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semantica o modo
verbale? La canzone
d’autore come
strumento d’analisi
Angelo Labellarte
Il congiuntivo: modalità semantica o modo verbale?
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Si sentiva lusingata dal fatto che entrambi ci chiamassero tutti per nome.
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Venga pure!
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Il congiuntivo: modalità semantica o modo verbale?
Sembra sempre più diffusa l’idea che il congiuntivo stia vivendo una
fase di decadenza, scatenando diversi approcci e strategie di difesa o
rassegnazione. In tanti ritengono il congiuntivo in pericolo,
associando a tale ipotesi delle motivazioni di vario genere, che
spesso appaiono troppo semplicistiche provocando un
allarmismo in parte ingiustificato.
Lo stesso Serianni afferma di ritenere il congiuntivo ben saldo
nell’italiano scritto rispetto a quanti parlano di una presunta “morte
del congiuntivo” in determinati domini. In una sezione della sua
grammatica l’autore prospetta sinteticamente un quadro della
situazione attuale del congiuntivo, considerando soltanto la seconda
persona singolare del congiuntivo presente in regresso in favore
dell’indicativo. Le ragioni vanno ricercate nella forme identiche delle
prime tre persone e un abbia senza soggetto è associato
automaticamente alla terza persona singolare. A ciò si aggiunga
l’omissione frequente del pronome personale in italiano e sono
evidenti secondo Serianni le ragioni per cui hai sostituisca sempre più
frequentemente abbia. Afferma inoltre che nella lingua letteraria e nel
parlato non troppo informale, il modo dell’oggettiva è condizionato
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espressioni negative del tipo non dico, non voglio dire, non intendo
dire:
Dico che tu hai ragione.
Il caso del verbo decidere lascia ancora una volta trasparire qualche
incertezza. Se decidere non significa «prendere una decisione» ma
«arrivare a una conclusione», ha l’indicativo dopo di sé. Si noti la
differenza (ivi, p. 97):
Ho deciso che sia Marco a partire. Ho deciso [= concluso] che è meglio non
partire.
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Mettiamo che questa frase sia stata pronunciata da un anziano che non
ha portato a termine il proprio ciclo di studi. In termini diastratici è
evidente che l’utilizzo dell’indicativo pro congiuntivo è dovuta ad una
scarsa conoscenza della grammatica da parte di chi parla. L’indicativo
non segnala una presunta convinzione in luogo di un congiuntivo
sinonimo di dubbio o soggettività. E’ chiara l’assenza totale di
qualsiasi valore semantico da attribuire a tale scelta. L’indicativo
prevale semplicemente perché chi pronuncia tale frase non possiede
sufficienti mezzi culturali per poter utilizzare il congiuntivo.
Le variazioni insomma rendono ancora più evidente la totale assenza
di significato nel congiuntivo. Con ciò non si intende affermare che
l’italiano possa o debba a fare a meno di tale modo verbale. Il termine
congiuntivo deriva dal latino coniunctivus ovvero congiungere.
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del 15%. Dati ben al di sopra della media, le cui ragioni vanno ricercate
nel significato e quindi nella struttura sintattica della canzone. Guccini
è stato definito più volte cantore del dubbio, dell’incertezza. La frase
ipotetica esprime una condizione (più o meno ipotetica) e ne indica la
conseguenza che deriva o deriverebbe dal realizzarsi della condizione
espressa. Ecco alcuni dei congiuntivi di Via Paolo Fabbri 43:
Se fossi più gatto, se fossi un po' più vagabondo.
mentre io oh ye aspettavo te
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di tale modo verbale nei testi delle canzoni d’autore. Il lento declino
del congiuntivo sembra non toccare affatto il cantautorato italiano.
Anche in questi testi vi è una quasi totale assenza di casi di indicativo
pro congiuntivo.
L’artista che ne fa più uso è Vinicio Capossela, con una frequenza
del 4,21%. L’elemento interessante che emerge dallo studio dei testi
del cantautore irpino, riguarda i casi in cui viene impiegato il
congiuntivo; molto spesso Capossela utilizza tale modo verbale nelle
frasi principali, perlopiù volitive ed ottative. Ecco qualche esempio:
Che venga da fuori che faccia mal odore
Non ti preoccupare
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Bibliografia
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