You are on page 1of 13

di potersi vedere per discutere di un suo progetto.

Si trattava di “Un pugno di

dollari” (1964), che allora recava ancora il nome “Il magnifico straniero”.13 Da

questa splendida collaborazione nacquero anche i due film successivi: “Per

qualche dollarò in più” (1965), e “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966), ultimi

due film della cosiddetta Trilogia del Dollaro. Il sodalizio durò sino all'ultimo

film della carriera di Sergio Leone: “C'era una volta in America”. A partire dal

1961 la lista di composizioni prestate al cinema firmate “Morricone” non

presenta interruzione, saranno infatti moltissime le collaborazioni con diversi

registri, tra cui vale la pena ricordare quella con Pier Paolo Pasolini in

“Uccellacci e uccellini”('66), "Il Decameron“ ('71), ”I racconti di Canterbury ('72),

”Il fiore dalle Mille e una notte“ (1974). Non dimentichiamo poi le

collaborazioni con Bolognini, Montaldo, Petri; così come Giuseppe Tornatore,

Quentin Tarantino, Clint Eastwood dei quali citiamo gli ultimi lavori insieme al

compositore: “La corrispondenza” (2016), “Django Unchained” (2013) e

“American Sniper” (2014).

1.4 Musica assoluta

Un lato su cui si insiste poco nell'analisi della figura morriconiana è senza

dubbio quello che vede Morricone come compositore di musica assoluta. La

musica assoluta <<deriva pienamente dalla volontà del compositore, l'idea

generativa stessa deve essere pura, mentre quella applicata viene messa “al

servizio di un'altra arte più importante>>14. E' così che viene definita dal

compositore di “Nuovo Cinema Paradiso”, una musica composta per sé stesso

più che per gli altri. La sua produzione è molto estesa e trova un periodo di

13 I due passarono quella stessa giornata insieme ed andarono anche a vedere il film ”La sfida
del Samurai“ di Kurosawa.
Cfr. E. Morricone, Inseguendo quel suono
14 E. Morricone, Inseguendo quel suono, p. 277

10
stasi soltanto tra gli anni Cinquanta ed i primi anni Sessanta. In effetti il

rapporto che Morricone ha con la musica assoluta è sempre stato travagliato,

non già per mancanza di ispirazione quanto piuttosto per le incombenze ed il

desiderio di stabilità economica nonché di continuità professionale. Vivere di

musica d'Arte non era semplice così come non lo è al giorno d'oggi, pertanto in

una sorta di sublimazione freudiana ciò che l'artista ha attuato è una

trasposizione sempre più evidente della sua anima “assoluta” anche nelle arti

applicate: <<portavo la ricerca musicale in ciò che facevo: negli arrangiamenti e

nel cinema>>15.

Ad ogni modo è utile a dare una visione d'insieme una lista a campione di

composizioni assolute cui si dedicherà dal 1966 in maniera sempre più costante:

“Quattro pezzi per chitarra”16 (1957), “Musica per 11 violini” (‘57) “Suoni per

Dino” ('69), “Gestazione per voce femminile, strumenti elettronici preregistrati e

orchestra d'archi ad libitum ('80), “Quattro studi per pianoforte ('83-'89). Tre

sono poi i brani appartenenti direttamente allo stile post-weberniano puro: 3

studi, Distanze e Musica per undici violini17.

Nell’ambito delle opere concertistiche, oltre a quella citata in precedenza,

ricordiamo i suoi tre concerti: il “Secondo Concerto” per flauto, violoncello ed

15 Ivi, p. 278
16 Il brano presenta linee contrappuntistiche ed atonali nelle quali è difficile notare una
somiglianza con il linguaggio adottato dallo stesso nel campo della popular music degli stessi
anni.
17 Qui risulta evidente l’influenza di John Cage, in quanto nel brano sono presenti undici violini,

ma due di questi presentano in partitura una pausa costante: tacet. Nel 1952, qualche anno
prima, fu proprio Cage a presentare il suo famoso brano 4’ 33” nel quale all’esecutore veniva
richiesto il completo silenzio per quattro minuti e tre secondi, andando così ad identificare la
musica con il silenzio.

11
orchestra (1984); il “Terzo Concerto”18 per chitarra, marimba ed orchestra

d’archi (1991); ed il “Quarto Concerto” per organo, due trombe, due tromboni e

l’orchestra, intitolato ‘Hoc erat in votis’. Ricordiamo infine il suo, ad oggi,

ultimo componimento: “Missa Papae Francisci. Anno duecentesimo a Societate

Restituta” (2013).

1.5 La scuola romana di Goffredo Petrassi

Goffredo Petrassi occupa un ruolo d'onore nella formazione del giovane

Morricone, e sarà una figura che seguirà quest'ultimo durante tutta la sua

carriera, in un clima di amicizia ed ammirazione artistica: <<La mia formazione

affonda le sue radici nella scuola romana di Petrassi>>.19 I due si conoscono

presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, in quanto Petrassi dal 1960 sino

al 1978 assume la cattedra di perfezionamento in composizione. Passiamo

quindi a disegnare in maniera sommaria percorso, stile e modus operandi

petrassiani. Goffredo Petrassi, (Zagarolo 1904 - Roma 2003) insieme a Giorgio

Federico Ghedini e Luigi Dallapiccola, può considerarsi un compositore che fa

da raccordo tra le esperienze modernistiche del primo Novecento e

l'avanguardia del secondo dopoguerra. Effettivamente i tre in qualche modo

attueranno un superamento del “novecentismo”20 eliminandone la sua veste

ideologica ed estetica ad esso legata: la concezione dell'arte come esperienza

estetica estranea alla realtà, lo spiritualismo e l'estetismo. Affrancandosi dalle

opere giovanili intrise di nazionalismo, suggestioni letterarie e di studio di

musica vocale e strumentale prebarocca e barocca (ad esempio Frescobaldi così

18 Si nota qui un utilizzo ”percussivo” degli archi che vanno ad imitare il timbro della chitarra.
L’ostinato della chitarra presente all’inizio del brano (che consiste in una coppia di terze minori)
viene sviluppato attraverso l’orchestra nel corso dell’opera.
Cfr. J. Wierzbicki, op. Cit. (traduzione mia)
19 E. Morricone, Inseguendo quel suono, p. 280

20 Per ”Novecentismo“ s’intendono generalmente tutte quelle tendenze culturali e correnti di

pensiero, nonché le esperienze letterarie ed artistiche sviluppatesi nel XX secolo.

12
come Palestrina), si notano nelle opere mature delle nuove sfumature in un

processo di svecchiamento che non ha intenti programmatici o prese di

posizioni polemizzanti. Ingrandendo sulla figura di Petrassi troviamo

inizialmente uno stile Neoclassico non scevro delle lezioni di Ravel così come di

Casella e Stravinskij. Nondimeno a differenza degli altri in lui vi è un'assoluta

serietà con la quale si rapporta al materiale musicale, andandolo a rielaborare e

deformare, seguito anche da una <<concezione architettonica massiccia e quasi

gestuale, di liturgica fissità>>21 in particolar modo nelle opere con orchestra e

coro, tanto da venir definito un compositore barocco e romano. L'influenza

Stravinskiana, presente anche in Morricone, è forte, come detto, anche nelle

composizioni di Petrassi (ad esempio in ”Sinfonia di Salmi”) ma sono filtrate

attraverso una ripresa del modello polifonico cinquecentesco. Infine, è il ciclo

degli otto “Concerti per orchestra” (1934-1972) a mostrare chiaramente il

percorso di sperimentazione linguistica da lui attuato: ad un impianto modale

dei primi tre concerti ne segue un altro seriale, fino ad arrivare ad una fusione

coerente ed articolata tra scrittura arcaica e tecnica puntilistica presenti nel

Settimo ed Ottavo concerto.

21 A. Lanza, Il secondo Novecento, EDT, Torino 1991, p. 79

13
Capitolo 2

Popular music o musica leggera?

2.1 Che cos’è la popular music?

Nella storia della musica, tra Otto e Novecento si registra una frattura che andrà

a rivoluzionare l’intero panorama: infatti fino a quel momento si

contrapponevano musica colta e musica popolare, ma il sorgere di una società

industrializzata e urbana ha permesso la nascita e lo sviluppo di una serie di

generi nuovi, che non erano né colti, né popolari. Questo insieme di generi,

contaminati fra loro ed in continua trasformazione e mutazione sono stati

racchiusi all’interno dell’etichetta popular music. Si può di fatto affermare che

proprio in questo lasso di tempo si determinarono le condizioni per una

separazione funzionale fra musica di intrattenimento (la popular music) e le

musiche d’arte, così come tra musiche “commerciali” e musiche di tradizione

orale1. Pertanto, tentando di schematizzare, si può dichiarare che venga attuata

una sostituzione dalla dicotomia musica colta/musica popolare ad una

tricotomia musica colta/musica d’intrattenimento/musica popolare.

Philiph Tagg nel suo “Analyzing Popular Music: theory, method and practice”

conia il cosiddetto <<triangolo assiomatico>> per andare a definire e quindi

dividere i vari generi musicali. Esso è formato da: musica colta, musica

folclorica o tradizionale (in inglese folk music) e la popular music. Quest’ultima

si associa generalmente alle logiche di mercato e di consumo di massa,

1F. Fabbri, Around the clock, Una breve storia sulla popular music, UTET, Ariccia (Roma), Luglio
2019

14
considerando la forte influenza che ne trae dal contesto socio-culturale da cui

nasce e che raccoglie in sé la musica rock2 e quella pop. Essa presenta alcune

caratteristiche fondamentali:

1. E’ concepita per la distribuzione di massa rivolta a gruppi di ascoltatori

ampi e spesso socio-culturalmente eterogenei.

2. E’ vendibile e distribuibile in forme non scritte.

3. E’ esclusivamente possibile in una economia monetaria industriale dove

si trasforma in una merce.

4. E’ presente all’interno delle società capitaliste, soggette alla legge della

libera impresa in quanto deve essere idealmente il più possibile

vendibile3.

Vi sono ancora oggi molte incertezze terminologiche e confusioni riguardo

l’utilizzo del termine “popular”, il quale nasce negli anni Venti del Novecento e

veniva utilizzato per designare l’intero corpus della musica occidentale di

massa, che aveva un gradimento diffuso all’interno della società. Tuttavia la

problematicità è ben visibile se ci riferiamo all’ambito italiano, poiché è molto

semplice cadere in errore e confondere la musica popolare con la popular

music, che invece sono profondamente diverse. Mi associo quindi a Franco

Fabbri che riconosce la terminologia inglese anche in Italia, sia ponendo che

l’inglese venga considerata una lingua franca, e sia ponendo l’accento sul ruolo

che la musica anglosassone ha giocato nei campi storici ed economici.

2 La musica rock si lega alla tradizione blues e underground. Presenta una ”durezza” musicale
possibile attraverso il sostegno di una batteria aggressiva.
3 P. Tagg, Analysing Popular Music: Theory, Method and Practice, Cambridge University Press,

1982, p. 41-42 (traduzione mia)

15
2.2.1 I precursori: da Stephen Foster alla nascita di Tin Pan Alley

Per comprendere al meglio la popular music occorre menzionare alcuni

momenti, luoghi ed autori che possono considerarsi come capostipiti della

musica di consumo4. Si può partire dagli Stati Uniti, luogo in cui si formano le

pratiche precorritrici della popular music. L‘importanza storica della musica

degli Stati Uniti nel suo sviluppo è ben rappresentata dalla figura di Stephen

Foster5, autore della conosciutissima <<Oh! Susanna>>. Nel XIX secolo poi in

America era ancora presente la schiavitù; alle condizioni di vita dei neri si ispira

un’altra forma di intrattenimento: il <<minstrel show6>> tra cui interpreti

maggiori ricordiamo Thomas <<Daddy>> Rice (1808-1860). Tuttavia il vero

fulcro della nascente industria musicale sarà Tin Pan Alley7, un quartiere di

New York delimitato dalla ventottesima strada e da Broadway; il nome tradotto

in italiano significa: <<vicolo dei pentolini di latta>>, nome che risalta il clima

che si respirava al suo interno, ovvero suoni incessanti dei martelletti del

pianoforte consumati dall’usura, prodotti dai songwriters e i song pluggers (i

propagandisti delle canzoni). Tutta l’industria editoriale viveva lì e basava il

suo compenso sulla vendita di spartiti la cui promozione veniva data dal

successo delle canzoni a teatro o in uno spettacolo8.

Un altro momento fondamentale per lo sviluppo della popular music è dato

dall’invenzione del grammofono di Emile Berliner nel 1888 che sostituisce il

fonografo di Thomas Edison. A differenza di quest’ultimo, il grammofono, con

4 La trattazione esaustiva e totalizzante dell’argomento viene in questa sede tralasciata, per


motivi logistici, a favore di una elaborazione sommaria e riassuntiva che tenga conto soltanto dei
momenti salienti.
5 Stephen Foster nasce del 1826 e muore nel 1864. Fu compositore di moltissime canzoni

diventate famose in tutto il mondo.


6 F. Fabbri, Around the clock…, cit.

7 Nome attribuito nel 1903 dal giornalista Monroe H. Rosenfeld (1861-1918)

8 G. Palma, Popular music. Una introduzione, Amaltea Edizioni, 2005

16
il suo supporto, il disco, poteva stampare un numero illimitato di copie di

dischi utilizzando un’unica matrice, e puntava soprattutto sul mercato

d’intrattenimento domestico. Già a questa altezza predominano le forme brevi

(legate alla limitatezza di durata del disco stesso) e soprattutto la vera

protagonista è la canzone9. Negli anni Venti del Novecento poi, terminata la

Prima Guerra Mondiale, l’invenzione di Guglielmo Marconi, la radio, troverà

applicazioni civili: sarà possibile trasmettere canzoni e guadagnare grazie alla

trasmissione delle stesse per via del copyright introdotto nel 1909 che stabilisce

un compenso per i diritti di riproduzione fonomeccanica10. Da qui gli editori

della Tin Pan Alley fondano l’ASCAP11, un’associazione che si occupa di far

valere il compenso derivato dai diritti fonomeccanici. A fianco dell’ASCAP

nasce anche la BMI12 nella quale sono rappresentati autori più marginali e che si

lega a generi che stanno acquisendo proprio in questo periodo maggior

prestigio: la musica country (hillbilly) la musica latinoamericana ed il blues. La

BMI a differenza dell’ASCAP richiede compensi alla radio molto più economici:

per questo motivo da lì a poco la musica dell’ASCAP e la Tin Pan Alley che la

rappresentava subiranno una grave crisi che le porterà ad un declino. In

aggiunta si unisce il fenomeno dei disc jokeys, cioè le radio iniziano a trasmettere

anche dischi commerciali, sebbene vi fosse un divieto a riguardo, ma già dal

1942 le case discografiche abbandonano ogni reticenza e iniziano a favorire i

propri dischi attraverso le stesse radio: sarà il periodo del blues, del country e

dei crooners, vale a dire di quei cantanti che grazie all’avvento del microfono

abbandonano le esibizioni fatte con voci molto potenti o alte, urli o megafoni, e

sperimentano una nuova tecnica nella quale la voce presenta una dimensione

9 F. Fabbri, Around the clock…, op. cit.


10 Ivi, p.61
11 American Society of Composers, Authors and Publishers

12 Broadcast Music Incorporated

17
più intima, quasi domestica, tant’è che to croon ha in inglese il significato di

<<sussurrare>>, dimensione che ben si addice al linguaggio quotidiano e

colloquiale degli standard di Gershwin o Porter. Uno dei principali protagonisti

di questo periodo è sicuramente Frank Sinatra.

L’ultima tappa nel nostro breve percorso sulla popular music è segnata dal

trionfo di un genere nuovo intorno agli anni Cinquanta: il rock ‘n’ roll, frutto di

influenze in special modo della <<Race Music>> (oggi denominata <<rhythm

and blues>>) e della musica <<hillbilly>> (country & western) ma anche dalla

polka e dalle musiche da ballo latinoamericane (rumba e mambo). I maggiori

interpreti del nascente rock and roll sono Bill Haley (1925-1981) che raggiunse il

successo nel 1955 con <<Rock Around The Clock>> ed Elvis Presley (1935-1977).

2. 3 La musica leggera ed il Festival di Sanremo

Abbiamo visto come la popular music sia un grande contenitore all’interno del

quale si possono trovare vari generi musicali: uno di questi è la <<musica

leggera>>. La terminologia di musica <<leggera>> nasce in Italia, proprio per

definire la popular music italiana; sebbene le caratteristiche tra i due termini

siano molto simili, si preferisce distinguerli in primo luogo perché la musica

<<leggera>> in Italia non ha in sé le declinazioni di generi underground o della

controcultura, ed in secondo luogo perché quest’ultima presenta dei tratti

distintivi che si rifanno alla tradizione melodica italiana13. In Italia, già nel XIX

secolo era presente un repertorio di canzoni destinate all’intrattenimento, come

dimostrano le trascrizioni o gli arrangiamenti di opere italiane, ad esempio di

Donizetti. Una forte influenza alla canzone italiana viene data infatti dall’opera

ma soprattutto dalla canzone napoletana14, le quali intersecano relazioni e

13 G. Palma, Popular music. Una introduzione, Amaltea Edizioni, 2005


14 F. Fabbri, Around the clock…, op.cit.

18
scambi tanto da scorgere dietro alle canzoni della tradizione napoletana i nomi

di Pergolesi così come di Paisiello o Rossini, e viceversa. Il 1839 è una data

cardine poiché nel primo concorso canoro di Piedigrotta vince Te voglio bene

assaje15: il successo della canzone fu strepitoso tant’è che vennero vendute

180.000 copielle16. Aldilà del successo ottenuto, l’importanza di tale brano

risiede nei suoi tratti specifici, come l’efficacia della strofa narrativa che prepara

al ritornello, breve e indimenticabile e la concisione, che dimostrano come i

caratteri della canzone siano già delineati in modo netto. Bisognerà tuttavia

aspettare l’ultimo ventennio del XIX secolo per vedere tratti “moderni” nella

canzone: questa nuova stagione è segnata da un altro brano: Funiculì funiculà

(1880) composto da Luigi Denza per favorire l’afflusso nella nuova funicolare ai

piedi del Vesuvio. Ha inizio la stagione d’oro della canzone napoletana, che

malgrado pareri discordanti riguardo alla datazione, si fa cominciare proprio

nel 1880 e la si fa concludere nel 191717. Fra i maggiori compositori ne

ricordiamo molti di formazione colta, come Francesco Paolo Tosti, che esercita

un’influenza persistente nell’ambito della canzone melodica italiana, e altri di

formazione popolare, come Giacobbe di Capua. Se dopo la Prima Guerra

Mondiale, con l’avvento del Ventennio fascista, la radio rigidamente controllata,

condiziona la circolazione della musica e si assiste ad una rappresentazione

inautentica e dai valori illusori anche da parte delle canzoni (a quest’altezza la

musica può essere chiamata realmente <<leggera>>), bisognerà aspettare il

secondo dopoguerra per riuscire a respirare una ventata di aria fresca. Nel

gennaio del 1951 viene inaugurato il <<Festival della canzone italiana>> a

Sanremo, presentato da Nunzio Filogamo e organizzato dalla RAI che ha

15 Di paternità incerta, venne attribuita falsamente anche a Donizetti.


16 Le copielle sono quei fogli nei quali veniva scritto (“copiato”) il testo della canzone.
17 G. Castaldo, Il romanzo della canzone italiana, Einaudi, Gennaio 2018

Nel 1882 avviene anche la nascita della SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori), la quale
sarà poi fondamentale per l’industria della canzone.

19
ereditato la gestione della radiofonia dall’EIAR, e sarà la stessa RAI a

selezionare le canzoni18. Il Festival acquista negli anni una visibilità crescente, e

se nei primi anni vi erano dei cantanti fissi, si vedrà successivamente un

numero sempre maggiori di interpreti. Gli anni Cinquanta sono anche gli anni

dell’avvento della televisione in Italia19, così come gli anni nei quali la canzone

viene vista anche in una prospettiva maggiormente impegnata: è il caso dei

Cantacronache, un gruppo di intellettuali fondato da Sergio Liberovici e

Michele Straniero nel 1957. Ad ogni modo Buscaglione, Carosone e Modugno

saranno i principali protagonisti di questo periodo; in particolar modo

quest’ultimo nel 1958 debutta e vince con la sua Nel blu dipinto di blu, riuscendo

addirittura a conquistare il primo posto nelle classifiche americane. Sarà

proprio questa canzone a sancire la nascita ufficiale della canzone moderna, una

canzone “moderna” perché vera, priva di retorica, diretta, un inno alla vita che

ben si sposava con la fine del protezionismo commerciale che aveva bloccato

l’industria manufatturiera, l’avvio alla modernizzazione del Paese, nonché con

la crescita dei redditi. E’ il momento di un grande cambiamento: ci saranno poi

gli <<urlatori>> che riprenderanno il patrimonio della musica americana20 e

l’avvento dei cantautori, i quali porteranno maggiore profondità ai testi delle

canzoni, affermatosi grazie alla <<scuola genovese>> formata, fra gli altri, da

Umberto Bindi, Gino Paoli e Luigi Tenco. Nell’arco di tempo che va dalla

vittoria di Modugno (1958) sino al suicidio di Tenco (1967), il Festival di

Sanremo conosce il suo periodo più florido, e con lui nascono anche il

Festivalbar (1964), il Disco per l’Estate (1964) e ha inizio <<l’invenzione

18 Si ricorda che negli anni Cinquanta c’era la guerra fredda, quindi il controllo delle istituzioni
dei media e delle cultura di massa era molto rigido.
19 Le prime trasmissioni radiofoniche in Italia avvengono nel 1954.

20 Ad esempio Dallara in Come prima (1958) che riprendeva chiaramente Only you dei Platters ma

anche Mina.

20
dell’estate21>>: si afferma infatti il mercato estivo legato allo sviluppo e al

benessere economico italiano di quegli anni, gli stabilimenti balneari pullulano

di juke-box e si diffondono transistor e giradischi portatili. L’industria punta su

questo nuovo mercato estivo e inizia a produrre canzoni ad hoc. Ricordiamo ad

esempio Abbronzatissima (1962) di Edoardo Vianello, Sapore di sale di Paoli,

Stessa spiaggia e stesso mare (1963) di Piero Focaccia. Mina sarà una delle artiste

di punta del periodo; il suo sviluppo professionale la vede passare dal rock ‘n’

roll in stile americano, al repertorio dei cantautori italiani, sino ad approdare

infine ad un genere nuovo, quella della canzone sofisticata e di qualità, vicina ai

crooners americani. 22

2.4 La canzone

Il processo che ha portato la canzone ad assumere la fisionomia odierna non è

facilmente riassumibile, trattandosi di un percorso che interessa sotto il profilo

storico varie epoche, molto diverse fra di loro. Mi limiterò quindi a citare le

caratteristiche odierne. La struttura di una canzone pop è composta da sezioni;

generalmente il modello più utilizzato è quello verse-chorus (strofa-ritornello),

sebbene le varianti siano molteplici. Si può affermare in linea generale che ad

ogni strofa corrisponda un’uguale melodia ed uguale successione di accordi,

mentre il ritornello presenta una successione di accordi differente e una diversa

melodia, solitamente resa dalla voce. La forma più comune è così suddivisa:

Intro (introduzione)- verse (strofa)- chorus (ritornello)- verse – bridge (ponte)-

outro (conclusione) o chorus

21G. Castaldo, Il romanzo della canzone italiana…, op. cit.


22Molti di questi brani verranno arrangiati da Ennio Morricone il quale proprio in questo
periodo si affaccia all’arrangiamento di musica di consumo.

21
L’introduzione di solito è solo strumentale e serve per dare il tono alla canzone

stessa nonché la tonalità: per questo dal punto di vista armonico anche se

nell’introduzione sono presenti accordi diversi dalla tonica, essa termina

sempre con un accordo di tonica o di dominante. Essa si può basare sulla

progressione armonica del verso, del ritornello o del bridge oppure si può rifare

alla progressione armonica comunissima nell’ambito pop: I-VI-II-V.

Per quanto riguarda la strofa: << deve essere intesa come unità che prolunga la

tonica23>> e poi <<la struttura musicale della strofa quasi sempre ricorre almeno

una volta con un diverso testo24>>. La strofa serve poi a preparare il terreno per

il ritornello. Caratteristiche del verse inteso come categoria formale sono:

geometricità della melodia; note ribattute, progressioni melodiche25. La strofa è

composta generalmente da 8 o 16 barre. Il ritornello invece contiene il sé l’idea

principale o il quadro generale di ciò che viene espresso liricamente e

musicalmente dalla canzone; presenta un motivo molto orecchiabile e

facilmente riconoscibile. Le parole del ritornello rimangono generalmente

invariate per tutta la durata del brano, a differenza dei versi. Risulta anche qui

composto da 8 barre.

Il ponte può essere definito come una transizione, ad esempio dalla strofa al

ritornello, o dal ritornello al ritornello ripetuto; serve per spezzare la ripetitività

del pattern e a mantenere l’attenzione dell’ascoltatore 26. E‘ composto da 8 barre.

La conclusione serve a segnalare agli ascoltatori che la canzone sta terminando.

E’ comune la conclusione ad libitum nella quale la musica si fa lentamente

23 Everett, Walter, ed. Rock Music: Critical Essays on Composition, Performance, Analysis, and
Reception. (tradizione mia)
24 op.cit.

25 F. Fabbri, Il suono in cui viviamo: saggi sulla popular music, Il Saggiatore, 25 Settembre 2008

26 M. Davidson e K. Heartwood, Songwriting for Beginners, Alfred Music Publishing, 1 Gennaio

1997, p.6 (traduzione mia)

22

You might also like