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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE ALL’APOLLINARE

Cognome, nome e matricola


Lauria Francesco 20645

Titolo dell’elaborato
La conoscenza di sé e l’autostima.
Sommario

Introduzione

1. Concetto di persona
2. Caratteristiche fondamentali della persona
3. La conoscenza di sé
4. Meccanismi di difesa
5. L’autostima con riferimento alla vita cristiana

Conclusione

Bibliografia

Introduzione

Obiettivo del presente studio è individuare dinamiche psicologiche che consentono alla
persona di conoscere sé stessa e gli altri. Partendo dalla definizione di persona,
analizzandone le caratteristiche fondamentali, descriverò alcuni meccanismi di difesa, che la
mente umana produce, quando vive situazioni di conflitto. Tratterò successivamente il tema
dell’autostima, con riferimento alla vita cristiana. Infine, trarrò conclusioni personali sul
tema trattato.

1. Concetto di persona
L’antropologia filosofica pone una questione fondamentale: chi è l’uomo? Una prima
fondante verità è che esso è unico ed irripetibile, degno di riverenza superiore rispetto agli
altri esseri viventi.
San Tommaso pensa alla persona come un essere sussistente di natura razionale,
l’essere più nobile dell’universo, non per ciò che fa, ma per ciò che ontologicamente
rappresenta. La persona è un actus essendi1, non si crea da sé, riceve il suo essere per un
libero atto di amore di Dio. Essendo immagine e somiglianza di Dio, le va riservato il
massimo grado di dignità.
Il personalismo di Mounier (corrente filosofica di inizio XX secolo) ha indagato sulla
psicologia dell’uomo inserito nel contesto comunitario. La persona è la base della piramide

1
A.S. UBALDI PUGNALONI, Elementi di psicopedagogia religiosa. Dispense ad uso degli studenti, Roma 2002, p.
46.
umana, il cui vertice è la personalità. L’essere umano è chiamato a scegliere quei valori che
ne determinano l’essenza.
San Giovanni Paolo II, nella sua opera Persona ed atto, ha evidenziato come accanto
alla conoscenza di sé stessa, la persona deve lottare per rivendicare il proprio autopossesso ed
autodominio.
Il Concilio Vaticano II, nel tentativo di eliminare il dualismo anima-corpo costituente
la persona, l’ha indagata nella sua concezione unitaria; solo in Cristo troviamo la sua totalità,
unitarietà e completezza: «Cristo redentore rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso»2.
Essere persona significa non essere proprietà di alcuno, perseguire un fine di bene, che
può essere dono per gli altri. L’uomo capace di amare, di scegliere il bene è in salute
spirituale, che è foriera altresì del benessere fisico, mentale, sociale. Si giunge a questa meta
attraverso un lungo processo di conversione, che ha il fine di raggiungere quella somiglianza
e immagine divina originaria, di cui la persona è teologicamente e ontologicamente
costituita.

2. Caratteristiche fondamentali della persona3

Il termine persona deriva dal latino maschera, associato ad una interpretazione scenica.
Lo psicologo Jung, infatti, afferma che essa è dotata di un carattere esterno che le consente di
interagire con l’ambiente circostante.

Il carattere rappresenta le disposizioni interiori innate e statiche della persona, mentre la


personalità è qualcosa di dinamico, si dice che è in fieri4, cioè tende a modificarsi nel corso
dell’esistenza umana.

Agendo in una interazione sociale, la persona sviluppa l’integrità e l’identità personale,


nonché la maturazione affettiva.

Ogni persona esprime la sua integrità personale attraverso il corpo, mezzo per
comunicare con gli altri. Essendo la persona capace di autotrascendenza e comunicazione cioè
essendo dotata di spirito, deve saper integrare il corpo con lo spirito, per conoscersi

2
ibidem pp.48-51.
3
GIOVANNI PAOLO II, Redemptor Homins (4 marzo 1979), n.10.
4
W. VIAL, Psicologia e vita cristiana. Cura della salute mentale e spirituale, Edizioni Santa Croce, Roma 2016,
p.85.
compiutamente, per accrescere la propria fiducia, per alimentare un’attenzione verso il
prossimo, che esprime la sua capacità di amarlo liberamente. Questa integrità personale è
orientata dall’amore concreto, che la persona può aver ricevuto durante la sua vita, in special
modo nell’infanzia.

Nella relazione con gli altri l’uomo finisce per approfondire la conoscenza che ha di sé.
La persona che penserà positivamente di sé raggiungerà quella maturità affettiva che si
compendia nella sua capacità di amare il prossimo in piena libertà. Una persona immatura,
invece, realizzerà che non sta bene con gli altri, tenderà ad isolarsi, si valuterà negativamente,
fino alla patologia di provare disgusto di sé.

L’identità personale è costituita dal carattere e dai doni naturali, i talenti che ogni
persona possiede.

Il carattere è il comportamento abituale di una persona, che le consente di rapportarsi a


sé stessa e al mondo esterno. Riferito all’individualità, nelle relazioni sociali si osservano
differenze individuali caratteriali, che producono effetti diversi sul comportamento singolo,
con conseguenze per la stessa vita comunitaria.

Una caratteristica del carattere è l’emotività, che esprime la reazione a situazioni che la
persona vive. L’emotività arricchisce, ma rende fragili allo stesso tempo. La persona emotiva
avrà reazioni rapide, forti, che la porteranno a vivere gli avvenimenti con ansietà.

Un carattere forte agirà per affrontare le difficoltà e tenderà a recuperare con rapidità le
energie profuse per fronteggiare le situazioni. Un carattere arrendevole avrà difficoltà a
recuperare tali energie. Tanto più una persona sarà attiva, intraprendente nel comunicare con
gli altri, tanto più sarà espressione di carattere sano.

La persona mentalmente sana si pone l’obiettivo di realizzare la propria vita, attraverso


l’assunzione di responsabilità delle proprie scelte, che concretizzano la vocazione cui ogni
uomo è chiamato ad assolvere. Pertanto, è necessario far confluire le disposizioni innate del
carattere nella volontà della persona, capace di appropriarsi di valori fondati sul bene.
L’integrazione della struttura psico-biologica del carattere, con la cultura, l’ambiente,
l’impegno personale, costituiscono la formazione della personalità. Quando questa
integrazione è armonica e sana si parla di maturità integrale e di appropriato equilibrio
personale.
Esistono numerosi ostacoli interni a questa integrazione, che producono contraddizioni
che possono creare problemi psicologici. Più avanti tratterò dei meccanismi di difesa, posti in
atto inconsciamente e di cui si occupa la psicologia clinica.

3. La conoscenza di sé

Una persona per essere definita in una condizione di benessere mentale, per maturare
nell’affettività e capire sé stessa e gli altri, deve necessariamente conoscere sé stessa.
Conoscersi non vuol dire essere coscienti di avere un Io, ma acquisire la consapevolezza di
capire come si reagisce in determinate circostanze, essendo consci dei propri pregi e difetti.
Conoscere sé stessi è l’identità della persona, che più facilmente sa individuare il senso della
propria vita.

La psicologia indica con il termine di insight5 quel processo che la persona attiva per
arrivare alla conoscenza di sé e di come appare nei confronti degli altri. Una persona che ben
si conosce prende coscienza del suo bagaglio psicologico che connota la sua personalità.
Osservandosi nel suo mondo interiore, può cominciare a comprendersi.

Contestualmente deve sapere interpretare i suoi comportamenti e le sue azioni che


possono trasformarne la personalità.

Nel processo di auto-conoscenza è decisivo un atteggiamento di positività verso sé


stessi. È importante individuare le caratteristiche buone proprie, senza trascurare le lacune
presenti.

Noi cristiani non possiamo svalutare la persona, visto che Dio si è incarnato ed è morto
e risorto per essa. Partendo da questo assunto è decisivo impegnarsi a far emergere le risorse,
di cui una persona dispone, accettando allo stesso tempo le sue carenze. Meglio ancora
sarebbe accrescere le potenzialità e smussare i limiti.

Risulta difficile confrontarsi con i propri difetti, non è facile accettare le proprie
fragilità. Un tale processo mentale attiva inevitabilmente sofferenza. Per tale ragione può
essere preferibile l’aiuto di qualcuno: un amico, un educatore, una guida spirituale, un esperto
psicologo, che facciano emergere e accettare i propri limiti.

Una buona conoscenza di sé permette di agire autonomamente e con autostima.

5
ibidem, p.88.
Secondo alcuni psicologi (si veda Freud) l’agire di una persona è influenzato da
motivazioni inconsce, ma la piena conoscenza di sé non si determina cercando di interpretare
aspetti che non fanno parte della vita cosciente.

Una persona che si conosce ha stima di sé, matura psicologicamente, vive in armonia
ed equilibrio, gode di un benessere mentale, sarà in grado di affrontare le difficoltà. Una
persona che ha conoscenza di sé saprà sviluppare capacità relazionali positive, stabilendo
rapporti duraturi e fecondi con gli altri.

Conoscere sé stessi è il caposaldo per cercare di conoscere il proprio interlocutore. Un


po' come mettersi nei panni altrui, cercando di capire come l’altro vive e come aiutarlo.
Conoscere sé stessi è controllarsi emotivamente: negligenze nel controllo emotivo possono
danneggiare, a volte irrimediabilmente, le relazioni, con conseguenze negative sullo stato di
salute mentale.

La persona ha un naturale desiderio di stare bene. Gli elementi citati, per una corretta
conoscenza di sé, concorrono verso questo obiettivo.

Un fattore decisivo verso questo fine, che dà equilibrio alla vita, è l’autostima, che una
persona nutre nei propri confronti. Prima di affrontare questo tema indicherò alcuni
meccanismi difensivi, che la persona pone in atto, quando vive situazioni gravose e di disagio.

4. Meccanismi di difesa6

I meccanismi di difesa sono processi prodotti dalla mente umana, quando emergono
conflitti interni ed esterni alla persona. Il loro obiettivo è proteggerla per tutelarne la stima che
ha di sé.

Ai fini della conoscenza di sé stessi è importante capire come tali meccanismi


funzionino, perché possono generare patologie o conseguenze negative sulla personalità,
sull’autostima, sul livello di maturazione adeguata della persona. Essi, dunque, si collocano su
un flebile confine, che separa la condizione di normalità, da quella patologica della mente
umana. Furono elaborati da Freud e sistematizzati dalla figlia Anna. Vediamone alcuni.

6
ibidem, pp.90-92.
- Annullamento: consiste nel ricordare situazioni vissute agendo in maniera opposta alle
condotte originarie. Si suscitano così emozioni positive di contrasto rispetto a situazioni che
hanno provocato malessere.

- Compensazione: consiste nell’evidenziare capacità della persona da contrapporre a


sentimenti negativi, che scaturiscono da limiti fisici e psichici veri o immaginari.

- Fantasia: consiste nel crearsi un proprio mondo ideale dove tutto funziona. Persino
immaginare successi inesistenti per auto-valorizzarsi. Il mitomane crede alle sue menzogne.

- Fissazione: si arresta lo sviluppo della personalità; non si progredisce nel processo di


maturazione, perché il soggetto provando angoscia, preferisce rimanere in una fase dove si
trovava a suo agio (per esempio l’infanzia).

- Formazione reattiva: consiste nel contenere il rischio di conseguenze di impulsi contrari al


proprio modo di pensare, attivando esperienze opposte.

- Identificazione: la persona non contenta di sé stessa, potrebbe identificarsi con altre persone
reali o di fantasia, che ammira. Si costruisce un’immagine della persona ideale che vorrebbe
essere, ma che non è capace di realizzare.

- Identificazione proiettiva: quando in una relazione stretta si cerca di introdurre


inconsciamente una parte del proprio io nell'altra persona per ottenerne benefici. Qui siamo a
livelli patologici.

- Isolamento: si attua separando il mondo cognitivo da quello affettivo producendo un torpore


dell’affettività.

- Negazione: negare un fatto evidente, perché potrebbe provocare emozioni difficili da gestire.

- Proiezione: la persona avverte disagio verso sé stessa, attribuisce agli altri le sue negatività e
finisce per criticare gli altri e non sé stessa. Un modo per non sentirsi inferiori agli altri.

- Razionalizzazione: si pensa solo a ciò che piace, andando ad eliminare con scuse
comportamenti che si valutano come negativi. Si difende la propria immagine al punto di
giungere a disturbi patologici della personalità. Pensiamo a quei soggetti che vedono nemici
ovunque.

- Regressione: si torna a situazioni pregresse, in cui il soggetto stava bene ed era felice. Nei
casi patologici la persona può ritornare alla fase di quando si sentiva un bambino protetto.
- Repressione: eliminare ricordi, immagini, emozioni negative che il soggetto non accetta.
Tali emozioni represse restano salde nell’inconscio e possono dar luogo a sintomi patologici.

- Spostamento: si deviano le energie della persona verso stimoli diversi da quelli originari.
Tali energie possono indirizzarsi verso un’altra persona o verso qualcosa. Patologico è lo
spostamento che attiva un’energia aggressiva rivolta verso sé stessi, che nei casi estremi
conduce al suicidio.

- Sublimazione: quando un desiderio non può essere soddisfatto, perché censurato da regole
morali, lo si indirizza a mete superiori, che generano emozioni positive.

Studiosi come Cencini e Manenti hanno stabilito che una buona stima di sé corrisponde ad un
minor ricorso di questi meccanismi difensivi.

5. L’autostima con riferimento alla vita cristiana

Quando una persona ha conoscenza di sé, quando utilizza moderatamente e senza derive
patologiche i meccanismi di difesa citati, si considera mentalmente sana e con buon livello di
autostima.

L’autostima indica un’accettazione della propria persona, una valutazione positiva di


come si è, una abilità nell’affrontare situazioni difficili e una normalità comportamentale nella
vita quotidiana. Un basso livello di autostima non consente di affrontare la vita con sicurezza
e determinazione.

L’autostima è frutto dell’educazione ricevuta e del giudizio che hanno gli altri sulla
nostra persona. Se ci sentiamo amati, sapremo più facilmente amarci ed avere quindi un buon
livello di autostima. Decisivo, perciò, è il rapporto madre-bambino o più in generale il
rapporto genitori-figli.

Non sono genitore; Dio ha disposto così nella sua Volontà. Non credo di sbagliare, però,
se penso che qualsiasi buon genitore ami il figlio nonostante i suoi difetti. L’amore
incondizionato di un genitore dovrebbe condurre i figli ad accettare critiche e rimproveri a
loro rivolti.

L’educazione diventa fondamentale per lo sviluppo dell’autostima, che sarà adeguata,


quando consentirà di contrastare positivamente le situazioni avverse che il futuro riserverà
alla persona.
Scopo dei vari educatori che si susseguono nella vita è risaltare i difetti e le fragilità
della persona. Contrariamente, il rischio di personalità egocentriche e narcisiste è molto
elevato. L’accettazione umile dei propri difetti è indispensabile per una maturazione armonica
ed integrale della persona.

Come detto, ogni persona è unica e irripetibile, tutte vanno amate perché figlie di Dio. Il
buon cristiano non si paragonerà con gli altri, si sforzerà piuttosto di essere al servizio degli
altri, per essere al servizio di Dio. Al contrario, paragonarsi agli altri, può generare sentimenti
di inferiorità, che producono tristezza e arrestano lo sviluppo della conoscenza di sé.

L’autostima poggia altresì su un sano rapporto con gli altri, sulla propria storia
personale, sulle proprie attività quotidiane (studio, lavoro), dinamiche queste che devono
essere vissute nella logica del dono libero per il prossimo.

Per il cristiano, il punto di riferimento di tutto questo processo è Gesù Cristo, che rivela
la compiutezza dell’uomo, la sua dignità. L’uomo deve guardare a Cristo come modello da
imitare. Egli è il nostro buon pastore che considera l’uomo libero, capace di realizzare una
vita innestata nella verità e nell’amore. Solo guardando Cristo possiamo conoscere meglio noi
stessi. Per questo la vera autostima parte e viene donata da Dio. E il nostro Dio è amore, come
rivelato e testimoniato dall’Unigenito incarnato nella storia7.

Per San Josemaria Escrivà la conoscenza di sé avviene attraverso l’umiltà, «la virtù che
ci aiuta a comprendere, ad un tempo, la nostra miseria e la nostra grandezza»8.

Conclusione

Nella visione cristiana, la persona matura, conoscendo sé stessa, saprà individuare i


valori morali, spirituali, orientati al bene, su cui fondare la propria esistenza.

Il bene per l’uomo si traduce nel sapersi amare ed accettarsi con tutti i limiti creaturali
presenti, attivandosi per essere al servizio degli altri, impostando la propria vita all’amore
inteso come dono. Donarsi agli altri liberamente permette una vita spirituale feconda, che
consente alla personalità di maturare, aprendosi ad orizzonti più elevati, dove concretamente
confrontarsi con il tu, che la vita pone innanzi.

7
ibidem, pp.93-96.
8
ibidem, p.96.
Benché unica e irripetibile, la persona nella sua essenza ontologica non potrà esistere da
sola, ma solo in comunione con le altre. Per questo è decisivo perdere un po' di sé stessi per
incontrare l’altro. E nell’incontro saperlo amare. Amarlo quando si vivono situazioni difficili,
amarlo quando si è felici per le gioie altrui.

Il mio prossimo non potrò considerarlo un ostacolo, ma opportunità di confronto,


crescita e rispetto reciproco. In lui scorgerò quella scintilla di verità divina che sta alla base
della nostra comune esistenza, il cui fine è Dio, cioè vita nell’amore eterno trinitario, rivelato
da Cristo. «Perché noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio» (1Cor 3,23)9.

9
Cfr. La Bibbia. Via, verità e vita, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, p.2713.
Bibliografia

Fonti

B. MAGGIONI – G. RAVASI (a cura di), La Bibbia. Via, verità e vita, San Paolo,
Cinisello

Balsamo 2012

Studi

W. VIAL, Psicologia e vita cristiana. Cura della salute mentale e spirituale, Edizioni
Santa Croce, Roma 2016, pp. 88-96

A.S. UBALDI PUGNALONI, Elementi di psicopedagogia religiosa. Dispense ad uso degli


studenti, Roma 2002, pp. 46-58.

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