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LEZIONE 2 9 MARZO 2016

Una struttura deve rispondere a diversi stati limite.

Posso avere stati limite di collasso oppure uno stato limite di salvaguardia della vita, ma esistono anche
stati limite di esercizio, operatività; è possibile infatti che una struttura sia capace di funzionare dopo un
terremoto, in questo caso sicuramente tale struttura non ha raggiunto il suo stato limite di collasso,
tuttavia lo stato limite di funzionamento è anche diverso dallo stato limite di danno che può avere una
struttura. Il crollo di un controsoffitto è uno stato limite di operatività e non di danno, per fare un semplice
esempio tra i due.

Un esempio molto comune è il ponte tibetano:

questo è essenzialmente una struttura


realizzata intrecciando varie corde, rispetto allo
stato limite ultimo questa condizione è ben
verificata, nel senso che siamo sicuramente
lontani dalle condizioni di crisi per le funi,
quest’ultime infatti hanno un alto coefficiente
di sicurezza ma una bassa efficienza in servizio
(stato limite di servizio), le funi infatti si
inflettono troppo, si spostano e vibrano molto.
Sicuramente su di una struttura del genere non
posso farci passare sopra dei camion anche se
la capacità del ponte ne riesce a sostenere 5.

Un nuovo concetto di stato limite è lo “stato limite di salvaguardia dei beni artistici”, ovvero bisogna fare in
modo che i beni, intesi come: statue, affreschi, tele, non subiscano danni nel tempo. Tuttavia per effettuare
tale lavoro bisogna capire quali sono i rischi cui il bene è esposto.

Arriviamo quindi al concetto principe del nostro studio, che si concentra sulla valutazione di una
prestazione, spesso dovuta ad una deformazione o ad una sollecitazione o ad uno spostamento.

Def. STATICA: tutto è fermo, ovvero al variare del tempo non cambia nulla; se applico un carico la
sollecitazione è così lenta da non avere effetti, né delle accelerazioni, né delle velocità, o per lo meno sono
così basse che i loro effetti sono trascurabili.

Considereremo spesso nel nostro studio un “prima” e un “dopo” inteso non in senso temporale ma a delle
specifiche considerazioni: prima che metto un carico o che succede qualcosa e dopo che quel qualcosa è
successo, è inteso più come un “prima” e “dopo” geometrico, di configurazione.

Ogni volta che valutiamo qualcosa noi vogliamo che esso sia fermo.

Def. FERMO: forze e coppie sono nulle, il corpo è fermo in una certa posizione eccetto per il tempo
trascorso per portarsi in una specifica situazione finale.

Def. EQUILIBRIO: forze e coppie globalmente nulle →Statica: le forze sono pari a zero.

Def. DINAMICA: ci sono forze globalmente nulle ma che variano nel tempo e passano da una configurazione
ad un’altra. La dinamica non sarà presa in considerazione nel nostro studio.

Cinematica: si occupa di descrivere il movimento di un corpo, indipendentemente dalle cause che lo hanno
prodotto. Viene dal greco antico κινησιςκινησις (kinésis), che vuol dire, appunto, “movimento”.
Dinamica: studia il movimento di un corpo, ed esprime il movimento di un corpo in termini delle forze, che
lo producono. Deriva dal greco antico δυναμιςδυναμις (dinamis), che vuol dire “forza”.

Statica: studia i corpi in equilibrio, ossia quei casi particolari in cui le forze agenti si bilanciano. L’equilibrio
può essere statico (il sistema rimane fermo nel suo complesso) o dinamico. Il termine στασιςστασις (stasis)
in greco antico significa “stasi”, ovvero lo stare, l’assenza di movimento.

Valuteremo quindi queste configurazioni deformate e indeformate in equilibrio.

È importante saper passare dalla realtà ad un modello matematico, anche utilizzando equazioni
differenziali, in questo corso tuttavia le equazioni differenziali non saranno particolarmente complicate.

Anche se esistono vari dispositivi per analizzare le strutture, come il <laser scanner> o software di calcolo,
questo corso cerca di fornire le basi per una conoscenza della struttura e delle sollecitazioni a cui essa è
esposta, anche per riuscire ad utilizzare al meglio tali software.

Quindi il mio scopo è quello di estrapolare la struttura. Consideriamo il piano su cui poggiamo in questo
momento, questo piano si chiama solaio o impalcato, intorno a noi vediamo le pareti, tuttavia queste pareti
non sono strutturali ma sono delle tamponature, mentre i pilastri sono strutturali.

Intorno a noi notiamo quindi l’esistenza di due classi di elementi: elementi portanti e elementi non
portanti, chiamati anche “componenti non strutturali”, le pareti infatti sono semplicemente una muratura
di tramezzatura, nel senso che servono ad isolare questo spazio dove ci troviamo da quello a fianco,
tuttavia se anche le pareti non ci fossero la struttura dove siamo in questo momento non crollerebbe ma
non avremmo ambienti separati sullo stesso piano.

Gli elementi non strutturali fino a 20 anni fa non venivano proprio considerati nel calcolo strutturale, in
questo infatti venivano valutati solo i pilastri e le travi portanti. Eventi disastrosi e drammatici, come il
terremoto dell’Aquila (6 Aprile 2009), hanno tuttavia mostrato l’importanza e l’influenza che gli elementi
non strutturali conferiscono alla struttura; nell’istante in cui questi ultimi interagiscono con gli elementi
portanti di una stessa struttura ne alterano il modo di vibrare e quindi di rispondere a determinate
sollecitazioni.

A questo punto introduciamo brevemente il concetto di risonanza: se consideriamo un pendolo che oscilla
di un periodo proprio, periodo legato essenzialmente alla massa e alla lunghezza del filo (pendolo
semplice); agitando il pendolo con una frequenza,(utilizzando una forzante esterna , come il terremoto ad
esempio) molto lontana da quella che possiede (o molto forte o molto debole) osservo che il pendolo non
sembra subire alcun cambiamento e dopo un periodo di transizione ritorna al suo moto originario. Tuttavia
se gli impongo degli spostamenti affini alla sua frequenza questo inizia a mostrare scostamenti via via più
grandi, fino a “volare via”.

Il terremoto ovviamente non è una forzante sinusoidale, cioè un moto con frequenza fissa, è un mix di
armoniche di più segnali che arrivano dall’epicentro, e sicuramente queste vibrazioni saranno poi in parte
anche filtrate dal terreno. Anche se il terremoto ha una frequenza contenuta, tale frequenza può essere
tale da venire assorbita dagli elementi strutturali senza portare danni, tuttavia considerando anche le
tamponature che interagiscono con gli elementi strutturali la stessa frequenza poteva essere un problema.

Nell’Aquila a questo purtroppo si è aggiunto anche il clima freddo, le facciate di molti edifici sono crollate
nonostante la struttura portante avesse retto al terremoto. Molti edifici dell’Aquila mostravano una
tramezzatura interna nella maglia del telaio, tra pilastri e travi, di pochissimi centimetri in cui vi era una
lama d’aria isolante, tale muratura interferisce con le oscillazioni del palazzo rendendolo più rigido e
soggetto a maggiori vibrazioni in presenza di una azione anche lieve, ciò comporta danni maggiori.
Questo quindi ci fa capire l’importanza di modellare una struttura, in quanto per avere una buona analisi
strutturale, bisogna estrarre il modello della struttura.

FASE 1: MODELLARE FISICAMENTE LA STRUTTURA

Se la struttura risulta essere già esistente devo considerare sia chi l’ha fatta, sia l’epoca in cui è stata
costruita per capire come funziona veramente. Se la struttura è nuova invece devdo io come si comporterà,
ho libertà di progetto, la modellazione è più semplice, ma considerando sempre le norme vigenti.

FASE2: CARICHI

Devo capire i carichi e le sollecitazioni a cui è sottoposta una struttura. In questa fase sorgono molte
problematiche, dovute a diverse azioni controllabili o meno; le sollecitazioni infatti devono essere
affrontate in modo probabilistico. A volte i carichi possono anche stabilizzare la strutture. Esistono le
combinazioni di carico e non per forza la condizione di carico massimo risulta essere la peggiore. Molte
volte è più importante che l’inflessione sia contenuta rispetto a che la struttura regga.

Esempio: treno che passa su di un ponte

Il treno che viaggia a 400 Km/h deve essere certo che quando passa
il ponte resti dritto, che non si infletta per il proprio peso, la
struttura deve avere una “freccia” contenuta. Il crollo del ponte non
è il mio vero rischio, il rischio è che al passaggio del treno il ponte
inflettendosi troppo potrebbe mostrare un inclinazione tale che il
treno vola via dai binari.

FASE 3: VERIFICARE I CARICHI

Bisogna effettuare delle verifiche: collasso, sollecitazioni e frecce. Anche in questo caso l’approccio è
sempre di tipo probabilistico, bisogna controllare che le strutture soddisfino delle prestazioni e dei requisiti
particolari. Affermare che una struttura è sicura “ON-OFF” è sempre un rischio, e non è quasi mai vero.
Anche la condizione di sicurezza è basata su di una probabilità: la struttura è sicura se la probabilità che non
lo sia è contenuta in un certo range.

L’importante è capire che c’è sempre un iter duale tra PROGET TO e VERIF ICA (CONTROLLO). PROGE TTO: so
quello che voglio, lo devo esprimere in termini geometrici (incognite). VERIFICA: controllo che le incognite
siano compatibili con le norme. Se la struttura è già esistente questo iter è più complesso. Può succede
talvolta che le incognite nella fase di progetto sono maggiori delle equazioni che ottengo, per cui bisogna
fare delle scelte: estetiche, funzionali,…. Questo può rendere la verifica insoddisfacente, e quindi
riaggiornare il progetto e verificare ulteriormente e così via. Itero quindi dei cicli tra verifica e progetto fino
a quando non si raggiunge un risultato valido.
Dalla realtà al Modello

Immaginiamo di avere un corpo 3D:

in balistica tale corpo può essere rappresentato tramite un puntino con una certa massa, e posso procedere
allo studio di tale corpo considerandone la traiettoria, ma questo non è
lo studio che ci interessa fare.

Posso immaginare di sostituire questo corpo con una linea, linea che
unisce i punti rappresentativi del baricentro di varie sezioni trasversali.
Unendo quindi i baricentro ottengo una linea d’asse un po’
storta.

Sono riuscito a passare da un corpo 3D ad una linea:


inviluppo dei baricentri delle sezioni trasversali. Se però
considerare una linea storta mi è faticoso posso anche
decidere di considerare una linea dritta, ricordando però che
essa non corrisponde all’inviluppo dei baricentri.

NOTA: questa è una fase arbitraria, le travi e le strutture sono


modellate come linee dritte, o perché la scelta della struttura
è arbitraria, e nessuno sceglie una linea storta, ma anche
perché nel 90% dei casi le strutture si fanno con dritte
geometrie rettilinee.

Un corpo rigido nello spazio ha 6 gradi di libertà, DOF


<<degrees of freedom>>, ha quindi 6 possibilità di moto,
ovviamente pensate nel suo baricentro.

Nel piano invece tale corpo ha solo 3 gradi di libertà. Conviene quindi lavorare sempre in un piano,
evitando così i 6 gradi di libertà.

In un piano sono tre le possibilità di movimento:

↑ spostamento verticale v(y)

→ spostamento orizzontale u(x)

↻ rotazione 𝜑𝑧 ( ruota intorno all’asse z, ovvero l’asse che esce dal piano)
Nello spazio altre possibilità di movimento sono:

↶ rotazione intorno a y 𝜑𝑦

↺ rotazione intorno a x 𝜑𝑥

↓ spostamento che esce dal piano w


Il nostro scopo è quindi quello che la nostra struttura non abbia globalmente degli spostamenti, bisogna
comunque sottolineare che la deformazione dovuta ai carichi è molto lenta, avviene cioè al di fuori del
tempo, il corpo resta comunque fermo.

Se il nostro corpo fluttuasse nello spazio in assenza di gravità, se è fermo resta fermo, ma questo potrebbe
muoversi se soggetto a una qualche forza, come ad esempio la forza di
gravità.

Ho quindi una forza verticale w, forza peso, la forza di gravità, che agisce sul
corpo. Devo quindi impedire lo spostamento verticale 𝒗 = 𝟎. A tal proposito
posso inserire un carrello, che impedisce lo spostamento verticale nel punto
in cui esso è posto.

Il carrello vincolando tale movimento genera una qualunque reazione


vincolante verticale, ⩝ 𝑅𝑣 , ovvero una reazione verso l’alto, ma la genera in
un solo punto, nel punto in cui tocca il corpo.

IMPORTANTE: tale vincolo non fa avvenire spostamenti solo nel punto in cui
viene applicato, in particolar modo questo vincolo non fa avvenire
spostamenti verticali.

Qualsiasi oggetto riesca a non far avvenire spostamenti verso l’alto, verso il basso o rotazioni, vincolando
quindi il corpo è un vincolo. Tale vincolo per opporsi a questo spostamento vuol dire che è in grado di
generare una qualsiasi forza, nel nostro caso verticale, e quindi coassiale allo
spostamento impedito.

Posso inoltre sostituire al disegno del vincolo una forza, 𝑅𝑣 , intesa per
reazione vincolare verticale.

Questo modo di esplicare il vincolo è concesso a causa della “dualità statica


- cinematica” , essa mi dice che: posso o disegnare il vincolo, parte
cinematica, o considerare direttamente la forza, reazione vincolare verticale,
il senso fisico non cambia. O in altre parole: la caratterizzazione statica dei
vincoli viene definita in base alle proprietà cinematiche dei vincoli stessi.

RICORDA: il vincolo può esplicare qualsiasi forza, una volta calcolata tale forza bisogna vedere se il vincolo è
in grado di darla o meno!

Il valore di 𝑅𝑣 , è uguale ed opposto alla forza che genera lo spostamento.

Metodo delle forze: trovare la forza in grado di rendermi lo spostamento nullo.

Devo quindi considerare l’equilibrio: per avere globalmente uno spostamento verticale nullo devo avere
globalmente una forza verticale nulla.

Consideriamo uno schema tutte forze, sostituendo ai vincoli le reazioni che sono in grado di esercitare.
Scelto un verso ↑ −𝑤 + 𝑅𝑣 = 0 questa è la condizione di equilibrio.

Se cambio il verso ↓ 𝑤 − 𝑅𝑣 = 0

E’ importante sapere che molte volte si sceglie il verso sbagliato, e lo si capisce perchél’incognita viene
negativa. Il consiglio del professore è quello di rifare il disegno su di un nuovo foglio, e, per evitare
confusione, continuare i calcoli con il vettore con il segno giusto (dopo aver calcolato l’incongita).

L’equazione ↑ −𝑤 + 𝑅𝑣 = 0 mi vincola un grado di libertà, ovvero lo spostamento in verticale. Ho ancora


2 gradi di libertà: 𝑢 = 0 ? e 𝜑 = 0 ?

→ Non ho forze orizzontali, e di conseguenza quindi non ho spostamento orizzontali: 0=0

↻ Non ho coppie in grado di generarmi una rotazione: 0=0. Se non voglio che ruoti la coppia globale deve
essere nulla. Ma danno coppia: o la coppia in senso stretto o due forze uguali ed opposte con un braccio,
oppure una forza con un braccio.

−𝒘 + 𝑅𝑣 = 0
0=0
Ricapitolando, le mie condizioni di equilibrio sono: {
0=0

La struttura è quindi in equilibrio statico, tuttavia risulta essere in equilibrio solo per la particolare
condizione di carico.

Se al mio corpo è applicata una forza trasversale avrò in questo caso una componente verticale ed una
componente orizzontale della forza da considerare. Inoltre il corpo non sarà più in equilibrio. Possiamo
affermare che in realtà questa struttura è sottovincolata, avendo 3 gradi di libertà essa ha bisogno di 3
gradi di vincolo. I gradi di libertà si devono vincolare. Questa struttura è una struttura LABILE.

Una struttura si definisce labile quando risulta essere in equilibrio solo per particolari configurazioni di
carico, un esempio è l’altalena.

La struttura labile va sempre evitata!

Posso bloccare i tre gradi di libertà imponendo tre gradi di vincolo:


3𝑡 − v = 0

3t = gradi di libertà (tre per ognuno dei t corpi o “tratti”)

v=gradi di vincolo

In questo modo ogni azione è assorbita da un vincolo, ovvero mi garantisce che:

Equazioni Cardinali della Statica (ECS)

∑ 𝐹𝐻 = 0 (𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑒 𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑜𝑛𝑡𝑎𝑙𝑖 è 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑎)

∑ 𝐹𝑉 = 0 (𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑒 𝑣𝑒𝑟𝑡𝑖𝑐𝑎𝑙𝑖 è 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑎)

∑𝐶 +∑𝐹 ∗ 𝑏 = 0
= 0 (𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑝𝑝𝑖𝑒 𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑏𝑟𝑎𝑐𝑐𝑖𝑜 è 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑢𝑛 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑠𝑖𝑎𝑠𝑖 𝑝𝑜𝑙𝑜)
Vincoli

1. Carrello o Pendolo

E’ un vincolo semplice che genera un grado di vincolo.


Se considero un’asse a so che 𝑎𝑠𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 = 0 ⩝𝑅𝑎, ovvero
impedisce lo spostamento lungo l’asse a, e genera una
qualsiasi forza Ra

2. Cerniera

E’ un vincolo doppio, impedisce lo spostamento sia in


verticale, che in orizzontale, volendo può ruotare sul
proprio asse. u=0 e v=0.

⩝ 𝑅𝑉
⩝𝑅𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 ⇒ {
⩝ 𝑅𝐻

3. Incastro

È un vincolo triplo, posso quindi generare una forza qualsiasi, inoltre potendo aggiungere una coppia
qualsiasi questa forza può traslare in qualunque punto.

u=0, v=0 e 𝝋=0

⩝ 𝑅𝑉
⩝𝑅𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜 ⇒ { ⩝ 𝑅𝐻
⩝ 𝑅𝑀 (𝑜 𝑅𝑐 )
Nel nostro esempio in particolare:

essendo la reazione di questo incastro una forza ovunque nel piano , mi


genera una reazione direttamente uguale ed opposta a w.

↑ 𝑹𝒗 − 𝒘 = 𝟎 𝑹𝒗 = 𝒘
𝑬𝑪𝑺 { → 𝑹𝑯 = 𝟎 da cui ottengo { 𝑹𝑯 = 𝟎
𝒘∗𝑙 𝒘∗𝑙
↻ 𝒑𝒐𝒍𝒐 𝑨 𝑹𝑴 + =𝟎 𝑹𝑴 = − 𝟐
𝟐

Noto che il verso di 𝑹𝑴 è sbagliato in questo caso, in quanto essa si oppone


al moto, la coppia gira nel verso opposto.

Bisogna disegnare di nuovo le reazioni.

È proprio la forza più la coppia che posso intendere come coppia di


𝑙 𝑙 𝟏 𝑙
trasporto, capace di traslare la forza proprio a 2 : 𝒘∗𝟐∗𝒘=2

4. Doppio Pendolo o Pattino

È un vincolo doppio.

Non sale e non scende rispetto all’ asse a , inoltre non può
ruotare, permette solo movimenti orizzontali.

⩝ 𝑹𝒂 𝑎 = 0
{
⩝ 𝑹𝑴 𝜑 = 0
5. Doppio Doppio Pendolo

È un meccanismo che consente gli spostamenti verticale ed orizzontali, ma


impedisce la rotazione nel punto in cui viene applicato. Assorbe coppia.

⩝ 𝑹𝑴 𝜑 = 0

In tutti gli esempi precedenti è riportato il grado di libertà vincolato e la corrispondente reazione (se il
vincolo è in grado di impedire uno spostamento, vuol dire che è in grado di esercitare la reazione duale in
grado di opporsi)

Infine consideriamo solo un ultimo caso nell’esempio fatto precedentemente.

Consideriamo che sul nostro corpo agisca una forza inclinata di 45° ( di componente orizzontale e verticale
pari a F):

↑ 𝑹𝒗 − 𝑭 = 𝟎
→ 𝑹𝑯 − 𝑭 = 𝟎
𝑬𝑪𝑺
√𝟐 ∗ 𝑙
{↺ 𝒑𝒐𝒍𝒐 𝑨 𝑹𝑴 + 𝑭 ∗ 𝑙 = 𝑹𝑴 + √𝟐 ∗ 𝑭 ∗ 𝟐

𝑹𝑴 + 𝑭 ∗ 𝑙 in questo caso ho diviso la forza inclinata in due


componenti, solo la componente verticale ha il braccio, quella
orizzontale no.

√𝟐∗𝑙
𝑹𝑴 + √𝟐 ∗ 𝑭 ∗ 𝟐 in questo caso invece ho considerato
direttamente la forza intera per la distanza dal polo.

Ovviamente le due equazioni sono equivalenti. Quando considero l’equazione del momento posso
procedere in due modi: o considero le singole componenti per le loro distanze dal polo, oppure considero la
forza inclinata nella sua totalità per la propria distanza dal polo.

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