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MIMMO FRANZINELLI LE STRAGI NASCOSTE LARMADIO DELLA VERGOGNA: IMPUNITA E RIMOZIONE DEI CRIMINI DI GUERRA NAZIFASCISTI 1943-2001 Dai documenti occultati dalla Procura generale militare la terribile storia dei crimini di guerra commessi dai tedeschi e da tanti «ragazzi di Salo» ISBN 88-04-50337-8 ht BHHOS Alla fine degli anni Quaranta, 695 fascicoli processuali sui crimini di guerra nazifascisti vennero occultati nella sede della Procura generale militare, a Roma, in uno sgabuzzino al pianterreno di Palazzo Cesi. Quella docu- mentazione conteneva notizie su eccidi, omi- cidi, saccheggi e delitti commessi in Italia durante l’occupazione tedesca. E non solo re- lative agli episodi pid tragicamente noti — Cefalonia, le Fosse Ardeatine, Marzabotto — ma anche a episodi mai portati a conoscenza dell‘opinione pubblica. A compiere quelle atrocita negli anni dell’ar- mistizio non furono solo gli occupanti tede- schi, ma anche i collaborazionisti e reparti della xsi. La rappresaglia non fu solo reazione agli attacchi partigiani, ma tecnica terroristica preventiva. Vennero massacrati di preferenza comunisti, anarchici, ebrei, prelevati dalle carceri; poi si passo alla gente comune con ra- strellamenti di vecchi, donne e bambini, stra- gi in casolari isolati, villaggi rasi al suolo, raz- zie, saccheggi: una battaglia senza quartiere contro un popolo disarmato, ben pitt accanita delle scaramucce contro i partigiani. Poche furono le perdite tedesche, enormi quelle degli italiani. E, per loro, alla tragedia della morte violenta si sarebbe aggiunta quella della giustizia tradita e di un colpevole oblio. Il materiale «provvisoriamente archiviato» fu ritrovato nel 1994. Tranne poche eccezio- ni, 'implacabile decorso del tempo ha las to che i persecutori concludessero la loro vita impuniti e insieme ha ostacolato la ricostru- zione storica dei crimini di guerra. A decenni di distanza gli archivi giudiziari restituiscono pagine sconvolgenti di tante vi- te spezzate e testimonianze dirette dei s pravvissuti, tasselli decisivi per la conoscenza del volto brutale della guerra ai civili. Le stragi nascoste documenta il quadro d’insieme di eventi rimasti sepolti per mezzo secolo, utiliz~ zando per la prima volta i fascicoli occultati e ricostruendo i processi contro gli ultimi col- pevoli. Ripercorre, come casi esemplari, il contorto itinerario giudiziario per l’eccidio di 67 internati nel campo di Fossoli (chiuso con In sovraccoperta Foto © Hulton-Deutsch Collection /Corbis/G. Neri Varchiviazione) e il procedimento contro Mi- chael Seifert, «il boia di Bolzano» (recente- mente condannato all‘ergastolo dal Tribunale militare di Verona). Questa ricerca, in controtendenza con la «ra- gion di stato» cui la memoria delle stragi & stata sacrificata, vuole squarciare un velo, fornendo documentazione e analisi a quanti vogliano avvicinarsi alla comprensione del fenomeno tragico dell’Italia oppressa dal do- minio nazista. Mimmo Franzinelli, studioso del fascismo, & autore di numerosi libri, tra i quali I! riarmo dello spirito (Pagus 1991), Stellette, croce e fascio littorio (Angeli 1995), I tentacoli dell’Ovra (Bol- lati Boringhieri 1999; Premio Viareggio 2000) e Delatori. Spie e confidenti anonimi: l'arma se- greta del regime fascista (Mondadori 2001). Mimmo Franzinelli LE STRAGI NASCOSTE L’armadio della vergogna: impunita e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001 MONDADORI Dello stesso autore in edizione Mondadori Delatori http: //www.mondadori.com /libri ISBN 88-04-50337-8 © 2002 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Tedizione gennaio 2002 17 61 77 121 137 172 187 207 234 271 m IV vi vu vil Ix x INDICE Introduzione Parte prima ECCIDI E VIOLENZE CONTRO LE POPOLAZIONI Sotto il tallone nazista RSI: civili al muro Mussolini sapeva Parte seconda PROCESSI SCOMODI Le prime indagini Memoria delle stragi, individuazione dei colpevoli Tl congegno della «rimozione di Stato» (1945-1994) Parte terza GLI SCHELETRI NELL’ARMADIO Dietro i fascicoli occultati Quattro casi di ordinaria violenza, insabbiati Parte quarta I CONTI (PARZIALI) CON IL PASSATO La gestione dei fascicoli ritrovati (1994-2001) Una strage senza colpevoli: Fossoli Ergastolo per il boia di Bolzano Note 313 359 369 383 397 411 APPENDICE Riproduzioni di documenti Atrocita in Italia Archiviazione del procedimento per l'eccidio di Fossoli Sentenza contro il criminale di guerra Michael Seifert Indice dei nomi Indice dei luoghi LE STRAGI NASCOSTE In effetti, in Palazzo Cest in via degli Acquasparta 2 in Roma, se- de degli uffici giudiziari militari di appello e di legittimita, veni- va rinvenuto un vero e proprio archivio di atti relativi a crimini di guerra del periodo 1943-1945. II carteggio era suddiviso in fa- scicoli, a loro volta raccolti in faldoni. Nello stesso ambito ver vano alla luce anche un registro generale con i dati identificativi dei vari fascicoli e la corrispondente rubrica nominativa. Gia a un primo sommario esame ci siera resi conto che il materiale rinvenuto era piuttosto scottante, in quanto in gran parte costitui- to da denunce e atti di indagine di organi di polizia italiani e di commissioni di inchiesta anglo-americane sui crimini di guerra: documentazione che risultava raccolta e trattenuta in un archivio, invece di essere stata a suo tempo inviata ai magistrati competenti per le opportune iniziative e l’esercizio dell’azione penale. dalla relazione conclusiva del Consiglio della magistratura militare, 23 marzo 1999 E emerso con tutta evidenza che I’inerzia in ordine all’accerta- mento dei crimini nazifascisti sia stata determinata dalla «ragion di Stato», le cui radici in massima parte devono essere rintraccia- te nelle linee di politiche internazionali che hanno guidato i Paesi del blocco occidentale durante la «guerra fredda». Si tratta di un tema che merita di essere approfondito nella prossima legislatu- ra, al fine di delineare con maggiore precisione gli ambiti di re- sponsabilita degli organi di Stato coinvolti. Lo strumento pitt adeguato per raggiungere tale obiettivo @ sicuramente l’inchiesta parlamentare ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione. |...] Al termine dell’indagine conoscitiva, la Commissione giustizia sottolinea l’esigenza che agli storici italiani, studiosi di quella cenda, sia messa a disposizione la documentazione custodita ne- gli archivi italiani (Ministero degli Esteri, della Difesa, della Giu- stizia, dell’ Arma dei carabinieri, della Procura generale militare). dal documento conclusivo approvato all'unanimita dalla Commissione giustizia della Camera, 6 marzo 2001 INTRODUZIONE La ricerca qui confluita analizza essenzialmente tre questioni: gli aspetti brutali della politica d’occupazione tedesca in Italia (1943- 45), le tecniche di negazione della giustizia sui crimini di guerra da parte dei vertici della magistratura militare (dalla seconda meta de- gli anni Quaranta, per mezzo secolo), le istruttorie seguite al tardivo invio dei fascicoli processuali alle procure militari territoriali (dal 1994 a fine 2001). La prima parte del libro, centrata sulla guerra ai civili, utilizza principalmente fonti di provenienza fascista, documenti irrinuncia- bili per restituire a pieno il clima e i sentimenti con cui una parte degli italiani — quella collaborazionista — percepi, interpretd e non di rado agevold la dilatazione della violenza contro le popolazioni. Gia allora furono attuate strategie di mimetizzazione degli eccidi, con I’attribu- zione alle vittime di un’inesistente affiliazione partigiana o addirittu- ra con il deliberato favoreggiamento dispiegato a protezione dei re- sponsabili delle uccisioni. Emblematico il caso dei tre carabinieri e del sergente fucilati dai tedeschi a fine settembre 1943 a Civita Castella- na, sulla cui morte il comando generale dell’ Arma stabili si ignorasse- ro gli autorie la si segnalasse «con I’indicazione generica “per eventi di guerra”». Lapparato amministrativo della RSI raccolse una mole di notizie su questo terribile fenomeno, portato tempestivamente a conoscen- za di Mussolini. Il Duce invocé pit: volte dall’ambasciatore Rudolf Rahn un intervento risolutore onde evitare il ripetersi di crimini contro i civili, senza risultati tangibili, data la posizione di subalter- nita impotente del suo governo dinanzi al Reich. L’analisi della do- cumentazione fascista evidenzia l’atteggiamento collaborazionistico di dirigenti e funzionari della RsI, i quali — tranne poche eccezioni, 4 Le stragi nascoste emerse soprattutto tra i capiprovincia - nemmeno su un punto cosi scottante riuscirono a tutelare la popolazione nominalmente sotto- posta alla loro sovranita. Incalzate dalla guerriglia partigiana, formazioni speciali (in parti- colare la divisione Hermann Géring) e colonne della Wehrmacht praticarono metodi d’occupazione teorizzati dalle direttive di com- battimento per la lotta alle bande nell’Est europeo. In alcuni casi i re- sponsabili di eccidi provenivano proprio dal fronte orientale, come la divisione ss Leibstandarte Adolf Hitler, responsabile della morte di decine di ebrei nei pressi di Meina, sul Lago Maggiore, nel set- tembre 1943, e pure alcuni reparti della divisione Goring. La repressione antipartigiana s’‘accompagno a un reticolo di rube- tie, di violenze e di uccisioni, individuali e di gruppo. Tra i fattori concorrenti a esiti cosi tragici vi furono sia la sopravvalutazione del- le forze partigiane e della solidarieta popolare ai «ribelli», sia il ti- more di un nemico senza volto e senza legge da combattere in un contesto estraneo se non ostile. La rappresaglia contro i civili andd oltre la ritorsione per le azioni di guerriglia e divenne diffuso inter- vento preventivo e intimidatorio per separare le popolazioni dai partigiani col terrore determinato dalle uccisioni collettive. Fenome- ni analoghi — d’intensita ancora maggiore — erano avvenuti nell’U- nione Sovietica occupata, dove l’appoggio popolare ai partigiani fu assai pit esteso e dinamico che non in Italia. Nella fase preparatoria dell’incursione in una zona «infestata dal- le bande» si pianificarono stragi sul genere di quella perpetrata il 12 agosto 1944 a Sant’Anna di Stazzema (Lucca); in diverse altre situa- zioni gli eccidi vennero innescati da scontri armati e assunsero la forma della rappresaglia, oppure furono il risultato di fattori impre- visti (incluse le incomprensioni linguistiche...). Le ritorsioni si confi- gurarono come azioni reattive contro attacchi partigiani, attuate al- Vistante oppure nel corso di rastrellamenti approntati in pochi giorni. In assenza di questi collegamenti di tempo e di luogo fra at- tacco resistenziale e rappresaglia, rimane difficile spiegare - sia pure nella logica dell’occupante — stragi come quella di Fossoli (67 esecu- zioni capitali, il 12 luglio 1944) e di Bolzano (23 fucilazioni, il 12 set- tembre dello stesso anno). Le perdite subite dai tedeschi erano gene- ralmente minime, eppure determinavano una risposta di livello enormemente superiore. La politica d’occupazione indusse per sua logica interiore meccanismi repressivi «esemplari», pitt o meno duri a seconda del grado di accondiscendenza mostrato dalle popolazio- ni verso il potere militare straniero. Introduzione 5 Itedeschi assimilarono i civili ai «banditi», trovando cosi a giustifi- cazione preventiva e poi la legittimazione degli interventi terrorisici, le cui valenze intimidatorie risultarono rafforzate dal lugubre rituale dell’esposizione pubblica dei cadaveri. Spesso i militari si scaglianno contro i civili con impeto maggiore di quello con cui attaccavam le formazioni partigiane: se era difficile individuare, snidare e colpire i reparti guerriglieri, risultava agevole rastrellare gli abitanti di casdari e di piccoli centri rurali o montani, facendo loro pagare il prezzodel- l’opposizione armata all’occupazione nazista. I germanici ricorsero usualmente alla strategia degli ostaggi, re- quisiti anzitutto dalle carceri o anche rastrellati a caso, a volte come merce di scambio contro il rilascio di militari catturati dai «bandit», pit spesso come deterrente dell’azione partigiana. Di preferenza,tra i prigionieri, venivano eliminati i comunisti e gli anarchici (i «1on patrioti»), per i quali difficilmente vi era scampo, ma furono cobiti anche molti esponenti del movimento resistenziale, con particolare incidenza nella fase finale dei combattimenti quando giovani ine- sperti e male in arnese compirono errori di valutazione fatali oppo- nendosi con armamenti improbabili e in modo scoordinato a reparti nazifascisti in ritirata: ne derivarono, specie nel Veneto, esecuzioni in massa sul genere di quella di Lonigo (Vicenza), dove il 27 aprile 1945 furono fucilati cinque giovani arrestati il giorno precedente senza colpo ferire da una colonna di carristi, cui i ragazzi si eranoin- cautamente contrapposti con vecchi fucili. L’analisi storica evidenzia la tragica vulnerabilita delle popolatio- ni: le blande difese tentate dai partigiani esacerbavano gli assalitori, accrescendo I’impatto distruttivo nei confronti dei civili; la classica tattica dell’agguato e dell’immediata ritirata lasciava che la rappre- saglia si sfogasse contro i civili. Il gruppo guerrigliero, legato al ter- ritorio in una dimensione di mobilita, talvolta colpiva senza valuta- re le ripercussioni della reazione nemica. La stessa conflittualita interpartigiana si ricollega a queste dinamiche, con la propensione a spostare I’obiettivo delle azioni contro i fascisti e i tedeschi al di fuo- ri dalla propria zona, ovvero nel territorio controllato da un’altra formazione: vi furono addirittura attribuzioni di agguati antitede- schi a un gruppo estraneo, dirottando cosi la rappresaglia verso una banda rivale. Tali scompensi non furono estranei al fenomeno, veri- ficatosi nel dopoguerra in diverse localita insanguinate dalla ritor- sione germanica, della trasformazione della «memoria ferita» in «memoria divisa», entro una prospettiva antiresistenziale. Lo spo- stamento della colpa dai tedeschi sui partigiani fu agevolato dilla 6 Le stragi nascoste mancanza di una verita giudiziaria, che impedi ai parenti delle vitti- me l’elaborazione di un lutto che non poteva richiudersi dentro gli angusti spazi della dimensione privata. difficile trovare una spiegazione soddisfacente a forme di vio- lenza cosi estesa e spietata. Probabilmente occorre considerare una molteplicita e una sovrapposizione di fattori, primo fra tutti il logo- ramento della guerra su uomini inviati a combattere lontano dalla loro patria, in situazioni che a lungo andare mutavano profonda- mente il rapporto vita-morte, rendendo la morte un dato normale e depotenziando i freni inibitori. Forme bestiali di accanimento con- tro bimbi, donne e anziani — a Torlano (Udine), su 33 civili massa- crati 11 erano di eta inferiore ai quindici anni — esprimevano il pia- cere di uccidere e al contempo di costruirsi per sé e per gli altri un/aura di immaginaria quanto funzionale invulnerabilita. L’azione di dare impunemente la morte rappresenta da sempre la pitt effica- ce e brutale manifestazione di potenza e di senso del comando, fun- zionale al ristabilimento di un ordine violato. L’esito di questa pras- si é sempre il medesimo: annullamento dell’individuo, una persona accomunata a tante altre in una morte massificata e anonima, le vite ridotte a carne e sangue, cadaveri inumati in fosse comuni o distrut- ti col fuoco. Limpostazione retorico-trionfalistica di tante commemorazioni e pubblicazioni sul movimento resistenziale ha oscurato un elemento di rilievo: il fatto, cio’, che in diverse zone periferiche gli eccidi de- terminarono lo scompaginamento della Resistenza. Dosi terribili di violenza sconvolsero le comunita: dopo la strage nulla pit era come ptima, la presenza partigiana veniva ricollegata immediatamente a potenziali nuovi massacri, il ricordo delle violenze inseguiva i par- tigiani — e si trattava spesso di ragazzi impreparati a reggere colpi cosi duri — inducendoli a spostarsi altrove o addirittura a gettare le armi. La ritirata germanica innescd comportamenti di violenza indiscri- minata. Cosi nei massacri dell’autunno 1944 al Sud, dell’estate 1944 in Toscana, di aprile-maggio 1945 in svariate vallate alpine. Al Sud si verificd una continuita tra bombardamenti, sfondamento del fronte, occupazione tedesca e avanzata anglo-americana. Mentre al Nord gli occupanti ebbero quale avversario il movimento partigiano, nel- I'Italia meridionale si trovarono a contatto con popolazioni «insu- bordinate», percepite come potenziale quinta colonna degli eserciti nemici. II rastrellamento di uomini, attuato dai tedeschi sia per rifor- nirsi di manodopera sia per rendere pitt sicure le retrovie, determind Introduzione 7 reazioni autodifensive che calamitarono nuove violenze. Le stesse direttive di evacuazione provocarono disordini cui i reparti germa- nici risposero con gli eccidi. Contrariamente al luogo comune, la rappresaglia secondo il rap- porto di uno a dieci non era la regola, poiché nella confusione della guerra le dinamiche repressive furono assai meno lineari e pitt con- fuse, divaricate a seconda dei reparti e delle situazioni contingenti. La «guerra totale» ignorava la tradizionale distinzione tra «uccisioni legittime» (in combattimento) e «uccisioni illegittime» (a freddo, senza giustificazione) teorizzata dai trattati internazionali; la fucila- zione di persone che al momento dell’attacco partigiano si trovava- no imprigionate ed erano pertanto estranee all’azione era una prassi illegittima sulla base dell’intesa dell’Aia e della convenzione di Gi- nevra. Gli eccidi non furono prerogativa della strategia intimidatoria e terroristica utilizzata dalle forze d’occupazione, poiché a essi ricor- sero anche reparti della RSI. Le violenze fasciste, particolarmente dei reparti speciali (la x MAS, ma pure alcune Brigate Nere comandate da elementi fanatici), esprimevano la volonta d’innalzare al massi- mo livello la guerra civile, con l’eliminazione dell’avversario e di quanti apparivano con esso conniventi. Esiste una specificita delle stragi tedesche oppure quelli qui di seguito esaminati sono i tipici meccanismi cui ricorre ogni esercito occupante in territorio ostile? Alcune stragi appaiono «ordinarie», altre sono peculiari del metodo nazista. Per cogliere la specificita di questi crimini bisogna collocarli nell’ambito di un sistema altamen- te instabile, la dominazione germanica, sostenuto dal collaborazio- nismo della RSI e ostacolato dalla lotta partigiana, dove l’equilibrio apparente dei rapporti conflittuali era costantemente vicino alla rot- tura. Non eventi straordinari, dunque, ma sbocco e sfogo di tensio- ni, di contrapposizioni, di scelte di governo assunte da chi — lo stra- niero occupante, come i suoi sostenitori neofascisti - aveva consapevolezza dei sentimenti di odio e diffidenza nutriti dalla par- te maggioritaria della cittadinanza verso l’ordine imposto con la forza delle armi. Se, trattando temi cosi atroci, si esaltasse il ruolo dei singoli attori sottovalutando le interconnessioni tra individuo e struttura politico- militare, si incorrerebbe in un eccesso di semplificazione. La forza evocativa di ricostruzioni basate sul protagonismo di qualche perso- naggio rischia di oscurare le responsabilita dei superiori e dei colla- boratori subalterni, rendendo inesplicabile il funzionamento del 8 Le stragi nascoste meccanismo di potere nazista in Italia. I due nominativi che ricorro- no con maggiore frequenza nell’ultima parte del libro sono quelli del comandante del campo di Fossoli Karl Titho e dell’ss ucraino Michael Seifert. Titho rappresenta il tipico «funzionario senza qua- lita», coinvolto dal suo superiore, il generale delle ss Wilhelm Har- ster (capo della Sicherheitspolizei e del Sicherheitsdienst), nella per- secuzione antiebraica in Olanda, quindi incaricato — in quanto uomo di fiducia - della gestione del Lager di Fossoli, da lui diligentemente assicurata fino alla preparazione a tavolino dell’eliminazione di una settantina di prigionieri, su ordine del comando germanico di Vero- na. I colpevoli ritardi con cui la giustizia italiana si occupd di Titho gli valsero nel 1999 il proscioglimento, quando egli era oramai pros- simo alla morte: sentenza significativa, nella quale confluiscono le contraddizioni di un’istruttoria tardiva e le difficolta di giudizio a una distanza cosi considerevole dal momento dei crimini. Le terribili conseguenze del sadismo di Seifert, cui il Tribunale militare di Verona attribui con certezza 18 assassinii, sarebbero inim- maginabili senza la collaudata struttura di dominio costruita nel La- ger di Bolzano, della quale egli rappresentd uno dei terminali pit crudeli e sanguinari. Il giovane ucraino delle ss ebbe mano libera nel settore delle celle riservate ai politici, per negligenza del comandan- te del campo e col consenso del caposettore e dei vari guardiani che, a conoscenza dei suoi crimini, nulla fecero per fermare la sequela delle uccisioni. Anche per Seifert lo studio dei persecutori, l’/esame critico della loro cultura e soggettivita per coglierne la logica posso- no spiegare la relativa facilita con cui essi ricorsero a mezzi estremi, giustificati di volta in volta come l’adempimento di ordini superiori, la punizione di popolazioni conniventi coi ribelli ecc. Oggi non é ancora possibile una valutazione affidabile del nume- ro delle vittime di eccidi: le stime oscillano dalle diecimila alle quin- dicimila persone. Un dato che rientra nella logica delle guerre con- temporanee, considerato che a partire dal conflitto europeo del 1914-18 si é allargato il divario tra i caduti militari e i morti civili: questi ultimi sopravanzano in misura crescente i soldati. Il concetto di «linea del fronte» ha perso significato, dilatandosi ben oltre le re- trovie fino a coprire praticamente |’intero territorio della nazione in guerra. Il nemico non é soltanto chi é inquadrato nell’esercito oppo- sto, bensi — allo stadio potenziale - qualunque civile abbia la sventu- ra di trovarsi a contatto con l’occupante. La sfida, per ogni ricostruzione storiografica, @ innanzitutto la comprensione e quindi la trasmissione del senso del vuoto, del Introduzione 9 dramma dello sterminio col suo impatto ai pit diversi livelli. Si deve superare la tragica contabilita dei morti, rendere il significato di feri- te psichiche e fisiche che condizionarono la vita reale di centinaia di migliaia di persone senza tuttavia entrare nella memoria ufficiale. Elementi estremamente difficili da cogliere, ma che pure emergono da spezzoni di testimonianze dei sopravvissuti. Vittime, insomma, non furono soltanto i morti e i torturati, ma i loro congiunti e le co- munita cui gli uccisi appartenevano. Nelle vallate alpine «pochi» morti scissero la comunita, con esiti agghiaccianti, sino a funerali contrapposti per vittime della medesima strage, quando i parenti dei civili vollero esequie distinte dai caduti partigiani, ritenuti corre- sponsabili dell’eccidio. Nel dopoguerra, peraltro, esigenze dei so- pravvissuti tramutarono le vittime in altrettanti partigiani, onde as- sicurare una pensione ai congiunti. Quando ancora la guerra era in corso il problema della punizione dei criminali di guerra venne prefigurato sia dagli alleati sia dai go- vernanti italiani. I primi ministri Badoglio e Bonomi, informati dai rapporti del Servizio informazioni militari e dei carabinieri, nonché dai drammatici comunicati ricevuti dal Comitato di liberazione na- zionale per |’ Alta Italia (che sollecitd ripetutamente il deferimento agli organismi internazionali di esponenti nazisti e fascisti tacciati di crimini di guerra) garantirono che a guerra finita I’Italia avrebbe perseguito i colpevoli di reati efferati quali stragi e torture. Impegni rispettati solo in minima parte e in forma decisamente controversa. Per quanto attiene le responsabilita di cittadini italiani, dall’estate 1945 le Corti straordinarie d’assise giudicarono migliaia di collabo- razionisti, centinaia dei quali si erano macchiati di reati assai gravi, in proprio (quasi sempre inquadrati nei ranghi delle forze armate della Rs!) oppure di concerto coi tedeschi; la Corte di cassazione an- nulld e rinvié a nuovo ruolo numerosi processi chiusi da condanne severe. A un decennio dalla fine del conflitto i condannati ancora in- carcerati erano pochi. Accantonato il progetto di un grande processo per i crimini di guerra perpetrati nella penisola (una «Norimberga italiana»), preval- se nella seconda meta degli anni Quaranta l’orientamento di accanto- nare i fascicoli processuali contro i tedeschi, tanto @ vero che in quel periodo si svolsero soltanto una dozzina di procedimenti, mentre centinaia e centinaia di incartamenti furono occultati in un armadio della Procura generale militare. La decisione, evidentemente matura- ta sotto la pressione di ambienti governativi, fu influenzata dalla fon- 10 Le stragi nascoste dazione della Repubblica Federale di Germania, avvenuta nel 1949. Tra le misure pit significative vi fu nel 1956 il veto ministeriale alla procedura d’estradizione di una trentina di ufficiali responsabili de- gli eccidi avvenuti l’ottobre 1943 nell’isola di Cefalonia. Anno crucia- Je il 1956, nel quale valutazioni di ordine internazionale indussero i ti- tolari degli Esteri e della Difesa (Gaetano Martino e Paolo Emilio Taviani) a fermare l’inchiesta sul pid cruento massacro perpetrato contro esponenti delle forze armate italiane in violazione dei precetti giuridici fondamentali. Si temeva, in caso di celebrazione del proces- so, che lo sdegno dell’opinione pubblica e l’azione propagandistica delle opposizioni di sinistra rallentassero la riorganizzazione dell’e- sercito tedesco e la sua integrazione nell’ Alleanza Atlantica. Eventua- li perplessita politico-morali furono fugate dall’invasione sovietica dell’Ungheria (ottobre 1956), dimostrazione lampante dell’imperiali- smo sovietico. All’'incapacita di buona parte della sinistra italiana di staccarsi da Mosca, pure in presenza di una sanguinosa violazione della sovranita nazionale, corrispose da parte dei governanti un filo- atlantismo che disconosceva l’esigenza di dare giustizia alle vittime del nazismo. In fondo, la verita sui crimini di guerra non interessava a molti, al di fuori dei parenti delle vittime e delle comunita diretta- mente colpite dagli eccidi. Negli anni Cinquanta si delined una verita processuale parziale (agli occultamenti fece riscontro la celebrazione di qualche raro pro- cesso), intimamente contraddittoria (alle severe condanne seguirono sbalorditive riabilitazioni) e faziosa (tra fine anni Quaranta e meta Cinquanta la macchina della magistratura lavord a pieno ritmo con- tro i partigiani). La continuita dell’amministrazione della giustizia tra fascismo e democrazia si riveld superiore a ogni aspettativa, per i condizionamenti — anche personali - di magistrati formatisi cultu- ralmente e professionalmente sotto la dittatura. Il prolungato nascondimento dei fascicoli processuali pit scottan- ti registro un salto di qualita il 14 gennaio 1960, quando il procurato- re generale militare Enrico Santacroce abusd delle sue prerogative decretando I’«archiviazione provvisoria» di 695 fascicoli per crimini di guerra, con un provvedimento che, ad onta della legalita (non es- sendo previsto dall’ordinamento giuridico italiano), garanti fino al 1994 la secretazione di una massa di documenti di enorme impor- tanza. L'ingegnosa «archiviazione provvisoria» fu il punto pit alto delle tecniche di denegazione della giustizia escogitate dalla magi- stratura militare. Quel materiale, ritrovato casualmente nel corso delle indagini su Erich Priebke, venne inviato tra i] 1994 e il 1996 al- Introduzione 11 le procure militari territoriali, dando luogo a una miriade di istrutto- rie concluse quasi sempre con I’archiviazione per morte del reo o per impossibilita di identificare e/o individuare i responsabili. Tra i pochi processi celebrati spiccano quelli contro Sigfried Engel, Theo- dor Saevecke e Michael Seifert. Tra le archiviazioni pit «discutibili», quelle contro Karl Titho e altri dirigenti del Lager di Bolzano. Que- sta ricerca ripercorre le principali tappe dei tanti «insabbiamenti» e focalizza le situazioni dei campi di Fossoli e di Bolzano, utilizzando un’estesa documentazione di carattere giudiziario. Muovendo dal dato tangibile del crimine di guerra, si cercato di ricollegarlo alle conoscenze della comunita locale e al successivo iter processuale, segnato da tecniche di «neutralizzazione» talmente effi- caci da vanificare l’estremo recupero giudiziario. Pur tra disconti- nuita, scarti temporali, interconnessioni tra sfera politica e magistra- tura militare, l’esame a posteriori offre una visione complessiva nella quale «tutto si tiene» e trova una logica giustificazione: senten- ze capitali seguite da liberazione dei condannati dopo pochi anni, generalizzate liberazioni cui fece da contrappeso — con funzione di salvaguardia dell’immagine di un‘inesistente linea rigorosa — la de- tenzione di Herbert Kappler e di Walter Reder. Bisogna riconoscere che nel dopoguerra il compito della magi- stratura non si presentava agevole, anche perché i tedeschi avevano distrutto i loro archivi nell’imminenza della ritirata. I criminali di guerra attuarono una serie di mimetismi autodifensivi volti a confondere la propria identita e a scompaginare le responsabilita. Un esempio sintomatico riguarda Albert Majer, elemento delle ss at- tivo con ruoli sinistri sia nel campo di Bolzano sia in quello di Fosso- li. Catturato alla fine della guerra, si difese abilmente scaricando ogni responsabilité su un suo omonimo: «Non é escluso che i miei accusatori mi confondano con I’altro Majer, di nome Costantino, pu- re ucraino, che prestava servizio al campo di concentramento: av- verto che, per distinguere, io venivo chiamato Majer I e il mio omo- nimo Majer II; I’altro era poco pitt alto di me» (dall’interrogatorio presso la questura di Bolzano, 14 settembre 1945). Alla breve reclu- sione segui la liberazione, «essendo venuti a mancare a suo carico indizi sufficienti». Quando, anni pit tardi, dalle indagini emersero le sue responsabilita, egli risultd irreperibile (le ricerche furono osta- colate dalla mutevole trascrizione del cognome: Mayer, Majer, Maier). Risultd poi che Majer era lo pseudonimo di Konstantin Sei- fer; ulteriore elemento di confusione, data la presenza a Fossoli co- me a Bolzano di Michael Seifert... R Le stragi nascoste Il prolungato occultamento di fascicoli processuali sui crimini di guerra é stato stigmatizzato da due importanti prese di posizione: il rapporto approvato il 23 marzo 1999 dal Consiglio della magistratu- ra militare (a maggioranza) e la relazione conclusiva della Commis- sione giustizia della Camera in data 6 marzo 2001 (a unanimita di voti). Entrambi i documenti riconducono le illegalita della Procura generale militare a direttive governative ispirate a valutazioni politi- che internazionali. Probabilmente la questione @ ancora pit compli- cata, coinvolgendo anche I’interesse dell’intelligence statunitense a coprire le responsabilita di gerarchi tedeschi arruolati nell’immedia- to dopoguerra nei servizi segreti occidentali (clamoroso il caso di Eugen Dollmann, corresponsabile delle Fosse Ardeatine, il cui nome figura nel primo dei fascicoli occultati: oggi é risaputo che egli, fatto fuggire nell’agosto 1946 da un campo di prigionia alleato, rientro clandestinamente a Roma nel 1948 per conto dello spionaggio USA ed ebbe contatti coi servizi italiani...) e la volonta del nostro governo di opporsi alle denunzie iugoslave e greche contro militari italiani accusati di crimini di guerra. Mentre il grosso dei processi veniva evitato con lo scandaloso in- sabbiamento dei 695 fascicoli, di tanto in tanto si portava alla sbarra questo o quel responsabile di eccidi, secondo una logica tutt’altro che lineare, su iniziativa di un particolare magistrato oppure per l’insi- stente denunzia di un sopravvissuto improvvisatosi investigatore (cosi avvenne ad esempio per la strage di Caiazzo). L’'andamento car- sico dei processi rappresento un problema anche per la Germania, con situazioni assai «imbarazzanti». Valga per tutti il caso del capitano Matthias Defregger, fucilatore di 17 civili a Filetto (L’Aquila). Nel do- poguerra Defregger intraprese la carriera ecclesiastica e divenne ve- scovo ausiliario a Monaco di Baviera. Quando emerse il suo passato di criminale di guerra, la magistratura tedesca fu costretta ad aprire un processo: l’ex ufficiale fu assolto nel 1970, poiché, per la corte, quell’e- secuzione di massa s’inquadro in una tipica dinamica bellica. L’ulti- mo procedimento di rilievo concluso dai giudici tedeschi riguardd nella primavera 2001 I’ottantanovenne ex sottufficiale delle ss Anton Malloth, condannato all’ergastolo per l’uccisione di prigionieri ebrei, avvenuta alla fine del 1944 nella fortezza di Theresienstadt. Secondo il presidente della corte, Jiirgen Hanreich, «L’eta dell’imputato non con- ta, il suo é un crimine contro l'umanita ed @ giusto che egli paghi fino alla fine dei suoi giorni». In precedenza |’istruttoria contro Malloth era stata intrapresa e archiviata tre volte. Altro caso di riapertura e di in- sabbiamento delle indagini su crimini di guerra riguarda l’eccidio di Introduzione 13 Cefalonia, pit volte occultato dalla magistratura militare italiana edai giudici tedeschi. I] Tribunale di Dortmund si é da ultimo occupa di quella strage nel novembre 2001. Limplacabile decorso del tempo ha portato alla tomba i persecu- tori, rimasti impuniti, e ha mutilato per sempre la ricostruzionedei crimini di guerra. A tanti decenni dai fatti, l’azione del giudice, pit che punitiva, si prefigura quale testimonianza fornita alle nuovege- nerazioni. I cinquantasette anni trascorsi dalla conclusione dellase- conda guerra mondiale si sono portati via la grande maggioranza dei protagonisti e dei testimoni di quegli eventi. Stampa e opinione pubblica proclamano, a ogni processo, che si persegue I’ultimo cri- minale nazista, nella gara contro il tempo. Emergono intanto, ron solo per Italia, responsabilita rimosse, individuali e collettive In Polonia l’uccisione di 1600 ebrei nel villaggio di Jedbawne (dal 24 giugno al 10 luglio 1941), sinora attribuita ai nazisti, poi a lugo ignorata, é oggi commentata dalla stampa polacca come «una vergo- gna nazionale», in quanto attuata da «brave persone» scatenates in un pogrom. Analogo episodio avvenne il 23-24 giugno 1941 nellaca- pitale lituana Kaunas, col massacro a bastonate di decine di ebreida parte di cittadini, sotto lo sguardo benevolo dei militari tedeschi (fil- mati di quell’eccidio, girati dai nazisti, sono stati recentemente recu- perati negli archivi moscoviti del KGB). Che i crimini di guerra ron siano circoscritti nel passato e richiedano una attenta analisi stoica lo dimostra la reiterazione, nei conflitti locali contemporanei (anche in Europa), di forme spietate di guerra ai civili. Questa ricerca vor- rebbe costituire un piccolo passo in quella direzione, fornendo docu- mentazione e analisi a quanti vogliano avvicinarsi alla comprersio- ne del fenomeno tragico dell’Italia dilaniata dalla guerra civil e oppressa dal dominio nazista. Parte prima ECCIDI E VIOLENZE CONTRO LE POPOLAZIONI I SOTTO IL TALLONE NAZISTA La politica d’occupazione tedesca nei confronti delle popolazioni, nei seicento giorni compresi tra 18 settembre 1943 e la fine della guerra, risultd condizionata soltanto in piccola parte dall’esistenza della Repubblica sociale italiana: sulle questioni fondamentali il go- verno fascista non disponeva di un’effettiva sovranita e la suprema- zia nazista si esplicd in piena autonomia, sancita con atti ufficiali d'imperio. Le forze armate del Reich si considerarono truppe operanti in ter- ritorio nemico anche dopo la nascita della RSI, che pure aveva for- malmente il carattere di «Paese amico e alleato». Il ministero degli Affari esteri sottopose all’ambasciata germanica problematiche di rilievo quali la disponibilita dei beni immobili e delle strutture bel- liche italiane, lamentando che «dalla data del 25 settembre 1943 [co- stituzione della RSI] nessuna modificazione é intervenuta al riguar- do nei rapporti fra le Forze Armate germaniche in Italia e lo Stato Nazionale Repubblicano».! Gli occupanti si riservarono il «diritto di preda bellica», nonostante i governanti fascisti ritenessero giuridica- mente insussistente tale pretesa, che tra I’altro trasferiva al Reich le stesse caserme militari, assegnate in usufrutto — laddove non servi- vano ai tedeschi — ai reparti neofascisti.2 A sette mesi dalla formazio- ne della RSI la situazione non era affatto sbloccata, tanto é vero che il ministero degli Affari esteri riteneva di estrema gravita il mancato scioglimento di questo nodo: La questione @ ben lungi dall’avere soltanto un’importanza teorica, poi- ché, a parte ogni considerazione di principio, fintantoché continueranno ad essere esercitati da parte germanica i diritti dello Stato occupante, non sol- tanto verranno a mancare alle Forze militari italiane i mezzi concreti per la loro ricostituzione, ma verra a mancare a tale ricostituzione un presupposto 18 Le stragi nascoste ancora pit: fondamentale: I’autorita e il prestigio delle Autorita militari ita~ liane sulle masse e sui dipendenti. Tale autorita e tale prestigio — che nell’or- dinamento gerarchico militare si traducono nel concetto di disciplina, ele- mento essenziale per la ricostituzione di ogni esercito — sono gravemente compromessi sinché permanga la convinzione, per ora di dominio pubblico, che le Autorita militari germaniche possono esercitare tutti i diritti dello St to nemico occupante ed al di sopra di qualsiasi disposizione delle Autori militari italiane.3 1110 gennaio 1944 il comando superiore del Sudovest prescrisse al comandante germanico di Roma di comportarsi quale «giudice su- premo per tutti gli abitanti che dimorano nella sua zona di coman- do», coinvolgendo le autorita italiane unicamente nell’esame di vi- cende in cui la «giustizia tedesca» non aveva interesse particolare. La direttiva trovo piena attuazione, lasciando ai fascisti compiti cir- coscritti, di natura sostanzialmente ausiliaria. Denunzie e informa- zioni erano raccolte dagli uffici di polizia germanica, mentre l’appa- rato della RSI adempiva mansioni meramente esecutive: Le condanne a morte pronunciate a carico di abitanti del luogo verranno eseguite, in presenza di un medico tedesco e di un testimonio tedesco, dalla polizia italiana. Sara cura della polizia italiana di avvertire i parenti dell’avvenuta esecu- zione. La polizia dispone altresi del cadavere. Condanne al carcere vengono scontate nelle carceri tedesche, mentre tut- te le altre condanne che limitano la libertA personale vengono lasciate per Yesecuzione alle Autorita italiane.4 Tali disposizioni furono comunicate ai ministeri della Giustizia e dell’Interno, il cui ruolo risultava dunque notevolmente ridimensio- nato. L’accettazione di questa posizione subalterna s’‘accompagnd all’accondiscendenza verso le soperchierie perpetrate dai tedeschi contro le popolazioni, con esiti deleteri per la valutazione del gover- no di Mussolini nella percezione di larga parte della cittadinanza. Proteste e caute prese di distanza, quando vi furono, non traspariro- no all’esterno. | tentativi, in momenti particolari e da parte di talune personalita, di frenare le rappresaglie contro i civili, solo di rado sor- tirono esiti significativi. La controversa alleanza italo-tedesca ebbe il punto di maggiore tragicita nei crimini di guerra perpetrati da militari nazisti contro ci- vili italiani, dentro la dialettica stabilitasi tra potenza occupante e autorita fasciste, in un’estrema disparita di rapporti di forza. L’asse- gnazione ai reparti armati della Rs! di ruoli essenzialmente di repres- sione antipartigiana accreditd un’immagine del governo repubblica- Sotto il tallone nazista 19 no ancillare e complice dei comportamenti vessatori degli hitleriani. Specifiche iniziative istituzionali rimasero improduttive. LUfficio di collegamento giudiziario italo-tedesco trasmise ai re- sponsabili delle forze d’occupazione i rilievi del ministero della Giu- stizia della RSI su «fatti commessi da militari dell’Esercito Germani- co, i quali preoccupano per la loro gravita, anche se non numerosi».5 Simili episodi si ripetevano con sconcertante frequenza, come atte- stato dalle segnalazioni del ministero degli Affari esteri all’amba- sciata germanica, dalle quali si ricava la tipica dinamica dei rastrel- lamenti degenerati in violenze e omicidi ai danni di civili. Ecco la descrizione di uno dei tanti interventi contro le popolazioni: 11 1° maggio [1944] reparti germanici si recavano nel comune di Vallepie- tra (provincia di Roma) per rastrellare prigionieri inglesi che presumevano fossero alla macchia. La popolazione fu adunata nella piazza del paese ed invitata a comunica- re dove si trovavano i prigionieri di guerra inglesi. Dopo mezz’ora i militari iniziarono il rastrellamento della zona durante il quale furono uccisi a colpi di mitraglia tali Palmieri Francesco fu Giovan- ni di anni 47 e Vammoli Erminio fu Loreto di anni 46 e ferito il ragazzo Toz~ zi Massimino di Giuseppe di anni 14, tutti di Vallepietra. Dopo tale operazione furono condotte via 40 persone tra le quali il Pode- sta signor Tiraterra Francesco, il commerciante Tardiola Bastiano e alcuni giovani appartenenti alle classi richiamate alle armi. I soldati germanici distruggevano e danneggiavano il carteggio ed i regi- stri dello Stato Civile nella sede comunale consegnando le chiavi di questa al pregiudicato De Santis Felice. Molte persone lamentano la sparizione dalle loro abitazioni di oggetti d’oro, viveri e carni secche e i contadini l’asportazione di vari capi di be- stiame. Tra la popolazione vi 2 panico e lo stato d’animo & molto depresso.6 I resoconti di crimini di guerra furono rappresentati alle autorita naziste con ogni riguardo, onde non irritare il padrone-alleato, come avvenne in relazione ad alcuni «episodi, qualcuno dei quali a carat- tere grave, verificatisi in occasione di rastrellamenti indiscriminati operati da reparti germanici il 1° maggio u.s. [1944] nella provincia di Roma», per i quali il ministero degli Esteri richiese «il cortese in- tervento dell’Ambasciata di Germania affinché venga richiamata su di essi, per i conseguenti provvedimenti atti ad evitare il ripetersi ea riparare ove possibile i danni causati non giustificati, la cortese at- tenzione delle Autorita militari tedesche competenti».7 In questo ca- so, addirittura, l’inoltro dell’«appunto» fu sospeso, dato che rischia- va di urtare la suscettibilita teutonica. In talune occasioni la violenza investi strutture e funzionari del 20 Le stragi nascoste governo repubblicano. Carica di valenze simboliche la devastazione del tribunale, della procura, e degli uffici del capo della provincia di Frosinone. A Ravenna, nell’agosto 1944, nel quadro delle misure contro i carabinieri, arrestati e internati nei Lager, «il reparto delle Forze Armate germaniche ha buttato una bomba contro la porta del- la Caserma, perché non veniva aperta d’urgenza, e quindi ha aperto il fuoco uccidendo il milite scelto De Moia Antonio, classe 1908, pro- veniente dall’Arma dei Carabinieri, ed il milite Giovannardi Orfeo, classe 1897, proveniente dalla MVSN».8 Tra la fine dell’aprile e il maggio 1944 il sottosegretario Paolo Zerbino, responsabile dell’Ufficio di collegamento con le autorita militari germaniche, scrisse ben sette memoriali al comando supe- riore germanico per far conoscere situazioni incresciose. Ecco la parte centrale del rapporto sui rastrellamenti tedeschi in provincia di Perugia: Segnalavo a codesto Ministero le gravi conseguenze di un’azione di ra- strellamento di ribelli svolta nella zona di Gubbio da un reparto germanico e nella quale trovarono la morte 57 persone, la maggior parte delle quali non erano ribelli né loro favoreggiatori. Con successiva lettera n. 3199 del 18 aprile facevo presente che malgrado le formali promesse e le assicurazioni fornitemi dal Comando Germanico presso il quale mi ero interessato perché fosse evitato il ripetersi di tali gravi incidenti, in occasione di un‘altra azione effettuata dalle FFAA Germaniche nella zona di Cascia e di Norcia il 6 aprile scorso, hanno trovato la morte nu- merose persone (finora accertate 33), per la maggior parte agricoltori, so- spetti, ma senza l’esistenza di fondati indizi, di connivenza con i ribelli. Debbo ora segnalare che in una precedente azione svolta sempre dalle FFAA Germaniche nella zona del Comune di Scheggia Pescelupo il 27 mar- 20, sono stati uccisi 4 componenti della stessa famiglia e precisamente il pa- dre del 1902 e due figli rispettivamente del 1927-1929, nonché il fratello del 1906. Secondo quanto mi @ stato possibile accertare i predetti sarebbero stati passati per le armi perché in possesso di 600 grammi di polvere nera, sei metri di miccia e 10 capsule, materiale destinato alla spaccatura di grossi tronchi d’alberi abbattuti nell’azienda agricola da loro condotta a mezza- dria. Richiamandomi alle precedenti relazioni mi permetto fermare I’attenzio- ne di codesto Ministero sulla gravita di tali incidenti, le cui ripercussioni, ove dovessero ripetersi ulteriormente, oltre che costituire una continua mi- naccia per il mantenimento dell’ ordine pubblico, vengono a sminuire il pre- stigio delle FFAA Germaniche, tenuto anche conto del giustificabile risenti- mento che comincia a serpeggiare nella popolazione a seguito dei recenti indiscriminati rastrellamenti che reparti germanici della SS stanno effet- tuando nelle vie e nelle piazze anche di Comuni non soggetti all’influenza dei ribelli.? Sotto il tallone nazista 21 Prefetti e questori riferirono con sgomento al ministero dell’Inter- no le reiterate uccisioni di fascisti da parte dei loro alleati, nell’infu- riare di repressioni indiscriminate, nonostante il comando superiore delle ss in Italia avesse ordinato di escludere gli iscritti al PNF da ogni azione di rappresaglia.19 Nel dicembre 1944 il questore di Im- peria telegrafo al capo della polizia: Informo che fra morti azione rappresaglia disposta Autorita Militari Ger- maniche Torre Paponi et Pietrabruna trovansi due sacerdoti cui cadaveri ve- nivano lanciati fienili in fiamme, una religiosa et fascista repubblicano Pa- pone Egidio che sebbene fattosi riconoscere veniva ugualmente passato armi. Rappresaglia sua durezza habet prodotto penosa impressione popolazio- ne questa provincia perché compiuta senza discriminazione specie dopo re- centissimo discorso DUCE. Cruenti episodi non contribuiscono opera penetrazione che Autorita Pro- vincia habet intrapreso per vieppiti amalgamare cameratismo Italo-Germa- nico.11 Se questo fu l’atteggiamento adottato nei confronti di attivisti della RSI, é facile intuire il comportamento dell’esercito straniero verso i ci- vili, particolarmente se sospettati di favoreggiamento dei «banditi». I capi delle province si ritrovarono regolarmente scavalcati dai coman- di tedeschi, i quali nemmeno a posteriori notificarono azioni di gra- vita inaudita che seminavano morte e sgomento tra le popolazioni inermi. Il telegramma col quale il capo della provincia di Vercelli inform6d il ministero dell’Interno — il 21 settembre 1944, con due gior- ni di ritardo — della terribile rappresaglia contro gli abitanti di Cre- scentino rivela I’impotenza dei funzionari fascisti, all’oscuro di quan- to avveniva nel territorio soggetto nominalmente alla loro autorita: Giorno 19 improvvisamente reparto germanico non potuto ancora stabi- lire pare di Torino ha effettuato forte rappresaglia nel paese di Crescentino. Nonostante diligenti ricerche notizie non est stato ancora possibile stabilire cause et reparto operante. Comandi tedeschi locali ignorano. Richieste Au- torita Torino indagini anche cola. Rappresaglia molto energica et con conse- guenze rilevanti specie per incendi diretti ed indiretti. Seguiranno notizie appena possibile. eae Morsero Capo Provincia Vercelli!2 Si presti attenzione all’aggettivazione, pur d’impronta moderata e rassicurante: sebbene mancassero notizie precise, la rappresaglia contro I’abitato di Crescentino era definita «forte», «molto energica», «con conseguenze rilevanti»; i tentativi di reperire informazioni sa- rebbero stati «diligenti» (ancorché improduttivi); l’espressione di 22 Le stragi nascoste chiusura —

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