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Ignazio Silone Vino e pane -—_—____— setae GRAFISK FORLAG Gopenaghen - GYLDENDAL Oslo | REQ ERNST KLETT VERLAG Stogcarda | of ©. ASAHI SHUPPANSHA Tokio - JOHN MURRAY Londra oe UF E, %, EDIZIONI SCOLASTICHE BRUNO MONDADORI Milano B 1 BORDAS EDITEUR Parigi : ESSELTE STUDIUM Stoccolma ‘ ! WOLTERS/NOORDHOFF Groningen “yea TAMMI Helsinki - EMC CORP. St. Paul, Minnesota, U.S.A ve EDITORIAL MAGISTERIO ESPANOL, S.A. Madrid GRAFICA EDITORA PRIMOR Rio de Janeiro IGNAZIO SILONE VINO E PANE REA 26 13 Fay m 2 IGNAZIO SILONE Secondo Tranquilli era il vero nome dello scrittore che dapprima uso Ignazio Silone come pseudonimo ed in seguito lo!prese come nome legale. ‘Egli nacque nel 1900 a Pescina dei Marsi, un paesino povero delPAbruzzo. A quindici anni perdette i genitori e cinque fratelli a causa di un terremoto che distrusse quasi tutta la zona. Presto incomincié a riflettere sulle condizioni sociali dei contadini poveri ed entro attivamente nella politica nel Partito Socialista Italiano. Quando Pala sinistra socialista nel 1921 usci dal partito per costituire il Partito Comunista dtalia, Silone fu tra i suoi fondatori. Dopo la conquista del potere da parte del fascismo nel 1922,. egli collabord alla pubblicazione clandestina di giornali antifascisti. Nel 1928 fu costretto a fuggire in Svizzera. Nel 1930 abbandoné anche il partito comunista in segno di protesta contro il regime di terrore di Stalin ed il conformismo dei comunisti europei. Dopo la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, Silone torné in Italia e riprese Pattivita politica nel Partito Socialista Italiano. Nel 1948 si verificd una scissione nel Partito Socialista con Puscita delPala socialdemocratica. Silone non volle seguire nessuno dei due partiti rivali e si ritiro dalla politica attiva, considerandosi ormai »un socialista senza partito, un cristiano senza chiesa«. Vive attualmente a Roma. Alcune delle sue opere pit note sono: NARRATIVA: »Fontamaras, Zurigo 1933 (in tedesco), Parigi-Zurigo 1934 (in italiano), Roma 1945. »Pane e vino«, Londra 1936 (in inglese), Zurigo 1937 (in tedesco), Lugano 1937 (in italiano), Milano 1955 (nuova edizione in italiano, completamente riveduta con il nuovo titolo »Vino e pane«). »Il seme sotto la neve«, Zurigo 1941 (in tedesco), Lugano 1941 (in italiano), Roma 1945. »Una manciata di more«, Milano 1952. »Il segreto di Luca«, Milano 1956. »L’avven- tura di un povero cristiano«, Milano 1968. SAGGISTICA: »Der Fascismus«, Zurigo 1934. »La scuola dei dittatori«, Zurigo 1938 (in tedesco), Milano 1962 (in italiano). »Testimonianze sul comunismo«, Torino 1950. »Uscita di sicurezza«, Firenze 1965. Don Benedetto compiva quel giorno settantacinque anni. Era un bel pomeriggio di fin d’aprile. Seduto sul piccolo muro delPorto egli alzava ogni tanto gli occhi dal libro. Era stata di Marta, sua sorella, Pidea di invitare i suoi antichi allievi per la sua festa. Ma sarebbero venuti? Da alcuni anni don Benedetto aveva vissuto ritirato, insieme con la vecchia sorella, nella piccola casa al di sopra di Rocca dei Marsi, tra i suoi libri e Porto. Era considerato un uomo difficile. I parenti lo odiavano per non aver avuto da lui, presso le autorita, quellaiuto che si aspettavano da un prete, in un’epoca in cui erano tanto importanti le raccomandazioni. Dopo tanti anni don Benedetto seguiva ancora con interesse e amore alcuni vecchi allievi nelle loro atti- vita. Non aveya altri al mondo. Alcuni di essi, i pit vicini, erano stati appunto invitati da Marta a venire a Rocca. »Almeno Nunzio verra« disse Marta. »Lui non pud mancare.« »E medico« disse don Benedetto. »Ha tanto da fare.« Marta sali al primo piano e si sedette vicino alla finestra che dava sulla valle. orto, valle, vedi illustrazione pag. 6 e 7 allievo, colui a cui viene insegnato Rocca dei Marsi, piccolo paese della Marsica. Vedi piantina pag. 4. I Marsi furono un popolo che abité la Marsica fino all’gpoca dei Romani. raccomandazione, qui una lettera scritta da una persona importante, per esempio da un prete, a favore di qlcu. perché venga aiutato e favorito da colui a cui mostra la lettera »Arrivanox gridé Marta dalla finestra. »Arriva Nun- Z1O.« Don Benedetto subito si alzd e si fece incontro all’automobile. »Bene arrivati, bene arrivati« disse il vecchio prete. »Questo qui« disse a sua sorella »8 Concettino Ragu, ufficiale, e quest’altro, lo conosci, @ un vero medico, il dottor Nunzio Sacca. In fondo, due bravi ragazzi.« »Sedetevi e riposatevi« disse Marta »arriveranno forse altri« »Siamo venuti qui, caro professore« disse Nunzio, »perché senta che non é solo, che i suoi allievi non Phanno dimenticato.« I due ugmini presero posto ai piedi di un albero e il vecchio si sedette tra loro. »Che bella pace« disse Nunzio. Il vecchio domando: »Datemi notizie, vi prego. Qui non vedo mai nessuno. Che fa Luigi Candeloro? Non ho pid udito nulla di lui« »E morto in Libia* due anni fa« disse Nunzio. »Non lo *L'Italia occupé la Libia nel 1911. sapeva? Dopo aver finito gli studi era rimasto senza lavoro. Accetté di andare in Libia. Mori due settimane prima di ritornare a casa per sposarsi.« Il vecchio scosse tristemente il capo. »E il povero Carlo Caione? Sempre malato?« »E morto e ha lasciato la moglie con due bambini« disse Nunzio. »Scusate queste domande. Sono qui assai solo e penso spesso a voi. Qui non vedo mai nessuno.« Poi aggiunse: »Dov’é Di Pretoro?« »Ha perduto il suo posto perché é mezzo socialista« disse Concettino. »Ha sempre avuto le idee poco chiare. Ha sposato una povera ragazza che gli da ogni anno un figlio. Quattro anni di matrimonio, cinque figli. II destino di quello stypido non ammette dubbi. In casa, dunque, manca spesso il pane. Allora lui, Di Pretoro, non trova di meglio che andare a bere e quando torna a casa batte la moglie e i bambini. Sapete che cosa dice la gente? Dice: Ecco come finiscono gli allievi dei collegi dei preti.« Don Benedetto si alzd stanco. Fece alcuni passi nell’orto e poi rientré in casa senza dir parola. Marta ando a sedersi tra i due gspiti. »Siamo soli, é vero. Peré, sono le autorita che rendono dura la nostra vita.« »Lei sa bene che la colpa, purtroppo, é tutta di don Benedetto« disse Concettino. »C’é da sperare che egli cambi idee?« »Non ne so nulla« disse Marta. »Ma cosa abbiamo fatto di male? Mio fratello @ stato allontanato dal- Pinsegnamento. Il suo modo di comportarsi non andava collegio, scuola dove abitano gli allievi insegnamento, Pattivita dellinsegnare bene, mi ha detto il Vescovo, per un professore di un collegio nel quale le pit ricche, cioé le migliori famiglie mandano i loro figli.« vescovo »Il passato é passato« disse Nunzio e, rivolto a Concet- tino, aggiunse: »Non c’é modo di riabilitarlo?« »Dipende da lui« disse Concettino. »Dalla sua buona volonta.« »Gli parli« lo preg Marta. »Signorina, io gli ho gia parlato. Si ricorda che sono stato qui con il prete di Fossa. Abbiamo cercato di sal- varlo. Avremmo voluto proporgli di firmare una lettera in cui dichiara di sottomettersi al governo fascista* e alla politica della Chiesa. Sarebbe bastato. Egli ci haricevuto gentilmente, ma appena don Angelo ha cominciato a spiegargli che, per evitare guai peggiori, la Chiesa deve spesso fare buon viso a cattivo gioco, egli Pha inter- riabilitare, dare di nuovo i diritti o Ponore a chi li abbia perduti Fossa, piccolo paese della Marsica Sottomgitersi, ammettere Pautorita d’un altro e accettare la sua volonta *7] partito fascista fu al potere dal 1922 al 1945. rotto dicendo: questo pud valere per un partito o per un governo, ma non per una Chiesa.« Don Benedetto apparve di nuovo e Concettino gli chiese: »Ha ricevuto la mia proposta di benedire la ban- diera?« . »Si« disse don Benedetto. »L’ho ricevuta.« »Accetta di benedirla?« »Naturalmente, no.« »Perché? Perché vuol rovinarsi?« »Non posso comportarmi contro la mia coscienza.« »Benedire la bandiera nazionale del partito che sta al governo, per lei é dunque peccato contro la coscienza?« »Si, uno dei pitt gravi. E idolatria.« »Scusatemi« disse Marta. »Proprio non vi capisco. Non é questo un incontro tra amici?« »Ha ragione la signorina Marta« disse Nunzio dispia- ciuto. »Non siamo venuti qui per discytere, ma solo per ricordare al nostro vecchio professore la nostra amici- zia.« »Lo credo bene« disse don Benedetto, sorridendo, battendogli una mano sulla spalla. »Sapete, io penso spesso a voi. Un povero uomo che ha sempre voluto fare le cose per bene, arrivato alla mia eta, non pud mica evitare di chiedersi: »Be’ che cosa hai ottenuto? che frutti ha dato il tuo insegnamento?« »La scuola non é la vita, caro don Benedetto« disse Concettino. »Nella scuola si sogna. Nella vita bisogna accettare la situazione come é. Questa é la realta. Non si diventa mai quello che si vuole.« idolatrja, credere in cose 0 persone o trattarle come se fossero Dio 10 »Perd, a me sembrava che vi fosse qualche cosa di personale in parecchi di voi. Ora quel qualche cosa, quando pit tardi siete entrati in societa, dov’é finito? Mi domando seriamente che senso abbia l’insegnare.« »E meglio rientrare« disse Marta. I due giovani Paiutarono a portare dentro i bicchieri. . »Quali erano i suoi allievi preferiti?« chiese ad un tratto Concettino a don Benedetto. »Naturalmente quelli che avevano pit bisogno di me« rispose don Benedetto. »Dei nomi, dei nomi« chiesero con curiositd. Don Benedetto non rispose subito. D’un tratto chiese: »Dov’ ora Pietro Spina? Che gli succede?« Dopo un po’, siccome nessuno gli aveva risposto, don Benedetto chiese di nuovo: »Nessuno di voi ha notizie di Pietro Spina? Dove vive ora, in quale paese?« In quel momento Marta si convinse finalmente che non Cera piii nulla da sperare per il fratello. Nunzio le si avvicind e le mise una mano sulla spalla per darle coraggio, mentre don Benedetto sembrava non essersi accorto di nulla. Si rivolse a Concettino: »Se ben ricordo, in collegio Pietro Spina era il tuo miglior amico« disse. »Dov’é ora? Che notizie si hanno di lui? Cosa fa?« »Perché dovrei saperlo? Sono forse il suo guardiano?« rispose Concettino evitando lo sguardo di don Benedet- to. Don Benedetto lo guard negli occhi e disse a voce bassa: curiosita, voglia di sapere guardiano, chi fa la guardia II »Poverino, a questo punto sei ridotto? Tu non sai che parole terribili hai ripetute.« Nel silenzio che segui, don Benedetto si allontané dal giovane ufficiale e ando a sedersi in fondo alla stanza. »Si, 6 vero« disse. »Pietro Spina era, in un certo senso, il mio allievo preferito. Mi preoccupava, temevo per il suo futuro. Voleva vivere e lottare per quello che gli appariva giusto e vero. Amava molto, forse trop- po, gli amici. Difendeva i compagni di fronte ai profes- sori, quando venivano accusati senza colpa. Non si curava delle difficolta che si sarebbe procurato. E. vero, Concettino. Non era cosi?« Finalmente Nunzio si decise a dire quello che sapeva. »Al principio del 1927 Pietro fu arrestato« disse. »L’anno dopo fuggi e ando in Francia e poi in Svizzera. Come riesca a sopportare quella vita non lo so. Fa la fame e da un suo zio ho udito che é malato. Peccato, era veramente il migliore di noi tutti.« »I suoi parenti non possono aiutarlo?« domand6 Marta. »Eppure sono ricchi.« Don Benedetto guardava per terra: »Non crediate che sia una storia nuova« disse. »Tut- taltro, @ una storia che sempre si ripete . . . . il figlio del?’'uomo non ha nulla su cui posare la testa.« I due giovani si alzarono. »E tardi« dissero. »Dobbiamo partire.« Il vecchio e la sorella li guardarono allontanarsi, in silenzio. Fuori del paese Concettino disse a Nunzio: »Pietro é in Italia. La polizia ce I’ha fatto sapere. lottare, combattere difficolta, situazione difficile 12 Forse a quest’ora @ gia arrestato. Ma che posso farci io, se lui @ pazzo?« »Non lo puoi aiutare? In fin dei conti, @ uno dei nostri.« »Se lui é pazzo, che ci posso fare io? Aveva la fortuna di starsene all’estero, poteva restarvi.« »Non lo puoi aiutare?« »Come? Quest’é la difficolta. Anch’io devo fare at- tenzione. Ti sbagli se mi credi del tutto sicuro.« Domande 1. In che periodo della storia dTtalia si svolge »Vino e Pane«? 2. Come vive don Benedetto? 3. Di che cosa parla don Benedetto con i suoi vecchi allievi? 4. Qual é la differenza tra Concettino e Nunzio? 5. Quali valori umani don Benedetto ha cercato di insegnare ai suoi allievi? 6. Perché don Benedetto non é ben visto dalle autorita? 7. Perché Pietro Spina é Pallievo preferito di don Bene- detto? 13 Un mattino presto il dottor Nunzio Sacca fu chiamato al letto di un malato. Un giovanotto di Acquafredda era venuto a prenderlo col carretto. »Ci conosciamo, mi pare« disse il medico dopo aver guardato un po’ il giovanotto. »Sono Cardile Mulazzi, della famiglia Mulazzi di Acquafredda« disse Paltro. »Scusi per ora, le spiegherd.« Il cavallo andava a passo, contro vento. Per il medico, appena uscito dal letto, faceva freddo. »Lei tenne un discorso sulla piazza di Acquafredda, per la Chiesa e per il popolo, quando io ero ragazzo. Lo ricorda? Sulla bandiera cera scritto: »Liberta«. La nostra famiglia era della stessa parte. Era subito dopo la guerra, la liberta era permessa. Allora la Chiesa non era per il governo, ma per il pgpolo. Poi Paria é cambiata.« »Ci conosciamo« disse il medico »ci conosciamo. Chi é malato, qualcuno della tua famiglia?« »Ci sono molte maniere di congscersi. Si lavora, si Acquafredda, piccolo paese della Marsica 14 compra, si vende, c’é sempre bisogno di carte. Si va allestero per lavorare e si ha a che fare con molti uffici, si ha bisogno di raccomandazioni. Ma é questo un vero modo di congscersi?« »Ho capito« disse il medico. »Ma ora dimmi dove mi porti. Non mi hai mica svegliato per farmi questi discorsi?« . »Presto arriviamo« disse Cardile. »Ancora un po’ di pazienza. A sedici anni andai via di casa. Il lavoro non mi mancava con mio padre, perd andai in Francia, con altri paesani. Lavoravo vicino a Marsiglia. Un giorno uno mi dice: »C’é qui un tuo paesano che ti vuol parlare«. Le carte sono in ordine, pensai tra me, quel che c’era da pagare l’ho pagato, cosa vuole questo? L’uomo dunque viene a trovarmi dove mangiavamo, si siede, dice che manca da alcuni anni dalla Marsica, e comincia a parlare della terra, della gente di qui, della loro vita, mi parla del suo paese, del Fycino. Parlammo fino a tardi. Divenne umabitudine. Mi piaceva la sua compagnia. Non avevo mai avuto un compagno simile. Io penso, ecco una per- sona con Ja quale non ho a che fare né per il lavoro, né per le carte. Egli non viene da me come un prete, né come un maestro, gente che sa tutto e che é pagata per con- vincere gli altri. Ecco uno che viene a me come un uomo. Un brutto giorno egli parti e non fece sapere pid nulla di sé. Sentii sybito che mi mancava qualcosa. Poi seppi che era dovuto fuggire per ragioni politiche.« »Posso gid immaginarmi chi fosse« disse il medico. »Ma perché mi parli di lui?« paesano, chi viene dallo stesso paese Marsiglia, Marseille il Fycino, vedi piantina pag. 4 15 »Quell’uomo ieri sera é venuto a casa mia. In prin- cipio non potevo ricongscerlo.« »Pietro Spina é qui? Mi stai forse conducendo da lui?« disse spaventato il dottor Sacca. Erano arrivati. I due ugmini saltarono a terra. Cardile attaccd il cavallo ad un albero. Il medico si guardd intorno preoccupato. Pioveva e nella campagna non si vedeva anima viva. »Quel?'uomo, dunque, viene da me« disse Cardile stalla Spaventato, pieno di paura 16 »ma non vuole entrare in casa benché stia male. Facciamo allora alcuni passi, usciamo dal paese, pren- diamo una via di campagna e ci sediamo sotto un albero. Lui comincia a raccontarmi di essere rientrato in Italia di nascosto. Poiché non sa pit dove si trovano i suoi amici di partito, si @ finalmente deciso a venire * da me, perché io lo nasconda per qualche giorno. Mi dice: »Tu sei un vero Javoratore, ed @ per il partito dei lavoratori che sono tornato in Italia.« La notte scorsa Pho nascosto in una stalla e adesso mi domando cosa si pud fare per quell’uomo. Possiamo lasciarlo morire cosi?« »Egli non aveva che da restare dov’era, all’estero« disse il medico. »Ora perd é qui. Uno lo trova di fronte a casa sua, come si trova un cane che muore. Si pué lasciarlo morire cosi?« »Lui non ha nulla da perdere, @ solo. Io ho moglie e figli. Le nostre idee politiche non sono le stesse« disse il medico. »Scusi, qui non si tratta di politica« tornd a spiegare Cardile. »C’é un uomo che muore.« »E lui che ti ha mandato da me? Ti ha anche detto di congscermi?« domando il medico. »Mi ha detto di avere fatto gli studi con lei, ma non voleva che venissi a chiamarla« disse Cardile. »Quest’é la verita. Sul mio onore, mi ascolti. Lui non voleva. Anzi, mi ha detto di non avere fiducia in lei. Non ha voluto nemmeno che io vada ad avvertire qualcuno dei suoi parenti. Dice di considerarsi morto per la sua famiglia. Ha detto che solo un uomo non avrebbe avuto Javoratore, chi lavora, operaio 2 Vino e pane 17 paura di aiutarlo, un prete che fu suo professore in collegio, ma ora é troppo vecchio. Cosi ci siamo lasciati ieri sera. Oggi ’ho trovato peggio. Allora sono venuto da lei senza dirglielo.« Finalmente il medico si fece coraggio. »Bisogna farlo partire subito« disse. »Ora vado a vedere che cosa posso fare per lui.« »E laggit« disse Cardile »nella stalla dietro quel- Palbero. Pud andare solo, mentre io resto qui di guardia.« Nella stalla il medico trové un uomo che al primo mo- mento non riconobbe. »Nunzio, che fai qui?« disse Puomo. »Avevo proibito a Cardile di chiamarti.« Solo allora il medico riconobbe il suo antico com- pagno di collegio, Pietro Spina. »Sei tu? Come ti sei ridotto.« »T’assicuro che sto meglio dite. Puoinon credermi, ma ti ripeto di non essere stato io a chiamarti.« Nunzio si sedette accanto a lui. »Non eri al sicuro alPestero?« disse. »Perché sei tor- nato in questo paese? Se ami la liberta, perché non sei rimasto nei paesi liberi? La polizia sa del tuo ritorno e i carabinieri ti cercano.« »Non aver paura« gli disse sorridendo Pietro. Come stai? Hai moglie, figli, il rispetto delle autorita. Ne sono contento.« »Me ne vado« disse Nunzio alzandosi. »Credi forse che io abbia voglia di compromettermi con te, discytere con te? Perché sei ritornato?« »Vedi, anche lontano, la realta in cui vivevo con il compromettersi, mettersi in cattiva luce o in perjcolo 18 pensiero, era questa. Peré, lontano, a poco a poco, era diventato un sogno. Avevo veramente bisogno di sentire di nuovo i piedi sulla terra. In ogni modo, all’estero non ci metto pit piede.« »In questo caso« disse il medico »é una faccenda che non mi riguarda. Io me ne lavo le mani.« »Quando lasciammo gli studi« disse Pietro »trovam- * mo una societa del tutto diversa da quella che ci aspet- tavamo, e ognuno di noi dovette scegliere: sottomettersi o vivere sempre in pericolo della propria vita. Sembra che una volta ci fossero vie di mezzo. Ma, dopo quella guerra, pernoi giovani, esse erano state chiuse. Quan- ti anni sono passati da allora? Appena quindici, e se qualcuno dovesse ora vederci, qui, te e me, non potrebbe credere che fino a vent’anni le nostre vie erano uguali e che noi avevamo gli stessi sogni per il futuro.« »E vero« disse Nunzio »ora apparteniamo a due partiti diversi.« »A due mondi diversi« disse Pietro. »A due razze di- verse. Non trovo altre parole per esprimere quello che voglio dire. Nella situazione in cui mi trovo, nelle tue mani, mostrarti rispetto non ne sono capace. Del resto, é ancora troppo presto per fare i conti. Puoi andartene.« »Di molte altre cose tu non sei capace« disse Nunzio. »Non sei capace di capire che 'uomo normalmente non ha la possibilita di scegliere. Le condizioni della sua vita, se le trova gia fatte. Se non gli piacciono, il meglio che pud fare é di aspettare che cambino.« »E se da sé non cambiano?« disse Pietro. »Chi deve cambiarle? In quale miseria morale non si trova un’in- telligenza che non serve che a trovare scuse per far tacere la coscienza. Vattene, fammi almeno questo favo- re.« ae 19 »Senti, Pietro, posso farti procurare qualche medicina per mezzo di Cardile. Parliamoci chiaro, tu non devi morire.« Si sedette di nuovo accanto a lui. »Si pensa che per ora la vita va male, ma che tutto cid non pud durare« disse. »La-vera vita comincera un giorno. Non riesco a togliermi quest’idea dalla testa: si vive una sola volta e quest’ynica volta si vive aspettando quel giorno in cui dovrebbe cominciare la vera vita. Di quelli che conosco, t’assicuro, nessuno vive nel presente.« »Non bisogna aspettare« disse Pietro. »Bisogna agire. Bisogna dire: Basta, da oggi.« »Ma se non c’é liberta?« disse Nunzio. »La liberté non é una cosa che si possa ricevere in regalo« disse Pietro. »Basta lottare. L'uomo che pensa con la propria testa e che lotta per cid che egli crede giusto, é libero. La liberta bisogna prendersela, ognuno la parte che pud.« Nunzio rest6 in pensiero. »Tu sei la parte migliore di noi stessi« disse. »Pietro, cerca di essere forte. Cerca di vjvere, di durare. Sta’ ve- ramente attento alla tua salute. Per ora resterai qui nascosto. Hai bisogno di riposo. Cardile ti portera il necessario. Intanto cercheremo un luogo pit sicuro e pia comodo.« »Allestero non torno« disse Pietro. »Purtroppo, anche se tu volessi, non potresti tornarvi« disse il medico. »Non sei in condizione di fare un lungo viaggio, bisogna trovare un luogo dove puoi nascgnderti medicina, quello che si prende per curare le malattie agire, fare 20 per un paio di mesi, sicuro e tranquillo. Poi farai quello che ti pare.« Sulla porta della stalla apparve Cardile. »Piove sempre« disse. »Non si vede anima viva« Andarono. Rimasto solo Pietro finalmente poteva riposare. Domande 1. Perché Pietro Spina é rientrato in Italia? 2. Quali sentimenti prova il dottor Nunzio Sacca nel rivedere Pietro Spina? 3. Che cosa pensano Pietro Spina e Nunzio Sacca della liberta? 4. Perché Nunzio Sacca vince la paura e aiuta Pietro Spina? 21 Cardile passava alla stalla due volte al giorno, il mattino presto e la sera. Pietro dormiva e apriva solo gli occhi quando veniva Cardile. Riconosceva ognuno dei suoi movimenti. »Notizie?« »Nessuna. Abbi pazienza.« Egli non aveva fretta. Era difficile per lui spiegare il suo stato @’animo. Era tornato al suo paese dopo tanti anni e ora si trovava li, in mezzo ai campi, agli animali. Le cose erano li, davanti a lui, al loro posto. Ed il proprio corpo malato come una cosa naturale accanto a cose naturali; come un oggetto tra oggetti. Gli era accanto il vino e il pane, la colazione che gli serviva Cardile. »Non potresti comprarmi qualche giornale?« disse Pietro. »Mi dispiace, ma non ne ho mai comprati« disse Cardile. »Le persone che leggono giornali ad Acquafred- da, si contano sulle dita della mano. Non voglio farmi notare.« Un mattino Cardile gli portd una lettera da Nunzio. Gli proponeva di andare a vivere al sicuro in un villaggio di montagna, per due o tre mesi, il tempo necessario per rimettersi in salute. Cosa ne pensava Pietro? Il piano non gli era ben chiaro, perd sentiva il bisogno di cambiar aria il pit presto possibile, anche perché Cardile era in pericolo. Percié disse di accettare. Quella stessa sera si era appena addormentato, quando si senti chiamare. villaggio, piccolo paese 22 »Pietro, Pietro« disse la voce di Nunzio. »Scendi! Parti subito.« “Quando Pietro gli fu accanto vide con sua viva sorpresa un abito da prete. »Non siamo riusciti a trovare un mezzo pit sicuro« disse Nunzio. Pietro fece di no con la testa. »Mi considero fuori della Chiesa da parecchio tempo« disse. »Tuttavia, non voglio travestirmi da prete. Provo per la Chiesa un sentimento di profondo rispetto.« »Se non ti conoscessimo« disse Nunzio »se avessimo creduto che tu potessi fare di quest’abito un cattivo uso, non te Pavremmo offerto.« Finalmente Pietro accettd. »Prometti di venire a trovarmi« disse Pietro. »Va bene disse Nunzio. »Come ti chiamerai?« »Spada, che te ne pare?« »Va bene« disse Nunzio. »Allora diremo, don Paolo Spada« »Perché don Paolo?« »Pietro Spada ricorderebbe troppo da vicino il tuo vero nome. Dunque, andiamo. Ci fermiamo da me. Farai un bagno, e ti saranno tagliati i capelli.« »Andiamo«x disse don Paolo Spada. Dopo qualche ora, in piena notte, don Paolo si trovd sulla via di Pietrasecca. »Il_cavallo non ama camminare di notte« disse il cocchiere. travestirsi, vestirsi con gbiti diversi dai propri per non essere riconosciuto Pietrasecca, piccolo paese della Marsica cocchiere, vedi illustrazione pag. 24 23 »Neppure io« disse don Paolo »ma ho perduto il treno. Sono stato trattenuto dal vescovo.« »Dovrebbe comprarsi un orologio« disse il cocchiere. »Come fa a mandare in giro i suoi preti di notte?« La strada era buia. »Conosce questi posti?« domando il cocchiere. Don Paolo non rispose. Era nato li, era la sua terra nativa che aveva lasciato quasi dieci anni fa. Il cuore gli batteva forte. Dopo un po’ il cocchiere si gird verso di lui e gli chiese: »Lei crede alla nuova guerra d’A frica* ?« »Un prete, se crede, crede in Dio« disse don Paolo. »E gia molto.« »Volevo sapere« disse il cocchiere »se lei pensa che ci guadagneremo con la nuova guerra.« »Non quelli che morranno« disse don Paolo. Il cocchiere accolse la risposta come uno scherzo e ci rise sopra per un po’. Ma veramente la sua domanda era ur’altra e si spiegd con parole diverse: »Crede« disse »che laggit ci sia molto da rubare? Vi si trova dell’oro, molto oro?« »Secondo te« disse don Paolo »le guerre sono giuste se cé da rubare?« »Secondo tutti« disse il cocchiere. »I poveri figli di *La guerra contro l'Etiopia (1935-36) 24 mamma dovrebbero morire per niente? Forse solo gli inglesi hanno il diritto di rubare?« »Ho sonno« disse don Paolo. »Lasciami in pace.« Il paese dove era nato don Paolo era vicino. Chiuse gli occhi. Non voleva vedere. Cosa faceva la nonna? Viveva ancora? Si dava pensiero per lui? Poi don Paolo si addormento sul serio. Il cocchiere lo sveglid a Fossa dei Marsi, davanti allalbergo del Girasole. Era atteso. Una donna prese la valigia del prete. Prima di tornare indietro il cocchiere chiese un favore a don Paolo. »Non potrebbe scrivermi una buona raccomanda- zione?« »Una raccomandazione per chi e per che cosa?« Il cocchiere rifletté e poi disse: »In questo momento non saprei dire, ma le occasioni non mancano. Potrebbe farmi una raccomandazione generale.« »Ma io non ti conosco« disse il prete. »Neppure io la conoscevos disse il cocchiere. »Eppure Pho portato fin qui.« »Per questo tho gia pagato« disse il prete. »Buona notte.« Il giorno dopo don Paolo si sveglid presto ma rimase a letto fino a tardi. Aveva ricevuto da Nunzio alcuni fogli scritti a macchina: »Come deve comportarsi un prete fuori della sua digcesi.« Don Paolo era della digcesi di Frascati e andava alla digcesi dei Marsi per rimettersi in salute nel villaggio di Pietrasecca. Erano descritte le nonna, la madre della madre o del padre digcesi, zona con a capo il vescovo 25 maggiori difficolta che potevaincontrare. Don Paololesse e rilesse le pagine. Il carretto che avrebbe dovuto condurlo a Pietrasecca, sarebbe venuto a prenderlo solo nel pomeriggio. Percid si vesti senza fretta. Doveva imparare come mettersi Pabito da prete e non era tanto semplice. Quando! finalmente usci dalla camera incontro sulle scale Ja padrona dellalbergo, Berenice Girasole. Doveva trovarsi in una situazione molto grave a giudi- care dal suo aspetto. Gli bacié la mano e disse piangendo: »E Dio che Pha mandato.« »No, é il medico« disse don Paolo cercando di fuggire »mi dispiace, ma io non sono di questa digcesi. Sono venuto da queste parti unicamente per riposarmi.« La donna tacque, offesa e disperata. Don Paolo cercé di uscire dalPalbergo ma la donna gli prese un braccio e ricomincid piangendo: »Mrascolti, per amor di Dio. In casa c’é una ragazza, la mia unica figlia che muore.« »Mi dispiace« disse don Paolo. »GliePho gia spiegatoe glielo ripeto, non sono di questa digcesi e non posso curare le anime da queste parti.« »Va bene« disse Berenice »ma almeno lasci che le spie- ghi il caso. Potrebbe magari darmi un consiglio. Ecco, la ragazza @ in punto di morte e non vuole confessarsi al prete di qui, perché é un parente. Non pud capirla? Quando le ho detto che c’era un prete da fuori, ha avuto una grande gioia. Me ’ha mandato Gesii Cristo, ha detto sybito.« »Mi dispiace« disse don Paolo. »Perché non chiama subito il prete di una parrocchia vicina?« parrocchia, la digcesi @ divisa in diverse parrocchie, normalmente una per ogni paese. 26 »Forse non c’é pit tempox disse Berenice. »E poi darebbe alPocchio. La gente direbbe: »Perché non @ stato chiamato il prete di famiglia?«.« »Mi dispiace« disse don Paolo. »Come si fa« disse Berenice »come si fa a lasciare morire una ragazza senza prete e senza medico?« »Perché anche senza medico?« disse don Paolo. »Cos’é questa storia?« Berenice si guardd attorno e disse a voce bassa: »La ragazza non é sposata ed ha avuto un guaio. Allora per non essere disonorata e non disonorare la famiglia, ha cercato di liberarsi da sé. Mi ha capito? La legge, come lei sa, non lo permette. Doveva scegliere fra morte e disonore. Ora sta morendo. S’immagina la situa- zione di una povera madre? Non posso chiamare il medico perché ha il dovere di raccontarlo alla polizia, forse ci sarebbe un processo e tutto si saprebbe« Berenice gli fece segno di accompagnarla, come se volesse raccontargli ancora qualcosa e don Paolo la segui. Dietro di lei egli sali le scale fino al primo piano. Berenice apri la porta di una piccola camera. La camera era buia, ma in un angolo si vedeva un letto bianco, di ferro. »Bianchina« chiamé a voce bassa Berenice. »Vedi chi CeP« Nel letto si mosse qualcosa. Quando don Paolo si accorse che Berenice era sparita, era gia tardi. Restd in piedi, vicino alla porta. Cosi passarono alcuni minuti. Cercé di ritirarsi, ma gli occhi grandi, pieni di dolore della ragazza morente lo fermarono. Come faceva a spie- disonorare, togliere Ponore a qlcu. disonore, mancanza delPonore 27 gare a quella ragazza di non essere un prete come gli altri? Non sapeva che fare. »Coraggio« le disse e cercd anche di sorridere. Si av- vicind in punta di piedi, verso la ragazza. Le prese una mano e la bacid. . »Carax« disse il prete »so tutto. Ti prego di non dirmi nulla. Tu non hai bisogno di confessarti. Sei gia confes- sata.« »Se muoio« disse la ragazza »mi salverd?« »Certamente.« Don Paolo teneva nelle proprie mani la mano della In quel momento arrivé una voce dalla strada: »Dov’é questo prete che va a Pietrasecca?« Don Paolo voleva partire, ma la ragazza lo trattenne per mano. »Non mi lasci cosi presto« disse. »Quando ci rive- dremo?« »Penserd a te« disse don Paolo. »Non posso crederlox disse la ragazza. »Lei ha altro da pensare.« »Non mi credi? Perché non mi credi?« disse don Paolo. La guardo negli occhi, in silenzio, per alcuni minuti. Era preso da una grande pieta. »Si, adesso ti credo« disse la ragazza. »Non ho mai creduto a nulla, come a questo. Hai degli occhi straordinari. Non mentono.« Penseré a te« disse don Paolo. Attraverso la finestra arrivd una voce: »Viene o non viene questo prete?« »Adesso devo andare« disse don Paolo. »Non aver paura. Non hai nessuna colpa. La colpa é di questa 28 societa che ti ha messo a scegliere tra la morte e il disonore.« Il vecchio Magascia era seduto davanti all’albergo. »Andiamo« disse a don Paolo. »Abbiamo tanta strada da fare.« : Egli fece sedere il prete accanto a sé nel carretto. »Conosce gia Berenice?« domandd Magascia. »Ha conosciuto anche la figlia? E. una ragazza di cui si parla« Il prete non rispose. Appena fuori del paese la strada cominciava a salire. Il prete guardava i monti, le valli, le colline, i torrenti come vecchie cose conosciute. La strada attraversd un ponte. Tra le rocce si vedevano piccoli campi e pit in la le prime case di Pietrasecca. I] carretto avanzava con difficolta. Magascia scese per renderlo pit leggero. »Pare alla fine del mondo« disse il prete. »E un paese disgraziato. E. stato distrutto due volte dal terremoto. Verso sera arrivarono a Pietrasecca. Don Paolo vide davanti a sé circa sessanta piccole case, di cui una parte aveva le porte e le finestre chiuse, essendo probabilmen- te abbandonate. Al di la si vedeva una piccola chiesa. »Da trent’anni la chiesa non ha pit pgrroco« spiegd Magascia. »Raramente ne viene uno. II paese € povero. Come faremmo a mantenere un prete?« Anche attorno al villaggio la poca terra tra le rocce torrente, piccolo fiume di montagna roccia, vedi illustrazione pag. 30 disgraziato, colpito da disgrazie terremoto, forte movimento della terra che qualche volta fa cadere anche le case parroco, il prete di una parrocchia 29 appariva divisa in un gran numero di piccolissimi campi. Sybito dietro il villaggio la montagna si alzava. Nessuna strada conduceva al di la. Don Paolo si guardava attorno preoccupato. »Non le piace?« disse Magascia. »Non capisco come si possano costruire paesi in luoghi cosi stupidi« disse il prete. »Se uno deve scappare di qui, quali possibilita gli offrite?« »L’unico bene é che anche le autorita si occupano poco di noi.« Magascia portd il carretto davanti alla locanda di Matalena Ricotta, dove il prete doveva abitare. La padrona lo condusse direttamente alla camera preparata per lui. »Cosa vuole per cena?« gli chiese. * »Niente« disse don Paolo. »Voglio solo dormire.« Domande 1. Perché Pietro Spina accetta di diventare don Paolo Spada? 2. Che sentimenti prova don Paolo tornando nella terra nativa? 3. Quali sono le prime esperienze di Pietro Spina vestito da prete? 4. Perché don Paolo rappresenta ultima possibilita di aiuto per Bianchina? 5. In che modo don Paolo riesce a dare un po’ di fiducia a Bianchina? locanda, piccolo albergo 31 4 Matalena aveva dato al prete, al primo piano della lo- canda, la propria camera con un enorme letto che occu- pava quasi tutto Pambiente. Don Paolo restava quasi tutto il giorno a letto, senza perd trovarvi vero riposo. Matalena considerava benedetta la sua locanda dalla presenza di un prete. Finché aveva in casa un prete, si credeva protetta dalle disgrazie. Sul tetto della casa si vedevano due grandi corna. »A che cosa servono quelle corna?« chiese don Paolo. »Contro il malocchio« disse Matalena e si fece il segno della croce. »Soltanto contro il malocchio, contro le altre disgrazie purtroppo non servono.« Infatti, la casa di Matalena era crollata anch’essa, come molte altre, nel terremoto del 1915. »Era pit grande di questa« raccontd Matalena. »La buon’anima di mio marito aveva lavorato sei anni in Ar- gentina per poterla costruire. Tutti i soldi che mi man- dava servivano per costruirla. Quando crollé la casa era finita appena da tre mesi. La buon’anima di mio marito lavoro altri cinque anni a mettere da parte i soldi per ricostruire la casa. Quando finalmente stava per ritornare é morto in una disgrazia. L’ha messo sotto un’automobile. E 'invidia che Vha colpito perché doveva venire a godersi la nuova casa.« Don Paolo ascoltava in silenzio. I suoi genitori erano morti in quel terremoto. Era cresciuto in casa della nonna. malocchio, disgrazia di cui si crede sia la causa lo sguardo cattivo di certe persone crollare, cadere invidia, desiderio di avere quello che appartiene ad altri 32 La sera veniva alla locanda la signorina Cristina Colamartini, figlia di don Pasquale, padrone della casa pit grande e pid antica del villaggio, la sola vecchia casa salvatasi dal terremoto. II profondo silenzio che subito si stabiliva al suo apparire esprimeva il rispetto in cui era tenuta. Nel silenzio don Paolo, dalla sua camera, riconosceva la voce della ragazza che domanda- va notizie della sua salute. Don Paolo non aveva ancora visto la signorina Cristina, ma da Matalena sapeva che aveva studiato musica per molti anni presso le mgnache e che stava per partire per farsi mgnaca. A casa la signori- na Cristina doveva aiutare una vecchia nonna di novant’anni, i propri genitori e una zia. Un fratello fannullone era quasi sempre via. La nonna voleva che Cristina si sposasse. Il patrimonio della famiglia era quasi finito. Solo un buon matrimonio poteva salvarlo. Ma il padre amava molto la figlia e non osava parlarne con lei. Perd la nonna aveva finalmente convinto don Pasquale che Cristina doveva rimanere a casa almeno per un po’ di tempo. »Se le interessa« disse Matalena »pud domandare a Magascia. Egli ne racconta di ogni colore.« »Non m’interessa« assicuré il prete. monaca fannullone, chi non ha voglia di lavorare patrimonio, i beni posseduti 3 Vino e pane 33 Don Paolo stava seduto nell’orto di Matalena scrivendo una lettera a Nunzio quando, col carretto di Magascia, arrivé a Pietrasecca una ragazza di Fossa dei Marsi. »La locanda é 1a, a destra dopo il ponte« disse Magascia. La ragazza arrivd correndo e domando a Matalena: »Abita qui un certo don Paolo Spada? Mi ha salvato in punto di morte e devo ringraziarlo.« »Il don Paolo che abita qui, non é un medico, ma un prete« disse Matalena. »Forse non @ né un prete, né un medico, ma un sant'uomo« disse la ragazza. Don Paolo domando: »Chi mi cerca?« »Sono io, Bianchina« disse la ragazza. »Bianchina Girasole, di Fossa dei Marsi, la figlia di Berenice. Non mi riconosce? Non si ricorda pit di me?« »Mi fa piacere che tu sia viva« disse don Paolo sor- ridendo. »Sai, ho pensato spesso a te.« »Ti credo« disse Bianchina. »Ero quasi morente, abbandonata da tutti, venisti tu, mi toccasti una mano e mi salvasti. Adesso mia madre vuole scacciarmi di casa.« »Perché?« Bianchina cercé le parole. »Mia madre pensa che io sono il disonore della fami- glia. Forse ha ragione. Naturalmente, tu sei d’accordo con mia madre.« »Non so« disse don Paolo. »Non sono ancora stato madre.« Bianchina si mise a ridere ma divenne sybito triste di nuovo. Scacciare, cacciare via 34 »Anche se mia madre mi sopportasse« disse »non potrei pit vivere a casa.« »Cosa vorresti fare?« domando il prete. »Non posso fare nulla per te?« »Mi pare che dovresti pensare a te stessa« disse il prete. »Che cosa farai se tua madre ti mette alla porta?« »Non so« disse Bianchina »non so fare nulla.« »Ma se non sai fare niente, cosa vorresti fare per me?« »Qualunque cosa, pur di starti vicina« »Intanto, dove dormirai stasera?« »A Pietrasecca« disse Bianchina »c’é un’antica mia compagna di collegio, Cristina Colamartini; forse mi aiutera. La conosci?« Era Pora che Cristina faceva la sua visita alla locanda. Vedendola arrivare, Bianchina le corse incontro e le saltd al collo. »Come ti sei fatta bella« le disse. Don Paolo non conosceva di lei che la voce. Adesso vedeva come il resto andasse d’accordo con quella voce. Era una ragazza veramente piena di grazia. Cristina diede la buona sera al prete. »Come, ancora non vi conoscete?« disse Bianchina. »Questa qui, si chiama Cristina ed é stata il mio primo amore. Siamo state insieme tre anni nello stesso collegio di mgnache. Lei era la prima della classe ed io, natural- mente, 'yltima e anche per questo ci volevamo bene.« Poi aggiunse, indicando il prete: »E questo qui é un santo al quale devo la vita.« Don Paolo non fece caso alle parole di Bianchina colpito com’era dalla bellezza di Cristina. Una ragazza simile a Pietrasecca? Com’era possibile? »Don Paolo dev’essere stanco« disse rossa in viso Cristina »dobbiamo andar via.« ae 35 »Domani mattina tornerd« disse Bianchina. »Non mi hai ancora risposto a una domanda.« Il giorno dopo, mentre Matalena serviva il caffé a don Paolo gli disse: . »Mi sorprende che donna Cristina abbia fatto dormire quella ragazza in casa sua. Dopo tutto quello che si dice su di lei e suo fratello.« Attraverso la finestra aperta, il prete vide Cristina uscire di casa. Egli si vesti e scese le scale. »Buon giorno« le disse ridendo. »Sono contenta di vederla un momento prima che arrivi Bianchina« disse Cristina. »Lei non sa quale potere enorme ha sulla mia amica. Mi creda, lei é Punica persona che puo salvarla.« »Non sarebbe meglio rivolgersi a suo fratello Alberto? Ho saputo di un rapporto d’amore tra i due.« »Di nuovo?« disse Cristina con voce dura. »Non era finito da parecchio tempo? E un vero scgndalo.« »Vi sarebbe un mezzo molto semplice per evitare lo scandalo« egli disse. »Lasciarli sposare.« »E impossibile« disse fredda Cristina. »Impossibile? Perché?« »Mia nonna e mio padre lo considererebbero un disonore, non solo per sé, ma per tutta la famiglia« disse Cristina. »Per favore, parliamo d’altro.« »Non si tratta della famiglia, ma di Alberto e di Bian- china« disse don Paolo. »Se i due si amano, sarebbe giusto cosi.« »SulPonore della famiglia non si discute« disse Cristi- na« scgndalo, azione che viene giudicata cattiva dalla gente dal punto di vista morale perché da cattivo esempio 36 »Anche lei ha di queste vecchie idee« esclamd con sorpresa il prete. »Perfino lei?« »Anchiio, naturalmentex disse la ragazza. »Chi sono i Girasole? Da dove vengono? In quanto a Bianchina mi permetto solo di ricordare la situazione un po’ speciale in cui lei Pha conosciuta.« »Non Iho affatto dimenticata« disse don Paolo. »Ma cosa ne penserebbe lei se fosse Alberto la causa di quella situazione?« »Cosa si permette?« gridd Cristina. »Voi state parlando di me?« gridé Bianchina arrivan- do di corsa con i capelli al vento. »Devo andare a preparare il caffe per il resto della famiglia« disse subito Cristina. »A pit tardi.« Don Paolo invité Bianchina a tenergli un po’ di com- pagnia nell’orto accanto alla locanda. »Vieni, siediti qui« egli disse. »Spero che hai riflettuto sulla mia domanda« disse la ragazza. »Posso fare qualche cosa per te?« »Si, ho bisogno di te« disse don Paolo. »Veramente?« disse Bianchina contenta. »Mi prenderai con te quando tornerai nella tua digcesi?« »Anche subito« disse il prete. »Ascgltami sul serio. Ho bisogno di mandare qualcuno a Roma da un mio amico. Solo tu puoi farmi questo favore.« »Perché solo io?« »Solo in te ho fiducia.« »Non mi prendi in giro? Scusami, non intendo mettere in dubbio le tue parole; ma, ecco, nessuno mi ha mai parlato cosi. Non mi sono mai aspettata che qualcuno avesse fiducia in me.« »Io invece ho fiducia in te.« »Il viaggio a Roma é per questioni importanti?« 37 »Molto importanti« disse don Paolo. »Ma, vedi, pur- troppo non posso spiegarti di che si trata. Vi sono segreti sui quali i preti non possono parlare. Non hai fiducia in me?« »Mi butterei nel fuoco« disse Bianchina seriamente. »Ascoltami bene« disse don Paolo. »Non devi raccon- tare a nessuno che vai a Roma per me. Neppure a Cristina o a tua madre. Inventerai una scusa qualsiasi.« »Mentre saré lontana, penserai a me?« »Te lo prometto.« Don Paolo and6 nella sua camera per scrivere la lettera che Bianchina doveva portare a Roma. Domande 1. Qual é@ il modo di pensare di Matalena sul destino e sulle disgrazie dei contadini dell Abruzzo? 2. Come viene deciso il destino di Bianchina dal normale modo di pensare nei paesi dell’ Abruzzo? 3. Come la signorina Cristina é, anch’essa, legata a quel modo di pensare? 4. Perché don Paolo ha una tale fiducia in Bianchina da chiederle un favore tanto importante? segreto, fatto che non dev’essere conosciuto 38 5 Arrivo una lettera di Bianchina da Roma. Il viaggio era andato bene, scriveva. Aveva trovato facilmente la per- sona che doveva cercare. Sarebbe ritornata presto. Di certo gli avrebbe riportato molte carte da leggere. Questa breve lettera ebbe un effetto enorme su don Paolo. D’un tratto si senti meglio. Fra poco avrebbe po- tuto lasciare questo villaggio e ritornare a Roma per discutere col Partito.* Da quel momento cerco di evitare quell’ambiente di donne che lo circondava e cercé la compagnia degli uomini. Prima di lasciare Pietrasecca, avrebbe voluto almeno conoscerli meglio. Questi peré durante il giorno erano git nella valle e tornavano solo verso sera, a piccoli gruppi. DalPorto don Paolo li vedeva salire stancamente la valle. Ora che stava meglio usciva di casa e un pomeriggio passé oltre il ponte di legno e prese la piccola strada che scendeva verso la valle. Si sedette accanto alla strada e aspetto. Era cosi naturale per lui aspettare. Da ragaz- zo, nella piazza di Orta, aspettava che gli altri ragazzi, quasi tutti figli di povera gente, lo raggiungessero per giocare. Pit tardi a Roma, nel gruppo degli studenti socialisti aspettava qualche operaio fuori porta San Giovanni, o fuori porta San Paolo, per passare insieme la sera. In Francia aspettava Cardile. Sapeva aspettare. Quella sera il primo ad arrivare fu il vecchio Sciatap col figlio. Il vecchio Sciatap era conosciuto con questo *Partito comunista Orta, paese nell’ Abruzzo studente, chi studia 39 nome in tutta la valle. Da gigvane aveva lavorato in America come uomo di fatica presso un paesano, un certo Carlo Campanello che a New York.era diventato Mister Charles Little-Bell. Egli lo trattava come una bestia da lavoro. Ogni volta che la povera bestia apriva la bocca per parlare, Mister Little-Bell gli gridava: »Sciatap.« Pare che in inglese Sciatap voglia dire: sta’ zitto. Quando, dopo vari anni, Sciatap torné a Pietrasecca, non sapeva che quella sola parola, e la ripeteva ogni momen- to. Sua moglie non poteva pid aprire bocca, perché lui gridava: »Sciatap!«. Alla vista del prete, Sciatap si fermd. »Da molto tempo avrei voluto parlare con lei« disse »perd mi avevano detto che era malato.« »Adesso sto meglio« disse don Paolo. »Si tratta« disse il vecchio »del fatto che mio figlio vorrebbe fare il carabiniere. Non potrebbe scrivergli una raccomandazione?« »Hai veramente voglia di fare il carabiniere?« doman- do il prete al giovane. »Magari« egli disse. »La gente ne dice male per invi- dia. Si lavora poco e si guadagna bene.« »Vedi, la difficolta invece @ un’altra« disse il prete. »Tu sei un lavoratore. Se diventi carabiniere, i tuoi capi potranno ordinarti di sparare contro dei contadini malcontenti. Questo é gia avvenuto, come forse sai, non lontano di qui, a Sulmona.« Sciatap fu subito d’accordo col prete. contadino, chi lavora la terra matcontento, che non @ contento Sulmona, citta dell Abruzzo. Vedi piantina pag. 4 40 »Don Paolo ha ragione« disse. »Per vivere un po’ bene, bisogna vendere l’anima. Non cé altra via« »Non cé altra via?« disse don Paolo. »Non si pud vivere bene e rimanere onesti?« »Si, coll’aiuto della Chiesa« disse Sciatap. »Perché cé la Chiesa? Forse la Chiesa proibisce ai carabinieri di sparare? Ha detto che a Sulmona i carabinieri hanno sparato contro la povera gente. Vuol dire che dopo si saranno confessati. C’e sempre un modo di mettere a posto le cose, finché si vive. Ma i contadini che sono morti, chi li ha confessati? In questa vita hanno sofferto il freddo e nelPaltra stanno soffrendo il fuoco.« »Mi dispiace« disse don Paolo »ma non saprei proprio a chi raccomandarvi.« Sciatap e il figlio diedero la buona sera al prete. Don Paolo torné a sedersi. Subito dopo arrivé un gruppo di contadini attorno al carretto di Magascia. »Siamo stati al mercato« disse Magascia fermando il carretto. »Avete ben venduto?« domandé il prete. »Giacinto é stato arrestato dai carabinieri« disse uno che stava vicino al carretto. »Voleva tornare a Pietra- secca senza vendere ai prezzi fissati dalle autorita.« »I prezzi sono troppo bassi, noi non volevamo vendere, ma siamo stati costretti« disse Magascia. »Il carretto si mise in movimento e don Paolo con gli altri. Nel gruppo di contadini cera anche un giovanotto con uno strano sguardo. Era senza scarpe e mal vestito. Non partecipava ai discorsi dei compagni. Don Paolo gli sorrise. I] giovane sorrise anche lui e gli si avvicind. onesto, che ha senso del giusto, che non fa cattive azioni 41 Quando il gruppo pass6 oltre il ponte dilegno don Paolo prese il giovane per un braccio e lo trattenne. »Vorrei parlare con te« gli disse a voce bassa. »Vor- rei sapere quello che pensi di alcune cose.« Don Paolo lo segui fin dove abitava tra un gruppo di stalle in fondo al villaggio. »Vorrei parlare con te, da uomo a uomo« disse don Paolo. »Dimentica un momento, ti prego, che io porto un abito da prete e che tu sei un semplice cafone. Cé un paese, un grande paese nel quale, nel 1917, i cafoni delle campagne strinsero un accordo con gli operai della citta.« Matalena intanto andava in giro di casa in casa per trovare don Paolo. Finalmente lo trovo. »Da un’ora la cena é pronta« disse. »Temevo una di- sgrazia.« »Non ho fame« disse don Paolo. »Torni pure nella lo- canda, perché ho ancora da parlare con questo amico.« »Parlare?« disse Matalena. »Ma non si é accorto che questo poveretto é@ sordomuto e capisce solo qualche segno?« I] sordomuto era li, seduto per terra, accanto al prete e lo guardava con due buoni occhi da cane. Il prete disse alla donna: »Non fa niente, torni pure nella locanda, io ‘non ho fame.« I due ugmini restarono seduti per terra e anche colui che poteva parlare tacque. Ogni tanto si guardavano e sorridevano. II grigio della sera se n’era andato e si stava facendo buio. Dopo un po’ don Paolo si alzé, cafone, contadino povero sordomuto, che non pud udire né parlare 42 strinse la mano al sordomuto e gli diede la buona sera. L’unica porta ancora aperta e illuminata era quella della locanda. La sera capitava sempre qualcuno a bere 0 a giocare e rimaneva fino a tardi. Quando don Paolo arriv6 quella sera due soli contadini stavano giocando a carte. »A vederla parlare col sordomuto« disse uno di essi »credevo che avesse fatto un mirgcolo; invece si era solo sbagliato.« Don Paolo si sedette al tavolo dei due. »Non ho fatto nessun miracolo e non mi sono sbagliato« disse. I due ripresero a giocare. Don Paolo si sedette al tavolo dei due. Aveva voglia di discutere. »Da che mondo é mondo« disse »i cafoni si lamentano, ma non fanno niente per rendere migliore la loro situa- zione. Continuera sempre cosi?« »Se si potesse morire di fame, saremmo gia morti« disse uno. »Non credete che una volta le cose potranno cam- biare?« disse ancora don Paolo. »Si, quando il malato é alaltro mondo, arriva il medico« disse Paltro. »Non avete mai udito che vi sono paesi in cui le cose sono diverse?« »La testa dell’uomo é troppo piccola per pensare a queste cose« disse il primo. »La nostra piccola testa non puo pensare che a un piccolo pezzo di terra« »A volte« disse Paltro »la nostra testa non basta mirgcolo, fatto che non si pud spiegare con le leggi naturali lamentarsi, esprimere di non essere contenti 43 neppure per il nostro piccolo pezzo di terra. E a che cosa servono i pensieri? Non voglio offenderla, ma si vede che ha tempo da perdere.« I due ripresero a giocare. »Ho capito« disse don Paolo. »Buona notte.« Pia tardi uno di loro disse a Matalena: »I] tuo prete sembra un buon yomo, ma é anche un po’ matto.« Domande 1. Perché don Paolo cerca di stabilire rapporti con i contadini? 2. Che cosa significa per don Paolo Vincontro con il sordomuto? 3. Perché per i contadini don Paolo é un buon uomo, ma un po’ matto? ~ 44 6 La maestra del villaggio, la signorina Patrignani, aveva ricevuto il nuovo numero del giornale murale, LE NOTIZIE DI ROMA, che doveva essere affisso sulla porta della scuola. Prima di affiggerlo essa aveva Pabitudine di leggere e spiegare le notizie pit importanti ai contadini nella locanda di Matalena. Quando si seppe che anche il prete sarebbe stato pre- sente quella sera, la locanda si riempi pid del solito. -Vennero persone che il prete non aveva ancora visto. Don Paolo era seduto ai piedi della scala che conduceva al primo piano e poteva vedere quasi tutti in faccia. La maestra raccomando di stare bene attenti e di do- mandare se c’erano delle parole difficili. Poi comincid a leggere a voce alta: »Abbiamo un capox lesse »che tutti i popoli della terra ci invidiano e chissa che cosa sarebbero disposti a pagare per averlo nel loro paese . . « »Quanto pagano?« disse Magascia. »E un modo di dire« disse la maestra. »No, no, quando si compra 0 si vende, non vi sono modi di dire« disse Magascia. »Lo vogliono o non lo vogliono? E se lo vogliono, quanto pagano?« »Ho detto che é soltanto un modo di dire.« »Allora non é vero che vogliono comprarselo!« disse Magascia. Vari scoppiarono a ridere. »Finite di ridere« grid la maestra »altrimenti vi pianto murale, da attaccare a un muro affiggere, attaccare invidiare, desiderare qualcosa che appartiene ad altri 45 qui e vedremo se siete capaci di capirlo da voi.« Poi rivolse uno sguardo al prete, come per dire: »Veda un po’ con che razza di gente bisogna avere a che fare in questo paese!«. La seconda notizia riguardava i rurali. »Chi sono i rurali?« domand6 uno. »I rurali siete voi« rispose la maestra perdendo la pa- zienza. »Ve ho detto e ripetuto cento altre volte.« »Eravamo rurali e non lo sapevamo« dissero ridendo gli uomini. La maestra disse: »La rivoluzione rurale ha raggiunto i suoi scopi su tutta la linea . . .« - »Quale rivoluzione abbiamo fatto noi?« domandd Grascia. »Quali scopi abbiamo raggiunto?« La maestra divento rossa. »La rivoluzione rurale ha salvato il paese dal pericolo comunista.« »E gli altri scopi?« »Avete vinto la battaglia del grano. *« »Noi?« »La nazione. Tutta la nazione.« »Ah, la nazione« disse Grascia. »Non era la battaglia del grano, ma della fame. Non Pho vinta« Gli uomini scoppiarono di nuovo a ridere. »Zitti! Sono cose serie queste? Fate silenzio!« »Siccome non sono d’accordo, me ne vado« disse Grascia. La maestra lo invito a spiegare su quale punto non rurale, della campagna. Parola usata dai fascisti per indicare un contadino *Programma fascista per aumentare la produzione del grano per non dipgndere dallgstero ‘ 46 fosse d’accordo, ma il vecchio si allontand senza rispgndere. Don Paolo lo raggiunse fuori della locanda. »Bravo« gli disse. »Una donna non deve insegnare all’uomo« disse Grascia. »Lhai fatto solo per questo?« »Per questo, e altro.« La notte era calda. Vicino al ponte di legno, dove -erano rimasti a parlare, don Paolo e Grascia, furono raggiunti da Sciatap, Magascia e Daniele. Don Paolo consegné del denaro a Sciatap perché si facesse dare da Matalena una boitiglia di vino. »Ecco, bevete« disse Sciatap. bottigtia grano »Uno di noi dovrebbe farle la carita di un figlio« disse Grascia. »Magari potremmo tirare a chi tocca.« »Di chi parli?« gli domandd Magascia. »Della maestra.« »Lascia in pace quella disgraziata« disse Magascia. »Ognuno guadagna la vita come pud.« »Forse tra giorni andré via« disse don Paolo. »Mi sento abbastanza bene in salute. Ma prima di partire vorrei avere un’idea pit precisa del vostro modo di pensare.« »Siamo cafoni« disse Daniele. »Lavoriamo la terra. E presto detto. C’é poco da pensare.« »Anche un cafone qualche volta riflette« disse il prete. 47 »Ecco, per cominciare, Daniele, non potresti dirmi che cosa pensi tu della situazione?« »Di quale situazione parla?« disse Daniele. »Della situazione generale del paese.« »Di quale paese? Di Pietrasecca?« »Non mi hai capito« disse il prete. »Cosa pensi delle condizioni di vita in generale in Italia?« »Niente« disse Daniele. »Sa, ognuno ha i suoi dolori.« »Ognuno pensa per sé« disse Magascia. »Ognuno ha il suo piccolo pezzo di terra« disse Grascia. »Ognuno pensa giorno e notte al suo pezzo di terra. Se piove, se non piove. Di pensieri ne abbiamo anche troppi.« »Non mi avete capito« disse il prete. »Vorrei sapere che cosa pensate di questo governo.« »Niente« disse Daniele. »Niente« dissero gli altri. »Come?« disse il prete. »Eppure vi lamentate sempre.« »Si nasce e si cresce nello stesso pensiero« disse Sciatap. »I pid lontani ricordi della nostra mente che cosa sono? I nostri vecchi che si lamentavano. Si credeva che non potesse venire il peggio, ma il peggio é venuto.« »Bevi e passa la bottiglia« disse Daniele. »Ma non credete che un giorno possa finire?« disse il prete. »Parla di un’altra vita, dopo morto?« domandd Grascia. »No, parlo di questo mondo

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