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Dopo la rivolta decabrista, il regno di Nicola I

Nicola I Romanov è stato imperatore di Russia dal 1825 alla morte.


Egli non venne allevato per divenire zar, dal momento che aveva due fratelli
maggiori. Nel dicembre del 1825, però, tutto cambiò in seguito alla scomparsa di
Alessandro - morto senza lasciare figli - e alla rinuncia alla corona da parte dell'altro
fratello. Una volta salito sul trono dovette affrontare la rivolta dei decabristi ( vd. file
della rivolta) che sedò nel sangue.

Politica interna: "il gendarme d'Europa"


Questa esperienza generò in Nicola una profonda avversione per tutto ciò che era
costituzionale e liberale. Uomo di cultura modesta e rigida moralità, era stato educato
in ambienti militari e non aveva ricevuto alcuna preparazione alla vita politica e ai
problemi connessi con la gestione dello Stato. Convinto che l'unica linea politica da
seguire fosse quella del rafforzamento del suo potere personale, si comportò di
conseguenza. Autoritario e privo della mentalità eclettica del fratello Alessandro I,
passò alla storia come "il gendarme d'Europa".
In politica interna, dopo la rivolta dei decabristi, le sue convinzioni lo indussero a
continuare nel mantenimento di un vero e proprio corpo di polizia segreta. Fondò
quindi la "Terza sezione", che aveva il compito di controllare la vita e l'operato dei
sudditi. Questa fu però una sorta di inquisizione e non una "guardia personale":
essa interveniva sulle manifestazioni di pensiero, soprattutto di tendenza
occidentalizzante, perseguitava e ostacolava, tra gli altri, personaggi come
Dostoevskij, Gogol', Puškin e Turgenev. In una Russia che versava, all'epoca, in
condizioni sostanzialmente buone, questo stato di cose produsse un fortissimo
disagio, soprattutto presso le classi più elevate, che erano ovviamente le più
controllate. Egli abolì molte aree di autonomia locale.

PROVVEDIMENTI:
• Sotto l'egida di Nicola, furono costruite le prime ferrovie di Russia, prima a
San Pietroburgo e poi a Mosca.
• Nel 1833 il ministro dell'educazione, Sergej Uvarov, inaugurò un programma
di "Ortodossia, Autocrazia e Nazionalismo" come principi guida del regime.
La popolazione doveva dimostrare lealtà nei confronti dell'autorità illimitata
dello zar, nei confronti della Chiesa ortodossa russa e, in modo vago, anche per
la nazione russa. Il risultato di questi principi conservatori, portò alla
repressione generale di tutte le religioni e dei nazionalismi non russi.
• Nicola decise di restringere i voti all'Assemblea dei Nobili solo a quanti
disponessero più di 100 servi ed i nobili senza terra vennero banditi dalla
vendita di servi separati dalla terra.
NB: Nicola era completamente avverso alla servitù della gleba e aveva intenzione
di abolirla in Russia, ma non attuò questo progetto per ragioni pratiche di Stato.
Egli infatti temeva i proprietari terrieri e credeva che questi si sarebbero rivoltati
contro di lui se avesse avanzato un'idea del genere. Egli fece comunque degli sforzi
per incrementare lo status dei contadini (servi governativi) con l'aiuto del
ministro Pavel Kiselev. Durante gran parte del suo regno egli tentò di incrementare
il controllo sui proprietari terrieri ed altri gruppi influenti in Russia.

Politica estera:

Nella politica estera, Nicola I agì come protettore del legittimismo contro le
rivoluzioni.
• Il rapporto con l'ambasciatore austriaco Karl n Ficquelmont, che era noto per
esercitare un'influenza notevole sullo zar di cui era molto amico, lo portò ad
essere coinvolto nella soppressione delle varie rivoluzioni in Austria e poi in
Europa , guadagnandosi l'appellativo di gendarme d'Europa.
• Quando Nicola I venne incoronato zar , iniziò a limitare le libertà della
monarchia costituzionale di Polonia. Il parlamento polacco per tutta risposta
depose Nicola da re di Polonia. Lo zar reagì a questa azione inviando delle
truppe russe in Polonia e riuscì a reprimere la ribellione, riducendo la Polonia
allo status di provincia russa.
• Egli adottò anche una politica aggressiva nei confronti dell'Impero
ottomano, sbaragliando il loro esercito. Nicola I era convinto infatti che il
crollo del secolare e decrepito impero turco avrebbe potuto portare grandi
vantaggi alla Russia sotto l'aspetto dell'espansione territoriale, in particolare
nell'area dei Balcani. Impresa che le si ritorse contro in quanto , temendo
l'allargamento dell'impero russo , Inghilterra e Francia si allearono contro la
Russia in favore degli ottomani. L'esercito russo fu più volte sconfitto e fu
costretto alla ritirata.

La morte:
Nicola morì nel 1855, nel bel mezzo della guerra di Crimea [Francia+ Inghilterra+
Impero ottomano contro Russia]. Dopo aver preso un semplice raffreddore sul campo
di battaglia, si rifiutò di ritirarsi per essere curato e riprendersi e morì di polmonite.
Alla sua morte il suo successore fu il figlio, zar col nome di Alessandro II che come
prima cosa pose fine alle ostilità.
Ad ogni modo, l'opinione riguardo la reggenza di Nicola I è contrastante, alcuni
videro il suo regno come un fallimento, altri invece sostengono che fu uno dei più
“sensibili” Zar mai regnati per la sua attenzione al popolo ed all'equità.
La divisione dell'opinione pubblica russa.
L'enfasi del nazionalismo russo contribuì al dibattito circa lo spazio che la Russia
doveva ricoprire nel mondo ed in che modo rapportarsi con esso:
• gli occidentalisti, credevano che la Russia fosse rimasta indietro coi tempi e a
uno stadio ancora primitivo e che potesse fare molto di più per la sua
europeizzazione.
• gli slavofili, favorirono di molto la cultura e i costumi degli slavi, prendendo le
distanze dai costumi occidentali. Essi vedevano la filosofia slava come una
risorsa per la Russia che non si sentiva adatta a europeizzarsi col razionalismo
e il materialismo della società occidentale.
NB. Malgrado questo periodo repressivo, la Russia provò l'esperienza di un periodo
fiorente nella letteratura e nelle arti. Attraverso le opere di Gogol', Puškin, Turgenev :
la letteratura russa ebbe l'atteso riconoscimento e la statura internazionale.

CULTURA:
Nell'Ottocento, dal pdv culturale si assiste:
➢ Al tramonto degli ideali decabristi che portarono un certo scompenso tra gli
intellettuali, poiché entra in crisi il modello di progresso illuministico. I
rivoluzionari devono dunque intraprendere un nuovo cammino per ottenere
cambiamenti, ma quale cammino intraprendere? E' evidente che la Russia sia
indietro rispetto al panorama Europeo , evidente l'arretratezza e la chiusura
sociale e superare la frattura tra élite intellettuale e massa popolare.
➢ Alla nascita di istituti del sapere , che finalmente liberavano la cultura
dall'essenza elitaria che fino ad allora aveva avuto. Una rete di biblioteche e di
librerie aperte al pubblico iniziano a diffondersi
➢ Nasce di conseguenza la figura dell'editore-imprenditore e dello scrittore
professionista
➢ Si diffondono quindi le riviste ed i periodici, sempre però controllati
metodicamente dalla censura, che Nicola I pratica anche nei confronti di
Puškin.
➢ Il mercato culturale, seppur più ampio, è comunque ad una fase embrionale: ci
sono pochi lettori ed appartengono quasi tutti alla classe nobiliare.
➢ La lingua di comunione dei letterati alti è il francese, vista l'influenza che
riveste il centro parigino e le tendenze diffuse all'interno dello stesso che con i
moti rivoluzionari arrivano anche in Russia.

Lo scrittore russo dell’Ottocento:


L’Ottocento russo rappresenta un’epoca di eccezionale fioritura intellettuale, pari
forse soltanto al Rinascimento italiano. Tuttavia, tale straordinaria e tumultuosa
fioritura riguarda la sola letteratura e, a partire dal regno di Nicola I, essa si può
addirittura circoscrivere a un solo genere letterario: il romanzo.
Diversi motivi di natura culturale e sociale contribuiscono a determinare la centralità
della letteratura e dello scrittore nella vita russa del XIX secolo.
Innanzitutto, la grande influenza esercitata dalla filosofia di Schelling, che fa dell’arte
l’attività creatrice e sintetica per eccellenza, capace di ricomporre l’originaria
armonia tra necessità e libertà, tra sensibilità e razionalità. L’estetica schellinghiana
con il suo superamento delle disarmonie della realtà costituisce, accanto alle altre
teorie idealistiche, il fondamento culturale comune di circoli culturali e letterari.
La cultura russa di questo periodo è infatti in gran parte cultura di salotti e di circoli
culturali: nel corso di riunioni che si tengono a giorni fissi nei salotti delle famiglie in
vista, lo scrittore legge le sue opere più recenti, viene corteggiato dal bel mondo, ha
la possibilità di saggiare il giudizio del pubblico e di influire sugli ambienti di corte;
nei circoli culturali, gli scrittori partecipano a discussioni e a progetti sociali spesso
utopistici, si scambiano idee e letture al di fuori del controllo della censura,
conoscono la parte intellettualmente più vivace del Paese.
L’eccezionale rilevanza della letteratura nella società russa dell’Ottocento è
riconducibile inoltre alle condizioni politiche dello Stato russo. Infatti, la totale
assenza di forme di rappresentanza politica, nonché la subalternità della Chiesa russo-
ortodossa a un potere civile rigidamente circoscritto allo zar, che pertanto è definito
"autocrate", caricano gli ambienti letterari di un ruolo di supplenza che
l’autorevolezza e il talento di scrittori e critici finiscono per trasformare in vero e
proprio magistero etico.

La conseguenza di tale concezione è stata ben condensata da Isaiah Berlin nella


definizione di "scrittore-apostolo":

→ La vita dello scrittore diventa infatti una vera e propria missione e la sua opera
è una ricerca di verità culturale, etica e sociale, sia che egli tratti “argomenti santi
ed elevati”, come vuole Gogol’, sia che all’opposto si faccia "difensore e salvatore
dalle tenebre dell’autocrazia, dell’ortodossia e del nazionalismo", secondo la
concezione dell’influente critico Belinskij.
Per affermare le sue idee, lo scrittore russo deve tuttavia fare i conti con la censura
zarista che, se pure non prescrive una linea culturale obbligatoria come avverrà poi
con quella sovietica, è ottusamente asfissiante, noiosa, occhiuta e per giunta
burocraticamente inefficiente: è capace di censurare i Vangeli, ma non di riconoscere
la potenzialità corrosiva del Viaggio da Pietroburgo a Mosca di Radiščev (1790). Date
queste premesse, nell’Ottocento la grande letteratura diventa il valore condiviso della
società russa e, assai più della politica e della religione, fonte dell’identità nazionale.

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