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IL CAVALIERE DEL GIGLIO

CAPITOLO 1 Il nonno Schiatta aveva permesso a Farinata di partecipare al banchetto della famiglia dei
Mazzinghi per l’elevazione a cavaliere del figlio Mazzingo Tegrimi (terza domenica, gennaio 1216). Secondo
la madre era giovane, ma non poteva mettere in discussione il volere del capo famiglia (nonno) Schiatta
adorava fare lunghe cavalcate fuori le mura con i suoi nipoti durante le quali raccontava le storie del casato
più antico della città. I simboli della città di Firenze erano l’aquila e il Giglio. La cosa che a Schietta piaceva di
Farinate era il suo senso di dovere la sua intelligenza e la sua attrazione per le imprese spericolate. Il
banchetto si tenne nel castello avito di Campi alle 9. La sala addobbata con magnificenza, torce e candele la
illuminavano. La serata era intrattenuta de giullari e buffoni. I cavalieri del Buondelmonte dei Buondelmonti
e Uberti degli Infangati erano vicini e dovevano condividere il piatto. La serata continuò piacevolmente fino
a quando, a causa dello scherzo di un giullare, i due e i loro vicini Oderigo dei Fifanti e Gherardo dei
Lamberti iniziarono a litigare. Lo scontro finì con le famiglie che si allontanarono proclamandosi offese. Da
quel giorno i cittadini iniziarono a radunarsi.

CAPITOLO 2 Farinata avrebbe voluto incontrare Schiatta il giorno seguente per chiedere approfondimenti
sull’accaduto, ma lo incrociò solo pochi secondi e lui, nero di rabbia, non lo salutò neanche. Farinata era
incuriosito, non vedeva l’ora di crescere per poter partecipare alla vita politica di Firenze, cosa che poteva
fare il fratello Schiattuzzo, che però preferiva studiare. Schiatta era preoccupato per l’accaduto, non voleva si
rompesse la pace che si era creata. Schiatta si recò, sotto invito, in casa di Fante dei Fifanti (guelfi). La casa
era vicino a quella degli Uberti, che l’avevano bruciata durante la guerra civile. Erano presenti Lambertuccio
Pandolfini, il conte di Gangalandi, Mosca dei Lamberti, Oderigo dei Fifanti e Ciccia Lamberti. All’inizio del
dibattito i propositi erano molto bellicosi, ma poi Schiatta propose una via più diplomatica. Egli si offrì di
incontrare Cece Buondelmonte e risolvere l’incidente davanti al popolo e un notaio, dove essi dovrebbero
porre le proprie scuse. Tutti accettarono il compromesso, e Mosca aggiunse che dopo il pentimento, uno dei
figli Buondelmonti si sarebbe dovuto sposare con una delle loro fanciulle, come da tradizione.

CAPITOLO 3 La mattina seguente Schiatta uscì dalla porta e si recò da Cece. Intanto pensò ad un suo
possibile erede. Schiattuzzo era troppo preso dallo studio e Neri non aveva la stessa astuzia di Farinata.
Sperava solo di vivere abbastanza per affidare la guida a lui. Schiatta propose il patto a Cece, che senza
pensarci due volte accettò e propose come figlio Buondelmonte. Schiatta riferì il risultato della missione agli
altri, e in poche ore l notizia si diffuse portando gioia. La cerimonia si sarebbe fatta la domenica successiva
dopo la grande messa, e si sarebbero conosciuti il giorno delle nozze e la sposa.

CAPITOLO 4 Si era scelta come sposa Beatrice Pandolfini Amidei, figlia di Lambertuccio e nipote di Fante
dei Fifanti. Salì le scale a abbracciò la balia, felice della notizia del matrimonio con Buondelmonte (il più
bello della città), che già da tempo aveva notato. Si distese sul letto esausta. La bellezza però non era uno
dei suoi pregi. Era il giorno della cerimonia e la famiglia degli offesi si era recata sul sagrato di Santa Reprata.
Dall’altra parte della piazza c’era la famiglia degli offensori. Infine Schiatta Uberti faceva da testimone e
garante. Buondelmonte era scortato dal padre Cece e dal cugino Ranieri. Ci fu la cerimonia del bacio della
pace con Oderigo Fifanti, Ciccia Lamberti e Schiatta Uberti. Jacopo Orbicciani informò che la seconda
domenica di febbraio 1216 si sarebbero tenute le nozze tra Buondelmonte Buondelmonti e Bice Amidei. Le
famiglie firmarono la cauzione nel caso uno degli sposi si ritirasse (denaro). Ranieri derise il cugino durante
la strada del ritorno dicendo che non gli invidiava la futura sposa e che molte fanciulle bellissime rimarranno
sconvolte dalla notizia.

CAPITOLO 5 Due giorni dopo la cerimonia, Ranieri, si incamminò davanti alla casa dei Donati. Guaralda
Donati aveva chiesto vi vederlo, senza che nessuno lo sapesse. Nella sua testa lui vedeva, nel futuro,
Gemma Donati, la fanciulla più bella del mondo, tutta per sé. L’aveva vista una volta di sfuggita sulla torre e
l’aveva confidato a Simone Donati, che però gli aveva detto che era innamorata di Buondelmonte. Essi
trattarono a lungo. Ranieri disse che secondo lui la penitenza di Cece era stata inutile, come la proposta di
matrimonio. Secondo lui Buondelmonte non avrebbe dovuto sposare Beatrice Amidei. Guaralda utilizzò
questa opportunità per mettere fine alle sofferenze di Gemma, che era innamorata di Buondelmonte. Era
quello che voleva Ranieri fin dall’inizio.

CAPITOLO 6 Giunse il giorno delle nozze e Bice non era più nella pelle. Si fece truccare, acconciare e
indossò il vestito da sposa. Scese nel palazzo e ad aspettarla c’era una festa. Gli Amidei non avevano badato
a spese. Si recarono in chiesa di Santo Stefano dove aspettavano gli invitati, il notaio e Schiatta. Arrivò l’ora
della cerimonia, ma né Buondelmonte, né Cece si presentarono come promesso. Un servo era andato alla
casa dei Buondelmonte, ma se ne erano andati e nessuno sapeva dove (neanche il servo), inoltre non c’era
segno di alcuna festa. Beatrice e la madre scoppiarono a piangere e gli invitati si allontanarono vergognosi.

CAPITOLO 7 Buondelmonte era lontano molte miglia da Firenze e il padre non vedendolo tornare la
mattina del matrimonio si preoccupò. Arrivò un servo a mandare un messaggio da parte di Guaralda Donati,
che diceva che c’erano delle novità, che riguardavano la vita o la morte. Gli diede delle indicazioni su dove
andare e gli disse di mantenere il segreto. Egli pensava che il figlio era in pericolo e quindi partì, pensando di
capire quel mistero. Era tutto in piano di Guaralda che aveva invitato, poche settimane prima,
Buondelmonte a casa sua. Essa era riuscita a convincere il giovane ad andare contro il padre, non
presentarsi al matrimonio, ma sposare Gemma, di cui Buondelmonte rimase stupefatto a causa della
bellezza. I due scapparono e promisero che dopo la quaresima sarebbero tornati e si sarebbero sposati
durante la grande messa di Pasqua.

CAPITOLO 8 Dopo la faccenda del matrimonio le strade della città erano cariche da tensione.
Buondelmonte arrivò in città con la sua futura moglie Gemma sotto gli occhi di tutti, scortato da Ranieri e i
fratelli della fanciulla. Cece rimase infuriato dal comportamento del figlio, ma con il tempo lo perdonò. Le
famiglie offese non reagirono. Schiatta Uberti e il figlio Jacopo partirono per Bologna. I nipoti si
imbronciarono credendo che quello che stavano facendo il padre e il nonno era per codardia e che avevano
paura. Farinata glielo fece notare più volte e il nonno rimase stupefatto dalla sua intelligenza e la sua
astuzia. Non capivano che quello che Schiatta voleva evitare era una nuova guerra civile. Allora gliela
raccontò. Tutto iniziò quando l’imperatore Federico I e papa Alessandro III si diedero guerra. I cittadini si
schierarono parte con l’imperatore e parte con il papa. La guerra iniziò prima tra le famiglie più importanti,
ma poi travolse anche tutta la popolazione. Era diventata una carneficina, nessuno era al sicuro. Tutto finì
quando i rappresentanti delle città più importanti si riunirono stipulando un accordo di pace. Il buon umore
fu portato poi da un matrimonio. L’imperatore si recò a Santa Reparata per la grande messa e fu
accompagnato da Guido Guerra (uno dei nobili più potenti di Tuscia). Ad un certo punto entro Guaralda,
figlia di Bellincione Berti dei Ravagnati. L’imperatore si avvicinò si inchinò e le chiese un bacio. Lei per
pudore lo rifiutò siccome non era suo marito. Allora Guido Guerra si alzò e chiese la mano alla fanciulla, il
padre approvò e la cerimonia si tenne il giorno stesso.

CAPITOLO 9 Era il giorno delle nozze Gemma e Guaralda aprirono le finestre e videro il cielo coperto che
prometteva pioggia, ma questo non compromise la loro felicità. Guaralda aveva passato molto tempo a
preparare le nozze, aveva inoltre pianificato tutto il percorso del corteo in modo che attraversare tutta la
città per sottolineare l’umiliazione e passassero sotto la casa di Beatrice. I rappresentanti delle altre famiglie
si erano riuniti per decidere come farla pagare a Buondelmonte. Il corteo era iniziato e i due sposi
percorsero la città. Arrivati sotto il palazzo degli Amidei, cinque uomini incappucciati spuntarono dal nulla,
sferrarono una spada e uccisero lo sposo. Scapparono tutti tranne uno, era Schiatta, che voleva rivolgere
delle parole a Guaralda e a Gemma, prima di scappare. fece interrompere le persecuzioni. Allora i guelfi
dichiararono eretici gli Uberti e Pace, e li condannarono a morte. I ghibellini si ribellarono e nacque una
battaglia. Vinsero i ghibellini dopo che Ruggero e Pietro da Verona si arresero.
CAPITOLO 18 Gemma era entrata in convento dopo la morte di Ranieri. In quei giorni Adaleta era andata
alla cappella di San Bernardo degli Uberti assieme ad Azzolino (figlio di Gemma e Neri) e suo cugino
Azzolino (figlio di Adaleta e Farinata). Dopo il ritiro in convento della madre, Adaleta curò il suo bambino
come se fosse il suo, crescendolo con la consapevolezza di avere una madre. Il cugino, nonché figlio
maggiore di Adaleta si occupò di crescere i più piccoli secondo le idee di Schiatta, egli infatti aveva preso dal
nonno e aveva vissuto molto più tempo assieme a lui. Nella cappella Adaleta pregò anche per le guerre che
si battevano da tempo. I ghibellini uscirono vincitori dalla battaglia e molti guelfi furono imprigionati e
torturati secondo volere dell’imperatore, tra questi Ranieri. I guelfi poco tempo dopo scagliarono un
agguato alla casa degli Uberti, ma i due fratelli riuscirono a fare arretrare le truppe nemiche. Intanto
secondo volere dell’imperatore, Ranieri e altri esponenti guelfi furono condotti fino a Napoli, gli vennero
tolti gli occhi e abbandonati a morire di fame su un’isola deserta, dove morirono poco dopo. Gemma non
era minimamente dispiaciuta, anzi si sentiva libera.

CAPITOLO 19 Il 13 dicembre 1250 Farinata e i ghibellini riuscirono ad avere il controllo su Firenze. Morì
Federico II e il papa ne approfittò per scendere a Roma con le truppe francesi e i guelfi fecero di tutto per
rientrare a Firenze. Il popolo si ribellò perché i guelfi rientrassero in città, questo perché le messe avevano
inculcato nelle menti del popolo, che essi sarebbero diventati dannati, se non avessero aiutato i guelfi. Neri
voleva colpire la popolazione, ma Farinata si rifiutò. Intanto il consiglio degli anziani nominò podestà Otto di
Mandello, un guelfo. Ora i guelfi chiesero la pace tra le due fazioni. Neri si era trasferito a San Gimignano,
dove aveva ottenuto la carica di podestà. Il consiglio poco dopo promulgò una legge nella quale si diceva
che tutte le città avrebbero dovuto far rientrare i guelfi altrimenti sarebbero stati puniti. Neri aveva ragione,
bisognava attaccare subito perché non c’era da fidarsi. San Gimignano si era rifiutato, quindi secondo la
legge Farinata sarebbe dovuto andare contro Neri. Lui ed altri ghibellini si rifiutarono e quindi scapparono.
Farinata si rifugiò a Siena.

CAPITOLO 20 Adaleta venne a sapere quando era a Siena che le case degli Uberti, che erano fuori città per
combattere, erano state saccheggiate e messe a fuoco. Si contarono molte vittime tra cui Schiattuzzo. La
notizia fu data da un servo che vide con i suoi occhi l’attacco ma che riuscì a nascondersi e a salvarsi. Anche
il fratello si era nascosto ma non era riuscito a salvarsi, si era accorto troppo tardi di quello che stava
accadendo. Tra i prigionieri torturati c’era anche il cardinale Ottaviano Ubertini, che confessò si essere sceso
a patti con la famiglia Uberti per sconfiggere i guelfi e instaurare una signoria, cosa che non era vera. Uberto
Caini e Mangia degli Infangati furono torturate e fatti confessare. Il lavoro sporco fu lasciato poi al popolo.
Da quel pomeriggio stesso iniziarono le persecuzioni contro ghibellini o coloro che potevano prendere le
loro parti, e quindi molte famiglie scapparono da Firenze. Il 12 dicembre 1254 qualcuno scrisse al nuovo
papa Innocenzo IV quello che stava accadendo. La colpa fu data all’abate dei Vallombrosiani. Sottoposero
alla tortura Tesoro Vallombrosiani, che però alla fine confessò. Il popolo si occupò dell’esecuzione. Farinata
era pronto a sconfiggere i guelfi e a rientrare a Firenze con onore, cercò quindi alcune città alleate, tra cui
Siena che era sotto il suo controllo. Era urgente rivedere Adaleta prima dei combattimenti e preparare i figli
per qualsiasi cosa fosse successa.

CAPITOLO 21 Siena aprì le porte agli esuli ghibellini. Questo fece così arrabbiare i fiorentini, che
dichiararono guerra a Siena e ai ghibellini. A Siena i ghibellini cercarono alleati, tra cui Manfredi di Svevia
che gli offrì 100 cavalieri. Farinata si arrabbiò perché i cavalieri erano pochi, ma poi accettò. I fiorentini,
nell’aprile 1260, si recarono sul Colle Val d’Elsa. A Siena ci fu il panico perché non erano ancora pronti. I
fiorentini per prepararsi alla battaglia si recarono su Vico Alto e Vico Bello guidati dal podestà Jacopo
Rangoni e da alcuni esponenti del consiglio degli anziani. Il 18 maggio i fiorentini si incamminarono verso
Siena, quando un gruppo di 100 soldati con lo stemma di Manfredi li travolse e li costrinse alla fuga. Alla fine
però fu tesa un’imboscata ai cavalieri tedeschi, che morirono uno ad uno. Nell’estate 1260 i senesi e i
ghibellini si preparavano a creare un esercito molto potente: Manfredi inviò altri 800 uomini, la borghesia
più agiata era pronta a combattere. Ora Farinata doveva far sì che i fiorentini attaccassero prima possibile,
perché l’esercito era costoso. Parlò quindi in segreto con due frati fiorentini dicendo che i ghibellini erano
pronti a tradire Siena e consegnarla a Firenze. Firenze arruolò l’esercito più grande mai visto grazie alle
truppe degli alleati Lucca, Pistoia, Prato, Volterra, San Miniato, San Gimignano, Colle, Orvieto, Perugia,
Bologna, Piacenza, Spagna, Germania. Gli ultimi giorni dell’agosto 1260 i fiorentini si incamminarono. I
senesi rimasero sbigottiti da un esercito di 70 mila uomini di Firenze contro il loro di 18 mila uomini.
Farinata però non si lasciò perdere d’animo e puntò sull’astuzia. Le donne allora chiesero di entrare
nell’esercito e si fece richiesta alla Vergine Maria di vegliare sulla città. Per paura succedesse come in
precedenza, le truppe tedesche furono pagate il doppio perché combattessero con molta più ferocia. I
ghibellini trovandosi in posizione sopraelevata potevano controllare i guelfi, i quali videro una nube sopra la
città di Siena e pensarono che fosse la Vergine Maria che proteggeva la città.

CAPITOLO 22 Era il 4 settembre 1260 e Farinata, in ansia per la battaglia, non riuscì a dormire. La mattina
abbracciò la moglie e i figli e li preparò a qualsiasi cosa fosse accaduta, poi preparò le truppe e spiegò il suo
piano. I tedeschi assieme ad alcuni senesi e fiorentini attaccarono da sinistra i guelfi che rimasero sorpresi e
ne fecero una strage. A metà della battaglia molti guelfi che si erano messi d’accordo con i senesi si
strapparono il simbolo guelfo e indossarono quello ghibellino. I guelfi furono presi di sorpresa. Alla fine
anche l’esercito di Farinata, ancora fresco e pronto a combattere entrò in campo. Ci fu una strage, molti
scapparono ma furono trovati. Il fiume Arbia era pieno di sangue. Siena aveva vinto e riuscì a portare a casa
un grande bottino, oltre ad un numero elevato di prigionieri. In ricordo della battaglia fu stampata una
nuova moneta con inciso CIVITAS VIRGINIS, e fu stabilito che il 4 settembre ci fosse una commemorazione
dello scontro. Farinata era sconfortato, non riusciva a perdonarsi tutti quei giovani che aveva ucciso.

CAPITOLO 23 I ghibellini rientrarono a Firenze, e pochi giorni dopo ricevettero l’invito del conte Giordano
(vicario imperiale) per i grandi ghibellini e i senesi ad Empoli. La volontà del vicario era quello di radere al
suolo Firenze e costruire in futuro un’altra città. Farinata assieme a Neri si rifiutarono di fare tutto ciò e
promisero di combattere per evitare quello che succedesse. Il vicario per paura di andare contro Farinata
approvò la sua decisione. Farinata morì il 27 aprile 1264 e fu sepolto nella chiesa di santa Reparata. Poco
tempo dopo la sua morte la città ricadde in mano guelfa, che iniziò a cacciare, torturare ed arrestare tute le
famiglie ghibelline. I corpi di Adaleta e Farinata furono dissotterrati, bruciati e dispersi.
PERSONAGGI
• FARINATA DEGLI UBERTI: il vero nome era Manente degli Uberti. 12 anni, terzo maschio di
Jacopo e Giulia degli Uberti
• RANIERI PICCOLINO: detto “Neri”. Fratello maggiore (di un anno) di Farinata. Fratelli, amici e
compagni di scherzi. Erano inseparabili
• SCHIATTA: nonno di Farinata, il vero nome era Gianni di Gherardo. Tra i 50 e i 60 anni. Aveva
un debole per l’ultimo dei tre figli di Jacopo (entrambi erano cresciuti molto in fretta). Non si
lasciava mettere nel sacco dai due fratelli. Spirito fiero, testardo.
• SCHIATTUZZO: figlio maschio primogenito. Vive a Bologna per studio.
• CAMERINA: balia degli Uberti. Rimproverava Schiatta perché egli non credeva in ciò che non
vedeva.
• GHERALDO ROLANDINI: podestà dell’anno
• SIMONE DONATI: amico dei Buondelmonte e fratello maggiore di Gemma Donati. •
GUARALDA DONATI: moglie di Forese di Vinciguerra Donati. Madre di Simone, Buoso, Taddeo
e Gemma.
• GUIDALOTTO VOLTODELLORCO: amico degli Uberti, Emanuele e Filippo. Li tradirà
successivamente sotto consiglio di Frate Ruggero.
• EMANUELE: amico degli Uberti, Emanuele e Filippo
• FILIPPO: ateo, morì sul rogo dopo che il papa iniziò a perseguitare gli eretici. amico degli Uberti,
Emanuele e Filippo
• ADALETA: senese di nobile famiglia. Viso delicato, gentile e raffinato, occhi scuri e capelli
castani folti e ondulati. Padre severo, madre morta dopo il parto.
• COSIMO: padre di Adaleta
• AZZOLINO: figlio di Adaleta e Farinata. 6 anni. Biondo
• LAPO: figlio di Adaleta e Farinata.
• CAMERINA: figlia della serva che accudì Farinata e Neri.
• RUGGERO DE’CALCAGNI: frate domenicano, cerca in tutti i modi di sconfiggere i ghibellini.
Vescovo di Firenze. • MAGHINARDO: quarto figlio di Adaleta • CONTICINO: figlio di Adaleta,
straordinaria bellezza e dolcezza. 5 anni • BICE: figlia di Adaleta, unica femmina. 8 anni. Aquila:
simbolo dell’impero Giglio: simbolo di Firenze

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