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Universita degli Studi di Torino Cattedra di Neuropsichiatria Infantile Equipe: L. Di Cagno, F. Ravetto, P. Furgiuele, A Peloso, R. Gemello, S. Palli Coordinatore: Livia Di Cagno Modalita di presa in carico terapeutica del crollo adolescenziale: il caso di Luisa Intendiamo esemplificare, per mezzo di materiale clinico, la metodologia che caratterizza la presa in carico e la con- duzione terapeutica di situazioni di crollo adolescenziale durante il ricovero; l'obiettivo principale @ quello di offri- re le condizioni grazie a cui sia possibile, in ciascuno dei membri della famiglia, il superamento della crisi acuta: recupero di una sufficiente capacita di contatto con il mon- do interno ed esterno, reintegrazione, almeno parziale, delle parti scisse e confuse del Sé, attuazione di una alleanza terapeutica valida, in grado di utilizzare le funzioni di Io ausiliario che gli operatori della struttura svolgono. Come é stato illustrato nella relazione teorica, grazie alla differenziazione delle mansioni svolte in Reparto dai di- versi operatori, @ stato possibile offrire a Luisa, accanto alle cure fisiche e farmacologiche necessarie, una realta ambientale accogliente e contenente che ha inizialmente accettato la regressione, assumendosi i] compito e la re- sponsabilita delle decisioni e delle scelte e successivamen- te ha favorito il contatto con gli oggetti interni ed esterni secondo modalita meno patologiche, rinforzando le parti sane capaci di una ripresa e in grado di utilizzare l'offerta di un Io ausiliario. In questa prospettiva il maternage, attuato dalla dott.ssa Palli, ha rappresentato un momento molto importante nel recupero di un Io maggiormente integrato e quindi capace di collaborare nella situazione terapeutica individuale. Durante il ricovero Luisa @ stata seguita con tre sedute settimanali di psicoterapia dalla dott.ssa Gemello allo sco- po di permettere l'espressione delle sue angosce e di ini- 368 ziare il lavoro di esplorazione e di elaborazione di cid che tha condotta all'esplorazione della crisi. I genitori sono stati seguiti settimanalmente dalla dott.ssa Peloso per aiutarli nel lavoro di elaborazione mentale d Pesperienza traumatica della rottura di un equilibrio rela- zionale precario ricercandone le cause e i significati profondi. Tl materiale presentato é costituito da una breve storia cli- nica, dall’illustrazione del lavoro con i genitori e dell’espe- rienza di maternage, e da due sedute di psicoterapia. A) I lavoro con I genito Un pomeriggio in cui sono di servizio accolgo in Reparto Luisa che viene ricoverata a causa di un grave crollo con- fusionale e depressivo. E inviata da un collega per una sintomatologia ingrave- scente caratterizzata da un progressivo ritiro dalla realta esterna con impossibilita a studiare e a proseguire la fre- quenza scolastica, da idee di autosvalutazione e tentativi anticonservativi Al momento del ricovero ¢ accompagnata da entrambi i genitori: @ una ragazzina bionda, molto graziosa di 16 an- ni, unica figlia di una copia di modeste condizioni socia- li. Appare confusa, disorientata, molto sofferente, sta con gli occhi bassi e il capo chino come se le toccasse di porta- Te un grave peso ¢ ripete in un lamento continuo e a bassa voce: «voglio morire, fatemi morire». Dice di essere stan- a, di non farcela piu e chiede di essere aiutata a morire. Dal primo colloquio che ho con la mamma, la mattina suc- cessiva al ricovero — il papa @ rimasto vicino a Luisa — @ possibile conoscere la storia della ragazza. Luisa viene descritta come una ragazzina adeguata, senza problemi, brava a scuola, socievole, inserita e attiva con i coetanei. I primi disturbi vengono fatti risalire agli ultimi due anni: Luisa accusa stanchezza e difficolta a concentrarsi che si accompagnano al timore, in realta infondato, di non riu- scire, di non sapere, di prendere un brutto voto, di essere bocciata e di non farcela. Negli ultimi tempi la sintomatologia peggiora ulteriormen- te: Luisa si isola dai compagni e dalle attivita extrascola- 369 stiche, non riesce piil a studiare, anche se si ostina a farlo, né ad andare a scuola, appare a tratti poco in contatto con la realta, ha difficoltd a dormire, dice di non essere capace di fare nulla, vuole morire e ripete «lasciatemi mo- rire, fatemi morires e compie pid volte, in modo malde- stro, atti anticonservativ La nascita ed i primi anni di vita vengono segnati pesante- mente dalla malattia cronica da cui é tuttora affetta la ma- dre che la rende scarsamente autonoma, facilmente affati- cabile e la obliga a lunghi periodi di immobilita e riposo a letto. La gravidanza di Luisa (non desiderata) decorre regolarmen- te: il parto é stato cesareo a causa della malattia materna ¢ per lo stesso motivo Luisa non & stata allattata al seno. Nei primi mesi viene accudita da persone diverse (la non- na materna, le cugine) a causa dei lunghi periodi di ricove- ro in Ospedale della mamma che non ¢ in grado di occu: parsene concretamente «Mi trascinavo alla sua culla, m aggrappavo alla culla,per farmi vedere e starle vicino». Tgenitori la ricordano ‘adeguata ed autonoma, «grande sin da piccolas: un modo di essere che la mamma sa di aver Tichiesto e rinforzato per permettere alla figlia di far fron- te alle difficolta e alle mancanze, anche concrete, della cop- pia genitoriale. Viene descritta, sin da piccola, come una Bambina la cui costituzione fisica ed emotiva ricalea in modo concreto alcuni loro aspetti: come la mamma ha i Tmuscoli deboli per cui su consiglio dell'ortopedico inizia 2 praticare l'attivita sportiva, come il padre mostra un certo grado di autosvalutazione ; | I primi incontri a cui partecipano entrambi i genitori ven- gono utilizzati dagli stessi per raccontare la propria storia le e di coppia. Peroal © CPP ag yp asp fleet gnato nel quale gli occhi attenti ¢ la mimica vivace Eepressiva contrastano con la ridotta mobilita del corp. Fin'dal primo colloquio racconta della propria malate eijel gravi esiti invalidanti che hanno segnato la sue vit {mpedendole di svolgere le normali funzioni familiar! esplicare un normale maternage Le difficolta di movimento gembrano ger determinaio€ i esantemente la nascit condone pean I es era ela secondo le sue aspettative. 370 La signora riferisce di aver effettuato alcune consultazioni psicologiche in vari momenti su indicazione dei sanitari dubbiosi circa la reale entita del deficit funzionale, rice- vendone peraltro giudizi di normalita. Il dubbio di una uti- lizzazione secondaria rimane ed affiora in modo confuso, mai chiaramente esplicitato, anche dalle parole del marito. Nel vissuto della signora @ presente l'idea di non essere accettata per la sua malattia né creduta per gli sforzi che compie per superarla e comunque di non possedere le qua- lita per essere una «buona moglie ¢ madres. Inizialmente nel descrivere la sua malattia e il suo disagio emotivo suscita in me diffidenza ed incredulita accanto a sentimenti di disorientamento, impotenza e confusione; sol- tanto nelle sedute prima della fine del ricovero di Luisa Ia signora comincia ad entrare in contatto con il dolore e la pene connessi con la sua malattia ¢ la disabilita e a distinguere, seppur in modo parziale, i sentimenti e le emo- zioni dagli aspetti organici della malattia. Il padre nelle prime sedute si presenta proiettivo ¢ perse- cutorio: si descrive insicuro, debole, spesso con la «testa confusa» e accusa suo padre, ricordato come violento € nevrastenico, di essere la causa delle sue difficolta. Rimprovera al padre di non avergli consentito di studiare, anche se ammette di aver avuto difficolta scolastiche, e di averlo obligato a fare un lavoro che non gli piaceva e che cambia subito dopo la nascita di Luisa accettando un impiego di minor responsabilita ed impegno. Ho pensato a me stesso e da allora sono stato meglio, Vangoscia @ passata, avevo tempo per me, per camminare, per andare in montagna». ‘A questo proposito la moglie lo accusa di non essersi occu- pato abbastanza della figlia e di lei che é costretta a chi dere aiuto anche per le necessita banali della vita quot diana. «Lui non si rende disponibile 0 quando lo fa non ci si pud fidare. Spesso dimentica le cose, @ confuso» e ‘a questo proposito elenca molti episodi che risalgono all’e- poca in cui Luisa era piccola. I primi incontri appaiono completamente dominati dalla scissione e dalla proiezione delle parti indesiderate dell’u- no nell'altro: non c’é una relazione di coppia complemen: tare, se non nella reciproca proiezione di patologia che im- pedisce il costituirsi di uno spazio autonomo per Luisa Lidentita della ragazza appare essere costituita da fram- 371 menti proiettati di aspetti anche concreti che appartengo- no ai genitori, coi quali, e soprattutto con la madre, Luisa @ in una relazione di dipendenza simbiotica. Il mio tentati- vo é quello di aiutare i genitori a riappropriarsi delle pro- prie parti scisse, proiettate e confuse nell’altro. Sul piano di realta si assiste alla progressiva separazione dei genitori della ragazza: il papa torna al lavoro e la mam- ma sta con lei soltanto alcune ore al giorno. Riporto come esempio uno stralcio della 5% seduta (la pri- ma dopo che la mamma ha lasciato la ragazza da sola in ospedale) in cui i genitori iniziano a ripercorrere la strada della malattia della figlia che collegano in modo concreto ad un terremoto che li ha spaventati molio.... «la scossa @ stata forte...». «Commento che la malattia di Luisa @ stato un terremoto per tutti loro, la ragazza che ricordavano nelle volte precedenti @ crollata, confusa, agitata, voleva morire. Adesso c’é una ragazziha diversa, che stentano a riconoscere, fragile, bisognosa, impaurita. La mamma riprende in modo ac- corato le mie parole. «Fragile, si, mi vuole sempre vicino...» Il marito la interrompe colpevolizzandola per esserle «sempre stata troppo addosso». La moglie lo interrompe: «Si é sempre colpa mia quando le cose non vanno bene». Il marito nega ¢ l'accusa di non lasciarlo parlare, di interrom- perlo di mettergli contro 1a figlia. La signora lo interrompe dicendo che con Luisa non ha mai parlato male del padre, ma che comunque lui era assente, pre- so dalle sue cose, non si occupava né della bambina, né di lei e quando lo faceva era inaffidabile. UI marito nega dicendo: «E chi si occupa di me? Anch’io ho la mia personalita, a te non interessano i miei problemi e mi rifiuti». Dico loro che come le volte scorse si rimproverano Tuno con V'altro, la signora dice al marito che non capisce € non fa abbastanzé, il marito dice alla signora che non lo capi- sce e lo rifiuta. Stanno cercando l'uno nell’altro, la signora in suo marito e viceversa, qualcosa che non trovano ¢ si arrab- biano perché non lo trovano. Questa mancanza che vedono so- Jo nell’altro é dentro ad ognuno di loro. Ad esempio la signora avrebbe desiderato essere una mamma sollecita e pronta an- che nel fare, ma la sua malattia glielo impedisce e rimprovera al papa di non esserlo, il papa si sente con tanti suoi problemi che non sa risolvere e accusa la moglie di non aiutarlo a ris verli. Mi seguono attenti, abbiamo gia parlato di questo le vol: te precedenti. La signora sembra in contatto. Restiamo in si 372 lenzio. Lo interrompe la signora chiedendosi come potranno fare per cambiare. Nelle sedute successive & possibile intravedere una certa evoluzione: i genitori pur distanziandosi dagli eventi della malattia di L. e dal loro significato emozionale immediato, sembrano pero in grado di avvicinarsi a comprenderli sol- tanto attraverso la proiezione di proprie parti Luisa ha paura di non sapere che cosa vuol fare da grande come succedeva al padre quando era giovane, come lui, @ stanca perché ha la testa piena di pensieri; come la mam- ma si deve prendere momenti di riposo anche concreto, sdraiandosi a letto. Quando dicono che Luisa li vuole sem- pre vicino perché é preoccupata per la loro salute — ha paura che possono morire e di rimanere sola — la signora ricorda se stessa giovane e malata. Nell'ultima seduta prima delle dimissioni di Luisa, ripor- tata per esteso, io sono preoccupata di rimandarli a casa con una maggior comprensione delle difficolta e della sof- ferenza di Luisa e cerco di attribuire significato mentale ed alcune situazioni concrete che mi portano. In realta mi trovo di fronte alla loro impossibilita a farsene carico, al- meno per il momento, e alla preoccupazione di difen- dersene. 8° seduta (ultima prima delle dimissioni di Luisa) La mamma é a casa da una settimana. Entrano e si siedono. La signora sorridendo con piacere riferisce dei festeggiamenti per il compleanno di Luisa: a casa con le amiche e a scuola con i professori ¢ i compagni «Tutti hanno ricordata e le hanno fatto festa». Associa la preoc- cupazione di Luisa, quando stava ancora male, di non riuscire pita ritornare tra i coetanei e del possibile rifiuto di questi ico che il ricovero sta finendo, questa ¢ T'ultima settimana, € cla preoccupazione espressa da Luisa, ma anche a qiprendere Ia vita in famiglia ¢ la scuoia, "= nche loro, @ roseguo parlando, come le volte precedenti, della pre zione per la fine del nostro lavoro e della possibilita di pres guire dopo le dimissioni ema aaa ae La signora riprende le mie parole, dice di a 1 Signo i , dice di avere paura, teme she Luisa possa ricadere e racconta che da aualche giorno lel ti male: ha le palpitazioni, stenta a respirare, ha il fiato cor- © un peso al petto. Questi disturbi li aveva avuti in 373 aver saputo crescere cinata contro una jon averla vac- quale voleva mo- lora si era fatta vedere dal cardiologo che li za della sua mal reoccupazioni provate per ricovero ed ora che torne- ra a casa. I ger Dopo un momento dco che accanto alle preoce nora prosegue: «Adesso mio marito ha trovato un cagno- signora ct Ia'sus , vorrei sapere che cosa ne pensa, é di uno del nostro pae- Tagazzioa come Lit se che non lo pud tenere e vuole darlo via, ma ce ’ha da q\ e Vaffatica molto, che mese e si & affezionato e vuole rivederlo ogni tanto, por tarlo ogni tanto a passeggio e mio marito é d’accordo a pren- derlo, ma che deve essere tutto di Luisa, cosi non lo é» Il marito la interrompe e dice: «£ proprio come la cagnolina, lo stesso muso intelligente, la coda no, so che potrebbe andare ‘bene ¢ poi il padrone lo prende qualche volta e basta, non esagerare...» La signora lo interrompe: «Ma sta nel nostro pae- se, lo pud vedere sempre, gli ¢ affezionato, tu non capisi Il marito: «Non é che non capisco... ma mi sembra che si po- si La signora: «Comunque lo andranno venerdi quando Luisa esce». ensando ad un cagnolino che vada bene a Luisa, che sia in modo che non lo debba condivi- dere con altri, che il padrone lo lasci completa. mente, perché si é affezionato. E come succede a I i ha bisogno di avere cose sue, La signora annuisce, ricorda i lunghi perio dale, lontano da casa e ringrazia permette anche ora di non vedere solt non arrendersi. Commento che essere forti @ anche stato molto doloroso: da sola, ha dovuto sopportare il peso della propria malat La signora annuisce sorridendo ¢ cambia discorso. Dice che vorrebbe parlare del cagnolino che desiderano regalare a Lui suo compleanno (lo ha chiesto la ragazza). , ma avevamo una cagne! jo. Era un incrocio tra un v ordi? — chiede rivolta al fevano data i miei... era m ima coda, quando era un cui montagna con la bambina...» a davanti in pie le sue spalle, usciva s Dico che stann volevamo bene come ad un no e non so che cosa... Te to che scuote per Luisa, & padro ® affezionato. La signora dice che & Luisa che ha paura a crescere, a trovare la sua strada, cimurro, non l'avevamo fa a separarsi e il significato iamo insieme rivolto alla comprensione del- relazione con Luisa in modo che loro possa- no riconoscendole sostenerla e guidarla meglio nella crescita, ‘mai avuto un cane, non sapevo, nessuno Discussione jorno dopo non @ andata a scuola, io quando & moyta e aonnesieege: non I’ho mandata e la maestra I'ha sgrida jolto affezionati e ci é mancata tanto, non ne abl tn peso nena ce ugk le Chiedo quando & cesso perché sembra un avvenimento molto recente. La ra: «Luisa aveva 7 0 8 annie. Dico che & una storia molto ste ancora viva in oro come se fosse sucesso da poco (ene i verano di non averla vac fverlalproteta contr la alata che ha fata morire. Sex no di non essere stati dei previdenti Mi sembra che quello che provano per Luisa s cagnetta: temono di non essere stati dei buoni geni io viene ripreso il significato del lavoro di sostegno genitori in una situazione di ricovero, per un grave crollo adolescenziale: gli oggetti della paziente vengono ac. cuditi ¢ viene loro offerta un’esperienza di contenimento ¢ di condivisione nella quale é possibile, attraverso un ascol- le € riflessivo, compren- che patologiche e patogene con 4 tanta elaborazione, seppur pai 374 sia alla graduale creazione di uno spazio autonomo per Luisa, che pud emergere sufficientemente differenziata, sia al prendere forma dei processi di separazione pericolosa- mente compromessi nel momento del crollo acuto. Viene sottolineata inoltre l'importanza di sostenere gli aspetti positivi, le parti buone, dando ai genitori un in: sight senza incrementare i loro sentimenti di colpa, senza togliere fiducia o dignita e senza umiliarli I'uno di fronte all'altro, portando ad esempio I'interpretazione nel momen- to dello scambio reciproco di accuse. Procedendo nella discussione de! materiale emerge una do- lorosa constatazione rispetto al bisogno importante e anti- co dei genitori che ha potuto essere accolto nel momento del crollo della loro figlia. Appare anche chiaro che la ma- dre sente che il suo oggetto genitoriale (che a volte é il marito e a volte la famiglia) non ha mai preso sul serio le sue esigenze e i suoi bisogni, che @ possibile che l'espe- rienza di una malattia cosi gravemente invalidante favori- sca il costituirsi di Un oggetto interno non tanto «cattivo» ma piuttosto non in grado di capire o di sentire quanto pu far stare male. E possibile che la madre abbia anche avuto esperienza di un buon oggetto interno ed é interes- sante notare a questo proposito che ogni volta che viene commentata la sofferenza per la sua malattia la signora segnala di «essere forte» e porta ricordi di «forza» serven- dosene in modo passivo. Si conclude commentando il significato riferito al cucciolo come simbolo di speranza per la famiglia, anche ad un li- yello profondo: infatti i genitori accettano l'aiuto offerto permettendo la prosecuzione del lavoro, ¢ nello stesso mo- do in cui il dialogo finale dell’ultima seduta appare diver- so da quello iniziale cosi sembrano intravedersi potenziali- 12 evolutive. ‘ B) Il maternage contro con Luisa é avvenuto il terzo giorno le 12,30 mi avvio verso la sua camera per presentarmi. L. @ in corridoio, vicino alla fing Stra, il capo chino, lo sguardo fisso nel vuoto, le @ accanto iI papa. La saluto dicendo che sono la dottoressa che ‘© fara un po’ di compagnia durante la sua permane II mio primo incon del suo ricovero; intorno all 376 ospedale, le dico il mio nome, L. mi osserva con distacco, comincia a piangere in silenzio. I! papa tenta di rincuorar- la, L. si lamenta: «Non ce la faccio pit! Non voglio pit vivere, lasciatemi morire, vi prego! »; anche in questo suo lamento, che peraltro mi trasme:te una profonda angoscia, L. € molto contenuta, piange sommessamente, scossa da un leggero tremore. Il papa tenta di amplificare la reazio- ne di L. attirando l'attenzione delle persone che passeggia- no in corridoio, lancia occhiate rieche di sottintesi, sottoli- nea con tono perentorio: «Ma non dire cosi, vedrai che poi starai meglio...» Si rivolge a me cercando di raccontarmi che L. «era normale, d'improvviso le é capitata questa co- sa, parla di morire, ma non ne ha motivo, sa che in camera dove adesso c’é lei é stata ricoverata un'altra ragazza del nostro paese...». L. interviene lamentosa: «Lasciatemi mo- rire, voglio farla finita, vi scongiuro...» Le dico che mi sem- bra molto sofferente, trema sempre pitt violentemente, le propongo di rientrare in camera, L. accetta il mio suggeri- mento, lascia che le prenda la mano, L. @ tra me ed il pa- pa, entriamo nella sua camera, @ una stanza a due letti, seduta su uno dei due c’é la mamma di L. Saluto la signo- ra presentandomi, aiuto L. a distendersi sul letto, non vuo- le togliere la vestaglia, si sdraia sul fianco destro, cosi pud vedere in viso entrambi i genitori. Prendo una sedia e la awicino al letto di L., spiego alla signora, che appare piut- tosto affaticata, che, se lo desiderano, possono andare a prendere qualcosa da mangiare o fare due passi, io resterd con L. per circa un’ora. Entrambi accolgono la proposta apparentemente con favore: «Sono tre giorni che stiamo sempre con lei!», dice il papa, ma la mamma, ormai sulla porta, si volta e mi chiede: «Allora deve restare da sola con lei?» Rispondo che non é necessario, possono rimane- re anche loro, ma se hanno necessita di allontanarsi per un po’, sanno che io resterd con L. Il marito la sollecita a sbrigarsi, prende i soldi da una borsa, le dice che alme- no si riposeranno un po’, si avviano. L. é rimasta in silen- io, immobile, apparentemente disinteressata alla conver- sazione, mi guarda, dice che @ stanca, vorrebbe dormire. Le sorrido, dico che pud farlo, io rimarré vicino a lei, se ha bisogno sono qui. Sistemo la sedia un po’ scostata, os- servo L. che cerca una posizione comoda, mi fa capire con lo sguardo che la vestaglia le da fastidio, domando se vuo- le toglierla, dice di si con un sorriso timido. Si ridistende, 377 accetta che la copra, si tira il lenzuolo fin sugli occhi, poi lo risistema lasciandoli scoperti. Apre e chiude gli occhi diverse volte come se tentasse inutilmente di prendere son- no, chiedo se desidera che abbassi le tapparelle, risponde in un sussurro di si. Mi alzo, L. mi segue con lo sguardo; adesso la camera é in penombra, L. mi sorride grata, chiu- de gli occhi. Dal corridoio provengono le risate di altri ra- gazzi ricoverati che giocano intorno ad un tavolo, L. sob- balza, ma rimane ad occhi chiusi; decido di socchiudere la porta. L. appare rilassata, gli occhi chiusi, il respiro re- golare, rimane cosi per circa 20 min., credo che non dor- ma, ma appare tranquilla. D’un tratto apre gli occhi, mi guarda intimidita, sorride ed io le rispondo, mi chiede se ho gia mangiato, le dico di no, che di solito lo faccio verso le 14. L. aggiunge che lei adesso non vorrebbe pit mangia- re: «Mi é passata la voglia di fare tutto, non sono pid capa- ce di fare niente, voglio solo che mi lasciate morire, voglio farla finita perché cosi non resisto piu...» Il tono si é fatto lamentoso, parla a Scatti, gli occhi pieni di lacrime, le cola il naso, ma sembra non curarsene; sul comodino noto un pacchetto di kleenex, le chiedo se ne vuole uno, L. fa cen- no di si, allunga la mano da sotto le coperte, mi ringrazia sommessamente, soffia il naso ed asciuga le lacrime, so- spira, riprende a parlarmi, dice di avere 17 anni, frequen- ta la 3" liceo «Liceo Scientifico Sperimentales, vive a 0. «Sa dov'é?» Dico che non ci sono mai stata, ma so ‘0 meno dove si trova. L. inarca le sopracciglia: «E in mon- tagna, un paese piccolo, non é Torino, c’é stata un‘altra ragazza di O. qui, Erica, I'ha conosciuta?, fa il mio stesso liceo, era proprio in questa camera...» Accenno di si con il capo. L. distoglie lo sguardo, resta un po’ assorta poi riprende a piangere: «Ecco, se finisco come Erica! Perché non mi fite mprire, non voglio piu vivere, ma perché nes- suno mi capisce? Vi prego, lasciatemi morire!» Prosegue su questa falsariga per un po’, la ascolto senza dire nulla, & curioso l'effetto del suo corpo pressoché immobile in con- trasto con la sua voce scossa, tremolante, piena di angoscia. Mi rivolge uno sguardo supplicante, le dico che sembra soffrire cosi tanto, appare cosi disperata ¢ preoccupata. L. non risponde, continua a guardarmi, si asciuga piano gli occhi, dopo un po’ mi chiede quanti anni ho, si rivolge a me usando il lei; le rispondo e dico che se le fa piacere pud darmi del tu, le ripeto il mio nome. L. accenna un 378 sorriso, chiede se sono un medico, se é da tanto che lavoro qui. Le rispondo che mi sto specializzando, lavoro qui da 4 anni, L. commenta che dovro aver studiato tanto, chiede che tipo di scuola superiore ho frequentato, le rispondo che ho la maturita scientifica. L sembra molto interessata, esclama: «Anche lei ! Il mio liceo @ sperimentale, facciamo pitt lingue, mi piace abbastanza, ma adesso non ero pit brava, non riuscivo piti, neanche a sciare, prima facevo le gare...» Continua, pur con molti silenzi a parlare di sé, dice che le piace «abbastanza» la musica, si @ fatta porta. re, «Ma per me veramente era lo stesso», il registratore ed alcune cassette, parliamo dei suoi gusti musicali. L. ci- ta senza entusiasmo alcuni artisti, per ognuno sottolinea che enon @ un granché, insomma, mi piace... abbastanza», mi chiede spesso «Li conosce?», aggiunge di non essere sin gamba, non ne capisco tanto di musica», dice di non avere hobbies, non le piace leggere, qui ha dei giornali, ma non le va neancke di sfogliarli, al cinema va raramen- te, la TV la guarda mentre fa i compiti al pomeriggio, lo sport lo segue, specie lo sci, fino a qualche tempo fa le piaceva, «Adesso non mi interessa niente, voglio morire...» In corridoio vedo comparire il papa, appare sorpreso ed un po’ contrariato, alle sue spalle sopraggiunge la moglie, sorride a disagio, fa dei cenni come per chiedere se posso. no entrare. Dico’a L. che sono tornati i suoi genitori, mi alzo, apro la porta dicendo che possono entrare liberamen. te, io € L. stavamo facendo conoscenza. Il papa sbircia scet- tico L. che non accenna il minimo movimento, non volge neanche lo sguardo, la mamma avanza stancamente appog. giata al bastone, chiede con tono mellifluo a L. «L., dormi vi», poi rivolgendosi a me lamenta che stanotte non han. no chiuso occhio per via di un bambino che piangeva nella stanza accanto, «Si capisce che adesso abbiamo sonn sai L., siamo andati a prenderci un panino, dottoressa, ma qui non danno da mangiare anche alle mamme?» Rispon- do che non lo so, le conviene informarsi dalla caposala 1a signora si lascia cadere pesantemente sul letto, dice d S$EEE slanea on puo sedere sulle sedie o sulle panchine REECHE pes la mia malattia ne risento subito, mi fanno BNE Ie anche», lo sono rimasta in piedi vicino al letto di ty ilpapa appoggiato contro la parete di fianco alla por- ta. La signora dice che si stendera un po': «Spero di ripo. un po’, lei adesso dovra andare..., viene sempre a que- 379 st'ora?» Rispondo che pensavo di restare un po’ al matti- no dopo la visita e magari un’oretta nel pomeriggio, intor- no all’ora del pasto, in modo che anche loro possano ripo- sarsi. La signora sorride affabile, si copre: «Questa penom- bra favorisce il riposo...», si gira verso L,, le chiede confer- ma «Vero? Dormiamo un po’?» L. sussurra di si; mi avvicino alla ragazza per salutarla, dico che ci vedremo domani, se vorra potremo fare qualcosa insieme, pud pen- sarci su. L. ringrazia, appare cistante; saluta laconica, tira il lenzuolo sugli occhi. Saluto i genitori ed esco. Nel corso della prima settimana il maternage di L. ha pre- sentato alcune difficolta relative, in particolare, alla pre- senza continua dei genitori, in rapporto ad una realta di carenza di personale. Per L. appariva difficile allontanarsi dalla camera lasciando la mamma da sola a letto, accetta- va di compiere brevi esplorazioni del reparto, si sentiva stanca, incapace di muoversi; persistevano i lamenti ¢ le suppliche di aiutarla a morire, alternati a momenti di mag- giore contatto, spkcie quando riuscivamo ad allontanarci per un po’ dal reparto. Sedute sulle panchine del Day Ho- spital, L. mi parlava del suo sentirsi indegna, non bella, incapace, spesso diceva di desiderare la morte «Perché mi vergogno tanto di quello che ko fatto, non potrei pit tor- nare a casa» L. consumava i pasti in camera con i genitori, i contatti con gli altri degenti e con il personale erano fu. gaci; L. si ritraeva anche fisicamente da ogni incontro, ac- cettava tuttavia di restare da sola con me. In questo primo periodo spesso mi sono trovata nella necesita di forzare la situazione, proponendo alcune semplici attivita che po- tessero consentirle un minimo di autonomia. Per L. era divenuta una piacevole abitudine la passeggiata fata in- sieme prima del pasto serale; dopo alcuni giorni L. aveva accettato la mia proposta di mangiare con gli altri ragazai al tavolo appositamente adibito, aiutata da me apparec- chiava il suo posto, si recava da sola in cucina a prendere il vassoio. Ora L. poteva mangiare senza la presenza dei genitori, ma richiedeva che io le restassi vicino, non soci lizzava con i coetanei, appariva ancora spaventata e timo- rosa ad ogni approccio. Le attivita che sembrava in grado di svolgere e per brevissimi periodi erano minime: sfoglia- re una rivista, guardare per una mezz'ora la TV, da so con me, in silenzio, fare una passeggiata. E In concomitanza con il prosieguo del lavoro con i genitori, 380 la situazione si era progressivamente alleggerita: il papa poteva tornare al lavoro, la mamma accettava la mia pre- senza con minore ambivalenza, restava da sola a leggere o chiacchierare con le altre madri presenti in reparto: non trovavo pit L. a letto, insieme alla mamma, nel buio tota- le, come ai primi tempi. L. mi chiedeva quando sarei potu- ta restare con lei, al mattino mi aspettava in corridoio € mi aggiornava su come aveva trascorso la notte. L. veniva da sola ad aspettarmi sulla porta del reparto nelle prime ore del pomeriggio, a volte la mamma la seguiva con lo sguardo da lontano come a darle il suo consenso. Dopo .i primi 10 giorni la mia attivita di maternage aveva assun- to una connotazione diversa: L. non mi parlava piu dei suoi problemi nei termini di volonta di morire, si lamentava del suo aspetto «sciatto», mi chiedeva consigli estetici, po- teva chiamarmi per nome. Insieme pensavamo a delle So- luzioni concrete che l’aiutassero a sentirsi Piacevole, es. il taglio di capelli, l'accostamento dei colori nell'abbiglia. mento. L. sfogliava riviste di moda alla ricerca di spunti, ne discutevamo ¢ lei si riprometteva di mettere in pratica quanto le sembrava in sintonia con I'esigenza di migliorar- si. Inoltre, L. era entrata a far parte del gruppo degli ado. lescenti ricoverati e partecipava, anche senza manifestare grande entusiasmo ¢ coinvolgimento, ma piuttosto facen. dosi trascinare, alle attivita proposte durante la mattinata dalle educatrici: lavori di pittura, manifattura di braccia- letti, giochi di carte e di abilit Con il migliorare della situazione psichica di L. si era deci so di trasferirla in una camera con altre due ragazze, con le quali non mostrava di legare molto. Ora L. era pit inte- ressata da uscire dal reparto da sola o insieme ad altri Tagazi ed il tempo trascorso insieme con me era divenuto solo uno dei momenti della sua giornata, non mostrava pi Vattaccamento dei primi tempi. L. mi cercava per offrirmi un caffé, per dirmi che non le piaceva la soluzione di tra- sferirla, tra l'altro questo aveva comportato che la mam. ma potesse venire a trovarla solo nel pomeriggio. Giocava. mo a carte, a volte L. si rilassava ascoltando musica con ke cuffie, prendendo del tempo tutto per sé, senza sentirsl folbevole di non fare niente insieme. Due episodi contri- ‘uiscono a sconvolgere questo periodo di assestamento. Il Fame, cvYeniva intorno alla meta di febbraio, in citta cra vertita una scossa di terremoto, era domenica, L. 381 cera assistita dal papa, si era spaventata molto, preoccu pandosi per la mamma che era tornata a casa. La settima: parlava del suo essere stanca ‘ceva di non sopportare le compagne di came! Stava volentieri solo con T., coetaneo, orfano di madre, ri: coverato per un break-down con manifestazioni ipocondria- Che: insieme parlavano della scucla, giocavano a carte, con- fabulavano con aria complice come scambiandosi delle con- dre di T. moriva dapprima par- arto era stato in- i medici responsal informare i ragazzi di quanto re seuito riporto uno stralcio del maternage di quel giorno, rremmamente ventosa, si @ spar ina tromba d’ ‘a lo & veramente insopportat sguardo terrorizzato. Mi saluta a fe spaventata da tutto questo vento. @ tutta la notte che mi persegui mia! Dicono che quando c’é vento poi hho paura, non so cosa fare”. Le prope camera, potremmo andare a prenderci qualcosa al ji tocca a me offrire. L. accetta vo cammina molto vicina @ ico che sembra jon ne posso pit, ‘ossi almeno a casa erremoto, rnon vorrei restare chiusa un’altra volt nell'ascensore!” (€ sucesso una settimana prima di sera, L era con la mamma, I'ascensore si era bloccato qualche minuto al piano). Passiamo davanti alla camera di T., L i guardare dentro, @ la stessa camera che occupava Tei la prima settimana. L. procede con la solida andatura, turvate, l'espressione sottomessa, tre Al dis amo ancora del tempo bizzarro di oggi, L. dice che ad O. non c’é vento 382 ice che preferirebbe scen- | ha telefonato suo padre; dice che stare in mezzo alla gente da pi sicurezza. L. parla sottovoce, mi resta vicina, beve accompagnarla: “All’una arriva ‘vento non lo por- singhiozzare piano. : jozzi che & per via del vento: “Ho paura, senti come ""e solleva lo sguardo impaurito ed incredulo verso ‘che forse c’e anche dell'altro, le dottoresse 0 poco fa che é successa una cosa molto tri- @ morto il padre di T; L. scoppia a piange- “Si, ma perché, perché capita sempre tutto cosi? Non @ giusto, appena qualcosa va bene...” e singhioz- za disperata. La mamma mi guarda ostile, poi aggiunge: “iE che L. pensa a me, allora ne soffre, pensa che questa cosa possa capitare a me, si capisce che soffre. iangere, si soffia nervosamente il naso, biosa il kleenex, sembra inquieta, dopo un po’ mi chiede con ansia se T. andra via, Rispondo che penso che uscira, ma per @ ancora in camera. L. si alza, con la de alla mamma di rientrare in repat dendo lentamente, L. ha lo sguardo eccitat $0, sembra fare mola fatica nel trattenersi dal correre ed invece aspettare la mamma che procede a| i Gaunt el pres delle camera dh fama in mi guarda. Le chiedo se vuole andare da T., se si L. fa cenno di no, poi chiede: “Vado?” 'aspetterd in camera. L. si avvicina timi i awvi ida alla por- teil regazzo& sdraiato sul leto, si dicono qualcoe, poi entra, mi avvio. Sono in camera quan: Entra la mamma che sie- L. risponde, facendo ciao con teggiatura del re He an reparto aveva- ortato alcuni disagi, non ultimo un necessario, an- 383 che se temporaneo, trasferimento di camera. L. manifesta: va apertamente il suo disappunto, contestando con l'atteg giamento distaccato e scostante l'intera équipe ed anche me: ora non avevamo uno spazio concreto, tutto appariva confuso, precario. L. in quei giorni rifiutava il maternage rifugiandosi in un sonno continuo; di nuovo si fa trovare a letto stanca, svogliata, mi distanzia dormendo. L. sapeva che presto sarebbe stata dimessa, con la prospettiva di pro- seguire I'intervento psicoterapeutico con la dr.ssa Gemel lo, «Ma io sono imbranata, se devo venire a Torino non me la so cavare, devo prendere il treno, non I'ho mai preso da sola, io mi perdo, non so neanche prendere il tram, Queste sue preoccupazioni mi sugzerivano l'opportunita di studiare in concreto con lei le possibilita che aveva a disposizione, proponendole di organizzarci con l'orario fer- roviario e la carta topografica alla mano. In un primo mo mento L., visibilmente a disagio, ricercava costantemente il mio aiuto: «Io non capisco neanche le sigle, cosa vuol dire espresso, rapido, questa colonna degli orari come de- vo guardarla, le coincidenze cosa vogliono dire?» Riporto nuovamente uno stralcio del materiale: «L. mi chiede di andare in camera, pensa che ci sia pid tranquillita per sfo- gliare lorario, dice che cosi forse riuscira a capirci qual Cosa. L. studia un percorso che le consenta di andare ¢ Venire nel pomeriggio, appare sollevata quando riesce a far combaciare le esigenze. Si entusiasma, chiede a bru- ciapelo: "E se volessi andare a B? (il paese della mamma) Tainto a ricostruire le tappe dell'itinerario, poi procede con speditezza: "Vorrei vedere se riesco a fare un viaggio SI mattino ed uno al pomeriggio”, ci riesce, & felice. Appa te un po’ trasformata, chiude l'orario, sospira dicendo di essere stanca “Vorrei sdraiarmi un poco, per riposarmi. Sono quasi le 13, tra poco arrivera la madre, L, mi conge da» Alcuni giorni dopo L. mi fa trovare un quaderno aper- fo gul comodino, ha appuntato molto ordinatamente uno Schema di viaggio O-Torino con i zelativi orari. Nell'ulti fro periodo della degenza la ragazza avvertiva con sempre tmaggiore urgenza lesigenza di rassicurarsi circa le sue pos Tilita di riprendere la scuola, manifestando dubbi, me euntando di essere aiutata: le mie proposte di provare @ Swedere alcuni argomenti del programma insieme, venivs, no cortesemente rifiutate. L. manteneva un atteggiamento possibilistico, tuttavia adduceva numerose scuse per rime 384 dare questa verifica. Si era fatta portare i libri e si era procurata gli appunti delle lezioni svolte in sua assenza ‘Aveva insistito per iniziare il ripasso con filosofia, il mio tentativo di suggerirle una materia meno impegnativa ave- va incontrato un cortese, ma fermo rifiuto. Tratto dal ma- teriale: «E il giorno del compleanno di L., la trovo seduta al tavolo intenta nella lettura del testo di filosofia. Mi fa notare compiaciuta che il programma svolto in sua assen- za non @ molto ampio. Mi illustra alcune difficolta nell comprensione di alcuni brani, le propongo di affrontarli quando ci incontreremo nel pomeriggio. L. appare entusia- sta, le faccio gli auguri, si schernisce, dice che 17 non so- no un granché: “E per i 18 che si fanno le feste, se penso che tra un anno potré prendere addirittura la patente!” Ci diamo appuntamento per il pomeriggio, L. resta seduta, assorbita nella lettura. Nel pomeriggio L. si fa trovare a to, dice di aver avuto le vertigini, € un po’ stanca, spera di non avere l'influenza, aveva tanti progetti per il fine settimana, “Sarebbe il colmo, la prossima settimana é l'ul- tima che resto in ospedale, sarebbe il colmo, non vorrei ammalarmi proprio adesso...” Il lunedi seguente L. era rag- inte, raccontava di essere stata festeggiata dai compa- gni, i genitori le avevano promesso il cucciolo cui teneva tanto, un’amica le aveva regalato una trousse per il truc- «Ma non U'ho portata dietro, devo imparare a truccar- mi, so solo pasticciarmi...» Mi raccontava che a scuola ave- vano iniziato lo studio di Boccaccio, dubbiosa mi propone va: «Forse oggi potremmo provare a fare un po’ di Italia no, @ meno noioso...» Verso le 15 ci troviamo in camera, L. dice che sta provando a leggere alcune novelle, «Ma non ci capisco mica tanto», Le chiedo se vogliamo provare in- sieme, L. chiede se posso leggere ad alta voce, analizziamo periodo per periodo, cerca di riassumere il senso della fra: se aiutandosi con le note di commento, ride accorgendosi di aver mal interpretato, chiede chiarimenti. Si impegna, ma senza ostinarsi, coinvolge la compagna di stanza, rido- no divertite facendo commenti sull’astrusita dei termini scelti dall'autore. L. appare progressivamente meno inte- essata a concludere la novella, sbircia distratta l'ora, im- Paziente. Dopo poco arriva T., ¢ imbarazzato nel trovarmi in camera, L. s‘illumina: «Sei arrivato al momento giusto! Provavamo a leggere Boccaccio, be’ ne abbiamo fatto 3 pa- gine. 3 pagine al giorno...» T. & interdetto, sottolinea che 385 lancia un'occhiata complice, commenta: «Una cosa del genere ¢ da scrivere nel diario, non capita mica tutti i gior € parafrasandola dico che abbiamo letto 3 pagine, «E 3 pagine al giorno levano saluta grata: «Grazie S vero? Se stasera ho voglio posso andare avanti e poi ne discutiamos. Approssimandosi il giorno delle dimis: preferiva ritrovarsi con me stando in compagnia delle tre ragazze ricoverate; nei rari momei rialmente le sedute di psicoterapia. A prop. issioni L., pur sottolineando la sua felicita, chie- deva ripetutamente con tono scherzosamente provocatorio: «Siete contenti di sbarazzarvi di me, vero? Non ne potete pi, ch?» Quando le facevo notare che poteva essere di cile allontanarsi dopo quasi 2 mesi da un posto dove ci si era ritagliati un proprio spazio, con nuove abitudi sieme a persone con cui si stava volentieri, L. torn: parlare dei progetti per il ritorno a casa, appariva mag, giormente fiduciosa e sollevata all'idea che un legame Tospedale si sarebbe mantenuto attraverso i controlli cli nicie le sedute. L’ultimo giorno L. mi regalava un braccia letto fatto da lei appositamente per me, si augurava di aver indovinato i miei gusti, nel salutarmi affettuosamente chie- contrate in occasione della sua se risposta affermativa L. sottoli Cosi ti potrd raccontare come mi tro- ‘a parte tutto, sono contenta di tornare a casa, devo ma volevo ringraziarti per rion @ stato cosi male vo... pensare a stare bene, Che hai passato con me, per tutto, trovarsi qui...» Discussione Acommento del materiale la portanza che il maternage situazioni di break-down: 386 iudicante, consente : delle parti infantili e fa- vorisce di uno sviluppo. L. si & ag- grappata subito al nuovo oggetto esterno «buono» poiché aveva interiorizzato un oggetto sufficientemente «buonos, malato, ma non distrutto; in questo modo L. é stata in gra. do di accettare ed utilizzare l'esperienza di condivisione offertale, ha potuto scoprire in sé delle risorse e senza dub- bio questo ha favorito anche il lavoro psicoterapeutico. La prof.ssa Di Cagno interviene per precisare che il lavoro dimaternage si propone proprio nei termini di una funzio- ne di Io ausiliario; certamente non tutti i pazienti zione di break-down sono in grado di fare un uso ficuo di questa esperienza, me non eccessivamente gr Vesperienza fatta era stata quella di un oggetto eassente» che ritorna, e questo leha consentito un recupero alquanto rapido. E importan- te riconoscere la necessita di un lavoro congiunto, unita- jo, ove le diverse competenze, cliniche, assistenziali e psi- coterapeutiche convergano riconoscendo modalita e fini co- muni. Solo in questo modo risulta possibile far emergere rapporti sempre meno proiettivi, grazie ad un lavoro che richiama alla mente il lavoro di scultura citato da Meltzer rispetto a quanto l’analista si trova a fare inizialmente nel rapporto psicoterapeutico. Il prof. Ravetto interviene per far notare quanto nella gestione di ogni caso di crollo in dolescenza entrino in gioco, oltre alla struttura del pa- tiente, anche la struttura di chi attua il maternage e la struttura dell'istituzione clinica. Se il materiale presenta- toe potuto apparire a tratti idilliaco, é da considerarsi a non eccessiva gravita del quadro psicopatologico pre- sentato da L.; tuttavia la persecutorieta si avverte, specie nel primo incontro. Grazie alla capacita di mantenere viva ‘attenzione, nel rispetto dei tempi proposti dalla ragazza, fir dal primo contatto tra il medico che effettuava il ma. i € potuta instaurare una relazione utile per ‘o emerge la so la capacita di tenuta rispetto alla sof- 387 sta esterna al reparto. iannini @ incentrats he di personalita di L. II break-down in que. ne si direbbe avvenuto in una organizzazione di personalita pid evoluta verso il polo depres valere della introiezione rispetto alla proi do ii un quadro depressivo piutt ine. La dr.ssa sta con re, cronicizzare se le. In risposta ad un'osservazione sul una dipendenza negativa verso la st parte di questi pazienti, la prof.ssa tale pe non avesse ricevuto l'aiuto proposto thio di instaurare ‘ura ospedaliera da ‘agno riconosce che no le condizioni atte a far ritenere possibile un reins: mento, anche graduale C) La psicoterapia dalla mamma fin sulla porta dello a i ‘mina appoggiandosi ad un sostegno. Luisa le cammina s tobracelo, curva, a piccolipassi ed ha lo sguardo abbas toe come soporoso: danno l'impressione di essere due sone estremamente malate, angosciat , provate, bisognose, come curve sotto il «peso della Luisa entra da sola nella stanza, si guarda attorno smart: ta ed inizia spontaneamente, con voce sommessa, stanca, a parlare di sé, inframmezzando il racconto del suo star male con frase del tipo: emi aiuti a morire, per favore sia morire, non reggo piu: acti alla valenza drammatica, le sue expression Sem 388 _ bra avere momenti di non integrazione e di cont jcare una richiesta di aiuto a vivere ¢ Luisa nel corso delle prime sedute continuera a ripetere con tono drammatico e rassegnato insieme: «non mazioni per viveres .. «non so stare al mondo»... ho la forza fisi mio padre che & , sono come una bambina di 5 anni e mi ver. mano le mani, ma sponsabilita, io non ce la faccio ad essere lasciata da sola, senza i miei genitori, ad essere autosufficiente, io ho bis. gno di avere le spalle coperte, di sentirmi dire che non importa se sbaglio, me la prendo con me stessa, ho anche paura di essere ajutata...» Luisa lascia in questo modo e fin da subito affiorare una ta e passivita di rischiare di sbagliare la spin- mostra paura e ambivalenza iferenziarsi. Sembra anche aver paura di «supe! tori in abilita, intelligenza e ca- pacita e quindi di esaurirli, di danneggiarli con la critica, il disinvestimento scolastico, la mancanza di progettuali. ta, Luisa ha un forte senso di impotenza, si sente incapace di essere autonoma, e di realizzare le ambizioni opposte ‘orie dei genitori (sportive I'uno, scolastiche- affettive l'altro). I suo atteggiamento in seduta @ accondiscendente ed umi- le, ma nello stesso tempo vigile e controllante, come se essere facilmente rifiutata, trascurata, non no per i primi tempi del ricovero, fa pensare a di una esplosione di idee deliranti, acting- out, ¢ alla perdita grave del senso di identita: sembra vive- re infa un eccesso di identificazione proiettiva, sem- ne. La ragazza é tuttavia in grado di esprimere molta consape- volezzae molta preoccupazione di restare intrappolata nella confusione, di regredire troppo, di «perdersi». Sostiene che la sua paura della sofferenza fisica e mentale @ tale da farle temere di finire «in uno stato di coma, di paralisi, © di pazzia», ma aggiunge anche: «aiutatemi a sapere che Cosa voglio, aiutatemi a crescere, a prendere decisioni... 389 io faccio le cose per gli altri, se ho troppe alternative non so scegliere... Ho paura di aver vissuto finora soltanto di fantasia, ho paura di essere pazza, da sola non so fare nul- la... non so prendere il treno per andare all’Universita...» Nel corso delle sedute avro spesso difficolta a distinguere quali proiezioni provengano a Luisa dall’esterno (penso a proiezioni legate alla malattia mentale alla malattia fisi- ca sperimentate realmente in famiglia), o viceversa dal suo interno. Mi troverd a contatto con la paura e il desiderio della ragazza di «ricevere aiuto», cosi che mi fara speri mentare la difficolta di essere capace di rispondere alla sua richiesta: «aiutatemi a sapere che cosa voglio» e a rap- presentare per lei un oggetto affidabile e sicuro. Riporterd U'ottava seduta, in cui, parallelamente al poter stare in Ospedale senza la mamma vicino, in seduta inzia a soffermarsi di meno sulle sue sensazioni di malessere fisico e ad esplorare di pit il suo mondo interno, le sue fantasie, il suo rapporto con i genitori. Cerco di accompa- gnarla in questa esplorazione rispettando le sue difese, man- tenendomi nei miei interventi su un piano di realta, sugge- rendo appena qualche collegamento alle dinamiche conflit- tuali e alla relazione transferale, in modo abbastanza in- diretto. Sceglierd anche di portare la 15* seduta che precede di una settimana circa le dimissioni della ragazza dall’Ospe- dale. Luisa comincia anche a progettare il suo ritorno a scuola, allo sport e prevede di proseguire le sedute con me ambulatorialmente, ma esprime timore e ambivalenza al riguardo. Mi propongo di aiutarla in questa seduta ¢ nelle successive che non riporto a dar significato alla pro posta che le verra fata di proseguire la psicoterapia am- bulatorialmente ad una seduta alla settimana fino alla ne di giugno. L'intervento non vorrebbe configurarsi come un «brever intervento, ma siamo costretti a tener conto di difficolta obiettive che riguardano la distanza dal luogo di abitazio- ne della ragazza, la particolare realta familiare ecc., € rimandare quindi la valutazione della possibilita di attua: re un progetto di intervento pit a lungo termine e con una maggior frequenza (ad es. 2 volte alla settimana). Tale in: tervento potrebbe realizzarsi qualora nella ragazza fosse presente una reale motivazione e un’autonomia decision Te e di movimento. Mi propongo pertanto di aiutarla ad 390 esplorare ulteriormente i suoi bisogni, le sue con i tar le sue difficolta a rapportarei alla realtare di aieterls a consolidate Hl riconoscimento delle sue capacita, poten- zialita € desiderio di crescere zalita ¢ escere differenziandosi e ricono- Luisa viene dimessa dopo oltre un mese e mezzo di ricove- ro. Ha accettato la proposta di proseguire l'intervento te- rapeutico ad una seduta alla settimana. La scuola accetta la sua frequenza come «uditrice» e predispone per lei del- Je lezioni supplementari per aiutarla a recuperare e a met- tersi alla pari con il programma svolto dai suoi compagni di classe durante la sua assenza. Anche i genitori usufrui- ranno di sedute di sostegno per un certo periodo di tempo. Luisa lascia Ospedale in buone condizioni fisiche, con un migliorato rapporto con la realta. Nelle ultime sedute ha continuato ad esplorare le sue difficolta relazionali, in par- ticolare il suo rapporto con la madre e ha potuto esprime- re il suo desiderio di fare delle scelte autonome ed evoluti- ve (andare all Universita, proseguire Vamicizia con un ra- zzo conosciuto in Osy i i gazzo conosciuto in Ospedale, riprendere @ fare sport in Lunedi 12/2/1990 — 8% seduta Luisa giunge come al solito puntuale, ha gli occhi arrossati aria sofferente, Vatteggiamento «umiles © «sottomesso» co- al solito. Dice di aver avuto influenza nei giorni Scab tapes une maces Gora gs f

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