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Linguistica Generale Lez 17
Linguistica Generale Lez 17
L’italiano
ospita due categorie (prefissi e suffissi), mentre gli infissi sono tendenzialmente assenti.Per quanto
riguarda i prefissi, un esempio può essere la “in” di inesperto, la “ex” di ex atleta ecc...Nella divisione
tra morfemi, se devo fare una divisione della parola “mutamento”, i morfemi sonotre: MUT/ MENT
(che è il suffisso) / O (morfema flessivo).
Accanto ai prefissi e suffissi c’è il problema dell’infisso. Il problema che pone Berruto è se
considerare ic della parola cuoricino, un infisso o un suffisso. Ic non entra dentro il morfema lessicale
ma lo segue secondo la tipologia dell’italiano che è una morfologia di tipo concatenativo.
Tendenzialmente l’italiano è una lingua a morfologia concatenativa, per cui la presenza di un infisso
risulterebbe anomala. Invece si analizza con più semplicità cuoricino/ vermicino come composti di
4 morfemi: CUOR (morfema lessicale), IC (suffisso), IN (suffisso), O (morfema copulativo). Un altro
caso può essere quello di “capisco”: se coniugo il presente indicativo (capisco, capisci, capisce,
capiamo, capite, capiscono); questo ISC dal confronto delle persone dal singolare al plurale, è
un’aggiunta. Come analizzarlo? Anche in questo caso si può considerare un infisso? No, abbiamo un
suffisso. Qual è l’analisi di capisco? cap+isc+o, ma quell’O è la desinenza, il morfema flessivo. Un vero
e proprio infisso rimane solo nel caso di esempi del latino “rumpo” cioè infisso del presente.
Un’ultima precisazione riguarda il modo in cui noi analizziamo un elemento nel corso del tempo in
diacronia. Se prendo il caso di “Rumpo” è l’antecedente diacronico dell’italiano rompo. Ma potrei
dire la m di rumpo è infisso e lo è anche quello dell’italiano rompo perché il passato remoto è RUPPI,
allora uno potrebbe dire che la M dell’italiano è infisso quando lo è la M del latino ruMpo. È così?
Non è esattamente così, perché questa capacità di analizzare i confini morfematici è molto più
evidente tanto più riusciamo a risalire indietro nella diacronia. Cioè lingue indoeuropee di fase
antica, avevano tendenzialmente una trasparenza tra un morfema e un altro. Con il tempo questa
trasparenza morfologica si opacizza, diventa meno chiara e questo significa che nessun parlante
italiano è in grado di analizzare quel -romp come composto da una base e un infisso, l’analizzerà
come una parola monoblocco. Invece il latino, c’era una maggiore coscienza della trasparenza
morfematica e della divisione tra un morfema e un altro morfema e quella M di rumpo, era
analizzato come un infisso vero e proprio. La prova del nove deriva dal fatto che mentre gli infissi, il
procedimento dell’infissazione in latino era produttivo, in italiano l’infissazione non è più un
processo produttivo, cioè noi non formiamo parole usando la “m” infisso.
rup-
ru+m+p-
Ci sono altri esempi di circonfisso (elemento composto da due parti: prefisso e da suffisso). Ci sono
molte lingue del mondo che utilizzano questo per formare un derivato. Se devo formare un
deverbale (nome tratto da un verbo: vita da vivere) uso il circonfisso. Non basta uno dei due,
servono sia il prefisso che il suffisso. Transfissi classici (esempio classico le lingue semitiche) che si
inseriscono nella tipologia introflessiva.
I transfissi sono tipici delle lingue semitiche e funzionano come i denti di un pettine: le vocali sono i
denti di un pettine, non ci dicono nulla sul significato della parola, ci danno informazioni
ESCLUSIVEMENTE attinenti alla grammatica, sono solo morfi. Non esiste in una lingua semitica una
vocale che contribuisce al significato della parola; dove vanno queste vocali? stanno dentro la parola.
Se io analizzo dalla radice DRS (in arabo significa studiare, una forma come “darisa ha studiato o
durisa è stato studiato”, le vocali in grassetto ci danno informazioni sul tempo, sulla persona, ma non
sul lessico. Il lessico ce lo dà la radice triconsonantica, detta trilittere perché composta da tre lettere
(DRS). Nel vocabolario, dove vado a cercare durisa o darisa? Sotto DRS perché i lessici sotto
organizzati per radici.
Ci sono dei limiti al numero dei suffissi? No, la parola socializzabilità è un buon esempio di derivato
che è composto da un numero abbastanza alto di suffissi. Partiamo da socio, da socio si fa sociale,
da sociale si ottiene socializzare, da socializzare si ha socializzabile, e da socializzabile si ottiene
socializzabilità. A differenza dei prefissi, nel processo della derivazione tramite suffissi, si può
cambiare classe di appartenenza (da nome possono diventare aggettivo).
Socio, se forma sociale, quel sociale è un denominale, cioè ha origine da un nome. Se da sociale
formo “socializzare”, formo un verbo, quel verbo è un deaggettivale; se da socializzare formo
“socializzabile” (aggettivo che traggo da un verbo) è un deverbale; se da socializzabile formo
socializzabilità (sostantivo) abbiamo un deaggettivale. Quindi si può cambiare classe di
appartenenza; questa è una proprietà dei suffissi che i prefissi non hanno. I prefissi in italiano non
possono cambiare classe di appartenenza.
Nella formazione dei composti possono intervenire diverse classi di parole (nomi- verbi- avverbiecc).
Dov’è la testa? Tendenzialmente qua c’è una differenza tra le lingue romanze e germaniche: nelle
lingue romanze la testa del composto si trova a sinistra; in crocevia, abbiamo la testa che è croce;
nel caso di camposanto la testa è a sinistra. Nelle lingue romanze, nei composti esocentrici la testadi
solito sta a sinistra; invece, nelle lingue germaniche, tendenzialmente la testa sta a destra.
Nel caso di “poltrona” è una sedia dotata di braccia, la testa del composto sta a destra. Questa è una
netta differenza tra lingue romanze e germaniche.
La “AS” lessicale del femminile accusativo del latino “rosa”, è un morfema portmanteau perché
assolve a varie funzioni.
In turco non ci possono stare morfemi portmanteau perché il turco è una lingua agglutinante e le
lingue agglutinanti non hanno morfemi cumulativi perché ogni morfema può esprimere una sola
funzione. Se io dovessi esprimere in turco accusativo femminile plurale, avrei bisogno di tre morfi,
tanti quante sono le funzioni.
Morfema zero:
come analizziamo morfologicamente SHEEP (pecora)? Lo analizziamo come morfema lessicale.
L’inglese è una lingua parzialmente isolante e non ci stupisce il fatto di non trovare morfemi lessicali
in questa parola. Non c’è un’espressione per il numero, il genere.
THE SEEP ARE: come facciamo l’analisi morfologica?
Domanda del tipo: Dividi morfologicamente la parola SHEEP plurale
Sheep + 0
Cioè il morfema che esprime il plurale non è che non esiste, non è realizzato in superficie, cioè è 0.
Controprova: se non esistesse il plurale di SHEEP, non sarebbe realizzabile la frase del tipo “the
sheep are”. Quindi vuol dire che in questo caso, il morfema non è realizzato.
Ma è possibile una cosa del genere nelle lingue? Si, è possibile che per esempio in una flessione
casuale dei casi, un caso sia non espresso in superficie, cioè non esista un morfema che lo esprime.
I bar sono aperti
Bar + 0
Al plurale, bar ha due morfemi: lessicale e zero.
Se bar non avesse un plurale, come i nomi massa che non ce l’hanno, non potrei fare una frase del
tipo “i bar sono aperti”.
Run: seconda persona singolare è uguale alla prima, alle tre persone del plurale; sono tutte uguali
tranne la terza.
Allora la seconda del singolare, la prima del singolare, le tre del plurale, come le analizzerò?Avranno
due morfi: uno lessicale e lo zero.
- Ingl. Sheep ‘pecora’ vs. sheep ‘pecore’
- Lat. Exul, -is, -I, -em. Exul rappresenta il morfema zero
- Ingl. Run (= 1 e 2 pers. Sing.; 1, 2, 3, pl.)