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Vada a rileggere le pagine 336-339, e traduca poi il primo paragrafo di p.

338 (da “He lifted” a


“head and face”).
Descriva poi la figura di Bertha sia dal punto di vista psicoanalitico come l’alter ego represso di
Jane, che alla luce di una prospettiva postcoloniale come espressione di una razza inferiore e
degenerata. Si soffermi in particolare sul ritratto di Bertha presentato nelle pagine 336-339,
commentando e interpretando i vari elementi che lo compongono.

Indicazioni per la stesura della tesina:


1. La tesina deve essere scritta nello stesso file che Le viene inviato, in modo da conservare
la traccia.
2. Deve avere un’estensione di circa 2.500 parole.
3. Deve essere scritta in un buon italiano, privo di errori di ortografia, di grammatica, di
sintassi, e di costruzione logica. Lo stile deve essere quello di un testo di critica
letteraria, e non quello di un quaderno di appunti.
4. Deve contenere citazioni del romanzo, che servano ad illustrare gli argomenti proposti.
5. La traduzione del brano proposto deve essere letterale, ma scritta in un buon italiano.
BERTHA MASON ROCHESTER: TRA LIBERAZIONE E OPPRESSIONE

INDICE

1) Traduzione ed Introduzione: contestualizzazione del personaggio (p 1);

2) Bertha Mason e il contesto gotico (p 1);

3) Psicoanalisi ed alter-ego: le sfaccettature di Jane Eyre (p 2);

4) Contesto storico coloniale (p 5);

5) Conclusioni (p 5).
BERTHA MASON ROCHESTER: TRA LIBERAZIONE E OPPRESSIONE

1 TRADUZIONE ED INTRODUZIONE: CONTESTUALIZZAZIONE DEL PERSONAGGIO


“Lui sollevò gli arazzi dalla parete, scoprendo una seconda porta: anche questa, lui l’aprì. In una
stanza senza alcuna finestra, ardeva un fuoco, protetto da un alto e robusto parabrace, ed una
lampada appesa al soffitto tramite una catena. Grace Poole era piegata verso il fuoco,
apparentemente stava cucinando qualcosa in una casseruola. Nell’ombra profonda, all’estremità più
lontana della stanza, una figura correva avanti e indietro. Cos’era, se una bestia o un essere umano,
non si poteva, a prima vista, dirlo: pareva che si muovesse strisciando su mani e piedi; si avventava
e ringhiava come uno strano animale selvaggio: ma era coperto con indumenti e una quantità di
scuri, ricci capelli, selvaggi come una criniera, nascondeva la sua testa e il suo volto” (cap. 26
p.338).

Così viene descritta Bertha Mason, prima moglie di Mr Edward Rochester e ostacolo al matrimonio
della protagonista Jane Eyre.
È una donna proveniente dalla Jamaica, dalle Indie dell’ovest, luogo in cui il padre di Edward
Rochester aveva trovato per suo figlio una donna da sposare col solo scopo di farlo arricchire.
Mr Rochester si identifica come vittima di una truffa ideata da un avido padre (“avaricious,
grasping man” pp.351) e una sleale famiglia. La malattia di Bertha, infatti, le è stata trasmessa da
sua madre, che Mr Rochester crede morta ma che in realtà è stata ricoverata in manicomio.
Nel racconto che Mr Rochester indirizza a Jane in totale sincerità, definisce il sé stesso del passato
come accecato e stimolato, ma allo stesso tempo cieco ed inesperto al punto tale da credersi
innamorato (“I was dazzled, stimulated: my senses were excited; and beign ignorant, raw and
inexperienced, I thought I loved her” pp.352). Da “schifoso, cieco come una talpa e zuccone” qual
era, cede in gioventù alla bellezza fatale di Bertha, bramata da tutto il paese, senza nemmeno essere
sicuro della presenza di una qualche virtù (pp.352) e cadendo di conseguenza nella trappola
piazzata dalla sua superficialità.

2 BERTHA MASON E IL CONTESTO GOTICO


Bertha è la donna più ricercata della Spanish Town dove vive, col suo aspetto maestoso e la sua
eleganza tipica dell’ovest, affascinante bellezza mora che ben presto si rivela essere poco più che
una bestia.
Sin dall’arrivo di Jane a Thornfield vari indizi, tipicamente gotici, portano il lettore a pensare alla
presenza di un’entità malvagia, a caccia di morte solo per diletto. Tutto conduce all’identità di
Grace Poole, domestica reclusa in una stanza al terzo piano, poco socievole e poco loquace, che
passa ventitré ore su ventiquattro a cucire nel suo alloggio.
L’oscuro e misterioso terzo piano è l’ambientazione perfetta dove collocare un essere tanto
misterioso quanto spaventoso. Buio, tetro, con stanze chiuse che celano chissà quale segreto; questo
è il third story, che si rivelerà essere, più che la tana, la gabbia della bestia. Ma per quanto questo
piano sia isolato dai più gioiosi sottostanti, arredati con mobili lussuosi e, in tempi di festa, con
ghirlande di fiori a sottolinearne l’aspetto gioviale, riesce comunque ad invadere l’animo e la vita
dei protagonisti.
In Jane infatti, il terzo piano e, nello specifico, la stanza di Grace Poole, da dove provengono strane
risate isteriche, infonde un senso di paura per la propria incolumità che si rivela poi fondata quando
si ritrova a spegnere un incendio appiccato in maniera volontaria nella stanza di Mr Rochester, che
aveva il preciso scopo di ucciderlo. Non solo, la reale vicinanza con quel piano la si riesce ad
avvertire nel momento in cui Jane racconta di un’ombra che, entrata nella sua stanza, una notte, ha
distrutto il suo velo da sposa per poi calpestarlo come per dispetto.
Con l’arrivo del signor Mason, uno sconosciuto che si palesa presso l’abitazione come grande
amico di Edward Rochester, e il violento attacco da lui subito in piena notte, Jane finisce finalmente
per chiedere l’espulsione di Grace Poole da Thornfield. La mancata presa di posizione di Rochester
fornisce al lettore un indizio fondamentale, cioè che il problema non derivi effettivamente da Grace
Poole. La svolta si verifica nelle pagine del cap.26 che vanno da 336 a 339, in cui viene svelata la
vera identità della potenziale macchina omicida nonché peccato di Mr Rochester.
Bertha Mason è l’antagonista più tipico del romanzo ottocentesco inglese descritto attraverso uno
sguardo inconsciamente razzista: è un essere fisicamente mostruoso, imponente, forte, scuro ed
oscuro, dalla mente instabile. Viene descritta da Jane come “clothed hyena” (pp.338) sia per la
risatina associata al verso dell’animale africano, sia per la ferocia e la potenza della sua presa molto
simile al rinomato morso della iena, tra i più potenti del regno animale.
Ma non solo l’aspetto fisico ne esprime goticità, difatti anche ciò che rappresenta è un’espressione
delle scoperte scientifiche vittoriane.

3 PSICOANALISI ED ALTER-EGO: LE SFACCETTATURE DI JANE EYRE


Bertha Mason è, in termini psicoanalitici, la personificazione del peccato di Rochester, fardello
della sua vita, e di un alter-ego di Jane. Per quanto riguarda Mr Rochester, che ha peccato di
superficialità e lussuria, si ritrova a convivere con una moglie lunatica che più volte ha pensato di
abbandonare a sé stessa senza mai riuscirci. Si intuisce quindi che Mr Rochester è un uomo giusto e
di buon cuore, nonostante non si dimostri tale, arrivando persino a mettere alla prova la sua
spasimante Miss Ingram scoprendo il finto interesse della donna rivolto solo al suo capitale, tant’è
vero che ripudia la bigamia (“bigamy is an ugly word” pp.336) anche a costo di perdere Jane.
Paga le conseguenze dei suoi errori e dell’egoismo del suo stesso padre (“you shall see what sort of
a being I was cheated into espousing” pp.337).
Per quanto concerne Jane Eyre in sé invece, si riesce a notare nel testo la presenza di più alter-ego
di Jane che rappresentano ciò che lei rifiuta o non comprende di sé stessa. I suoi principali alter-ego
sono, secondo Gilbert Gubar in “A Dialogue of Self and Soul”: l’orfano di cui canta Bessie nella sua
canzone, che si rivela essere poi lo stesso presente nei suoi sogni premonitori; Jane Rochester, ossia
quella Jane che decide di sposare Mr Rochester non come sua pari ma come tipica donna vittoriana
sottomessa e repressa; Bertha Mason, che rappresenta la parte più oscura di Jane.
Bertha è chiaramente ciò che Jane vorrebbe essere in un’ottica femminista volta alla libertà della
donna. Lei è capace di aggredire suo marito, forte ed atletico, senza timore (“the lunatic sprang and
grappled his throat viciously, and laid her teeth to his cheek; they struggled. She was a big woman,
in stature almost equalling her husband” pp.338) ed opporsi a lui, ciò a cui aspira, in senso
figurato, Jane.
Sebbene il padrone di casa dichiari Jane una sua eguale, questi si rivela comunque essere superiore
a lei in età ed esperienza. Ma con Bertha questo tipo di superiorità non c’è, anzi è la donna che si
dimostra più potente di lui in più occasioni. Lei è ricca tanto quanto lui e sono evidentemente
coetanei, ma l’atto di supremazia al suo picco massimo è l’impedimento delle nozze.
La donna jamaicana rappresenta quello che viene definito da Claire Rosenfield, citata nella guida di
Gubar, “criminal self”, cioè quella parte, presente in ogni persona e non socialmente accettata, che
si spinge a compiere gli atti meno convenzionali, dai dispetti, come lo strappo del velo, al duplice
tentato omicidio.
È l’io selvaggio che a Jane è stato insegnato a reprimere durante la sua infanzia sia a Gateshead che
a Lowood che si riversa e si incarna in maniera uguale od opposta nella donna lunatica: la prigionia
nella stanza rossa si riflette in quella del terzo piano di Bertha nella stessa maniera; la repressione
insegnatale da Miss Temple e la sua amica Helen Burns a Lowood invece, che inseguono un ideale
di donna sottomessa in terra ma libera nel regno dei cieli, si discosta dalla donna jamaicana che lotta
e si difende con ogni mezzo. Ma tutto questo è Jane, indottrinata alla sottomissione ma affamata di
indipendenza e uguaglianza.
Ma non sono solo le differenze che mostrano come questi due personaggi siano l’uno il riflesso
dell’altro ma anche le somiglianze: Jane, come Bertha, si ritrova e si è ritrovata in passato a
camminare avanti e indietro per le stanze, imprigionata nei suoi pensieri, vagando senza meta;
spesso si trova a sognare di evadere da quel posto isolato che è Thornfield, e di distruggerlo; viene
associata a creature tipicamente maligne (malicious efl, sprite) e accusata di stregoneria da Mr
Rochester, che la ritiene responsabile di un trucco magico ai danni del suo cavallo che, durante il
loro primo incontro, causò la sua rovinosa caduta; è ignara di tutto ciò che sta succedendo (“this
girl […] knew no more than you, wood, of the disgusting secret: she thought all was fair and legal
[…]” pp.337) così come lo è Bertha, conscia solo del fatto di voler assalire suo marito.
Jane è a sua volta truffata dal suo promesso sposo, che in preda al rimorso si definisce “embruted
partner” (pp.337), aggettivo usato nell’epica “Paradise Lost” di John Milton per descrivere il
diavolo che prende il controllo del serpente, rendendolo bruto, bestiale.
Questo concetto del “criminal self” lo si ritroverà anche in altre opere di stampo vittoriano. La più
classica è forse “The strange case of Dr Jekyll and Mr Hyde” di Robert Louis Stevenson del 1886.
In questo romanzo si ritrova una visione del doppio sé più pragmatica e meno concettuale che
magari può aiutare a comprendere meglio la visione dell’epoca. Nel romanzo di Stevenson è lo
stesso dr Jekyll che si trasforma nel suo alter-ego criminale Mr Hyde tramite l’uso di un composto
chimico da lui ideato. Come Bertha Mason, anche Mr hyde compie atti criminosi non accettati dalla
società ma necessari all’uomo per esprimere rabbia e frustrazione e, come Bertha, anche Hyde
dovrà morire per liberare poi l’uomo giusto dai peccati compiuti dal sé malvagio.
Dalla morte di Bertha infatti, sia Mr Rochester che Jane ne traggono un macabro vantaggio pagando
però un caro prezzo.
Mr Rochester può finalmente sposare Jane ma perde l’uso degli occhi ed una mano nel tentativo di
salvare sua moglie dal fuoco appiccato da lei stessa. È una sorta di espiazione dai peccati lavati via
col fuoco purificatore che porta via con sé non solo uno dei cinque sensi ed un arto dell’uomo ma
anche la sua dignità, essendo costretto a vivere ora alle dipendenze di una moglie che è più badante
che amante.
Jane invece tornata alla distrutta dimora Thornfield, poi a Ferndean dove alloggia il ferito
Rochester, ormai più ricca sia di conoscenze e saggezza che di ricchezze e beni materiali. È ormai
al pari del suo amato che necessita di lei più che mai. Con la tragica morte di Bertha si è sbarazzata
del suo io malvagio, quindi delle sue insicurezze e paure che l’incatenavano ad una vita repressa da
angelo-del-focolare, e del fattore fondamentale che impediva la congiunzione dei due amanti. Dopo
la triste vicenda infatti, i due si sposano diventando l’uno indispensabile per l’altro. D’altro canto,
sarà sì superiore al marito, ma non avrà più accanto l’uomo forte, bello ed atletico che un tempo
governava i suoi sogni.

4 CONTESTO STORICO COLONIALE

In un’ottica coloniale e biologica, la visione del diverso assume più sfaccettature.


Con l’avvento del colonialismo l’Inghilterra ha assistito ad alcuni mutamenti dovuti dalla scoperta
del nuovo e del diverso. Molti scrittori hanno, appunto, scritto di viaggi e narrato delle genti
autoctone dei vari luoghi esplorati.
Per quanto riguarda i luoghi, sono visti in un’ottica mitica, quasi di fuga dalla realtà inglese fatta di
macchine ed industrializzazione, povertà diffusa e, spesso, malessere. Sono luoghi esotici dove, una
volta trasferiti, vi si può trovare fortuna, sia materiale che emozionale, essendo luoghi mistici con
culture ed usanze diverse che generalmente offrono la possibilità di comprare appezzamenti terrieri
ad un costo non elevato. Ciò è osservabile nella famiglia di Bertha, la cui madre è definita Creola
(“Her mother, the Creole […]” pp.337), termine che generalmente indica una persona europea
nativa delle indie dell’ovest o semplicemente qualcuno mulatto nato da un matrimonio tra etnie
miste.
Ma nonostante l’amore verso le terre d’oltreoceano, nonostante la mistificazione di questi luoghi,
tutte le genti non-britanniche sono viste sotto una luce sminuente. Ad esempio, in “Dracula” di
Braham Stoker il personaggio del conte è stato analizzato dalla critica e associato alla popolazione
ebraica che nel periodo vittoriano si sposta in Inghilterra ed è spesso vittima di razzismo ed accuse
infondate, come quella dell’uso del sangue di bambino nell’impasto di un pane speciale; la
popolazione irlandese è vista come portatrice di malattie e criminalità; la tratta degli schiavi è
ancora in voga e, nonostante le scoperte di Darwin sull’origine dell’uomo e la sua uguaglianza, non
in pochi pensano che l’uomo nativo africano sia stupido e da associare alla scimmia nei modi e
nell’intelletto.
La famiglia Mason è molto ricca, possiede abbondanti terreni e un capitale importante, tanto da
lasciare a Rochester circa trentamila sterline. Ciò indica la probabile discendenza europea della
donna, intaccata però dall’etnia mista materna che ne determina il suo tipico comportamento dovuto
alla malattia.
Quindi anche in “Jane Eyre” la pazzia è associata alla pelle scura della donna delle Indie dell’ovest.
È infetta da una sorta di malattia congenita che la rende, col passare degli anni, sempre più lunatica
con sfumature di pazzia. Lo è anche sua madre, che ha lasciato in eredità questa follia ai suoi due
figli, dove si è già palesata, e probabilmente anche al terzo, Richard, che secondo Mr Rochester,
ben presto ne avvertirà i sintomi. È una malattia che attacca le menti deboli, come appunto erano
considerate le menti delle genti nere e che abbassa la persona al livello di una bestia qualunque.
Accostata ad una iena, viene descritta come un animale bramoso di carne, che striscia come un
serpente ma con un crine che più simile a quello di un leone piuttosto che un cavallo (“it grovelled,
seemingly on all fours; it snatched and growled like some strange wild animal […] and a quantity
of dark, grizzled hair, wild as a mane, hid its head and face” pp.338). L’unico fattore umanizzante è
forse l’abbigliamento (“but it was covered with clothing[…] pp.338), che non priva completamente
la donna e, di conseguenza, la sua etnia di dignità.
La figura scura di Bertha si contrappone alla luce ed al pallore di Jane, la prima priva di ogni virtù e
amore, la seconda invece così piena di passione da decidere di lasciare il suo amato piuttosto che
lasciarsi sopraffare da egli.

5 CONCLUSIONE
Ad ogni lettura, questo capolavoro della scrittrice Charlotte Brontë offre sempre spunti diversi di
riflessione. Lascia il lettore a chiedersi quanti altri alter-ego siano presenti nel romanzo, se Miss
Blanche Ingram sia uno di questi, rappresentando la donna che Jane sarebbe diventata se non fosse
stata orfana e cullata nell’amore. O ancora, se davvero l’associazione di Bertha alla pazzia e
all’aggressività sia da riscontrare nella sua etnia, definendo ad inizio del secondo capitolo anche la
Jane bambina, durante la sua cattura e conseguente reclusione nella stanza rossa, un “mad cat”
(pp.15).
Per quanto spaventosa, al fine del racconto, la presenza di Bertha è fondamentale e dovrebbe
insegnare alle donne a non arrendersi e combattere contro la supremazia patriarcale che purtroppo
ad oggi è ancora presente nella società.

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