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La genetica, DNA, RNA

La genetica studia la trasmissione dei caratteri ereditari, i geni. Questi ultimi soo le istruzioni
biochimiche che dicono alla cellula come fabbricare specifiche proteine. Un gene è una lunga
molecola di DNA ed è questa che trasmette le informazioni, trovandosi nel nucleo. I geni sono
costituiti da una sequenza di 4 tipi di basi: A,G,T,C. Ognuna di queste si lega ad uno zucchero e ad
un gruppo fosfato al fine di formaere un nucleotide. Ogni combinazione di 3 basi consecutive del
DNA codifica per un particolare amminoacido. Un altro tipo di molecola è l’RNA che usa le
informazioni presenti in certe sequenze di DNA per la costruzione di specifiche proteine. L’RNA
messaggero trasportala sequenza di basi del gene, mentre gli altri due tipi di RNA assemblano i
componenti della proteina.
Il codice genetico
Il codice genetico è il sistema per cui le informazioni genetiche codificate nel DNA arrivano a
operare la sintesi di tutte le proteine necessarie alla vita degli organismi. Il suo linguaggio si basa su
un "alfabeto" molecolare rappresentato dalla sequenza dei nucleotidi del DNA, che viene tradotto
nella sequenza degli amminoacidi di una proteina. Il codice genetico (v. fig. 5.5) dispone di 4
"lettere" (le 4 diverse basi azotate) per specificare i 20 amminoacidi. Utilizzando gruppi di 3
nucleotidi (triplette, o codoni) si ottengono 43 = 64 combinazioni diverse. Tre di queste triplette
(triplette non senso) non corrispondono a nessun amminoacido: esse servono per segnalare la fine
della catena proteica. La tripletta AUG indica l'inizio della catena proteica; a essa corrisponde anche
l'amminoacido metionina. Si definisce gene la sequenza di triplette che codifica una proteina. Il
codice genetico è ridondante, poiché uno stesso amminoacido è codificato da più di una tripletta. Le
triplette che codificano lo stesso amminoacido sono molto simili e generalmente differiscono solo
per l'ultima delle tre basi. Ciò ha suggerito l'ipotesi che l'informazione fondamentale sia contenuta
nelle prime due basi e che la terza serva a garantire una maggiore precisione. Il codice genetico è
universale, dal momento che è identico in tutti gli esseri viventi (ogni tripletta ha lo stesso
significato per tutti gli organismi).
La meiosi
La meiosi è il processo che riduce a metà il corredo cromosomico di una cellula diploide, dando
origine a due cellule figlie aploidi. La meiosi, preceduta dall'interfase durante la quale i cromosomi
vengono duplicati, consiste in due divisioni cellulari, una successiva all'altra, dette meiosi I e meiosi
II, che vengono divise ognuna in 4 fasi: profase I, metafase I, anafase I, telofase I e profase II,
metafase II, anafase II e telofase II (v. fig. 6.3). Durante la meiosi I i cromosomi, composti ciascuno
da due cromatidi, formano coppie di cromosomi omologhi, che si appaiano. I cromatidi dei
cromosomi omologhi si intrecciano in certi punti (chiasmi) e si verifica il crossing-over, cioè lo
scambio di segmenti corrispondenti di DNA. Al termine i cromosomi omologhi di ogni coppia si
separano l'uno dall'altro (segregazione), e ciascuna cellula figlia riceve uno solo dei due cromosomi
di ogni coppia. Poiché la segregazione di una coppia di omologhi è indipendente dalla segregazione
di un'altra coppia, si dice che avviene un assortimento indipendente dei cromosomi. Dopo la meiosi
I le cellule figlie entrano nell'interfase, durante la quale si accrescono, ma non duplicano i
cromosomi. Nella meiosi II i cromatidi di ogni omologo si separano e diventano cromosomi
indipendenti. In totale la meiosi dà origine a 4 cellule aploidi, i gameti, che diventeranno
spermatozoi o cellule uovo a seconda che appartengano rispettivamente a un organismo maschile o
femminile.
TRASMISSIONE LEGATA ALL’X
L’ereditarietà X-linked (detta anche ereditarietà diaginica o tramissione legata al cromosoma X) è
caratteristica delle malattie causate da una mutazione su uno dei geni del cromosoma X. Per capire
il funzionamento dell’ereditarietà X-linked è necessario ricordare che le femmine hanno due
cromosomi X mentre i maschi hanno un cromosoma X e un cromosoma Y.
Recessiva o dominante Per convenzione si distinguono ereditarietà X-linked recessiva (più
frequente) e X-linked dominante (più rara). La trasmissione X-linked recessiva è caratteristica delle
malattie che si manifestano nei maschi e per le quali le femmine sono al massimo portatrici sane,
mentre la trasmissione X-linked dominante è caratteristica di malattie che si manifestano nelle
femmine e che nei feti maschi possono essere addirittura incompatibili con la vita. La distinzione in
recessiva e dominante è un po’ artificiosa, in quanto anche in caso di trasmissione X-linked
recessiva le femmine possono essere occasionalmente affette in modo lieve (classico esempio è la
sindrome dell’X-fragile). Infatti, a causa dell’inattivazione casuale dell’X, in alcune cellule si può
avere l’inattivazione dell’X mutato mentre in altre si ha l’inattivazione della X senza la mutazione
(e quindi l’espressione della proteina patogena).
Probabilità di tramissione Una femmina portatrice sana ha, ad ogni gravidanza, una probabilità
del 50% di concepire figli maschi affetti e del 50% di concepire figli maschi che non affetti. In caso
di feto femmina, questo avrà il 50% di probabilità di essere portatore sano e il 50% di essere sano
non portatore. Per quanto riguarda i figli di un maschio affetto: tutti i maschi saranno sani non
portatori e tutte le femmine saranno portatrici sane.
Daltonismo
Il gene del daltonismo si trova sul cromosoma X; le donne (XX) sono daltoniche solo se entrambi i
loro cromosomi X sono affetti dal gene difettoso, mentre gli uomini (XY) lo sono se ne è affetto il
loro unico cromosoma X. Quindi i figli (maschi) di un uomo daltonico ed una donna sana saranno
sicuramente sani, mentre le figlie saranno sicuramente portatrici del daltonismo. Invece i figli
maschi di un uomo sano ed una donna portartice saranno con uguale probabilità sani o daltonici, e
le figlie femmine con uguale probabilità sane o portatrici; avevo quindi una probabilità di 1/2 di
essere daltonico, ed è successo. Quando dico a qualcuno che sono daltonico, spesso questi indica un
oggetto a caso e me ne chiede il colore, che generalmente è brillante e facilmente identificabile, e
poi dice: "Ma allora ci vedi bene". In realtà io vedo i colori, ma ho discrete difficoltà a discernere
certe tonalità di verde da qualunque altra cosa; se i colori sono affiancati riesco quasi sempre a
distinguerli, ma mi riesce piuttosto difficile farlo "a colpo d'occhio".
Emofilia
L'emofilia è una malattia genetica da emorragie spontanee o sanguinamento prolungato dovuti al
deficit del fattore VIII o IX della coagulazione. L'incidenza annuale è stimata in 1/5.000 nati maschi
e la prevalenza in 1/12.000. L'emofilia colpisce in particolare i maschi, anche se le femmine
portatrici possono presentare forme più leggere della malattia (forme sintomatiche dell'emofilia A e
B nelle femmine portatrici; si vedano questi termini). In genere le emorragie si presentano quando i
neonati affetti cominciano a camminare. La gravità dei segni clinici dipende dall'entità del deficit
del fattore della coagulazione. Se l'attività biologica del fattore della coagulazione è inferiore a 1%,
l'emofilia è grave e si presenta con emorragie spontanee frequenti e sanguinamenti anomali,
risultato di lesioni minori, o successivi a un intervento chirurgico o all'estrazione di un dente
(emofilia A e B grave; si vedano questi termini). Se l'attività biologica del fattore della
coagulazione è compresa tra 1% e 5%, l'emofilia è moderatamente grave con sanguinamenti
anomali dovuti a lesioni minori, a interventi chirurgici o all'estrazione di un dente, anche se
l'emorragia spontanea è rara (emofilia A e B moderatamente grave; si vedano questi termini). Se
l'attività biologica del fattore della coagulazione è compreso tra il 5% e il 40%, l'emofilia è lieve,
con anomalo sanguinamento secondario a minime lesioni o a interventi chirurgici o all'estrazione
dentale (emofilia A e B leggera; si vedano questi termini). Le emorragie si localizzano spesso
attorno alle articolazioni (emartrosi) e nei muscoli (ematomi), anche se può essere coinvolto ogni
sito dopo un trauma o una lesione. L'ematuria spontanea è abbastanza comune ed è un sintomo
fortemente suggestivo della malattia. L'emofilia viene trasmessa come carattere recessivo legato
all'X e circa il 70% degli emofilici presenta una storia familiare positiva. La malattia è dovuta alle
mutazioni del gene F8 (Xp28) che codifica per il fattore VIII della coagulazione, o del gene F9
(Xp27) che codifica per il fattore IX della coagulazione, coinvolti rispettivamente nelle emofilie
tipo A e B (si vedano questi termini).
inattivazione del cromosoma X
Nei Mammiferi, i maschi e le femmine differiscono nei cromosomi sessuali. I maschi hanno, infatti,
un solo cromosoma X e un cromosoma Y, mentre le femmine hanno due cromosomi X. Questa
differenza determina un problema di regolazione dell’espressione genica; infatti, se la femmina
esprimesse nello stesso modo i geni presenti su entrambe le copie del cromosoma X, le sue cellule
avrebbero il doppio di questi prodotti proteici rispetto al maschio. Per risolvere questa situazione,
nei Mammiferi si è evoluto un meccanismo di compensazione del dosaggio, che inattivando
trascrizionalmente uno dei due cromosomi X presenti nelle cellule somatiche femminili
(inattivazione dell’X), permette di rendere uguali nei due sessi i livelli di espressione dei geni legati
a questo cromosoma. L’importanza dell’inattivazione dell’X è testimoniata dal fatto che le
mutazioni che impediscono questo meccanismo di compensazione del dosaggio genico non sono
compatibili con la vita. L’inattivazione dell’X avviene precocemente durante l’embriogenesi,
quando l’organismo in via di sviluppo consiste di poche migliaia di cellule ed è visualizzabile
perché il cromosoma inattivato assume una struttura cromatinica così fortemente condensata
(eterocromatina) da essere facilmente riconoscibile al microscopio ottico. La scelta di quale
cromosoma X inattivare, se quello di origine paterna o quello di origine materna, è del tutto casuale,
ma una volta presa la decisione, questa viene mantenuta nelle generazioni cellulari: il cromosoma X
inattivo rimane tale per tutte le successive divisioni cellulari di quella cellula e della sua progenie.
L’inattivazione dell’X è resa possibile da una regione del cromosoma nota come Xic (X-
inactivation center, centro d’inattivazione dell’X) che contiene tutte le informazioni necessarie per
contare i cromosomi X e inattivarne tutte le copie meno una. Il numero dei cromosomi X presenti
nella cellula viene contato da un elemento di Xic che rimane ancora sconosciuto; l’inattivazione è
invece resa possibile da un gene, chiamato Xist, che è espresso solo sul cromosoma X inattivo e
trascrive per un RNA che riveste il cromosoma da inattivare avviandone il processo di
condensazione.
Imprinting
L'imprinting genomico o imprinting genetico indica una modulazione della espressione di una parte
del materiale genetico: Tale modifica può riguardare l'uno o l'altro dei dei corredi parentali. Si tratta
di un meccanismo di regolazione genica che riguarda circa un centinaio di geni conosciuti, molti di
questi hanno un ruolo rilevante nel differenziamento e nello sviluppo. Nella spermatogenesi
parliamo di imprinting paterno, mentre nell'oogenesi di tipo materno. La differente metilazione di
un determinato locus genico costituisce una sorta di "impronta", la quale impone l'espressione di
uno solo dei due alleli di quel determinato locus genico, ossia quello della madre o quello del padre.
Alla fecondazione lo zigote perde la metilazione in quasi tutto il genoma, i geni sottoposti ad
imprinting vengono esclusi da questo fenomeno,in quanto la metilazione in questo caso è impiegata
per segnalare la provenienza parentale del gene. In seguito, prima dell'impianto della blastocisti
avviene una prima fase di metilazione. Durante la formazione dei tessuti embrionali si ha una
metilazione attiva e durante il differenziamento delle gonadi c'è un pattern di metilazione specifico
per lo sviluppo dell'ovaio o del testicolo

Anomalie cromosomiche
In seguito a mutazioni il cariotipo può modificarsi nel numero o nella morfologia dei cromosomi
che lo costituiscono, dando così origine rispettivamente alle anomalie numeriche dei cromosomi
(aneuploidie) e alle anomalie strutturali dei cromosomi. Le aneuploidie numeriche più frequenti
osservate nell'uomo sono la monosomia (assenza di un elemento nella coppia di cromosomi
omologhi) e la trisomia (presenza di un elemento addizionale in una coppia di cromosomi
omologhi). In questi casi si parla di monosomia e trisomia completa, ma si possono verificare anche
monosomie/trisomie parziali, per assenza o presenza in triplice copia di singoli segmenti di
cromosoma. Le monosomie complete sono incompatibili con la vita postnatale, l'eccezione è
rappresentata dalla monosomia del cromosoma X, associata alla sindrome di Turner (45,X). Le
trisomie complete di alcuni cromosomi, come la trisomia 21 o sindrome di Down (47,XX,+21),
trisomia 18 o sindrome di Edwards (47,XX,+18), trisomia 13 o sindrome di Patau (47,XX,+13)
sono invece compatibili con la vita postnatale, così come le aneuploidie dei cromosomi sessuali.
L'aneuploidia è causata, nella maggior parte dei casi, da errori di non-disgiunzione alla meiosi che
causano la formazione di due cellule (gameti) che contengono rispettivamente un cromosoma in più
ed uno in meno. La causa della non-disgiunzione non è nota, ma si verifica con maggior frequenza
nella meiosi femminile ed aumenta con l'età. Da ciò deriva un aumentato rischio di patologia
cromosomica fetale in madri di età superiore o uguale a 35 anni. La non disgiunzione si può
verificare anche durante la divisione mitotica, in tal caso si osserverà un cariotipo a mosaico per la
presenza nello stesso individuo di cellule a corredo cromosomico diverso. Le anomalie
cromosomiche di numero più frequentemente riscontrate sono la trisomia 21, la trisomia 18, la
trisomia 13, tutte associate al ritardo mentale e, talora, a malformazioni e difetti di crescita. Anche i
cromosomi del sesso possono andare incontro a difetti sia numerici (polisomie, 47,XXY;47,XXX;
47,XYY), ma spesso sono causa di una sintomatologia più lieve. Le più frequenti alterazioni dei
cromosomi sessuali sono la sindrome di Turner, dovuta alla mancanza di un cromosoma X nelle
femmine e la sindrome di Klinefelter dovuta alla presenza di un cromosoma X in più nei maschi.
Aneuploidia e poliploidia
La poliploidia si ha quando si hanno, per ogni cromosoma, più di 2 omologhi. Quando ci sono
coppie di omologhi si parla di diploidia, quando ce ne sono di più genericamente di poliploidia (il
prefisso poli significa molti). Per es. se ci sono 4 omologhi per ogni cromosoma si parla di
tetraploidia (il prefisso tetra significa 4).
Aneuploidia, invece, indica semplicemente una situazione patologica. Anà signfiica senza, eu
significa bene, quindi aneuploidia significa un corredo cromosomico non sano, per esempio un
cromsoma in meno o in più.
Trisomie 18 21 13
Le anomalie cromosomiche sono alterazioni del numero o della struttura dei cromosomi. Le
anomalie numeriche dei cromosomi, che vengono chiamate anche aneuploidie, sono caratterizzate
da un numero maggiore o inferiore di cromosomi rispetto al numero standard. Si parla, ad esempio,
di trisomia, quando si riscontra la presenza di un cromosoma in più. A questo gruppo di anomalie
cromosomiche appartengono patologie note come Sindrome di Down o Trisomia 21, dove
l’individuo presenta 47 cromosomi, ovvero possiede una copia in più del cromosoma 21. La
trisomia 13, invece, prende il nome di Sindrome di Patau, mentre la trisomia 18, Sindrome di
Edwards. Si parla, invece, di monosomia, quando si riscontra l’assenza di un cromosoma. A questo
gruppo appartengono patologie cromosomiche come la Sindrome di Turner in cui è presente un solo
cromosoma X. Tra le aneuploidie, le trisomie 21, 18, 13 e la monosomia X, sono senz’altro quelle
maggiormente responsabili di malformazioni fetali che portano a gran parte degli aborti precoci
ossia durante il primo trimestre di gravidanza. In alcuni casi le gravidanze con feti affetti da
trisomia 21, 18 e 13 possono procedere nel corso dell’età gestazionale e portare alla nascita di
neonati affetti dalla relativa patologia cromosomica (probabilità di sopravvivenza alla nascita
rispettivamente del 22,1%, 5,4% e 2,8%). Il meccanismo principale con cui si producono le
aneuploidie è costituito dalla non-disgiunzione, ovvero dalla mancata separazione dei cromosomi
omologhi o dei cromatidi durante la meiosi nel corso della gametogenesi. Si possono formare
quindi gameti rispettivamente con un cromosoma in più ed in meno che, unendosi ad un gamete
normale, i primi daranno luogo ad una trisomia, gli altri ad una monosomia.
XXX
La sindrome della tripla X, nota anche come trisomia X, sindrome XXX, 47,XXX aneuploidia, è
una trisomia XXX dei cromosomi sessuali, ovvero la presenza di una copia eccedente del
cromosoma X nelle cellule della femmina, causata dalla loro non disgiunzione durante la profase I o
II del processo meiotico. Sono comunque presenti due corpi di Barr. Può anche verificarsi una
forma a mosaico se solo una parte delle cellule del corpo contengono i tre cromosomi X mentre le
restanti ne hanno solo due. La misura in cui una donna sarà influenzata dalla condizione dipenderà
dalla percentuale di cellule con XXX e XX.La trisomia X si verifica circa una volta ogni 1.000
nascite femminili. Diversamente da altre condizioni cromosomiche (come la sindrome di Down),
solitamente non vi è differenza distinguibile ad occhio nudo tra le donne affette dalla condizione e il
resto della popolazione femminile. Le persone con questa aneuploidia sono conosciute anche con il
nome di "superfemmina", ma l'uso di questo termine è stato criticato e sconsigliato.
XYY
La sindrome 47,XYY, o sindrome di Jacobs o disomia del cromosoma Y è un'aneuploidia
eterosomica, cioè un'anomalia cariotipica, nella quale è presente, oltre ai cromosomi X e Y tipici
del corredo normale maschile umano, un cromosoma soprannumerario Y. Tale polisomia è dovuta a
una non-disgiunzione durante la seconda divisione meiotica nella gametogenesi maschile.
Nonostante l'esiguità del contributo genico del cromosoma Y, diverse sono le caratteristiche
individuate nei portatori dell'aneuploidia. Sebbene non particolarmente omogenee, risultano
comunque avere frequenza significativamente superiore a quella con la quale medesimi caratteri si
ritrovano nella popolazione generale. I soggetti vengono detti anche super maschi. I soggetti
possono presentare spesso un'altezza superiore a 180 cm (media 188 cm), lieve ritardo mentale.
Possono avere denti grandi o con radici grandi, possono avere problemi vascolari Marfan-simili ed
è stata ipotizzata l'associazione anche con difetti di lateralizzazione embriogenica. Contrariamente a
quanto ipotizzato in passato (prima erano considerati particolarmente alti), i livelli di testosterone
sono normali. La frequenza con cui questa ploidia si manifesta è di 1/1000 maschi.
XXY
La sindrome di Klinefelter è una malattia genetica caratterizzata da un'anomalia cromosomica in cui
un individuo di sesso maschile possiede un cromosoma X soprannumerario. Normalmente le donne
possiedono due cromosomi sessuali XX e gli uomini uno X e uno Y: gli individui affetti dalla
sindrome di Klinefelter hanno almeno due cromosomi X e almeno un cromosoma Y. Perciò gli
individui con tale cariotipo sono solitamente indicati come "maschi XXY" o "47,XXY". È
comunque presente un corpo di Barr, altrimenti assente nei maschi. Questa condizione si verifica in
circa 1-2 maschi su 1000 nati vivi. Molte persone affette dalla sindrome di Klinefelter non
presentano alcun segno fino alla pubertà, quando le caratteristiche fisiche della condizione
diventano più evidenti; in alcuni casi non si verifica una sintomatologia conclamata, con l'eccezione
della sterilità o comunque di una forte riduzione della fertilità, e la diagnosi è conseguentemente
formulata una volta che è stata raggiunta la maturità sessuale. Nella popolazione umana, la
condizione 47, XXY è la più comune aneuploidia dei cromosomi sessuali nei maschi. Anche in altri
mammiferi, come ad esempio i topi, possono verificarsi casi di sindrome XXY. Circa l'80% dei
soggetti con Klinefelter possiede un cariotipo 47, XXY, mentre nel rimanente 20% dei casi si
includono aneuploidie maggiori, mosaici 47, XXY/46, XY e anomalie strutturali del cromosoma X.
Le manifestazioni principali comprendono l'ipogonadismo e la riduzione della fertilità. Sono
comuni, inoltre, altre differenze fisiche e comportamentali, anche se la loro gravità varia da
individuo a individuo. In genere gli individui affetti da sindrome di Klinefelter tendono all'obesità.
XXYY
La sindrome 48,XXYY è un'aneuploidia cromosomica rara, caratterizzata dalla presenza di un
cromosoma X e Y in sovrannumero in soggetti fenotipicamente maschi. L'incidenza annuale è di
1/18.000 e 1/50.000 nati maschi. La sindrome 48,XXYY può essere considerata una variante della
sindrome di Klinefelter (si veda questo termine), dato che condividono lo stesso fenotipo clinico
(statura alta, sterilità, microorchidismo, ipogonadismo ipergonadotropo), anche se la prima è
caratterizzata da disturbi comportamentali (ansia, aggressività, difficoltà di comunicazione),
psichiatrici (iperattività, depressione, ecc.) e da lievi disturbi del linguaggio e dell'apprendimento
(difficoltà nella lettura, dislessia). A volte è presente anche un lieve deficit cognitivo (QI medio di
77). È stato osservato spesso un ritardo dello sviluppo, associato ad ipotonia. La sindrome di
Klinefelter mostra sovente dismorfismi facciali non specifici e molto lievi (ipertelorismo, epicanto,
asimmetria facciale, occipite piatto) e altri segni (clinodattilia, piedi piatti, deformità del gomito con
cubito varo, ecc.). Sono state anche descritte cardiopatie e anomalie scheletriche (sinostosi
radioulnare). Durante l'infanzia sono frequenti i disturbi neurologici (epilessia), le anomalie dei
denti (assottigliamento dello smalto, eruzione dei denti, taurodontismo), oftalmologiche (strabismo)
e digestive (reflusso gastroesofageo). Successivamente possono insorgere altri sintomi, come il
tremore, la scoliosi, l'obesità, il diabete tipo 2 e/o i disturbi respiratori (asma, infezioni respiratorie).
L'eziologia più probabile è la non-disgiunzione dei cromosomi omologhi (durante la prima
divisione meiotica) o dei cromatidi fratelli (durante la seconda divisione meiotica) nella
spermatogenesi. Non è noto alcun fattore causativo o predisponente. La diagnosi clinica è
confermata dal cariotipo sulle metafasi. Le diagnosi differenziali si pongono con le altre
aneuploidie, come la sindrome di Klinefelter (47,XXY), la sindrome 48,XXXY e la sindrome
49,XXXXY (si vedano questi termini). È possibile la diagnosi prenatale mediante amniocentesi. Il
rischio di ricorrenza è molto basso, dato che i casi 48,XXYY sono sporadici.
Le delezioni e duplicazioni sono dovute ad errori nel processo della ricombinazione omologa, detta
anche crossing-over, che si verifica nella meiosi. A causa della presenza di geni che hanno un alto
grado di omologia, di pseudogeni o di sequenze ripetute si possono verificare errori
nell'appaiamento dei cromosomi, tali che i frammenti di DNA scambiati tra i due cromosomi non
sono eguali, per cui si verifica una delezione su uno e una duplicazione sull'altro. Può capitare che
durante una ricombinazione non-omologa dovuta ad un riarrangiamento non corretto alcuni geni
all'interno di blocchi di DNA siano collocati presso un'area a forte presenza eterocromatica. In
questo caso è possibile che questi geni vengano inattivati mediante il fenomeno dell'effetto di
posizione. Disturbi associati a questa anomalia sono la sindrome di Wolf-Hirschhorn, che è causata
dalla perdita di parte del braccio corto del cromosoma 4, e la sindrome di Jacobsen, originata dalla
delezione della parte terminale del cromosoma 11. Alcuni disturbi conosciuti dovuti a duplicazione
sono la sindrome di Bloom e la sindrome di Rett.
La traslocazione avviene quando una regione di un cromosoma viene trasferita in un'altra
posizione dello stesso cromosoma o di un altro; ci sono due tipi principali di traslocazioni: la
traslocazione reciproca e la traslocazione robertsoniana.
L'inversione è una mutazione dovuta all'inversione dell'orientamento di una regione di un
cromosoma che causa un'inversione dell'ordine dei geni. Sono dovute alla forte presenza di
sequenze duplicate o invertite presso il gene interessato. L'omologia delle due sequenze determina il
ripiegamento del DNA e il loro appaiamento. La cellula interviene effettuando una ricombinazione
non omologa che determina l'inversione della regione compresa tra le due ripetizioni.
La conversione genica è una mutazione in cui si hanno trasferimenti non reciproci di sequenze di
DNA tra geni o alleli, nel primo caso la conversione è interallelica nel secondo caso si dice che è
interlocus. Delle due sequenze, quella che rimane invariata è detta donatore, quella che viene
modificata è detta accettore.
La trasposizione si verifica quando un elemento trasponibile come LINE o SINE si integra nel
genoma dopo essere stata retrotrascritta. Tale mutazione può non avere nessun effetto fenotipico se
interessa regioni ripetute, ma può dare origine a patologie quando la trasposizione avviene
all'interno di un gene attivamente trascritto.
L'anello si verifica quando le due estremità di un cromosoma si appaiano tra loro, formando un
anello. Quest'anomalia può comportare, o meno, perdita di materiale genetico.
L'isocromosoma è il risultato di un'aberrazione cromosomica strutturale intracromosomica causata
da un errore di divisione durante l'anafase. Il cromosoma si rompe trasversalmente al livello del
centromero e braccio lungo e braccio corto si separano. Il braccio che porta con sé il centromero,
solitamente il lungo, può replicarsi, mentre l'altro viene generalmente perduto. Il nuovo cromosoma
sarà quindi formato dall'esatta duplicazione di uno dei due bracci.
Le leggi di Mendel
Al termine degli esperimenti, Mendel arrivò alle seguenti conclusioni (che gli permisero di
enunciare le tre leggi di Mendel che sono alla base della genetica):
1. i caratteri non si mescolano negli ibridi ma mantengono la propria identità;
2. ogni carattere è controllato da una coppia di "fattori" ereditari, che vengono trasmessi, uno da
ciascun genitore, ai figli attraverso i gameti. Oggi si sa che questi fattori sono i geni, che sono
presenti sul cromosoma in una delle due forme alternative, dette alleli, delle quali una (allele
dominante) prevale sull'altra (allele recessivo), mascherandone la presenza nella F1;
3. al momento della meiosi, ciascuna coppia di cromosomi (uno di origine materna e uno paterno) si
separa in modo che in un gamete vada solo un cromosoma; ogni spermatozoo e ogni cellula uovo
possiede quindi un solo allele per ogni carattere;
4. con la fecondazione i gameti si combinano a caso e si riformano le coppie di cromosomi (e
quindi di alleli);
5. si definiscono omozigoti gli individui che hanno i due alleli di un carattere uguali (dominanti o
recessivi), eterozigoti gli individui che hanno i due alleli diversi (uno dominante e uno recessivo):
gli omozigoti possono produrre un solo tipo di gamete, gli eterozigoti due;
Le leggi di Mendel valgono sia per le piante sia per gli animali: anche nell'uomo molti caratteri
sono trasmessi secondo queste leggi. Il bruno dei capelli è dominante sul rosso; i capelli crespi
dominano su quelli lisci; gli occhi scuri su quelli azzurri; il naso aquilino su ogni altro tipo di naso.

Legge della dominanza dei caratteri o della uniformità degli ibridi


Incrociando tra loro individui che differiscono per un solo carattere, si ottengono alla prima
generazione ibridi tutti uguali. Indicando gli alleli con le lettere dell'alfabeto e precisamente con A
il carattere dominante e con a il carattere recessivo, nell'incrocio di due linee pure si avrà:
generazione parentale P
AA x aa
gameti di P
AAaa
prima generazione finale F1
tutti Aa

Legge della segregazione


Alla seconda generazione, ottenuta incrociando tra loro gli ibridi della prima, gli alleli che
controllano un determinato carattere si separano (segregano) e vengono trasmessi a gameti diversi.
Si ottengono 1/4 degli individui con il carattere recessivo e 3/4 con il carattere dominante. Di questi
ultimi 2/3 sono eterozigoti, 1/3 è omozigote.
prima generazione finale F1
Aa x Aa
gameti di F1
AaAa
seconda generazione finale F2
AA Aa aA aa
Si definisce fenotipo il complesso dei caratteri visibili di un individuo; genotipo la combinazione di
alleli posseduta da un individuo. Da questi incroci si osserva che il fenotipo dominante è espresso
sia dagli omozigoti dominanti sia dagli eterozigoti. Per determinare il genotipo dell'individuo con
fenotipo dominante si ricorre al test-cross (o incrocio di controllo) che utilizza l'omozigote
recessivo. Se il genitore con fenotipo dominante è eterozigote, i discendenti avranno per metà il
fenotipo dominante e per metà quello recessivo . Se invece il genitore con fenotipo dominante è
omozigote, i discendenti avranno tutti il fenotipo dominante

Legge dell'assortimento indipendente


Incrociando individui che differiscono tra loro per due o più caratteri, ogni coppia di alleli per
ciascun carattere viene ereditata in maniera del tutto indipendente dall'altra. Si hanno così tutte le
possibili combinazioni degli alleli di ciascuna coppia e la comparsa di individui con caratteri nuovi.
Incrociando tra loro 2 diibridi RrGg, ogni individuo dà origine a 4 tipi di gameti (RG, Rg, rG e rg)
che possono combinarsi in 16 modi diversi
OLTRE LA LEGGI DI MENDEL
Penetranza
In genetica, capacità di un carattere di manifestarsi nella popolazione in cui il genotipo che lo
produce è presente. Il termine esprime la frequenza (in percentuale) con cui un gene o una
combinazione di geni si manifesta nel fenotipo dei portatori. Se può risultare ovvio che un gene
manifesti la propria azione, va tenuto presente che in realtà non sempre i geni hanno la capacità di
esprimersi a livello fenotipico. Si definisce infatti non-penetranza l'incapacità di un carattere
genetico di rendersi manifesto nel fenotipo nonostante la presenza del genotipo che normalmente
produce quel carattere. In pratica se meno del 100% dei portatori di un certo genotipo manifesta il
fenotipo tipico per quella classe (di genotipo), la penetranza del carattere si dice ridotta o
incompleta. Svariati sono i motivi per cui i geni possono essere scarsamente penetranti:
dall'influenza delle condizioni ambientali sull'azione del gene alla modificazione che un gene può
apportare ai caratteri genetici determinati da altri geni (interazione intergenetica). In realtà la
penetranza, come l'espressività, dipende sia dal genotipo sia dall'ambiente in cui il genotipo deve
esplicarsi.

Espressività
L'espressività variabile è il grado con cui un determinato genotipo si manifesta a livello fenotipico;
è uno dei tanti fenomeni genetici che si discostano dalla classica analisi mendeliana sull'ereditarietà.
Da due genitori l'uno omozigote dominante e l'altro omozigote recessivo per quanto riguarda certo
carattere, dovrebbero nascere essenzialmente figli eterozigoti, comunque manifestanti solo il
fenotipo dominante. Con l'espressività variabile, in parte della generazione si riscontrano anche
individui con parte del fenotipo recessivo (in quantità variabile), poiché l'allele dominante non è
abbastanza "forte" da mascherare l'omologo.
Un esempio è la displasia dell'anca. Da due genitori, l'uno sano (omozigote dominante) e l'altro
malato (omozigote recessivo), dovrebbero nascere solo figli sani (eterozigoti), tuttavia la penetranza
incompleta fa sì che l'allele recessivo riesca in parte a manifestarsi, portandoli a soffrire di parte dei
sintomi.
L'espressività variabile è spesso favorita da fenomeni esterni, quali l'ambiente e l'età dell'individuo.
Suo caso limite è la penetranza incompleta.
Dominanza incompleta e codominanza
In genetica, si parla di dominanza incompleta quando nessuno dei due alleli per un carattere è
dominante sull'altro. Il fenotipo manifestato dall'eterozigote è un fenotipo intermedio tra quelli dei
due omozigoti. Per esempio poniamo di essere di fronte a una popolazione di piccoli mammiferi la
cui sopravvivenza sia dovuta in gran parte alla capacità dell'individuo di mimetizzarsi. Poniamo di
trovare al locus del mimetismo due alleli, denominati A e a. Sappiamo che l'allele A (l'allele
favorevole al mimetismo) è dominante su a, ma non completamente. Poiché il genotipo dell'animale
è dovuto alla combinazione di 2 alleli, gli individui della popolazione possono avere al massimo
variazioni di genotipo:
Genotipo AA: omozigote in cui compare solo la caratteristica dell'allele favorevole al mimetismo.
L'animale è in grado di mimetizzarsi perfettamente grazie al colore del suo mantello. Ha probabilità
di sopravvivenza massima.
Genotipo Aa: eterozigote che presenta caratteri intermedi. In sopravvivenza sarà avvantaggiato
rispetto a aa, ma svantaggiato rispetto a AA. Il colore del mantello farà mimetizzare l'individuo, ma
non bene come l'omozigote favorevole. La sopravvivenza sarà inferiore di una qualche proporzione.
Genotipo aa: omozigote in cui compare solo la caratteristica sfavorevole. Il mantello non sarà
mimetico e le possibilità di sopravvivenza dell'individuo saranno minime.
Nella codominanza gli alleli di un medesimo gene sono espressi con piena funzionalità
contemporaneamente, come accade nel gruppo sanguigno AB, in cui sono espressi efficacemente
entrambi i geni per gli antigeni A e B. Nella dominanza incompleta, invece, accade non solo che
nell'eterozigote, come avviene anche nella dominanza completa, l'allele mutato è o amorfo, cioè
inattivo, o ipomorfo, cioè con attività qualitativamente normale ma quantitativamente ridotta, ma
contemporaneamente si osserva anche e soprattutto un'aploinsufficienza della copia selvatica del
gene, cioè l'incapacità di una sola copia selvatica del gene per cellula di garantirne una funzione
normale, perché per un fenotipo penetrante è richiesto un dosaggio molecolare del prodotto genico
più elevato che negli eterozigosi.

Allelia Multipla o Genotipi letali


Si parla di allelia multipla quando a un solo carattere fenotipico corrispondono più di due alleli
dello stesso gene. In quanto gli alleli del medesimo gene occupano sempre loci uguali di cromosomi
omologhi, che si trovano solo negli organismi diploidi e sempre in numero di due, non dovrebbe
esistere più di una coppia di alleli per ogni gene; in realtà ciò è possibile grazie alle mutazioni
genetiche, che intervengono a modificare le caratteristiche di un allele già esistente tramutandolo in
una nuova versione, di poco differente dalla prima, dello stesso gene. Il contrario dell'allelia
multipla è la pleiotropia, definita come la capacità di un singolo gene di influenzare più caratteri
diversi; simile all'allelia multipla è invece l'eredità poligenica, per la quale uno stesso carattere è
influenzato da più alleli appartenenti però anche a geni diversi e non necessariamente allo stesso.
Gli alleli letali dominanti sono solitamente un caso di allelia multipla: se l'unico altro allele esistente
in natura fosse infatti recessivo rispetto a quello letale, non sopravviverebbe nessun essere vivente
in grado di trasmettere alla prole il corredo genetico mortale. Esistono anche gli alleli letali
recessivi, che si possono facilmente trasmettere alla progenie perché non si manifestano se non
negli omozigoti; in questo caso l'allele mutante non deve necessariamente appartenere ad una serie
multipla di alleli.
Epistasi
L'epistasi è una forma di interazione fra geni. Il fenomeno si verifica quando una coppia di alleli
copre l'espressione fenotipica di un'altra coppia di alleli. Le caratteristiche fenotipiche dell'individuo
saranno pertanto date dalla risultante di questa interazione; il gene che maschera l'espressione di un
altro gene viene definito epistatico, il gene la cui espressione viene mascherata viene definito
ipostatico. Ad esempio se il gene Y è epistatico sul gene X; il gene X è detto ipostatico rispetto al
gene Y.
Più precisamente, nell'epistasi dominante, la presenza di un singolo allele epistatico A ha l'effetto di
impedire il passaggio dal fenotipo 1 al fenotipo 2, passaggio che però è controllato anche da un'altra
coppia allelica, i cui alleli possono essere B o b; si dice allora che A è epistatico su B e b perché, per
la presenza di una copia di A, dal fenotipo 1 non si capisce se il secondo gene ha almeno un allele
dominante o entrambi gli alleli recessivi.
Nell'epistasi recessiva, l'assenza di un allele A, ossia la presenza di una coppia allelica epistatica
a/a, ha l'effetto di impedire (quindi l'allele A lo coadiuverebbe) il passaggio dal fenotipo 1 al
fenotipo 2, passaggio che però controllato anche da un'altra coppia allelica, i cui alleli possono
essere B o b; si dice allora che a/a è epistatico su B e b perché, a causa della presenza di una coppia
allelica a/a, non si può ricavare dal fenotipo 1 se il secondo gene ha almeno un allele dominante o
entrambi gli alleli recessivi. Questi due tipi di epistasi, naturalmente, possono essere combinati fra
loro in modo più o meno complesso, dando luogo a rapporti fenotipici della progenie di un incrocio
diversi a seconda del numero dei geni in rapporto epi-/ipo-statico considerati e a seconda delle
relazioni di epistasi intercorrenti fra ciascuna di due coppie alleliche.

Pleiotropia
La pleiotropia (dal greco pleion πλείων - "molteplice", e tropein, τροπή - "cambiamento") è un
fenomeno genetico per il quale un unico gene è in grado di influenzare aspetti multipli e almeno a
prima vista non correlati tra loro[1] del fenotipo di un essere vivente. Tale capacità, in realtà, è
soltanto apparente perché l'effetto primario del gene rimane unico, ma determina una serie di
conseguenze.
Fenocopia
In biologia, e in particolare in genetica, una fenocopia è un individuo il cui fenotipo (inteso con
riferimento a un singolo carattere), per via delle peculiari condizioni ambientali, è identico al
fenotipo di un altro individuo che porta lo stesso carattere determinato però da un altro genotipo. La
fenocopia è quindi una modificazione della manifestazione del carattere non ereditabile,
determinata non da mutazioni del materiale genetico ma da fattori ambientali. Se consideriamo per
esempio il carattere "colore dei capelli", una persona potrebbe avere i capelli biondi naturali (quindi
determinati geneticamente) e una sua fenocopia i capelli biondi tinti (mentre i suoi geni indicano
che dovrebbe avere i capelli castani). Il loro fenotipo (capelli biondi) è identico, mentre il genotipo
è differente (capelli biondi per la prima persona; capelli castani per la sua fenocopia). Nel caso
ideale la fenocopia è indistinguibile a livello macroscopico dall'originale, mentre a livello
molecolare (sequenza del DNA) è possibile distinguere i due individui. La più importante differenza
tra i due individui dal punto di vista genetico è che il carattere non è ereditabile dalla progenie della
fenocopia. Altri esempi nell'uomo sono la cataratta, la sordità e i difetti cardiaci che possono avere
un'origine genetica ma in alcuni individui si manifestano anche in assenza del genotipo malato
(spesso causati dal virus della rosolia durante la gravidanza). Un altro esempio di fenocopie si ha
negli anni sessanta in Germania dove molte donne gravide che assunsero il farmaco Talidomide
(poi rivelatosi teratogeno) mostrarono figli affetti da focomelia, nei quali però il raro allele della
malattia non era presente nel genoma.
Eterogenità genetica
L'eterogeneità genetica è il fenomeno per cui mutazioni in loci genetici diversi possono avere lo
stesso effetto fenotipico. Per questo fenomeno una stessa patologia genetica può avere origine da
anomalie multiple e diverse del DNA.
Malattie mitocondriali
Trasmissione: Solo una piccola parte delle malattie mitocondriali segue le regole dell’ eredita’
mendeliana Per le altre si parla di eredità mitocondriale, significa che possono essere trasmesse ai
figli solo dalla madre. Per spiegare questa particolarità è necessario sapere che, gli spermatozoi non
forniscono alcun mitocondrio all’atto della fecondazione; i mitocondri che ciascuno di noi possiede
provengono esclusivamente dalla cellula uovo, sono quindi di origine materna. I mitocondri
contengono al loro interno del DNA che serve alla fabbricazione di molti dei loro componenti, è
definito DNA mitocondriale e presenta qualche differenza rispetto al DNA nucleare, ad esempio è
più sensibile alle mutazioni perchè non possiede efficienti sistemi di riparo, soprattutto contro i
danni causati dai radicali liberi. Ogni eventuale mutazione presente sul DNA mitocondriale sarà a
sua volta trasmessa esclusivamente per via materna. In condizioni normali tutto il DNA
mitocondriale di un individuo è omogeneo, l’insorgenza di una mutazione puo’ portare alla
presenza contemporanea di due DNA mitocondriali diversi. Quando il genotipo mutato prende il
sopravvento su quello “selvatico” si può avere la comparsa della malattia, per questo la maggior
parte delle malattie mitocondriali si manifestano in età adulta e presentano un’ampia variabilità
clinica anche all’interno di una stessa famiglia.
Manifestazione: Le malattie mitocondriali sono un gruppo di disturbi dovuti a disfunzione della
catena respiratoria. Gli effetti delle mutazioni che colpiscono i complessi della catena tendono ad
essere multisistemici, cioè ad interessare diversi organi e tessuti dell’organismo, in maniera non
sempre prevedibile e quantificabile. Una peculiarità di questo gruppo di malattie, che ne ha reso
difficoltoso lo studio nel corso degli anni, è la variabilità delle manifestazioni cliniche; nonostante
queste dipendano da un’inadeguata produzione di energia cellulare, la ripercussione a carico degli
organi, la velocità di progressione e l’età di insorgenza della malattia variano notevolmente sia da
malattia a malattia che da paziente a paziente, anche all’interno di una stessa famiglia. I sistemi più
frequentemente interessati sono l’apparato muscolare ed il sistema nervoso centrale e periferico, ma
possono essere coinvolti, con variabile gravità di interessamento ed in diverse combinazioni, anche
le vie visive ed uditive, il cuore, le ghiandole endocrine
Malattie autosomiche recessive e dominanti
Le malattie autosomiche si trasmettono dai genitori ai figli come previsto dalle leggi di Mendel e
sono dovute a mutazioni presenti sui cromosomi autosomi, ovvero i cromosomi non legati al sesso.
Le patologie con questo tipo di ereditarietà vengono suddivise in due categorie in base al
meccanismo di trasmissione che le caratterizza. Distinguiamo, infatti, le malattie autosomiche
recessive e le malattie autosomiche dominanti. Le malattie autosomiche recessive sono causate
dalla mutazione di un singolo gene, costituito da due alleli: un allele lo ereditiamo dalla madre,
l'altro dal padre. Affinché la malattia si manifesti, è necessario che il figlio erediti l'allele recessivo
mutato da entrambi i genitori; se, invece, eredita un allele mutato ed uno normale, si dice che è
portatore sano della malattia. Essere portatore sano vuol dire non avere la patologia ma avere nel
proprio DNA un allele mutato, che può essere trasmesso alle generazioni successive. Normalmente
i genitori di un bambino malato non manifestano la malattia in quanto sono portatori sani: entrambi
i genitori presentato sia l'allele dominante sano sia l'allele recessivo mutato ma entrambi
trasmettono al figlio allele mutato, distintivo della patologia. Esempi di malattie autosomiche
recessive sono: la fibrosi cistica, la fenilchetonuria, l'anemia mediterranea (o talassemia) o
l'albinismo. Il figlio di due portatori sani ha una probabilità su quattro (ovvero il 25%) di ereditare
l'allele mutato da entrambi i genitori e, quindi, di essere affetto dalla patologia. Ci sono due
possibilità su quattro (ovvero il 50%) che il bimbo erediti un allele mutato da un genitore ed un
allele sano dall'altro: in questo caso il nuovo nato sarà anch'esso portatore sano della malattia.
Infine, c'è una probabilità su quattro (ovvero il 25%) che il bambino erediti entrambi gli alleli
normali: in questo caso, non avrà la malattia e non sarà neppure portatore sano. Questi eventi sono
del tutto casuali e le percentuali rimangono le medesime per ogni gravidanza; il sesso del nuovo
nato è ininfluente sulla trasmissione della patologia ereditaria, proprio perché il gene è localizzato
sui cromosomi autosomi, non legati al sesso. Se i membri di una famiglia sono portatori sani di una
patologia senza saperlo, il bambino può essere il primo a manifestare la malattia.
Le malattie autosomiche dominanti, così come le malattie autosomiche recessive che abbiamo visto
nel post precedente, sono causate dalla mutazione di un singolo gene, ma il loro meccanismo di
trasmissione è abbastanza diverso. Solitamente, in questo caso, il bambino eredita un allele normale
da un genitore ed uno mutato dall’altro: quello mutato domina ed il bimbo è affetto da una malattia
genetica autosomica dominante. Il problema è che molte di queste malattie si palesano solo in età
adulta, come la malattia del rene policistico dell’adulto, il cancro ereditario alla mammella o la
Corea di Huntington. Proprio perché la patologia manifesta i suoi sintomi in età adulta, spesso il
genitore non sa di avere una malattia genetica e di avere una probabilità del 50% di trasmetterla ai
suoi figli. Inoltre, il livello di gravità con cui si manifesta la malattia può essere variabile, anche
all'interno della stessa famiglia. Quando un genitore ha nel proprio DNA sia una copia sana sia una
copia mutata del gene, può passare al figlio o l'allele normale o quello mutato; ogni nuovo nato,
quindi, ha due probabilità su quattro (ovvero il 50%) di ereditare l'allele dominante mutato dal
genitore e, quindi, di essere affetto dalla patologia. Naturalmente ci sono due possibilità su quattro
(ovvero il 50%) che il bimbo erediti l'allele sano e non manifesti alcuna patologia.

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