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LINEE GUIDA

RELATIVE AL QUADRO NORMATIVO


DELINEATO DALLA STAGIONE DI RIFORME
DEL
SISTEMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE
NELL’AMBITO DI ANALOGA
TRASFORMAZIONE DELLE COMPETENZE E
DELL’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO E
DELLE AUTONOMIE LOCALI

SONO SINTETICAMENTE ANALIZZATE LE NORME A


DECORRERE DALL’ANNO 2003
SINO AL MESE DI SETTEMBRE 2014

Roma, Ottobre 2014 A cura di: Prof. Paola Puntieri

ISMEDA Group di LOMAGLIO FRANCO Via Vitaliano Brancati, 65 - 00144 Roma


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Gli aspetti normativi relativi al sistema scolastico che verranno presi in
considerazione in queste Linee guida, a partire dalla Legge 53/2003 “Delega al
Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”
si inquadrano in un modello di Stato che, già oggetto di precedenti profonde
trasformazioni indotte da leggi come la Legge 59/97, e la relativa legislazione
delegata, DL.vo 112/98, assunte però a “Costituzione invariata”, acquisisce
caratteristiche “federaliste”, determinate dalla riforma del Titolo V della
Costituzione, che nell’art.114 (modificato dalla Legge costituzionale 3/2001),
stabilendo che “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.”, assegna allo Stato il ruolo di
articolazione della Repubblica allo stesso livello degli altri soggetti territoriali.
Per quanto riguarda il settore dell’istruzione, l’art.117 della Costituzione (anche
esso modificato dalla Legge costituzionale 3/2001), togliendo allo Stato la
esclusiva titolarità del servizio scolastico, assegna ad esso una funzione di
indirizzo e di garanzia esercitata attraverso la legislazione esclusiva sulle
“norme generali sull’istruzione” e la “determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto
il territorio nazionale”. Lo stesso articolo 117 introduce il principio di
“legislazione concorrente”, di profonda discontinuità istituzionale, attribuendo,
tra l’altro, alle Regioni il potere di regolamentare l’attuazione delle norme
generali sull’istruzione e la esclusiva competenza in merito all’istruzione e alla
formazione professionale. In questo contesto, il sistema di istruzione si
trasforma in sistema integrato, sia nei soggetti promotori sia nelle finalità, con il
vincolo del rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, (introdotta
dall’art.21 della legge 59/97 e regolamentata dal DPR 275/99, al quale ha fatto
seguito il DI 44/2001 relativo alla gestione amministrativo contabile) che, in tal
modo, seppur introdotta da norme di decentramento amministrativo, assume
valore tutelato a livello costituzionale.
In questo quadro, è opportuno ricordare tre importanti pilastri che riguardano le
attività dello Stato, delle autonomie e la relativa organizzazione: il DL.vo 281/97
che fissa le attribuzioni della Conferenza Stato-Regioni, la Legge 400/98 e il
DL.vo 300/99 che definisce la riforma dell’organizzazione del Governo.
La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano opera nell’ambito della comunità nazionale per
favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e quella delle Regioni e le
Province Autonome, costituendo la "sede privilegiata" della negoziazione
politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie.
La conferenza Stato-Regioni:
 rappresenta, nella fase iniziale del processo di attuazione della riforma
del titolo V della Costituzione, la sede di incontro tra le diverse posizioni
dei soggetti istituzionali;
 è la sede dove il Governo acquisisce l’avviso delle Regioni sui più
importanti atti amministrativi e normativi di interesse regionale;

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 persegue l’obiettivo di realizzare la leale collaborazione tra
Amministrazioni centrale e regionali e consente alle Regioni di
partecipare alle scelte del Governo, nelle materie di comune interesse;
 si riunisce in una apposita sessione comunitaria per la trattazione di tutti
gli aspetti della politica comunitaria che sono anche di interesse
regionale e provinciale.
La legge 400/98 indica dettagliatamente le attribuzioni del Consiglio dei Ministri.
Il Governo può esercitare la funzione legislativa in due ipotesi previste e
disciplinate in modo tassativo dalla Costituzione quando:
1. il Parlamento stesso conferisce al Governo - con un'apposita legge di
delega, secondo principi e criteri predeterminati e per un tempo definito -
il compito di provvedere ad emanare decreti legislativi aventi forza di
legge;
2. può adottare, autonomamente e sotto la sua responsabilità, decreti-legge
per fronteggiare situazioni impreviste e che richiedono un intervento
legislativo immediato. In questo caso, il Parlamento si riserva, nei
sessanta giorni successivi, di convertire in legge, anche con modifiche, il
decreto. In caso contrario, il decreto legge decade.
Al Governo è attribuita, in via ordinaria, la potestà di emanare regolamenti, che
costituiscono una fonte secondaria di produzione giuridica. Con essi il Governo
può dare attuazione ed integrare le disposizioni legislative, può disciplinare
l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e può regolare materie che la
Costituzione non riserva in via esclusiva alla legge.
Manifestazione tipica dei poteri di indirizzo e coordinamento si rinviene nelle
"direttive" che il Presidente può sottoporre all'attenzione del Consiglio dei
Ministri per indirizzare l'attività amministrativa verso obiettivi coerenti con
l'azione di Governo. In tali casi le amministrazioni destinatarie risultano
vincolate non tanto nei singoli adempimenti, bensì nello scopo prefigurato in tali
atti.

Le profonde trasformazioni, sommariamente richiamate, hanno inciso ed


incideranno sulle scuole, sulla loro organizzazione, sulle figure professionali, a
partire dal dirigente scolastico, sulla visione d’insieme e sulle regole condivise
che devono essere coniugate con la libertà conseguente all’autonomia
scolastica affinché il servizio scolastico rappresenti una risposta flessibile e non
rigidamente precostituita all’incessante mutare delle esigenze formative. Anche
il processo di insegnamento apprendimento non può più essere un compito
solitario e predefinito ma deve assumere la caratteristica di progetto, frutto della
sinergia di molti apporti, aperto alle reti di scuole e alle altre agenzie
istituzionali.

La Legge 53/2003 assume la forma della legge delega, ovvero il Governo viene
delegato dal Parlamento ad adottare, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della

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legge, una serie di decreti legislativi atti a definire le modalità di attuazione della
riforma sulla base dei principi e dei criteri indicati dai diversi articoli della legge,
così come previsto dall’art. 76 della Costituzione. I decreti legislativi sono
adottati, su proposta del Ministro dell’istruzione, sentita la Conferenza unificata
Stato-Regioni di cui all’articolo 8 del DL.vo 281/97 e previo parere delle
competenti Commissioni di Camera e Senato. I singoli articoli della legge
definiscono le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazione del sistema
di istruzione e formazione professionale e più precisamente:

- nell’art.1 si individuano le finalità generali della riforma rappresentate, nel


rispetto dell’autonomia scolastica e delle competenze istituzionali di regioni,
province e comuni, dalla riforma degli ordinamenti, dall’istituzione del Servizio
nazionale di valutazione del sistema scolastico, dallo sviluppo delle tecnologie
multimediali e dell’alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, dallo sviluppo
dell’attività motoria, dalla valorizzazione professionale del personale docente ed
ATA, dalle iniziative di formazione iniziale e continua del personale, dagli
interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la
realizzazione del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, dagli interventi
per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione
degli adulti, dagli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica;

- nell’art.2 si individuano i caratteri del sistema educativo di istruzione e


formazione, in osservanza dei principi sanciti dalla Costituzione, in particolare
dell’obbligo scolastico che viene ridefinito in termini di diritto-dovere
all’istruzione e alla formazione in considerazione anche dell’obbligo formativo
introdotto dall’articolo 68 della Legge 144/99, e con la finalità di promuovere
l’apprendimento per tutto l’arco della vita e pari opportunità di “sviluppare
capacità e competenze, attraverso conoscenze ed abilità, generali e specifiche,
coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita
sociale e nel mondo del lavoro …”. Si afferma altresì che il diritto all’istruzione e
alla formazione per almeno dodici anni o comunque sino al conseguimento di
una qualifica professionale entro il diciottesimo anno di età si realizza nel
sistema di istruzione ed in quello di istruzione e formazione professionale,
secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale, a norma
dell’articolo 117 della Costituzione, garantendo l’integrazione delle persone in
situazione di handicap, a norma della Legge 104/92.

Il sistema educativo di istruzione e formazione si articola in scuola dell’infanzia,


in un primo ciclo comprendente la scuola primaria e la scuola secondaria di
primo grado, ed in un secondo ciclo comprendente il sistema dei licei ed il
sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Le indicazioni presenti
nell’art. 2 non si riferiscono solo all’architettura di sistema ma anche alla finalità
di ciascun grado formativo ed ai processi necessari per raggiungerla.
In particolare, per il secondo ciclo, si individua quale percorso da attivare per
corrispondere all’obiettivo della “crescita educativa, culturale e professionale dei
giovani” e dello sviluppo dell’autonomia di giudizio e della responsabilità
personale e sociale quello che passa attraverso “il sapere, il fare e l’agire, e la
riflessione critica su di essi”. Nel secondo ciclo si realizza la separazione del
sistema dei licei da quello dell’istruzione e della formazione professionale ed il

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rinvio al sistema dei licei di settori dell’istruzione tecnica che assumono
denominazione liceale (liceo economico e liceo tecnologico).

Per quanto riguarda sempre il secondo ciclo, dal compimento del quindicesimo
anno di età, i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola
-lavoro o attraverso l’apprendistato ed è assicurata ed assistita la possibilità di
passare dal sistema dei licei a quello dell’istruzione e formazione professionale
e viceversa ed all’interno dello stesso sistema dei licei, attraverso l’acquisizione
di crediti certificati.

Sia il primo ciclo che il secondo si articolano didatticamente in periodi


corrispondenti a diverse fasi del percorso didattico, la scuola primaria in un
primo anno ed in due successivi periodi didattici biennali, la scuola secondaria
di primo grado in un biennio ed in terzo anno, il secondo ciclo in due bienni ed
in un quinto anno. I piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia
scolastica, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale,
ed una quota riservata alle regioni relativa agli aspetti di interesse locale.

- nell’art.3 si tratta della valutazione. La valutazione periodica ed annuale degli


apprendimenti e del comportamento degli studenti e la certificazione delle
competenze da essi acquisite sono affidate ai docenti, mentre all’Istituto
nazionale per la valutazione del sistema di istruzione ( di cui si preannuncia la
rideterminazione delle funzioni e della struttura) è affidato il compito di
effettuare verifiche periodiche e sistemiche sulle conoscenze ed abilità degli
studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni
scolastiche e formative. Anche gli esami di Stato conclusivi sia del primo che
del secondo ciclo di istruzione sono finalizzati a valutare le competenze
acquisite dagli alunni sulla base di prove organizzate dalle commissioni
d’esame e di prove predisposte dall’INVALSI, sulla base degli obiettivi specifici
di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento
dell’ultimo anno.

- nell’art.4 si definisce l’alternanza scuola lavoro, come possibilità offerta agli


studenti che abbiano compiuto il quindicesimo anno di età di realizzare i corsi
del secondo ciclo in tale modalità, progettata, attuata e valutata dall’istituzione
scolastica e formativa in collaborazione con le imprese od enti pubblici e privati
al fine di far acquisire ai giovani, oltre alle conoscenze di base, competenze
spendibili nel mercato del lavoro.

- nell’art.5 si dettano le indicazioni generali per la formazione iniziale degli


insegnanti di tutti i cicli di istruzione, che si realizzerà attraverso corsi di laurea
specialistica da svolgersi presso le Università.

La legge 53/2003 abroga la Legge 30/2000 di Riforma dei cicli e la Legge 9/99
relativa all’obbligo scolastico.

Come detto in premessa, la legge, che rappresenta una articolata e complessa


riforma del sistema di istruzione e formazione, viene seguita da un lato da una
serie di decreti legislativi che regolamentano diversi aspetti affrontati nel testo e

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dall’altro viene a sua volta riformata in alcune parti da provvedimenti successivi
prima ancora di essere totalmente in vigore.

Il DL.vo 59/2004, in applicazione dell’art.2 della Legge 53/2003, regolamenta


l’ordinamento del primo ciclo di istruzione e fornisce, negli allegati, le Indicazioni
nazionali per i piani di studio della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e
della scuola secondaria di primo grado ed il Profilo dello studente alla fine del
primo ciclo di istruzione. E’ da rilevare l’importante passaggio, dovuto alla
Legge 53 ed al DL.vo attuativo 59, dalla prescrittività dei programmi ministeriali
alla consapevole e partecipata adozione delle Indicazioni nazionali, i cui
caratteri di inderogabilità attengono soltanto al rispetto degli obiettivi di
apprendimento. In tal senso, la riforma 53/2003 contribuisce al riconoscimento
sostanziale dell’autonomia scolastica in quanto rimette alle capacità
organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche il raggiungimento degli
obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di
apprendimento attraverso la personalizzazione dei piani di studio. Il primo ciclo
ha la durata di otto anni, ha carattere unitario, ferma restando la specificità dei
due segmenti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, e
costituisce la prima fase nella quale si realizza il diritto dovere all’istruzione e
alla formazione. L’orario annuale delle lezioni è composto da un monte ore
obbligatorio e da un monte ore facoltativo per le famiglie degli alunni. Il
passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado avviene a
seguito di valutazione positiva effettuata dai docenti al termine del secondo
periodo didattico biennale; il primo ciclo si conclude con l’esame di Stato il cui
superamento costituisce titolo di accesso al sistema dei licei ed al sistema
dell’istruzione e della formazione professionale.

Il DL.vo 76/2005 regolamenta il diritto dovere all’istruzione e alla formazione, ai


sensi dell’art.2 della Legge 53/2003, tale diritto si realizza nelle istituzioni
scolastiche del primo e secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione,
anche attraverso l’apprendistato di cui all’art.48 della Legge 276/2003 e nelle
scuole riconosciute paritarie ai sensi della Legge 62/2000. Il decreto legislativo
prevede che siano adottate linee guida, da parte del ministro dell’istruzione di
concerto con il ministro del lavoro previa intesa con la Conferenza unificata
Stato regioni, per la realizzazione di piani di intervento per l’orientamento, la
prevenzione ed il recupero degli abbandoni scolastici.

Il DL.vo 77/2005 regolamenta l’alternanza scuola lavoro ai sensi dell’art. 4 della


Legge 53/2003, le cui finalità sono quelle di offrire, nell’ambito del sistema dei
licei e del sistema dell’istruzione e formazione professionale,1) modalità di
apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo
rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino
sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica, 2)
arricchimento della formazione acquisita nei percorsi scolastici con
l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, 3) orientamento
dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali e gli interessi e stili di
apprendimento, 4) realizzazione di un organico collegamento tra istituzioni
scolastiche e formative con il mondo del lavoro e della società civile, che
consenta la partecipazione condivisa ai processi formativi. I percorsi in

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alternanza hanno struttura flessibile e si articolano in periodi di formazione in
aula e periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro, che le istituzioni
scolastiche e formative progettano ed attuano sulla base di convenzioni con
partner del mondo del lavoro; i periodi di apprendimento mediante esperienze di
lavoro fanno parte integrante dei percorsi formativi personalizzati volti alla
realizzazione del profilo e degli obiettivi specifici di apprendimento stabiliti a
livello nazionale. I percorsi in alternanza sono oggetto di verifica e valutazione
da parte dell’istituzione scolastica o formativa, che certifica le competenze
acquisite dai soggetti in alternanza, costituenti crediti da spendere sia per la
prosecuzione del percorso scolastico sia per un eventuale passaggio tra sistemi
compresa la transizione nell’apprendistato.

Il DL.vo 226/2005 detta le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni


del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione a norma
dell’art.2 della Legge 53/2003, che, come detto, è costituito dal sistema dei licei
e dal sistema dell’istruzione e formazione professionale.

Gli alunni possono passare da un sistema all’altro e all’interno del sistema dei
licei da un indirizzo di studi all’altro sostenuti da opportune iniziative didattiche
messe in campo dalle scuole e dalle istituzioni formative, attraverso il
riconoscimento di crediti acquisiti nei diversi percorsi, le modalità di valutazione
dei quali si preannuncia che saranno definite con successive norme
regolamentari.

Tutti i titoli e le qualifiche a carattere professionalizzante sono di competenza


delle regioni e vengono rilasciati esclusivamente dalle istituzioni scolastiche e
formative del sistema di istruzione e formazione professionale, essi hanno
valore nazionale in quanto corrispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni
che devono essere garantiti dalle Regioni nell’esercizio della loro competenza
legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale.

Il sistema dei licei comprende il liceo artistico, il liceo classico, il liceo linguistico,
il liceo musicale e coreutico, il liceo scientifico, il liceo delle scienze umane, il
liceo economico ed il liceo tecnologico. I licei artistico, economico e tecnologico
si articolano in indirizzi corrispondenti a diversi bisogni formativi.

Per quanto riguarda i percorsi di istruzione formazione professionale, il decreto


legislativo in esame definisce i livelli essenziali delle prestazioni in termini di
requisiti per l’accreditamento delle istituzioni che realizzano i percorsi stessi,
requisiti che riguardano i livelli essenziali dell’offerta formativa, dell’orario
minimo annuale, dei docenti, della valutazione della certificazione delle
competenze, delle strutture e dei relativi servizi. Il decreto prevede l’attivazione
delle prime classi del nuovo ordinamento sia del sistema dei licei sia del
sistema dell’istruzione formazione professionale a partire dall’anno scolastico
2008/2009, nel rispetto delle competenze delle Regioni in merito all’offerta
formativa complessiva territoriale, come stabilito dal DL.vo 112/98, art.138.

Gli allegati al decreto legislativo 226/2005 contengono l’indicazione del profilo


educativo, culturale professionale dello studente a conclusione del secondo

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ciclo del sistema di istruzione e di istruzione e formazione professionale che
viene articolato, per entrambi i sistemi, in termini di competenze attinenti
caratteristiche personali, sociali e culturali del soggetto.
Successivamente il profilo viene disarticolato e diversamente descritto per il
sistema dei licei e al suo interno per ciascun indirizzo di studi e vengono
declinate le Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati e gli obiettivi
specifici di apprendimento che rappresentano i livelli essenziali di prestazione,
secondo un modello pedagogico che informa tutta la legge 53/2003 e che si
riferisce ai diversi gradi scolastici. Il percorso nel sistema dei licei si conclude
con gli esami di Stato il cui superamento costituisce titolo necessario per
l’accesso all’Università, mentre per il sistema dell’istruzione e formazione
professionale i titoli e le qualifiche conseguiti al termine di percorsi di durata
almeno quadriennale consentono di sostenere l’esame di Stato, previa
frequenza di un apposito corso annuale.

Con DM 86/2004 e OM 87/2004 viene regolamentato il passaggio dal sistema


della formazione a quello dell’istruzione, con la certificazione e il riconoscimento
di crediti per il proseguimento degli studi nel settore dell’istruzione.

Con DL.vo 286/2004 viene istituito il servizio nazionale di valutazione del


sistema educativo di istruzione e formazione nonché riordinato l’omonimo
istituto, ai sensi dell’art. 3 della Legge 53/2003.

Come anticipato, alcune parti della Legge 53/2003 subiscono modifiche, in


seguito all’avvicendarsi di diverse maggioranze politiche, in particolare subisce
profonde trasformazioni il DL.vo 226/2005 relativo al II ciclo di istruzione prima
ancora di entrare in vigore. Infatti l’art.13 del Decreto legge 7 del 31/01/2007
modifica radicalmente, per quanto riguarda il II ciclo, l’impianto della legge,
superando la separazione del sistema di istruzione da quello di istruzione e
formazione professionale, con l’inclusione degli istituti tecnici e professionali,
unitamente ai licei, nel sistema dell’istruzione e con la finalità, per tutti, del
conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore. Ne deriva che
vengono soppressi i licei economico e tecnologico, previsti all’art.2, comma 6,
del DL.vo 226/2005 ed il Decreto legge prevede il riordino ed il potenziamento
degli istituti tecnici e degli istituti professionali, attraverso Regolamenti adottati
con decreto dal ministro dell’istruzione, previo parere delle competenti
Commissioni parlamentari. Tali Regolamenti devono prevedere la riduzione
degli indirizzi ed il loro ammodernamento, nell’ambito di ampi settori tecnico
professionali, articolati in un’area di istruzione generale, comune a tutti i
percorsi, ed in aree di indirizzo, unitamente alla previsione di un monte ore
annuale delle lezioni sostenibile per gli alunni. Il Decreto legge in questione
proroga ulteriormente all’anno scolastico 2009/2010 l’entrata in vigore della
riforma per il secondo ciclo di istruzione, già oggetto di precedente proroga
rispetto all’originale data dell’anno scolastico 2005/2006.

Con successivo Decreto ministeriale, decreto 41 del 25/05/2007, in attesa del


riordino dell’istruzione professionale, l’orario del curricolo, a partire dalle prime
classi dell’anno scolastico 2007/2008, è ridotto a 36 ore settimanali. Con
Decreto ministeriale 47 del 13/06/2006, la quota oraria di autonomia viene

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innalzata dal 15% al 20% del monte ore annuale delle discipline ed attività
obbligatorie anche dei curricoli relativi agli ordinamenti non ancora riformati,
sebbene questo innalzamento venga inizialmente introdotto con analogo
decreto ministeriale in riferimento ai curricoli definiti dalla riforma. Con Decreto
legge 147/2007, viene introdotta, all’art.4 –ter, la prova nazionale INVALSI
nell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione e vengono apportate
(art. 2) importanti modifiche al Testo Unico sull’istruzione, DL.vo 297/94, in
materia di sanzioni disciplinari del personale docente e dirigente della scuola.
La problematica dell’obbligo di istruzione, già oggetto di regolamentazione
tramite la Legge 9/99 abrogata dalla Legge 53/2003, che sostituiva al concetto
di obbligo quello di diritto dovere all’istruzione e alla formazione, viene
nuovamente riconsiderata, nel DM 139/2007 “Regolamento recente norme in
materia di adempimento dell’obbligo di istruzione, ai sensi dell’art. 1, comma
622, della Legge 296/2006 (finanziaria 2007). Nel DM 139, art.1, comma 2, si
afferma che l’obbligo di istruzione per almeno dieci anni, finalizzato al
conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una
qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di
età, assolve il diritto dovere di cui al DL.vo 76/2005. Il documento tecnico
allegato al decreto ministeriale contiene importanti indicazioni di tipo
metodologico didattico, gli assi culturali e la declinazione di essi in competenze
in uscita dal percorso di obbligo, al fine dell’acquisizione delle competenze
chiave di cittadinanza. Il MIUR adotta, con DM 9/2010, il modello di
certificazione dei saperi e delle competenze acquisite dagli studenti che hanno
assolto l’obbligo di istruzione, ai sensi dell’art.4, comma 3, del DM 139/2007.

Per quanto riguarda il primo ciclo di istruzione, in attuazione del DL.vo 59/2004,
viene promossa l’adozione, in via sperimentale, delle Nuove indicazioni
nazionali per il primo ciclo di istruzione, con DM del 31/07/2007. Il decreto
costituisce un importante documento tecnico nel quale, nel quadro di
considerazioni, potremo dire, di stampo europeo, si propone una
organizzazione del curricolo, per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria e
per la scuola secondaria di primo grado, finalizzato al raggiungimento di
traguardi per lo sviluppo di competenze che sono descritte per ciascun
segmento ed al suo interno per ciascun ambito e/o area e/o disciplina.

Successivamente, con DM n. 254 del 16/11/2012, vengono adottate le


definitive Indicazioni nazionali per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di
istruzione, derivanti dall’armonizzazione delle Indicazioni nazionali del 2004 e
del 2007. La CM del 26/08/2013 contiene le Misure di accompagnamento alle
nuove Indicazioni nazionali del primo ciclo costruite secondo il modello del
profilo delle competenze da acquisire al termine del ciclo, attraverso la
determinazione del curricolo del quale le Indicazioni nazionali costituiscono il
quadro di riferimento.
“Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del Piano dell’offerta formativa
con riferimento al profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione,
ai traguardi per lo sviluppo delle competenze, agli obiettivi di apprendimento
specifici per ogni disciplina.
A partire dal curricolo di istituto, i docenti individuano le esperienze di
apprendimento più efficaci, le scelte didattiche più significative, le strategie più

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idonee, con attenzione all’integrazione fra le discipline e alla loro possibile
aggregazione in aree, così come indicato dal Regolamento dell’autonomia
scolastica, che affida questo compito alle istituzioni scolastiche.”

La legge finanziaria 2007, Legge 296/2006, nell’art. 1, comma 631 e comma


632, rispettivamente, stabilisce la riorganizzazione del sistema di istruzione e
formazione tecnica superiore e la costituzione degli istituti tecnici superiori
(precedentemente disciplinati dagli articoli 68 e 69 della legge 144/99 e dai
Regolamenti DPR 275/2000 e DI 436/2000) e la riorganizzazione dei centri
territoriali permanenti per l’educazione degli adulti e dei corsi serali. Nel primo
caso, in applicazione della Legge 40/2004, art.13, viene emanato il DPCM del
25/01/2008 che detta le linee guida per detta riorganizzazione, nel secondo
caso è il DM 25/10/2007 a fissare il percorso di regolamentazione al fine di
riorganizzare i CTP, istituiti con OM 455 del 29/07/97, e i corsi serali.
Successivamente viene presentato lo Schema di regolamento di
riorganizzazione dell’istruzione degli adulti, ai sensi dell’art. 64, comma 4, della
Legge 133/2008.

L’art. 52 del DL 5/2012, convertito nella Legge 35/2012 affronta la tematica


dell’istruzione tecnica superiore e tecnico professionale in collegamento con la
costituzione dei poli tecnico professionali:
1. Con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, adottato di
concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il Ministro dello
Sviluppo Economico e con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, d'intesa con la
Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, sono adottate linee guida per conseguire i seguenti obiettivi, a sostegno dello
sviluppo delle filiere produttive del territorio e dell'occupazione dei giovani:
a) realizzare un'offerta coordinata, a livello territoriale, tra i percorsi degli istituti
tecnici, degli istituti professionali e di quelli di istruzione e formazione professionale
di competenza delle regioni;
b) favorire la costituzione dei poli tecnico-professionali di cui all'articolo 13 del
decreto-legge 31 gennaio 2007, n.7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2
aprile 2007, n. 40;
c) promuovere la realizzazione di percorsi in apprendistato, ai sensi dell'articolo 3 del
testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, anche per il
rientro in formazione dei giovani.
2. Con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto
con il Ministro dello Sviluppo Economico, con il Ministro del Lavoro e delle Politiche
Sociali e con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, adottato d'intesa con la
Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, sono definite linee guida per:
a) realizzare un'offerta coordinata di percorsi degli istituti tecnici superiori (ITS) in
ambito nazionale, in modo da valorizzare la collaborazione multiregionale e
facilitare l'integrazione delle risorse disponibili con la costituzione di non più di un
istituto tecnico superiore in ogni regione per la medesima area tecnologica e relativi
ambiti;
b) semplificare gli organi di indirizzo, gestione e partecipazione previsti dagli statuti
delle fondazioni ITS;
c) prevedere, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che le deliberazioni del
consiglio di indirizzo degli ITS possano essere adottate con voti di diverso peso
ponderale e con diversi quorum funzionali e strutturali).

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3. Le Amministrazioni provvedono all'attuazione del presente articolo con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In relazione all’avvio, dall’anno scolastico 2014/2015, dei Centri provinciali per


l’istruzione degli adulti, viene emanato il relativo regolamento con DPR
263/2012, mentre la CM n.36 del 10/04/2014 trasmette le Linee guida e la Nota
ministeriale 22/0472014 definisce i Quadri orario. Il settore dell’istruzione degli
adulti prevede percorsi di istruzione di primo livello e percorsi di
alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana realizzati dai CPIA
nonché percorsi di secondo livello realizzati dalle istituzioni scolastiche presso
le quali funzionano corsi di istruzione tecnica, professionale e artistica.

Con la legge 1/2007 vengono apportate modifiche, in materia di ammissione dei


candidati interni ed esterni agli esami di Stato conclusivi del II ciclo di istruzione,
alla Legge 425/97 e, nell’art. 2, si fissano le norme in relazione ai percorsi di
orientamento, di accesso all’istruzione post secondaria e di valorizzazione dei
risultati di eccellenza. In applicazione di quanto fissato dalla Legge 1/2007, il
DL.vo 21/2008 ed il DL.vo 22/2008 disciplinano, rispettivamente, la
realizzazione dei percorsi di orientamento finalizzati alla scelta dei corsi
universitari e la valorizzazione dei risultati scolastici ai fini dell’ammissione ai
corsi di laurea e la definizione dei percorsi di orientamento finalizzati alle
professioni ed al lavoro.
In relazione all’orientamento permanente, vengono trasmesse le Linee guida
nazionali, con Nota ministeriale del 19/02/2014. Dette Linee guida, nel ribadire
quanto già presente nelle previgenti Linee guida trasmesse con CM n.43 del
15/04/2009, considerano l’orientamento permanente non solo strumento
essenziale per la lotta alla dispersione scolastica e all’insuccesso formativo, ma
anche strumento necessario alla gestione della transizione tra scuola,
formazione e lavoro nel quadro più generale che l’orientamento assume nella
vita della persona in relazione alle sue scelte formative, lavorative sociali e
personali.
Le Linee guida fanno riferimento agli articoli 8 e 8bis della Legge 128/2013 che
prevedono un rafforzamento delle attività di orientamento nelle scuole
secondarie di primo e secondo grado, dell’alternanza scuola lavoro per gli
studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado e
dell’alternanza università-istituti tecnici-lavoro. Si ribadisce il ruolo della scuola
che è tenuta a redigere il Piano di orientamento da inserire nel POF e altresì si
evidenzia l’opportunità che si confrontino i modelli di certificazione delle
competenze acquisite ai sensi del DL.vo 13/2013.

In relazione al fenomeno della dispersione scolastica, il MIUR emana, con DM


87 del 07/02/2014 (in applicazione degli articoli 5, comma 4 bis e 7, della Legge
128/2013) un bando nazionale per l’attivazione di progetti presso le scuole
autonome volti alla prevenzione del fenomeno.
Mentre, in base all’art. 8 bis della medesima Legge 128/2013 i percorsi di
orientamento sono così definiti:
1. I percorsi di orientamento di cui all'articolo 8 del presente decreto e i piani di
intervento di cui all'articolo 2, comma 14, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76,

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convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, da adottare entro il 31
gennaio 2014, comprendono anche misure per:
“a) far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di
formazione in azienda, agli studenti della scuola secondaria superiore, con particolare
riferimento agli istituti tecnici e professionali, organizzati dai poli tecnico-professionali
di cui all'articolo 52 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, come modificato dall'articolo 14 del
presente decreto;
b) sostenere la diffusione dell'apprendistato di alta formazione nei percorsi degli istituti
tecnici superiori (ITS), anche attraverso misure di incentivazione finanziaria previste
dalla programmazione regionale nell'ambito degli ordinari stanziamenti destinati agli
ITS nel bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di quelli
destinati al sostegno all'apprendistato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto


con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale e con il Ministro dell'Economia e
delle Finanze, è avviato un programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di
formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di
secondo grado per il triennio 2014-2016. Il programma contempla la stipulazione di
contratti di apprendistato, con oneri a carico delle imprese interessate e senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il decreto definisce la tipologia delle
imprese che possono partecipare al programma, i loro requisiti, il contenuto delle
convenzioni che devono essere concluse tra le istituzioni scolastiche e le imprese, i
diritti degli studenti coinvolti, il numero minimo delle ore di didattica curriculare e i criteri
per il riconoscimento dei crediti formativi”.

Il decreto interministeriale preannunciato nell’art. 8 bis della Legge 128/2013


viene emanato il 05/06/2014, n. 28. Parte dal prossimo anno scolastico
2014/2015 la sperimentazione dell’apprendistato per gli studenti del quarto e
quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado. Obiettivo della
sperimentazione è consentire agli studenti italiani di inserirsi in un contesto
aziendale già prima della conclusione del loro percorso scolastico e del
diploma, alternando la frequenza scolastica con la formazione e il lavoro in
azienda.
“L’apprendistato a scuola consentirà ai nostri giovani di affrontare con le giuste
competenze e a testa alta un mercato del lavoro sempre più competitivo e alla
ricerca di profili specializzati”, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca Stefania Giannini. Il decreto interministeriale (Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca, Ministero del Lavoro, Ministero dell’Economia) che
definisce il programma sperimentale è stato firmato da tutti i ministri coinvolti.”
I Ministeri dell’Istruzione, del Lavoro e dell’Economia hanno trovato l’intesa sui
principi che apriranno le porte delle aziende agli studenti, singolarmente o
coinvolgendo l’intera classe. Prima di arrivare alla Convenzione con la singola
scuola, l’azienda interessata sottoscriverà un Protocollo d’intesa con il MIUR e il
MLPS (o gli uffici periferici dei Ministeri) e le Regioni interessate per specificare:
gli indirizzi di studio coinvolti, i criteri per individuare scuole e studenti, le
modalità per assicurare ai giovani l’eventuale rientro nei percorsi ordinari, il
numero minimo di ore da svolgere sul posto di lavoro, i criteri per il
monitoraggio e la valutare della sperimentazione. L’impresa dovrà, ovviamente,
dimostrare di avere le carte in regola per la formazione degli apprendisti anche
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minorenni, di rispettare le norme sulla sicurezza, di avere capacità
occupazionali coerenti con le norme sull’apprendistato. Ogni studente-
apprendista sarà accompagnato da un “piano formativo personalizzato”, che
esplicita il percorso di studio e di lavoro, e da un sistema tutoriale che vede
congiuntamente impegnati il tutor aziendale, designato dall’impresa, e il tutor
scolastico, individuato tra gli insegnanti del Consiglio di classe in possesso di
competenze adeguate. Per agevolare il loro compito sono previste specifiche
attività formative, anche congiunte, a carico dell’impresa. Notevoli gli spazi di
flessibilità a disposizione delle scuole: per l’interazione tra apprendimento in
aula ed esperienza di lavoro potranno utilizzare fino al 35% dell’orario annuale
delle lezioni. Per gli Istituti tecnici e professionali si tratta, ad esempio, di un
massimo di 369 ore su 1.056, ovvero di margini di autonomia nettamente
superiori rispetto a quelli di cui le istituzioni scolastiche dispongono solitamente
per organizzare la propria offerta formativa ‘libera’. È un segnale della rilevanza
che l’amministrazione scolastica attribuisce a questa sperimentazione. I periodi
di apprendistato (on the job) sono valutati e certificati e valgono come crediti ai
fini dell’ammissione all’Esame di Stato. Per la predisposizione della terza prova
scritta la Commissione d’Esame dovrà tener conto dello specifico percorso
sperimentale seguito dagli allievi e potrà avvalersi della presenza del tutor
aziendale come esperto, senza oneri per la finanza pubblica. A breve partiranno
le attività informative per le famiglie e gli studenti delle scuole aderenti al
programma sperimentale affinché possano partecipare con consapevolezza alle
selezioni. La firma del decreto si inserisce fra le attività che il MIUR sta
mettendo in campo per ampliare le competenze degli studenti.
La materia dell’apprendistato è stata regolamentata, dal 2011, dal Testo unico
sull’apprendistato, DL.vo 176/2011, modificato successivamente dalla legge di
riforma Fornero, Legge 92/2012, che ha potenziato il contratto di apprendistato.
Il “Testo unico” ha abrogato tutte le norme preesistenti e ha definito un nuovo
apprendistato, articolato in tre tipologie:
 apprendistato per la qualifica e il diploma professionale
 apprendistato professionalizzante o di mestiere
 apprendistato di alta formazione e ricerca
Il Testo unico ha affidato alle Regioni la competenza di stabilire come deve
svolgersi la formazione degli apprendisti, in modo coerente con le strategie
regionali e con il contesto economico e produttivo di ciascun territorio.
Il Pacchetto lavoro, Decreto Legge n. 76 del 28 giugno 2013, all’art. 2, ha
introdotto importanti novità attinenti l’Istituto dell’apprendistato
professionalizzante, introducendo alcune disposizioni derogatorie su quanto
stabilito dal Dlgs 167/2011:
“a) il piano formativo individuale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), è
obbligatorio esclusivamente in relazione alla formazione per l'acquisizione delle
competenze tecnico-professionali e specialistiche;

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b) la registrazione della formazione e della qualifica professionale a fini
contrattuali eventualmente acquisita è effettuata in un documento avente i
contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino;
c) in caso di imprese multi localizzate, la formazione avviene nel rispetto della
disciplina della regione ove l'impresa ha la propria sede legale”.
In relazione alla certificazione delle competenze e all’individuazione dei soggetti
certificatori, che si alternano nel corso dei diversi luoghi e situazioni nei quali si
realizza l’apprendimento permanente di qualsiasi soggetto, viene emanato il
DL.vo 13/2013 “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle
prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e
informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di
certificazione delle competenze, a norma dell’art4, commi 58 e 68, della Legge
92/2012 sulla riforma del mercato del lavoro”:
“La Repubblica, nell'ambito delle politiche pubbliche di istruzione, formazione, lavoro,
competitività, cittadinanza attiva e del welfare, promuove l'apprendimento permanente
quale diritto della persona e assicura a tutti pari opportunità di riconoscimento e
valorizzazione delle competenze comunque acquisite in accordo con le attitudini e le
scelte individuali e in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale.
Al fine di promuovere la crescita e la valorizzazione del patrimonio culturale e
professionale acquisito dalla persona nella sua storia di vita, di studio e di lavoro,
garantendone il riconoscimento, la trasparenza e la spendibilità, il decreto legislativo
definisce le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione
validazione degli apprendimenti non formali e informali e gli standard minimi di servizio
del sistema nazionale di certificazione delle competenze, riferiti agli ambiti di rispettiva
competenza dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, anche in funzione del riconoscimento in termini di crediti formativi in chiave
europea.”
1. Ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende
per:
a) «apprendimento permanente»: qualsiasi attività intrapresa dalla persona in modo
formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le
conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva di crescita personale,
civica,sociale e occupazionale;
b) «apprendimento formale»: apprendimento che si attua nel sistema di istruzione e
formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e
coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una
qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato, o di una
certificazione riconosciuta, nel rispetto della legislazione vigente in materia di
ordinamenti scolastici e universitari;
c) «apprendimento non formale»: apprendimento caratterizzato da una scelta
intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi indicati alla lettera
b), in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del
volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese;
d) «apprendimento informale»: apprendimento che, anche a prescindere da una
scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di
attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle à interazioni che in essa hanno
luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero;
e) «competenza»: comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o
nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di
abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale;

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f) «ente pubblico titolare»: amministrazione pubblica, centrale,regionale e delle
province autonome titolare, a norma di legge, della regolamentazione di servizi di
individuazione e validazione e certificazione delle competenze.
Nello specifico sono da intendersi enti pubblici titolari:
1) il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in materia di individuazione
e validazione e certificazione delle competenze riferite ai titoli di studio del sistema
scolastico e universitario;
2) le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in materia di individuazione e
validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni rilasciate
nell'ambito delle rispettive competenze;
3) il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in materia di individuazione e
validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni delle professioni
non organizzate in ordini o collegi, salvo quelle comunque afferenti alle autorità
competenti di cui al successivo punto 4;
4) il Ministero dello sviluppo economico e le altre autorità competenti ai sensi
dell'articolo 5 del Decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, in materia di
individuazione e validazione e certificazione di competenze riferite a qualificazioni
delle professioni regolamentate a norma del medesimo decreto;
g) «ente titolato»: soggetto, pubblico o privato, ivi comprese le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, autorizzato o accreditato dall'ente pubblico
titolare, ovvero deputato a norma di legge statale o regionale, ivi comprese le
istituzioni scolastiche, le università e le istituzioni dell'alta formazione artistica,
musicale e coreutica, a erogare in tutto o in parte servizi di individuazione e
validazione e certificazione delle competenze, in relazione agli ambiti di titolarità di
cui alla lettera f);
h) «organismo nazionale italiano di accreditamento»: organismo nazionale di
accreditamento designato dall'Italia in attuazione del regolamento (CE) n.
765/2008 del Parlamento europeo”.

Tornando alla Legge 1/2007, in essa si prevede altresì che sono ammessi
all’esame di Stato gli alunni che abbiano saldato i debiti formativi contratti nei
precedenti anni scolastici, con modalità definite con decreto del ministro
dell’istruzione. In merito vengono pertanto emessi il DM 80/2007 che disciplina
la questione del recupero dei debiti formativi e la OM 92/2007 applicativa del
decreto ministeriale. Attualmente sono ammessi agli esami di Stato gli studenti
che riportano valutazioni almeno sufficienti in tutte le discipline compreso il
comportamento, in base al DPR 122/2009, che raccoglie tutte le norme sulla
valutazione degli alunni e in riferimento, per quanto riguarda l’attribuzione della
lode e i nuovi punteggi del credito scolastico, al DM 99/2009. Per avere un
quadro puntuale di tutti gli adempimenti relativi agli esami di Stato del secondo
ciclo si può consultare la più recente ordinanza sugli esami di Stato OM 37 del
19/05/2014.

Per quanto riguarda l’integrazione degli alunni con disabilità, il fondamentale


testo normativo rappresentato dalla Legge 104/92 è integrato e supportato, nel
caso dell’integrazione scolastica, dal DPR 24/02/94 “Atto di indirizzo e
coordinamento relativo ai compiti delle Unità sanitarie locali in merito di alunni
portatori di handicap”, dalla Legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione
del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, dal DPCM 185/2006
“Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come
soggetto in situazione di handicap”, dall’Intesa DPCM del 20/03/2008 “Intesa
tra Governo, Regioni, Province e Comuni in merito alle modalità ed ai criteri per
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l’accoglienza scolastica e la presa in carico dell’alunno disabile”, dal DM
30/08/2006 “Osservatorio per l’integrazione persone disabili”.

Le linee guida sull’integrazione degli alunni con disabilità, formulate dal MIUR
con nota prot. 4274 del 04/08/2009, dopo l’emanazione della legge 18/2009 che
ratifica la convenzione ONU in materia di persone con disabilità, rappresentano,
nell’ambito di riflessioni di ampio respiro culturale, un vademecum per le scuole
in relazione agli adempimenti didattici, organizzativi e relazionali da eseguire
per l’integrazione dei disabili.
La legge 170/2011 riconosce i disturbi specifici di apprendimento e il DM 5669
del 12/07/2011 fornisce le Linee guida per le modalità di intervento per detti
disturbi. Successivamente la Direttiva ministeriale 27/12/2012 introduce nuovi
strumenti di intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali (BES) e per
l’organizzazione territoriale dell’inclusione scolastica (CM n.8 del 06/03/2013).
In seguito alla Direttiva ministeriale del 2012, in considerazione che un numero
sempre più ampio di alunni, continuativamente o per determinati periodi e per
una pluralità di motivi (fisici, biologici, fisiologici, psicologici, sociali) presenta
difficoltà di apprendimento, di sviluppo di abilità e competenze nonché disturbi
del comportamento, che possono portare ad abbandoni, ripetenze e pluri-
ripetenze, con un impatto notevole sul fenomeno della dispersione scolastica,
viene introdotto il concetto di Bisogni Educativi Speciali (BES), che si basa su
una visione globale della persona con riferimento al modello ICF della
classificazione internazionale del funzionamento, disabilità e salute
(International Classification of Functioning, disability and health) fondata sul
profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, come definito
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2002) .
Rientrano nella più ampia definizione di BES tre grandi sotto-categorie: quella
della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio
socioeconomico, linguistico, culturale.
Norme primarie di riferimento per tutte le iniziative che la scuola ha finora
intrapreso sono state la L. 104/1992, per la disabilità, la L. 170/2010 e
successive integrazioni, per gli alunni con DSA, e sul tema della
personalizzazione la L. 53/2003. Ora la nuova direttiva amplia l’area dei DSA a
differenti problematiche quali, ad esempio, i deficit del linguaggio, delle abilità
non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività,
nonché il funzionamento intellettivo al limite, e introduce il tema dello
svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
La Direttiva sposta definitivamente l’attenzione dalle procedure di certificazione
all’analisi dei bisogni di ciascuno studente ed estende in modo definitivo a tutti
gli studenti in difficoltà il diritto – e quindi il dovere per tutti i docenti – alla
personalizzazione dell’apprendimento, anche attraverso il diritto ad usufruire di
misure dispensative e strumenti compensativi, nella prospettiva di una presa in
carico complessiva ed inclusiva di tutti gli alunni.
L’attenzione ai DSA come l’attenzione e ai BES ha lo scopo di rimuovere
quanto ostacola i percorsi di apprendimento, e questo non genera un

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livellamento degli apprendimenti ma una modulazione degli stessi sulle
potenzialità di ciascuno, nell’ottica di una scuola più equa e più inclusiva.
Tali problematiche, certificate da uno o più specialisti, documentate dalla
famiglia o semplicemente rilevate dalla scuola, devono trovare risposte
adeguate e articolate, devono essere al centro dell’attenzione e dello sforzo
congiunto della scuola e della famiglia.
Ciò è possibile attraverso una osservazione e una lettura attenta dei segni di
disagio, un dialogo con la famiglia ma soprattutto offrendo idonee e
personalizzate risposte, nell’intento di favorire pienamente l’inclusione di tutti gli
alunni e il loro successo formativo.
Lo strumento privilegiato è rappresentato dal percorso individualizzato e
personalizzato, redatto in un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che ciascun
docente e tutti i docenti del consiglio di classe sono chiamati ad elaborare; si
tratta di uno strumento di lavoro con la funzione di definire, monitorare e
documentare le strategie di intervento più idonee.
Come esplicita ancora la Direttiva, il delicato e importante compito di presa in
carico dei BES riguarda tutta la comunità educante e richiede un
approfondimento e un accrescimento delle competenze specifiche di docenti e
dirigenti scolastici.
Un ruolo fondamentale in questa direzione è in primo luogo demandato ai
Centri Territoriali di Supporto, che rappresentano l’interfaccia fra
l’Amministrazione e le scuole e tra le scuole stesse in relazione ai BES e che
dovranno realizzare una rete di supporto al processo di integrazione, allo
sviluppo professionale dei docenti, alla formazione dei docenti verso le migliori
pratiche e alla diffusione delle stesse.
Nella definizione di una strategia globale è fondamentale il ruolo demandato
all’Ufficio Scolastico Regionale, cui spetta il compito di definire la governance
complessiva dei processi, fornire linee di intervento regionali e indicazioni
specifiche, attivare specifiche sperimentazioni sul territorio per rispondere in
maniera innovativa ai bisogni degli studenti con BES.
Con DPR del 04/10/2013, lo Stato italiano adotta il programma di azione
biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con
disabilità, predisposto dallo specifico osservatorio nazionale. Tale piano
coinvolge vari soggetti istituzionali e non per l’attivazione di progetti integrati tra
le diverse competenze.
Per quanto riguarda l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri,
nell’ambito del Regolamento DPR 394/99 di attuazione dell’art.1, comma 6, del
DL.vo 286/98, in materia di testo unico sull’immigrazione, la CM 24 del
01/03/2006 fornisce “Le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli
alunni stranieri”, prendendo in esame tutti gli aspetti didattici ed amministrativi
della questione.
Nel mese di Febbraio 2014 vengono emanate Nuove Linee guida nazionali per
l’integrazione l’accoglienza degli alunni stranieri, che riconsiderano le

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precedenti Linee guida sulla base delle esperienze già vissute e in
considerazione della complessità delle varie tipologie di alunni non italiani.

In materia di prevenzione e lotta al bullismo vengono emanate dal MIUR, con


Direttiva 16 del 05/02/2007, le Linee di indirizzo generali e le azioni a livello
nazionale, mentre, con Direttiva 30 del 15/03/2007, vengono fornite indicazioni
sull’utilizzo dei telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici.

Altro fondamentale aspetto che caratterizza una istituzione scolastica autonoma


riguarda la esplicitazione dei diritti e dei doveri degli studenti e le regole che
disciplinano la vita della comunità scolastica. I relativi Regolamenti interni
devono essere condivisi da detta comunità e devono essere resi noti a studenti
e famiglie. In questa ottica i comportamenti degli studenti oggetto di possibili
sanzioni sono chiaramente individuati, in quanto la finalità del provvedimento
assunto dalla scuola deve essere sempre di tipo educativo. Il DPR 249/98,
come modificato dal DPR 235/2007, costituisce il “ Regolamento recante lo
statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” e
rappresenta l’essenziale riferimento normativo per la definizione dei rapporti tra
studenti ed istituzione scolastica e tra famiglie ed istituzione scolastica,
attraverso il “patto educativo di corresponsabilità” (art. 5 bis).

Altro importante cambiamento nel sistema scolastico deriva dall’allargamento


anche alla scuole paritarie del concetto di servizio pubblico esercitato
inizialmente solo dalle scuole statali. Con la Legge 62/2000, le scuole paritarie,
dotate di requisiti fissati dallo Stato, entrano a far parte del sistema nazionale di
istruzione e sono pertanto abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore
legale. Con la successiva Legge 27/2006, tutte le scuole non statali vengono
ricondotte alle due uniche tipologie di scuole paritarie, che sono quelle aventi i
requisiti previsti dalla Legge 62/2000, e scuole non paritarie. I DM 263/2007,
DM 267/2007 ed il DPR 23/2008 disciplinano, rispettivamente, le modalità
procedimentali per l’inclusione delle scuole non paritarie nell’elenco regionale,
per il riconoscimento e permanenza della parità scolastica, per le convenzioni
con le scuole primarie paritarie.

Con Decreto legge 133/2008 “Disposizioni urgenti in materia di istruzione ed


università”, convertito nella Legge 169/2008, si anticipano profonde
trasformazioni del sistema scolastico che troveranno successivamente
collocazione in norme coerentemente articolate attorno ad un progetto
complessivo. Si introduce in via sperimentale l’insegnamento, per tutti i cicli di
istruzione, di “Cittadinanza e Costituzione”, nell’art.2 si stabilisce che la
valutazione in decimi del comportamento degli studenti, se inferiore a sei
decimi, determina la non ammissione all’anno successivo, nell’art. 3 si stabilisce
che “la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la
certificazione delle competenze da essi acquisite, anche nella scuola primaria
e secondaria di primo grado, è espressa in decimi” e che “sono ammessi alla
classe successiva ovvero all’esame di Stato, a conclusione del ciclo, gli studenti
che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o
gruppo di discipline”.

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Sarà la Legge n.222 del 23/11/2012 a definire le norme sulla acquisizione di
conoscenze e competenze in materia di Cittadinanza e Costituzione.

Nell’art. 4 si introduce l’insegnante unico nella scuola primaria, che ha affidata


una classe funzionante con 24 ore settimanali. In applicazione della Legge
169/2008, viene emanato il DPR 122/2009 “Regolamento recante
coordinamento norme vigenti per la valutazione degli alunni”.

Il DPR 122/2009 contiene sostanziali modifiche della disciplina in materia di


valutazione e certificazione delle competenze degli alunni, fermo restando
quanto fissato dallo Statuto degli studenti e dal DM 139/2007 per l’obbligo
scolastico. La valutazione degli apprendimenti e la certificazione delle
competenze, per tutti e due i cicli di istruzione, è espressa con voti in decimi, gli
alunni sono ammessi agli esami conclusivi sia del primo che del secondo ciclo
di istruzione se conseguono una valutazione non inferiore a sei decimi in ogni
disciplina e nel comportamento.

Per l’esame conclusivo del primo ciclo, l’esito degli esami dipende dalle prove
scritte, compresa la prova elaborata dall’INVALSI, mentre il voto finale è
costituito dalla media dei voti ottenuti nelle prove d’esame e nel giudizio di
idoneità formulato all’ammissione.

Nella Direttiva 16 del 25/01/2008, si affronta lo svolgimento della prova


nazionale INVALSI per l’esame conclusivo del primo ciclo, mentre nella
circolare ministeriale 49/2010 è ripresa tutta la procedura relativa alla
valutazione degli alunni ed agli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione, ai
sensi del DM 122/2009 e del DL.vo 297/94. Con CM n.48 del 31/05/2012,
documento di sintesi delle precedenti circolari ministeriali sul tema degli esami
conclusivi del primo ciclo, vengono emanate istruzioni aventi carattere
permanente.

Pur nell’ambito di importanti novità relative agli esami conclusivi dei due cicli, il
MIUR non ha ancora elaborato un modello nazionale di certificazione di
competenze da compilare e rilasciare al termine di detti esami, pertanto il
modello formulato per il fine obbligo, con DM 9/2010, rimane, attualmente,
l’unico.

Altri argomenti nodali per il sistema scolastico vengono affrontati in articoli di


leggi di stampo economico e poi regolamentati con specifici decreti
presidenziali. E’ il caso della Legge 133/2008, art.64, “Disposizioni urgenti per
la finanza pubblica”, in base alla quale viene emanato il Regolamento attuativo
DPR 81/2009 di riorganizzazione della rete scolastica, seguito dalla nuova
configurazione della stessa basata sulla generalizzazione degli istituti
comprensivi (Legge 111/2011, il Regolamento DPR 89/2009 “Revisione
dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e
del primo ciclo di istruzione” , i Regolamenti di riordino dei licei, degli istituti
tecnici, degli istituti professionali e lo schema di decreto presidenziale di riforma
dei centri di istruzione per gli adulti. Per quanto riguarda il DPR 89/2009 viene
confermata l’applicazione, per tre anni scolastici, a decorrere dal 2009/2010,

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delle Indicazioni nazionali di cui al DM 31/07/2007, si stabiliscono inoltre, per la
scuola primaria, tre modelli di tempo scuola, ed allo stesso modo si rivede il
tempo scuola della scuola secondaria di primo grado. Dopo l’emanazione delle
Indicazioni nazionali definitive del primo ciclo, DM 254 del 16/11/2012, già
commentate a pag. 8 del presente documento, l’art.5, comma 4-ter, della Legge
128/2013 introduce i primi elementi della lingua inglese nella scuola
dell’infanzia.

L’atto di indirizzo del 08/09/2009 fornisce le indicazioni rispetto alle quali le


scuole autonome devono organizzare il curricolo del primo ciclo di istruzione,
nel quadro del rinnovamento e delle sollecitazioni provenienti anche dalle
rilevazioni internazionali e dall’Europa.

Mentre sul fronte della revisione dell’intero sistema del secondo ciclo di
istruzione vengono, nel 2010, emanati, ai sensi dell’art.64 della Legge
133/2008, i regolamenti di riordino dei licei, DPR 89 del 25/03/2010, degli istituti
tecnici, DPR 88 del 25/03/2010, e degli istituti professionali, DPR 87 del
25/03/2010, con le relative Indicazioni nazionali per il licei, DM 211 del
07/10/2010, e le linee guida per il biennio degli istituti tecnici, Direttiva 57 del
15/07/2010, e professionali, Direttiva 65 del 28/07/2010, sul fronte
dell’organizzazione dello Stato e delle sue articolazioni viene emanato il DPR
17/2009 che introduce modifiche nell’assetto organizzativo e delle competenze
degli Uffici del MIUR, già precedentemente regolamentato con DPR 260/2007 e
ancora prima con DPR 347/2000, in applicazione del DL.vo 300/99 di riforma
dell’organizzazione del Governo.
Successivamente vengono emanate le Linee guida per il secondo biennio e
l’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali, mentre sul fronte
dell’organizzazione dello Stato, il più recente regolamento di riorganizzazione
del MIUR viene riportato nel DPCM 98/2014. In esso si disegna nuovamente
l’assetto organizzativo del MIUR e si stabilisce che le competenze del corpo
ispettivo saranno oggetto di apposita direttiva del Ministro. Il provvedimento,
adottato dal Governo Letta e che risponde alla linea governativa generale
dell’alleggerimento delle strutture burocratiche e della riduzione degli uffici
dirigenziali, dispone in particolare:
 la ridefinizione delle denominazioni, delle competenze e della struttura
dei tre dipartimenti in cui si continua ad articolare il MIUR.
 La riduzione degli uffici di livello dirigenziale generale e degli uffici
dirigenziali non generali in cui si articola ciascuna direzione generale. In
particolare le direzioni generali sono ridotte, complessivamente, da 12 a
9 e gli uffici dirigenziali non generali da 93 a 63.
 L’assegnazione soltanto a 14 Uffici regionali su 18 del livello dirigenziale
generale (sono escluse la Basilicata, il Friuli-Venezia Giulia, il Molise e
l’Umbria), e la riduzione degli uffici dirigenziali non generali e delle
posizioni dirigenziali non generali in cui si articola ciascun Ufficio.

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In merito ai Regolamenti di riordino del secondo ciclo, l’impianto del sistema di
istruzione che ne emerge è quello di una offerta formativa che, seppur articolata
su un insieme di ambiti completo rispetto alle esigenze del lavoro, delle
professioni e delle esigenze civili, sociali e culturali italiane ed europee, si fonda
sulla drastica riduzione del ventaglio di indirizzi e sperimentazioni che avevano
raggiunto livelli patologici e non controllabili ancorché dispersivi.

Tutta l’istruzione e la formazione liceale, tecnica e professionale, compone il


sistema nazionale dell’offerta formativa. I licei, nel numero di sette (liceo
artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, scienze umane, il
liceo sportivo regolamentato dal DPR 52 del 15/03/2013), con le opzioni delle
scienze applicate per il liceo scientifico ed economico sociale per il liceo delle
scienze umane e gli indirizzi di articolazione del liceo artistico, si sviluppano in
due periodi biennali ed in un quinto anno, realizzano il profilo educativo,
culturale e professionale (PECUP) dello studente a conclusione del secondo
ciclo di istruzione, declinato nell’allegato al regolamento, con riferimento ai piani
di studio definiti per ogni indirizzo ed agli obiettivi specifici di apprendimento.

Per quanto riguarda il primo biennio, sia per il licei che per gli istituti tecnici e gli
istituti professionali, si richiamano le norme riferite all’obbligo di istruzione da
assolversi con le modalità previste dal DM 139/2007.

Le Indicazioni nazionali per il licei, secondo il principio del superamento del


programma ministeriale già proprio del primo ciclo di istruzione, forniscono i
nuclei fondanti disciplinari sui quali si basa la costruzione del curricolo al fine
dell’acquisizione, da parte degli studenti, delle competenze declinate per ogni
indirizzo di studi nell’ambito del profilo generale culturale, educativo e
professionale.

Gli istituti tecnici e gli istituti professionali sono strutturati in una area di
istruzione generale comune a tutti i percorsi ed in aree di indirizzo; i percorsi
dell’istruzione tecnica sono accorpati all’interno di due settori, quello economico
e quello tecnologico, i percorsi dell’istruzione professionale all’interno dei settori
dei servizi e dell’industria ed artigianato.

I settori si articolano a loro volta in indirizzi. La struttura dei percorsi è, come nel
caso dei licei, articolato in due bienni ed i un quinto anno, essi sono
caratterizzati, rispetto ai licei, da una forte flessibilità che si può realizzare a
partire dal secondo biennio, la cui quota si aggiunge a quella del 20% prevista
per l’autonomia scolastica e alla quale possono accedere anche i licei.
Tale quota di flessibilità variabile dal 30% al 40%, secondo il periodo
considerato e l’istruzione tecnica o professionale, ha la funzione di curvare il
curricolo in sintonia con le esigenze del territorio ed i bisogni espressi dal
mondo del lavoro, nell’ambito delle competenze in merito delle regioni. In base
ad una norma introdotta successivamente, art.5, comma 1, della Legge 128 del
08/11/2013, vien inserita nei curricola degli istituti tecnici e degli istituti
professionali un’ora di insegnamento di “geografia generale ed economica”, in
una delle due classi del primo biennio, laddove lo stesso non sia già previsto.

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L’impianto metodologico didattico degli istituti tecnici e degli istituti professionali,
come quello dei licei, è fondato sul profilo educativo, culturale e professionale e
sui profili in uscita per ciascun indirizzo. Anche questo settore dell’istruzione si
conclude con il diploma di istruzione secondaria di secondo grado al termine di
un percorso curricolare costruito in termini di competenze da acquisire in uscita.

Le Linee guida che accompagnano il passaggio dal vecchio al nuovo


ordinamento sono un documento tecnico di supporto alle scuole nell’affrontare i
diversi aspetti della riforma dei settori tecnico e professionale. In tutti i casi
dell’istruzione liceale, tecnica e professionale, i regolamenti prevedono non solo
innovazioni didattiche ma anche innovazioni organizzative di supporto alle
prime, come i Dipartimenti ed il Comitato tecnico scientifico e, ove previsto,
l’Ufficio tecnico che sono già, in molte situazioni, realtà sperimentate da tempo.
Un ulteriore aspetto innovativo dei nuovi ordinamenti è rappresentato
dall’introduzione dell’insegnamento di discipline non linguistiche in lingua
straniera nel quinto anno dei licei e degli istituti tecnici ( nei licei linguistici
l’innovazione riguarda il terzo, quarto e quinto anno) secondo la metodologia
CLIL. L’acronimo CLIL (content and language integrated learning) fa riferimento
all’apprendimento di una disciplina in lingua straniera. Il termine CLIL è stato
utilizzato come una sorta di termine ombrello (“a generic term”), un termine,
cioè, riferibile ad una grande varietà di modelli di insegnamento /
apprendimento della lingua in cui lingua e contenuto disciplinare si trovano ad
essere integrati. Il modello cui ci si riferisce pone al centro del CLIL
l’integrazione tra la lingua e il contenuto in un approccio duale (“dual focussed”)
che comprende apprendimento della lingua e del contenuto
contemporaneamente (“simultaneous”): si impara una lingua mentre si impara
un contenuto.
Con nota del 25/07/2014, prot.4969, il MIUR detta le norme transitorie per
l’avvio in ordinamento del suddetto insegnamento a partire dall’anno scolastico
2014/2015. In particolare per i Licei la disciplina non linguistica deve essere
compresa nell’area delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli
studenti o nell’area degli insegnamenti attivabili dalle istituzioni scolastiche nei
limiti del contingente di organico ad esse annualmente assegnato.
Per gli istituti tecnici invece la disciplina non linguistica deve essere compresa
nell'area di indirizzo del quinto anno, e deve essere insegnata
obbligatoriamente in lingua inglese. La nota ministeriale ricorda quali siano i
requisiti a regime dei docenti impegnati nel CLIL e riguardo alle modalità di
attuazione suggerisce che in questa fase transitoria la DNL in lingua straniera
sia attivata sul 50% del monte ore della disciplina. Nei casi di totale mancanza
di docenti di DNL in possesso delle necessarie competenze linguistiche e
metodologiche la nota raccomanda lo sviluppo di progetti interdisciplinari in
lingua straniera nell'ambito del Piano dell'Offerta Formativa, che si avvalgano di
strategie di collaborazione e cooperazione all'interno del Consiglio di classe,
organizzati con la sinergia tra docenti di disciplina non linguistica, il docente di
lingua straniera e, ove presenti, il conversatore di lingua straniera, eventuali
assistenti linguistici o tirocinanti del corso CLIL da 60 CFU.
Nell’ambito della de materializzazione delle procedure amministrative in materia
di istruzione, l’art. 7, commi 27-32, della Legge 135/2012, stabilisce che
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dall’anno scolastico 2012/2013 tutte le iscrizioni avvengano on line, le pagelle
siano in formato elettronico e disponibili per le famiglie in modalità digitale, così
come le comunicazioni scuola famiglia.
In merito ai libri scolastici, l’art. 6 della Legge 128/2013, seguita dalla Nota
ministeriale prot. 2581 del 09/04/2014, stabilisce lo sviluppo della cultura
digitale, la facoltatività della scelta dei testi scolastici, la realizzazione diretta di
materiale didattico digitale. Al fine di supportare le scuole nel processo di
elaborazione degli strumenti didattici digitali, il MIUR emanerà apposite le Linee
guida.
Sul fronte del sistema nazionale di valutazione e i ruoli dei soggetti coinvolti nel
processo valutativo (INVALSI, Dirigenti tecnici, INDIRE), si assiste allo sviluppo
normativo che condurrà all’emanazione del “Regolamento sul sistema
nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione”, DPR 80 del
28/03/2013. Infatti la Legge 10/2011 delega il MIUR e il Governo a riorganizzare
la funzione ispettiva e a regolamentare il sistema nazionale di valutazione; l’art.
19 della Legge 111/2011 prevede la soppressione dell’ANSAS e il ripristino
dell’INDIRE; l’art.51 della Legge 35/2012 stabilisce che l’INVALSI assicura
anche il coordinamento funzionale del sistema nazionale di valutazione.
Entrando nel merito del decreto, il testo prevede la definizione dei meccanismi
operativi attraverso i quali dovrà funzionare il nuovo Sistema Nazionale di
Valutazione. Nello specifico, il decreto definisce il SNV come un sistema
triangolare i cui vertici sono costituiti in primo luogo dall’INVALSI [art. 3], in
secondo luogo dall’INDIRE [art. 4] e, in terzo luogo, da un Contingente Ispettivo
sotto la diretta responsabilità del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della
Ricerca [art. 5]. Nello spirito che anima il decreto, questi tre soggetti sono
dunque chiamati a cooperare tra loro «ai fini del miglioramento della qualità
dell’offerta formativa e degli apprendimenti», in un’ottica di valutazione
migliorativa che tenga conto «dell’efficienza e dell’efficacia del sistema
educativo di istruzione e formazione».
A questo scopo, ferma restando la triangolarità del Sistema, il Legislatore ha
comunque assegnato all’INVALSI un ruolo prioritario rispetto agli altri soggetti in
campo. Il D.P.R. designa dunque l’INVALSI quale ente responsabile per il
coordinamento funzionale di tutto il Sistema, attribuendogli la presidenza della
neo-costituenda Conferenza per il coordinamento funzionale del SNV. Oltre a
ciò, l’INVALSI è chiamato a proporre i protocolli di valutazione [art. 3, punto c], a
mettere a disposizione delle istituzioni scolastiche strumenti relativi al
procedimento di valutazione [art. 3, punto d] e ad adottare gli indicatori di
efficienza ed efficacia in base ai quali il SNV individua le scuole da sottoporre a
valutazione esterna [art. 3, punto e]. Stando alla qualità delle mansioni
assegnategli, pertanto, l’Istituto Nazionale per la Valutazione rappresenta la
pietra angolare su cui è stato costruito tutto il sistema, laddove i compiti attribuiti
all’INDIRE e al Contingente ispettivo possono essere considerati sicuramente
meno rilevanti. Mentre, infatti, il primo entra a fare parte del processo solo in
una fase successiva alla valutazione, essendo chiamato a supportare le
istituzioni scolastiche nella progettazione dei piani di miglioramento delle loro
offerte formative, il secondo concorre a realizzare gli obiettivi fissati nel decreto
contribuendo alla formazione dei nuclei ispettivi, chiamati a esaminare le
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singole realtà scolastiche esclusivamente al momento della valutazione
esterna.
Il procedimento di valutazione dovrà essere scandito in quattro fasi: a) una
autovalutazione preliminare che le singole istituzioni dovranno compiere su se
stesse; b) una successiva valutazione esterna delle medesime istituzioni ad
opera dei nuclei ispettivi; c) una definizione e attuazione di piani di
miglioramento costruiti sulla base delle indicazioni raccolte nelle ispezioni; d)
una rendicontazione sociale seguita da una pubblicazione dei risultati ottenuti
dalle scuole esaminate. L’art. 6 stabilisce molto chiaramente che
l’autovalutazione dovrà essere eseguita dalle scuole inderogabilmente «sulla
base dei dati resi disponibili dal sistema informativo del Ministero, delle
rilevazioni sugli apprendimenti e delle elaborazioni sul valore aggiunto restituite
dall’Invalsi, oltre a ulteriori elementi significativi integrati dalla stessa scuola».
Così come anche il rapporto di autovalutazione dovrà essere articolato dalle
istituzioni scolastiche sempre secondo un «quadro di riferimento predisposto
dall’Invalsi medesimo» [art. 6, punto a]. Pertanto, fermo restando che l’art. 6
garantisce alle singole scuole la possibilità di arricchire il modello di
autovalutazione con ulteriori elementi significativi integrati da loro stesse, da
quanto letto risulta pur sempre evidente che il quadro di riferimento entro il
quale andrà pensato il momento auto-valutativo sarà integralmente tracciato
dall’INVALSI; sempre l’art. 6 stabilisce che il rapporto di autovalutazione redatto
dalle singole scuole nella prima fase dovrà essere sottoposto preventivamente
alla valutazione esterna dei nuclei ispettivi. In questa seconda fase, dunque,
sarà ancora l’INVALSI ad occuparsi «dell’individuazione delle situazioni da
sottoporre a verifica, sulla base di indicatori di efficienza ed efficacia
previamente definiti dall’Invalsi medesimo»; attività alla quale seguiranno le
visite dei nuclei ispettivi e la successiva ridefinizione dei piani di miglioramento
già precedentemente progettati dalle scuole [art. 6 punto b].
Al decreto ministeriale 249/2010 che regolamenta la formazione iniziale dei
docenti, ai sensi dell’art.2, comma 416, della Legge 244/2007 (finanziaria 2008)
ha fatto seguito il DM attuativo 139/2011. Successivamente, con Decreto
ministeriale 25/03/2013 vengono regolamentate e definite le modifiche al DM
249/2010, in merito ai requisiti e alle modalità della formazione iniziale dei
docenti di tutti i settori scolastici. Con lo stesso decreto sono istituiti i percorsi
speciali abilitanti.

Sul fronte delle norme generali relative all’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, il DL.vo 165/2001, emanato ai
sensi della legge 59/97, viene modificato e integrato dal DL.vo 150/2009,
emanato in attuazione della legge 15/2009 in materia di ottimizzazione della
produttività del lavoro pubblico e dell’efficienza e della trasparenza della
pubblica amministrazione.
Si occupano delle modalità di applicazione delle nuove norme al settore della
scuola la CM del MIUR n.88 del 08/11/2010 e la CM della Funzione pubblica
n.14 del 23/12/2010, mentre il DL.vo 141/2011 contiene l’interpretazione
autentica dell’art.65 del DL.vo 150/2009. In base al DL.vo 150/2009, vengono
introdotte alcune novità in relazione alle fasi del procedimento disciplinare nei
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confronti del personale scolastico e alle competenze dei diversi soggetti
coinvolti nel procedimento stesso (DS e USR).
Per quanto riguarda la disciplina del rapporto di lavoro, della tutela delle libertà
sindacali e dell’esercizio del diritto di sciopero in particolare nei servizi pubblici
essenziali quali quello dell’istruzione tutelato costituzionalmente, le materie
sono oggetto dei CCNL, che vengono stipulati nell’ambito delle predette norme
di legge che regolano l’ordinamento del lavoro dei pubblici dipendenti di legge.
In tale ambito si colloca il codice di comportamento dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni, DM 28/11/2000, la CM 88 del 08/11/2010 che
contiene i codici disciplinari del personale della scuola ai sensi del DLvo
150/2009. Successivamente viene emanato il DPR n.62 del 16/04/2013
“Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a
norma dell’art.54 del DL.vo 165/2001”. Il DM del 30/06/2014, prot. 525, dispone
il Codice di comportamento dei dipendenti del MIUR.
Per quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, è
il DL.vo 81/2008, come modificato dal DL.vo 106/2009, in attuazione dell’art.1
della legge 137/2007, che detta le norme in materia, già precedentemente
trattata nel DL.vo 626/94 e nel DL.vo 242/96, in base ai quali viene emanato il
DM 292/96 che individua il datore di lavoro nelle istituzioni dipendenti dal MIUR.
In relazione al Codice in materia di protezione dei dati personali, DL.vo
196/2003, con DM del ministro dell’istruzione 305/2006 viene emanato il
Regolamento relativo alla protezione dei dati personali.

In merito al divieto di fumo, previsto dall’art.51 della Legge 3/2003, l’art. 4 della
Legge 128/2013 estende il divieto anche alle sigarette elettroniche e alle aree
all’aperto di pertinenza delle istituzioni scolastiche.

Nel settore del Codice dell’amministrazione digitale, rappresentato dal DL.vo


82/2005, vengono apportate delle modifiche con DL.vo 235/2010.

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