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TNC MI Processi e dinamiche culturali 155N 11226234 Promo pert nal Antropologia e psicologia Interazioni complesse e rappresentazioni mentali a cura di Carlo Seyeri 75 Proiezione e credenza. Nuove riflessioni sull’efficacia simbolica Carlo Severi Nuove riflessioni sull’efficacia simbolica dlestcommode dese dbarase deces di ccultés en déclarant qu'l s'agic de cures psycho- Togiques. Mais ce terme restera vide de sens tant qu'on ne définira pas la facon dont des repré- sentations psveholoyiques determinées sont in- voquées pour combartredes troubles psycholo- iques ‘Claude Lévi-Strauss, Loficacté symbotigne Letto a pitt di cinquant’anni dalla prima pubblicazio- ne, Lefficacicé syrabolique di Lévi-Strauss conserva in- rattele qualtd ce ne hanno facto un testo famoso, Lo st le 2 limpido, Panalisi dei fact brillant, il eonfronto con la psicoanalisi di quegli anni, serrato e colto, Lideafine= le, cui nutto il testo tende ~ la proposta di interprecare Vinconscio freudiano come parte di una stratificazione di funzioni del simbolismo che conduce dai processi org- nici all’inferenza cosciente, in modo non dissimile da una teoria dei tipi russeliana (che sari pit tardi anche di Gre- gory Bateson) ~ancora intrigante da discurere. ‘Come molt ricorderanno, si trem del?analisi di un ungo canto sciamanico cuna, dedicato alla terapia del parto difficile, Durante il canto - cos! sostiene Lévi- Strauss ~lo sciamano cuna, riesce ad articolare, quasi a congiungere in una sola evocazione rivuale la safferenza presente della parcoriente, con Ia narrazione di un viay- gio sovrannaturale. Gli spirei parti alla ricerca del’ani- ‘ma perdura, la cui asserza ha provocato lasofferenza del- la partoriente operano cos, progressivamente, 'esplora- zione di tn paesaggio mitico parcicolarmente complesso ¢ folto di connotazioni. [] mondo dell’al ‘cuna, “visi- rato” durante il eanto dag spritiausliari de terapeuss, costruisce simultaneamente un’immagine metaforica del corpo sofference della donna. Durante la narrazione del- Picinerario degli spirit’ dello sciamano appaiono cos “montagne ehe pa pitano affannosamente®, “raseeli ci sangue”, 0 mostri che, eakinelPatto di mordere o di ag- grecire, rappresentano simbolicamente il dolore provato dalla partoricace. Nella recitazione riale, si genera pro- gressivamente quel che Lévi-Strauss chiama una “geo- vmoem nn VL 7, gel 200 9.7585, grafiaaffertiva”. Il pacsaggio sovrannaturale dello scia- mano, dunque, sifonde nel corpo vivo, in preda al dolo- re. Tclassico viaggio sciamanico, il eui schema ® infinite volte ripetuto in moltissime societi, dalla Siberia alle due Americhe, diventa cosi nella tradizione sciamaniea cuna ill mezzo di una operazione singolare, che Lévi-Strauss chiama “manipolazione psicologica” del dolore corpo- reo. La storia narrata nel canto, infatti, diventa in questo caso un modo di coscruire una vicenda, e una eatena di cappresentazioni (gli spirici vegetali, i mostri animali del- Ia foresta, le empeste...) in cui il dolore ~ prima infor- rmulabile nella sua tervibile intensita — divenca esprimibi- le attraverso un simbolismo adeguato. La tesi principale di LévieStrauss & che, in questo senso, pur in posizione inversa rispetto alla analisi freudiana, lo sciamano con- duce un'operazione simile a quella della psicoanalis che appunto & destinata a ricostruire in un linguageio 21029 cid che, via lt rimozione di conflit inconsei, & “andato perduto”, o rischia di scomparire dell’esperien- za diun paziente, Lo sciamano di una societa decta “pric ritiva” ¢ lo psicoanalista occidentale si trovavano cos) per la prima volta messi a confronto al dla delle enormi differenze eulturali. Non prosoguiremo oltre Panalisi di questo testo, che & molto noro. aster’ ricordare che, pur ses atta di un saggio relativamente breve, PEfficacité symbolique @ trai piu ambiziosi di Lévi-Strauss, Raramence egli hs posto con tanta chiarezza il problema del rapporco dell antro- pologia al pensiero freudiano, Dove conduce l’idea freu- sian dll nconsco = sembra chieders Lévi Stas nel saggio sullo seiamanismo cuna ~: verso una concezione “culturale” della vita psichica, cui certi passaggi del resto sembrano accennare? O invece, verso Ia scomparsa della stessa descrizione dei disturbi nevrotici o psicotci in ter- mini psicoloyici? Quella descrizione che, sfferma il mae- stro delPantropologia serutturale, dovel un giorno cede reil campo a una concezione fisiologica, o anche bio-chi- mica delle malatie mentali? La questione, come tante al- tre che riguardano il rapporto dell'antropologis all psi- coanalisi, ® posta, ma lasciaa in sospeso. Va riconosciuto che molti auror, di fronte alla smisu- rata estensione della tesi levistraussiana hanno esicato a 76. commentare questo testo, a discuterlo punto per punto, Dialtra parte, anche ?aspetto puramente empirico dell’a- nalisi di Lévi-Strauss era di difficile approccio: dopo Holmer ¢ Wassen, le due principali fonti del maestro francese, la ricerca sul terreno presso i Cuna si fermata a lungo. Per avere novi dati sulla tradizione sciamanica una, anche a causa della crsiin cui ha versato a lunge la sevola svedese fondzta da Nordenskild, si sono dovuti aspettare gli anni Setanta. + In realta, la vera diffcolti del problema posto da Lé vi-Seravss sta nellanicolazione tra same dei fat cuna = il funzionamento di una terapia, in certe condizioni, dentro a una certa rete di idee, con certi risultati e certi {allimenti,e un problema di tipo nen “psicologico” = ma -mutapsicologico, nel senso feeudiano de! termine. Si tat ta, ben oltre quel che Lévi-Strauss ha chiamato “manipo= lazione psicologica’ dell’organo malato, della narura stessa delle elaborazioni psichiche che chiamiamo incon- sce, edel loro rapporo con il furzionamento bio-chis co dell’onganismo, Cgnuno dei due termini di questa ar- ticolazione, quello empirico e quello mecapsicalogi hha ragioni sue per eadere o per resistere di frome all me critic, Eda questa situazione di doppia fragiliti |a tsi dell’efficacia simbolica (di doppio rischio corso da Lévi-Strauss nel saggio) che nasce la difficol di discute= re um resto che li mete in campo entrambi, per la prima volta(siamo nel 1949) come se fosscro legati tra loro, ¢ in tono dubitativo. In sostanza le domande (simmetrica- -mente presentate nel saguv, come se fossero le due valve dina conchiglia) sono due, eda tenere ben distinc: fun- Ziona in quel modo la terapia sciamaniea cuna? ¢, possia- ino immaginare il mode di agire delle rppresetszioni inconsce come comunicanti, nel modo in cui Lévi- Scrauss ne parla, com le patologie somatiche? Laspetto empirico cella teray anica cuna (ne bo accennato rapidamente altrove)' com’s giusto che si e problema che si risolve soltanto tramite losserv. sal terreno. E qui, molto presto, a partire dai miei primi mesi di lavoro nel villaggio cuna di Mulatupu (nel 1977), Ja soluzione ® apparsa chisrissima: i canti cuna sono for- rmulati in una lingua speciale, il eui apprendimento r= chiede unalunga iniziazione, e che nessun paziente, san~ to pit in stato di intensa sofferenza, pud comprendere. Inimmaginabile duncue che transite certe parole, lo sia mano possa diventare per la malata ~come voleva Lévi- Strauss ~ il protagonista di un viaggio mitico che pro- gressivamente si iden con la storia dell’insorgere e {Ells sviluppars! della sofferenza. Impossible pensar, he quando lo sciamano parla dello stab visione chiara", di una “iflunsinazione della strada di Mu”, di un incontro con gli animali mostruosi che abitano nel corpo/mondo evoeato nel canto, la par~ toriente possa (come erecieva Lévi-Strauss) reagire psi- 0 il tramite if quale la sieuazione di estremo dolo- diventa simbolizzabile, passibile di un ordi- ne, ¢infine padroneggiata Quel che l'osservazione diretta fa venir meno & natu- talmente un pastaggio esseozae dell dimostzione di évi-Steauss, Leggiamo nell” Efficacité Symbolique” che: «L’smmalita vende eapito, non lima a rsse- _gnarsi: guarisce. E niente di simile avviene ai malati delle nostre societa, quando si ? ben spiegato loro la causa del cologicamente al testo, trovando nel canto envn linguagg Ie loro disfunzioni invoeando scerezioni, mierobi o vi- rus». Ora, argomenta Lévi-Strauss, la ragione di questa differenza & che i mierobi possiedono una esistenza og- gectiva nel mondo esterao. | most, invece, “non esistO- no” nella realta, ma sorgono invece nella nostra coscien- za, Sono cio’ oggetto di eredenza, ¢ proprio per questo divencano interni,¢ fizzzionano da segno degli sta in- consci della nostra vita psichica. La relazione tra un mi- crobo e un sintomo t una relazione di causa a effete. Ciot una relazione del rutro esterna alla mente del pa- ziente. Quella trail sintomo ¢ I'animale mitico invocata nel canto stiamanico cuna éinvece di natura del eutto die versa: «La relazione fra mostro ¢ malattia 2 interna a quella stessa mentalith, ne sia essa consapevole @ meno: ® una relazione fra simbolo ¢ cosa simbolizzats, 0, per adortare il vocabolario dei linguist, fra sigoificante e si- {nificato. Lo sciamano fornisce alla sua ammalata un s= guaggio nel quale possono esprimersi immediaramente cert stati non formulati ealtrimenti non formulabili», Ora, alla luce eruda del'osservazione diretta, questa relazione, che & inveramente postulata su una eompren- sione del testo, esce dalla mente della partoriente, es ri vela affidata alla pura percezione di un suono incom- prensibile. La finguafornita dallo sciamano, dove gli sta- formulabili dovevano trovare espressione immediata fe dunque operare un efferto terapeutico) si scopre una Tingua esterna, e riservata ad alti il cui senso non ® pe- netrabile. II canto intonato dallo seiamano, da storia ca- pace diinterpretare il dolore, torna lunga, monotona se- quenza di incomprensbili sdoni, seandit forse solranto dcallincessamte ripetizione di formule fisse. La conclusio ne ine’ itabile & che cucta la parte dell'argomentazione fmpirica di Lévi-Scrauss sul efficaciaterapeutiea del ‘anti cuna, che riposava sulla premessa di una veicola- ione di senso tra sciamano e malata &, allo seato dei fat ti, semplicemence infondata, edunque inagibile. La ricer- aha aol non solo Peffea disihuppare i most pene sieri, ma anche quello di obbligarci a fermarne il flusso, fumentare atcnzione, a prudenza,e persino di abbli- xarci al silenzio, Molto stclucemte, Pidea levisteaussiana di una terapia come costruzione di un linguaggio interno = forse anche inconscio ~ in eui il dolore pub trovare espressione, ma impraticabile. La rinuncia a proseguire sv quel terreno dal punto di vista empirico m’e parsa, a Jungo, inevieab Riapro oggi questo dossier, nel contesto del confron- to tra ricerche psicologiche ¢ antropologiche che ho or- ganizzato in questo numero di Etrosistemi, per due ra sioni, La prima riguarda la natura della crecienza, che mi sembra particolarmente mal definita nel saggio di Lévi- Strauss ¢ in generale ogy in antropologia. La seconda ri guards Paffiorare, ncila ricerca psicoanalitica, di un mo- do nuovo di studiare un tipo di conunicazione terapeu~ tica fondato sul suono del linguaggio ¢ non soltanto sul senso, che mi fa immaginare, oggi, una nuova interpreta Zione. E evidente che queste due question: (natura delle credenza, relazione tra senso ¢ suono) stanno a fonda- ‘mento dellargomentazione di Lévi-Strauss. Riprender- * C. Sever, La Memore renal olla ¢ammagine del Bua i ‘rales amends Fe La Noosa 193 °C. LévinSiaus,“Letcacté symbolique”, in Arnbropoinge Stem ‘raie Pris, Poa, 1988 213 «sequent it. 196, p. Proierione e eredenra, Nuove riflessioni sullffcaca simboliea 7 ne lo studio a partire da una nuova riflessione pud forse significare procedere oltre sul cammino che Lé Strauss, pid di cinquant’anni fa, ha indicato. Proiezione e credenza Teoncetto di eredenza® stato lungamente discusso in antropologia. Le posiziani di Needham, di Pouillon, di ‘Tambiah~ per fare soltanto qualehe esempio sono no- te. Alcuni focalizzano l'attenzione sul linguaggio che il ccredente usa per affermare cid che credg; altri sugli atti ri- twali che ne costicuiseono il contesto, altri aneora sul mo= do in cuiil concerto stesso di eredenza pub variare da una cultura a.un'altea. C’¢ un punto sul quale perd cutti sem- bbrano convergere: la credenza # sempre vista, secondo la definizione che ne pud dare un dizionario, come atc di credere possibile, verosimile o vera una certaaffermazi ne su uno “stato di cose” che esiste nel mondo estemo. La credenza, cio’, & considerata da noi antropologi, per lo pitt come'un elemento di una eoncezione del mondo. Se per esempio un Mirana dell’Amazzonia colombiana alferma che «Una razza ® un pesce, ma anche ana delle stelle della costellazione di Oriones.*In generale Pantro- pologo cercher’ altre affermazioni complementari, che conduicano eventualmente a una visione indigena pit ge- nerale: che questa riguardil cielo, le specie aequatiche, Ia mitologia, 0 i rapporti di parentela. Sospeso il valore verith di questa afiermszione, si lavorers a eostruire una rete di connorazioni alfini, simmetriche o complementa~ ri, Quasi mai l’atrenzione del ricercatore si sposta dalla rappresentazione, i suoi contenuti ele sue eventuali rela- Zioni con altre rappresentazioni, ai processi psicologici theallacradenza eonducono. Lavoro pe lo pscelogo dice spesso in quest casi, che non riguarda fo si della cultura. Io credo che ci sia un forte rischio di deformazione dei fat in questa prospertva, e che valga la pena, pro- prio in vista di una comprensione dei fenomeni cultura- ii, diaccetare il rischioe guardarealla eredenza anche da tn punto di vist picoosic. Ines ileonevo di credenza, cosi come di norma usato in antropologi contiene un paradosso latente, che solo di rado emerge con chiarezza. Se “credere” significa solranto aderire a tuna particolare concezione del mondo, allora il senso stesso della parola credere dovrebbe designare, da una culeura allaltra degli stati mentali molto diversi. L'ob- bieaione relativista che riguarda i sistemi simbolici in cui si esercita la credenza doveebbe riguardare (olere che, eventualmente, a parola “credere” 0 un suo sinonimo indigeno) anche Patto stesso di eredere. Eppure, proprio ‘argomennazione di Needham, secondo cui un “crede- re” in sé non esiste, esi dissolve nei concetti propri a ogni caltura, si rivela poco convincente. Proprio yli esempi studiati dall’antropologo inglese in Belief, Lan- guage and Experience’ sembrano provare invece che Gualeosa come "Vato del eredere”Sembraxesistre all, ariazione culturale, 0 comungue non si riduce im diatamente ad essa, Da questo paradosso latente nasce, in molte analisi antropologiche della eredenza, per esempio nella magia, un senso di insoddisfazione: la cre- denza ha sempre I'ssiadi essere qualcosa di troppo for- temente radicato nei processi psichici per essere soltan- to Padesione a una serie di idee. Latto di credere sembra troppo incarnato nella carne e sangue delle persone, per ridurlo a una pura “teoria sullo srato del mondo”, a una pura profesione di fede", : Dialtea parte, quahinque antropologo con ur'espe- vienza di lavoro sl exmpo a chee gocierhtradiionai (caropee o extracuropec) non sono affatta societ’ di cre- dent: eche Fineredulita presente in quelle conerade al- mene quanto la credenza. problema non dungue che si erede, 0 no: ma piuttosto cosa si diffonde nello spazio del sapere comune ¢ come. In altre parole, quando una certa rappresentazione diventa oggctto di credenza, il problema che dovrebbe attirare [a nostra attenzione & non soltanto: come si organizzano le eredenze tre loro? mma anche: come funziona quel legame particolare che si stabilisce tra una rappresentazione ¢ la persona che fa at- to dicredere? In effetti, queste considerazioni suggeriscono una possibilici nuova: se sdortiamo un punto di vista psico- logico sulla eredenza la prospettiva finora adottarain an- tropologia, che ci portava a concepire Matto di credere come una “adesione auna concezione del mondo” va ro- vesciata, La credenza va piuttosto pensata, in questi nuo- vi termini, ¢ segnatamente quando si tratta di situazioni rituali, come un particolare processo proicttivo, che con- duce allo stabilirsi di un tipo particolarmente complesso dilegame Formuliamo dungue l'ipotesi che, almeno nellesirua- 2ioni rituali, sid portati a credere qualeosa non perchési condivide un patrimonio comune (“la cultura") ma al conteario, perche gran parte del contenuto della ereden- zat frau di una proiezione privata dell osservatore, di colui e colei che erede. In effetti 'anaisi delle fone del- Ja credenza, rti o narrazioni, non ci conducono di fron- te 2 diseorsi persuasivi (ci sono anche quelli, ¢ possono essere sostenuti da argomenti molto forti come a torta- 12) il cui scopo & Fadesione ideologica. Molto pit spesso i veicali della eredenza sono immagini (anche se formu- late in parole) passibili di interpretazione, 0 ancora di pid, di proiezione, Discorsi intessuti di immagini, du ‘que~che si offrono all'interpretazione personale, guida- ta dal contesto rituale, mokco pitt di quanto si imponga- no come regole a cui obbedire. Cerchiamo di chiarire questo concetto con tn esem- pio. Molti conoscono I'analisi che Carlo Ginzburg ha {nagistralmente condotto della scregoneriafriulana,in un arco temporale compreso tra Cinquecento e Seicento' Ginzburg ha mostrato che il complesso di eredente che caratterizza i Benandanti si organizza intorno ad alcuni temi centrali-l'apparizione, 0 ritorno” dei mortis "idea "seiamaniea” di una mobilitsdell'anima, che pud abban- donare il corpo; la Battaglia notrurna tra potenze rivalis i Sabba demoniace...~ esi sviluppa in due direzionidiver- “R Needham, Bele, Linge and Experience, Oxford, Bhcvel, 1972.5}. Tambih,Catee Mure ted Soda Acton, An Anebopalg tal Penpectoe, Comrie, Mang, Harvard Uaivcraty res, 1988, Eolas Le Gore Se, Pcs Elda Seu 1998, * Sulla particolare etnoastronomia mirans, vedi i lavori recenti di 1 Karadmss, per esmplo, “a constellation des quate sings” ours dela Sot des Aeneas, 8, 1989, 911-146 “Che R. Needham, op. ci "G. Ginchurg. Benandanti Stregoneriaeculn gran tra Conpuecen- ‘we Seen, Tor, Enso 168, 78 Etnosistemi ‘la connesso a un insieme di riti funera- di diffusione diversa e parallels, sembra invece legato ai rti celebrati dai contadini per propiziare la fertiita dei campi La trattazione di Ginzburg offre un esempio partico- larmente chiaro di come si diffonde vn certo insieme di credenze, in uno spazio e una regione determinati. La “concezione” magico-rituale delle cacce notturne non si propaga nella sociecd rurale friulana (ein una ben pitian pia zona dell’Europa centro-orientale) come una teoria xredicata esplicitamente, dotata di culti e credenze speci- che. Sintomatico a questo proposito til fatto che, appe- ‘na la restimonianza del Benandante, convocato presso questo o quel tribunale ecclesiastico, sfiora la descrizio- nedi un culto specifico, o di una divinit, le cose sifanno subito confuse. Si sente parlare, a volte, di una misterio-~ sa divinith femminile— per esempio di una certa Frau Sel- 42 (€i cui ritroveremo un misterioso analogo nella Pe cha di cui si parla in Storia Notturna’) 0 ancora di una: «certa dona sentata in maesti sopra una cariega da pozo, chiamata la Badessa...».* Macc si accorge subito che i contadini, di queste crea ture sovrannarural, sanno ben paco. Studiando i cult agcari delle popolazioni friulane del Cinguecento non as- sistiamo al riemergere, tramice qualche sparso fram ‘una favolosa cultura pagana, con i suo sistem di di- vinita e di culti. La credenza nell'esistenza delle streghe sembra piuttosto diffondersi in modo molto meno siste- matico, come una foresta di somiglianze, un soutile gioco di analogie tra evento ed evento, Chi comincia a credere: nella stregoneria — nei molti casi che Ginzburg riporta — rnon professa veramente una fede diversa da quella catto- lica, ma si rivela pivrtosto fortemente colpito da una im- ‘magine (Papparizione di uno strano animale in un corti, il chiarore inusuale della luce notturna...)che in generea5- socia a una esperienza traumatica, e non riesce a interpre~ tare, Dal punto di vista psicologico, invece che un atto di “pensare come vero o verosimile” uno stato di cose (quel che patremmo chiamare un credo), si constata piuntosto una forte esitazione, un turbamento della sensibilita, una sospensione angosciosa del giudizio. Quest'aspetto in vidule siriflerte nel modo in cui Ia credenza nel Sabha notturno si diffonde. La variazione continua, quasi da jersona a persona (pur nell’ambico due rami principal, incrario ¢ legato alla fervilita) di questo complesso di cre- denze non & solo legata a questo o quel caso individual. Questo tipo di variazione, e Pincertezza, la mancanza di un vero e proprio sviluppo doterinale che imlica, sembra davvero essere costitutiva di questo genere di rappresen tazioni non codificate. Ginzburg mostra con particolare chiarezza (anche se per un fine suo: rinnovare il confron- to tra la cultura contadina e la dortrina ufficiale dell'in- quisizione) che i Benandand friulani non sono affacto un gruppo omogenco di persone che condividono una sola *concezione del mondo”, dominata da cerce rappresenta- zioni ritual. Essi diventeranno tai, e saranno percepiti come un gruppo eretica soltanto quando, con Pesplicita 10 della forza, quelle rappresentazioni si troveranno in- serite dall’esterno, ¢ tardivamente, nel modello della stre- goneria elaborato dalla Chiesa. La coerenza de! sistema delle eredenze dei Benandanti, quel che ne fa la negazi ne della dottrina - viene da fuort, proviene dal riconosci- ‘mento, prima inferito da sparsi indi, e poi dalla forimu- lazione esplicita, da parte dei giudici della Chiesa, di una anti-dottrina, non dal modo di essere della “culeura con- tadina”. Prima d’llora, la diffusione dellacredenza era ri- rasta affidat, si direbbe, alle nacrazioni favolose, alle speculazioni, maligne o benefiche, alle paure, oalle puree ‘semplici chiacchiere. ‘Nella foresta di somiglianze che lega un caso seynala- to al Tribunale ecelesiastico a un altro sarebbe dunque vano cercare una streta omologia di tratti euleurali. Nel- le testimonianze studiate da Ginzburg emergono perd, con regolarta imprevista,aleuni detcagl,che a priv ‘sta possono sembrare minori, quasi soltanto tratti di sti- ledella narrazione di questi episodi, che conferiscono lo- rodirebbe di nuove Ginzburg —una certa aria di fami glia. Consideriamone uno da vieino, di questi dewagl Forse oi siuteri a identifieare uno dei supporti crucial della diffusione della credenza, e quindi anche uno dei suoi modi tipici di funzionare, che siamo cereando di in- dividuare, dal punto di vista psicologico. Quasi dapper- tutto, nelle fonti citate¢ discusse da Ginzburg, i restimo- nidei rit legat alla stregoneria dichiarano che quando, di nou, ua Benancante, che sembra sprofondato nel son- ‘no, in realta si alza e se ne va in sogno, bisogna stare at- tenti a non rivoltare il corpo. Se cid avvenisse, dicono ancora quei “testimoni",I’anima in forma animale del Benandante partico nei boschi lontani non potrebbe pid ritcovare, la mattina seguente, al ritorno a casa, un orifi zio (la bocca) attraverso il quale rientrare nel corpo. Il Benandante, in quel caso, morirebbe. Vediamo, tra le molte possibili, la testimonianza di Chonrad Stacklin, rmandniano bavarese di trentasette anni che fu processa- 10, epoi bruciato sul rogoa Oberstdor! nel 1586: «I viag- i della schiora notturna- serive Ginzburg commentan- do gli atci del processo di Oberstdorf ~ si svolgevano... quasi sempredi nowe. Prima del viaggio siveni un mancamento, e si rimaneva esanimi: era l'anima (cost gli almeno supponeva) che se n’andava,lasciando il eor- po immobile e privo di via per un'ora 6 poco pit. Guai perd se il corpo nel frattempo veniva vivoleato, perehé il rtomo dell'anima divensava doloroso-e dificil...» ‘Guai perd se il corpo... Prestiamo attenzione a questo dereagiio, Osserviamo prima di tutto che quell avert mento non & parce della credenza stessa che riguarda iri ti notturni, Fatta a proposito del corpo addarmentato, quasi visto dall'esterno, questa osservazione se ne sta per cosi dire alla soglia del contenuto delle credenze dei Be- nandant Eun po’ dentro un po’ fuorilo spazio della cre- denza: un piede dentro (il campo notcurno) e un piede fuori (qui, a casa, dove restano gli altri, non protagonist coloro che si avviano a diventare credent). In effet, quando si dice: «Attento, non spostare il corpo che ti dor ‘me accanto» ion si parla di un altrove invisible, dove svolgono riti segret, ma di un deutaglio minimo, quot: iano, vicinissimo, E dungue ripetibile. Ora, atseaverso questa tensione tra due spazi, era due immagini sieuate in *C. Ginsburg Stors Notre, Una deyrntne del Saba, Torin, Eins, XXX, Perunadicusins, vedi Seven, "Le cham ee Dame du Bow Je. A propos du livre de C. Gincburg, Homme, 121 janvier mars 992 SUKI (0p 16577, 199 (ego da a ipo snadelaucore). “C.Ginaburg.fBenandant op ci 4 *E Ginzburg ope p82 evsivo mio. Proiexione ceredenza. Nuoveriflesionisul'elfcacia simbolice 79 spazi diversissimi e pure date per comunicant, si st sce una tensione particalare tra qui e ore (quel che vedo) li lontaro (quel che non vedo, ma che sembra articolar- sicon quel che vedo, come un suo aspetto inerente). E tra~ mite questa particolare tensione che la rappresentazione del Benandante sembra acquisire forza e yenerare creden- za. La forza di quellimmagine sembra risiedere proprio nella projezione di un‘espeienza comunisima (Aormire aceanto al proprio sposo, o spose) in un contesto com- pletamente invisible, lontano, molto pid che nei dertagli bizzarrio spaventosi attribuiti a questo o quel rito. Per comprendere meglio questo punto, vorrei ricor~ rere ora a ona analogia. Una delle leggende pid famose della Lozére, una regione della Francia centro-meridio- nale, @ dominata dalla figura mostrvosa di un lupo pari colarmente crudele, chiamato la Bestia del Gevauclan, di cui parla gid Stevenson (proprio l'autore dell’/sola del Tesoro edi Dottor Jekyll Mr. Hyde) nel suo Viaggio nel le Cevenne.'° La “Bestia” del Gevaudan, racconta la leg- sgenda popolare, ispira un errore irresistible perché non Etim lupo come gl ale essa | nutresoltanto di carne umana, pud apparire in diversi luoghi contemporanea~ mente, ein qualunque momento. Probabilmente, a giunge la leggenda, Ia “Bestia magica” del Gevaudan & immortale Forse la Bestia non davvero immorale, peré la leg- jgenda che ne racconta la storia & particolarmente dura a morire, esembra godere di ottima salute ancora ogg. Ri- chard Ffolmes, uno scrittore inglese, ha recentemente ri- fatto il viaggio di Stevenson, e ha condotto una piccola inchiesta sulla Bestia, quale appare ogi nelle leggende locali. Qualeuno ha spiegato a Holmes che: «La Bestia mitica din effet costituita da una particolarissima specie di lupi, composta di soli tre individui. Questa specie ha tuna volta, forse per caso, divorato carne umana, e da al- ora non pud pitifarne a menos.” Inefferti, questa spiegazione della credenza pud of- frire qualche indizio sulla sua efficacia, e dunque sulla sua persistenza nel tempo. Il faito che si tratti di una specie particolare spiega il comportamento particolar- thentefelvaggio della Bestia: eqn comple gest inaudi- ti, perché appastiene a.un gruppo di animali del cutto particolare, Inoltce il fatto che la specie sia costituita da pit di un solo animale spiega ~ sempre dentro il si- stema dele credenze— come ma a Bestia poss appa- rire simultaneamente in diversi luoghi e in diversi tem- pi. Ma c’é un punte ancora pid! importante: parlando sempre di tre lupi (non due) questa spiegazione inclu- de sempre un individuo di questa pseudo-specie di cui non si sa nulla. Questo terzo personaggio, rigorosa- ‘mente sconoscitito, ma che potrebbe essere sempre vi- cino a.un pascolo, 0 a una fatcoria (animale still unac- counted for, come scrive benissimo Holmes)" servira dunque a spicgare ogni nuovo exploit, eventualmente incomprensibile, della Bestia leggendaria. Il “terzo !u- pot della al narratore, ¢ a chi lo ascolta, non offre solo una via d’uscita di frontea situazioni diffici- Ti da spiegare ma anche e sopratrurco un punto neutro, tuna lacuna nella storia, che si offre all’interpretazione. Chi vuole comprendere Is leggenda, completeri a suo modo, e di propria iniziativa, quel punto vuoto, L’esi- scenza dina storia nella tradizione popolare si rivela dunque legata non soltanto alla sequenza delle peripe- zie della narrazione, che alimentano, in chi l'ascolta, ‘colare forma di attesa, come suecede nelle fia~ ‘C’, in quelle storie, anche un altro meceanismo: Vapparizione di qualche isolata lacuna ~ dettaglio ba- nale,o del tutto sconosciuto~che possiede un suo par- ticolare modo di risvegliare attenzione, che non im- plica eccesso di dereagli (come necessariamerte ri- chiede la descrizione di una dimensione favolosa, 0 im- prevista) ma proprio il contrario: il difetto di connora- zione. Cid che appare come assoluramente sconosciu- 0 0, al contrario, cosi banale da perdere senso, risve- glia in chi ascolta altre immagini, che vanno cosi « confondersi con quelle che Ia storia evoca esplicita~ mente. E cosi che il confine tra cid che @ narrato (cid, che sfla nella sequenza narrativa) e cid che la storia in- duce a immaginare nella vita quotidiana si fa pit incer- to. Leesistenza del lupo immortale (a Bestia del Ge- vaudan) esce dal quadro narrativo e acquista cosi un ti- salto, quasi una presenza mentale, del tutto singolari Ogni storia tramandata, possiamo dire, gioca su quel confine, estendendolo o limitandolo a ogni narrazione. Se torniamo ora all’avvertimento dei Benandanti ~ (Gui se si rivolea il corpo disteso nel letto perché se no Va- nima non ritorna...~scopriamo che anch’esso ha, come il terzo lupo della Bestia del Gevaudan, una funzione di confine, ta cid che si dice e cid che si immayina. Lunica differenza che, in questo nuovo contesto, il confine non si applica pit alla storia narrata, ma alla formulazione della credenza. Nelle cestimonianze friulane sulla streyo- neria un'immagine quotidiana (poco connotata) si confonde con V'immagine di qualcosa di favoloso (il rito segretamente celebrato) attraverso il completamento spontaneo di un “punto vuoto”,all'spparenza del uito Banale,e cosi gli attribuisce lo stesso carattere di verosi- anza, di quotidianita che ha un corpo addormenta- to nel leteo, accanto a sé. Possiamo forse giungere cosi a una prima condusio~ ne: nelPatto di credere, @ la banalita possibile che fa 'afor- za di una rappresentazione, non la sua bizzarria. Preso in questa tensione, il dertaglio banale apre come un pertugio nella descrizione della scena immaginata della stregone- ria, Un pe-tugio in cui si pud infilare limmaginazione privara del credente. Di qut nasce la forma tipica in cui la Eredenaa viene nutri i dubbio, Tipcamente non ‘cercezza che qualcosa sia vero, che fa a forza di na cre- denza. Questa certezza, nel credente, salvo in casi etremi ed eccezionali, nono" mai. Ce piuttosto (¢ questo prati- ‘camente sempre) Passerize di certezza che quel tal feno- ‘meno, quel particolare stato di cose dichiarato dalla cre-

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