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G. Edoardo Mottini - Mitologia Greca e Romana-Arnoldo Mondadori (1945)
G. Edoardo Mottini - Mitologia Greca e Romana-Arnoldo Mondadori (1945)
INTRODUZIONE
GUERRA OBI GIGANTI CON GLI OBI ( Fot. A llnari)
(da un aarcofago antico)
(Fot. A.Unari)
SATURNO
cda una scullura antica)
1 UNA ED E.CATE IN LOTTA COI GIGANTI (Fot. Allnari)
(Scultura antica)
2
I6 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
(Fot. A l/nari)
PLUTONE
(scultura antica)
PA R T E PR I M A
IL CARRO DI FEBO
(quadro di A. Appian' )
l
L' O L I l\l P O
La dimora degli Dei si ergeva sulle cime eccelse del-
1' 0limpo , il più alto monte della Grecia. Non era dato
ad occhio umano di scorgerne le immense logge e le
scintillanti cupole, a causa della grande altezza della
montagna e del mantello di nubi sempre disteso su
quelle vette. Talvolta , all'aurora o verso sera, il pa
store errante nella cupa valle di Tempe credeva di scor
gere lassù il profilo d'una candida rocca : ma tosto l'il
lusione sfumava nell'addensamento dei cumoli d'onde
si sprigionava, nelle ore torride , il vivido baleno.
Oltre la zona delle forre e delle selve, oltre lo spazio
della grama vita e del piccolo sogno dell'uomo, si ele
vava su bastioni formidabili il radioso palazzo degli
Dei. Ciascuno d'essi aveva la sua reggia vasta cor.� e
una caverna e luminosa come un diamante. ]\fa nel ccn-
22 MTTOT.OGTA GRECA E ROMANA
(1) Così era chiamato Giove nella sua qualità di sovrano dell'Olimpo.
(2) Vedi a pag. 71.
L'OLIMPO
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II
ZEUS O GIOVE
Potenza e passioni di Giove.
L'infanzia di Giove.
Giove adunque è figlio di Saturno e di Rea, la Cibele
dei Latini. Corse gran pericolo d'essere divorato dal
padre che soleva disfarsi dei figli che Rea gli generava.
Ma era scritto in un oracolo che uno di questi avreb
be dovuto diventare signore del mondo. E Rea, pen
sando che l'ultimo d'essi fosse il predestinato, lo portò
alla chetichella in Creta, sulla vetta del monte Ida.
Come spiegare al decrepito e vorace Saturno la scom
parsa del bambino ? Amor di madre pensa a tutto. Rea
avvolse in un pannolino un bel ciottolo delle dimen
sioni d'un fanciullo, e lo portò al marito che trangugiò
in un boccone l'indigesta vivanda, convinto di pap-
ZEUS O GIOVE 27
Amori di Giove.
Se Giunone tempestava contro il suo augusto mari
to, non aveva tutti i torti. Ove si dimentichi che le
belle Ninfe ch'egli inseguì sulla terra non sono proba
bilmente altro che personificazioni ridenti di forze na
turali, con le quali la grande forza animatrice del crea
to s'intreccia di continuo, vien da pensare che Giove
fosse nelle sue passioni di un'instabilità imperdonabile.
Ad Argo, s'innamora d'Io, figlia d'Inaco, e per sot
trarla alla collera di Giunone la trasforma in una gio
venca (2) . Per raggiungere Leda, figlia d'un re di Eto
lia, prende le molli penne e il collo serpentino d'un
candido cigno ; e la Ninfa genera in un ovo miraco
loso due splendidi gemelli, detti i Dioscuri - Castore
e Polluce - che vivranno avvinti da un sovrumano
amore e, tramutati in stelle, proteggeranno i naviganti
nelle tempeste. La figlia d'Acrisio, re d'Argo, la bella
Danae, languiva rinchiusa in una torre di bronzo, ove
suo padre l'aveva fatta suggellare, impaurito da un
oracolo che gli aveva predetto che un figlio di lei lo
avrebbe sbalzato dal trono. Giove, che se n'era invaghi
to, riuscì ad eludere la vigilanza delle guardie ed a vin
cere lo spessore delle bronzee lastre, penetrando dalle
aperture della torre sotto forma d'una pioggia d'oro,
mentre un uragano rovesciava torrenti di pioggia. Da
Giove e da Danae nacque l'eroe Perseo, predestinato
a uccidere Medusa, una delle tre Gorgoni. Ma la favola
più bella fra quante se ne intesserono sulle avventure
di Giove, è certo quella di Europa.
3
MttOLOGIA GRECA E ROMANA
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Il ratto d'Europa.
Europa, figlia di Agenore, re di Fenicia, splendeva
per un incarnato così bello che si mormorava che una
compagna di Giunone avesse rapito per lei dalla toe
letta della Dea un barattolo cli belletto. Suo costume
era recarsi con le compagne sulla riva del mare e là
coglier fiori, cantar giulive canzoni, inseguire farfalle
e intrecciare ghirlande co:1 le rose che ivi :fiorivano gran
dissime. Giove l'adocchiò e decise di rapirla. Per non
dar sospetto, si tramutò in un bel toro bianco come
la neve, con qualche vezzosa pomellatura sulla fronte
e sulla gorgiera. Mentre le fanciulle attendevano ai lo
ro giochi, ecco il gentil torello che si fa avanti manso ed
agevole, dimenando il fiocco della coda e dondolando
il capo su cui le corna facevano un arco di luna na
scente. Tutte le fanciulle gli sono intorno. Chi gli ca
rezza l'ampia groppa, chi porge alla sua lenta mascella
una manata di fresca erba, chi gli depone sul cocuz
zolo una ghirlanda di rose colte allora. L'animale le
fissa con occhio umano. Poi, oh stupore I s'inginocchia
davanti ad Europa e sembra attendere che la bella si
decida a salirgli sul dorso. Europa non aspettò molto
a farlo. Ma, appena il toro ebbe sentito il peso del gio
vane corpo, trottò difilato verso la marina e prese a
correre sulle onde diventate salde come c"cistallo. La
poveretta si aggrappava alla giogaia dell'animale, cd
empieva il cielo di grida, a cui facevano eco i dispe
rati lamenti delle compagne rimaste a riva. Invano, ché
il toro ora nuota come un delfino, e, a gran colpi di
zoccolo nell'onda spumosa, si dirige verso un'isola
emersa dall'orizzonte. Sbarcato in Creta con la fanciul
la sempre in groppa, Giove si rivelò a lei, sotto un pla
tano, che da quel giorno conservò le foglie verdi. Dai-
ZE.US O G!OV� 3.1
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le loro nozze nacquero :Minosse e Radamanto, due
dei tre inflessibili giudici del tribunale d'Averno.
L'aspetto di Giove.
III
HERA O GIUNONE
Nazze di Giunune con Giove.
Giunone, sposa di Giove, era figlia di Cronos e di Ci
belc. Il modo in cui Giove le si offrì per fidanzato è ve
ramente straordinario. Mentre la bella giovinetta , per
ingannare le lente ore d'un giorno d'inverno , filav3.
una conocchia di bianca lana, un cuculo entrato d'im
provviso nella sua camera le si posò sulla spalla. Hc
ra, vedendolo intirizzito e umido di fiocchi di neve, lo
scaldò in un lembo del suo velo. Ma il cuculo si tra
sformò ad un tratto in un Dio splendente che le mor
morò queste parole : « Vuoi tu diventare la Regina de
gli Dei ? Io sono Giove, e t'offro il mio amore e il mio
trono » . Hera accondiscese. Le nozze furono celebrate
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
La ruota d'Issione.
Il pomo di Paride.
Ma una volta, stanca dell'incorreggibile marito, He
ra osò cospirargli contro e stava per ammutinare tutti
gli Dei, quando il gigante Briareo , dalle cento braccia
e dalle cinquanta teste, fedele a Giove, la sorprese ncl-
1' atto di dare il segno della rivolta. Giove la castigò in
un modo strano : la sospese ad una catena d'oro fra
ciclo e terra, e ad ogni piede le legò una pesante in
cudine. Vulcano, avendo cercato di difenderla, fu sca
raventato nel baratro. La povera Dea stette a lungo in
quella penosa posizione, finché Giove finì col perdo
narle e con l'affidare a Vulcano il difficile compito di
staccarla senza farla precipitare. Che fosse vendicativa
lo provarono specialmente la ninfa lo, di cui vi nar
rerò più tardi la favola (r) , e Paride che aveva susci
tato la gelosia di Hera porgendo a Venere il famoso po
mo che la consacrava più bella di Giunone e di Miner
va. Quella sentenza scatenò l'avversione della sposa
di Giove contro Paride e contro tutti i Troiani. E sic
come Giove parteggiava per questi, vi lascio imma
ginare le liti e i rabbuffi che allietarono la dimora co
niugale dell'Olimpo durante l'assedio di Troia ! Anche
Ercole, generato da Giove durante una delle sue scor
ribande terrene, seppe quanto fosse tenace la persecu
zione di Hera , e lo seppe Enea, spinto dal suo rancore
di burrasca in precipizio, perché era troiano.
GIUNONE
(statua antica)
APOLLO MUSACETH (Fot. A l/nari)
(atat"a antica)
IL LEVAR DEL SOLE (Fot. A linari)
(d� un quadro di Guido Reni)
IV
FEBO O APOLLO
Apollo e il mito solare.
Gli antichi attribuivano il miracolo abbagliante della
luce alla benignità di Apollo , figlio, come Diana, di
Giove e di Latona.
Non appena l'Aurora veniva fuori dal suo fosco let
to a spargere rose sui confini del cielo, ecco l'alacre
Dio slanciarsi, sul carro tirato dai bianchi cavalli alati,
per le vie dell'etra . ancor grige di crepuscolo. La luce
cresce, fiamme e bagliori inondano l'universo. Giunto
al culmine della sua parabola, il Nume arde d'un tale
fuoco che la natura crepita strinata. Nel torrido silen
zio delle stoppie non s' ode che la stridula nota della
cicala. La terra è come morta. Ma già i cavalli preci
pitano verso la lama bluastra del mare. Apolline è ora
circonfuso d'una luce meno crudele. Poi, in una grotta
MITOLOGJA GRECA E ROMANA
Infanzia d'Apollo.
Apollo nacque da Giove, che è il Cielo, e da Latona,
ch'è la Notte. Giunone lo odiò perché era figlio natu
rale del suo sposo, e fece di tutto perché non nascesse.
Perseguitò Latona, la costrinse a fuggire, tramutata in
quaglia, fino all'isoletta di Asteria (Dclo) nel Mar E
geo. Là Apollo fu generato, e bevve le prime gocce di
nètiare dalle mani di Temi, discesa apposta dall'Olim
po per recargli la divina bevanda. Ma Giunone evocò
dalle tenebre, contro il fanciullo circonfuso di luce e
di bellezza, il Serpente Pitone, mostro nato dal limo
della terra dopo il diluvio. Febo, che aveva quattro
giorni, lo assalì in una valle a' piedi del monte Par
naso, e lo uccise a frecciate. Con la pelle di gelido splen
dore di quel drago, egli copri poi il tripode presso cui
la Sibilla pronunciava gli oracoli nel santuario di Del
!o . Pizia o Pitonessa fu chiamata la Sibilla, e Pitici si
dissero i giuochi che venivano celebrati in Delfo, per
commemorare la vittoria del figlio di Latona.
Le giovenche di Admeto.
Ora comincia l'esilio del Dio sulla terra. Per purifi
carsi dell'uccisione del serpente Pitone, Febo si mette
Le orecchie di lllida.
Febo percorre l'universo ideale sul suo carro scin
tillante, donde si sprigionano i due miracoli del suono
( 1) Apollo ottenne al re Admeto, dalle Parche, la grazia di sfuggire
alla morte, se un altro si profferisse in sua vece all'Erebo. Giunto il re
all'ora suprema, mentre anche i suoi genitori si rifiutavano di morire
per lui, la sua sposa A/cesti non indugiò a farlo. Proserpina, commossa
da così sublime sacrificio, la rimandò sulla terra. Secondo altri, F.rcole
strappò Alcesti a forza dall'Ade e la riportò al suo sposo.
4
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
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e della luce. Ma nella sua arte il Dio non soffre rivali.
Pane, che alcuni ritengono suo figlio, osò sfidarlo a sin
golar tenzone, col flauto di canna. Ad arbitro fu scelto
Mida, re di Frigia , che, per parzialità o per grossezza
d'ingegno, assegnò il premio al villoso Pane dalle zam
pe di capra. Apollo gli appioppò per castigo un bel
paio d'orecchie asinine, che lo costrinsero a portare
sempre in capo una magnifica tiara. Naturalmente il
barbiere, per acconciare le ciocche del Re, doveva al
zare quel diadema, e scorgeva i padiglioni asinini, dis
simulati da certi rocchi di capelli. Il povero diavolo
moriva dalla voglia di svelare il gustoso segreto : ma
ne andava della vita ! Una sera, non potendone più ,
corse alla palude, e, scavato un buco nel limo, spifferò
in quell'imbuto la bella notizia: « Re Mida ha le orec
chie da somaro ! » . Non l'avesse mai fatto ! Da quel bu
co sorse in quattro e quattr'otto un folto ciuffo di can
ne che si battevano e gemevano al vento: e chi stava
ad ascoltare, udiva distintamentr in quel fruscìo la fra
se delatrice : 1 Re Mida ha le orecchie da somaro ! ».
Apollo e Dafne.
Una delle leggende più pittoresche e poetiche del
l'antichità è certo quella di Apollo e Dafne. La scul
tura e la pittura non si sono stancate mai di rappre
sentarne l' epilogo. Apollo s'invaghisce della giovinetta
Dafne, casta vergine che, come Diana, non amava che
la caccia e la solitudine. La fanciulla, vedendosi sorge-
( 1) Cioè figlie del Sole.
50 llfITOl.OGIA GRECA E ROMANA
Apollo e Giacinto.
Ecco un'altra leggenda su Apollo, con dentro il suo
simbolo. Apollo è ora appassionatamente amico d'un
bellissimo adolescente, Giacinto, figlio del re Amido.
Spesso sulle rive dell'Eurota i due compagni giocano
allegramente a lanciare il disco. Ma un giorno il disco
d'Apollo cade sul capo di Giacinto e l'uccide. Apollo
s'inginocchia singlùozzando presso il corpo dell'amico,
FEBO O APOLLO 51
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e per renderlo immortale trasforma il suo sangue in
un tenero fiore dal profumo acuto, che fiorisce a cioc
che ad ogni primavera. Che cosa significa il disco mor
tifero? I raggi del sole d'estate diventano dardi datori
di morte. Ma essi rimangono tuttavia nella loro essen
za l'elemento generatore della vita.
(Fot. A l/nari)
APOLLO
(scultura antica)
DIANA CACCIATRICE (Fot. Alinarl)
(>tatua antica)
LA CACCIA AL CINGHIALE CALIDONIO (Fot. A l/nari)
(sarcofaJo antico)
V
ARTEMI DE O DIANA
Diana cacciatrice e dea lunare.
Sorella di Apollo, nata, come il Dio della luce diur
na, da Giove e da Latona, la bella e casta Artemide,
chiamata Diana dai Latini, fu in pari tempo la Dea del
la caccia e la personificazione divina della luce lunare.
Chiese ed ottenne da Giove di poter vivere senza spo
so, libera e senza passioni, nel grande incantesimo del
le valli e dei boschi, rincorrendo il cervo dai frementi
bramiti o il cinghiale dalle acute strida, insieme con
lo stuolo delle sue Ninfe armate di arco e di frecce. Du
rante la notte le sue scorribande d'appassionata caccia
trice s'identificano col lungo e cauto cammino della
luna per l'arco del cielo, con l'addentrarsi dei suoi rag
gi d'argento nell'intrico delle fronde, col divallare dei
suoi dardi di luce nella profondità dei burroni ove si
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Atteone. Endimione.
La virtù di questa dea era rigida e scontrosa. Il cac
ciatore Atteone, per aver osato guardarla mentre, con
le sue Ninfe, stava per discendere in una gelida fonta
na per tergersi le membra dalla polvere d'una battu
ta di caccia, fu da lei trasformato in un cervo. I cani
si gettarono sull'infelice e lo dilaniarono. Per onorare
la sua pudicizia, le si consacravano praterie intatte ove
non strisciava la falce né ruminavano pecore o muc
che. I folti fiori che fremevano al vento su quei prati
erano un'offerta di innocente bellezza alla protettrice
dei giovinetti e delle fanciulle incorrotte. Una sola vol-
ARTEMIDE O DIANA .57
Il castigo di Niobe.
Ma Diana fu crudele con Niobe. Questa figlia di
Tantalo aveva sette figli e sette figlie bellissimi. Salì
per la sua fortuna in grande superbia, e andava di
cendo che neanche Latona, madre d'Apollo e di Dia
na, aveva messo al mondo una prole così splendida.
Latona l'udì, arse di collera ed affidò ai suoi figli la
vendetta. I Niobidi perirono tutti, i maschi trafitti da
gli strali di Febo, le femmine da quelli di Diana. Niobe
restò seduta tra i cadaveri insepolti, per nove giorni,
impietrata dal dolore. Alfine Giove ebbe pietà di lei,
e sul monte Sipilo la trasformò in una rupe. Ma quel
sasso geme ancora, quando lo sfiora il vento, e dalle
sue latebre il pianto trasuda goccia a goccia.
L'aspetto di Diana.
VI
ATENA O l\IìNERVA
Sua nascita. Il dono dell'ulivo .
A tena o Pallade, che i Latini chiamavano Minerva,
nacque da Giove e dalla Saggezza infusa in lui, in un
modo insolito e bizzarro. Un giorno il Re degli Dei si
sentì dolere acutamente il capo. Chiamò Vulcano e lo
pregò di dargli col fendente dell'accetta nella fronte.
Vulcano ubbidì, e dalla larga fessura vide saltar fuori
con un acuto grido una bella guerriera con l'elmo d'o
ro e un giavellotto, che ballò davanti agli Dei attoniti
una danza bellicosa. Era Minerva, Dea in pari tempo
della Guerra e della Sapienza. In questa sua singolare
entrata nel mondo divino è simboleggiata la luce terri
bile del lampo che esce dal fosco seno dell'uragano e
trafigge la nube. Minerva manifestò subito il suo ca
rattere guerriero aiutando il padre nella lotta contro i
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
5
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
VII
ARES O MARTE
Vl l l
AFRODITE O VENERE
Nascita di Venere .
La bellezza, sorriso della terra, e l'amore, sorriso del
la vita, presero forma umana e femminile nel mito d'A
frodite. La Dea dell'amore , figlia del Mare e del Cielo,
nacque da un po' di spuma galleggiante sul mare, nei
pressi dell'isola di Cipro : e il suo nome greco A /rodite ,
significa appunto nata dalla spuma. In un mattino di
primavera sfolgorato dal sole, una meravigliosa don
na emerse, tutta stillante, da un placido gorgo azzur
ro, ritta sull'ondulante piedestallo d'una conchiglia iri
data. La brezza marina faceva fremere i suoi biondi
capelli e sbattere i veli che avvolgevano il suo candido
corpo. Due Zefiri in spoglia di giovinetti alati e inco
ronati di fiori, la spinsero col soffio verso la riva. Colà
le Ore le vennero intorno in un molle ritmo di danza,
e detersero le sue membra dalla salsedine, pettinarono
68 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Il giudizio di Paride.
VENERE
(da una statua antica)
V E NERE NE LLA FUCINA DI VULCANO (Fot. A l/nari)
( quadro di F. Boucher)
(Fot. Alinarf)
VULCANO E I OICLO?I PREPARANO LO SCUDO D'ACHILLE
(scultura antica)
IX
EFESTO O VULCANO
Il Dio zoppo del fuoco. I Ciclopi.
A presiedere all'instancabile e rodente fuoco, che però
doma i metalli e rende possibili le arti, i pagani elesse
ro un dio zoppo e brutto di persona, che aveva più del
fabbro che non del genio della fiamma. Efesto, detto
dai Romani Vulcano, era figlio di Giove e di Giunone.
Si narra che fosse così spiacevole d'aspetto quando
nacque, che sua madre prese a odiarlo e finì col preci
pitarlo giù dall'Olimpo. Il povero reietto cadde per un
giorno intero, e, quando si fermò, si trovò tutto azzop
pato, sull'isola di Lemno che fremeva di fuochi na
scosti. Là impiantò la sua fucina in un cratere e vi
lavorò alacremente per nove anni, a battere e plasma
re il ferro, il bronzo e i metalli preziosi. Nelle viscere
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
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DEMETRA O CERER E
La dea delle biade. Trif.'olemo e Le Eleusine .
In Demetra, che le statue e i bassorilievi antichi rap
presentano con una falciola in mano e nell'altra un
mazzo di spighe e di papaveri, si venerava la Dea del
l'agricoltura e specialmente del grano. I miti di cui
era intrecciata la sua leggenda avevano tutti relazione
con la fertilità della terra e col lavoro che spreme da
essa l'alimento della vita. Demetra era nata da Satur
no e da Cibele, Dea della terra. Si narrava in alcuni
luoghi che fosse stata rapita e sposata a Nettuno , Dio
dell'elemento acqueo, indispensabile alla vegetazione.
Dalle sue nozze con l'eroe Giasone sarebbe nato Pluto,
dio della ricchezza rurale, accecato poi da Giove. La
Dea benefica percorse le incolte lande e insegnò agli
uomini a coltivare le messi, mentre Bacco insegnava
loro a piantare la vigna. Non contenta di rivelarsi agli
82 MITOT.OGIA GRECA E ROMANA
umili abitatori dei campi per spiegare loro i riti dell 'arte
agraria, Demetra educò l'eroe Trittolemo, e confida
tigli i segreti dell'aratura e della semina, lo spedì pel
mondo, sopra un carro alato, tirato da dragoni, accioc
ché diffondesse l'amore per le fatiche pie e ricche di
compensi della coltivazione. Questo eroe-dio fondò Eleu
si, ed istituì le solenni feste a Demetra, che si chiama
vano Eleusine e che celavano solenni e inviolabili mi
steri ( r).
Demetra alla cerca della figlia Proserpina.
Demetra aveva una figlia, Core o Proserpina. Plu
tone, re dei morti, emerso d'improvviso col suo carro,
mentre la bellissima fanciulla coglieva fiori presso la
fontana Aretusa, la rapì. Demetra disperata si pose to
sto alla cerca della figliola, per nove giorni non gustò
nèttare né ambrosia, e faceva sonare l'aere di lamenti.
I l Sole impietosito le rivelò la buia sede della giovi
netta, ormai regina dei morti. Allora Cerere discende
nell'Inferno, ma le è precluso l'accesso alla reggia di
Plutone. Indignata, colpisce la terra di un'orrenda ma
ledizione che isterilisce le zolle, dissecca la verdura e
fa cader morti i buoi nei solchi. Giove teme che la raz
za dei mortali stia per perire, e interviene, mandando
Mercurio al Dio dell'Erebo, per ottenere la restituzione
della figlia di Demetra. Plutone accondiscende a lascia
re che Proserpina per l'avvenire viva con la madre in
Olimpo, durante otto mesi dell'anno... Allora Cerere
esultante ridona alla terra tutti i suoi frutti e i suoi fiori.
Un'uberlosa estate consacra la sua riconciliazione con
(1) Un'altra tradizione attribuiva la fondazione dei misteri sacri di
Eleusi a Demetra stessa, che ne aveva fotta la rivelazione agli Eleusini
per ricompensarli della pietà con cui l'avevano accolta quando errava
in forma di umile vecchia, alla cerca di Core (Proserpina).
DRiiÈTRA O CERERE
( Fot. A linari)
UN A FIGLIA DI NIOBE
(da una ac:ultura antica)
(Fot. Alinari)
MERCURIO
(Statua ciel Giambologna)
MERCURIO E ARGO (Fol. Brockmann)
( 1uadro di P. P. Rubens)
XI
HERMES O MERCURIO
E DEGLI INFERI
( Fct. Glraudon)
POSIDCNE E ANFITRITE SU UN CARRO TIRATO DA TRITONI
(scuhura a ntica)
I
POSIDONE O NETTUNO
Nettuno e Anfttrite, sovrani del mare.
A Posidone, figlio di Saturno e di Cibele, che i Ro
mani chiamarono Nettuno, Giove, suo fratello, diede
per dominio il mare. Per poco, suo padre, mosso dalla
consueta fame rabbiosa, non lo divorò come gli altri
fratelli. Ma la madre diede da mangiare in sua vece
all'abbrutito Saturno un puledro, e quello, senza trop
po pensarci su, inghiottì il cavallino e risparmiò il fu
turo Dio delle onde. Dapprima Posidone fu fedele a
Giove e lo aiutò nella guerra contro i Titani. Ma poi,
per gelosia dell'impero sterminato che l'Olimpio s'era
aggiudicato da sé, complottò con Apollo per precipi
tare il padre degli Dei dal suo eccelso trono. Andata
a male la congiura, fu scacciato dal Cielo, e con Apollo
94 :MITOLOGIA GRECA E ROMANA
(Fot. Alinari)
NETTUNO
(stampa antica)
(Fot. A l/nari)
EOLO
(statua di Ella Candido)
TRITONI E. NE.RE.IDI (Fot. A l/nari)
(scultura anti:a)
II
LE DIVINITÀ MINORI DEL MARE
Oceano. Le Sirene. Proteo.
L'Oceano, pieno di misteri e di spaventi, d'incante
simi e di mostri, suscitò nell'immaginazione degli an
tichi numerose personificazioni di tutte le sue forze,
dei suoi segreti, delle sue aspre collere, della voluttà
delle sue ore di calma e di splendore. Così nacquero le
divinità marine minori: dall'antico mito d'Oceano, fi
glio del Cielo e di Vesta, sposo di Tetide e padre delle
Oceanine, ninfe del mare, a Proteo e Nereo, suoi figli,
abitatori degli abissi salati; da Glauco, figliuolo di Net
tuno, che di pescatore si tramutò in pesce, avendo
mangiato un'erba miracolosa, a Forca , altro dio ma
rino, che ebbe una figliuolanza spaventevole di mostri :
le tre Gorgoni, le Graie, vecchie perenni, cieche e sden
tate, Ladone, drago che custodiva il giardino delle
Esperidi, e (secondo altri) anche il mostro di Scilla
che fracassava tutte le navi nello stretto di Messina.
98 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
(Fot. A /inari)
SIRENE
(quadro di Knupfer)
BACCO, ARIANNA E SATIRI (Fot. A llnarlJ
(da un quadro di Tiziano)
(Foto A linari)
BACCO, PRECEDUTO DA UN FAUNO E DA UNA BACCANTE
(scu1�ura antica)
lll
DIONISO O BACCO
(Fot. A linar.)
BACCO
(da una stampa anii.:a)
CORTEO BACCHICO (Fol. A llnari)
(scultura antica)
IV
LE DIVINITÀ DEI BOSCHI E DEI FIUMI
I Satiri.
La campagna antica era popolata di deità selvagge
e gioiose. La natura umana e la bestiale si univano ne
gli istinti e nelle forme dei satiri o fauni, che vivevano
nei boschi ed avevano il corpo velluto, piccole corna
da capra, il naso camuso, le orecchie appuntite e i piedi
da becco. Nei tramonti ardenti dell'Attica o dell'Arca
dia, il pastore e il villico credevano talvolta di veder
passare, nell'ombra delle foglie filtrata d'oro, l'aspro
e rossigno satiro, mentre rincorreva un'agile ninfa. E
talvolta, senza vederlo, udivano nel brusio dei pini e
degli ulivi la melodia della sua zampogna o del suo
flauto. I satiri erano la parte più turbolenta del corteo
di Bacco.
I08 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
Il Dio Pane.
Capo dei satiri era Pane, figlio di Mercurio, Dio dei
greggi e dei pastori, venerato specialmente in Arcadia.
Lo si rappresentava col viso invermigliato e cotto dal
sole, con corna da ariete e barba fulva da capra, le
cosce coperte d'un ispido pelo e i piedi bisulchi. Amava
errare per valli e montagne, accompagnando stuoli di
pecore e capre, danzare con grida giulive e riposarsi
nei caldi meriggi o nei crepuscoli soavi , soffiando nella
zampogna. Le ninfe ballavano al suono del suo stru
mento di canne, tenendosi lontane da lui , perché ne
avevano paura. E i pastori che lo adoravano e gli of
frivano agnellini e capretti, tremavano al pensiero de
gli spaventi che quel dio burlone soleva suscitare nelle
ombre della sera o nelle tenebre notturne, spezzando
un ramo d'albero con un colpo secco, o gettando grosse
pietre in un burrone, o facendo fremere tutta la selva
di un'improvvisa folata che pareva un lamento umano.
Qnel terrore che costringeva uomini e bes�1e ad una
subitanea fuga, si diceva panico. Tre r,mfe furono
amate da Pane : Piti che fu cambiata in pino dal vento
Borea, geloso della sua predilezione per ·.?ane, Eco che
morì, si dice, vittima della gelosia dei dio caprbcde ,
e Siringa. La storia dell'amore di Pane per Si, inga,
ninfa d'Arcadia, è una delle più graziose favole anti
che. Respinto dalla fanciulla che si era votata al culto
di Diana, il Dio l 'inseguì per selve e monti. D'improv
viso il fiume Ladone sbarrò la strada alla fuggitiva.
Nella disperazione , Siringa si gettò nelle onde, invo
cando le ninfe della corrente, le verdi Naiadi , sue so
relle. Dove il bel corpo disparve, sorse un ciuffo di
canne. Pane, afP.i Lto, credette di udire, nel brusio di
quei fragili fus�i che mormoravano al vento, la voce
della ninfa. Col rustico coltello tagliò sette canne di de-
LE DIVIN'ITÀ DEI BOSCHI E DEI FIUMt 109
Le Ninfe.
Con lo stuolo irruente e quasi selvaggio dei satiri, le
campagne e i boschi ospitavano il ridente sciame delle
Ninfe, giovinette dalla fresca bellezza, immagini delle
forze della natura propizie e serene.
Le Ninfe sono l'anima degli elementi fidi e belli, e
di rado cedono a passioni inique e violente. Sono figlie
di Dei e d' uomini. Hanno perenne giovinezza, ma pos
sono morire. La loro vita è tutto un intreccio di gio
chi, di danze, di scomparse repentine, di metamorfosi
e d'amori. Sono in continuo litigio coi satiri zotici e
maligni. Ogni montagna, ogni prato, ogni bosco, ogni
albero, ogni fonte ha le sue ninfe graziose e festevoli.
Le Driadi immortali, proteggono le foreste ; le Ama
driadi, mortali, si celano nella corteccia degli alberi ;
le Naiadi abitano nei fiumi, nelle fonti e nei torrenti ; le
Napee danzano con piè leggero sull'erba fresca dei pra
ti e dei boschetti ; e le Oreadi hanno stanza nei valloni
ombrosi della montagna. Anche il mare ha le sue nin
fe : vi ho già parlato delle Oceanine e delle Nereidi.
( Fot. Alinari)
POMONA
(statua antica)
LA FAVOLA DI ENDIM:ONE E SELENE (Fot A linar/)
(scultura antica)
V
LE DIVINITÀ DELL'ATMOSFERA
Nell'etra regnavano due deità supreme, Apollo che
si identifica col sole, e Diana che è l'incarnazione del
ritmo lunare. Ma sole e luna erano umanizzati anche
in deità minori, in Helios e in Selene, sua sorella. He
lios, coronato di raggi, conduceva il gran carro solare,
guidato da cavalli bianchissimi, che usciva dal fiume
Oceano e, raggiunta la volta del cielo, ridiscendeva in
un fervore d'infocati vapori. Intorno al corpo bellissi
mo di quell'auriga splendeva un insostenibile nimbo
di luce. Già vi parlai di Fetonte, che alcuni poeti fan
no figlio di Helios, altri d'Apollo. Vi narrai come, mal
reggendo il carro paterno, minacciasse d'incenerire il
mondo. Giove lo fece precipitare nel Po. Le sue sorelle,
le Elia.di, piansero sulla sua tomba, finché la pietà degli
Dei non le trasformò in tremuli pioppi. E dalle loro la
crime nacque l'ambra, ch'è dorata come il sole.
Helios aveva due sorelle : una per nome Eos, che
8
II2 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
VI
HADES O PLUTONE
Plutone, Dio dei morti.
Il re dell'oltre-tomba era Hades o Plutone, figlio di
Saturno e di Cibele. Giove gli aveva dato lo scettro del-
1'Averno, e il popolo di questo cupo e tenebroso sire era
tutto d'ombre. L'umanità viva tremava al suo nome.
Lo si chiamava l'Invisibile, a causa del suo buio sog
giorno e d'un elmo che lo cingeva di cupa nebbia. Non
usci mai alla luce del sole, meno una volta, quando lo
spinse a mostrarsi sulla terra l'amore per Proserpina.
Il suo trono era nel centro dell'Averno (r). Sedeva giu
dice delle anime, e pronunciava giudizi senza appello.
Una volta sola si commosse, quando Orfeo lo implorò
di rendergli Euridice. Ma per uno strano contrasto,
GLI EROI
COMBATTIMENTO DI AMAZZONI (Fot. A llnari)
(eia un vaso antico)
I
GIASONE E GLI ARGONAUTI
9.
( Fot. A l/nnri)
ERCOLE CHE SOLLEVA IL MONDO
(bronso fiorentino del so�. XVI)
( l'ot. A li nari)
ERCOLE UCCIDE IL LEONE NEMEO E L' IDRA DI LERNA
(tondi a rl!l<vo di P, J. Alari d<tto l'Antico)
II
ERACLE O ERCOLE
III
PERSEO E MEDUSA
(Fof. Alinari)
LA MEDUSA
(Rordaninl)
TESEO RICONOSCIUTO DAL PADRE (Fot. A l/nari)
(scuhura antica)
IV
TESEO E IL MINOTAURO
IO.
144 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
(Fot. Wolfrum)
TBSEO ABBATTE IL MINOTAURO
(gruppo marmoreo di A. Canova)
BELLEROFONTE ABBBVERA PÈGASO (Fot. Alinarl)
l>eultura antica)
LA CHIMERA (bronzo etrusco) (Fot- Alinori)
V
SISIFO, GLAUCO E BELLEROFONTE
VI
EDIPO E I SETTE CONTRO TEBE
(Fot. A l/nari)
EDIPO ASCOLTA L' ENIGMA DELLA SFINGE
(tazt4 antica)
DEDALO E ICARO (Fai, A l/nari)
VII
DEDALO E ICARO
(Fot. Ai /nari)
NELL' OFFICINA DI DEDALO
(da un alfrosco di Pompei)
DEDALO E ICARO (Fot. Al/nari)
(scultura antica)
ARIONE SALVATO DAL Di!'-FIN'.> (FJt. A linari
(affresco di B. Peruzzi)
VIII
FAVOLE MINORI
Cefalo e Procri.
Ecco un'altra storia di cacc :atori, come tante ve ne
sono nella mitologia. Cefalo, figlio di Hermes, cioè di
Mercurio, era un valente cacciatore, ed è giusto che,
come tale , s'innamorasse di Procri, anch'essa abile nel
lancio del giavellotto, e la facesse sua sposa. I due si
amavano alla follia : purtroppo Cefalo diede nell' oc
chio alla dea Aurora che s'invaghì di lui e cercava di
rapirlo alla moglie.
« Credi proprio » gli diceva Aurora « che Procn ti
sia fedele in modo assoluto ? Io, se fossi in te, mi
vorrei accertare : bada che le donne sanno fingere ! » .
Picchia e martella : nel cuore di Cefalo sorse il dub
bio. E che fa ? Si traveste da forestiero, si cambia il
volto e l'aspetto (magia da niente, in quel tempo) ; si
presenta a Procri come un ricco straniero, le fa la corte,
l'abbacina con doni suntuosi e riesce a ottenere il suo
amore. . . Povera Procri ! Come pianse, quando il ma
rito le si rivelò per chi era davvero ! Vergognosa e pen
tita, non volle sentir altro e fuggì in Creta, dove si
FAVOLE MINORI
Memnone e l'Aurora.
Memnone, oltre ad esser un eroe, poteva vantarsi
d'esser figlio di una madre non comune. Lo aveva mes
so al mondo Eos, cioè Aurora, che certo non aveva
tralasciato di dargli una bella carnagione rosea, splen
didi occhi e capelli biondi che abbagliavano. Quando
si presentò sotto le mura di Troia per combattere come
alleato di re Priamo, apparve a tutti come l'uomo più
bello della terra. Ma, dopo alcune imprese eroiche, la
morte nera lo colse: e fu Achille ad abbattere quel fiore,
durante un aspro duello. La sua madre radiosa lo pian
se disperatamente, stringendo nelle braccia il corpo iner
te e freddo : e si dice che le lacrime di Eos non ces
sarono più di sgorgare, che si effondono ancora oggi
sulle foglie e sui fiori, sotto forma d1 limpida rugiada,
prima che spunti il sole.
A Memnone fu eretta poi una statua colossale sulle
rive del Nilo : appena il bronzo sentiva la luce e il te
pore del primo sole, risuonava armoniosamente. Era
l'anima di Memnone che rispondeva all'appello di sua
madre.
Ariane e il Delfino.
LPggerete oltre il delizioso se pure doloroso mito di
Orfeo, che esprime e celebra l'onnipotenza del canto
e della poesia. Ma l'antichità ha creato un'altra leg
genda, a prova anch'essa della natura soprannaturale,
quasi divina dei poeti: il mito d'Arione.
FAVOLE MINORI
IX
1.A GUERRA DI TROIA
X
IL MITO DI ULISSE
Fra tutti gli eroi greci che presero parte all'assedio di
Troia Ulisse, figliuolo di Laerte, era il più astuto e il
più abile. Il fato gli riservava, dopo la presa della città,
un difficile ritorno in patria. L'Odissea d'Omero ci nar
ra con splendidi colori le sue peripezie, i suoi viaggi,
i suoi approdi ad isole misteriose, le sue prigionie ed
i rischi di morte, dall'ora in cui s'era affidato coi com
pagni allo schiumoso mare. L'isola di Itaca era il suo
regno. Là lo attendevano la fedele sposa Penelope e
il figlio Telemaco. Ma quante insidie non gli tese il de
stino ! Se tante volte sfuggì alla morte, fu in grazia più
di Minerva che lo amava, che della propria astuzia {
Dapprima la sua nave fu spinta dal vento contro la
terra dei Ciconi, e scoppiò una battaglia furiosa tra
quel popolo e i suoi compagni che avevano predato le
12
176 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
XI
ORFEO ED EURIDICE
(Fot, Alinari)
ORFEO CHE SUONA LA LIRA
(mo,aieo romano)
PA R T E Q U A R TA
I MITI ROMANI
BNEA NARRA A DIDONE I FATTI DI TROIA (Fot. Bu/loz)
(quadro di P. N. Guérln)
I
IL MITO D' ENEA
II
LA MITOLOGIA ROMANA
13
MITOLOGIA GRECA E ROMANA
13 a
r
94 MITOLOGIA GRECA E ROMANA
-----------------------·
uniti alle Larvae (un qualcosa tra gli spiriti maligni e i
diavoli), e ai Lémures, anime di morti che portavano
pena e terrorizzavano la gente con le loro apparizioni
notturne - s'incaricavano di guastare il piacere di vi
vere protetti da Vesta, da Giunone o da Faunus.
I Romani veneravano inoltre gli Dei detti indigeti,
eroi divinizzati che hanno qualcosa d'affine ai nostri
santi patroni: tali Enea e Romolo. Più tardi, in tempi
di dissoluzione morale, si fiuì col divinizzare anche gli
imperatori.
Nata dalla sincera credenza del popolo, la religione
di Roma si coagulò in un sistema di tradizioni e di riti
ufficiali, che mirava sopra tutto a consolidare l'autorità
e la potenza dello Stato. Roma fu sempre però proclive
alla tolleranza religiosa, e lasciò che il suo complesso
di credenze si accrescesse col tempo d'un infinito nu
mero di deità orientali e barbare. Quando spuntò l'alba
di gloria e di sangue del Cristianesimo, ai miti pagani
s'erano avvinte mostruose vegetazioni parassitarie nel
le quali delirava l'animismo torvo e demente delle re
ligioni dell'Asia occidentale. È in quella notte in cui l'a
nima invano si cercava, dibattendosi tra i fantasmi
paurosi e il gelido stoicismo, che rifulse la luce reden
trice del Cristo.
INDICI
(Fot. Al/nari)
ULISSE E DIOMEDE RAPISCONO IL PALLADIO
(acultura antica)
Diluvio, 35 Esculapio, 5 1
Diomede, 132, 172 Esperidi (Giardino delle), 133
Diane, 30 Eteocle, 157
Dionisiache, rn5 . 192 Etere, 16
Dioniso (v. Bac.:o) Ettore, 122, 171 e segg.
Dioscuri, 31 Eufrosine, 7 1
Dirce, 154 Eumenidi (v. Furie)
Discordia, 65 Euriale, 140
Driadi, 109 Euridice, 179, 180
Eurinome, 30
Eaco, n6 Euristeo, 130 e se6g.
Ebe, 22, 133 Euro, I IJ
Ecate, 56 Europa, 3 1 , 32
Echidna, I 13 Euterpe, 52 (nota)
Eco, 69, 103
Edipo, 122, 153 e scgg. Fabulinus, 193
Educa, 193 Fauni (v. Satiri)
Eete, 124 Faunus, 193
Efeso (Diana di), 59 Feaci, 177
Efesto (v. Vulcauo) Febo (v. Apollo)
Efialte, 29 Fedra, 146
Egida, 63 Fetonte, I I I
Elena, 172 Filemone, 36 (nota)
Eleusini (misteri) , 83 Filamela, 167
Eliadi, 49, I l i Flegetonte, u6
Elicona, 52 Flegias, n7
Elle, 123 Flora, 1 10
Encelado, 29 Forcidi (v. Graie)
Endimione, 56, 57 Forca, 97
Enea, 1 22 , 173, 187 Frisso, 123
Eolo, II3 Furie, u7, u8
Eos (v. Aurora)
Epimeteo, 77 Galatea, 95
Eracle (v. Ercole) Ganimede, 33
Erato, 52 (nota) Gea, 16, 27
Ercole, 30, 122, 1 29 e scgg. Gerione, 133
Erebo (v. Inferno) Gia, 28
Eretteo, 33 Giacinto, 50
Erimanto (cinghiale di), 131 Giano, 191 , 192
Erinni (v. Furie) Giasone, 122 e segg.
Ero, 69 Giganti, 16, 8 1
Eroi , 1 2 1 Giocasta, 1 3 5 , 1 50
Eros (v . Amore) Giove, 16, 2 2 , 25 e scgg.
200 MITOLOGIA GRECA !: R\JMANA
INDICI :
INDICE DEI NOMI • 197
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI 203
Q U E S T O V O LU M E È STATO I MP R E SS O N E L
MESE DI SETTEMBRE DELL'ANNO 1945 PRESSO
LE OFFICINE GRAFICHE VERONESI DELL'EDITORE
ARNOLDO MONDADORI