezzi bassi e
offre soluzioni per tutte le stanze della casa. Cerca di soddisfare i gusti di tutti, sia di chi ama un design
minimalista che di chi predilige uno stile romantico. I nostri designer e product developer cercano di far sì
che gli articoli rispondano alle esigenze quotidiane e contribuiscano ad eliminare quanto non è necessario.
 Un grande design per una distribuzione ancora più efficiente.
 IKEA fa della distribuzione efficiente e a basso costo la sua bandiera fin dagli anni ‘40, quando i
prodotti venivano caricati sui furgoncini del latte.
 Oggi, più del 50% dei nostri articoli viene spedito direttamente dai fornitori ai negozi.
 Inoltre, con una progettazione intelligente possiamo ridurre gli imballaggi e la quantità d’aria
trasportata.
 I vantaggi per i clienti sono i prezzi bassi e, in alcuni casi, anche prodotti più leggeri e più facili da
montare, mentre il pianeta ne beneficia in termini di riduzione delle emissioni di CO2.
 IKEA Home Lab: una finestra aperta sul futuro. Solitamente la scienza non viene associata a IKEA.
Eppure, in futuro la scienza avrà un ruolo sempre più importante nel soddisfare le esigenze dei nostri clienti.
Nel nostro IKEA Home Lab, un gruppo di scienziati e studiosi orientati verso il futuro esegue esperimenti
con oggetti che non vedremo nei negozi per molti anni ancora. Qui si esplorano nuovi materiali e idee e si
costruiscono prototipi, alcuni dei quali saranno testati in situazioni di vita reali. Altri, invece, non entreranno
mai in un pacco piatto. IKEA Home Lab è curiosità, scoperta, tentativi ed errori, proprio come la scienza.
 Ikea travalica il concetto classico di ipermercato diventando un enorme inconsapevole esperimento
sociologico su vasta scala. Del resto tutto il percorso è studiato finemente secondo le migliori tecniche di
marketing, vi sono infatti studi ormai consolidati secondo cui più aumenta il nostro tempo di permanenza

~ 33 ~
all’interno di un luogo dove possiamo fare acquisti più le nostre “barriere” difensive all’acquisto e all’essere
morigerati diminuiscono, in un certo senso i prodotti assomigliano a delle moderne sirene e Ulisse siamo
tutti noi. È il motivo per cui alla fine del percorso vicino alle casse da anni troviamo prodotti di piccole
dimensioni, apparentemente insignificanti nel loro costo, perché alla fine le nostre “barriere” sono più deboli
e perché allora non concederci uno sfizio?
 Ikea non è solo acquisti e mobiletti da montare a suon di brugola, è una Filosofia che come tutte le filosofie
finisce per forgiare il mondo e crearne di nuovi. Ci riporta al ricordo ancestrale dell’Homo Faber che fa le
cose, ci riporta alla dimensione infantile del costruire qualcosa, ci rimette in contatto con la nostra parte
ludica e incentra moltissima della sua proposta commerciale intorno alle famiglie con Fidelity Card che
serve a capire cosa compriamo, ci promette sconti in cambio del poterci controllare, perché per certi versi,
parafrasando Feuerbach da “noi siamo quello che mangiamo” siamo passati al “noi siamo quello che
compriamo”

Mini-House
 Progetto frutto di una collaborazione tra l’architetto e designer Jonas Wagell e il produttore di case
svedesi Sommarnöjen, marchio scandinavo leader nella produzione di case vacanze prefabbricate
ecologiche.
 Si tratta di una casa modulare in legno che può essere costruita in soli due giorni senza l’ausilio di
mani esperte e professionali.
 Inizialmente la Mini-House era nata come un semplice e raffinato capannone di 15 mq attrezzato
per potervi passare un week-end o delle occasioni speciali.
 Da quel momento, però, il progetto è stato sempre in crescita e, oggi, le Mini-House sono disponibili
in diversi formati e materiali.
 La Mini-House originale è di 15 mq, ma la nuova gamma comprende case di dimensioni che vanno
dai 15 ai 90 mq, con standard di progettazione e di costruzioni scandinavi contemporanei.
 Nonostante le dimensioni ridotte, la Mini-House dispone di tutti i servizi di prima necessità e si
presenta davvero confortevole ed accogliente. Il design è molto raffinato ed elegante, gli interni
offrono arredamento che non ha nulla da invidiare ad una comune casa. Del resto anche l’occhio
vuole la sua parte.
 La ampie vetrate consentono di sfruttare al meglio la luce del giorno, e i pannelli solari permettono
di trarre energia dalla stessa.
 Essendo modulari, le Mini-House 2.0 possono espandersi fino a 15, 30, 45 fino a 90 mq, con vari
layout che variano a seconda delle esigenze del cliente per le camere da letto, la cucina, il bagno e
le altre aree della casa.

Il design italiano

Biennale delle arti decorative (Biennale di Monza)


 Esposizione di arte applicata, organizzata nell'ambito dell'ISIA (Istituto Superiore di Industrie Artistiche)
di Monza.
 Pensata in un primo tempo per esporre quanto si era andato creando dagli allievi dell'Istituto e con l'intento
di stimolare un rapporto tra le arti applicate e l'area industriale della Brianza, fu però subito aperta ai
contributi artistici internazionali.
 Le prime quattro esposizioni del ciclo si svolsero nella Villa Reale di Monza e la loro cadenza fu biennale.

Prima Esposizione Internazionale delle Arti Decorative (1923)


 La manifestazione si svolge nel parco della Villa Reale di Monza, con l’obiettivo di stimolare le relazioni tra
industria, arte e società.
L’Italia del dopoguerra cerca nell’industria la prospettiva di un nuovo benessere e nella progettazione
creativa l’elemento di unicità delle sue produzioni.
~ 34 ~
Fin dalle origini, la manifestazione è improntata a una concezione unitaria di tutte le forme d’arte e di
espressione creativa, strettamente collegate alle evoluzioni sociali e allo sviluppo economico.
 L'edizione del 1923 fu caratterizzata soprattutto dall'interesse verso le arti grafiche (tra i pezzi esposti anche
le maioliche di G. Ponti o gli arazzi di F. Depero), quella del 1925 dalla partecipazione delle colonie e quella
del 1927 da un primo interesse verso gli allestimenti firmati (tra i partecipanti vi furono F. Casorati e A.
Sartoris), mentre l'ultima edizione monzese del 1930, rinominata Mostra Internazionale delle Arti Decorative
e Industriali Moderne, rivelò la presenza dei primi prodotti esposti in ''gallerie'' tipologiche (del vetro, della
ceramica, dei metalli) e soprattutto un più esplicito interesse per l'architettura (tra i partecipanti M. Sironi, gli
architetti G. Pollini e L. Figini).

 A partire dalla V Triennale (1933) tutte le successive manifestazioni si sono svolte a Milano nel Palazzo
dell'Arte della Triennale, divenendo Triennali di Milano.

Giò Ponti
Dotato di fecondità inventiva, ha svolto un ruolo importante anche nell'ambito dell'architettura degli
interni e del disegno industriale, introducendo negli ambienti della nuova borghesia italiana il gusto
per l'arredamento moderno. Sotto questo profilo è di grande rilievo l'attività svolta attraverso le
Triennali di Milano e la rivista Domus, da lui fondata e diretta dal 1928 al 1941 e poi dal 1948.

 1933. Nasce la Triennale di Milano nel nuovo Palazzo dell’Arte


La rassegna di Monza diventa triennale si sposta a Milano e assume una personalità giuridica autonoma.
Sotto la guida di figure come Gio Ponti e Mario Sironi inizia la vita della Triennale.

Triennali di Milano
 Con la V edizione del 1933, la Triennale si trasferì a Milano nella sede del Palazzo dell'Arte progettato
da G. Muzio. Questa edizione segnò l'apertura verso il mondo del disegno industriale soprattutto con la
mostra sul Deutcher Werkbund organizzata dalla Germania.
 La VI Triennale del 1936 presentò in Italia i mobili disegnati da A. Aalto e la VII edizione del 1940 con la
Mostra Internazionale della produzione di serie, curata da G. Pagano, segnò il momento nel quale la
Triennale iniziò a guardare con grande interesse al disegno industriale con l'introduzione dei problemi della
produzione di serie, che nella VII edizione trovarono la loro definitiva affermazione con la sezione dedicata
all'apparecchio radio.
 Nel 1947 le attività ripresero dopo l'interruzione della guerra: l'VIII edizione si concentrò più sulle tematiche
dell'architettura, al contrario della IX, tenutasi nel 1951, che con la mostra "La forma dell'utile" o quelle
dedicate a tematiche precise come "Il vetro", "L'illuminazione", "La ceramica", Le materie plastiche", "I
metalli per la casa", o "L'arredamento e i mobili isolati" riportò l'attenzione sul mondo del design. In queste
mostre vennero presentati prodotti che diverranno capisaldi della vicenda del design italiano, come le
poltrone e i divani progettati da M. Zanuso per Arflex.
 Nella X Triennale del 1954 il design assunse il ruolo di elemento qualificante della manifestazione
palesandosi come elemento di congiunzione tra il mondo del progetto e quello della produzione: si
organizzarono la "Mostra dell'industrial design", la "Mostra dello standard", la "Mostra del mobile singolo", la
"Mostra critica dell'oggetto d'uso". Questo interesse al design, anche nella accezione merceologica,
qualificò le Triennali fino alla XI edizione del 1957 che tenne conto delle esigenze di promozione presso
l'utenza, dopodiché l'approccio cambiò.
 La nascita di riviste e fiere merceologiche, come il Salone del Mobile di Milano, che propongono la
diffusione dei prodotti del design presso un pubblico sempre più vasto e di non addetti, fece sì che nelle
successive edizioni si preferisse promuovere la componente più utopistica del progetto, soprattutto anche in
relazione alle irrequietezze politiche e sociali degli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
 Dagli anni Ottanta, rinunciando in parte alla propria natura propositiva, si è proposta come l'istituzione che
cerca di storicizzare la vicenda del design italiano attraverso l'organizzazione di mostre storiche.
 Nel 1999 la Triennale è diventata fondazione, avviando un percorso di riforma dell'Ente.
 Nel 2006 è stato aperto al suo interno il museo del design.
~ 35 ~
Il Palazzo dell’Arte
 L’architetto Giovanni Muzio progetta il Palazzo dell’Arte che diventa la sede della Triennale di
Milano, a seguito della donazione della Famiglia Bernocchi. Un edificio prestigioso, modulare e
flessibile, espressamente concepito per ospitare grandi manifestazioni e attività museali.
Il Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio costituisce una delle principali espressioni dell’architettura
razionalista, caratterizzato dalla pulizia delle linee e l’equilibrio dei volumi: 12.000 mq. di sale
espositive e spazi dedicati al pubblico nel cuore di Milano.
Da allora, la Triennale di Milano è un punto di riferimento nella vita culturale ed economica, motore
di un intenso dialogo internazionale tra società, arte e impresa.
 Nella prima Triennale milanese inizia anche la stretta relazione con il Parco Sempione, che
diventerà una consuetudine nelle successive edizioni, in cui vengono realizzate quaranta
costruzioni temporanee di carattere sperimentale, tra cui le case della grande Mostra
dell’abitazione progettate da numerosi architetti italiani, per lo più razionalisti, tra cui Figini e Pollini,
Giuseppe Terragni, Piero Portaluppi, Pietro Lingeri, il gruppo B.B.P.R., Piero Bottoni. Nel suo
complesso questa mostra si presenta come una documentazione dell’architettura moderna europea
e del razionalismo italiano riconosciuto dal fascismo come avanguardia tecnica e culturale del
processo di modernizzazione nazionale.

I grandi nomi del Novecento


La volontà di affermare l’unità delle arti si è manifestata già nella V Triennale del 1933 con le pitture
murali di grandi artisti come De Chirico, Sironi, Campigli e Carrà.
Questo intenso rapporto tra la Triennale di Milano e gli artisti si è poi sviluppato nei decenni
successivi con l’esposizione delle opere di Fontana, Baj, Martini, Pomodoro, De Chirico, Burri e più
recentemente Merz, Paolini e Pistoletto.

Ricostruzione, design e sviluppo industriale


Nell’immediato dopoguerra, la Triennale ha affrontato il problema della ricostruzione promuovendo con Piero
Bottoni la realizzazione del quartiere sperimentale QT8, nell’area milanese del Monte Stella.
Negli anni cinquanta ha affrontato anche il tema del disegno industriale, con rassegne dedicate a questo
specifico settore.
Il fenomeno del design italiano si è sviluppato proprio in questo periodo e si è associato al culto del Made in
Italy, accompagnando lo sviluppo industriale del paese.
A partire dagli anni sessanta, la Triennale ha poi affrontato le problematiche legate allo sviluppo economico
e alle sue trasformazioni sociali realizzando rassegne come “La casa e la scuola” nel 1960, “Il tempo libero”
nel 1964, “Le città del mondo e il futuro delle metropoli” nel 1988, “Identità e differenza” nel 1996.
Nel corso del Novecento, la Triennale di Milano ha contribuito all’affermazione dell’unità delle arti e allo
sviluppo dell’architettura e del design italiano; successivamente ha esteso i propri settori d’interesse alla
moda, al cinema, alla grafica e alla comunicazione audiovisiva diventando un centro per l’innovazione e la
ricerca creativa, un sistema integrato di comunicazione e produzione culturale che si rivolge oggi a fasce
sempre più ampie e diversificate di pubblico.
La crescita della Triennale di Milano è stata costante e progressiva, caratterizzata da produzioni sempre di
altissimo livello, con grandi mostre, attività didattiche, convegni, seminari, workshop, eventi di comunicazione
e iniziative speciali. Un successo che è il frutto di un intenso lavoro di progettazione e di un’attenta
programmazione delle attività, articolate secondo una linea editoriale che risponde a una visione ampia e
allargata della contemporaneità.

 Villa Reale diventerà inoltre una piattaforma di scambio di saperi che di volta in volta coinvolgerà in maniera
mirata pubblici generici di appassionati o pubblici specifici di addetti ai lavori attraverso lo sviluppo di Atelier
che saranno un “luogo di lavoro”, di condivisione e tutela del “saper fare” per promuovere e valorizzare la
ricerca, le tecniche, lo studio dei materiali e delle loro lavorazioni. Creando un ideale dialogo fra competenze
tradizionali per arrivare alle sperimentazioni di prototipazione rapida e stampa 3D, dalla bottega artigiana ai
nuovi “makers”.
~ 36 ~
Note
 A Monza è presentata una selezione di oltre 200 pezzi iconici, testimonianza delle innovazioni, delle
sperimentazioni e dell’eterogeneità della storia del design italiano.
 Il progetto di allestimento di Michele De Lucchi, autore del restauro degli spazi del Belvedere e artefice del
progetto di restauro della Triennale e degli spazi permanenti del Triennale Design Museum, è di grande
pulizia formale: come basi per gli oggetti sono previste delle casse da imballo in legno naturale che creano
un armonioso dialogo fra gli oggetti stessi e l’architettura preesistente.
 Per tutte le opere della collezione esposte oltre alla didascalia scritta è previsto un innovativo sistema di
didascalie digitali. Scansionando il QR code dell’etichetta i visitatori accedono in tempo reale ai contenuti
riguardanti l’opera che stanno guardando. Sono così immediatamente disponibili informazioni sui designer,
sui loro prodotti e sulle aziende, con la possibilità di condividere e salvare le immagini che si preferiscono.
 In mostra un corpus di pezzi fra i più rappresentativi in termini di innovazione formale e tecnologica applicata
al prodotto: dalla serie Bombé di Alessi del 1945 alla Lettera 22 di Marcello Nizzoli per Olivetti del 1950 alla
Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni del 1962 per arrivare alla carriola Carry-on di Francesco Faccin
del 2013.

Le Triennali degli anni Cinquanta

Ricostruzione, design e sviluppo industriale


 Nell’immediato dopoguerra, la Triennale ha affrontato il problema della ricostruzione promuovendo con Piero
Bottoni la realizzazione del quartiere sperimentale QT8, nell’area milanese del Monte Stella.
Negli anni cinquanta ha affrontato anche il tema del disegno industriale, con rassegne dedicate a questo
specifico settore.
 Il fenomeno del design italiano si è sviluppato proprio in questo periodo e si è associato al culto del Made in
Italy, accompagnando lo sviluppo industriale del paese.
A partire dagli anni sessanta, la Triennale ha poi affrontato le problematiche legate allo sviluppo economico
e alle sue trasformazioni sociali realizzando rassegne come “La casa e la scuola” nel 1960, “Il tempo libero”
nel 1964, “Le città del mondo e il futuro delle metropoli” nel 1988, “Identità e differenza” nel 1996.
 Nel corso del Novecento, la Triennale di Milano ha contribuito all’affermazione dell’unità delle arti e allo
sviluppo dell’architettura e del design italiano; successivamente ha esteso i propri settori d’interesse alla
moda, al cinema, alla grafica e alla comunicazione audiovisiva diventando un centro per l’innovazione e la
ricerca creativa, un sistema integrato di comunicazione e produzione culturale che si rivolge oggi a fasce
sempre più ampie e diversificate di pubblico.
 La crescita della Triennale di Milano è stata costante e progressiva, caratterizzata da produzioni sempre di
altissimo livello, con grandi mostre, attività didattiche, convegni, seminari, workshop, eventi di
comunicazione e iniziative speciali. Un successo che è il frutto di un intenso lavoro di progettazione e di
un’attenta programmazione delle attività, articolate secondo una linea editoriale che risponde a una visione
ampia e allargata della contemporaneità.

 Non si può ancora rinvenire e ricostruire nel primo dopoguerra una civiltà del design. Bisogna ricostruire in
fretta, senza troppa attenzione, ma i casi da ricordare sono molti.
Alle carenze tecnologiche della nazione si cerca di rimediare mobilitando le risorse tipicamente italiane di
creatività che danno luogo a prodotti di grande prestigio.
È l’industria meccanica ad assumere il ruolo di leader. La Vespa della Piaggio progettata da Corradino
d’Ascanio nel 1945 e nel 1947 la Lambretta progettata da Cesare Pallavicino per la Innocenti. Entrambi i
progettisti vengono dalle produzioni aeronautiche belliche.

~ 37 ~
Domus, 1946
 “Tutto ciò che è necessario alla vita civile era stato quasi in ogni nazione trascurato per produrre
armamenti. C’è bisogno di case, di mobili, di piatti, di bicchieri, di biciclette , di scarpe, di vestiti, di
giocattoli.”
Sono gli anni in cui si pongono le basi del cosiddetto boom economico, un momento di crescita
spettacolare per l’economia italiana.

Il tema non era solo la quantità ma la qualità nel suo rapporto con
il prezzo.
• La mostra organizzata dalla R.I.M.A. (Riunione Italiana Mostre Arredamento) nel palazzo della
triennale nel 1946 diede una prima risposta: furono esibiti mobili semplici, essenziali, economici.
Dimostrando che era possibile produrre arredi moderni alla portata di tutti, accettabili come adeguati
e funzionali.

Ricostruzione: dall’oggetto d’uso alla città


(Rogers, direttore Domus, novembre 1946)
“le differenze e le simiglianze si riflettono sulle forme degli oggetti, dal cucchiaio alla casa, alla città.
Gli oggetti di interesse comune richiedono una produzione più estesa, mentre il numero degli altri
può essere limitato: i primi appartengono logicamente alla produzione industriale, mentre una parte
degli altri può essere prodotta dagli artigiani.[…] la standardizzazione risolve i problemi della
produzione di massa, ma contiene la possibilità di un errore sul piano umano, dove in determinati
settori si ente il bisogno di salvaguardare la personalità. Detto ciò è bene precisare che sia le opere
prodotte in serie dall’industria o dall’artigianato, sia le opere singole prodotte da quest’ultimo,
richiedono una concezione unitaria che stabilisca per ciascuna il rapporto funzionale tra utilità e
bellezza.”

Le connessioni tra il progetto, la realizzazione e la


commercializzazione del prodotto nel dopoguerra
 Il design sognava l’oggetto per tutti improntato ad un’estetica comprensibile.
 L’industriale voleva produrre qualcosa che trovasse l’immediato sbocco sul mercato in modo da
riprendere i cicli produttivi interrotti dalla guerra.
 Il venditore immaginava l’immissione sul mercato di prodotti dotati di una parvenza di utilità o tali da
divenire insostituibili.
 Il pubblico cercava oggetti adeguati alle sue necessità o alla sua identità culturale.

Domus, Casabella, Stile Industria, Architettura Italiana


In Italia la ricerca di un canone fu intrapresa dalle riviste di design con gli scritti teorici e
programmatici di Rosselli, Argan, Dorfles, Ponti, Rogers e altri che delineavano un percorso da
seguire, ma più metodologico che formale.
 Nell’aprile 1952 Domus completava il suo titolo con due diciture: “arte e stile nella casa, arte e stile
nell’industria (industrial design)”
Nello stesso numero presentava anche la nuova titolazione della rubrica curata da Rosselli: Domus ,
l’arte nella produzione industriale.
 “L’industria non produce ancora ciò che è fatto e studiato per l’industria, ma invece fa in serie ciò
che non è fatto per la serie”
Lamentava Rosselli che i modelli italiani presentati nelle mostre internazionali e generalmente
apprezzati erano quasi sempre pezzi unici, studiati per il grande numero, ma non prodotti in serie
dall’industria.

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Triennali di Milano
 Con la V edizione del 1933, la Triennale si trasferì a Milano nella sede del Palazzo dell'Arte progettato
da G. Muzio. Questa edizione segnò l'apertura verso il mondo del disegno industriale soprattutto con la
mostra sul Deutcher Werkbund organizzata dalla Germania.
 La VI Triennale del 1936 presentò in Italia i mobili disegnati da A. Aalto e la VII edizione del 1940 con la
Mostra Internazionale della produzione di serie, curata da G. Pagano, segnò il momento nel quale la
Triennale iniziò a guardare con grande interesse al disegno industriale con l'introduzione dei problemi della
produzione di serie, che nella VII edizione trovarono la loro definitiva affermazione con la sezione dedicata
all'apparecchio radio.
 Nel 1947 le attività ripresero dopo l'interruzione della guerra: l'VIII edizione si concentrò più sulle tematiche
dell'architettura, al contrario della IX, tenutasi nel 1951, che con la mostra "La forma dell'utile" o quelle
dedicate a tematiche precise come "Il vetro", "L'illuminazione", "La ceramica", Le materie plastiche", "I
metalli per la casa", o "L'arredamento e i mobili isolati" riportò l'attenzione sul mondo del design. In queste
mostre vennero presentati prodotti che diverranno capisaldi della vicenda del design italiano, come le
poltrone e i divani progettati da M. Zanuso per Arflex.
 Nella X Triennale del 1954 il design assunse il ruolo di elemento qualificante della manifestazione
palesandosi come elemento di congiunzione tra il mondo del progetto e quello della produzione: si
organizzarono la "Mostra dell'industrial design", la "Mostra dello standard", la "Mostra del mobile singolo", la
"Mostra critica dell'oggetto d'uso". Questo interesse al design, anche nella accezione merceologica,
qualificò le Triennali fino alla XI edizione del 1957 che tenne conto delle esigenze di promozione presso
l'utenza, dopodiché l'approccio cambiò.
 La nascita di riviste e fiere merceologiche, come il Salone del Mobile di Milano, che propongono la
diffusione dei prodotti del design presso un pubblico sempre più vasto e di non addetti, fece sì che nelle
successive edizioni si preferisse promuovere la componente più utopistica del progetto, soprattutto anche in
relazione alle irrequietezze politiche e sociali degli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
 Dagli anni Ottanta, rinunciando in parte alla propria natura propositiva, si è proposta come l'istituzione che
cerca di storicizzare la vicenda del design italiano attraverso l'organizzazione di mostre storiche.
 Nel 1999 la Triennale è diventata fondazione, avviando un percorso di riforma dell'Ente.
 Nel 2006 è stato aperto al suo interno il museo del design.

1951, IX Triennale
 Il principale fattore di novità della IX Triennale è la confluenza delle arti decorative verso il design che
rappresenta il mondo della produzione industriale e l’apertura alle esperienze internazionali, vengono
invece abbandonati i temi di interesse esclusivamente sociale.
 L’esposizione, allestita nel Palazzo dell’Arte, nel Parco Sempione e nel quartiere del QT8, comprendeva
mostre dedicate a svariati temi, dalla scenografia cinematografica e teatrale all’Architettura, misura
dell’uomo di Ernesto Nathan Rogers, Vittorio Gregotti e Giotto Stoppino, alla mostra “la forma dell’utile” di
Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressutti e Max Huber.
Dal punto di vista artistico sono presenti diversi interventi, tra cui spicca quello di Lucio Fontana, con La
scultura luminosa, un tubo al neon che disegna un concetto spaziale sospeso sullo Scalone d’onore.
 Durante questa edizione si svolse il convegno De Divina Proportione, legato alla mostra Studi sulle
proporzioni, con la partecipazione di architetti e artisti di livello internazionale, tra cui Le Corbusier.

L’usa e getta
 Gli oggetti usa e getta sono tutti quegli oggetti così economici che è preferibile buttare più che
ripararli per usarli ancora. Questo tipo di oggetti nasce dall'idea che ogni cosa che utilizziamo
abbia un valore per la sua funzione: gli oggetti usa e getta valgono esclusivamente per la loro
funzione momentanea e poi vengono buttati. E' un principio dell'età moderna che tutto quelllo
che si produce non è fatto per durare ma per sostituire.
 Secondo le persone che non amano la produzione usa e getta, questa è caratterizzata da quattro aspetti:

~ 39 ~
1. assenza di qualità
2. spreco di risorse naturali
3. forte aumento dei rifiuti
4. impossibilità di distruggere i rifiuti senza danno per l'ambiente e la natura.
 La grande diffuzione dell'usa e getta è dovuta al consumismo.
Ma esistono anche oggetti usa e getta che hanno caratteristiche positive: ad esempio tutti
quelli utilizzati dai medici, per igiene, oppure per i farmaci. Altre caratteristiche positive
possono essere: il basso costo, il poco spazio che occupano, l'assenza di manutenzione. Inoltre
sono facilmente riconoscibili, aspetto essenziale per gli oggetti di design, e non sempre sono di
cattiva qualità ma, al contrario, è possibile trovare oggetti di buona qualità anche nell'usa e
getta. Inoltre con l'usa e getta anche la "quantità" è diventata un "valore" da intendersi come
capacità di riprodurre molti oggetti.
 Infine il fatto che l'usa e getta venga considerato come motivo di inquinamento è qualcosa che
può essere facilmente discusso: infatti le materie prime che servono per creare oggetti usa e
getta sono veramente a basso costo e di basso valore pertanto è normale che una volta usati
diventino rifiuti: alla grande quantità di rifiuti si può trovare una soluzione con il riciclaggio.

L'usa e getta e la storia


 Fernand Braudel (pronuncia: Brodel) dice che esistono tre tipi di storiografia:
1. durata individuale (breve durata)
2. durata congiunta (di dieci anni in dieci anni)
3. lunga durata
 L'arte è un evento di durata momentanea, legata al momento e al luogo in cui viene prodotta,
e anche atemporale, di lunga durata in quanto rimane nei secoli. il design invece ha due
possibilità: lunga durata quando si guardano i casi di Thonet e altri, breve durata quando si
considerano i prodottti di industrial design che vengono continuamente rinnovati e perfezionati.
L'usa e getta che durata ha? L'usa e getta come gli oggetti di industrial design deve affidarsi
alle caratteristiche di disegno, stile (=valenza estetica) e arte (=valenza artistica) e anche alal
storia (quando diventano oggetti da collezionismo).
Per questo la durata dei prodotti non coincide più con l'effettiva durata ma con quanto tempo
noi continuiamo a utilizzarli. Molti sono quelli che pensano che sarebbe meglio fare oggetti più
duraturi, altri che si potrebbe tornare a oggetti con un unico uso (monouso), altri ancora che si
dovrebbe rivalutare l'usato e l'affitto di oggetti utili. In generale è facile capire che anche la
produzione di oggetti normali può essere considerata un po' come produzione di usa e getta,
vista l'incredibile velocità di produzione di nuovi modelli e nuove idee.

Il quadrifoglio in usa e getta


 Progetto: gli oggetti usa e getta sono nati a imitazione di quelli che già esistevano. E'
cambiato solo il materiale: ad esempio dalle posate in acciaio o argento siamo passati alle
posate in plastica. Poi c'è stato un fatto ulteriore: la materia è stata studiata in funzione
dell'oggetto, così che non si crea un oggetto che poi deve essere realizzato con un tipo di
materia, ma si crea la materia per poi realizzare con la materia l'oggetto.
 Produzione: la fase del progetto e della produzione sono sempre più vicine e connesse. Molti
materiali sono stati creati proprio per produrre poi determinati tipi di oggetti. Attualmente sono
disponibili sul mercato molti tipi diversi di plastica derviati da molti tipi di pllimeri di base
modificati.Le varie plastiche si dividono in: termoindurenti: cambiano consistenza, diventano
più dure o più morbide con determinati tipi di processi e non possono più ritornare allo stato
iniziale; termoplastiche: se scaldate si ammorbidiscono, se raffreddate si induriscono ma
possono sempre tornare al proprio stato iniziale.
Le materie plastiche hanno molti vantaggi: non conducono elettricità, resistono al calore, sono
leggere, economiche, flessibili e resistenti. Sono utilizzate in tantissime diverse situazioni.
 Vendita:hanno la stessa quantità di pubblicità degli oggetti di lusso, ma occupano molto meno
spazio per la vendita (si allestiscono show-room per le macchin, non certo per i rotoli di carta
assorbente) e quindi permettono di risparmiare molto. Del resto esstono anche nuove modalità
di vendita come lo sharing, il leasing o quello recentem,nte adottato dalla Smart city car grazie
alla collaborazione tra Merceds e Swatch.
 Consumo: l'usa e getta è un prodotto del consumismo che non deve essere considerato per
forza negtivamente ma come una tendenza inevitabile del progresso.

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