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TLaria TUFANO. LA PESTE DEL 1348 NELLE CRONACHE ITALIANE Concordi tutte le testimonianze, furono poche galee genovesi a portare I’e- pidemia di peste dall’Oriente alla Sicilia nel 1347: I’anno seguente l’intera pe- nisola italiana fu colpita. Da qui il contagio raggiunse la Francia, dal sud al nord passando attraverso Marsiglia e Avignone, ¢ imperversando a Parigi, fino alle Fiandre, Nel 1349 fu in Belgio e in Olanda, nel frattempo contami- no la Svizzera !'Austria I'Ungheria e la Polonia. Neppure la Spagna fu rispar- miata, soprattutto nella costa mediterranea, tanto che Alfonso x1 fu unico tra i monarchi europei a morire di peste. L’epidemia entrd in Scandinavia probabilmente attraverso lInghilterra, dove infurid durante Pestate ¢ Pau- tunno del 1349, raggiungendo anche Scozia e Irlanda.! Alla fine del 1350 tut- ta I’Europa era stata colpita, i morti furono pit di un quarto della popolazio- ne allora vivente: la peste acquisiva le caratteristiche di evento inarrestabile, resistente a tutti i rimedi, e veniva investendo a poco a poco tutto lorbe, ' Traggo queste notizie da *Morire di peste: tetimonianze antiche e interpretaziont moderne, a di O. Capitani, Bologna, Patron, 1995; ma vedi anche E, Canvenmien, Autour de la peste not re: famines et épidemies dans Ubistoire du XIV® sitele, in «Annales», 17 (1962), pp. 1062-92; P. ZrecLeR, The Black Death, London, Collins, 1969; G. Deaux, The Black Death: 1347, London, Hamish Hamilton, 1969; ].N. Baten, Les hommes et la peste en France et dans le pays méditer- ranéens, Paris-La Haye, Mouton, 2 voll., 1975-76; *The Black Death: A Turning Point in Histo- 'n?, ed. W.M, Bowsky, New York, Holt-Rinehart and Winston, 1971. Importante anche pet la ricchezea della bibliografia, RS. GortraitD, The Black Death. Natural and Human Disaster in ‘Medieval Europe, London, Hale, 1983. Una rassegna bibliografica é anche in G, Cx=RuBIN!, La peste nera: accertamento storiografico, in "La peste nera: dati di una realta ed elementi di interpre- tazione. Atti del XXX convegno storico internazionale (Todi 10-13 ottobre 1993), Spoleto, Cen- tro italiano di studi sull'skto medioevo, 1994, pp. 383-402, che tenta una valutszione degli studi ccompiuti: «en chiarti, per la peste del 1347-1350, appaiono anche il camimino percorso dalle- pidemia in Europa e la responsabilita di una flotta genovese proveniente dai focolaiinferti dei porti della Crimea nel trasferimento della peste verso occidente. Complessivamente ben studia- ti risultano sia la funzione dei porte delle strade come vettori dellepidemia verso l'interno, ed altrettanto 'andamento stagionale [..1. Da studiare un po’ meglio sarebbero almeno alcuni di ui casi di localitarisparmiate dal flagello [.}» (p. 398) RELI 24 (2004) 33 espandendosi di porto in porto, di citta in citta, lungo le vie marittime ¢ gli scali che ritmavano la propagazione dell’epidemia. E facile formulare lipote- si che una malattia tanto nefasta sia stata recepita dagli uomini dell'epoca come un flagellum Dei proiettato su uno scenario apocalitico: anno 1348 si rivela, dunque, per la Francia e per ITtalia, la data che segna una fine e un nuovo inizio, la data dopo la quale viene a concretizzarsi quella che con Te- enti potremo chiamare «la nuova religione della morte»? sia dal punto di vista storico-filosofico, sia dal punto di vista iconografico? Tin Italia sono soprattutto i cronistia lasciare vigorose attestazioni e docu- menti intorno alla pestilenza. Oltre, si capisce, alle celebri pagine che costi- tuiscono !’«orrido cominciamento» del Decameron, e ai cenni sparsi contenu- ti in tutta Popera di Petrarca. A iniziare dalle dolorose affermazioni. della 1 epistola delle Familiares che si ripercuotono nella 1 delle Seniles. L’evocazi ne della peste in quello che & un luogo rettoricamente fondamentale, lincipi si pone di per sé quale forte segnale della ricezione che di questo evento han- no avuto i due massimi scrittori del Trecento, che testimoniano entrambi la volonta di avviare una letteratura «dopo la peste».* Se nell’ Introduzione al Decameron Boccaccio sottolinea della peste la va- lenza di elemento “camevalizzante”, sovvertitore dal profondo delle regole sociali anche pia elementari e distruttore perfino dei vincoli primordisli,’ Pe- 2 A, Tenea, La vie ef la mort a travers Vart du XV° side, s.1, 1983, p.44. Ma vedi anche l'or- mai classico TENENTI, Ii senso della morte e l'amore della vita nel Rinascimento (Francia ¢ Italia), Torino, Einaudi, 1957, che delimita V'indagine cronologica proprio partendo dal 1348, + Fondamentale per l'iconografia lo studio di M. Mess, Pittura a Firenze e a Siena dopo la mor- te nera, Arte, religione e societa alla meta del Trecento, Torino, Einaudi, 1982. *" Si fa iferimento allo studio di K. FLASH, Poesia dopo la peste: saggio su Boccaccio, trad. it, Roma-Bari, Laterza, 1995, che si occupa del Decameron. > Il disfacimento dei legami familiari é, in realta, registrato ¢ enfatizzato da quasi tutti i cronisti; vedi ad es. AGNOLO Dt Tura, Cronaca Senese detta la Cronaca mageiore, in Cronache senesi, in Rerum Italicarum Scriptores (d’ora in poi R. 1. 5.), t. xv, parte vi, Bologna, Zanichelli, 1931-39: ‘«E] padre abbandonava el fgliuolo, la moglie el marito, uno fratello Valtro, e ognuno fugiva € ‘abbandonava I'uno..o» (p. 555); RANIERI SARDO, Cronacs di Psa, ac. di O. BAN, Roma, Istituto Storico peril Medio Evo, 1963: «e fue si grande paura che niuno volea vedere Puno Paltro, né lo padi filule, née fluo lo padre né uo fate alo, née oglie il marco, nei ‘marito la moglie et ongnie persona fuggle la morte» (p. 96); MARGHIONNE Di Coro Staxant BONAIUTI, Cronaca fiorenting, in R. I. S. t. 200, parte 1, Citta di Castello, Lapi, 1910: «Lo fr gluolo abbandonava il padre, lo marito ia moglie, uno fratello I'altro, Puna sicocchia Valtew (. 230); Istorte Pisolesi, in RI. .,t Xi, parte V, Citta di Castello, Lapi, 1907: clo padre abba cdonava li figliuoli ’figlivoli lo padre ela madre, e I'uno fratello Ialiro; e che non si trovava chi volesse servire nullo malato né portare morto a sepoltura...» (p. 524); Historiae Cortusiorums, in RLS. t. xi, Mediolani, Typographia Societatis Palatinae, 1827: «Uxor fugiebat amplexum cari viri, pater filii, frater fratris...» (p. 925); MARCO BATTAGLI Da RimiNt, Marcha, in RI. S.,t. XVI, parte 1m, Citta di Castello, Lapi, 1912: «pater postea infirmum filium evitabat, frater fra- tem, uxor virum, et sic de singulis sanis infirmos penitus evitabant» (p. 34); MATTEO VILLANI, Cronica, ac. di G. Porta, Parma, Guanda, 1995: «Tra'lli infedeli comincid questa innumanita crudele, chellle madri e' padri abandonavano i figlivoli,e i figliuol i padri elle madri, e I'uno fratello laltro e li altri congiunti, cosa crudele ¢ maravigliosa, ¢ mo|'o strana dalla umana natu- 34 trarca, invece, esprime la volonta di focalizzare soprattutto la dolorosa eco dell’azione devastatrice del morbo nella propria quotidianita. La peste é la malattia che, oltre a colpire Laura, ha spogliato e depauperato il microcosmo di sodali di cui il poeta aveva amato circondarsi. L'epidemia ha falcidiato Pintero mondo, ma é Pazione nella sua piccola, privatissima sfera, cid di cui egli pare maggiormente soffrire.* ‘Alla ricezione della peste quale catastrofe eminentemente sociale di Boc- caccio,’ ¢ quella emintemente privata di Petrarca, si contrappone la testimo- nianza delle cronache, le quali, pur nella loro variegata molteplicita, sone ab- bastanza concordi nella configurazione dell’epidemia come evento riguar- dante 'umanita intera e il mondo; annunciatore dell’apocalisse, 0 elemento partecipe di essa. La peste assume nella prosa di molti cronisti italiani una valenza metafisica, scandendo se stessa come tappa fondamentale nella storia della salvazione umana. Punizione divina, connessa in origine a spaventosi ¢ straordinari mirabilia, essa artiva dal lontano oriente verso l’occidente, a cau- sare la devastazione del mondo intero, segno concreto dell’ira del Signore sdegnato ancora una volta verso l’umanita peccatrice: immagine reale tangi- bile di quello strumento con cui nel libro di Giovanni i quattro cavalieri all’a- +, ditestata tra fedeli cristiani, ne’ quali seguendo le nazioni barbare, questa crudelt si trovd» Gp. 12); Grovannt Boccaccio, Decameron, a ¢. di V. BRAaNca, Milano, Mondadori, 1976: «L'un fratello altro abbandonava e il 2o il nepote ela sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito; ¢, che maggior cosa ¢ e quasi non credibile, i padi e le madri i fighnoli, quasi loro non fosser0, di visitare e di servire schifavano» (p. 14}; FRANCO SaochETT, I! Trecentono- telle, ac. di E. FACctot!, Torino, Einaudi, 1970: «{...] la mortalita i grande che la moglie non saccostava al marito, el figliuolo foggia dal padre, el fratello dal fratello [...» (p. 36). I dis- sxegarsi dei vincoli familiarinellimperversare della malattia era messo in luce gid da PAOLO DiACONO nella descrizione della peste che colpi I'Italia intorno al 565, Storta det Longobardi, a c.di L. CaPo, Roma, Fondazione Lorenzo Valla, 1993: «Fugiebant fil, cadavera insepulta pa- rentum relinquentes, parentes obliti pieatis viscera natos relinguebet aestuantes» (I, p. 80). © Significaivo al riguardo é il celebersimo incipit di Fann. .1, 1-2: «{..] Tempora, ut afunt, inter digitos effluxerunt; spes nostre veteres cum amicis sepulte sunt. Millesimus trecentesimus qua- dragesimus octavus annus est, quis nes solos et inopes fecit; neque enim ea nobis abstulit, que Indo aut Caspio Carpathio ve mari restaurari queant: irreparibiles sunt ultime iacture; et quod- cunque mors intuit, immedicabile vulnus est». Cito dalle Familiar, c. di U, Dorn, Roma, Ar- chivio Guido Izzi, 1991, p. 2 * Dec. 1 Intr, 2-50, Sulla rappresentazione della peste nel Decameron vedi almeno A, TENENT,, La rappresentazione della morte di massa nel Decameron, in *Tod ima Mittelater, a c. di A. Borst et al., Konstanz, Universtatsverlag, 1993, pp. 209-19; eil recente studio di T. Kincen, Amxiety and Freedom im Boccaccio's History of the Plague of 1348, in «Letteratura italiana antica», 1 (2002), pp. 319-57. Sulla peste nel suo valore di elemento della cornice novellistica vedi gli stu- di di M. P1CONE, Tre tipi di comice novellistia: modell orientali ¢ tradizione medievale, in aFi- lologia ¢ critica», xi (1988), pp. 3-26; ID., Prestoria della cornice del «Decamseron, in ‘Studi di italianistica. In onore di Giovanni Cecchetti, Ravenna, Longo, 1988, pp. 91-104; ID. L'inventio- ne della novella italiana, in “La novella ttaliana. Atti del convegno di Caprarola, Roma, Salerno Ed, 1989, pp. 119-54; Ib, I! «Decameron» come maacrotesto: it problema della cornice, in “ntro- duzione al «Decameron», 4 c. di M. Picone e M. Mesirca, Firenze, Cesati Ed., 2004, pp. 9.33. 35 pertura dei sigilli affermano il loro potere sterminatore sulla «quarta parte della terra». La memoria biblica invade cosi la prosa della cronache coeve 0 di poco posteriori; basti considerare i termini apocalittici con cui l'origine celeste del- la malattia viene descritta dagli storici bolognesi. Essi contaminano la visio di Giovanni con i racconti evangelici della crocifissione, insieme ai ricordi vete- rotestamentari delle profezie escatologiche di Ezechiele ¢ Isaia, nella convin- zione che la malattia sia stata preannunciata ovunque da terremoti, causata da un fuoco che scende dal ciclo, ¢ abbia avuto origine geografica nella Per- sia ¢ nel Catai, luoghi vicini al perduto Eden, ma ora, testimone Ezechicle, contigui a Gog e Magog, e con essi schierati alla fine dei tempi: «Fili homi- nis, pone faciem tuam contra Gog, terram Magog |...) Ecce ego ad te, Gog (oad et circumagam te, et ponam frenum in maxillis tui (...] Persae (..] cum eis L..J>8 Secondo la maggior parte delle cronache bolognesi, lorigine dell’epide- mia, preceduta da un terribile terremoto, & celeste: fuoco ¢ fumo sono gli ac- cidenti che contraddistinguono I’evento; il contagio ¢ immediato ¢ repentino, tutti coloro che hanno avuto la ventura di incontrare i galeotti genovesi, re- sponsabili dell'artivo della malattia in Occidente, cadranno ammalati diffon- dendo a loro volta la malattia, Vedremo come almeno uno di questi tre ele- menti (il contagio immediato, i terremoti, il fuoco) sara ricorrente nelle de- scrizioni di tutti i cronisti esaminati. Il diverso ordine, ¢ la diversa enfatizza- zione di uno o di pitt elementi possono rivelarsi segnali. significativi delle modalita di ricezione della “mortalita”: In Italia e per tuto el mondo circha Vora del vespero fuoron grandissimi tre- moti, adi xxv de zenaro, el qual tremoto fu sentito per tuto el mondo [...] Et fue contato e scripto [...] che nelle parti del Chatai e Persia, piovete fuogo da celo a modo da neve, el qual brusoe li monti ¢ lla terra e li uomini, el qual fuogo facea fumo tanto pestilenciale, che chi sentiva quello fumo, moriva, in- fra lo spacio di x hore; ancora chi guardava quelli ch’erano venenati. da quel- Jo fumo pestilenciale eciandio morivano. Et adivenne che due galee de’ Gie- novesi passando per la dicta contrada fuorno inficiati da quella pestilencia € comenciarono a morire, et pervenuti in Costantinopoli ¢ in Pera comenciano quelli galeotti a parlare con quelli di Costantinopoli e di Pera, Et incontenen- te comincié la mortalita in quelle citade [...].? La cronaca bolognese descrive dunque dapprima i terremoti, poi il fuoco dal elo e infine la velocita prodigiosa del contagio: se nelle terre in cui la peste si é generata é sufficiente solo la vista dei «venenati» dal fumo, in tutti gli al- * Bz 38,5. Vedi anche Gen. 10, 2.¢ Ap. 20, 8. ° Cronaca B, in Corpus chronicorum bononiensu, in RI S.,t.XVtt, parte 1, vol. 2, Bologna, Zanichell, 1958, p. 584. 36 tri luoghi la malattia si trasmette attraverso Yinterlocuzione con gli ammala- ti. Il seguito continua scandendo gli scali delle gale nelle varie cittaitalia- ne, ¢ la diffusione inesorabile della malattia, la comparsa dei bubboni lividi nei corpi ardenti di febbre ¢ la morte dopo poche ore. A differenza di altre cronache, quella pisana di Ranieri tramanda uno scat- no e quasi asettico racconto della pestilenza senza avventurarsi nella descri- zione di fenomeni che potrebbero ricondurre la malattia alla sua dimensione ultraterrena, né mette in luce la sua connotazione castigatrice nei confronti dell'umaniti, Mancano quindi del tutto accenni ai terremoti 0 al. fuoco preannunciatore. Ma é il carattere di inarrestabilita dovuta a un contagio ae- reo ¢ invisibile a suggerire implicitamente la possibilita di essere di fronte a un evento sovrannaturale e punitivo nei confronti del genere umano: secon- do 'opinione corrente ¢ diffusa il contagio avviene tramite il fiato; ai genove- si basté una semplice conversazione sulla piazza del pesce per introdutre la more in Pisa, dili a poco sconvolta dalla malattia. Ranieri sembra introdutre un'esplicazione razionalizzante della modalita del contagio: parlare con gli ammalati @ causa sicura di malattia, i morti, ovviamente impossibilitati allc- missione del fiato, contagiano invece con il contatto diretto: Negli anni 1348, allentrata di gennaio, venne a Pisa due ghalee di genovesi, le quali vennono di Romania et chome furono giunti alla piaza del pesce, qua- lunque persona favelld a quelli delle decte due galee di subito si era amalazo et morto et qualunque favellava a lo infermo o ttoccasse di quegli morti di subito amalava et moriva. Et cosi fu sparto lo grande furore per tucta la cict di Pisa, in tanto che ogni persona moria."! Al carattere di inesorabile inarrestabilita molt cronisti aggiungono la descri- zione di vari mirabilia a rinvigorire l'idea dell’origine ultraterrena che si ma- nifesta sotto forma di scosse telluriche e di fuoco celeste. Il carattere soprannaturale dei terremoti, che precedono o seguono la «pi- \ Tra le varie attestazioni prese in esame si € notato che, se la cronaca bolognese introduce il motivo dell differente modalta del contagio tra Oriente e Occidente (vista/fiato), & solamente Boccaccio a distinguere la diversita di sintomatologia della malattia nelle due aree geografiche; ft, Dec. | Intr. 10: «E non come in Oriente aveva fatto, dove a chiunque usciva sangue dal naso «era manifesto segno di inevitabile morte: ma nascevano nel cominciamento d'essa a’ maschi e alle femine parimente o nell anguinaia o sotto le ditellacerte enfiature [..] le quali i volgari no- minavan gavocciolin; discorde, ad es., GIOVANNI VILLANT, che unisce invece i due sintomi delle enfiature ¢ dell'emissione di sangue; cfr. Nuova Cromica, a c. di G. Porta, Parma, Guanda, 1991: «aparendo all'anguinaia o sotto le ditella certe enfiature chiamate gavoccili[...] e spu: tando sangue> (i, p. 486). "'RAMIER! SARDO, Cromaca di Pisa cit, p. 96. Vedi anche GiovaNnt SERCAMBI, Cromiche, a ¢. di S. Bonet, Lucca, Giusti, 1892, 1, pp. 95-96: «Ché essendo venute di Romania due galee di ge- |i homini che in su quelle galee erano, essendo corrotti da pestilenzia e giunti in ssa de’ Pesci, ructi coloro che con tali marinari favellonno, tutti subitamente funno ‘mort; etal venuta fu all'entrata di gennaio in NCoCxLvt 37 —__—_—_—— '™"_- ree stolenza» secondo gli storici, & bene documentato dalla Cronaca Senese di ‘Agnolo di Tura.” Egli fu testimone oculare ¢ miracolosamente scampé all’e- pidemia, in cui morirono invece cinque suoi figliuoli che dovette seppellire vom le sue mani, in mancanza di altsi officianti. E un momento in cut ogni tsanza civile viene abbandonata come cosa vana, inutile di fronte alla con- Vinzione condivisa di essere alle soglie della fine: «non era alcuno che pian- esse alcuno morto, imperoché ognuno aspettava la morte ...] ogntuno cre- Seva che fosse finemondo».” Agnolo racconta della rapidita del contagio Con la reticenza determinata dal recente dolore ¢ dalla paura che il morbo, Hevocato, possa ritornare. La cronaca é condotta in modo commosso ¢ mi- huziosor alla registrazione dei singoli fati di una tragedia sovraindividuale, si mmescoltno talvolta notazioni di carattere autobiografico. Tra la narrazione di tanti dati realistic, spicca la memoria dei «tremoti grandissimin, questa volta in seguito alla pestilenza, «tremotin che portarono alla «ruina» molt «difi- ti, € alla morte molte persone. La dimensione ultraterrena dei tanti terre- mod che corredano la peste & chiarita da Agnolo, senza ulteriori commenti, attraverso Tintroduzione nella cronaca del racconto di un giudice. I! quale, mitacolosamente salvo, testimonia di avere visto nel buio alcuni armati a ca- allo mentte si era levato per la recita del mattutino. Uno degli armati aveva Voluto dilazionare alla fine delle preghicre in onore di «Santo Austino» il ter- Femoto che avrebbe dovuto provocate immediatamente. Dopodiché, invitato dai compagni a «percuotere», aveva causato la devastazione della cit, la- Sciando intatta solo l'aerea camera del giudice. La visione si struttura secon- do il procedimento iterativo tipico dei racconti favolistii, scandito dal reite- rato invito degli armati al compagno o del compagno agli armati: «percuo- tity, e finisce con la punizione esemplare dell'incredulo podesta, scettico di fronte agi avvertimenti del giudice. Infine la diegesi si anima del!"immagins- 12 Ma oltre alla cronaca senese di Agnolo vedi ad es.,allintemno del Corpus chronicorume bono- hriensuon eit, la Cronaca B: «ln Ttalia€ per tuto el mondo circha Vora del vespero fuoron gran- ‘Techn! remot, adi xv de zenaro, el qual temoto fu sentito per tuto el mondo e maximamente in le parte de la Charentana dove é una cttade di nome Villach, la quale uta somerse per lo cto remoto» (p. 584); Historige Cortusiorum cit: «Januari hora oat fuit maximus terraemo- tus per horam mediam ad terrorem Christianorum, Post quem pestis inaudita transivit mare, Saliver in partes Venetiarum, Lombardiae, Marchine, Tusciae, Alemania, Franciae & fere per Musdum eniversum (p. 925); Annales Veteres Mutiniensivo, ia R. I. S. t. Xl, Mediolaniy Ty- pographia Socictatis Palatinae, 1827: «De anno McocxLvu die 227 Janaucii die Jovis fuit ma: pus generals terraemotus, Et fuit morbus, quem inguinariam dixerunt, tam magnus (.)» (p.82). +P ctazione completa in Cronaca Senese cit: «E io Agnolo di Tura, detto il Grasso, sotterrai 5 miei figlivoi co’ le mie mani; e anco furo di quelli che furono cost malcuperti di terra, che li Zuni ne trainavano ¢ mangiavano di molti corpi: e non era alcuno che piangeste alcuno morto, inperoché ognuno pete a morte; e morivane tanti, che ognuno credea che fusse finemon- Tee non valea medicina o altro ripato; e quanti ripari si faces pareva che pit presto morisse- fos (p_ 555), La perceaione della peste come apocalisse é esplicitata anche da SERCAMB, Crom- he cits «E per ciascuno fu stimato essere la fine del mondo» (1, p. 96). 38 rio apocalittico: quella masnada di cavalieri che causano la morte e la distru- zione, signori del terremoto, devoti agostiniani, rievocano ancora una volta le figure belligeranti del libro della «Rivelazione».* Rileviamo i due clementi gia individuati nella Cronaca Senese di Agnolo: la velocita del contagio ¢ la presenza di terremoti, con la variazione che questi ultimi sono circoscritti al periodo immediatamente successivo alla pestilenza; ultetiore differenza rispetto alle altre cronache coeve @ il soffermarsi su un aneddoto locale, che si muove tra favola ¢ exemplum edificante. Sembrano invece standardizzate le descrizioni dei tercemoti preannunciatori dell’epide- mia offerte in altre cronache dell'Italia settentrionale e centrale, a iniziare da quella latina di Guglielmo e Albrigeto Cortusio conosciuta con il titolo di De novitatibus Padue et Lombardie: die xxv Januari hora xan fuit maximus terraemotus per horam mediam ad terrorem Christianorum. Post quem pestis inaudita transivit mare, scilicet in partes Venetiarum, Lombardiae, Marchiae, Tusciae, Alemaniae, Franciae & fere per Mundum universum (..].° Ancora un grande terremoto negli Annales Veteres Mutiniensium: «Lud die xxvi Ianuarii die Jovis fuit magnus terraemotus. Et fuit morbus, quem ingui- nariam dixerunt, tam magnus [...J».!© Rileggendo per esteso l'episodio relati- vo ai terremoti della cronaca bolognese gia menzionata, si notera che si pos- sono evidenziare alcuni significativi riscontri con quella fiorentina, cronolo- gicamente precedente, di Giovanni Villani, sia nelPindicazione della datazio- ne della scossa sia nella menzione del luogo maggiormente colpito. Ecco il testo della cronaca bolognese: In Italia e per tuto el mondo circha Vora del vespero fuoron grandissimi tremor, adi xxv de zenaro, el qual tremoto fu sentito per tuto el mondo e ma: “ AGNoLo pt Tura, Cronaca Senese cit: «Dopo la pestilentia Furono nel castello del Borgo San Sepolcro, apresso ad Arezzo 15 miglia, tremoti grandissimi che per modo cadeano e ruinarono molt difiti, tra’ quali cadé el palazzo del podesta e morivi el podesta con tutta sua famiglia, sl- vo che uno suo giudice el quale sera levato al dire el mattutino, standosia la finestra del palazo perché sent dire una boce che diceva “percuoto” e I'altra disse "non, perché non & detto il ‘mattutino a Santo Austino” ed era tuta la terra piena di gente a cavallo armati. E come fu detto el mattutino cosl sent] dire “percuote”, e subito fu grande el tremoro, che cade il palazzo del podesti e molte case e mokte chiese e morivi sorto moka gente. E il detto giudice rimase a la deta finestra sul muro, ché non cadde il detto muro, e stettevi quasi cutto il di come sbalordito, € co" le scale bisognd andare per lo detto judice, e poi disse quello che aveva udito e veduto quella notte, ¢ come el podesti si fe’ beffe di lui quando la notte el chiamd che stesse su, ché la tera era piena di gente d'arme, e non li volse credere, pero vi mori sotto el detto palazo. E cosi furono e’ dettitremoti in pii terre e morivi grande moltitudine di popolo[...}». (pp. 556-57). " Historiae Cortusiorum cit, p. 926. Annales Veteres Mutiniensiuns cit, p. 82. 39 ximamente in la parte de la Charentana dove é una cittade di nome Villach, la quale tuta somerse per lo dicto tremoto [..].” L’opera del mercante fiorentino Giovanni Villani registra anch’essa non uno solo, ma numerosissimi tertemoti. Iniziati nell’anno 1347, anno in cui la pe- ste comincia a manifestarsi, i sismi si intensificano maggiormente proprio al- Vinizio del 1348; Giovanni & molto scrupoloso nel ricordare la data in cui avrebbe avuto luogo una scossa memorable, coincidente con quella riportata dalla cronaca bolognese, il 25 gennaio, secondo lo stile dell’ Incarnazione fio- rentino per cui anno ‘ha inizio il 25 marzo, rientrante ancora nell’anno 147: Correndo gli anni del nostro Signore secondo il corso della chiesa McccxL vit, indizione prima, ma secondo il nostro corso della Anunziazione ancora nel MOCCXLVH, a di xxv gennaio il di di venerdi, il di della conversazione di San Paolo, ad ore Ville quarta apresso vespro, che viene ore ¥ infra la notte fu grandissimo tremuoto, ¢ durd per pid ore, il quale non si ricorda per niuno vivente il simile.” Segue un lungo ¢ preciso elenco dei danni e dei morti che essa arrecé all'Ita- lia intera e alle regioni nordiche contigue alla penisola, la Baviera ¢ la «Cha- rentana». In aggiunta al terremoto @ menzionata una serie di mirabilia, profe- tizzanti senza dubbio sventura, i pid notevoli dei quali accaduti alla citta di «Villco», la Villach della cronaca bolognese. Se per la cronaca bolognese la citta veniva «sommersan, quasi inglobata e fagocitata dalla terra, per lo stori- co fiorentino essa é teatro di un terribile prodigio, segno della volonta divina che si fa causa palese del terremoto. Nel centro della citt8, infatt, la «gran piazza di quella terra si fesse a modo di croce, della quale fessura prima usci sangue, e poi acqua in grande quantita». Croce e sangue non possono che ri- ferirsi in filigrana alla passio Christi, mentre Paccenno alla grande quantita dacqua pud latamente rievocare il diluvio universale, soprattutto se si so- vrappongono a questo episodio le osservazioni (riguardo non i terremoti, ma la peste stessa) che saranno in seguito di Matteo Villani.” Giovanni Villani stabilisce una chiara relazione tra terremoti pestilenza, © Cronace B, in Corpus chronicorum bononiensum cit. p. 584. ™ G VILLANI, Nuova Cronica cit, m, p. 562. La lezione «conversazione di S. Paolo» che in questo contesto & inspiegabile andrebbe agionevolmente emendata con «conversione di S. Paolo». Vedi quanto detto poco prima: «Nel detto anno, venerdi notte di xxv gennaio, furono diversi e grandissimi tremuoti in Italia nelle citta di Pisa, e di Bologna e di Padova, maggiori nella citta di Vinegia, nella quale ruinarono infiniti fummaioli, che ne aveva assai e belli [ (im, p. 562). Gli Annales Veteres Mutiniensium cit., concordano con la data del 25 ger cordando il giorno perd come giovedi (eft, p. 82); ma vedi anche le testimonianze unanimi jguardo la medesima data del 25 gennaio delle cronache B ¢ Vill. in Corpus chronicorum bono- sien coe 8 Cr. qui lan, 12. "Che. in 40 considerando i primi profetici dell’altra: «E [i tremuoti] significarono alle dette retre danni e pistolenze, come leggendo inanzi si potra trovaren2* La chiosa conclusiva di Giovanni Villani riconnette decisamente l'origine e la in- tensitA dei movimenti tellurici al disegno di Dio di mettere fine al mondo; essi sarebbero cosi efficaci preconizzatori dell’apocalisse: E nota, lettore, cherlle sopradette rovine, e pericoli di tremuoti sono grandi segni, € giudici di Dio, E non sanza gran cagione, ¢ permessione divina, e di quelli miracoli e segni che Ges Cristo vangelizzando predisse a’ suoi disce- poli che dovieno apparire alla fine del secolo.”* L'incipit della Cronica fiorentina di Matteo Villani, continuazione dell’opera del fratello Giovanni, morto durante V'epidemia, intende porre insistente- mente l'accento sul carattere punitivo e apocalittico della peste. Qui la piaga trova perfetta collocazione allinterno dell'idea della storia quale magistra vi- tae, disseminata di eventi esemplari inviati da Dio, da cui gli uomini dovreb- bero trarre «alcuno amaestramento».” La peste & interpretata da Matteo come un momento necessario di una escatologia ciclica che ha come punto precedente il diluvio universale, ¢ come elos la fine del mondo, di cui essa @ insieme presentimento ammoni- zione. Dopo il diluvio universale, secondo Matteo Villani, si sono succeduti nel mondo «alquanti diluvii particulari, mortaliti, coruzioni, pistolenze, fame molti altzi mali, che Idio ha permessi venire sopra li uomini per li loro pec- catin?? Altre epidemie di peste hanno funestato il creato: memorabili quella del 171 e quella del 254 d. C. Ma la peste del 1348 assume, secondo lo stori- co, una maggiore e nefasta incidenza, sia per il grandissimo numero di morti, sia per il suo carattere di universaliti, tanto che é da considerarsi a buon di- ritto alla stregua del diluvio di No, Leggiamo il testo di Matteo: Ma per quello che trovare si possa per le scrtture, dal generale diluvio in qua, non fu universale giudicio di mortaliti che tanto comprendesse l’universo come quella che ne nostri di avenne.* Anzi, aggiunge Matteo, «in comperazione di coloro ch’erano in vita al tempo del generale diluvio, assai pit ne morirono in questa {mortalit3] che in quel- lo». L’universale sterminio di uomini ¢ animali per volont’ divina tramite il flagello della peste é la giusta punizione per gli innumerevoli peccati, ed é ill momento da cui Matteo prende le mosse: 2% G, Viant, Nuova Cronice cit. nt, p. 562, 2G, Vant, Nuova Cronica cit, tt, p. 366. M. Vitwant, Cronica cit. p. 4, M. Vittant, Cromiea cit, 1, pp. 5-6. 2 Mi VILLANT, Cronica ct, 1, B- 6. 3 Mi. VitLaNt, Cronfea cit, 1, pp. 6-7. 41 Avendo per cominciamento nel nostro prencipio a racontare lo isterminio della generazione umana, ¢ convenendone divisare il tempo e modo, la qui ta, e quantita di quella, stipidisce la mente apressandosi a seriver la sentenzia, che'lla divina giustizia ‘cormolta misericordia mand sopra gli uomini, degni per la corruzzione del peccato di finale giudicio.”* La collocazione della peste allinizio della Cronica trova ragione nel fatto che essa segna la fine di un ciclo di cui il cronista fu Giovanni, e comincia un nuovo ciclo della storia dell'umanita. La peste é lo spartiacque che fa tabula rasa in vista della palingenesi, di cui Mattco manifesta la volonta di farsi tc- stimone: Nella quale mortaliti avendo renduta l'anima a-dDio V'autore della cronica nominata la Cronica di Giovanni Villani cittadino di Firenze, al quale per sangue e per dilezione fui strettamente congiunto [...] propuasi nell'animo mio fare alla nostra varia ¢ calamitosa materia cominciamento a questo tem- po, come a uno rinovellamento di tempo e di secolo, comprendendo le novita ch'apariranno di memoria degne. [1 L'evento-peste apre l'opera di Matteo, e ne é al tempo stesso la giustificazio- ne, nesuggella la ov, poiché dopo la pisga intro creat i trov di fron- tea nuova epoca, Il “rinnovellamento” di cui parla Matteo é la stessa catego- ria con cui si caratterizza liturgicamente il tempo dell’ Avvento. Il valore inci- pitario dell Adventum dorsini rispetto al calendario liturgico é assicurato dal- la sua valenza di compiuta rappresentazione della palingenesi. Infatti secondo la Legenda aurea di Iacopo da Varagine: per lo avenimento di Cristo tutte le cose sono rinnovate: per la qual cosa que- sto tempo @ detto tempo di rinovellamento, si come scritto nell'apocalisse: «Ecco io fo nuove tutte le cose».® La peste secondo Villani si catica, allora, di valori riemergenti dallinterte- stualiti apocalittica, non solo per la sua funzione di universale distruttrice, ma sopratutto per la sua connotazione legata all'idea della renovatio, che qui non investe il piano sociale o politico o economico (come, ad esempio, per le cronache di Marchionne di Coppo Stefani Bonaiuti e dell’aquilano Buccio di Ranallo),” ma si configura come vera e propria katndtes sulla scorta del mes- % M, Vuntawt, Cronica 2 M. Vatant, Cronica cit, p. 7. ® Si cita dal volgarizeamento della Legenda aurea di Tacopo da Varagine (i esto tao dalle dizione del volgarizzamento toscano del Trecento, a c. di A. Levasmr, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1924-26, 1, p. 43). ® La citata Cronaca fiorentina di Marchionne dedica molta attenzione al sovvertimento econo- ico e sociale causato dalla peste, alrialzo dei prez2i di alcuni cibi o material, e all’arricchirsi degli «speziali, medici, pollaiuoli, beccamorti, [..] lanaiuolie rtagliatori». Non manca di affer- 42 saggio di Isaia rievocato dalla seconda lettera di Pietro, ¢ infine stigmatizzato dall'Apocalisse: «ego creo caclos novos, et terram novam».” In seguito lo stesso Villani si fara minuzioso e moralistico cronista dei mutamenti sociali recati dalla peste, sottolineando come tali mutamenti abbiano in realta deter- minato Pulteriore peggioramento dei costumi dei fiorentini. I quali, rimasti pochissimi e trovandosi allimprovviso nell'abbondanza,” consegnano se stessi al frivolo godimento delle volutta prima negate; in particolare @ il ceto “minuto” ad operate un sovvertimento percepito come pericoloso e contra- rio alla propria condizione di /aboratores. Fruendo delle erediti degli antichi benestanti, il popolo giunge a rifiutare i lavori ad esso consoni, o a chiederne compensi altissimi, osa inoltre vestirsi e addobbarsi dei panni lussuosi di cui si é potuto appropriare in seguito alla scomparsa dei legittimi proprietari: tale dispendio contro “natura” non pud che farsi causa di una grave carestia. Il motivo del peggioramento dei costumi sociali dopo la “piaga” pud essere ricalcato e tratto dalla storia biblica delle continue disobbedienze del popolo di Israele, renitente al pentimento malgrado i numerosi spesso catastrofici avertimenti di Jahvé.? La forza modellizzante della diegesi biblica sembra avere operato sulla narrazione moralistica di Matteo Villani che conclude le sue osservazioni sulla «disonesta vita» condotta dalla citta di Firenze con una esibita citazione dal libro del profeta Isaia: Ma secondo il profeta Isaia, nonn-é abbreviato il furore di Dio, nélla sua mare che «tale che non aveva nulla si trove ricco», e anche i lavoratori delle terre del contado avanzarono pretese ben maggiosirispetto al tempo che precedette la carestia (pp. 231-32), La Gronaea Aquilana di BUCCIO DI RANALLO (a ¢, di V. De BARTHOLOMAE's, Roma, Istituto storico italiano, 1907) si diffonde ancora di pit! sui prezzi esorbitanti di alimenti ritenuti idonei agli ammalati, quali «zuccaro», uova, uva passa e ingredienti medicinali. La cera era rincarata a tal punto da rendere ricco chiunque la possedesse. Tra coloro che si artiechirono menziona anche {notai, chiamati continuamente peri testamenti. Dopo la pestilenza si assiste secondo Buecio a ‘un nuova spinta a contrarte matsimoni (contraddicendo Marchionne, secondo cui luso delle nozze erano di molto diminuito per mancanza di denari). Il desiderio di sposarsi si era diffuso in tuti i ceti, persino le «vizoche e religiose> ¢ i frati si liberano dei loro voti per unirsi in matri- monio. Cid avrebbe determinato un ulteriore rincaro dei vestti, dei pani, ¢ dei mateciali pre- ios; la fine del contagio determina quindi un peggioramento dei costumi: «La gente fo manca- tae 'avartia cresciuta [..] Demintri foro usciti de quella gran pagura / della corta amalanza et della blandullia dura, / de satisfare 'anima poco era chi se cura; / a ctescere et articare poneano studio et cura» (p. 186). © Jp, 65, 17:15. 66, 22;2 Piety 3, 13; Ap.21, 1. Notiamo qui che l'idea della peste come renova- tio giungera fino al quasi Blasfemo Te Deu, secondo la celebre definizione di Momigliano nel ‘suo commento, pronunciato da Don Abbondio nel xxxvitt capitolo dei Promesssi Sposi, 140-61: «é stata un gran flagello questa peste; ma stata una scopa [..J E poi la peste! Ha dato di bianco a di gean cose la peste!» 31 4 questo proposito, breve e incisiva 'annotazione di SexcaMt, Croniche cit.,1 p. 96: «E tucti colora che rimasero vivi, rimasero tiechi; perd che il tezoro di moltirimase a uno». 57] modello biblico pud avere operato anche sul giudizio moralistico degli altri cronisti tra cui Marchionne ¢ Buccio di Ranall. 8 mano stanca, ma molto si compiace della sua misericordia, ¢ perd lavora so- stenendo, per ritrarre i peccatori a conversione penitenzia, ¢ punisce tem- peratamente,” Il rapporto, certo non puntualmente intertestuale, ma fittamente interdiscor- sivo con le profezie apocalittiche, si ispessisce e si tematizza nella discrezione della natura e dell’origine ignea della malattia. Ci troviamo di fronte al terzo elemento ricorrente nella cronachistica; il fuoco, attestato anche Matteo Vil- lani quando si sofferma sul primo manifestarsi della peste in Oriente: nelle parti dell'Asia superiore, quando usci dalla terra, overo cadde dal cielo un fuoco grandissimo, il quale stendendosi verso il ponente arse consumo sgrandissimo paese sanza alcun riparo. E alquanti dissono che del puzzo di questo fuoco si generd la materia corruttibile della generale pistolenzia ma ‘questo non possiamo acertare.”” Anche Giovanni Villani, nel suo ultimo libro aveva fatto menzione di un fuo- Co, la cui origine & ctonia o celeste, devastatore di intere regioni dei «Tarteri» e in particolare di tutto il paese posto tra «'l Turigi ¢ ‘I Cattai», In questo caso il fuoco non é generatore della peste, ma concomitante ad essa, insieme a una serie nutrita di mirabilia che riguardano solo Oriente: terremoti, fol- goti, ¢ pioggia di «vermini neti e coduti» con effetti tossici: [si] comincid uno fuoco uscito da sotterra, overo che scendesse de cielo, che consumd uomini e bestie, case, alberi, elle pietre ella terra, e vennesi sten- dendo piti di xv giomate atorno con tanto molesto che chi non si fugel fu consumato, ogni creaturo ¢ abituro, istendensosi di continue [...] E gli uomi- ni e le femine che scamparono del fuoco, di pistolenza morirono.* Uno degli scrittori che pid insiste nel sottolineare lorigine della peste dal fuoco, oltre ai gia citati bolognesi,” @ intorno al 1350, Marco Battagli da Ri- mini, anch’egli testimone del flagello da cui racconta di essere scampato con- » M.Vntan1, Cronica cit, t, p. 17. Llorigine orientale ¢ universalmente accolta, come testimoniano tutti cronisti e Boccaccio € Petrarca, vedi rispettivamente Dec. tIntr., 8 e Ref 323,19-20. > M. ViLLANt, Cronica cit, 1, p. 14 % G. Vittani, Nuova Cronica cit, th, p. 486, Secondo Giovanni, anche in Occidente si manife- sta nel 1347 un prodigio legato al fuoco (tt, pp. 485-86): «Nel detto anno a di xx dicembre, la ‘matina levato i sole, aparve in Vignone in Proenza, ov'era la corte del Papa, sopra i palazzi e abiuei del detto Papa, quasi com'una colonna di fuoco [..] e dimorovi per ispazio di un‘ora (..J turtavia fu segno di future e grandi novitadi che avennero apresso, come leggendo si po trovare». * Cir. ad es. Cronaca B in Corpus Chronicorum Bononiensum: «Ein quello anno, in lo di de la nativitade de Yhesu Cristo, apparve un fuogho in elo, overo in I'aere, el qual teneva da levante 4 ponente [..}» (p. 387). 44 tro ogni aspettativa: il medico che gli operava un salasso fu colpito da uno schizzo di sangue dello stesso Battagli ¢ ne mori immediatamente, mentre il cronista rimase vivo Dei gratia.® Marco Battagli non ha alcun dubbio sul ca- rattere punitivo della piaga di cui sottolinea soprattutto la natura ignea. Mol- ti i punti di contatto tra Battagli e Matteo Villani, tra cui il motivo della giu- stificazione divina, Vassimilazione dell’evento al diluvio di Nog, e la comune giustificazione astrologica che sottolinea linquietante dominio di Saturno nella mappa stellare: Tune iusta Dei sententia, similis diluvio Noe, cum ignea mortis acute plaga super omnem faciem terre irruit cum furore et quasi inquit, sicut fecit tempo- re diluvii: - Omnem creaturam delebo et propter eorum facinora finis univer- se camis perveniat ad effectum —. Nam iusta eius sententia de omnibus mun- di gentibus, regnante Saturno, cum infirmitace ignea, quasi duas partes peni- tus usurpavit.® Dio si @ servito di una congiuntura astrale sfavorevole: la peste si manifesta in presenza del lento Satumno da sempre foriero di oscure negativita.!® Sebbene Sarumo sia pianeta connesso all’elemento terragno, appare invece una foca- lizzazione sull’elemento igneo della malattia, che sembra trovare spiegazione nell'ardore della febbre pestilenziale nella bruciante arsura senza sollievo che aflligge gli ammalati. Anche Matteo Villani imputa all’egida del pericoloso Saturno il manife- starsi in terra dell’epidemia; in seguito alcune pie riflessioni lo porteranno a relativizzare il ruolo della congiuntura astrologica quale semplice espressione del «divino giudicio secondo disposizione dell assoluta volonta di Dio»: Videsi nelli anni di Cristo Moccxiv, la congiunzione di tre superiori pianeti nel segno dell’ Aquario, della quale congiunzione si disse per li astrolaghi che Saturno fu signore: onde pronosticarono al mondo grandi ¢ gravi novitadi Tad * Barrack, Marcha ct, p. 94: «Quidam minuit me sanguine et sanguis exiens eius faciem teti- git, et in ea die infirmacut et in alia moritur: et pro dei gratia ego evasin. » Barract, Marcha cit, p. 54. * Sul potere oscuro di Sarurno vedi almeno il classico R. Ku1mansk, E. PaNorsky, F. Saxb, Sa- turno ¢ la malinconia, Studi di storia della filosofia naturale, religione e arte, trad. it, Torino, Ei- audi, 1983 “"M, Viutant, Cronica cit. 1, p. 8. Ricordo a riguardo anche le diversa posizione in materia astrologica di Giovanni Villani, che menziona, oltre alla tereagna Vergine, Ariete di fuoco: Nuova cronica cit. IN, pp. 485-86: «Ella detta mortalita fu predetta per maestri di strologia, di cendo che quando sostizio vernale ciot quando il sole entrd nel principio dell'Ariete del mese del marzo passato, 'ascendente che ffu nel detto sostizio fu il segno della Vergine, e 'I suo si- snore, cio® il pianeta Mercurio, si trovd nel segno dell'Ariete nella ottava casa che significa morte (J ma noi dovemo credere e avere per certo che Idio [...] quando vuole, fa accordare il corso delle stelle al suo giudicion; riguardo Ia questione che contrappone o identifica volonti 45 Ma cid che vincola ancora di pitt Battagli e Villani al testo apocalittico & il va lore di prefigurazione assunto dal fuoco dell’epidemia, secondo le scritture il fuoco sara Jo strumento con cui Dio mettera termine al tempo ¢ alla storia, in attesa della Parousia. Ma é lo stesso Battagli a suggerire il nesso trail caratte- re igneo del morbo con il giudizio finale per ignem: Hoc enim tale periculum Dei sententiam possumus appellare et quasi videtur esse et fuisse iudicium futurum per ignem, quod in Scripturis sanctissimis in- venitur, quoniam illud infirmitatis iudicium processisse ab igne videtur.® Una peste che nasce ¢ procede dal fuoco e stermina con il fuoco uomini € animali si pone senza dubbio come possente evento apocalittico,” e rende ragione della sua assimilazione al diluvio universale caratterizzato invecc dal- elemento speculare: Pacqua. Ancora Iacopo da Varagine chiosa il valore di- struttivo e purificarore del fuoco finale, che, come in passato fece l'acqua del diluvio, cos in futuro coprira la terra, per rinnovellare il mondo: {ua] a terza cosa ch’andra innanzi al giudizio, sara il grandissimo fuoco ch’an- dra innanzi la faccia del giudice. E quel fuoco mandera il Signore primiera- mente per rinovellare il mondo, Egli purghera e rinovellera gli elementi onde, secondamente che l'acqua del diluvio fue quindici braccia sopra tute le altez- ze dei monti, cosi quel fuoco andra in alto inperoché le opere dell’ uomo pote- rono cotanto salire:" Tanta TUFANO Universita di Zurigo divina e congiuntura stellare vedi su cutti la pacifica soluzione di Boccaccio, Dect Int. 8: pervenne la mortifera pestilenza, la quale per operazione de’ corpi superiori o pet le nostre ini jue opere da giusta ira di Dio « nostra correzione mandata sopra i morta [..) © Bartaat, Marcha cit., p. 54 © Vedi anche lapocalisse apocrifa di Pietro: «(..] nel Giomo del Giudizio accadra questo: sa- ranno lasciati luire (..) fami di Fuoco. (...] Le acque si muteranno e saranno trasformate in carboni ardenti, e tutto quanto é in esse brucera, e il mare diverra fuoco. Al di soto del ciclo serpeggera un fuoco tagliente, inestinguibile,e si spandera (..] Le stelle eadranno a pezzi per le fiamme infuocate [..] il cielo si mutera in un immane fulminare [..] E in tutte le region Ia col- era di un fuoco terrificante i afferrera e una fiamma inestinguibile li guideri fino a portarli ves- 0 il Giudizio della, verso la fiumana di inestinguibile fuoco che scotre, ardendo con il suo fuoco, e quando con le sue ondate li dividers gli uni dagli altri, vi sara grande stridore di denti in mezzo ai fli dell'uomo [...», in Apocalissi apocrife, a c. di A.M. Di No1a, Milano, Tea, 1993, pp. 36-37. + TacoPO DA VARAGINE, Legenda aurea cit. p. 47. 46

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