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Università degli Studi

di Milano

Centro per gli Studi di Politica Estera


e Opinione Pubblica
2

Collana
Politica Estera e Opinione Pubblica
diretta da Brunello Vigezzi

Ultim i volumi pubblicati

M AURO E LLI
Politica estera e ingegneria nucleare
I rapporti del Regno Unito con l’Euratom (1957-1963)

LUCIO VALENT
L’Europa non è Europa senza Londra.
Il Regno Unito tra CEE e m ondo (1964-1967)

M ARIA M ATILDE BENZONI , R OBERT F RANK, SILVIA M ARIA P IZZETTI (a cura di)
Im ages des peuples et histoire des relations internationales
du XVIe siècle à nos jours
In collaborazione con l’Université Paris I Panthéon -Sorbonne
Program m a di ricerca della Com m issione di Storia delle Relazioni Internazionali (CHIR)

SILVIA M ARIA P IZZETTI (a cura di)


La storia e la teoria della vita internazionale
Interpretazioni e discussioni

BARBARA BALDI , M ARIA M ATILDE BENZONI (a cura di)


Lontano da dove
Sensazioni, aspirazioni, direzioni, spazi fra Quattrocento e Seicento

In attesa di pubblicazione

LAURA BRAZZO
Angelo Sullam , il sionism o e la politica estera italiana.
Dalla crisi del liberalism o all'avvento del fascism o
3

Giovanni Scirocco

POLITIQUE D’ABORD

Il PSI, la guerra fredda e la politica


internazionale (1948-1957)

EDIZIONI UNICOPLI
4

Il volum e viene pubblicato con il contributo dei fondi del Dipartim ento di Scienze dei lin-
guaggi, della com unicazione e degli studi culturali della Facoltà di Lingue e letterature
straniere dell’Università di Bergam o.

Prim a edizione: gennaio 20 10

Copyright © 20 10 by Edizioni Unicopli Srl, via Festa del Perdono 12,


20 122 Milano, tel. 0 2/ 42299666

http:/ / www.edizioniunicopli.it

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei lim iti del 15% di cia-
scun volum e dietro pagam ento alla Siae del com penso previsto dall’art. 68, com m a 4, del-
la legge 22 aprile 1941, n. 633, ovvero dall’accordo stipulato fra Siae, Aie, Sns e Cna, Con-
fartigianato, Casa, Claai, Confcom m ercio, Confesercenti il 18 dicem bre 20 0 0 .
INDICE

p. 7 Prefazione, di Alfredo Canavero


11 Abbreviazioni
13 Introduzione

I. DALL’«ACCETTAZIONE DELLA LEGGE DI GUERRA»


ALLA «POLITICA DI DISTENSIONE» (1948-1955)

25 1. Dopo il 18 aprile
32 2. «Riscossa socialista»: il Congresso di Genova
38 3. Lom bardi direttore dell’«Avanti!»
45 4. «Mondo Operaio», nascita di una rivista
48 5. Neutralità o lotta per la pace? Una politica estera ‘nazionale’
52 6. La polem ica Lom bardi-Morandi
56 7. Il dibattito sul Patto atlantico
63 8. «Vento freddo e nuvole nere»: il Congresso di Firenze
70 9. Il dibattito parlam entare sulla ratifica del Patto atlantico
71 10 . I problemi della politica estera italiana: le ex-colonie
79 11. La revisione del Trattato di pace
81 12. L’am m issione all’ONU
83 13. La questione di Trieste
92 14. «Pillole per dormire, gente dai nervi deboli per eccessiva tensione»:
l’antiam ericanism o del PSI
98 15. L’Unione Sovietica e Stalin
10 5 16. Le dem ocrazie popolari
110 17. La Cina
114 18. La J ugoslavia di Tito
116 19. «Il vero, grande problem a della pace»: la questione tedesca
119 20 . La guerra di Corea
122 21. «Curiosi pacieri»: i Partigiani della Pace
124 22. Le lotte anticolonialistiche
6

p. 126 23. «Non è più tem po di facili inganni»: gli inizi dell’integrazione
europea
137 24. «La distensione non è m ediazione, m a lotta di classe»
143 25. «La riduzione dell’Europa occidentale a mancipia degli Stati Uniti»:
la CED
150 26. «La via è ancora lunga»: tra distensione internazionale e apertura
a sinistra
154 27. «Un passo alla volta»: il Congresso di Torino

II. «LA LEZIONE DEI FATTI» (1956-1957)

163 1. Dalle vecchie certezze alle nuove realtà? Un’im presa difficile
168 2. « ‘Qualcosa di nuovo’ si attende da noi»: dal XX Congresso a Poznan
184 3. L’apertura del dibattito. Nenni e la via dem ocratica al socialism o
191 4. Pralognan e la rottura del patto d’unità d’azione
20 2 5. «Si sta con la propria parte anche quando questa sbaglia»:
l’Ungheria e il PCI
20 7 6. «Siam o tutti traditi! È tradito l’internazionalism o proletario»:
l’Ungheria e il PSI
222 7. Suez
227 8. Le sorprese di Venezia
242 9. Panzieri e gli «evidenti e ingenui slittamenti socialdem ocratici»
247 10 . I Partigiani della Pace
254 11. La riscoperta dell’Europa
261 12. L’Internazionale socialista

265 Indice dei nom i


PREFAZIONE

Alfredo Canavero

Tra i tanti lavori apparsi negli ultim i anni sulla storia del Partito Socialista
m ancava ancora uno studio che si occupasse in m aniera organica ed approfondi-
ta della politica internazionale del partito in un arco di tem po abbastanza am pio.
Il libro di Giovanni Scirocco colm a la lacuna, trattando tanto della visione inter-
nazionale del Partito Socialista, quanto dell’incidenza dei rapporti internazionali
sulla vita interna del partito stesso.
Studiare la vita di un partito politico da questo angolo di visuale presenta non
pochi aspetti interessanti, lati inediti ed illum inanti, specie se la ricerca, come
questa di Giovanni Scirocco, è basata su uno spoglio attento ed esauriente della
documentazione archivistica. Scirocco ha visto non soltanto la docum entazione
strettam ente riconducibile al partito socialista (le Carte Nenni, Basso, Lom bardi
e tante altre), m a anche docum enti di altre personalità, enti, istituzioni, che ren-
dono ben più com pleto il quadro.
Trascurando gli anni che precedono la prim a guerra m ondiale, quando i Tu-
rati, i Treves, i Bonom i, m a anche i Mussolini, non m ancavano m ai di fare rife-
rim ento al mondo al di là dei confini (non foss’altro per il richiam o all’interna-
zionale socialista), il partito socialista non sembra essersi appassionato più di
tanto alla politica estera, se non per i suoi risvolti interni. Lo riconosceva aper-
tam ente Pietro Nenni nel giugno 1946: «Il provincialism o è il nostro vizio segre-
to. Come non capire che dell’avvenire d’Italia si decide in sede di politica este-
ra?» 1 Nenni era tra i pochi socialisti a com prendere l’im portanza della politica
internazionale: l’esperienza fatta nell’esilio parigino durante gli anni del fasci-
sm o gli perm etteva di apprezzare appieno l’im portanza della situazione interna-
zionale sulle sorti dell’Italia, specialmente di una Italia uscita sconfitta dalla
guerra, isolata e alla ricerca di una difficile strada per rientrare nel consesso degli
Stati indipendenti e sovrani.
Dalla ricerca di Scirocco esce conferm ata l’incapacità socialista di vedere la
progressiva divisione del m ondo in due blocchi contrapposti. Forse sarebbe me-
glio dire la volontà di non vederla, di ignorarne o sottovalutarne i segni. La pre-

1 P. Nenni, Tem po di guerra fredda. Diari 1943-1956, a cura di G. Nenni e D. Zucàro, Su-

garCo, Milano 1981, p. 233 (22 giugno 1946).


8 A. CANAVERO

giudiziale filocom unista giocò indubbiam ente un ruolo im portante in Nenni e in


gran parte dei suoi com pagni. Il m ito del paese che per prim o stava realizzando
l’esperienza socialista faceva chiudere gli occhi sugli aspetti negativi dell’Unione
Sovietica. Il m ito dell’unità d’azione dei partiti della sinistra faceva il resto. “Pre-
ferirem m o avere torto e perderci con l’insieme della classe operaia che aver ra-
gione e vincere contro una parte di essa”2 , scriveva Nenni nel luglio 1944. Ma
questa concezione legava il leader socialista a posizioni che erano condizionate
non tanto dalla solidarietà operaia internazionale, quanto dagli interessi della
politica estera sovietica.
Basti pensare alla vicenda del Piano Marshall. I dirigenti socialisti si rende-
vano conto che gli aiuti am ericani erano indispensabili perché l’Italia potesse ri-
sollevarsi. Ma l’interpretazione politica prevaleva sulle considerazioni econom i-
che. Com e nota Scirocco, anche se non del tutto negativa, l’im m agine degli Stati
Uniti restava fortem ente critica. Si riconosceva il debito di gratitudine verso gli
USA, m a nello stesso tem po si temevano gli effetti dell’im postazione econom ica
am ericana, vale a dire, la ricostruzione dell’economia europea su una base capi-
talistica, strettam ente collegata agli interessi del capitalism o statunitense.
Fu proprio questa incapacità di leggere la realtà dei fatti (o per m eglio dire, il
non volerla riconoscere), che portò i socialisti alla sconfitta del 18 aprile. Ma an-
che in questo caso ci si rifiutò di analizzare le reali ragioni della sconfitta, accu-
sando invece l’ingerenza am ericana, la predicazione del clero o le pressioni filo-
governative. Solo pochi, e tra questi Riccardo Lombardi e Guido Mazzali, rico-
nobbero che era stato un errore seguire “pedissequam ente” la posizione com uni-
sta sul Piano Marshall e accettare la soluzione del Fronte Popolare.
Anche al Congresso del PSI del giugno 1948 Nenni continuava a difendere il
m odello sovietico, ”il m aggior sforzo storicam ente registrabile per la creazione di
un m ondo socialista”3 . Tanto valeva allora, com e disse Riccardo Lom bardi,
prendere la tessera del PCI. Sia pure con sfum ature diverse (e talvolta molto di-
verse), Lom bardi, J acom etti, Rom ita rivendicarono la specificità socialista ri-
spetto al PCI e cercarono di salvare i rapporti coi comunisti, m a senza che il par-
tito socialista fosse com pletam ente assorbito dai più forti e organizzati com pagni
di strada. Neppure quello che era accaduto nell’Europa centro-orientale, dove i
partiti socialisti erano stati aggregati e poi sostanzialm ente cancellati riusciva ad
aprire gli occhi a chi, come Nenni, ancora nel 1950 , di ritorno da Mosca, poteva
scrivere liricam ente sul suo diario: «Non è il paradiso terrestre che lascio dietro
di m e. Non mi sfuggono né i lim iti né gli errori del sistem a. Ma queste stelle ros-
se sotto l’ala dell’aeroplano che prende quota, sono il faro della trionfante rivolu-
zione proletaria» 4 .
Elem ento centrale dei mesi successivi al Congresso del giugno 1948 fu la po-
sizione da tenere nei confronti dell’URSS. Essere strum enti, com e volevano i

2 P. Nenni, Socialisti e com unisti. III, L’unità d’azione e i suoi sviluppi, in «Avanti!», 19 lu-

glio 1944.
3 Discorso di Pietro Nenni in «Avanti!», 30 giugno 1948.
4 P. Nenni, Tem po di guerra fredda, cit., p. 540 (31 luglio 1950 ).
Prefazione 9

com unisti e una buona parte dei socialisti, della politica sovietica o far prevalere,
com e scriveva Lom bardi, gli interessi del m ovim ento operaio italiano? Lom bardi
sosteneva che la vittoria del socialism o non poteva venire «mercé la dilatazione
dei confini dell’Unione Sovietica e delle sue istituzioni» 5. Il PCI, dal canto suo,
aveva buon gioco a controllare l’attività dei socialisti poco sensibili alle istanze
fusionista sostenendo dall’esterno le posizioni della sinistra del partito o addirit-
tura attraverso l’azione di com unisti “infiltrati”.
L’appiattim ento sulle posizioni com uniste spinse il PSI a prendere una posi-
zione contraria al federalism o europeo, considerato uno strum ento dell’im peria-
lism o am ericano – al punto da proibire ai tesserati del PSI di aderire al Movi-
m ento Federalista Europeo – e, naturalm ente, al Patto Atlantico, visto come uno
strum ento di guerra. Nenni, nel m aggio 1949, giungeva a fare l’elogio della divi-
sione del m ondo in due sfere d’influenza, “saggia decisione” che ora l’Alleanza
Atlantica metteva in discussione.
Insom m a, il m ito dell’unità d’azione metteva a repentaglio non solo l’auto-
nom ia del PSI, m a anche il suo ruolo internazionale. Quando Nenni si recò a
Londra nel gennaio 1946, Attlee rifiutò di riceverlo, giustificandosi con i troppi
im pegni, m entre Bevin gli m ostrò una freddezza che lo stesso Nenni segnalò sul
suo Diario. Il problem a era, ovviam ente, il rapporto coi com unisti. Dopo il Con-
gresso del 1949, vinto dalla sinistra socialista grazie anche all’appoggio del PCI, il
Partito Socialista aveva accettato la logica della guerra fredda e la spartizione del
m ondo in due blocchi contrapposti, scegliendo di stare dalla parte dell’URSS. Fu
questa politica filocom unista a im pedire ai socialisti italiani di giocare un ruolo
più incisivo, determ inante, com e era avvenuto in Francia o in Belgio dopo il
1947. «Che occasione unica – aveva scritto nel 1945 Niccolò Carandini, un libera-
le che nutriva viva sim patia per Nenni – il socialismo ha perso vincolandosi ad
un partito con cui non si può convivere se non in stato di sudditanza. L’ho detto
in passato a Nenni, m a il suo spirito rom anticam ente rivoluzionario gli im pedi-
sce di resistere agli allettam enti dei com un isti che lo gon fian o per farlo scop-
piare» 6 .
Fu solo con la fine del 1952 che alcuni avvenim enti internazionali indussero
Nenni ad un ripensam ento delle sue posizioni. Fino ad allora la difesa dell’URSS
era stata senza riserve. La causa del proletariato era identificata con la causa
dell’Unione Sovietica e Stalin veniva giustificato anche per le «dure, im placabili
epurazioni» 7, necessarie per garantire il successo della rivoluzione. Poi i processi
di Praga, la rivolta berlinese, la situazione delle democrazie popolari spingeran-
no i socialisti a porsi qualche dom anda e a cercare di riprendere i contatti coi so-
cialisti francesi o coi laburisti britannici. Il rapporto Krusciov spinse Nenni ad un
principio di autocritica:

5 R. Lombardi, Ipotesi e realtà, «Avanti!», 7 settem bre 1948


6 N. Carandini, Diario aprile-giugno 1945, a cura di G. Filippone Thaulero, in «Nuova An-
tologia», aprile-giugno 1983, pp. 192-193 (4 giugno 1945).
7 P. Nenni, Il giubileo di Stalin, in «Mondo Operaio», 17 dicembre 1949, p. 1
10 A. CANAVERO

la crisi sovietica investe non solo i cosiddetti ‘errori’ di Stalin, m a il sistema sovietico qua-
le è andato configurandosi sotto l’influenza di fattori che sono in via di rapida trasform a-
zione [...]. Sarebbe assurdo chiudere gli occhi davanti al fatto che la dittatura del proleta-
riato si è rivolta in dittatura del partito bolscevico, e questa nella dittatura personale di
Stalin [...]. Per parte nostra ciò vuol dire riconoscere che un certo giustificazionism o stori-
co che applicam m o a quanto di condannabile e di ingiusto ravvisam m o nelle dittature
com uniste ha lim itato il giudizio critico sugli avvenim enti, al quale un partito operaio non
deve m ai rinunciare.8

Nenni com prese che le critiche a Stalin non potevano non porre in discussio-
ne lo stesso sistem a sovietico. Ne conseguì la riscoperta del legame tra sociali-
sm o e dem ocrazia e la prospettiva dell’unificazione socialista con Saragat, san-
zionata dall’incontro di Pralognan. Le resistenze interne ed esterne, come Sciroc-
co documenta, furono m olte e decise. Ma poco dopo i fatti d’Ungheria segnarono
un punto di non ritorno. Era com inciata la lunga strada che avrebbe riportato i
socialisti al governo dopo un intervallo di 16 anni.

8 P. Nenni, Problem i del socialism o. Il rapporto Krusciov e la polem ica sul com unism o,

«Mondo Operaio», giugno 1956, pp. 344-345


ABBREVIAZIONI

ACS = Archivio centrale dello Stato (Rom a)


APC = Archivio Partito Com unista Italiano
ASS = Archivio storico del Senato
CA = Carte Arfè
CBA = Carte Basso
CBO = Carte Bosio
CC = Carte Carandini
CCR = Carte Craxi
CDM = Carte De Martino
CF = Carte Fanfani
CFL = Carte Foscolo Lombardi
CG = Carte Garosci
CGU = Carte Guiducci
CRL = Carte Riccardo Lom bardi
CN = Carte Nenni
CP = Carte Parri
CTA = Carte Tasca
CTO = Carte Togliatti
CV = Carte Valiani
DDI = Docum enti diplom atici italiani
FB = Fondazione Basso (Rom a)
FF = Fondazione Feltrinelli (Milano)
FG = Fondazione Gram sci (Rom a)
FM = Fondo Mosca
FN = Fondazione Nenni (Roma)
FRUS = Foreign Relations of United States
FT = Fondazione Turati (Firenze)
IMSC = Istituto m antovano per la storia contem poranea (Mantova)
IPSRSC = Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società con-
tem poranea (Torino)
IS = Istituto Sturzo (Rom a)
ISRT = Istituto storico della Resistenza in Toscana (Firenze)
12 Abbreviazioni

AA.GG. = Affari Generali


AA.GG.RR. = Affari Generali e Riservati
CC = Com itato centrale
Dir. Gen. = Direzione Generale
Gab. = Gabinetto
Min. Int. = Ministero dell'Interno
Pol. pol. = Polizia politica
PS = Pubblica Sicurezza
b. = busta
fasc. = fascicolo
pers. = personale
vol. = volum e
t. = tom o
INTRODUZIONE

La tradizione socialista ha, nel complesso, mostrato solo di rado (prescindendo


da leaders come Bissolati, Modigliani, Treves, Turati) un interesse spiccato nei con-
fronti della politica internazionale, spesso giudicata una prerogativa esclusiva delle
classi dirigenti.1 Pietro Nenni rappresenta, da questo punto di vista, nel panorama
del socialismo italiano del secondo dopoguerra, un’eccezione,2 anche se poi, in lui
come in buona parte della classe politica italiana, l’attenzione per la politica interna-
zionale è stata spesso strettamente legata ai possibili riflessi di politica interna.
Rievocando l’assunzione, nell’ottobre del 1946, del Ministero degli Esteri,
Nenni afferm ò:

A chiedere per il PSI (e ad assumere personalmente) il ministero degli Esteri3 mi avevano


indotto tre considerazioni che poi fanno tutt’uno. La prima: la consapevolezza che avremmo

1 Si veda ad esem pio, in questo senso, E. Decleva, comunicazione al convegno di Parma su

Trent’anni di politica socialista (1946-1976), Rom a, Mondo Operaio, 1977, p. 29.


2 Sull’interesse di Nenni, fin dai tem pi della giovinezza, per i tem i di politica internazionale

cfr. G. Arfè, Storia del socialism o italiano 1892-1926, Milano, Mondadori, 1977, p. 244 e il re-
cente libro di Marco Severini, Nenni il sovversivo. L’esperienza a Jesi e nelle Marche (1912-
1915), Venezia, Marsilio, 20 0 7, p. 71. Lo stesso Arfè ha sottolineato l’esistenza in Nenni della
«tendenza – si potrebbe dire addirittura il bisogno – di collocare ogni scelta politica in una di-
m ensione internazionale, quasi a darle il conforto della storia, presentandola come l’espres-
sione di un moto irresistibile che travalica i confini» (Per Nenni la politica era com e una m is-
sione, commemorazione ufficiale al CC del PSI per la m orte di Nenni, «Avanti!», 16 gennaio
1980 , poi in G. Arfè, I socialisti del m io secolo, Manduria, Lacaita, 20 0 2, p. 365).
3 Da diversi mesi Nenni aveva insistito in questa richiesta, anche all’interno della Direzione

socialista: «Si è ripresa la discussione se chiedere gli Interni o gli Esteri. Netta prevalenza della
prim a tesi, sostenuta da Saragat e da Cacciatore. Il provincialism o è il nostro vizio segreto. Co-
m e non capire che dell’avvenire d’Italia si decide in sede di politica estera?» (P. Nenni, Tem po
di guerra fredda. Diari 1943-1956, Milano, Sugarco, 1981, p. 233, nota del 22 giugno 1946).
Anche Pertini, in quell’occasione, si dichiarò contrario: «Il ministro degli Esteri è stato sem pre
in Italia il capro espiatorio, figuriam oci in quale posizione verrebbe a trovarsi Nenni se fosse
costretto a firmare la pace. È invece favorevole al mantenim ento degli Interni. Il Governo e non
la Costituente darà il contenuto alla Repubblica, e se è vero che spetta ai socialisti dare l’im-
pronta alla Repubblica, il Partito dovrà mandare al Governo i suoi migliori uomini. Per facilitare il
compito del Ministro degli Interni, i partiti di massa dovrebbero impegnarsi a non provocare in-
cidenti; in particolare dovremo intenderci coi comunisti i quali più di tutti hanno interesse che
agli Interni ci sia un socialista». Lo stesso Nenni, in ogni caso, ad un certo punto della lunga trat-
tativa, non sembrò più così deciso nella sua richiesta degli Esteri, preferendo, in cambio degli In-
terni, il Ministero della Guerra o quello della Pubblica Istruzione (cfr. ISRT, CFL, b. 4).
14 Introduzione

avuto la politica interna della nostra politica estera [...] In secondo luogo: la previsione che i
maggiori problemi della nazione, dopo la Costituzione e dopo l’avvento della Repubblica,
sarebbero stati il trattato di pace e le sue conseguenze, che avrebbero potuto esasperare i
sopiti istinti nazionalistici. Infine la volontà di impedire che la nazione si lasciasse di nuovo
mettere al collo il cappio delle alleanze militari, come poi è avvenuto con l’adesione al Patto
atlantico e con l’accettazione della filosofia del Patto, con la politica ricondotta a una divisio-
ne manichea: tutto il bene da una parte, tutto il male dall’altra; la civiltà e la barbarie.4

Ciò spiega anche perché, nei due congressi del PSI tenutisi nel 1948, quello di
Rom a a gennaio 5 e quello di Genova a giugno, Nenni accusò Saragat per aver a-
perto, con la scissione di Palazzo Barberini – i cui possibili effetti aveva a lungo
sottovalutato 6 – «una prima breccia nello schieramento delle sinistre, la breccia
per dove sono passati i clericali e i m oderati» (anche se al m om ento di lasciare
Palazzo Chigi, allora sede del Ministero degli Esteri, aveva espresso tutta la sua
stim a per il suo successore, il conte Sforza, «per i servizi em inenti che ha reso al-
la dem ocrazia europea durante il suo volontario esilio» 7) e per aver fatto perdere
alla classe lavoratrice «il controllo della politica estera che era una delle m aggiori
conquiste del 2 giugno».8
4 Intervista sul socialism o italiano, a cura di G. Tamburrano, Rom a-Bari, Laterza, 1977, p.

138. Su Nenni m inistro degli Esteri cfr., oltre alle interessanti osservazioni di Angelo Tasca (FF,
CTA, b. Opere varie, fasc. 87), A. Varsori, Bevin e Nenni (ottobre 1946-gennaio 1947): una fase
nei rapporti anglo-italiani del secondo dopoguerra, «Il Politico», (1984), 2, pp. 241-275; Id.,
De Gasperi, Nenni, Sforza e il loro ruolo nella politica estera italiana del secondo dopoguerra,
in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa
(1945-1950 ), Milano, Marzorati, 1988, pp. 69-71; O. Barié, Da Nenni a Sforza: un tornante del-
la politica estera italiana?, in A. Migliazza - E. Decleva (a cura di), Diplom azia e storia delle
relazioni internazionali. Studi in onore di Enrico Serra, Milano, Giuffrè, 1991, pp. 527-533.
5 Cfr. P. Nenni, Il cappio delle alleanze, Milano, Milano-Sera, 1949, pp. 125-126.
6 Ancora il 27 dicem bre 1946 scriveva: «De Gasperi si illude che la scissione socialista dia

vita a un partito di collaborazione con la Democrazia cristiana» (Tem po di guerra fredda cit.,
p. 317). Ma, pochi giorni dopo, a scissione consum ata, constatava: «La scissione si inserisce in
una nuova spaccatura del mondo della quale il discorso di Churchill a Fulton è stato
l’annuncio. Dietro non ci sono terrori ideologici e m orali sulla sorte della libertà – o non c’è
solo questo – dietro ci sono concreti interessi di potenza. Il m ondo borghese capitalista non
accetta la presenza sovietica a Berlino, a Praga, a Vienna e spera di poter rovesciare la situazio-
ne creata dalla guerra. Si sbaglia, ma intanto affronta con Mosca una lotta che di sé riem pirà
tutta un’epoca della storia. Questa è la realtà in cui, al di là di ogni miserevole vicenda di per-
sone o di gruppi, si colloca la scissione» (ivi, pp. 326-327).
7 P. Nenni, Il trattato di pace davanti alla Costituente, «Avanti!», 5 febbraio 1947.
8 Cfr. il testo del discorso di Genova in ACS, CN, b. 88, fasc. 2199 e l’interessante lettera, sia

pure non priva di alcune reticenze nella ricostruzione ex-post, del 23 luglio 1973 ad una studen-
tessa di Padova, Nadia Nogarol, laureanda con una tesi sulle due esperienze di Nenni com e m i-
nistro degli Esteri: «Causò stupore che nel 1946 io chiedessi il m inistero degli Esteri. Ci si do-
mandò perché. Il perché derivava dalla mia convinzione che avremmo avuto nei successivi ven-
ti-trent’anni la politica interna della nostra politica estera (come avvenne). Vicino a questa va-
lutazione d’ordine generale ve ne era una di interesse im m ediato. Avevam o vinto (e posso ben
dire avevo vinto) la battaglia istituzionale con la vittoria repubblicana del 2 giugno 1946 (aspi-
razione costante della m ia gioventù). Bisognava vincere la battaglia del trattato di pace e in
particolare la battaglia per Trieste. Perciò giudicavo di fondam entale im portanza il m inistero
degli esteri anche se m i lasciai im porre da ragioni di partito un cattivo com prom esso, in base al
quale avrei assunto la effettiva direzione della politica estera dopo le decisioni della conferenza
Introduzione 15

Anche Leo Valiani notò com e, nel 1947 e nel 1969, «forse non a caso [...] la
scissione intervenne quando egli era, da poco, m inistro degli Esteri».9 Ma, so-
prattutto, ci pare significativo il giudizio di Franco Malfatti, allora giovane di-
plom atico particolarmente vicino a Nenni (aveva partecipato alla Resistenza a
Rom a), in una lettera indirizzata il 14 gennaio 1947 all’am basciatore a Londra
(dove Malfatti aveva svolto il proprio servizio com e labour attaché), Niccolò Ca-
randini. Se, in prim a battuta, Malfatti sem brava sottovalutare i reali m otivi della
scissione, attribuendola più a divergenze personali che politiche, nel prosieguo
della stessa lettera ne coglie pienamente le conseguenze:

Vista l’entità della scissione, circa 250 .0 0 0 iscritti nel nuovo partito e 60 0 .0 0 0 nel vec-
chio, essa ha radicalm ente distrutta la potenza politica del socialism o italiano. In questo
m om ento esiste soltanto una specie di nuovo partito d’azione, quello di Saragat, m entre il
vecchio partito, quello di Basso (Nenni è orm ai in seconda linea) scivola verso la fusione.
Ma il vero socialism o non è né con il vecchio partito, né con il nuovo, m a con le decine di
m igliaia di aderenti che lasciano il PSIUP senza però aderire al PSLI. Da ciò deriva un no-
tevole rafforzam ento del Partito com unista che orm ai controlla la quasi totalità della clas-
se operaia, creando un fosso tra essa e i ceti medi, com e nel 1922. 10

Una situazione che, negli stessi giorni, così Togliatti illustrava alla Direzione
del PCI:

A noi non conviene che in Italia il partito socialista saragattiano diventi il solo e più forte.
La fusione servirebbe a giustificare la scissione. La nostra tattica deve servire a spingere a
destra il partito saragattiano. Sarebbe un errore forzare adesso la fusione. Si deve tener
conto che il partito socialista di Nenni è diverso da quello che era ieri. Dobbiam o legare il
patto di unità in m aniera che ci leghi di più ai socialisti nenniani e che serva ad im pedire
qualsiasi m anovra antiunitaria nelle file della classe operaia. Dobbiam o accontentarci del-
la Giunta d’intesa? Cosa dobbiam o fare se vi sono dei gruppi socialisti che vogliono venire
nel nostro partito? Introdurre la doppia tessera.11

della pace per il trattato con l’Italia […]. Firmato il trattato ci trovam mo di fronte alla im posta-
zione generale da dare alla politica estera. La mia convinzione era che bisognava liberare
l’Italia dal cappio delle alleanze m ilitari che ci erano state due volte fatali con la Triplice Alle-
anza e con l’Asse Berlino-Roma [...]. L’idea era allora largam ente accolta; l’accoglieva De Ga-
speri, la accettava Saragat finché ragioni di politica interna più che internazionale fecero dell’u-
no e dell’altro i promotori (assieme a Sforza) dell’ingresso italiano nel blocco atlantico. In-
som m a io ero orientato verso il neutralismo alla svedese o come si cominciava a dire allora ver-
so il disim pegno con l’Italia am ica sia dell’Am erica che dell’Unione Sovietica. Durissima fu
quindi la mia opposizione al Patto atlantico finché esso rappresentò un pericolo obbiettivo di
guerra con l’altro blocco, quello di Varsavia» (ACS, CN, b. 24. Per le posizioni di politica estera
di Saragat nei mesi tra il referendum e la scission e cfr. la lettera del 6 luglio 1946 a tutti i m em -
bri della Direzione dello PSIUP in ISRT, CFL, b. 2).
9 L. Valiani, Prefazione, in P. Nenni, I conti con la storia. Diari 1967-1971, Milano, Sugarco,

1983, p. V.
10 ACS, CC, b. 3.
11 Cfr. il verbale della riunione in R. Martinelli - M. L. Righi (a cura di), La politica del Par-

tito com unista italiano nel periodo della Costituente. I verbali della direzione tra il V e il VI
Congresso 1946-1948, Rom a, Editori Riuniti, 1992, pp. 321-329.
16 Introduzione

Un cambiamento ben presente a Nenni, cosciente del fatto che, dopo la scis-
sione, «siamo soli in Europa e l’Oriente non c’è» 12 e che troverà, dopo il 18 aprile,
la sua clam orosa conferm a. In ogni caso, l’editoriale di apertura del prim o nu-
m ero di «Mondo Operaio», la rivista politico-ideologica fondata da Nenni nel di-
cembre 1949 (in un contesto politico, com e vedrem o, di duro scontro, interno,
internazionale e nello stesso PSI) fu, ancora una volta, indicativo dell’im portanza
data dallo stesso Nenni alla politica internazionale:

In verità, la politica estera è la politica per eccellenza, la misura delle attività politiche di
un popolo: ad un tem po la causa e l’effetto della politica generale [...] Quando, all’in-
dom ani del 2 giugno 1946 [...] chi scrive rivendicò per le sinistre e per il Partito socialista,
il dicastero degli Esteri, intendeva appunto spostare l’attenzione della classe operaia e
delle masse popolari dal Vim inale a Palazzo Chigi (allora sede del Ministero degli Esteri,
[n.d.R.]), nel convincim ento che la nostra politica interna sarebbe stata in definitiva il ri-
flesso e la continuazione di quella estera. In verità noi non riuscirem o a m odificare so-
stanzialmente la politica interna ed econom ica se non m odificando la politica estera, e
non valuteremo m ai convenientem ente gli avvenim enti interni se non prestando la più
vigile attenzione a ciò che succede negli altri Stati, dai più vicini ai più lontani.13

In Riccardo Lom bardi osserviam o invece, in questo periodo, una netta distin-
zione, non solo sem antica, tra politica estera e politica internazionale:

La nozione di politica estera si riferisce [...] soprattutto ai rapporti fra cancellerie, fra di-
plom azie, ai rapporti di potenza fra Stati, m entre la politica internazionale, al contrario,
im plica rapporti che vanno assai al di là dello Stato per abbracciare tutte le forze reali in
gioco, dotate di articolazione, di dinam ism o e di possibilità creatrici che solo artificiosa-
m ente e coercitivam ente potrebbero essere com presse entro i lim iti delle esigenze degli
Stati. Alla ‘politica estera’ noi contrapponiam o dunque la ‘politica internazionale’; alla
lotta di potenza fra gli Stati, contrapponiamo la lotta fra le classi, ed a quest’ultim a, e non
alla prima, affidiamo il compito di portare avanti la civiltà, cioè la libertà, cioè il socialismo.14

Quello di Lom bardi fu un tentativo, generoso, m a irrealistico (lo notò subito,


com m entando gli esiti del congresso di Genova del 1948, un acuto osservatore
com e Um berto Segre 15), di risolvere la contraddizione tra politica di classe e poli-
tica nazionale, storico problem a della vita di tutti i partiti socialisti e di quello
italiano in particolare.16 Dall’incapacità (o dall’im possibilità) di risolvere questa
contraddizione, o dal non tener presente quanto osservato da Georges Haupt, e
cioè che «nazionalism o e internazionalism o non sono né concetti né sentim enti
12Cit. in E. Santarelli, Pietro N enni, Torino, Utet, 1988, p. 294.
13Perché?, «Mondo Operaio», 4 dicem bre 1948.
14 (Non firmato), Classe e Stato, «Avanti!», 7 ottobre 1948.
15 Cfr. U. Segre, PSI dopo Genova, «Lo Stato Moderno», 20 luglio 1948. Lo stesso Segre ri-

conobbe però a Lombardi il merito di aver visto «abbastanza lontano, se ha pensato di salva-
guardare al suo partito la possibilità di parlare ancora nella vita pubblica e nella politica interna
del Paese» (È possibile una politica delle sinistre?, «L’Illustrazione Italiana», 10 aprile 1949).
16 Cfr., ad es. G. Arfè, Storia del socialism o italiano 1892-1926, cit., pp. 169-170 e da ulti-

m o, su questo tem a, in un’ottica com parata, F. Canale Cama, Alla prova del fuoco. Socialisti
francesi e italiani di fronte alla prim a guerra m ondiale (1911-1916), Napoli, Guida, 20 0 6.
Introduzione 17

astratti, dicotom ici; il vero problem a consiste nel sapere in quale congiuntura
sociale e politica l’ambiente operaio è più ricettivo all’uno o all’altro»,17 non poté
che derivare la costante utilizzazione dei problem i di politica internazionale a fi-
ni interni:

(La linea del neutralism o) era basata su una valutazione volutam ente errata della situa-
zione internazionale, della quale non venivano visti i reali contorni, per potersi concentra-
re com pletam ente sulla politica interna. Il che significava per l’appunto usare la politica
internazionale strum entalmente agli obiettivi interni del partito, in m ancanza di un ade-
guato superam ento della dicotom ia interessi nazionali – socialism o in un contesto ostile.
E significava anche relegare la politica estera a pretesto polem ico di valore prevalente-
m ente sim bolico.18

Forse è proprio in questo diverso m odo di concepire il nesso nazionale-


internazionale 19 che si ritrovano le radici della successiva rottura, quindici anni
dopo quella del 1948-49, tra Nenni e Lom bardi, non solo sul m odo di stare al go-
verno, m a anche, più am piam ente, sulla concezione della politica, tra la politique
d’abord nenniana (quella che Foa ha felicem ente definito com e il «prim ato dello
schieram ento», destinato a perpetuarsi nel centro-sinistra 20 ) e l’attenzione ai
m utam enti sociali tipica di Lom bardi (una differenza per certi versi sim ile a
quella che si sarebbe verificata nel PCI tra Am endola e Ingrao).
Lo slogan, tratto da un’espressione di Maurras, fu utilizzato per la prim a vol-
ta da Nenni in un articolo dal titolo om onimo pubblicato, a firm a Noi, sul-
l’«Avanti!», edizione di Zurigo, del 28 giugno 1930 :

La tattica? Noi speriam o di non assistere più alle debilitanti accadem ie degli anni scorsi,
in cui i problem i della tattica erano discussi secondo uno spirito dogm atico che tutti li de-
form ava. Ciò non vuol dire che non ci saranno più tendenze e discussioni, m a ciò vuol dire
che discutendo, e se necessario opponendo un punto di vista ad un altro, il Partito proce-
derà secondo il m etodo che consiste nel non avere pregiudiziali tattiche e nel riconoscere
che la tattica è questione di m om ento e di circostanze. Un Partito che sa quel che vuole, e
quel che vuole lo vuole sul serio, non sarà m ai im barazzato sui m ezzi da im piegare se su-
bordinerà la sua azione a questo principio assoluto: tutto per e con la classe operaia, nien-
te senza o contro la classe operaia. Questo principio sarà quello del Partito Socialista Ita-
liano.21

17 G. Haupt, L’Internazionale socialista dalla Com une a Lenin, Torino, Einaudi 1978, p. 270 .
18 E. Di Nolfo, Il socialism o italiano tra i due blocchi, in AA.VV., Trent’anni di politica so-
cialista. Atti del convegno di Parm a, cit., pp. 55-56.
19 Per una discussione critica dell’im portanza di questo nesso, nel periodo da noi trattato,

cfr. R. Gualtieri, Nazionale e internazionale nell’Italia del dopoguerra 1943-1950 , «Italia con-
tem poranea», settembre 1999, pp. 446-463; S. Neri Serneri, Nazionale e internazionale. Socia-
listi e com unisti in Europa tra guerre e dopoguerra, «Contem poranea», ottobre 20 0 0 , pp.
743-749; A. Guiso, La colom ba e la spada. Lotta per la pace e antiam ericanism o nella politica
del Partito com unista italiano (1949-1954), Soveria Mannelli, Rubbettino, 20 0 6, pp. XV-XVI.
20 V. Foa, Il cavallo e la torre: riflessioni su una vita, Torino, Einaudi, 1991, p. 20 6.
21 Cfr., su questo ed altri aspetti della lingua di Nenni, F. Vian, Il lessico politico di Pietro

Nenni: coniazioni, neologism i, retrodatazioni (1921-1945), «Lingua nostra», giugno-settem bre


1991, p. 58.
18 Introduzione

Più in generale, la politique d’abord fu il tentativo – costante, nella lunga vita


politica di Nenni – di superare, sul piano a lui consono dell’attivism o e del volon-
tarism o, le insufficienze teoriche e culturali (oltre che organizzative, rispetto al
PCI), del socialism o italiano,22 finendo per privilegiare, nel periodo della guerra
fredda, le discussioni e le iniziative di carattere generale (soprattutto di politica
internazionale), tralasciando invece «l’elaborazione di un programma corrispon-
dente alla realtà nazionale» 23 . Potrem m o quindi dire, per usare un’espressione di
Giuliano Vassalli, citata da Stefano Merli, che Nenni passò in questa fase dalla
«politique d’abord alla guerre d’abord».24
Un metodo di azione politica della cui validità, peraltro, Nenni fu convinto fi-
no all’ultim o se ancora poco prim a della sua m orte dichiarò:

Di per sé, il fatto quotidiano è quasi sem pre negativo in rapporto ai princìpi. Ma resta, in
definitiva, il solo tentativo pratico di applicazione dei princìpi a una società data in una
condizione particolare […] La realtà com porta sem pre un distacco rispetto all’ideale. Tut-
to lo sforzo della politica sta nel non perdere il rapporto fra i due term ini, pur sapendo che
c’è appunto una distanza.25

Nell’analisi del loro operato non si può com unque prescindere, per Nenni
com e per gli altri dirigenti socialisti, dalla constatazione che il contesto nel quale
esso si svolse fu, soprattutto nei prim i anni della guerra fredda, di grave tensione
sul piano internazionale e di violenti contrasti su quello interno. In questa situa-
zione avrebbe probabilm ente scarso significato «rim proverare alla sinistra ita-
liana di essere storicam ente se stessa e cioè radicata nella tradizione leninista,
giacobina o anticlericale».26
Altro discorso è quello di considerare attentamente le contraddizioni del
Nenni uom o e politico che, accanto all’enunciazione di slogans ad effetto, faceva
poi proprie, in privato, le osservazioni di Cavour secondo cui «ciò che si differi-
sce non è perduto».27 In definitiva, bene si attaglierebbe a Nenni e alla sua lunga
e travagliata vita di leader politico, spesso perdente, m a sem pre alla ribalta della
lotta, il detto di Massimo Bontem pelli per cui «la storia è l’arte di aspettare», più
ancora di quella di governare.
Com e abbiam o sottolineato, in Nenni, com e in buona parte della classe diri-
gente italiana del secondo dopoguerra,28 l’attenzione per i tem i di politica estera

22 Cfr., a questo proposito, le osservazioni di Enzo Forcella in Nenni e il socialism o italiano,

«Mondo Operaio», aprile 1977, pp. 60 -61.


23 G. Arfè, ivi, p. 65.
24 Cfr. S. Merli, La politica unitaria tra antifascism o e guerra fredda, «Il Ponte», giugno

1992, p. 254.
25 La svolta del ‘56, intervista a cura di P. Amato, «Mondo Operaio», gennaio 1980, pp. 74-75.
26 P. Scoppola, Per una storia del centrism o, in G. Rossini (a cura di), De Gasperi e l’età del

centrism o, Roma, Cinque lune, 1984, p. 41.


27 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 64, nota del 7 aprile 1944.
28 Ennio di Nolfo scrive quindi di azioni in politica estera della classe dirigente «rivolte al-

l’obbiettivo loro funzionale di rafforzare gli equilibri politico-sociali esistenti, le azioni di oppo-
sizione a m odificarli e, se possibile, a distruggerli» (Dieci anni di politica estera italiana, in La
Introduzione 19

fu spiccata, m a sem pre strettam ente legata ai possibili riflessi di politica inter-
na,29 e quasi sem pre in m odo unidirezionale e scarsamente dialettico.30
Ciò ha però com portato, in particolare per il PSI, spesso isolato, alm eno fino
al 1966, rispetto all’Internazionale socialista e ai grandi partiti socialisti
dell’Europa occidentale e ai loro dibattiti, l’affrontare i tem i di politica interna-
zionale «in modo strum entale, considerando cioè la politica estera, del partito e
di tutto il paese, com e param etro ideologico o com e argomento politico-
polem ico, com e segno e luogo di schieram enti e alleanze [...] raram ente com e a-
zione politica possibile e contrassegnata dal carattere di essere azione, o propo-
sta d’azione individuale per la sua natura di frutto dell’elaborazione politica del
socialism o italiano» 31.
Per Nenni, ciò significò dapprim a sottovalutare la possibile utilizzazione, da
parte dei due m aggiori partiti, della logica della guerra fredda.32 Interessante, in
questo senso, il colloquio avuto a Rom a il 16 agosto 1946 (già nelle vesti, anche
se non form alm ente, di m inistro degli Esteri) con il m inistro plenipotenziario
francese Balay, capo delegazione della com m issione consultiva sulle questioni
italiane. In quella occasione, Nenni gli rivelò che «Molotov, qu’il a rencontré à
Paris, lui avait lasse entendre que l’Italie se trouvait à la croisée des chemins et
aurait intéret à choisir entre les deux forces du m onde m oderne. Mais, a ajouté
M. Nenni, l’Italie n’est pas à m èm e de choisir. Elle veut rester indépendante,
com m e la France, entre les deux blocs».33

politica estera italiana. Autonom ia, interdipendenza, integrazione e sicurezza, a cura di N.


Ronzitti, Milano, Ed. di Comunità, 1977, p. 10 4).
29 Cfr. E. Decleva, I socialisti fra unità europea e politica dei blocchi, in La Resistenza e

l’Europa, a cura di A. Colombo, Firenze, Le Monnier,1983, p. 159. Cfr. anche, dello stesso De-
cleva, La politica estera: dal frontism o alla riscoperta dell’Europa, in AA.VV., Storia del PSI,
vol. III, Dalla guerra fredda all’alternativa, Padova, Marsilio, 1980 , p. 22. Più propensi a con-
siderare l’im portanza e il ruolo ‘autonom o’ della politica estera in Nenni E. Santarelli, Pietro
Nenni. Profilo e problem i, «Italia contem poranea», luglio-agosto 1980 , p. 6 (anche per il pe-
riodo frontista: cfr. Pietro N enni cit., pp. 30 5-30 7) e A. Canavero, Nenni, i socialisti italiani e
la politica estera, in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di
potenza in Europa (1945-1950 ) cit., pp. 223-227.
30 Cfr. ad esem pio, in questo senso, T. Vecchietti, L’interdipendenza tra politica estera e in-

terna, «Avanti!», 23 febbraio 1955.


31 E. Di Nolfo, Il socialism o italiano tra i due blocchi cit., pp. 47-48.
32 Anche se il 26 agosto 1943 scriveva: «L’opportunismo dei comunisti è un opportunismo

tattico che non incide sulla loro volontà rivoluzionaria. Questa potrebbe flettersi in un caso so-
lo: se cioè noi andassim o verso una spartizione dell’Europa in due grandi zone di influenza so-
vietica e anglo-am ericana. Allora la subordinazione dei comunisti a Mosca diventerebbe una
rem ora, com e nell’agosto-settem bre del 1939. Rimane quindi il pericolo di una polarizzazione
della lotta politica in Italia pro o contro i com unisti» (Tem po di guerra fredda cit., pp. 32-33.
Cfr., sul tema, D. Ardia, Il rifiuto della potenza: il PSI e la politica di potenza in Europa, 1943-
1950 , in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi, a cura di, L’Italia e la politica di potenza in
Europa, 1945-1950 cit., p. 258).
33 Cfr. il testo del rapporto di Balay al m inistro degli Esteri Bidault in Docum ents diplom a-

tiques français, 1946, Tom e II, 1er juillet-31 décem bre, Bruxelles, Peter Lang, 20 0 4, p. 245. È
com unque, ancora in questa fase, una prospettiva diversa, alm eno nelle intenzioni, da quella
enunciata da Scoccim arro, al Com itato centrale del PCI: «Dobbiam o dichiararci apertam ente
contro ogni politica che si ispiri alla contrapposizione di blocchi internazionali che preludono a
20 Introduzione

Nenni dovette accorgersi ben presto dell’im possibilità di questo proposito,


com prendendo i pericoli derivati per il pieno svolgim ento dell’azione del PSI del-
la stessa costituzione del Com inform .34 È significativo, in questo senso, anche
per i riferim enti alla politica laburista, il suo intervento nella riunione della dire-
zione socialista del 14 ottobre 1947:

Il docum ento estende le responsabilità anche alla destra socialista, considerandola com e
agente della egem onia americana, e questo non è giusto. I socialisti hanno sem pre ricono-
sciuto l’esistenza di un tentativo di egemonia am ericana in Europa. Anche in Italia
l’ingerenza am ericana ha evitato il compiersi della rivoluzione popolare. Le cose che sono
dette in questo docum ento non sono dunque cose nuove, sono cose anzi che il nostro stes-
so partito, sia pure con un linguaggio diverso, ha sem pre detto. Si deve però osservare che
il Labour Party , se ha fatto una politica di alleanza con l’Am erica, non l’ha fatta per age-
volarne l’egemonia, m a perché è stato portato dalle cose e dalle necessità 35

Questa posizione procurò a Nenni, nel corso del dibattito, le esplicite critiche
di Lizzadri («Se venisse la guerra, che cosa farà il nostro Partito? Anche se ci so-
no alla base delle frizioni fra socialisti e com unisti non c’è socialista che non veda
nella Russia un baluardo del socialismo. Una neutralità assoluta ci farebbe porre
sullo stesso piano Russia e Am erica, e ciò non può essere accettato dalla base del
nostro partito») e di Cacciatore («Non basta im postare la cam pagna per la neu-
tralità. In caso di guerra, per noi partito socialista, si im pone di risolvere un pro-
blem a: da che parte andiam o? Ed è chiaro che noi sarem o per la Russia e non per
l’Am erica» 36 ), m a anche la sostanziale incom prensione di un uom o pure a lui
m olto vicino, Guido Mazzali:

Un errore im postare la questione della neutralità, che richiam a la non felice form ula di
Costantino Lazzari. Il PSI non può essere neutrale, perché ciò significa rifiutare l’apporto
che può recare alla soluzione dei problem i internazionali. Il nostro m anifesto prim a deve
insistere sui problem i nazionali, e poi im postare la questione della neutralità.

nuove guerre. Ma per l’Italia fare una politica di unità significa riavvicinarsi all’Unione Sovieti-
ca perché oggi, anche se formalm ente si afferma, dagli organi ufficiali, di non volere una politi-
ca di blocchi contrapposti, di fatto, invece, noi facciamo una politica di amicizia con l’Inghilter-
ra e con l’Am erica e di ostilità contro l’URSS» (FG, APC, riunione del CC del 27-29 aprile 1946).
34 Il 6 ottobre 1947, appresa la notizia della nascita del Com inform , Nenni scrisse: «Salvo

un fatto nuovo, si avvera che stiam o per essere sospinti a essere cento per cento o con l’Occi-
dente o con l’Oriente, ciò che per noi è im possibile» (Tem po di guerra fredda cit., p. 389. Cfr.
anche, sem pre a proposito della creazione del Com inform , C’è un partito della guerra?, «Avan-
ti!», 9 ottobre 1947 e, dello stesso Nenni, Ronda della pace. Neutralità italiana, ivi, 12 ottobre
1947).
35 ISRT, CFL, b. 5. Nenni e il PSI avevano salutato con entusiasm o la vittoria laburista alle

elezioni del luglio 1945: cfr. È l’aurora, «Avanti!», 27 luglio 1945; P. Nenni, Una vittoria che è
un invito per noi, ibidem .
36 Negli stessi giorni, il quotidiano socialista individuava nella politica statunitense il mag-

gior fattore di rischio per lo scoppio di una nuova guerra: cfr. C’è un partito della guerra, «Avan-
ti!», 9 ottobre 1947; Perché gli Stati Uniti dovrebbero fare la guerra, ivi, 10 ottobre 1947; Per
l’URSS la guerra sarebbe una m aledizione, ivi, 11 ottobre 1947.
Introduzione 21

Gli eventi del 1947 segnarono quindi, anche per il PSI, una svolta e, proba-
bilmente, il discorso di Nenni nel gennaio 1947, al congresso della scissione, fu
davvero «l’estrem o tentativo di coniugare l’amm irazione per il Labour Party con
quella per l’URSS e per i paesi dell’Est europeo e di afferm are per il partito socia-
lista quel ruolo centrale e di m ediazione che nel m utato contesto italiano ed in-
ternazionale non poteva più avere».37
Si era quindi rivelato decisam ente superato dagli eventi (come notò Riccardo
Lom bardi al congresso del PSI del gennaio 1948 38 ) il tentativo nenniano di uscire
dalle conseguenze del nuovo quadro internazionale prim a attraverso la ripropo-
sizione di un neutralism o favorevole al ritorno a Yalta e ai tem pi della grande al-
leanza antifascista, poi cercando un appoggio nel laburism o al potere.
Rendendosi conto dell’inesistenza della possibilità di una ‘terza via’,39 Nenni
finì quindi per accettare le convinzioni ideologiche di Morandi, trasform ando il
suo neutralismo in un pacifismo oggettivamente filo-sovietico, nella persuasione che
l’URSS costituisse la principale garanzia di pace nel m ondo e che non fosse pos-
sibile l’equidistanza tra Mosca, capitale della rivoluzione socialista, e Washington,
capitale dell’im perialism o, diversam ente da quanto auspicato da Lom bardi al
m om ento della sua adesione al PSI («Niente dunque ‘vie polacche’ e niente ‘vie
greche’. C’è ancora in Italia posto e m argine sufficiente per l’iniziativa dem ocra-
tica e socialista. Se quel posto sarà disertato e questo m argine sciupato la colpa
non sarà del risorgente fascism o, m a della risorgente futilità della sinistra» 40 ).
37 A. Canavero, Pietro Nenni, i socialisti italiani e l’Internazionale socialista tra Est e Ovest

dopo la seconda guerra m ondiale, in AA.VV., Les Internationales et le problèm e de la guerre


au XXe siècle, Rome, École française de Rome, 1987, p. 251; cfr. anche P. Sebastiani, Laburisti
inglesi e socialisti italiani. Dalla ricostituzione del PSIUP alla scissione di Palazzo Barberini,
da Transport House a Dow ning Street (1943-1947), Rom a, Quaderni della FIAP, 1983; A. Var-
sori, Il Labour Party e la crisi del socialism o italiano (1947-1948), «Socialism o/ Storia. Annali
della Fondazione Giacom o Brodolini e della Fondazione di studi storici Filippo Turati», 1988,
pp. 159-210 ; G. Gabrielli, Gli am ici am ericani. I socialisti italiani dalla guerra fredda alle ele-
zioni am m inistrative del 1952, Manduria, Lacaita, 20 0 4, pp. 37-41, 140 -145.
38 Cfr. R. Lombardi, Scritti politici (1945-1978), a cura di S. Colarizi, Venezia, Marsilio,

1978, pp. 140 -141


39 «La verità è che non si sfugge alla logica im placabile della lotta di classe e della lotta poli-

tica fra sinistra e destra, che è il riflesso della lotta di classe […] Codeste cose, che costituirono
il tragico insegnamento del prim o dopoguerra, ci si ripresentano nel secondo dopoguerra in
condizioni aggravate dal punto di vista della politica interna per il forte spostam ento verso il
com unism o, che il nazi-fascismo e la guerra hanno operato nella classe lavoratrice e, dal punto
di vista internazionale, per il contrasto fra gli Stati Uniti d’Am erica e l’Unione Sovietica, che
prende l’Europa in una m orsa e ne fa il cam po di m anovra e di interessi dei quali ancora non si
è trovato il termine di conciliazione. La tragedia del moderno movimento socialista è il riflesso
di codeste difficoltà. Quando restiamo fedeli alla fondam entale unità di interessi e di finalità
del proletariato e, in genere, delle classi lavoratrici, siamo accusati di fare il gioco dei comuni-
sti. Quando ci distacchiamo, facciamo obiettivamente la politica delle destre e scaviamo con le
nostre m ani la fossa al socialism o» (Pietro Nenni, La terza via che non c’è, «Avanti!», 6 luglio
1947; cfr. anche la relazione di Nenni al Com itato centrale del 13 settembre 1947, Le prospetti-
ve della lotta socialista illustrate da un discorso di Nenni, ivi, 12 settembre 1947).
40 R. Lom bardi, Né vie greche, né vie polacche, «L’Italia socialista», 25 settem bre 1947. Cfr.

anche L’adesione degli Azionisti al PSI è solidarietà con i lavoratori, «Avanti!», 22 ottobre
1947.
22 Introduzione

Per Nenni, viceversa, anche la collaborazione con i partiti di ‘terza forza’ di-
ventava im possibile, dal mom ento che in politica internazionale essi considera-
vano sullo stesso piano il socialism o sovietico e il capitalism o americano, finendo

per diventare servi di quest’ultim o. Ne derivano una organica incapacità d’azione, uno
sfasamento costante nel porre i problem i, una tendenza al pessim ism o proprio di chi è
spettatore e non attore della politica, soggetto o non oggetto della storia. Ci sono per for-
tuna grandi partiti socialisti o m inoranze socialiste in tutti i Paesi che non si lasciano in-
gannare dalle illusioni borghesi della terza forza. Con loro il nostro partito conduce la lot-
ta per la pace.41

Solo con la distensione si aprì per il PSI uno spiraglio per uscire dall’isola-
m ento e non è un caso che Nenni, con qualche forzatura sul piano della ricostru-
zione storica, riprenda inizialm ente, subito dopo la m orte di Stalin, il tem a del
ritorno alla politica di Yalta:

Non per niente nella polem ica incom inciata nel 1947 i motivi internazionali sono stati
prevalenti su quelli interni: voglio dire che abbiam o avuto la politica interna ed econom i-
co-sociale nella politica estera, e non viceversa [...] La nostra tesi costante fu ed è che a
Yalta e a Potsdam l’Unione Sovietica aveva indicato con estrem a chiarezza e lealtà il lim ite
delle sue rivendicazioni e della sua sicurezza, ond’era su quella base – allora accettata
senza riserve da Roosevelt, da Churchill e da Attlee – che riposava il nuovo equilibrio
m ondiale [...] Orbene, l’obiettivo fondam entale della nostra politica di pace è la liquida-
zione dei dispositivi di guerra im pliciti o espliciti nel Patto atlantico e il ritorno a una vi-
sione globale dei problem i del nuovo ordine m ondiale nello spirito di Yalta.42

Nenni appoggiò quindi il m iglioramento del rapporto tra i due blocchi che,
contem poraneam ente alla crisi del centrism o, schiudeva nuove prospettive per
l’apertura a sinistra. Erano le prem esse per giungere, dopo il 1956, alla sostanzia-
le accettazione della divisione del m ondo in blocchi e per quel filo-atlantism o che
condurrà al centro-sinistra, la nuova form ula di governo che com portò, per i so-
cialisti, un nuovo problem a (che sarà in buona parte l’oggetto del proseguim en-
to, in un successivo volume, di questa ricerca), quello «del ‘farsi accettare’, cioè
di collocarsi entro una strategia e in una linea tattica tali da coincidere con quelli
delle m aggiori potenze occidentali» 43 e, quindi, della com patibilità della propria
linea di politica estera con l’equilibrio internazionale vigente.44
Un problem a ben presente agli alleati statunitensi e ai possibili futuri par-
tners di governo del PSI: «Secondo uno schem a che si sarebbe ripetuto più volte
negli anni successivi, infatti, ogniqualvolta la possibilità dell’apertura a sinistra si
fosse rafforzata il governo avrebbe preso iniziative dalle esplicite caratterizzazio-
ni ‘atlantiche’ che o avrebbero alienato definitivamente il PSI dalla m aggioranza,
41 Dal discorso al congresso del PSI del gennaio 1948, in Il cappio delle alleanze cit., p. 133.
42 P. Nenni, Validità di una politica, «Avanti!», 12 aprile 1953.
43 E. Di Nolfo, Il significato politico della politica estera italiana, in G. Pasquino (a cura

di), Teoria e prassi delle relazioni internazionali, Napoli, Liguori, 1981, p. 146.
44 Cfr. E. Di Nolfo, Il socialism o italiano tra i due blocchi, in Trent’anni di politica sociali-

sta. Atti del convegno di Parm a, cit., p. 65.


Introduzione 23

o sarebbero state accettate forzando Nenni a tagliare definitivamente i legam i


con il PCI».45
Una accettazione giustificata dalla convinzione di poter spostare il quadro po-
litico interno ai fini di una crescita dell’intero Paese in senso dem ocratico e pro-
gressista; m a è anche vero che, com e ha notato Ennio Di Nolfo, questa im posta-
zione così apparentem ente (e finalm ente) ‘realistica’, finì per ripiegarsi su se
stessa, sugli obiettivi interni, tralasciando (con la solita, generosa, eccezione del-
l’orm ai anziano Nenni) l’opportunità di costruire delle relazioni internazionali
che «controbilanciando i collegam enti internazionali del blocco m oderato, raf-
forzassero in Italia se non il blocco socialista alm eno il blocco della m odernizza-
zione dem ocratica».46
Un’ultim a prem essa: nella narrazione degli eventi e nella sua analisi ho tenta-
to di utilizzare, per il tem a trattato e per preferenza metodologica, principalm en-
te due lenti – quella della storia politica 47 e quella della storia delle relazioni in-
ternazionali48 – nella speranza che siano riuscite a rafforzarsi reciprocam ente
nell’illustrare una vicenda nella quale, anche nella sconfitta e nel conform ism o,
per usare un’im m agine di Enzo Forcella, il fuoco (o alm eno – m i perm etto di ag-
giungere – qualche brace non del tutto spenta) continuò a bruciare sotto la cenere.

Ringraziam enti

Con una punta di retorica, si è soliti dire che un libro è un’avventura intellettuale e
um ana, per chi lo scrive (spesso) e per chi lo legge (m olto m eno frequentem ente). Tem o
che ciò avverrà anche in questo caso: ciò non m i esim e dal ringraziare con affetto tutti co-
loro che m i hanno aiutato, con il loro consiglio e la loro am icizia, nel corso di una ricerca
che è iniziata più di 20 anni fa. L’elenco delle persone con le quali ho discusso i tem i del
m io libro o che hanno agevolato in qualche m odo i m iei studi è perciò lunghissim o (a par-
tire dagli am ici e colleghi del Centro per gli studi di politica estera e opinione pubblica
dell’Università di Milano dove m i sono form ato, prim a tra tutti Silvia Pizzetti, a quelli
dell’Università di Bergam o, dove attualm ente lavoro) e non voglio davvero far torto ad
alcuno incorrendo in, sia pure involontarie, dim enticanze: solo per questo m otivo non
nom ino nessuno in particolare, perché l’apporto di ognuno è stato in ogni caso ‘particola-
re’. Se durante questa fatica ho capito qualcosa, è grazie alla riflessione su quanto avesse
ragione uno dei protagonisti delle vicende narrate, Pietro Nenni, quando afferm ava: «A
fare a gara a fare i puri, troverai sem pre uno più puro che ti epura». Da giovane m oralista
ci ridevo sopra, m a invecchiando si com prendono con m aggiore tolleranza le virtù (poche)

45 L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra. Im portanza e lim iti della presenza am eri-

cana in Italia, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 44.


46 E. Di Nolfo, Il socialism o italiano tra i due blocchi cit., p. 65
47 Per la sua, rinnovata, validità com e strum ento di interpretazione cfr. G. Orsina (a cura

di), Fare storia politica: il problem a dello spazio pubblico nell’età contem poranea, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 20 0 0 .
48 In questo campo rinvio agli studi di Brunello Vigezzi, in particolare, per ultim o, Politica

estera e opinione pubblica in Italia dall’Unità ai giorni nostri: orientam enti degli studi e pro-
spettive della ricerca, Milano, J aca book, 1991.
24 Introduzione

e le debolezze (m olte) dell’anim o um ano, a com inciare dalle proprie. Dedico questo libro
alla cara m em oria di m io padre e di Gaetano Arfè, socialisti.
I

DALL’«ACCETTAZIONE DELLA LEGGE DI GUERRA»


ALLA «POLITICA DI DISTENSIONE»
(1948-1955)

Io dico che non ci saranno più guerre col socialism o


– insistette Toni – . Chi vuoi che attacchi un Paese
socialista che non fa del m ale a nessuno? Un soldato,
uno del popolo, se è com andato di sparare contro un
Paese socialista, dirà: perché debbo am m azzare del-
la gente felice, che non fa del m ale a nessuno? Piut-
tosto facciam o anche noi il socialism o, dirà

Luisito Bianchi, La m essa dell’uom o disarm ato

1. DOPO IL 18 APRILE

Dalle testim onianze e dalle ricostruzioni storiche sulle elezioni del 18 aprile 1
risulta abbastanza chiaramente che la maggiorparte dei dirigenti del Fronte po-
polare ritenessero im probabile la conquista della maggioranza assoluta, m a che
com unque confidassero in una percentuale di suffragi sicuramente superiore al
40 %: «Le prospettive del Fronte, ad una settim ana dal traguardo elettorale,
stanno tra la certezza della m aggioranza relativa e la possibilità della m aggioran-
za assoluta».2
Ciò a dispetto dei dati di un sondaggio Doxa effettuato alla metà di m arzo 3 e
di quanto avevano notato gli osservatori internazionali, come l’am basciatore sta-
tunitense Dunn in un rapporto al Dipartim ento di Stato del 7 aprile 1948 in cui
elencava con precisione quelli che si sarebbero rivelati com e i principali m otivi
della sconfitta del Fronte:

1 Cfr. S. Fedele, Fronte popolare. La sinistra e le elezioni del 18 aprile 1948 , Milano, Bom -

piani, 1978, p. 144; G. Galli, La sinistra italiana nel dopoguerra, Milano, Il Saggiatore, 1978,
pp. 91-93; P. Spriano, Le passioni di un decennio (1946-1956), Garzanti, Milano, 1986, p. 96; P.
Di Loreto, Togliatti e la «doppiezza». Il PCI tra dem ocrazia e insurrezione (1944-49), Bolo-
gna, il Mulino, 1991, pp. 248-258; R. Martinelli, Storia del Partito com unista italiano, vol. VI,
Il ‘partito nuovo’ dalla Liberazione al 18 aprile, Torino, Einaudi, 1995, pp. 345-348; V. Za-
slavsky, Lo stalinism o e la sinistra italiana. Dal m ito dell’URSS alla fine del com unism o, 1945-
1991, Milano, Mondadori, 2004, pp. 79-82; E. Aga-Rossi - V. Zaslavsky, Togliatti e Stalin. Il PCI e
la politica estera staliniana negli archivi di Mosca, Bologna, il Mulino, 20 0 7, p. 248.
2 P. Nenni, Ad una settim ana dal traguardo, «Avanti!», 10 aprile 1948.
3 Cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia, vol. I, Milano, Giuffrè, 1966, pp.

464-467. Per le reazioni indispettite di com unisti e socialisti e, più in generale, per la storia di
questi sondaggi, cfr. S. Rinauro, Storia del sondaggio d’opinione in Italia, 1936-1994. Dal lun-
go rifiuto alla repubblica dei sondaggi, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti,
20 0 2, in particolare pp. 419-424.
26 Capitolo I

There is unanim ity in accumulating reports from varied including our consular posts
throughout Italy that governm ent oriented parties are gaining ground and an adverse
trend is setting in against the Front. Optim ism verging on over-confidence has been en-
countered in governm ent circles as Front vote recedes in m ost recent estim ates. This ebb
tide of Popular Dem ocratic Front generally is attributed to increased popular realization
of im portance of US aid program , Czechoslovakia and Trieste issues, positive acts of US
toward repelling Com m unist danger in Europe, Secretary Marshall’s clarification regar-
ding no aid to a Com m unist Italy4 and action of British Labour Party in favoring Italian
Socialist Unity group over Nenni Socialists.5

Per quanto riguardava il rischio di non poter più usufruire degli aiuti am eri-
cani, Leo Valiani, introducendo a Milano il com izio conclusivo della cam pagna
elettorale di Nenni, sottolineò che «con la vittoria del Fronte non cesserebbero
già le forniture am ericane, m a cesserebbe la loro m anom issione da parte della
Confindustria e della dem ocrazia cristiana».6 Nenni, in realtà, si era m ostrato a
lungo incerto sull’atteggiam ento da adottare nei confronti del Piano Marshall,
com e è evidente dal suo intervento in Direzione dell’11 luglio 1947, in cui rilevò i
profondi riflessi del Piano sulla politica interna italiana:

4 Sull’utilizzo delle dichiarazioni di Marshall durante la cam pagna elettorale cfr. E. Novelli,

Le elezioni del Quarantotto. Storia, strategie e im m agini della prim a cam pagna elettorale
repubblicana, Roma, Donzelli, 20 0 8, pp. 64-65 e, più in generale, S. Cavazza, Com unicazione
di m assa e sim bologia politica nella cam pagne elettorali del secondo dopoguerra, in P. L. Bal-
lini - M. Ridolfi (a cura di), Storia delle cam pagne elettorali in Italia, Milano, Bruno Monda-
dori, 20 0 2, pp. 20 4-214; E. Gelsom ini, Le cam pagne elettorali della prim a repubblica (1948-
1963), Manduria, Lacaita, 20 0 9, pp. 13-10 5.
5 FRUS, 1948, W estern Europe, vol. III, p. 868. Per gli incontri dei leaders laburisti inglesi

Morgan Phillips e Denis Healey con Nenni cfr. la relazione di Dunn del 17 m arzo 1948 (FRUS,
1948, W estern Europe, vol. III, pp. 854-856) e L’unità dei lavoratori europei presupposto
dell’azione del PSI, «Avanti!», 19 m arzo 1948. Sul ruolo di Dunn nella politica italiana cfr. K.
Mistry, Le dinam iche delle relazioni italo-statunitensi nel dopoguerra: l’interventism o am eri-
cano e il ruolo di Jam es C. Dunn, «Ricerche di storia politica», (20 0 9), 2, pp. 197-222. Pochi
giorni dopo, la delegazione del PSI, guidata da Morandi, si ritirava dalla riunione del Comisco
convocata a Londra: cfr. Morandi chiarisce il senso del ricatto tentato contro il PSI, ivi, 26
m arzo 1948; R. Morandi, Hanno di m ira l’Italia, ivi, 27 m arzo 1948; G. Mazzali, Con l’Italia,
ivi, 28 m arzo 1948; Le elezioni daranno una risposta alle inutili m anovre del Com isco, ivi, 1
aprile 1948.
6 La sicura vittoria del fronte porrà fine al dialogo fra sordi voluto da De Gasperi, ivi, 16

aprile 1948. Il m ese successivo, nella sua Lettera aperta ai congressisti del PSI, Valiani scrive-
rà: «Nei mesi precedenti alle elezioni italiane, i partiti com unisti dell’Europa occidentale, tra
cui quello italiano, si im pegnavano per dare scacco al piano Marshall […], il quale può avere
bensì, e certamente avrà a nostro giudizio, effetti politici e sociali equivoci e spesso perniciosi,
m a rappresenta purtuttavia un sollievo economico istantaneo per il ceto m edio italiano, finora
sballottato tra gli estremi dell’inflazione e della deflazione. In queste condizioni, fare lista elet-
torale com une con il partito com unista era condannarsi a priori alla perdita di m oltissimi voti
della piccola e m edia borghesia laica» (cfr. il testo completo dell’appello in IPSRSC, b. 71, fasc.
1429 e, per la posizione di Valiani, la lettera a Garosci del 12 giugno 1948, ivi, b. 42, fasc. 10 87,
pubblicata in A. Ricciardi, Leo Valiani. Gli anni della form azione. Tra socialism o, com unism o
e rivoluzione dem ocratica, Milano, Franco Angeli, 20 0 7, pp. 25-29).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 27

Noi dovrem m o esam inare se e com e si può uscire da questa situazione. Sul Piano Mar-
shall è nata una politica, la cui iniziativa è stata presa da Bevin e che accetta la form azione
dei due blocchi contrapposti. È difficile capire perché la Russia, che si dim ostra sem pre
m olto prudente, non abbia aderito all’invito. In questa situazione, l’Italia non è in condi-
zioni di poter fare alcuna politica propria, se non quella dell’approvvigionamento del pane.7

Le preoccupazioni di Nenni si accrebbero dopo il fallim ento della conferenza


di Parigi sul Piano Marshall. Il 4 luglio 1947, alla vigilia di una nuova conferenza
rivolta solo ai paesi occidentali, am m ise quindi che vi era un’unica soluzione per
l’Italia, quella della partecipazione. Aggiungeva però subito dopo: «Ma, da un la-
to, ci si può nascondere che la Conferenza di Parigi rischia di essere la prim a
concreta afferm azione del blocco occidentale? D’altro canto non andare vorrebbe
dire privarsi dell’aiuto americano che ci è indispensabile. De Gasperi sarebbe fe-
lice di poter m odificare l’opinione nazionale contro di noi. Se ne renderanno
conto i com unisti? Ne dubito».8
Ma già nella Direzione del PSI del 6 ottobre 1947 Nenni aveva messo in con-
nessione Piano Marshall e dottrina Trum an. Nella dichiarazione della Direzione,
stesa dallo stesso Nenni, si poteva infatti leggere: «La dottrina Trum an [...] ha
proiettato la sua om bra sul Piano Marshall ponendolo praticam ente in crisi pri-
m a ancora che prendesse consistenza».9 Pochi giorni dopo, com unque, Nenni
am m etterà che l’Italia aveva bisogno dei crediti americani «che pagherà con il
lavoro ed il risparm io, sull’esem pio delle generazioni del Risorgim ento costrette
dopo il 1870 a fare ricorso a prestiti esteri per organizzare su base m oderna la
vita econom ica della nazione».10
Ancora, al congresso dell’Astoria del gennaio 1948, dopo aver am m esso che
con gli aiuti del Piano il popolo italiano aveva contratto un debito di riconoscen-
za con quello statunitense, Nenni aggiungeva che negli aiuti americani si celava
«un grandioso tentativo di ricostituire sulle vecchie basi econom iche capitaliste
la distrutta econom ia borghese in un sistem a che unirebbe in un legam e di stret-
ta dipendenza tutta l’econom ia europea, fino all’Elba». La posizione del PSI era
quindi, in definitive, critica, anche se non negativa. L’Italia doveva però porre
una serie di condizioni (in gran parte irrealistiche, a dire il vero, o scontate):

1) evitare ogni im pegno che attraverso il m eccanism o del piano im plichi l’adesione ad un
sistem a di alleanze che spezzi l’unità econom ica e politica dell’Europa e del m ondo; 2)
salvaguardare in ogni caso il diritto del popolo a darsi le istituzioni e il governo che corri-

7 ISRT, CFL, b. 2. Cfr. anche, per la coscienza della necessità degli aiuti americani, Buon

viaggio e buona fortuna a Ivan Matteo Lom bardo, «Avanti!», 27 aprile 1947 e, per le prim e
reazioni al piano, A. Borgoni, Perché è fluida la politica am ericana, ivi, 8 giugno 1947; Id., La
nuova fase del piano Marshall, ivi, 15 novembre 1947; A. Banfi, Docum enti sul piano Mar-
shall, ivi, 2 dicem bre 1947.
8 Cfr. Tem po di guerra fredda cit., p. 374.
9 Cfr. Unione internazionale contro il partito della guerra! Unione nazionale contro il go-

verno della destra!, «Avanti!», 17 ottobre 1947.


10 P. Nenni, La neutralità è il problem a di oggi, «Avanti!», 26 ottobre 1947.
28 Capitolo I

spondono alla sua volontà; 3) sottrarsi a controlli stranieri sui piani econom ici di rico-
struzione e sulle riform e della struttura econom ica e sociale del Paese.11

«l’Unità» e l’«Avanti!». negli ultimi giorni della cam pagna elettorale,


nell’evidente tentativo di galvanizzare e spingere i m ilitanti allo sforzo finale,
pubblicarono quindi titoli a nove colonne nei quali si m anifestava l’assoluta cer-
tezza nella vittoria. L’«Avanti!» così titolò, rispettivam ente il 17, 18 e 19 aprile:
Dom ani la nostra vittoria; Oggi si vince; N ell’ordine la nostra vittoria. Il 18 a-
prile, inoltre, in un m essaggio indirizzato ai m ilitanti a nome della Direzione del
Partito, il segretario del PSI, Lelio Basso, scrisse: «Com pagni, spiegate al vento le
vostre bandiere, levate alti i vostri canti di vittoria, accendete i vostri fuochi di
gioia. L’alba di un nuovo giorno sta per spuntare».12
Ad urne aperte e accertata la clam orosa sconfitta, i leaders del PSI iniziarono
a interrogarsi sulle cause del tracollo. Le prim e analisi interpretarono la sconfitta
del Fronte com e un episodio della guerra fredda e della lotta di classe a livello
internazionale: fu quindi attribuita particolare im portanza alle pressioni vaticane
e alle ingerenze am ericane e al clim a di paura che si era generato,13 anche se si
am m etteva di aver sottovalutato gli effetti della scissione saragattiana.14
In particolare, la Direzione e Nenni in prim a persona chiesero alle varie fede-
razioni tutta la docum entazione relativa alle ingerenze del clero nel voto, susci-
tando però reazioni piuttosto discordanti:

Non com prendiam o bene lo scopo della richiesta: se è per una docum entazione della
pressione esercitata dalla DC sull’opinione pubblica, non possiam o darti altre inform a-
zioni che sulle note pressioni esercitate dai preti, dalla stampa governativa e filogoverna-
tiva. La DC, i preti, gli esponenti del governo am ericano e tutti coloro che hanno inviato
lettere dall’estero a cittadini della nostra provincia hanno esercitato il ricatto: vota Dem o-
crazia cristiana se vuoi m angiare. È questa una pressione illecita? Dal punto di vista m o-
rale sì, dal punto di vista giuridico e politico, no; onde riteniam o che non ci si possa basa-
re su tali argom enti per contestare la validità delle elezioni […]. Noi pensiam o che
l’opposizione che dovrem o condurre contro il Governo deve essere svolta sulla sostanza
dei provvedim enti governativi m an mano che verranno posti all’ordine del giorno, e non
sul terreno dell’opposizione di principio che avrebbe senso soltanto se gli esiti delle ele-
zioni fossero stati falsificati, e ciò non ci risulta.15

11 P. Nenni, Il cappio delle alleanze cit., pp. 126-130 .


12 Alcune dubbi stavano invece affiorando in Nenni, che proprio il 18 aprile scriveva nei
Diari, reduce dal com izio conclusivo a Torino: «Piazza San Carlo era un mare di ombrelli. Ho
notato però una certa inquietudine in alcuni compagni non più sicuri della vittoria come dieci
giorni or sono» (Tem po di guerra fredda cit., pp. 422-423).
13 «Come m ai ci è sfuggito il senso di paura al quale dobbiam o la sconfitta? Siam o dunque

così staccati dal paese da non saperne più controllare i sentimenti e le opinioni?» (ivi, p. 424).
14 Cfr. G. Mazzali, Il pane dell’inferno, «Avanti!», 22 aprile 1948; L. Basso, Prospettiva so-

cialista, ivi, 23 aprile; Chi ci poteva capire?, lettera di Fernando Santi a J ohn Clarke Adam s,
ivi, 24 aprile; P. Nenni, 1° m aggio. Meditazioni su una battaglia perduta, ivi, 1 m aggio e le
successive riflessioni di V. Foa, Questo Novecento, Torino, Einaudi, 1998, pp. 224-225.
15 Lettera a Pietro Nenni del 25 maggio 1948, con firm a illeggibile, della segreteria della fe-

derazione del PSI di Bergamo in FN, CN, b. 48; cfr. anche, sullo stesso tono, la lettera del segre-
tario della federazione di Milano, Guido Bernardi, ibidem .
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 29

Una lunga discussione sul voto si svolse in Direzione, in una serie di riunioni
dal 24 al 28 aprile che possiam o ricostruire, sia pure approssim ativamente, at-
traverso le carte dell’allora vicesegretario, Foscolo Lom bardi.16 Nella riunione del
24 aprile, Basso cercò di passare al contrattacco, dichiarandosi contrario alla ri-
chiesta di convocazione di un congresso straordinario («un atto di sabotaggio.
Quando ci si sofferm a a far delle polemiche sul passato è il sistema peggiore per
risolvere i problem i») e sostenendo invece la necessità di sciogliere una ventina
di federazioni. Il prim o a porre il problem a delle cause della sconfitta fu Riccardo
Lom bardi che, pur riafferm ando che il Fronte popolare restava «la difesa della
classe operaia», sostenne che la sua politica era fallita per aver assunto un atteg-
giam ento offensivo, avendo invece una funzione difensiva. In particolare, in poli-
tica internazionale era stata adottata pedissequamente la posizione com unista
sul Piano Marshall.17 Era quindi giunto il m om ento per precisare la posizione del
Partito, attraverso una responsabilità collettiva nell’azione di direzione, anche
perché vi erano grandi possibilità di recupero, puntando però non solo sulla clas-
se operaia, ma anche sui ceti m edi.
La discussione si incentrò quindi, oltre che sull’analisi del voto, sulle iniziati-
ve da prendere, a partire dalla convocazione del congresso e dall’accordo da tro-
vare con il PCI per una più equa redistribuzione dei seggi18 (dalla disfatta del

16 Cfr. ISRT, CFL, b. 2.


17 Anche Guido Mazzali, durante l’attivo della federazione socialista di Milano, affermò che
«fu evidentemente un errore avversare in blocco il Piano Marshall verso il quale potevamo e
anzi ci dovevamo porre su di una posizione critica m a non aprioristicamente negativa» («Avan-
ti!», 25 aprile 1948). Agostino Novella, intervenendo alla riunione della Direzione del PCI del
26 aprile 1948, sottolineò invece che i socialisti «hanno sempre cercato di mantenere, per
quanto riguarda il piano Marshall, una posizione intermedia tra i dem ocristiani e noi» (FG,
FM, b. 199), dim enticando che Togliatti, fino alla costituzione del Com inform , si era dimostrato
in linea di principio non ostile al Piano (cfr. A. Agosti, Palm iro Togliatti, Torino, Utet, 1996, p.
339; G. Gozzini - R. Martinelli, Storia del Partito com unista italiano, vol. VII, Dall’attentato a
Togliatti all’VIII congresso, Torino, Einaudi, 1998, p. 143).Cfr., in ogni caso, il testo del comi-
zio di Nenni a Milano del 15 m arzo 1948, Ridare al popolo l’iniziativa politica, «Avanti!», 16
m arzo 1948 e l’intervento di Pertini del 14 aprile in chiusura della cam pagna elettorale a Roma,
citato in un rapporto della Questura (ACS, Min. Int., PS, AA.GG.RR. 1947-1948, b. 256). Per
un’analisi di queste posizioni si vedano, oltre al com m ento di L. Salvatorelli, Nell’equivoco, «La
Stampa», 19 febbraio 1948, la lunga relazione dell’ambasciatore inglese a Rom a, Mallet, al m i-
nistro degli esteri, Bevin, in D. Sm yth - A. Gerolym atos (eds.), British Docum ents on Foreign
Affairs, part IV, series F, vol. 16: Portugal, Spain, Italy and the Vatican, 1948, University Pu-
blications of Am erica, 20 0 2, pp. 171-176; il rapporto dell’inviato am ericano Wolfers, cit. in P.
Mastrolilli - M. Molinari, L’Italia vista dalla Cia, 1948-20 0 4, Rom a-Bari, Laterza, 20 0 5, pp. 6-
7; G. Gabrielli, Gli am ici am ericani cit., pp. 146-149. L’atteggiam ento socialista risentiva anche
dello stato d’anim o del proprio elettorato in cui, com e m ostra un sondaggio Doxa del gennaio
1948, il 33% era favorevole al Piano, a fronte di un 34% di contrari e di un 33% di indecisi,
m entre tra gli elettori comunisti i favorevoli erano solo il 6% (cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto
sconosciuto dell’Italia cit., pp. 699-70 5).
18 Un accordo del 19 febbraio tra le due Direzioni prevedeva infatti di «concentrare le prefe-

renze su scala nazionale su un numero uguale di candidati alla Cam era dei Deputati, in modo
da ottenere un numero uguale di eletti. Qualora i risultati non corrispondessero alle previsioni,
si conviene di ristabilire le proporzioni, usando il diritto di opzione per le candidature plurim e
e provvedendo a dim issioni di candidati eletti» (FG, FM, b. 258). Il problem a fu affrontato dal-
30 Capitolo I

Fronte il PSI aveva subìto indubbiam ente i m aggiori danni, avendo ottenuto solo
42 seggi su un totale di 175, m eno della m età di quelli guadagnati dal PSIUP alla
Costituente 19 ), che fu posta con forza da J acom etti:

Non ci si rende conto della gravità in cui si trova il Partito ora. C’è una parte che tende
verso i com unisti, l’altra a destra. La linea politica del Partito è stata giusta. Nell’Italia set-
tentrionale non c’è stato il Fronte, m a un’alleanza social-com unista. Il Fronte non ha af-
frontato alcun problem a. La cosa è grave e non va sottovalutata. Il Partito è irritatissim o
contro la Direzione, soprattutto per l’errore delle preferenze. Bisogna dare qualche soddi-
sfazione. Bisogna fare un gruppo parlamentare socialista. Si sono picchiati a Torino nelle
fabbriche fra socialisti e comunisti.

Le im pressioni di J acometti furono conferm ate da Mazzali per ciò che riguar-
dava Milano («Grande irritazione [...]. C’è il pericolo della disgregazione, favori-
to dai comunisti che accusano il nostro partito di essere causa della sconfitta 20
[...]. Rim anere nel Fronte, m a concepirlo non come lo concepiscono i com uni-
sti» 21) e Cacciatore per la Cam pania («Istruzioni ai funzionari del PCI: isolare i
vertici del PSI e corroderne la base»).
L’intervento più analitico (prefigurando inoltre la sua azione futura, di co-
struzione di un partito di quadri) risultò però quello di Rodolfo Morandi:

Il Partito ha bisogno di direttive. Bisogna alm eno che questa Direzione prenda una posi-
zione, senza fare un appello generico che è controproducente. Dare rilievo alle cause di que-
sta situazione: l’intervento del clero, a cui va dato un significato; la pressione dall’esterno;
l’isolam ento dei partiti proletari. Altra causa specifica: concentrazione delle destre sulla
DC, alta percentuale di votanti [...]. Consente sugli errori dei com unisti, m a anche noi ab-
biam o sbagliato. C’è stata una incom prensione della politica del Fronte; il Partito non si è
m obilitato sulle nostre parole d’ordine. Deficienze organizzative. Non si può rivedere la

la Direzione del PCI del 26 aprile, che accolse la proposta di Togliatti di concedere ai socialisti
una trentina di seggi (cfr. P. Di Loreto, Togliatti e la «doppiezza» cit., pp. 259-261). Ma ancora
il 20 m aggio Nenni così rispondeva alle proteste di Adriano Bernardi, esponente del PSI di
Como: «Per quanto si riferisce alle dimissioni comuniste, le elezioni sono andate in modo tale
che è im possibile, non dico ottenere, ma chiedere l’esecuzione integrale degli im pegni interve-
nuti a suo tem po tra le due direzioni. Ciò determ inerebbe un’alterazione troppo grave nei risul-
tati voluti purtroppo dal corpo elettorale« (FN, CN, b. 48).
19 Cfr. G. Sabbatucci, Elettorato socialista e tradizione riform ista. La scissione di palazzo

Barberini e le elezioni del 18 aprile 1948 , in Id., Il riform ism o im possibile. Storie del sociali-
sm o italiano, Rom a-Bari, Laterza, 1991, pp. 79-91.
20 Ad esem pio, intervenendo il 25 aprile all’assem blea dei quadri della federazione romana

del PCI un autorevole dirigente com e Edoardo D’Onofrio rilevò «la com pattezza dim ostrata
dagli elem enti com unisti, che hanno fatto convergere senza eccezione i loro suffragi verso il
Fronte dem ocratico popolare, m entre analoga coesione non è stata riscontrata, specie nei pic-
coli centri provinciali e in quelli rurali, fra gli iscritti al PSI, che in violazione agli im pegni as-
sunti all’atto della costituzione del Fronte avrebbero in m aggioranza votato contro il Fronte ed
in favore della Dem ocrazia Cristiana» (cfr. la relazione della Questura di Rom a in Min. Int.,
Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 8).
21 Per le reazioni dei m ilitanti cfr. ad esempio O. Manunza, La sezione Andrea Ercolani del

Partito Socialista Italiano, in O. Manunza - G. Maggiolini, Vita di base a Milano, Milano, Ed.
Avanti!, 1961, pp. 53-57.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 31

nostra politica, perché non offre m argini di m ovim ento. Occorre reagire al colpo ricevuto.
Data l’inutilità di una opposizione parlam entare, occorre portare l’azione nel Paese e per-
ciò potenziare il Partito. Acquistare una m aggiore elasticità nei confronti del Piano Mar-
shall. Tutto questo lo credo possibile nel quadro del Fronte. Il Partito presentandosi solo
che cosa può fare? [...]. Fare un docum ento serio, sostanzioso, prom ettendo il Congresso a
settem bre e intanto stroncare l’azione di frazione e procedere alla revisione dei quadri.22

Nenni riprese quindi il tema della convocazione del Congresso, con una serie
di argom entazioni che lo m ostravano però ancora colpito dalla sconfitta del
Fronte, della cui costituzione era stato uno dei principali sostenitori: 23

Non possiam o tagliare la corda. Non possiam o esim erci da rendere i conti al Partito. La
seconda (necessità) offre il pericolo di farci arrivare ad un Congresso in cui i risentim enti
e le irritazioni personali prevalgano sui fatti obbiettivi. Il Congresso va preparato. Non si
può credere di rim ediare con lo scioglim ento delle Federazioni. Ci vuole un periodo di ri-
piegam ento, per ritrovarsi. Se noi volessim o andare di qui a due m esi a un Congresso per
farci conferm are il m andato, consegnerem m o il partito a Rom ita. Bisogna essere noi a
cercare, creare un gruppo di uom ini a cui consegnare il Partito. Questa politica di ripie-

22 Era un atteggiam ento, certam ente ideologico, m a pragm atico al tem po stesso, che m ostrò

durante tutta la sua attività successiva di vicesegretario e che gli valse la stima di tutto il parti-
to: «A questo punto diventava estremam ente difficile ipotizzare delle posizioni m ediane, trova-
re un terreno che non fosse quello dell’unità d’azione e che non fosse quello della opposizione
al centrismo. Per molti di noi, anche per quelli che la scelta frontista non avevano avversato,
m a che nei confronti dello stalinism o mantenevano aperte tutte le riserve etiche, ideali e politi-
che, si trattava di una via obbligata. Su questa via obbligata, Morandi rappresentava un punto
ferm o, rappresentava un uomo che ispirava fiducia. Perché ispirava fiducia? Innanzitutto per-
ché con Morandi si aveva un m utam ento radicale, profondo, dei m etodi di organizzazione e di
vita interna del partito. Il PSI non è mai stato un partito di ferrea organizzazione, non è mai
stato un partito che abbia avuto un forte senso della disciplina. Con Morandi, per la prima vol-
ta, avevam o un partito in cui la Direzione contava qualche cosa, era un organism o che metteva
ordine, che garantiva pulizia all’interno del Partito, che dava questo senso di lavorare in un
m eccanismo, in cui il lavoro non andava perduto, quello che si faceva veniva convogliato verso
un fine, dove ogni energia poteva venire utilizzata» (G. Arfè, Ricordo di Rodolfo Morandi, atti
del convegno di Cesena, 13 dicem bre 1976, Cesena, Circolo culturale Rodolfo Morandi, 1977, p.
35; cfr. anche, per la riorganizzazione del PSI in questo periodo, F. Cazzola, Il partito com e or-
ganizzazione. Studio di un caso: il Partito socialista italiano, Roma, Ed. del Tritone, 1970 , pp.
110 -112 e in particolare, per il ruolo di Morandi, E. Santarelli, Pietro Nenni cit., p. 311; A. Ago-
sti, Riccardo Lom bardi e Rodolfo Morandi: due concezioni del partito, «Il Ponte», novem bre-
dicem bre 1989, pp. 10 4-110 ; M. Degl’Innocenti, Storia del PSI. Dal dopoguerra a oggi, Roma-
Bari, Laterza 1993, pp. 122-131).
23 Cfr. il suo intervento al Congresso dell’Astoria: «Occorre fare un blocco, occorre che il

Fronte abbia una com une origine elettorale perché l’esperienza dim ostra che le alleanze che si
costituiscono tra i vertici sono caduche e solo quelle che si stabiliscono fra le basi sono salde e
durature. In questo m odo noi offriamo alle m asse uno strumento di lotta democratica, cioè uno
strum ento socialista» (cit. in V. Gorresio, Nenni espone il program m a del ‘fronte’ socialcom u-
nista, «La Stampa», 22 gennaio 1948. Nenni aveva preannunciato la sua posizione nel collo-
quio con Malenkov tenutosi in Cecoslovacchia il 25 novem bre 1947: cfr. V. Zaslavsky, Lo stali-
nism o e la sinistra italiana cit., pp. 161-162).
32 Capitolo I

gam ento noi non la possiamo fare; si potrebbe essere accusati di adattarci a qualunque
politica pur di rim anere a galla. Pensa a Sandro Pertini, nonostante i suoi difetti.24

Di fronte alle ripetute richieste di Lom bardi e J acom etti, sostanzialm ente ab-
bandonato da Nenni e Morandi, Basso fu costretto ad arrendersi ed accettare la
convocazione del congresso straordinario (contem poraneamente richiesto anche
dalla corrente di Rom ita 25).
Nell’Indirizzo della Direzione del Partito socialista a tutti i m ilitanti, pubbli-
cato sull’«Avanti!» del 29 aprile, si iniziò quindi a parlare di errori e di ritardi del
Fronte, m entre si annunziava la convocazione, per il 15-16-17 m aggio, del Consi-
glio nazionale del Partito 26 che, a sua volta, deliberò di fissare il congresso stra-
ordinario a Genova, dal 27 al 30 giugno: in quella stessa occasione Basso annun-
ziò di non voler riproporre la propria candidatura alla segreteria.27

2. «R ISCOSSA SOCIALISTA»: IL CONGRESSO DI GENOVA

Il dibattito precongressuale iniziò il 27 m aggio, con la presentazione alla Di-


rezione della relazione di Basso, che fu approvata con l’astensione di Perrotti, J a-
com etti, Lombardi, Santi e Lombroso, cioè di quelli che saranno alcuni dei prin-
cipali firm atari, insieme a Pertini (al congresso del gennaio 1948 era stato uno
dei prom otori della mozione che, pur favorevole alla creazione del Fronte popo-
lare, si batteva per liste separate 28 ), della m ozione di «Riscossa socialista», una

24 Negli stessi giorni Nenni scriveva nei suoi Diari: «Io sarò rovesciato e rovesciato

dall’egoism o dei comunisti, dalla loro sostanziale incapacità di fare una politica unitaria che
non sia esclusivam ente a profitto loro e della loro organizzazione» (Tem po di guerra fredda
cit., p. 424; cfr. an che le note del 28 e 30 aprile, p. 426, che riferiscono del dibattito in Dire-
zione.
25 Cfr. v.g. (Vittorio Gorresio), Rom ita pone in stato d’accusa tutta la direzione del suo par-

tito, «La Stam pa», 27 aprile 1948.


26 Cfr. Il Consiglio nazionale del PSI convocato a Rom a il 15 m aggio, «Avanti!», 27 aprile

1948: in questo articolo si riconosce l’innegabile esistenza, alla base del Partito, di «una crisi di
scontento e di irritazione, sia per l’insuccesso del Fronte e forse ancor più per l’insuccesso elet-
torale del Partito, a causa del gioco interno delle preferenze».
27 Cfr. ivi, 16 m aggio 1948.
28 La mozione, presentata da Pieraccini, ottenne il 32,67% dei voti congressuali e fu firmata

anche da Lombardi, Romita, Foa: cfr. E. Di Nolfo - G. Muzzi, La ricostituzione del PSI. Resi-
stenza, Repubblica, Costituente (1943-1948), in G. Sabbatucci (a cura di), Storia del socialism o
italiano, vol. V, Roma, Il Poligono, 1981, pp. 233-236; G. Scroccu, La passione di un socialista.
Sandro Pertini e il PSI dalla Liberazione agli anni del centro-sinistra, Manduria, Lacaita,
20 0 8, pp. 76-77 e la testim onianza di G. Andreotti, 1948. L’anno dello scam pato pericolo, Mi-
lano, Rizzoli, 20 0 5, p. 21. In un biglietto inviato a De Martino il 16 aprile 1984 in occasione del-
la pubblicazione del suo libro Un’epoca del socialism o, Pertini volle precisare con molta durez-
za che «Lombardi in Direzione nulla disse contro la lista unica e al Congresso votò a favore,
anche se oggi mentendo afferma che in direzione non votò perché non era concesso il voto “agli
azionisti entrati nel PSI”. Mente, come sempre. Così m ente quando afferm a che al Congresso
dell’Astoria non votò perché a casa am malato! Mentalità da ex mem bro dell’Azione cattolica.
Mio madornale errore essermi presentato al Congresso di Genova con lui e i suoi am ici! Ma vi
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 33

delle tre m ozioni che furono presentate, insieme a quella della «Sinistra» (Nen-
ni, Morandi) e a quella «Autonom ista» (Rom ita).
Nella sua relazione (i cui punti sostanzialm ente ripeterà al congresso) Basso
individuò le cause della sconfitta del 18 aprile nella ritirata del m ovim ento ope-
raio internazionale di fronte alla controffensiva reazionaria, nelle ingerenze degli
USA, del Vaticano e degli apparati dello Stato, m a anche nell’incapacità del Fron-
te di dar vita ad un’alleanza di operai, contadini e ceti medi per dar vita ad una
politica di riform e di struttura, riducendosi così ad un sem plice cartello elettora-
le «nel quale era inevitabile che, se non altro, la m aggior presenza num erica dei
com unisti dovesse im primere [...] un significato diverso da quello che si era volu-
to dargli».29
Ciò che distingueva fra loro le tre m ozioni, ferm o restando l’accordo sulla na-
tura classista del PSI e l’opposizione al governo, era la posizione da assum ere nei
confronti del PCI sul piano interno e dell’URSS su quello internazionale. Mentre
infatti la m ozione della Sinistra, evitando qualsiasi analisi critica dell’operato del
Fronte, riconferm ava «le direttive costanti del Partito per l’unità d’azione dei due
Partiti della classe lavoratrice e per il fronte di tutte le forze democratiche del
Paese contro il regim e clerico-m oderato»,30 respingendo «qualsiasi collusione
con le forze che preparano contro l’Unione Sovietica e le dem ocrazie popolari la
terza guerra di rivincita del capitalismo», accusando quindi il Com isco di essere
«venuto meno alla sua originaria funzione trasform andosi in uno strum ento
dell’im perialism o capitalistico»,31 «Riscossa socialista» denunciò gli errori del
PSI all’interno del Fronte. Il PSI non era infatti riuscito a far em ergere nel Paese
i tem i propri del socialism o e aveva quindi contribuito alla polarizzazione tra
com unism o e anticom unism o. Pur ribadendo l’im portanza dei vincoli fraterni
che legavano PCI e PSI, si sottolineava come il compito dei socialisti di tenere
aperta nella dem ocrazia la strada delle riform e e della pace «non si assolve con-
tinuando ad insistere su schem i astratti, su form ule senza vita, che conducono
più all’isolamento delle forze di sinistra che non alla loro unità».

rim ediai durante il Congresso» (ASS, CDM, b. 117, f. 791; cfr. il dibattito nella Direzione del PSI
del 13-14 gennaio 1948 in ISRT, CFL, b. 5). In realtà la posizione di Lombardi sul punto, al
congresso dell’Astoria, fu m olto chiara, sottolineando come il dissenso sulla tattica elettorale
celasse un insufficiente approfondim ento sulla politica del Fronte e così concludendo il suo in-
tervento: «Non sarei per una tattica di liste uniche. Una riserva di politica socialista deve sem -
pre esistere nel paese. Se noi possiam o farla coincidere con la politica del Fronte, dobbiamo
accettare tutte le conseguenze del Fronte. Se, per contro, su questo terreno non si potesse addi-
venire, è necessario che una voce socialista, che una delegazione socialista esista sem pre nel
paese e allora il problem a dell’autonomia si pone» (Riccardo Lombardi, Scritti politici (1945-
1978), cit., p. 142).
29 «Avanti!», 1 giugno 1948.
30 È la linea del Niente nem ici a sinistra, enunciata già da Nenni, in un articolo dallo stesso

titolo, sull’«Avanti!» dell’11 giugno 1946


31 Cfr., oltre a L. Basso, L’Internazionale, ivi, 5 giugno 1948 e a T. Vecchietti, La politica del

cordone sanitario, ivi, 23 giugno, il testo della m ozione in F. Pedone (a cura di), Il Partito So-
cialista Italiano nei suoi congressi, vol. V, 1942-1955, Milano, Ed. del Gallo, 1968, pp. 236-238.
34 Capitolo I

Sul piano internazionale l’obiettivo era quello della neutralità assoluta, del ri-
fiuto di concludere alleanze e blocchi di qualsiasi genere, del ripudio di qualsiasi
concezione economica autarchica, «senza accettare rapporti esclusivi con una
parte del m ondo contro l’altra». Fu infine espressa la volontà di m antenere rap-
porti fraterni con il Com isco, pur sottolineando che l’ostilità m ostrata dall’Inter-
nazionale socialista nei confronti del PSI non aveva contribuito ad agevolare i
com piti che quest’ultim o si era assegnato.32
La m ozione autonom ista, da ultim a, dopo aver espresso la necessità per il PSI
di riassum ere «la propria autonom ia da qualsiasi altra organizzazione politica»,
individuava nel Com isco «il mezzo idoneo al consolidam ento del socialism o in
Europa ed al conseguim ento di più certe garanzie di pace nel m ondo» e auspica-
va la riunificazione di tutte le forze autenticam ente socialiste sotto la bandiera
del PSI.33
Questi temi trovarono occasione di acceso dibattito nell’ambito del Congres-
so. Così Nenni afferm ò nel suo discorso che

per l’analisi obiettiva degli avvenim enti è necessario collegare la situazione italiana a
quella internazionale [...]. Già l’Europa è teatro della terza guerra di rivincita capitalisti-
ca.34 Non si tratta quindi di libertà e di dem ocrazia, m a dell’urto da cui dipende l’esistenza
dell’Unione Sovietica. L’URSS ha sem pre rappresentato per il PSI, anche nelle fasi di più
acuto contrasto tra socialisti e com unisti, il m aggior sforzo storicam ente registrabile per
la creazione di un m ondo socialista.35

Lom bardi rispose di non accettare la tesi com unista che identificava gli inte-
ressi della classe operaia con quelli dell’Unione Sovietica e concluse il suo inter-
vento affermando che, se avesse accettato «questa interpretazione com unista
della lotta di classe com e fanno alcuni nostri com pagni m i sentirei onorato di
chiedere l’iscrizione al Partito comunista»: 36 la differenza tra PCI e PSI non era
soltanto «di abito mentale o di linguaggio, è qualcosa di più profondo sia nella

32 Cfr. l’«Avanti!», 2 luglio 1948.


33 Cfr. il testo in F. Pedone (a cura di), Il Partito Socialista Italiano nei suoi congressi cit.,
pp. 238-239.
34 Cfr., su questo tem a, anche il discorso di Nenni al congresso socialista del gennaio 1948:

«Tutti gli interessi conservatori e reazionari del m ondo tendono orm ai a coalizzarsi sulla piat-
taforma della terza guerra, puntando sugli Stati Uniti d’Am erica com e forza che può, quando lo
voglia, portare il conflitto dal piano politico e diplom atico su quello m ilitare. Il partito della
guerra è incoraggiato nelle sue speranze dalle dichiarazioni di carattere bellicista e im perialista
di frequente risuonate in questi ultim i m esi oltre Atlantico» (il testo del discorso in P. Nenni, Il
cappio delle alleanze cit., pp. 115-134, in particolare pp. 117-118).
35 Cfr. l’«Avanti!», 30 giugno 1948.
36 Non m olto diversamente Nenni aveva scritto nei suoi Diari quattro anni prim a, il 29

m arzo 1944, com m entando il riconoscimento del governo Badoglio da parte dell’Unione Sovie-
tica: «Nella sua linea generale l’Unione Sovietica non ha interessi diversi da quelli del proleta-
riato internazionale e della rivoluzione proletaria di cui è la prim a vittoriosa realizzazione, sen-
za che ne derivi che ognuno dei suoi atti, delle sue iniziative, delle sue esperienze particolari,
coincida m eccanicamente con l’interesse del proletariato internazionale e dei proletari dei vari
paesi» (Tem po di guerra fredda cit., pp. 56-57).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 35

struttura che nella sostanza. Il socialismo è tutto im pregnato di spirito dem ocra-
tico che poggia su una sua concezione della società».37
Su questa linea J acometti giunse a dire, suscitando le proteste di una parte
dei congressisti: «Noi siam o per una politica di classe: m a dobbiam o parlare
chiaro al PCI [...] I nostri com pagni nelle sezioni non guardano all’anticom uni-
sm o, m a rivendicano l’indipendenza del PSI. E se i com unisti ci pestano i piedi,
noi dobbiam o pure pestarli a loro».38
Per Romita, infine, sia il Fronte che il patto d’unità d’azione erano orm ai su-
perati; dietro la garanzia che l’autonom ia del PSI sarebbe stata rispettata, col PCI
ci si poteva, al lim ite, accordare su un patto di difesa «qualora la reazione cercas-
se di colpirci com e nel ’22».39
«Riscossa socialista» perse, nel corso del congresso, l’appoggio di Pertini, che
nel suo intervento m ostrò di non condividere l’im postazione data dagli altri e-
sponenti della m ozione al tem a dei rapporti con il PCI e con l’URSS, afferm ando
la perdurante validità dell’esperienza frontista («la parola autonom ia m i ricorda
l’uso della parola patria, fatto nel 1921. Allora, quella parola era pericolosa, per-
ché significava nazionalism o; oggi autonom ia significa anticom unism o. Per que-
sto io ho paura di pronunciarla») e rim arcando che «la borghesia ha risolto solo
il problem a della libertà politica, non quello della libertà sociale, m entre in O-
riente si sta risolvendo il problem a di questa libertà» .40
Dovette quindi intervenire Pieraccini, a nome dei firm atari e dei delegati di
«Riscossa socialista», per precisare che l’interpretazione esatta della linea politi-
ca espressa dalla m ozione era quella esposta da Lom bardi: «Consapevoli che
l’unità del partito e la sua rinascita si possono basare soltanto sulle posizioni di
una solenne riafferm azione della politica unitaria della classe lavoratrice nella
indipendenza del partito, quale contenuto della mozione di ‘Riscossa’, la riaffer-
m iam o».41

37 Cfr. l’«Avanti!», 30 giugno 1948.


38 Ibidem .
39 Cfr. l’«Avanti!>», 29 giugno 1948.
40 Cfr. ivi, 30 giugno 1948 e la lettera dello stesso Pertini, ivi, 2 luglio 1948. Si com prende

quindi il tono entusiasta del com m ento dell’inviato dell’«Unità»: «Il discorso di Pertini non ha
deluso l’aspettativa perché è stato chiarissim o sui punti fondam entali e futuri della politica so-
cialista, ha dissipato equivoci e, isolando la destra contro la quale egli ha continuam ente pole-
m izzato, ha offerto la possibilità di unire tutte le correnti sinceram ente socialiste» (O. Pastore,
Nenni e Pertini per l’unità della classe operaia, «l’Unità», 30 giugno 1948. I dirigenti comuni-
sti non m ostravano comunque m olta fiducia in Pertini: cfr. V. Zaslavsky, Lo stalinism o e la si-
nistra italiana cit., p. 168). Sul discorso di Pertini, cfr. anche la testimonianza m olto critica di
A. Spinelli, Consigli ai Babbit della sinistra, «L’Italia socialista», 6 luglio 1948 e Id., Diario
europeo 1948-1969, Bologna, il Mulino, 1989, p. 10 -12 (cfr., su tutta la vicenda, le note di P.
Graglia in A. Spinelli, Europa terza forza. Politica estera e difesa com une negli anni della
guerra fredda. Scritti 1947-1954, Bologna, Il Mulino, 20 0 0 , pp. 147-154).
41 Cfr. l’«Avanti!», 30 giugno 1948 e, su tutto l’episodio, P. Nenni, Tem po di guerra fredda

cit., p. 439-441; F. De Martino, Un’epoca del socialism o, Firenze, La Nuova Italia 1983, p. 133;
F. Pedone (a cura di), Il Partito socialista italiano nei suoi congressi, vol. V cit., pp. 226-229;
G. Scroccu, La passione di un socialista cit., pp. 87-96. Pieraccini ha sottolineato recentem ente
come il compito di «Riscossa socialista» fosse «nello stesso tempo, facile e difficile. Facile per-
36 Capitolo I

I risultati congressuali videro com unque la vittoria di ‘Riscossa socialista’ con


il 42% dei voti, contro il 31,5% della Sinistra e il 26.5% della m ozione di Rom ita.
Fu quindi eletta una Direzione minoritaria com posta unicamente da esponenti di
«Riscossa socialista» 42 che, nella sua prim a riunione, nom inò Alberto J acom etti
alla segreteria del Partito 43 e Riccardo Lom bardi alla direzione dell’«Avanti!»,
subentrando a Guido Mazzali.44
Lom bardi ribadì fin dai prim i articoli sull’«Avanti!» la linea di ‘Riscossa so-
cialista’, guidata da due m otivi fondamentali, uno di politica interna, l’altro di

ché ci sosteneva un’ondata favorevole che saliva dalla base che, in quell’ora, annullava il presti-
gio dei più grandi leader a partire dallo stesso Nenni, a Morandi, e a Basso. Difficile perché non
avevamo un’organizzazione, non avevamo mezzi, non avevamo alleati, poiché non volevamo
allinearci con la socialdemocrazia di Saragat e neppure con Romita. Notate che ci chiamammo
‘autonom isti’, non ‘riform isti’: il riform ismo era ancora lontano. Questa debolezza ci fu ben
presto fatale, insieme, com e ora vedo chiaramente, alla debolezza teorica e politica» (G. Pierac-
cini con F. Vander, Socialism o e riform ism o. Un dialogo fra passato e presente, Genova-
Roma, Marietti 1820 , 20 0 6, pp. 123-124).
42 Secondo la testim onianza di Lom bardi «fu Morandi il più ostinato, nelle lunghe trattative

della notte, a non volere la rappresentanza della m inoranza, evidentemente già con l’intenzione
di sabotare la nuova Direzione» (Il PSI negli anni dello stalinism o, tavola rotonda con P. Ama-
to, L. Basso, F. Coen, R. Lombardi, «Mondo Operaio», febbraio 1979, p. 85). Diversam ente,
Nenni afferma nei suoi Diari che «la nuova direzione sembrava virtualm ente fatta sulla base di
un accordo della sinistra con ‘Riscossa’ [...] quando, in un incontro tra i dirigenti di ‘Riscossa’ e
la destra, Pertini ha buttato tutto all’aria dichiarando che non soltanto non accettava la segrete-
ria, m a n on sarebbe n eppure en trato n ella n uova Direzion e» (Tem p o di guerra fredda cit.,
p. 441).
43 Su J acom etti cfr. R. Fiamm etti, Alberto Jacom etti dal prim o dopoguerra alla stagione

del centrosinistra: la vita e l’im pegno politico, «Il Politico», (1991), 4, pp. 713-728.
44 Cfr. l’«Avanti!», 6 e 7 luglio 1948. Per i giudizi abbastanza sferzanti di Nenni verso i nuo-

vi dirigenti cfr. Tem po di guerra fredda cit., pp. 442-443. Lo stesso Nenni, in una lettera del 6
gennaio 1949 al deputato veneziano Tonetti, della cui volontà di uscire dal PSI era venuto a co-
noscenza tramite Togliatti, scriveva: «Naturalm ente capisco il tuo disgusto per il Congresso di
Genova. Il mio non è m inore. Ma non si tratta dei nostri gusti e disgusti. Il tuo passaggio al PCI
aprirebbe la secessione a sinistra. Secessione ai fini della lotta di classe? PSI e «Avanti!» hanno
ancora un loro valore. Consegnarli alla destra per l’opera di tradimento che sta com piendo sa-
rebbe un grave errore, anche per giudizio dei com unisti più lungim iranti. Il nostro dovere è di
riconquistare il Partito e mettere i riformisti in condizione di passare con Saragat. Questo ha
una im portanza politica, mentre non ne ha nessuna il passaggio di alcuni di noi al PCI. Noi
dobbiamo riorganizzare la sinistra e fare a breve di nuovo un congresso decisivo. Più che mai in
questa fase della lotta di classe due organizzazioni sono necessarie se vogliamo sfruttare a fon-
do le possibilità di azione che nei prossimi m esi non mancheranno» (FG, CTO, Carte Botteghe
Oscure, Corrispondenza, b. 3. Il testo della lettera fu inviato dallo stesso Tonetti a Togliatti il 2
ottobre 1957 «a titolo di curiosità storica»). La posizione di Nenni è peraltro confermata
dall’intervento di Morandi nella riunione di corrente della sinistra del 6 dicembre 1948, in cui
affermò di sentire il peso della responsabilità assunta «verso quei com pagni che avevano inten-
zione di passare nelle file del PCI» precisando inoltre che «nei colloqui avuti con i dirigenti del
PCI si è d’accordo perché non avvenga una campagna di reclutam ento nei confronti dei sociali-
sti di sinistra ma che anzi il PCI vede con piacere l’organizzarsi e il rafforzarsi si una sinistra in
seno al PSI» (FG, FM, b. 260 ). Su Tonetti, oltre alla sua autobiografia, Un patrizio rivoluziona-
rio, Venezia, Stam peria di Venezia, 1970 , cfr. C. Chinello, Giovanni Tonetti il ‘conte rosso’.
Contrasti di una vita e di una m ilitanza (1888-1970 ), Supernova, Venezia 1997; M. Fioravan-
zo, Élites e generazioni politiche. Dem ocristiani socialisti e com unisti veneti (1945-1962), Mi-
lano, Franco Angeli, 20 0 3, pp. 374-377, 414.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 37

politica internazionale, «fra di loro connessi e reciprocam ente condizionanti:


conferm a e difesa della politica unitaria delle forze dem ocratiche e rifiuto di i-
dentificazione della frontiera fra classe lavoratrice e classe capitalistica con la
frontiera fra Stati socialisti e Stati capitalistici».
In particolare, a questo proposito, si trattava di stabilire se il PSI dovesse se-
guire «come criterio di azione politica l’assecondam ento delle esigenze della po-
litica estera dell’Unione Sovietica identificando la lotta di classe con la lotta tra
Unione Sovietica e stati capitalistici».45
Gli obiettivi (e le difficoltà) del nuovo corso socialista furono indicati con acu-
tezza dall’ambasciatore inglese Mallet in un suo rapporto del 13 luglio 1948 in cui
osservava che

the new party executive, meeting in Rom e on 8th J uly, felt itself entitled to interpret the
spirit of the congress as authority to conduct a clear-out autonom ous policy which it will
elaborate at the next m eeting of the joint (Popular Front) com m ittee with the Com m u-
nists; to intim ate to Com isco the desire of the PSI to continue to be associated with inter-
national socialism ; and to m ake its new policy the basis for discussions intended to lead
reunification of all Socialist tendencies within Italy [...]. Meanwhile the PSI rem ains wi-
thout a prom inent Socialist personality as a leader. It has been suggested that Nenni and
Basso are prepared to wait in the backgroun d for a few m onths with the intention of co-
m ing forward if the failure of the new executive to arouse popular support should create a
dem and for a stronger and m ore positive policy.46

Si com prende, in ogni caso, com e gli esiti del congresso socialista e i prim i
passi della nuova Direzione suscitassero l’im m ediata reazione negativa del PCI,
che ne discusse nella riunione della Direzione del 6 agosto 1948 (presieduta da
Longo, a causa della forzata assenza di Togliatti, convalescente per i postum i
dell’attentato del 14 luglio). Il prim o intervento (e il più duro) fu quello di Co-
lom bi che delineò la linea d’azione del PCI nei m esi successivi:

Il Partito deve battersi e denunziare la condotta antidem ocratica e spesso provocatoria e


traditrice dei dirigenti socialisti: bisogna denunziarli com e sono, denunziare la loro re-
sponsabilità e attaccarli per quello che sono. Questo non produrrà certo lo sfaldam ento di
tutto il Partito socialista, m a tutt’al più scalzerà la Direzione attuale e favorirà l’attacco
della sinistra. Se tali m isure non verranno realizzate la situazione diventerà difficile anche
laddove le condizioni obiettive sono favorevoli a noi.

Anche Am endola, sia pure con toni più pacati, sottolineò l’im portanza di una
«polem ica pubblica contro la m anovra socialista la quale a grandi linee può così
descriversi: liquidazione del Fronte, riconciliazione con i saragattiani, passaggio
dei saragattiani all’opposizione e riunificazione del partito, rientro in forze nel
governo De Gasperi».47 Longo trasse quindi le conclusioni: Rim ane il problem a

45 R. Lombardi, Bilancio del Congresso, «Avanti!», 3 luglio 1948.


46 D. Sm yth - A. Gerolymatos (eds.), British Docum ents on Foreign Affairs cit., pp. 132-133.
47 In effetti, il timore di Am endola era la speranza di un ex azionista com e Leo Valiani: cfr.

E adesso unificazione dei socialisti!, «L’Italia socialista», 4 agosto 1948.


38 Capitolo I

della Direzione attuale: com e com portarsi verso di essa? Bisognerà avere nei suoi
confronti un lealismo form ale m a sostanzialmente bisognerà dare il nostro ap-
poggio alla sinistra».48

3. LOMBARDI DIRETTORE DELL’«AVANTI !»

La situazione organizzativa ed economica che il nuovo gruppo dirigente si


trovò ad affrontare era assai grave. Mentre al congresso di Roma del gennaio
1948 gli iscritti risultavano essere 78 6.768 (dato probabilmente in eccesso per-
ché non teneva del tutto conto degli effetti della scissione di Palazzo Barberini), a
Genova se ne contavano 531.0 31.49 Lo stato delle finanze era anch’esso disastro-
so 50 e il reperire fonti di finanziam ento sarà quindi una delle costanti preocupa-
zioni della Direzione centrista 51 e m otivo non ultimo della fine del suo esperi-
m ento di guida del Partito. Com e sottolineò il questore di Rom a, Pòlito, in una
relazione datata 9 aprile 1949:

La questione finanziaria costituisce la nota dolente che affligge la direzione la quale, a


quanto risulta da fonti attendibilissim e, da oltre tre mesi non corrisponde più gli em olu-
m enti ai dipendenti im piegati, che, pertanto, stanno cercando di sistem arsi altrove. Né in
più floride condizioni versa l’am m inistrazione del quotidiano « Avanti!», poiché, su un a
tiratura giornaliera che va dalle 18 alle 20 m ila copie, se ne vendono in Rom a e nel Lazio
dalle 4 alle 5 m ila appena. Per far fronte a tale situazione si è ricorso alle sottoscrizioni
lanciate dal giornale « verso i suoi fedeli lettori», m a i risultati non suffragano la critica
situazione finanziaria. Per tali m otivi, circa un m ese addietro, l’« Avanti! « era sul punto di
sospendere le pubblicazioni, m a fu soccorso in tem po dall’am m inistrazione dell’« Unità»
che, m ediante un congruo finanziam ento, infuse ulteriore respiro al foglio socialista.52

48 FG, FM, b. 199. Cfr. anche, per l’atteggiam ento del PCI, G. Pajetta, Il Congresso di Geno-

va e il socialism o, «Rinascita», luglio 1948, pp. 240 -242.


49 Per questi dati cfr. A. Landolfi, Il socialism o italiano: strutture, com portam enti, valori,

Roma, Lerici, 1968, pp. 64-65; F. Cazzola, Elettori e iscritti del Partito socialista italiano dal
1946 al 1968, in G. Sivini (a cura di), Partiti e partecipazione politica in Italia, Milano, Giuffré,
1972, pp. 20 3-20 4.
50 Ha ricordato Lombardi: «Trovam mo una situazione disperata: la direzione del partito coi

telefoni staccati, non un soldo in tasca, l’«Avanti!» [...] si pubblicava in un m odesto foglio» (Il
Psi negli anni dello stalinism o cit., p. 85; cfr. anche R. Lom bardi, Il PSI negli anni del fronti-
sm o, intervista a cura di G. Mughini, «Mondo Operaio», giugno 1977, p. 55).
51 Fu quindi deciso di lanciare im m ediatam ente una sottoscrizione per l’«Avanti!»: cfr. La

situazione del Partito esam inata dalla Direzione, «Avanti!», 8 luglio 1948; A. J acom etti, Aiu-
tate il Partito, ivi, 13 luglio 1948; Id., Colloquio, ivi, 20 e 27 luglio 1948. Cfr. anche, sem pre
sull’«Avanti!», il dibattito al Consiglio nazionale del 9-10 settem bre 1948 e, com e ulteriore te-
stim onianza, la lettera di Ernesto Rossi a Adriano Olivetti datata 23 luglio 1948: «L’«Avanti!»
sembra proprio che stia tirando le cuoia» (E. Rossi, Epistolario 1943-1967. Dal Partito d’Azione al
centro-sinistra, a cura di M. Franzinelli, Roma-Bari, Laterza, 20 0 7, p. 10 5).
52 Min. Int., PS, AA.GG.RR., b. 19. In realtà, i contributi del PCI andarono gradualm ente ad

interrom persi (cfr. G. Tam burrano, Pietro N enni, Roma-Bari, Laterza 1986, p. 260 ), tanto che
nella relazione al Com itato centrale tenutosi a Bologna il 1° agosto 1949 Oreste Lizzadri parlò
della necessità di «far fronte, entro 10 giorni, ad im pegni inderogabili per £ 13.0 0 0 .0 0 0 » (ACS,
CN, b. 88, fasc. 220 8).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 39

«Riscossa socialista» avviò poi il proprio m andato in un particolare m om ento


di tensioni internazionali ed interne. Il 28 giugno iniziò il ponte aereo per Berli-
no e nello stesso giorno venne resa nota la scom unica del Cominform al titoism o;
il 14 luglio si verificò l’attentato a Togliatti e nelle settim ane successive giunse a
com pim ento la scissione sindacale: tutti elementi nei confrronti dei quali la Di-
rezione centrista m ancò forse di uno sforzo di analisi e di elaborazione politica e
che finirono quindi per agire «come potenti fattori centripeti, sia a carattere poli-
tico, sia a carattere ideologico, all’interno della sinistra italiana».53
Fin dal suo prim o articolo com e direttore dell’«Avanti!» Lombardi chiarì qua-
li sarebbero stati i motivi fondamentali dell’azione della nuova Direzione, uno di
politica interna e l’altro di politica internazionale «strettamente connessi fra di
loro e reciprocam ente condizionati»: conferm a della politica unitaria m a abban-
dono del Fronte, la cui riconferm a avrebbe significato «né più né m eno che pro-
m uovere la costituzione del ‘Partito nuovo’, cioè del partito risultante dalla fu-
sione organica col Partito com unista».54
Netto era poi il rifiuto di identificare la frontiera fra classe lavoratrice e classe
capitalistica con le frontiere fra Stati socialisti e Stati capitalistici:

Ridotto nei suoi term ini sem plici il dilem m a è il seguente: si deve o non si deve identifica-
re la politica di un partito socialista con la politica dell’Unione Sovietica? Badiam o bene
che non si tratta affatto di m ettere in dubbio l’im pegno – che è il prim o dovere per un so-
cialista – di opporsi a qualsiasi costo al tentativo di distruggere la Repubblica sovietica, si
tratta invece invece di stabilire se il Partito socialista italiano [...] debba seguire com e cri-
terio di azione politica l’assecondam ento delle esigenze della politica estera dell’Unione
Sovietica, identificando la lotta di classe con la lotta fra Unione Sovietica e stati capitali-
stici. È questa la posizione del Partito com unista [...]. Noi non condividiam o questa posi-
zione e l’abbiam o detto al congresso, perché se la condividessim o chiederem m o l’onore di

53 D. Ardia, Il Partito socialista e il Patto atlantico, Milano, Franco Angeli, 1976, p. 63.
54 A questo proposito De Martino ha rivolto alla Direzione centrista la critica di aver agito
sulla base di una concezione illum inistica della politica, per non aver tenuto conto, diversa-
m ente dalla Sinistra, del fatto che la base «sentiva in modo acuto ed ardente il vincolo unita-
rio» (Un’epoca del socialism o, cit., p. 133; cfr. anche Id., La politica unitaria: la sola possibile
e utile, in Fondazione Pietro Nenni, Nenni dieci anni dopo, Rom a, Lucarini, 1990 , p. 75). Il re-
cente libro di Paolo Mattera (Il partito inquieto. Organizzazione, passioni e politica dei socia-
listi italiani dalla Resistenza al m iracolo econom ico, Rom a, Carocci, 20 0 4) sem bra smentire
questo assunto, su cui, peraltro, nutriva qualche dubbio lo stesso Nenni che, nel gennaio 1948,
scriveva di «diffidenza verso i com unisti», di «molte resistenze per il blocco elettorale», di
«com posizione sociale del partito, dove il nucleo operaio si assottiglia e perciò esprim e pochi
uomini dominati dalla coscienza di classe» (Tem po di guerra fredda, cit., pp. 441-442). Anche
un com mentatore attento com e Um berto Segre, analizzando gli esiti del congresso di Roma del
gennaio 1948, che pure decretò l’adesione del PSI al Fronte Popolare, notò che «mai i socialisti
italiani, quali li abbiamo qui conosciuti, potrebbero essere rappresentati da dirigenti com unisti,
m ai potrebbero essere inquadrati in quella disciplina [...]. Per un socialista la tattica non sarà
m ai esclusivamente tattica: l’opinione della Direzione o della Segreteria non sarà m ai indiscu-
tibile, i temi dell’amor di patria saranno difficilm ente adottati per una cam pagna di speculazio-
ne sul terreno internazionale, la politica dell’URSS non potrà m ai essere identificata del tutto
con gli interessi degli operai italiani» (La pietra su un equivoco, «Lo Stato moderno», 20 gen-
naio 1948).
40 Capitolo I

essere iscritti al partito com unista, né si vedrebbe quale ragione specifica di vita potrebbe
avere un partito socialista.55

Il 13 luglio si tenne una vivace riunione della Giunta d’intesa tra PCI e PSI.
Lom bardi pose subito la questione con chiarezza: «Non si vuole assolutamente la
rottura del patto. Fedeli alla politica di fronte: il Fronte però non è riuscito ad at-
tirare i ceti m edi com e sarebbe stato necessario. Data la situazione del PSI, non
riuscirem o a m antenerlo. Sm obilitare l’apparato organizzativo del Fronte». A
Lom bardi replicò Togliatti: «Non è vero che il Fronte sia m orto. Esistono neces-
sità di lotta politica che vengono soddisfatte e prospettive che rimangono aperte
solo se si m antiene il Fronte».
In quella occasione non fu quindi possibile raggiungere un accordo. La suc-
cessiva riunione si svolse il 26 luglio, in assenza di Togliatti, ancora convalescen-
te dopo l’attentato subìto pochi giorni prim a, che divenne anch’esso occasione di
riflessione, ad esem pio in Secchia: «Lo sciopero del 14 luglio non è stato un in-
successo. Smobilitando il Fronte noi disgreghiam o le forze del Fronte, facciamo
il gioco del Governo che ci vuole disgregare. Bisogna proporre alm eno qualcosa
che sostituisca il Fronte». Ma J acom etti ribadì che non si trattava «di cam biare
un nome m a di dare nuova base alla nostra azione unitaria. Dobbiam o com incia-
re dalla base e non dal vertice. Abbiam o tentato col Fronte, abbiamo fallito. Ten-
tiam o altrim enti».56
L’11 agosto si giunse, dopo una serie di incontri prelim inari tra la Presidenza,
l’Esecutivo del Fronte e i rappresentanti del PSI (J acom etti e il vice-segretario
Giancarlo Matteotti57), allo scioglimento del Fronte, nonostante il voto contrario

55 R. Lom bardi, Bilancio del congresso, «Avanti!», 3 luglio 1948 e, per una ripresa successi-

va della polemica, R.L., Partito e fronte, ivi, 1 aprile 1949. Cfr. anche, sul tema, l’articolo ano-
nimo (m a di Angelo Tasca: cfr. la lettera di Faravelli a Tasca del 13 settembre 1948 in P. C. Ma-
sini - S. Merli, a cura di, Il socialism o al bivio. L’archivio di Giuseppe Faravelli, 1945-1950 ,
Annali della Fondazione Feltrinelli 1988-89), I socialisti di fronte all’URSS, «L’Umanità», 4
settembre 1948. In Lom bardi, com e ha notato Gaetano Arfè, «la polemica contro il frontismo
non è la polemica contro l’alleanza con il PCI, m a contro un’ipotesi che subordina le sorti della
lotta sociale e politica in Italia alle sorti dello scontro in cam po internazionale, cioè al disegno
strategico che trova nel partito-guida, nello Stato-guida, i suoi centri di orientam ento per tutto
il mondo e quindi anche per il m ovimento operaio italiano» (intervento alla tavola rotonda su
Lom bardi e il socialism o italiano, «Mondo Operaio», novem bre 1978, p. 118). Era, peraltro,
una posizione non m olto diversa da quella enunciata dalla Direzione dello PSIUP nel suo Mani-
festo del 1° maggio 1944: «Esiste fra la Rivoluzione d’ottobre e la lotta rivoluzionaria nei paesi
tuttora dominati dal capitalismo un intimo e indissolubile legam e [...]. Quando l’esistenza della
Russia è minacciata, la classe lavoratrice deve subordinare tutto alla sua difesa. Ma questo cri-
terio non im plica una aderenza perm anente fra le esigenze proprie alla politica dell’Unione So-
vietica, giunta alla fase conservatrice della sua rivoluzione e la politica propria alla classe lavo-
ratrice nei paesi che devono fare la rivoluzione [...]. Ciò significa che i socialisti associano alla
coscienza di ciò che rappresenta l’Unione Sovietica nell’Europa e nel m ondo, la coscienza della
necessaria autonomia del movim ento operaio» (cit. in G. Manacorda, a cura di, Il socialism o
nella storia d’Italia, Rom a-Bari, Laterza, 1966, p. 754).
56 FG, FM, b. 258.
57 Sulle vicende che portarono alla successiva fuoriuscita di Matteotti dal PSI cfr. M. Fiora-

vanzo, Elites e generazioni politiche cit., ad nom en.


Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 41

di Guido Miglioli e Ada Alessandrini del «Movimento cristiano per la pace» e la


significativa astensione di Lizzadri, Morandi e Cacciatore, rappresentanti della
Sinistra socialista all’interno dell’Esecutivo.
Il com unicato dell’Esecutivo con cui si dichiarava che erano venute m eno,
dopo il 18 aprile e il 14 luglio, le condizioni oggettive per giustificare la funzione e
garantire il successo del Fronte, dichiarandone quindi superati i vincoli organiz-
zativi, ribadiva com unque che le esigenze che ne avevano suggerito la form ula
politica rim anevano valide e afferm ava l’im pegno di m antenere una linea comu-
ne d’azione tra i partiti e i m ovim enti rappresentati.58
Nelle settim ane successive Lom bardi cercò di chiarire il proprio atteggiam en-
to nei riguardi dell’URSS e la propria concezione della lotta di classe sostenendo
che, ferm a restando la solidarietà con l’Unione sovietica,59 esisteva «un’ipotesi
concreta di conflitto fra gli interessi perm anenti di classe e gli interessi del Paese
in cui la classe operaia è al potere»; nell’URSS infatti, per la m ancata espansione
della rivoluzione proletaria e per l’aggressione permanente degli Stati capitalisti-
ci, erano stati accantonati «i profondi m otivi libertari, di iniziativa popolare, di
dem ocrazia economica insiti nella rivoluzione d’ottobre e nell’azione di Lenin,
per sviluppare i m otivi statalistici, gerarchici, di direzione centralizzata e buro-
cratica».60
Da questo esam e della situazione sovietica derivavano per Lom bardi conse-
guenze anche nei rapporti tra socialisti e com unisti:

Ecco la ragione per cui finché perm angono i term ini in cui la storia del m ovim ento ope-
raio ha posto queste due differenziate e insostituibili esigenze, una unificazione socialista
non può, in Italia, concepirsi com e una fusione sotto qualsiasi form a dei partiti socialista

58 Cfr. l’«Avanti!», 12 agosto 1948 e, per una inform ata descrizione degli avvenim enti, v.g.

(Vittorio Gorresio), Il ‘fronte’ si spezza, «La Stam pa», 11 agosto 1948; Id., L’atto di m orte del
fronte popolare, ivi, 12 agosto 1948. Sem pre sullo stesso giornale, Luigi Salvatorelli com mentò:
«La verità è che tutta la condotta del partito com unista italiano – la politica estera, la politica
interna, la politica sindacale – da più di un anno a questa parte è stata diretta com e se si voles-
se con essa distruggere la possibilità di una qualsiasi alternativa costituzionale alla presente
situazione politico-parlamentare dell’Italia. Questa manacanza di alternativa – indipendente-
mente da qualsiasi giudizio sulla situazione stessa e sia questo anche il più favorevole possibile
– rappresenta un’anormalità grave per un regim e di democrazia parlam entare. È bene pertanto
precisare a chi ne spetti la responsabilità» (Un m orto non nato, ivi, 13 agosto 1948).
59 Lombardi criticò quindi Saragat per aver assunto verso il regim e sovietico «la posizione

sterile e negativa che Vittorio Alfieri assunse con il Misogallo verso la politica giacobina nella
Francia della Rivoluzione dimenticando che ogni affrancamento della servitù econom ica è
sem pre, in potenza, una prom essa di libertà politica» (Il Misogallo, «Avanti!», 31 agosto 1948).
60 Il valore storico universale della Rivoluzione d’ottobre, «esem pio e speranza per gli op-

pressi di tutto il m ondo», non fu com unque mai negato dalla Direzione centrista, pur ricono-
scendo che «la Rivoluzione sovietica come già la Rivoluzione francese ha avuto e ha il suo co-
sto: solo il socialismo integralmente e universalm ente realizzato, liberando gli uomini da ogni
residuo di avidità e di bassi interessi materiali, avrà il potere di trasformare la lotta politica su
un piano più alto ove la crudeltà, la violenza, il terrore verranno considerati com e torbidi relitti
di un’era sorpassata» (Nel trentunesim o anniversario della rivoluzione d’ottobre appello del
PSI ai lavoratori italiani, ivi, 7 novembre 1948).
42 Capitolo I

e com unista, fusione che necessariamente [...] si risolverebbe in un confusionario assor-


bim ento im m otivato del partito socialista nel com unista.61

L’articolo di Lom bardi provocò una serie di dure repliche da parte di Luigi
Longo, che lo accusò di non accorgersi di negare «le basi stesse dell’interna-
zionalism o e del socialismo» con l’am missione dell’ipotesi di un contrasto tra gli
interessi generali di classe e gli interessi del Paese «in cui la classe operaia è al
potere e dove lo sfruttamento dell’uom o sull’uomo è stato giuridicam ente e di
fatto abolito».62
Lom bardi rispondeva negando a sua volta che il socialism o potesse realizzarsi
«m ercé la dilatazione dei confini dell’Unione Sovietica e delle sue istituzioni; i-
noltre il patto Molotov – Von Ribbentrop e la svolta di Salerno erano stati episo-
di concreti nei quali gli interessi diplom atici dello Stato sovietico prevalsero su
quelli del m ovim ento operaio italiano. Era quindi «dall’esam e della realtà e non
dalla m itologia [...] che i socialisti traggono i m otivi per scegliere il loro posto e
per m antenervisi; m antenervisi con la coscienza che la posizione che essi occu-
pano nel m ovim ento della classe se oggi è di m inoranza non per questo potrà
m ai essere di m inorità».63
Nonostante in Lombardi la neutralità fosse «lotta dem ocratica e rivoluziona-
ria [...], lotta cioè suscitatrice ed educatrice di energie vive, rim osse dallo stato di
letargo o di passività e condotte all’interno nella determ inazione del loro avveni-
re e del loro destino»,64 la posizione della Direzione attirò le critiche di num erosi
esponenti della sinistra del partito: Pertini indicò come com pito principale delle

61 R. Lom bardi, Socialisti, com unisti e unificazione, ivi, 27 agosto 1948. Giuseppe Muzzi ha

notato con esattezza com e, in Lombardi, la concezione dei rapporti fra socialism o occidentale e
Unione Sovietica «si riallacciava obiettivamente, recuperandola, alla tradizione socialista ita-
liana di solidarietà, ma anche di autonomia critica nei confronti della rivoluzione sovietica, una
tradizione certo ora ravvivata da un abito m entale tipicamente azionista» (Elezioni ’48 - Con-
gresso ’49: la politica del Partito Socialista, «Città e regione», ottobre-novembre 1979, p. 137).
Nota ancora Muzzi come anche Nenni, al XXV Congresso del PSI, avesse afferm ato che, in caso
di contrasto fra gli interessi dell’URSS e quelli della classe operaia internazionale, i socialisti
italiani serbassero il diritto «di giudicare secondo gli interessi della classe operaia del nostro
paese» (cfr. l’«Avanti!», 10 gennaio 1947).
62 L. Longo, Gli interessi fondam entali del m ovim ento operaio, «l’Unità», 4 settembre

1948; cfr. anche, dello stesso Longo, Chi aiuta e chi è aiutato, ivi, 31 agosto 1948; Vi è
un’esigenza socialista in contrasto con quella com unista?, ivi, 1 settembre 1948. Le critiche di
Longo furono riprese anche da Nenni durante una riunione del Consiglio Nazionale del PSI
(cfr. l’«Avanti!», 11 settembre 1948).
63 R. Lombardi, Ipotesi e realtà, «Avanti!», 7 settem bre 1948. Un’analisi apparentemente

realistica che però si traduceva, nella lotta politica interna, in una debolezza, com a ha notato
Arfè, non avendo «da contrapporre alle certezze degli altri certezze di segno opposto» (Lom -
bardi negli anni del frontism o, in B. Becchi, a cura di, Riccardo Lom bardi, l’ingegnere del so-
cialism o italiano, «Quaderni del Circolo Rosselli», 1992, p. 38).
64 R.L., Neutralità disarm ata m a non inerm e, «Avanti!», 20 ottobre 1948. Cfr. anche il te-

sto del discorso pronunciato da Lombardi il 31 ottobre 1948 in occasione della ‘giornata per la
pace e la neutralità’ (in FT, CL, Serie scritti, discorsi e interviste, b. 1) e R.C.B. (Renato Carli
Ballola), Le forze della pace, «Avanti!», 2 novem bre 1948, A. J acometti, Punti ferm i di una po-
litica, ivi, 9 novem bre 1948.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 43

forze antim perialiste la «piena e fattiva solidarietà con l’URSS» e «l’intransigen-


te ostilità contro le potenze occidentali» 65 e Morandi sostenne che

la tesi della neutralità può bensì essere un’arm a utile oggi fra le tante che si possono usare
per com battere a pro della pace, m a non può servire più che a tanto, a battersi cioè per la
salvezza della pace e non della ‘nostra’ pace! Nella guerra, il giorno che fosse scatenata,
brandirem o arm i di guerra. Non dobbiam o consentire ombra di equivoco al riguardo e
tollerare che la neutralità [...] possa essere raffigurata com e usbergo dietro il quale rifu-
giarsi nella estrem ità di un conflitto.66

Non stupisce quindi che ‘la giornata socialista per la pace e la neutralità’, in-
detta dalla Direzione per il 31 ottobre 1948, venisse boicottata dalla corrente di
sinistra, secondo la testimonianza dello stesso Lombardi: «La grossa iniziativa,
in quel periodo, di una cam pagna nazionale per la neutralità [...] fu sabotata in
form e inconsuete: in quasi tutti i com izi – dibattiti che si tennero in tutte le città
d’Italia, il contraddittore principale era un socialista, che si opponeva alla tesi
della neutralità in nom e della solidarietà con l’Unione Sovietica».67
A Bologna, ad esem pio, il segretario della locale Federazione del PSI, Giorgio
Veronesi, intervenne alla riunione del Com itato federale del PCI, avente come
prim o punto all’ordine del giorno I com piti del Partito nella lotta per la pace,
sostenendo che

anche noi ci stiam o interessando e m obilitando a fondo in questa lotta; vi è però la posi-
zione della nostra Direzione la quale è su di un piano di neutralità d’attesa [...]. Io penso
perciò che noi dobbiam o lavorare assiem e e saper m obilitare attorno ai due partiti tutte le
m asse e non rim anere in noi stessi. Noi abbiam o, nel nostro Partito socialista, due tesi:
quella di Lom bardi che è su una fase neutrale – in ultim a analisi opportunista – e quella
unitaria che vede il problem a della pace com e lotta contro la guerra.

Il segretario regionale del PCI, Roasio, ebbe quindi gioco facile nel concludere
che «bisogna avere una posizione m olto attiva e non sul piano di Lombardi il
quale si lim ita a dichiararsi neutrale e però nulla m uove contro il pericolo di
guerra. Lenin diceva che non ci sono posizioni di neutralità: la guerra si fa o non
si fa. Quindi questa posizione di neutralità è una posizione sciovinista pratica-
m ente d’appoggio al blocco della guerra».68
Gli attacchi del PCI nei confronti della Direzione centrista 69 continuarono al
punto che quest’ultim a si trovò costretta a fare appello «al senso di responsabili-

65 S. Pertini, Grido d’allarm e, «Vie Nuove», 17 ottobre 1948.


66 R. Morandi, Pace, guerra e neutralità, «Il Paese», 31 ottobre 1948.
67 Il PSI negli anni dello stalinism o cit., p. 85.
68 FG, APC, MF 0 182/ 1786-7.
69 Secondo Alberto Benzoni, l’aggettivo ‘centrista’ fu utilizzato proprio per indicare «coloro

che nella lotta titanica tra bene e m ale, pace e guerra, proletariato e reazione si rifiutavano di
scegliere anzi pretendevano di conciliare posizioni tra loro antitetiche. Una direzione del PSI di
siffatta natura non meritava rispetto né poteva vincolare ad alcuna disciplina» (La politica e-
stera di «Riscossa» e la polem ica Lom bardi-Morandi, in A. Benzoni - R. Gritti - A. Landolfi a
cura di, La dim ensione internazionale del socialism o italiano. 10 0 anni di politica estera del
44 Capitolo I

tà del Partito com unista italiano» e a richiam are l’attenzione «sul senso di sfidu-
cia e di diffidenza che talune m anifestazioni centrali e periferiche dei suoi organi,
specie di stam pa, potrebbero suscitare nella base dei due partiti, operando diret-
tam ente in senso antiunitario».70
Ancora a m età dicem bre, un articolo a firm a Pietro Rossi, apparso sull’edi-
zione italiana del bollettino del Com niform , edito a cura del PCI, accusava la Di-
rezione del PSI di aver posto «sullo stesso piano le forze del cam po im perialista e
quelle del cam po della pace».71
In realtà, la posizione di Lombardi era più complessa, anche se indubbiamente
eterodossa rispetto a quella comunista. Infatti, secondo il direttore dell’«Avanti!»

il dire che la politica dell’Unione Sovietica e delle dem ocrazie popolari non può, per defi-
nizione, tendere all’aggressione e alla guerra, convince solo chi non ha bisogno di essere
convinto: è assai più im portante convincere l’opinione pubblica della evidente verità che
l’Unione Sovietica non ha interesse alla guerra, e che per conseguenza bisogna rinunciare
alla guerra fredda e ricercare le vie – fortunatam ente non ancora tutte chiuse – dell’intesa
e della pace.72

D’altra parte, la polemica sul tem a della pace rientrava esplicitam ente negli
interessi, contingenti, m a anche strategici del PCI, com e afferm ò esplicitam ente
Gian Carlo Pajetta, intervenendo alla riunione del Com itato centrale del 31 m ar-
zo 1949: «Dopo il 18 aprile alcuni temi della politica unitaria non erano più effi-
caci. Oggi si creano nuove possibilità nella lotta per la pace. Solo in Italia i so-
cialdem ocratici si sono divisi sul Patto atlantico e così i liberali, perfino i cattoli-
ci. In Italia giocano elem enti tradizionali di neutralism o, le due guerre m ondiali
sono state rovinose per il paese».73

PSI, Rom a, Edizioni Associate, 1993, p. 189). Uno degli esponenti di «Riscossa socialista», Gio-
vanni Pieraccini, ha sostenuto però che proprio il carattere ‘centrista’ della m ozione fu fattore
decisivo di am biguità: «Non c’era un’analisi seria delle ragioni della sconfitta del Fronte e nep-
pure l’individuazione nella politica comunista e nei suoi rapporti con l’URSS dell’elemento che
aveva permesso alla Democrazia cristiana di farsi paladina della lotta per la libertà e la demo-
crazia. Il nostro program m a era in verità appena abbozzato, tutto da sviluppare, dalla politica
econom ica a quella sociale, c’erano solo dei generici richiam i alle riforme di struttura, alla rina-
scita del Mezzogiorno e all’unità sindacale, alla politica estera, risolta nell’afferm azione di una
neutralità assoluta, assai poco realistica» (Socialism o e riform ism o cit., p. 135).
70 Cfr. l’«Avanti!», 6 novem bre 1948.
71 Cfr., per la risposta del PSI, l’articolo non firm ato Fom entatori di guerra, ivi, 17 dicem bre

1948 e, più in generale su queste vicende, G. Muzzi, Elezioni ‘48-Congresso ‘49 cit., p. 137; M.
Galeazzi, Luigi Longo e la politica internazionale. Gli anni della guerra fredda, «Studi stori-
ci», gennaio-marzo 1990 , pp. 121-122.
72 R.L., Non tutto è perduto, «Avanti!», 6 m arzo 1949.
73 FG, APC, FM, b. 39; cfr. anche Togliatti chiarisce i dubbi di Lom bardi, «l’Unità», 31

m arzo 1949.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 45

4. «M ONDO OPERAIO», NASCITA DI UNA RIVISTA

Il 15 ottobre 1948 un com unicato della Direzione inform ava che ad essa erano
pervenute le dom ande di autorizzazione

del com pagno Lelio Basso a pubblicare «Quarto Stato», rivista di cultura m arxista; [...]
del com pagno Pietro Nenni a pubblicare «Mondo Operaio», rivista che intende specializ-
zarsi sui problem i della politica estera del nostro Paese e sui problem i econom ici naziona-
li ed internazionali; [...] del com pagno Giuseppe Rom ita a pubblicare «Panoram a sociali-
sta», rivista m ensile per la divulgazione dell’ideologia socialista.

La Direzione, pur considerando la necessità di fornire al Partito organi di cul-


tura ideologica e di battaglia e il diritto di ognuno di contribuire all’elaborazione
di questi temi, faceva notare la gravità delle condizioni finanziarie che non ave-
vano permesso di riprendere la pubblicazione della rivista ufficiale del partito,
«Socialism o», e del bollettino dell’Ufficio Studi, m entre anche l’«Avanti!» viveva
di vita stentata. Affidava quindi all’Esecutivo il com pito di interpellare i richie-
denti, proponendo loro di far parte del com itato redazionale della rivista di parti-
to aperta, sotto la direzione del segretario, a tutte le idee, evitando così il rischio
di «una dispersione di mezzi e di energie che il Partito oggi non si può perm ette-
re, senza contare, data la personalità dei richiedenti, il pericolo di una cristalliz-
zazione di correnti in frazioni».74
L’indom ani Nenni inviava all’«Avanti!» una lettera nella quale, dopo aver e-
spresso i propri dubbi sulla possibilità di realizzazione dei progetti della Direzio-
ne, spiegava i motivi che lo inducevano alla pubblicazione di una nuova rivista:

(«Mondo Operaio») non vuole essere una rivista di partito per il Partito. Nel nostro paese
la politica internazionale e la politica estera sono sem pre state e rim angono una specie di
caccia riservata della borghesia [...]. Dare alla classe lavoratrice italiana e agli studiosi di
politica estera una rivista seria nella docum entazione, agguerrita nella lotta per la pace,
ispirata alle nostre idealità e agli interessi del proletariato, è una vecchia aspirazione m ia
e del com pagno Borgoni. È del tutto evidente che una pubblicazione di questo genere,
m entre risponde ad una insopprim ibile esigenza, non può in nessuna guisa ostacolare le
iniziative editoriali del Partito.75

Anche in questa fase la dialettica interna al PSI era seguita con attenzione
dalla Direzione del PCI, com e dim ostra l’intervento di Togliatti nella riunione del
10 novembre 1948, che illustrava la situazione di un partito dilaniato dalle lotte
intestine e personali nel cui dibattito il PCI non rinunciava ad intervenire, anche
pesantem ente:

74 Cfr. l’«Avanti!», 15 ottobre 1948. In realtà una riunione dell’Esecutivo si era già tenuta il

5 ottobre, alm eno a dar fede ai Diari di Nenni che così ne descrive lo svolgimento: «J acom etti
se n’è uscito con la peregrina proposta di far tutto un minestrone. Gli abbiamo risposto, Basso
ed io, che la cosa è assurda e abbiamo insistito per avere la necessaria autorizzazione» (Tem po
di guerra fredda cit., p. 461).
75 Una lettera del com pagno Nenni, «Avanti!», 16 ottobre 1948.
46 Capitolo I

Situazione PSI: assenza attività generale, in via di sfasciamento (sic) conferm ato da risul-
tati elettorali. Bisognerebbe avere direzione sinistra. Nostri rapporti con differenti corren-
ti sinistra: quadro cattivo perché non si mettono d’accordo fra loro e non fanno nulla.
Gruppo Morandi diffidente Basso.76 Nenni al centro m a poco lavoro. Avrebbero dovuto
fare dei giornali m a per ora non escono perché non autorizzati dalla Direzione. Ma cerca-
no di puntare su giornali locali (Bologna, Napoli, Rom a). Bisogna riunificare m a non ci
riusciam o e allora ci orienterem o su gruppo Morandi. Proposta gruppo di sinistra: giusta
collaborazione fra gruppo di sinistra e nostro partito in tutte le organizzazioni. Scopo: aiu-
tare loro frazione a conquistarsi base e organizzarsi. Dobbiam o, secondo m e, accettare,
m a andare più in là: gli elementi delle Giunte devono essere considerati com e iscritti al
PCI.

Nella discussione intervennero, soprattutto sul tem a delle ‘infiltrazioni’ nel


PSI, anche Di Vittorio («Situazione grave PSI per passività gruppo sinistra. Fare
iniezioni nostre nel PSI»), Li Causi («Alcuni eletti socialisti m arciano con noi. Gli
altri non li abbiam o fatti uscire. In ogni federazione abbiam o costituito dei com -
pagni socialisti vicino a noi»), Gian Carlo Pajetta («Utilizzare socialisti di sinistra

76 Basso doveva essere al corrente del ruolo del gruppo dirigente com unista nei rapporti in-

terni al PSI, al punto da scrivere a Togliatti, che il 4 m arzo 1949 così gli rispose: «Circa
l’appunto che tu m i fai, per le voci non favorevoli che qua e là si farebbero circolare contro di te,
io non so che dirti m ancando di indicazioni concrete circa il luogo, chi l’ha fatto e quando. Io
credo che tu sei unitario quanti altri mai; ritengo però che non si tratti di questo. Quello che
dicono di te è che tu sosterresti una strana teoria secondo la quale, pretendosi essere orm ai
chiaro che i com unisti, pel configurarsi a loro sfavorevole della situazione internazionale, non
avrebbero più speranze di accedere al potere nei paesi d’occidente, si sostiene che il loro posto
dovrà essere preso da partiti socialisti che, pur perseguendo le stesse mete dei comunisti, po-
trebbero però avere successo appunto e solo perché non sono com unisti. Io non so se tu vera-
m ente credi a questa bizzarra teoria e la diffondi. Mi parrebbe strano assai. La lotta contro i
com unisti è fatta non perché si chiam ano così, m a proprio perché perseguono quelle determi-
nate m ete di trasformazione sociale. Il giorno che noi, come com unisti, fossim o posti fuori
com battim ento, quel giorno o subito dopo lo sareste anche voi, e con voi tutti quelli che since-
ram ente si muovono verso m ete concordanti con le nostre. Dim enticare questo è un serio erro-
re politico; e questa constatazione di una solidarietà oggettiva e di fatto, è una delle fonti più
serie di una politica unitaria. Ti ripeto, io non so se tu veramente la pensi come qualcuno dice;
m a se vi è qua e là, nelle nostre file, diffidenza verso di te, certam ente deriva da questo. Senza
dubbio si interpretano m ale le tue idee perché se veram ente tu avessi questa posizione, la diffi-
denza sarebbe giustificata» (FB, Serie corrispondenza). Dopo il Congresso di Bologna del 1951
Basso, che già il 13 settem bre 1950 aveva inviato a Nenni una lettera di dimissioni dalla Dire-
zione (pubblicata da Gianni Bosio in Giornale di un organizzatore di cultura, Milano, Ed. A-
vanti!, 1962, pp. 133-143) ne fu escluso, essendo stato accusato da Morandi di attività frazioni-
stica. Il contrasto tra i due risaliva (com e spiega S. Merli in Teoria e im pegno nel m odello Pan-
zieri cit., p. XIV) al periodo della segreteria Basso e ad una diversa concezione dell’organizza-
zione del Partito, nonostante i rapporti personali risalissero agli anni ‘20 , ai tem pi della com u-
ne frequentazione dell’Università di Pavia prim a e di Milano poi (cfr. L. Basso, Filosofia, di-
scussioni politiche e botte, «Avanti!», 26 luglio 1956). Basso (cfr. Vent’anni perduti, «Problemi
del socialism o», novembre-dicem bre 1963, pp. 1319-1320 e il lungo documento critico sulla
direzione del PSI fatto pervenire ad Amendola il 30 ottobre 1950 in FG, FM, b. 258) fece risali-
re invece il motivo diretto della sua esclusione dai quadri dirigenti alla pubblicazione di due
articoli, apparsi nel maggio e nel luglio 1950 rispettivam ente su «Quarto Stato» e su «Cahiers
Internationaux», nei quali criticava la teoria dell’inevitabilità della guerra e della crisi finale del
capitalism o e denunciava l’appiattim ento del PSI sull’azione del PCI.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 47

sistem andoli») e nuovamente lo stesso Togliatti che conclude: «Questi collega-


m enti non li deve tenere solo un com pagno m a più d’uno per lavoro collettivo,
nascondendolo».77
Nenni, anche successivamente, accrediterà la tesi della nascita di «Mondo
Operaio» per il desiderio di analizzare gli avvenimenti di politica internaziona-
le,78 tralasciando le motivazioni più legate alla vita di partito.79 Ma se in Nenni,
com e abbiamo avuto m odo di vedere, l’azione di politica internazionale, per sua
stessa am m issione,80 è raram ente fine a se stessa, m a quasi sem pre connessa ai
possibili sviluppi di politica interna, la creazione di «Mondo Operaio» non può
non essere collegata, nella particolare situazione del PSI, a m otivi di lotta politica
e di corrente. In questo senso è interessante la testimonianza di Venerio Cattani,
allora stretto collaboratore di Nenni:

In realtà, «Mondo Operaio» nacque in fretta e furia com e rivista di corrente. Nenni, fatto
fuori dalla segreteria, dall’«Avanti!», da tutto, aveva bisogno di un foglio qualsiasi per ri-
com inciare la battaglia: l’im portante era che lo scrivesse Nenni e che andasse per le sezio-
ni. Gli incauti vincitori concessero a Nenni un buco di cam era all’UESISA, sul pianerotto-
lo dell’«Avanti!». Lì Nenni si m ise a scrivere e Pasquale Minuto a organizzare e raccoglie-
re soldi.81

Il 4 dicembre 1948 uscì il prim o numero della nuova rivista. Il com m ento di
Nenni fu, tutto sommato, più quello del vecchio giornalista che quello del politico:
«Oggi ho tenuto a battesim o «Mondo Operaio». Vorrei riuscire a farne la tribuna

77 FG, APC, riunione della Direzione del 10 novembre 1948, pp. 7-8.
78 Cfr. la prefazione dello stesso Nenni al volume antologico curato da G. Arfè, «Mondo O-
peraio» 1956-1965, San Giovanni Valdarno, Landi, 1966-1967, pp. 13-14 e l’intervento in 30
anni di «Mondo Operaio», a cura di M. Accolti Gil, «Mondo Operaio», dicem bre 1978, p. 48.
Cfr. anche l’editoriale di apertura, Perché?, ivi, 4 dicembre 1948 e P. Nenni, Una fase conclusa,
ivi, 15 dicembre 1951.
79 Solo in una nota dei propri Diari, alla data del 9 gennaio 1949, Nenni, esaminando gli er-

rori della propria azione politica, si ram maricava «di non aver vegliato alla form azione di ‘qua-
dri’ direttivi facendo nel ’45, non oggi, «Mondo Operaio» (Tem po di guerra fredda cit., p.
474). Un accenno alla situazione interna al PSI al m omento della fondazione di «Mondo Ope-
raio» si ritrova nel post scriptum dell’articolo Hanno ragione di non fidarsi, «Mondo Ope-
raio», 9 dicembre 1950 , p. 1, nel quale Nenni scrive di «battaglia per la pace e contro il Patto
Atlan tico [...] in un m om en to di n otevole sban dam en to dell’opin ione n azion ale e an che so-
cialista».
80 Cfr. la sua testimonianza, parecchi anni dopo, in 30 anni di «Mondo Operaio»: «Avremmo

avuto, ritenevo, una politica di apertura democratica all’interno solo nella m isura in cui a-
vremm o praticato a fondo una politica estera di disim pegno dall’im perialismo e di neutralità».
81 Cfr. 30 anni di «Mondo Operaio» cit., pp. 50 -51. Cfr. anche F. De Martino, Un’epoca del

socialism o cit., p. 136. Per i finanziamenti, in questo periodo, da parte del PCI alla sinistra del
PSI cfr. P. Am ato, Il PSI tra frontism o e autonom ia, Cosenza, Lerici, 1978, pp. 75 e 99-10 0 . Il
progetto di una nuova rivista era infatti sostenuto da Togliatti in prima persona e dai sovietici,
com e risulta dal colloquio di Nenni con Malenkov del 5 agosto 1948 (cfr. V. Zaslavsky, Lo stali-
nism o e la sinistra italiana cit., p. 173).
48 Capitolo I

internazionale del socialism o di sinistra.82 S’invecchia e si resta fanciulli. Ero


m olto em ozionato quando le prim e copie sono uscite dalla rotativa».83

5. N EUTRALITÀ O LOTTA PER LA PACE ? U NA POLITICA ESTERA ‘NAZIONALE ’

Il prim o numero di «Mondo Operaio» uscì in concomitanza con la conclusio-


ne del dibattito parlam entare sulla politica estera, prom osso dal PSI il 27 ottobre
1948 attraverso la presentazione di una m ozione:

La Cam era, interpretando la volontà di pace del popolo italiano, denuncia nella politica
estera del governo, e in particolare nella preannunciata adesione alla trasform azione in
alleanza politica degli accordi econom ici fra le nazioni aderenti al piano Marshall, il deli-
berato proposito di im pegnare il Paese nel blocco m ilitare delle potenze occidentali liqui-
dando la legittim a istanza di una politica di neutralità; afferm a che l’interesse della Na-
zione im pone al governo di astenersi da qualsiasi atto o m anifestazione che possa valere o
essere interpretata come adesione dell’Italia ad alleanze o blocchi che abbiano diretta-
m ente o indirettam ente significato o contenuto m ilitare.84

La form ulazione della m ozione fu il risultato di discussioni e contrasti fra il


gruppo parlam entare e la Direzione.85 Nella relazione al congresso di Firenze il
segretario uscente J acometti ricordò quindi com e «i gruppi parlam entari [...] per
ben due sedute tentarono di im pedire l’introduzione del concetto di neutralità
nella m ozione che si doveva presentare alla Cam era».86
Da un brano dei suoi Diari, in data 27 ottobre 1948, la posizione di Nenni,
nell’occasione, sem bra essere stata di m ediazione tra i diversi punti di vista, an-
che se la citazione finale di Lenin ne riecheggia una analoga di Togliatti87 in po-
lem ica contro il neutralismo lom bardiano:

Il gruppo si è m esso d’accordo con la Direzione, stam ani, sul testo della mozione di politi-
ca estera che stasera ho depositato alla presidenza della Cam era. È stata una riunione
lunga e piuttosto agitata, anim ata dagli attacchi di Sandro contro J acometti ‘furiere’ del
partito e contro la Direzione. Infine l’accordo si è fatto introducendo nel testo votato in
una riunione precedente un accenno alla volontà del governo di liquidare la legittim a i-

82 Per i rapporti del PSI con i ‘socialisti di sinistra’, alleati dei partiti com unisti al potere in

Europa orientale o minoritari nei partiti di appartenenza in Europa occidentale, cfr. M.


Degl’Innocenti, Storia del PSI cit., pp. 168-173. Altra cosa è, evidentemente, il ‘socialismo di
sinistra’ com e cultura politica, per il quale rimando alle osservazioni di V. Foa, Il cavallo e la
torre cit., p. 196-197.
83 Tem po di guerra fredda cit., p. 468. Dal 1° gennaio 1951 la Direzione del PSI avrebbe as-

sunto la proprietà e la gestione diretta di «Mondo Operaio», che diventava così organo ufficiale
del Partito: per i m utamenti nella direzione della rivista nel periodo preso in esam e cfr. G. Arfè
(a cura di), «Mondo Operaio» 1956-1965 cit., pp. 10 -11 e 30 anni di «Mondo Operaio» cit., pp.
47-64.
84 Cfr. «Mondo Operaio», supplem ento al n. 1, 4 dicem bre 1948.
85 Cfr. D. Ardia, Il partito socialista e il Patto atlantico cit., pp. 80 -81 e 268.
86 Cfr. l’«Avanti!», 12 m aggio 1949.
87 Contro l’im perialism o per la pace, «l’Unità», 26 ottobre 1948.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 49

stanza di una politica di neutralità. Gli interventi di Morandi, Pertini e Mazzali hanno al-
quanto spostato il dibattito da una questione che pareva form ale a una sostanziale,
l’avversione cioè alla form ula della neutralità giudicata addorm entatrice, piccolo borghese
ecc. Ho fatto osservare che si può dire esattam ente lo stesso della form ula ‘lotta per la pa-
ce’ che è quella proposta da Togliatti. E stasera prim a di coricarm i, dando una scorsa agli
scritti di Lenin, ho trovato questo pensiero: «Nel m om ento presente, la propaganda della
pace non accom pagnata dall’appello alle azioni rivoluzionarie delle m asse può soltanto
sem inare delle illusioni, corrom pere il proletariato, inculcandogli la fiducia nell’um anita-
rism o della borghesia e farne un blocco nelle m ani della diplom azia segreta dei paesi bel-
ligeranti».88

In ogni caso il dibattito parlam entare, che si concluse con l’approvazione di


una m ozione di fiducia che dava al govern o piena libertà d’azione, «fu senz’altro
un m om ento di svolta nello sviluppo delle scelte della politica estera italiana».89
Nel suo intervento il Presidente del Consiglio De Gasperi aveva chiarito che non
era stato preso ancora alcun im pegno, m a nello stesso tem po aveva insistito
sull’im portanza che il governo dava ai rapporti di am icizia con gli USA e sul rifiu-
to di ogni politica di isolam ento e di neutralità. Su questi punti aveva insistito
anche il m inistro degli Esteri Sforza, nella constatazione che un isolam ento sa-
rebbe stato «non solo privo di ogni garanzia, m a anche capace di escluderci dalla
grande corrente di produzione e di scam bio».90
Il com pito di illustrare la m ozione socialista era toccato a Nenni,91 che cercò
di giocare su vari tasti, anche attraverso l’utilizzo delle consuete rem iniscenze
storiche. 92 Egli partì dall’osservazione che

il pericolo di una nuova guerra, da virtuale che era, è diventato attuale, quasi a conferm a-
re l’antiveggenza di un deputato socialista, Claudio Treves, il quale, parlando da questi
banchi trent’anni or sono, annunciava che eravam o entrati in una crisi secolare del capita-
lism o e che, più che di fronte ad una guerra, ci sarem m o trovati di fronte ad una serie di
guerre fra le quali sarebbero intercorsi degli arm istizi più o m eno lunghi.

Vi erano però, a giudizio di Nenni, degli elementi di freno a questa situazione:


la volontà di pace dei popoli, la padronanza di sé di cui davano prova i paesi
dell’Est e l’URSS, le contraddizioni interne al cam po im perialista. Nenni passò
quindi a contestare i quattro m otivi addotti da De Gasperi e Sforza per sostenere
la necessità della politica «cosiddetta occidentalista»:

88 Tem po di guerra fredda cit., pp. 463-464.


89 D. Ardia, Il partito socialista e il Patto atlantico cit., p. 122.
90 Cfr. A. Sterpellone, Vent’anni di politica estera, in M. Bonanni (a cura di), La politica e-

stera della repubblica italiana, Milano, Edizioni di Comunità, 1967, p. 231.


91 Cfr. Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Rom a, 1948, pp. 4919-4931.

Cfr., per un’analisi del dibattito sulla m ozione, G. Form igoni, La Dem ocrazia cristiana e l’al-
leanza occidentale (1943-1953), Bologna, il Mulino, 1996, pp. 253-268.
92 Sull’uso frequente, da parte di Nenni, dell’analogia storica, cfr. G. Sabbatucci, Il sociali-

sm o giacobino di Pietro Nenni, in Id., Il riform ism o im possibile. Storie del socialism o italiano
cit., p. 73.
50 Capitolo I

a) la revisione del Trattato di pace. Il metodo seguito dal governo consisteva nel
«m ettere la revisione [...] all’asta, per vedere chi offriva di più e su chi offriva
di più appoggiarsi nell’illusione di una soluzione globale». Bisognava invece
porsi il problem a nei termini di rapporti e di accordi bilaterali con tutti i paesi
con i quali c’era una controversia aperta e quindi anche con l’URSS e i paesi
dell’Est;
b) la ricostruzione econom ica. Il governo doveva rispettare l’im pegno preso per
cui il Piano Marshall non com portava alcun obbligo di carattere politico e m i-
litare;
c) la paura dell’isolam ento. Dal 1870 «tutti gli errori della nostra classe dirigen-
te in m ateria di politica estera hanno la loro m atrice nel terrore dell’iso-
lam ento. È un antico stato d’anim o di pavidi m oderati contro il quale insor-
geva Giuseppe Mazzini». In realtà il governo aveva già isolato l’Italia «dall’Est
europeo, dove, indipendentem ente da ogni tipo di organizzazione politica o
econom ico-sociale, sono i nostri naturali m ercati di scam bio» (un argom ento
di propaganda m olto caro ai sovietici e che lo stesso Malenkov aveva indicato
a Nenni).93 Viceversa, intensificare gli scam bi e i traffici in ogni direzione

non sarebbe l’isolam ento dell’Italia m a il suo contrario. Non è isolata nel m ondo la
Svizzera, che persegue una politica di neutralità; non è isolata la Svezia, che in questi
giorni ha rifiutato di aderire al Patto atlantico, benché sia in una situazione geografica
sotto m olti aspetti analoga alla nostra. Non sarem o isolati noi, non ci porrem o fuori
dell’Europa, se m anterrem o una posizione di indipendenza e se ci precostituirem o la
possibilità di un rifugio nella neutralità

d) la difesa dal pericolo comunista, il vero argom ento su cui era incentrata tutta
la politica del governo, sia interna che estera,94 approfondendo la divisione
del popolo italiano e mettendo in pericolo l’unità m orale del Paese.
Nenni introduceva così un argom ento che diventerà una costante nell’oppo-
sizione condotta contro il Patto atlantico, l’appello alla m obilitazione delle m asse
popolari: «C’è in noi la certezza che i popoli si rinnovano dal basso e che quando
dall’alto i dirigenti vengono m eno alla loro funzione e al loro dovere, dal basso
sorgono le forze capaci di sostituirsi all’incapacità dei dirigenti».
Gli ultim i passaggi del suo intervento furono infine dedicati alle «illusioni fe-
deralistiche», che vennero sprezzantem ente liquidate in poche parole: «Il federa-
lism o non è una soluzione, m a un’evasione [...], quando non è la bandiera del
contrabbando imperialista. Non realizza la sintesi dei contrasti: nel contrasto ha già
scelto di essere un derivato metafisico dell’alleanza degli Stati occidentali».95

93Cfr. V. Zaslavsky, Lo stalinism o e la sinistra italiana cit., pp. 167-168.


94Cfr. anche, a questo proposito, P. Nenni, La m enzogna del secolo, «Avanti!», 11 settem -
bre 1949 e la dichiarazione di voto di Sandro Pertini nella seduta del 27 marzo 1949, in Discorsi
parlam entari 1945-1976, Roma-Bari, Laterza, 20 0 6, p. 40 .
95 Contem poraneam ente alla mozione socialista (che sarà respinta con 30 2 no, 140 sì, 6 a-

stenuti) era stata presentata alla Camera, da parte di deputati appartenenti a vari gruppi, una
m ozione ‘federalista’ (che verrà approvata) che invitava il governo a sviluppare una propria ini-
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 51

Questa im postazione fu ribadita da Nenni nell’editoriale del secondo numero


di «Mondo Operaio». In questo com mento al dibattito parlam entare Nenni ri-
vendicava alle sinistre, rispetto al governo, il m erito di seguire

una politica estera nazionale, ispirata non a preoccupazioni di parte, non a considerazioni
puram ente ideologiche, non a sim patie per l’un paese o per l’altro, m a soltanto ad esclusi-
vam ente agli interessi della nazione [...]; una politica la quale com porti la garanzia di un
lungo e fecondo periodo di pace e ci lasci il tem po di risolvere i problem i della nostra esi-
stenza, che sono quelli interni della riform a agraria, della riform a e della riorganizzazione
industriale, del massimo impiego di mano d’opera, della riforma dei tributi e della scuola.96

Quello di una politica estera ‘nazionale’ è un argom ento che ricorrerà costan-
temente nei successivi interventi di Nenni (ed anche in quelli di Togliatti97). Ma
l’attivism o del governo in cam po internazionale (mentre si svolgeva il dibattito
parlam entare si trovava negli USA il gen. Marras, capo di Stato Maggiore della
Difesa) non faceva che accrescere nei socialisti il tim ore che lo sbocco della poli-
tica estera italiana sarebbe stato opposto a quello da essi auspicato:

È al governo [...] che chiediamo spiegazioni sul significato e le conseguenze della m issione
Marras in Am erica. Essa sembra avere avuto due scopi. Prim o: l’arm am ento dell’esercito
nei lim iti – si aggiunge da fonte ufficiale – del trattato di pace [...]. Secondo: sondare le
intenzioni am ericane circa una eventuale adesione al Patto atlantico [...] (il governo) che
accettasse quelle arm i e quell’invito non avrebbe giustificazione alcuna. Esso tradirebbe
coscientem ente il nostro interesse nazionale che è di tenerci fuori dalle avventure im pe-
rialistiche altrui, con una prudente politica estera ed una più prudente politica m ilitare
capace di m antenerci liberi da im pegni e da com prom issioni.98

Il 20 -21 dicem bre si incontravano poi a Cannes Sforza e il m inistro degli E-


steri francese Schum an, ufficialm ente per discutere dell’unione doganale italo-
francese e della questione delle colonie, m a in realtà anche, com e apprendiam o
dagli appunti pubblicati nelle mem orie di Sforza,99 per trattare l’argom ento del
Patto atlantico, il che, d’altra parte, non sfuggì neppure ai com m enti di «Mondo
Operaio».10 0

ziativa al fine di concordare con gli altri paesi aderenti all’OECE «le m isure concrete atte a rea-
lizzare l’unità d’Europa».
96 P. Nenni, Niente di fatto alla Cam era, «Mondo Operaio», 11 dicem bre 1948.
97 Cfr. S. Galante, Il PCI e la genesi della politica d’im potenza (1941-1949), in E. Di Nolfo -

R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa (1945-1950 )


cit., pp. 335-337.
98 P. Nenni, Le strenne di Marras, «Mondo Operaio», 18 dicembre 1948, p. 1; cfr. anche

R.C.B., Un nuovo patto d’acciaio?, «Avanti!», 20 novembre 1948. Sulla missione Marras cfr. L.
Nuti, La m issione Marras, 2-22 dicem bre 1948, «Storia delle relazioni internazionali», (1987), 2,
pp. 343-368.
99 Cfr. C. Sforza, Cinque anni a Palazzo Chigi. La politica estera italiana dal 1947 al 1952,

Roma, Atlante, 1952, pp. 10 3-10 5.


10 0 «I colloqui di Sforza con Schum an, se hanno un senso, è proprio quello di accelerare i

tem pi per l’inserzione del nostro paese nel blocco occidentale» (L’incontro Sforza-Schum an,
52 Capitolo I

6. LA POLEMICA LOMBARDI -M ORANDI

Nelle stesse settim ane i rapporti all’interno del Partito si facevano sem pre più
tesi. Mentre le relazioni col Com isco si stavano ponendo sulla strada che porterà
alla rottura della prim avera del ’49,10 1 agli inizi di dicem bre il collegio centrale
dei probiviri deliberò di sospendere per sei mesi Romita, accusato di aver sotto-
scritto, con esponenti del PSLI e dell’Unione dei socialisti, un docum ento a favo-
re dell’unificazione socialista.10 2
Nei m edesimi giorni i principali esponenti della sinistra del Partito inviarono
un telegramm a augurale al congresso che stava celebrando a Varsavia l’unifica-
zione fra il Partito operaio e il Partito socialista polacco. L’Esecutivo del Partito li
deplorò 10 3 e così pure fece nei confronti di Nenni e Basso che, in due distinte let-
tere all’«Avanti!», si erano dichiarati solidali con gli autori del telegram m a.10 4
Cesare Lom broso, esponente della Direzione,10 5 così com m entò l’unificazione av-
venuta in Polonia, avanzando fondati sospetti sulle sue reali ragioni:

Noi non presum iam o di giudicare i nostri com pagni polacchi [...]. Ci auguriam o solo che
essi abbiano operato sotto la spinta della necessità storica (che coincide con la libertà) e

«Mondo Operaio», 25 dicembre 1948, p. 4; cfr. anche C. Avurre, Sforza a Cannes, ivi, 1° gen-
naio 1949, p. 2 e Dopo Cannes, ibidem ).
10 1 Dopo la sospensione inflitta il 7 giugno 1948 alla conferenza di Vienna dal Com isco al

PSI (cfr. D. Ardia, Il Partito socialista e il Patto atlantico cit., pp. 217-219; A. Canavero, Pietro
Nenni, i socialisti italiani e l’Internazionale socialista tra Est e Ovest dopo la seconda guerra
m ondiale cit., pp. 261-284; S. Colarizi, I socialisti italiani e l’Internazionale socialista, 1947-
1958, «Mondo contem poraneo», (20 0 5), 2, pp. 18-20 ; P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit.,
p. 435) la Direzione del PSI eletta a Genova inviò al Comisco un documento per chiarire le linee
della propria azione (cfr. l’«Avanti!», 20 luglio 1948) e ribadire la particolarità del socialism o
italiano rispetto sia al Com inform che agli altri partiti socialisti occidentali. La risposta del Co-
m isco giunse a m età dicembre con una lettera di Morgan Phillips che accusava la Direzione del
PSI «di non intendere la fondam entale incom patibilità del socialism o democratico e del com u-
nism o totalitario» (cfr. Il Com isco al PSI. Una quasi scom unica, «Avanti!», 19 dicem bre 1948;
A. J acom etti, Com isco, ivi, 30 dicem bre 1948). La lettera di Phillips fu giudicata dal PSI «una
inammissibile intromissione nelle vicende del socialismo italiano», dimostrando l’incapacità di
com prendere «com e la lotta politica in Italia non sia polarizzata tra com unsmo e anticomuni-
sm o, così come si vuol far credere, ma fra conservatorismo clericale e opposizione operaia»
(Fedeltà alla classe e fede nel socialism o, ivi, 21 gennaio 1949). Attraverso ulteriori scambi di
lettere e com unicazioni si arrivò, nel maggio 1949, durante il congresso di Firenze, alla definiti-
va rottura (cfr. D. Ardia, Il Partito socialista e il Patto atlantico cit., pp. 227-235; A. Benzoni,
La politica estera di «Riscossa» e la polem ica Lom bardi-Morandi cit., pp. 189-192).
10 2 Cfr. l’«Avanti!», 17 dicem bre 1948. Per il testo del docum ento di Rom ita cfr. «Panorama

socialista», 1-16 febbraio 1949.


10 3 «Avanti!», 19 dicembre 1948.
10 4 Ivi, 23 dicembre 1948. Ancora nel settembre 1952 Nenni scriveva nei Diari: «Non ho

m olta fiducia nelle possibilità della sinistra socialista europea, salvo forse in Inghilterra. La si-
tuazione poteva essere diversa se i socialisti polacchi, cecoslovacchi e rum eni non si fossero fu-
si, ciò che d’altra parte era necessario ai fini della loro lotta interna e per evitare gli im mensi
rischi di corruzione im pliciti nella divisione delle forze operaie in paesi dove la democrazia po-
polare si trova a dover assumere, nella sostanza, la funzione della dittatura del proletariato»
(Tem po di guerra fredda cit., p. 544).
10 5 Su Lombroso cfr. M. Fioravanzo, Élites e generazioni politiche cit., pp. 40 4-40 6.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 53

non già di una coercizione: che cioè essi abbiano scelto e non subìto. Ma è certo che le
condizioni in cui l’unificazione si è realizzata in Polonia, in una situazione interna ed in-
ternazionale così profondam ente diversa, non potrebbero essere assunte senza leggerezza
quale valida prospettiva per il m ovim ento operaio italiano.10 6

I contrasti raggiunsero il punto culm inante nella polem ica che oppose Lom -
bardi e Morandi. Il punto di scontro, com e spesso nella storia della sinistra ita-
liana, fu quello della guerra, anche se in questo caso a livello d’ipotesi. La terza
guerra m ondiale, nell’analisi della Direzione centrista, non era giudicata im m i-
nente e neppure inevitabile, in coerenza con la distinzione lombardiana tra poli-
tica estera e politica internazionale: se il conflitto tra i due blocchi era chiara-
m ente un aspetto della lotta di classe, contrapponendo due diversi sistem i eco-
nom ici e sociali, esso non esauriva «in sé i term ini della lotta di classe e della lot-
ta del socialism o contro il capitalism o» che invece si svolgeva

su di una frontiera che non coincide con la frontiera fra i due blocchi di Stati in conflitto,
m a passa attraverso i singoli Stati ovunque esistano masse sfruttate ed oppresse che oc-
corre inserire nella lotta per il socialism o con richiam i più efficaci e m olteplici di quanto
non sia l’appello ad assecondare – in pace o in guerra – esigenze diplomatiche o strategiche.10 7

In un articolo apparso alla fine del 1948 sull’«Avanti!» Lombardi ribadì le sue
tesi di non inevitabilità della guerra, di rifiuto della tesi com informista della divi-
sione del m ondo in blocchi, di fiducia nel ruolo autonom o della classe operaia,
per evitare il rischio che i lavoratori affidino «la realizzazione delle loro istanze
m eno allo sforzo autonomo e rivoluzionario delle m asse, alle iniziative popolari,
alle diuturne conquiste e alle faticose realizzazioni che non alla pressione m ilita-
re e politica dell’Unione Sovietica».10 8
La replica di Morandi fu assai dura, sul piano ideologico e anche su quello
personale:

Riccardo Lom bardi ha scritto com e editoriale di Capodanno un articolo di una gravità ec-
cezionale [...] avendo finanche l’audacia di offendere nei suoi più radicati sentim enti la
classe operaia. Com pagno Lom bardi, la tradizione di com battim ento del nostro Partito, la
fiducia profonda nell’Unione Sovietica, che ha sem pre alim entato le m asse dei nostri m ili-

10 6 C. Lombroso, Il congresso dell’unificazione, «Avanti!», 28 dicem bre 1948. È curioso os-

servare com e nei Diari, alla data del 31 dicembre 1948, Nenni m anifesti opinioni non del tutto
dissimili: «Dopo i cecoslovacchi anche i socialisti polacchi si sono unificati. Ora sono al potere,
con problem i quindi del tutto diversi e solo il tem po ci dirà se a Praga e a Varsavia si è trattato
di fusione o di assorbim ento dei socialisti» (Tem po di guerra fredda, cit., p. 470 ).
10 7 R. Lombardi, Contro il partito della guerra, «Avanti!», 29 settem bre 1948.
10 8 Id., Prospettiva 1949, ivi, 31 dicem bre 1948. F. De Martino (Un’epoca del socialism o cit.,

pp. 136-137) ha parlato a questo proposito di «punto più debole della posizione di Lom bardi»
poiché «il legam e internazionale aveva solo il valore di un riferim ento ad un mondo reale e non
ad una sem plice speranza e quindi operava com e un fattore di stimolo all’azione e non come
un’attesa im mobile di interventi stranieri». De Martino sembrava però sottovalutare il fatto che
proprio il legam e internazionale con un dato estrem am ente reale come la politica di potenza
dell’URSS, e il conseguente appiattimento sulle posizioni del PCI, sarà, di fronte all’opinione
pubblica, uno dei principali fattori di debolezza dell’azione del PSI negli anni successivi.
54 Capitolo I

tanti, esigono il tuo rispetto [...]. Il Partito n on ha m ai inteso sostituire al suo m arxism o il
bagaglio ideologico di G.L.10 9

Lom bardi rispose alle accuse chiarendo ancora una volta com e, attraverso la
concezione dello Stato-guida, «le lotte della classe operaia italiana, o francese, o
di qualsiasi altro paese [...] non contano più per le conseguenze che possono ave-
re in seno alle m asse lavoratrici, m a per le conseguenze che ne possono derivare
per la posizione internazionale dell’URSS».110
Chiuse la polem ica Morandi, biasim ando il direttore dell’«Avanti!» per il suo
‘snobism o’ intellettuale e per la sua capitolazione di fronte agli avversari di clas-
se, corrodendo così la fiducia e la coscienza delle classi lavoratrici e delle avan-
guardie militanti «di essere, in ogni momento e condizione, col proprio petto, ba-
luardo alle conquiste della classe operaia nel mondo alla stregua stessa che ne è
presidio sul piano internazionale la forza m ilitante dell’Unione Sovietica».111

10 9 R. Morandi, Insensibilità di classe, «La Squilla», organo della Federazione di Bologna

del PSI, 12 gennaio 1949. In un opuscolo clandestino del 1944 lo stesso Morandi aveva notato
com e la difesa dell’URSS im plicasse, per i partiti com unisti di ogni paese, «la subordinazione di
ogni altro interesse al sostegno che sotto ogni form a è da portare alla politica dell’Unione So-
vietica», m entre l’azione dei partiti socialisti, pur con qualche errore dovuto ad una visuale
troppo ristretta della loro azione politica, era stata sem pre rivolta «ad una interpretazione e ad
una tutela più diretta degli interessi della classe lavoratrice nei diversi paesi» (Idea e azione
socialista, in «Lotta di popolo», 1937-1945, Torino, Einaudi, 1958, p. 85).
110 R. Lombardi, False gravidanze, «Avanti!», 18 gennaio 1949. Danilo Ardia ha sottolinea-

to il significato politico del rifiuto della teoria dello Stato-guida: «Poiché alla base del problema
della strategia e dello schieramento di sinistra stava il problem a del rapporto con il PCI [...] e
poiché il PCI basava la sua esistenza e la sua azione sull’assioma del rapporto diretto tra politi-
ca dell’Unione Sovietica (il ‘Paese guida’) e il m ovimento operaio internazionale, la contesta-
zione della validità ‘assoluta’ di tale assiom a era punto di passaggio obbligato per un partito
socialista che volesse rivendicare la legittim ità di una propria posizione e azione differenziata»
(Il Partito socialista e il Patto atlantico cit., p. 78).
111 R. Morandi, La pietra di paragone, «La Squilla», 26 gennaio 1949. I testi della polemica

Lombardi-Morandi sono in R. Morandi, La politica unitaria, a cura di S. Merli, Torino, Einau-


di, 1975, pp. 13-27 e in G. Mughini (a cura di), Il revisionism o socialista. Antologia di testi
1955-1962, Rom a, Quaderni di «Mondo Operaio», 1975, pp. 3-18. Per Carlo Pinzani (L’Italia
repubblicana, in E. Ragionieri - C. Pinzani, La storia politica e sociale, in Storia d’Italia, vol.
IV, Dall’Unità ad oggi, t. III, Torino, Einaudi, 1976, pp. 250 8-250 9) nel contrasto Lombardi-
Morandi la ragione storica stava dalla parte di quest’ultimo, per aver com preso «la dura realtà
della divisione del mondo in blocchi e la necessità di schierarsi [...] a fianco dei com unisti nel
pieno di una battaglia politica asperrima [...]. Tra le tante e tanto deprecate m anifestazioni di
continuità della società italiana nel dopoguerra la politica unitaria dei socialisti rappresentò
una felice eccezione». Ciò com portava però per il PSI il divenire un «partito ausiliario con au-
tonom ia limitata» (P. Am ato, Il PSI tra frontism o e autonom ia cit., p. 82), conform em ente a
quel realismo togliattiano di cui la lettura di Pinzani ancora risentiva. Sulla polem ica Lom bar-
di-Morandi cfr. anche A. Agosti, Riccardo Lom bardi e Rodolfo Morandi cit., pp. 10 8-10 9; A.
Benzoni, La politica estera di «Riscossa» cit., pp. 185-196; M. Galeazzi, Il socialism o italiano e
la politica internazionale 1948-1949, «Il Ponte», luglio-agosto 1985, pp. 84-85.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 55

Morandi, secondo diverse testim onianze,112 era sostanzialmente convinto


dell’im m inenza di una nuova guerra, finendo così per privilegiare, in previsione
di uno scontro sul piano internazionale ed interno, la solidarietà con l’URSS,
l’unità con il PCI, il m onolitism o ideologico.113 Gaetano Arfè ha scritto quindi di
«una sorta di accettazione della legge di guerra, nella quale quello che conta è
raggiungere il m assim o di unità e di com pattezza, anche sul piano ideologico,
anche forzando se stessi, per offrire il m assim o di resistenza possibile in questo
scontro».114
Una posizione com unque piuttosto diversa da quella sostenuta, ad esem pio,
nella riunione della Direzione del 14 ottobre 1947, analizzando la costituzione del
Com inform , giudicata «cosa assai grave e seria»:

Il m ovim ento com unista assum e un atteggiam ento aggressivo. Pensa che siano reali le
prospettive di una guerra e perciò è evidente che i com unisti si propongano di disgregare
le forze che possono servire agli am ericani. Avrem o gravi ripercussioni sia in politica este-
ra, che in politica interna. Consente all’idea di Nenni di afferm arsi in un motivo schietta-
m ente nazionale com e quello della neutralità.115

Più com plesso e contraddittorio l’atteggiam ento di Nenni, come risulta anche
da una nota, datata 16 agosto 1948, dei Diari dell’ambasciatore a Mosca, Manlio
Brosio:

(La Malfa) m i dice che Nenni tem eva invece la guerra e gran parte della sua politica filo-
com unista sarebbe stata determ inata da tale convinzione. Se si convincesse che guerra
non ci sarà potrebbe tentare di riprendere l’eredità di Lombardi per fare lui una politica
socialista autonom a. Dubito assai di tale ragionam ento: o m eglio, se esso fosse vero vor-
rebbe dire che Nenni ha acquisito una ancor m aggiore convinzione che guerra ci sarà [...].
Ma in realtà egli non vede la guerra da un lato, e dall’altro non è più in grado di staccarsi
dall’attrazione com unista.116

112 Cfr. G. Arfè, N enni e il socialism o italiano, «Mondo Operaio», aprile 1977, p. 63; R.

Lombardi, Il PSI negli anni del frontism o cit., p. 54; Id., Morandi e i problem i della transizio-
ne al socialism o, in AA.VV., Morandi e la dem ocrazia del socialism o. Problem i dell’autonom ia
e dell’unità nel dibattito della sinistra italiana, Padova, Marsilio, 1978, pp. 141-142; D. Valori,
Un discorso inedito, in AA.VV., Rodolfo Morandi e il suo tem po, Firenze, La Nuova Italia,
1982, p. 152.
113 Giovanni Pieraccini, nel descrivere un Morandi dalla personalità torm entata e rigorosa,

ha preferito invece insistere sul suo classism o: «Nel periodo dal 1948 fin verso il 1953 il suo
rigore lo portò a formulare una politica che faceva del PSI un elemento non di un’alleanza o di
un Fronte, ma della ‘classe operaia’. Era infatti la ‘classe’ al centro del suo pensiero politico e
della sua politica. Il Partito Socialista era un partito della classe operaia, distinto dal Partito
Com unista, m a partecipe di uno schieramento unitario, se m ai ci potevano essere ruoli e fun-
zioni distinte ma convergenti, dei aprtiti della sinistra; ma nulla di più. Per questa via giunse ad
accettare lo stalinism o» (Socialism o e riform ism o cit. p. 129).
114 Cfr. il suo intervento in Nenni e il socialism o italiano cit., p. 63.
115 ISRT, CFL, b. 5.
116 M. Brosio, Diari di Mosca 1947-1951, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 345. Cfr. anche, per la

posizione di Brosio, M. De Leonardis, Manlio Brosio a Mosca e la scelta occidentale, in E. Di


Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa cit., pp.
123-151; B. Vigezzi, La politica estera italiana e le prem esse della scelta atlantica. Governo,
56 Capitolo I

In Nenni giocò quindi probabilmente, nell’appoggiare le prem esse ideologi-


che e l’azione di Morandi, più che il timore di una terza guerra, il desiderio di ri-
conquistare la guida del partito e l’impossibilità, o l’incapacità, di stabilire alleanze
diverse da quelle coi comunisti.

7. I L DIBATTITO SUL P ATTO ATLANTICO

Nei m esi successivi, fino al dibattito parlam entare del m arzo 1949, «Mondo
Operaio», e il PSI in generale, più che seguire puntualm ente lo sviluppo degli av-
venim enti politici e diplomatici relativi al negoziato sul Patto atlantico, im posta-
rono la propria opposizione alla politica estera del governo su alcuni tem i che fi-
niranno per ricorrere costantem ente: la pericolosità del Patto

che com prom ette la nostra sicurezza invece di garantirla, che chiam a la guerra e
l’invasione in casa e che ci impegna in un program m a di arm am enti il quale segnerà la
fine di ogni speranza di riform a sociale e di m iglioram ento delle condizioni di vita delle
m asse popolari; 117

l’accusa al governo di seguire una politica contraria agli interessi e alla coesione
nazionale:

Nell’am bito della politica estera i lim iti di una politica nazionale sono nell’astensione da
ogni im pegno m ilitare e nella soluzione dei nostri problem i di sicurezza e di revisione del
trattato con una politica prudente di pace e di neutralità, la sola sulla quale ci è possibile
accordarci all’interno, la sola che ci garantisca il rispetto all’estero; 118

i richiam i a passate situazioni della politica estera italiana:

La fretta, l’ostinazione a voler entrare a tutti i costi nel Patto atlantico som igliano co-
m e una goccia d’acqua alla fretta con cui Salandra decise l’intervento, Mussolini dichiarò
la guerra. A quei due uom ini essere subito tra i belligeranti parve suprem a necessità, per
perm ettere all’Italia di annoverarsi tra i soci fondatori dello schieram ento di guerra [...].
Non diversam ente il conte Sforza vuole subito la tessera di socio fondatore reputando che
non possa essere vuota la sedia dell’Italia nei grandi consessi m ondiali; 119

l’appello, infine, alla m obilitazione delle m asse popolari contro il Patto atlantico:

Ricorrerem o al Parlam ento contro il governo, al Paese contro il Parlam ento se sarà neces-
sario; ricorrerem o a tutti i m ezzi a nostra disposizione per ostacolare una politica che con-
sideriam o di tradim ento e di rovina. E se la firm a del govern o dovesse m alauguratam ente
essere posta sotto un patto politico e m ilitare, di quel patto farem o un pezzo di carta

diplom atici, m ilitari e le discussioni dell’estate 1948 , in Id. (a cura di), La dim ensione atlanti-
ca, Milano, J aca, 1987, pp. 1-189.
117 P. Nenni, L’Am erica a caccia di disillusioni, «Mondo Operaio», 15 gennaio 1949, p. 1.
118 Id., È ancora possibile una politica estera nazionale?, ivi, 5 m arzo 1949, p. 1.
119 A. Borgoni, Parallelism i, ivi, p. 5.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 57

straccia, senza valore m orale e politico, come fu fatto della Triplice, com e – se ci fosse sta-
ta un’opposizione organizzata – sarebbe stato dell’Asse, il quale im pegnò due regim i m a
rim ase sostanzialm ente estraneo alla coscienza del popolo.120

Il 9 febbraio aveva intanto avuto luogo la riunione in seduta com une dei
gruppi parlam entari socialisti della Cam era e del Senato, sotto la presidenza di
Nenni. La riunione si era aperta con una relazione dello stesso Nenni, che aveva
svolto un esam e della situazione internazionale e della politica estera del gover-
no. Alla fine era stato approvato all’unanim ità un ordine del giorno nel quale il
gruppo socialista ribadiva la politica estera del Partito, «della libertà degli im pe-
gni e della neutralità che garantisce gli interessi e l’avvenire della Nazione» e in-
vitava il governo «a inform are il Paese e a rendere conto al parlam ento dei suoi
veri propositi e dei suoi progetti». Il gruppo sollecitava quindi, sugli atti del go-
verno, «la vigilanza delle organizzazioni popolari, sindacali, fem m inili, combat-
tentistiche, partigiane» e riafferm ava infine che «trascinare l’Italia in una politi-
ca di alleanze m ilitari significava ricalcare le orme del fascism o e distogliere la
nazione dal suo sforzo di ricostruzione per avviarla verso nuove avventure».121
Il Governo procedeva ormai rapidam ente verso l’approvazione del Patto. Il 7
m arzo Nenni, a nom e del gruppo parlam entare socialista, presentò quindi alla
Cam era un’interpellanza urgente «sul valore da attribuire alle concordi inform a-
zioni della stam pa italiana e internazionale circa una richiesta del governo italia-
no di incondizionata adesione al Patto atlantico in elaborazione».122
L’11 m arzo l’«Avanti!» inform ava che, dopo un incontro dell’ambasciatore
am ericano in Italia, Dunn, con Sforza, era stata presa l’im provvisa decisione di
anticipare il dibattito sul Patto, inizialm ente previsto per il 15 m arzo. Lo stesso 11
m arzo De Gasperi fece quindi le sue dichiarazioni alla Cam era, com unicando che
nella m attinata il Consiglio dei m inistri aveva deciso all’unanim ità l’adesione al
Patto e la partecipazione alla fase conclusiva dei negoziati.
Al term ine delle dichiarazioni di De Gasperi (che illustrò anche il contenuto e
gli scopi del Patto 123 ), Nenni intervenne imm ediatam ente dichiarando di non po-
ter considerare sufficienti le spiegazioni date e chiedendo perciò che il m inistro
degli Esteri si presentasse alla com m issione Affari Esteri per fornire le spiega-

120 P. Nenni, Dire la verità al Paese, ivi, 12 febbraio 1949, p. 1. Queste frasi furono riprese

dallo stesso Nenni in una dichiarazione all’«Italia Socialista» che suscitò m olto scalpore, al
punto da costringerlo ad alcune precisazioni: «Ci vuole evidentem ente della fantasia per vedere
com unque una m inaccia nella m ia affermazione. Appartiene proprio alla più corretta prassi
democratica fare ricorso al parlam ento contro il governo, e al paese contro il parlam ento, chie-
dendo o le elezioni o una petizione popolare o il referendum , tutte cose che sono chiaramente
contemplate dalla Costituzione repubblicana» («Avanti!», 13 febbraio 1949).
121 Cfr. ivi, 10 febbraio 1949 e il com unicato della Direzione del 10 -11 febbraio, che ne ripre-

se i punti salienti (ivi, 13 febbraio 1949).


122 Ivi, 8 marzo 1949.
123 Cfr. G. Andreotti, De Gasperi e il suo tem po, Milano, Mondadori, 1964, p. 331; M. R.

Catti De Gasperi, De Gasperi uom o solo, Milano, Mondadori, 1964, p. 270 .


58 Capitolo I

zioni che non poteva dare esplicitam ente alla Camera. Tuttavia ogni proposta di
sospensiva fu respinta ed il dibattito iniziò il 12 m arzo. 124
Nel suo intervento 125 Nenni articolò la critica al Patto in vari punti:
a) il Patto non era com patibile con la Carta dell’ONU. Infatti i patti regionali di
sicurezza citati in essa erano stati concepiti com e una difesa dal pericolo di
una rinascita del militarism o tedesco. In questo senso non vi era nessuna
contraddizione con l’alleanza anglo-francese stipulata a Dunquerque, m entre
il Patto atlantico era invece «diretto in m odo esplicito contro l’Unione Sovie-
tica e contro una serie di Paesi che aderiscono all’ONU; è quindi un tentativo
di distruggere l’ONU, di sostituire al solo principio valido di organizzazione
della pace, che è quello della sicurezza collettiva, il principio della contrappo-
sizione di un blocco di paesi ad un altro blocco di paesi»;
b) l’assenza nel Patto di una clausola che assicurasse l’autom aticità dell’inter-
vento am ericano, se dava una certa libertà d’azione agli USA, costituiva un
grande pericolo per i paesi com e l’Italia, destinata a diventare il cam po di bat-
taglia della terza guerra m ondiale;
c) il nesso che De Gasperi aveva cercato di stabilire tra l’adesione al Patto e
l’indipendenza nazionale era falso (un argom ento sul quale Nenni tornerà an-
che nel suo necrologio di De Gasperi126 ). Si creava anzi un rapporto di suddi-
tanza senza precedenti «quale non esistette nem m eno nell’ambito del Patto
d’acciaio»;
d) il Patto im poneva all’Italia una politica che essa non aveva i m ezzi per soste-
nere, essendo l’adesione un atto di politica di prestigio al quale non corri-
spondeva sostanza alcuna;
e) il governo italiano aveva mendicato l’adesione al Patto, aiutato dalla Francia e
dai cattolici am ericani, «inibendosi così la possibilità di porre delle condizio-
ni, e meno che m ai la condizione della revisione del trattato (di pace,
n.d.R.)». La politica alternativa proposta dai socialisti era una politica nazio-
nale intesa com e

124 Il dibattito alla Cam era si concluse il 18 m arzo con l’approvazione di un ordine del gior-

no Spataro per l’adesione al Patto con 342 sì, 170 no, 19 astensioni. Tra i voti contrari vi fu an-
che quello di Calamandrei, nonostante quest’ultim o fosse aderente, quale m em bro dell’Unione
dei Socialisti, al gruppo parlamentare socialdem ocratico. Degli altri deputati di questo gruppo,
che erano stati autorizzati a votare secondo coscienza, 14 votarono a favore e 11 si astennero
(tra i quali Bonfantini, Matteo Matteotti, Mondolfo, Vigorelli, Zagari: cfr. A. De Felice, La so-
cialdem ocrazia e la scelta occidentale dell’Italia, Catania, Boem i, 1999). Astenuti furono anche
il democristiano Rapelli e il liberale Giuseppe Nitti, figlio di Francesco Saverio. Al Senato, dove
la discussione si prolungò dal 21 al 27 m arzo, l’ordine del giorno governativo di adesione pre-
sentato da Casati, Cingolani e Persico fu approvato con 288 voti favorevoli, 112 contrari e 8 a-
stenuti (gli indipendenti V.E. Orlando, F.S. Nitti, Bergamini, i socialdemocratici Carm agnola,
Gonzales, Zanardi, il m onarchico Bonocore, il m issino Franza). Rimase poi lettera morta la
proposta del deputato socialista Sansone di esporre in ogni Com une l’elenco dei deputati favo-
revoli al Patto.
125 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1948, pp. 6798-680 7.
126 P. Nenni, Il lim ite di De Gasperi, «Avanti!», 22 agosto 1954.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 59

nel cam po della politica estera, libertà dagli im pegni di carattere politico e m ilitare e
cioè, in term ini più concreti, politica di pace e di neutralità [...]. Se, sulla base di que-
sta politica, [...] dovesse realizzarsi l’ipotesi di una aggressione contro il nostro Paese,
chiunque fosse l’aggressore, sarebbe il nem ico del nostro popolo. 127 Politica nazionale
nel cam po interno vuol dire sforzo inteso a svelenire i rapporti tra m aggioranza e op-
posizione [...] im pegno reciproco di risolvere i problem i di esistenza del nostro popolo.

Se la m aggioranza avesse approvato l’iniziativa del governo, i socialisti avreb-


bero continuato la loro opposizione con tutti i mezzi consentiti dalla Costituzio-
ne. Lombardi, com m entando l’intervento di Nenni, osservò come la politica di
neutralità, inizialm ente incom presa, fosse ora diventata patrim onio di tutto il
PSI.128 Sarebbe stato sm entito pochi giorni dopo dall’adesione di Nenni al m ovi-
m ento dei Partigiani della pace, proprio m entre il direttore dell’«Avanti!» riaf-
ferm ava che la lotta per la pace non doveva essere occasione di reintroduzione
surrettizia di form ule ed organism i superati e controproducenti, ma che anzi, per
sviluppare il collegam ento con le più vaste m asse popolari e di ceto m edio occor-
reva che ciascuno dei partiti della sinistra m antenesse la propria fisionom ia e
non la dissolvesse in organism i politici indifferenziati.129
Tra gli altri interventi dei leaders socialisti (Basso, Lom bardi, Morandi, Ro-
m ita) vale forse la pena di citare quello di Lelio Basso, che è essenzialm ente
un’analisi, assai vicina a quella ufficiale del Com inform , form ulata da Evghenij
Varga,130 delle cause econom iche del Patto atlantico. Dopo aver sottolineato il
ruolo dell’Inghilterra nella prom ozione del Patto atlantico per m antenere la su-
prem azia in Europa contro il pericolo rappresentato dall’URSS, Basso così pro-
seguì:

127 È interessante osservare com e abbia impostato questo stesso argom ento un intellettuale

che appoggiava l’esperim ento ‘centrista’ di Lombardi e J acometti, Franco Fortini: «Se credes-
sim o che i carri arm ati sovietici portano la rivoluzione che noi vogliamo, saremm o già nel parti-
to comunista [...]. Per questo siam o persuasi che, prim a ancora della difesa dell’Unione Sovieti-
ca, ci sia la difesa della pace di tutti e, per com inciare, della nostra neutralità» (Ad un sociali-
sta: neutralità 1949, in Dieci inverni 1947-1957. Contributi ad un discorso socialista, Bari, De
Donato, 1973, p. 161). Per l’adesione di Fortini a «Riscossa socialista» cfr. la sua lettera
all’«Avanti!» del 9 giugno 1948: «Non un atto di fede, ma un atto di modesta ragionevolezza mi
persuadono che oggi, con le attuali posizioni politiche nazionali e internazionali, esistono con-
crete soluzioni socialiste, cioè non comuniste e non social-americane».
128 R.L., Grande discorso socialista, ivi, 13 m arzo 1949.
129 Id., La lotta per la pace, ivi, 30 m arzo 1949. Lo stesso giorno Togliatti interveniva pole-

m icamente, al Com itato centrale del PCI, nei confronti della Direzione centrista: «Vi è in alcuni
dirigenti socialisti una fobia e una resistenza all’azione unitaria quale deve essere condotta nel-
le form ule che la situazione esige [...]. (Mi auguro) che i com pagni socialisti com prendano che
ogni interesse ristretto di partito deve essere sacrificato di fronte ad una lotta così am pia, così
im portante com e quella che sono oggi chiam ati a combattere le masse lavoratrici italiane»
(«l’Unità», 31 marzo 1949).
130 Per l’influenza delle dottrine di Varga sulla politica del PCI, cfr. S. Galante, La politica

del PCI e il Patto atlantico, Padova, Marsilio, 1973. Su Varga, peraltro ‘scom unicato’ nel 1949
com e revisionista dal Com inform , su richiesta di Stalin, cfr. F. Catalano, Europa e Stati Uniti
negli anni della guerra fredda. Econom ia e politica 1944-1956, Milano, Istituto Librario In-
ternazionale, 1972, pp. 10 0 -10 1.
60 Capitolo I

Gli Stati Uniti sono usciti da questa guerra in una posizione che li fa la potenza capitalisti-
ca più forte del m ondo; [...] essi hanno una capacità ulteriore di espansione m olto m ag-
giore di quella delle altre potenze capitalistiche, avendo posto in essere durante la guerra
una struttura econom ica di così vaste proporzioni che, se non m antiene questo alto livello
di produzione e d’im piego di m ano d’opera, rischia di precipitare in una crisi ancor più
grave di quella in cui è caduta nel 1929 [...]. Ma m entre negli anni dell’im m ediato dopo-
guerra essi hanno potuto avvalersi del fatto che negli anni precedenti i consum i di pace
erano praticamente sospesi [...] sicché vi era grande richiesta di questi prodotti che ave-
vano potuto alim entare le industrie am ericane, dal 1947 ad oggi invece questa m inaccia di
crisi si è fatta più grave [...]. Ma neppure le esportazioni di m erci e di capitali bastano per
soddisfare le esigenze del capitalism o am ericano [...]; si aggiunge perciò la politica degli
arm am enti com e uno stim olante artificioso per m antenere attiva la domanda di prodotti
alle grosse industrie pesanti e ristabilire così un equilibrio che il capitalism o ha perduto
per sem pre.131

Negli articoli e nei com m enti delle settim ane successive su «Mondo Operaio»
osserviam o l’enfatizzazione di alcuni argom enti e tem i destinati ad avere ulterio-
re sviluppo, a partire dalla dram m atizzazione della situazione internazionale e
del pericolo di guerra:

Se la tensione internazionale della prim avera del 1939 dette vita al Patto di acciaio, la ten-
sione di questa prim avera dà nascita al Patto atlantico [...]. Le alleanze militari non ser-
vono alla pace, bensì solo a preparare a fare la guerra. Una alleanza che congloba quasi
tutti i popoli della terra contro un solo popolo è una coalizione di guerra com e quelle che
abbiam o visto nei due ultim i conflitti. Una coalizione di guerra che gli anglosassoni spe-
rano sia l’ultim a, perché dopo vi sarà pace eterna. Ma sarà la pace dei m orti, perché il loro
folle sogno im perialistico si realizzerà sui cadaveri.132

A ciò si aggiungeva il fatto che il Patto fosse essenzialm ente rivolto contro
l’URSS, la sola potenza rim asta ad opporsi all’irresponsabile volontà di dom inio
universale degli Stati Uniti, difendendo così la libertà di tutti i popoli.133 Ma, so-

131 Cfr. «Mondo Operaio», 2 e 9 aprile 1949. Sulla stessa linea dell’intervento di Basso cfr.

anche G. Pietranera, Crisi dell’Europa o crisi del capitalism o?, ivi, 12 febbraio 1949; E. Rienzi,
Verso la crisi del capitalism o am ericano, ivi, 5 m arzo 1949, p. 11; G. Pietranera, Scam bi fra Est
e Ovest e Patto Atlantico, ivi, 19 m arzo 1949, p. 7.
132 A. Borgoni, Un paragone pericoloso, ivi, 26 marzo 1949, p. 4. Si afferma così una «con-

cezione catastrofistica della realtà internazionale ed interna: il tim ore della terza guerra [...] cui
il Patto atlantico e i suoi successivi sviluppi sono visti com e progressivo avvicinam ento; la con-
vinzione [...] che la classe dirigente del nostro paese stesse parallelamente marciando verso la
costruzione di un regim e autoritario. Una visione di questo tipo si traduce sul piano del concre-
to operare politico nel duplice indirizzo della lotta per la pace e del rilancio, a sinistra, del tra-
dizionale nazionalismo» (A. Benzoni, Il Partito Socialista dalla Resistenza ad oggi, Padova,
Marsilio, 1980 , p. 48).
133 Cfr. A. Borgoni, Libro bianco, «Mondo Operaio», 26 m arzo 1949, p. 4. Meno di due anni

prim a Borgoni aveva assicurato un funzionario dell’am basciata inglese a Roma che «the prin-
cipal difference between the Socialist and the Com munist Parties was the Socialists’ adherence
to a strictly Italian foreign policy [...]. Borgoni went so far in his conversation as to speak o-
penly of the dangers of Com munist expansion and the m enace that Soviet civilization represen-
ted for certain aspects of Western culture» (relazione del 4 giugno 1947 dell’am basciatore Sir
Noel Charles al m inistro degli esteri Bevin in D. Sm yth - A. Gerolymatos, eds., British Docu-
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 61

prattutto, venivano paventati i possibili riflessi del Patto atlantico, novella «San-
ta Alleanza capitalistica del Novecento»,134 sulla politica interna italiana e sugli
equilibri sociali del paese:

Il governo italiano [...] ha accettato di farsi vassallo dell’im perialism o anglo-sassone per
ottenerne in cam bio l’assicurazione della conservazione sociale. Ha sollecitato, anzi im-
plorato l’invito per essere protetto dagli Stati Uniti e dalle arm i am ericane contro il m o-
vim ento interno delle classi lavoratrici, contro coloro che lottano per un ram m oderna-
m ento delle strutture sociali ed econom iche italiane. Gli arm am enti richiesti a Washin-
gton con rara prem ura fanno ridere se considerati com e difesa esterna, acquistano im por-
tanza ai fini della repressione interna.135

Avvicinandosi la data del congresso straordinario del PSI, convocato a Firen-


ze, il Patto diventò pure motivo di lotta politica all’interno del Partito: «Anche la
m ozione centrista (Lombardi, J acom etti, Santi) consacra un paragrafo [...] alla
critica del Patto atlantico [...]; l’analisi è però alquanto debole, la critica vacillan-
te [...]; così è inesistente l’indicazione di un metodo efficiente di lotta che non
può evidentem ente esaurirsi nella riafferm azione della neutralità com e alternati-
va alla politica di Sforza».136
Dopo la votazione del Parlam ento la parola d’ordine che venne lanciata im -
m ediatam ente da Nenni fu quindi quella di non dare tregua al governo:

L’opposizione ha il dovere di non dare tregua né in Parlam ento né nel Paese. In Parla-
m ento occorre fin d’ora prepararci al dibattito contro la ratifica. Nel Paese occorre affron-
tare sem pre più energicam ente le illusioni e le ipocrisie dietro le quali il partito della
guerra m aschera i suoi propositi e la sua azione [...]. Minare quindi dall’interno il sistema
del Patto atlantico è il solo mezzo orm ai a disposizione dei popoli occidentali che non vo-
gliono essere trascinati in una nuova guerra im perialista [...]. L’opposizione italiana non
m ancherà a questo dovere. Essa non darà tregua al governo, e se non è stata assai forte
per im pedire la firm a di un patto di guerra, lo è certamente abbastanza per renderlo ino-
perante.137

Il 31 m arzo il gruppo parlam entare socialista si riunì a Palazzo Madam a sotto


la presidenza di Pertini per esam inare la situazione dopo le votazioni sul Patto
atlantico. Fu approvato un ordine del giorno Nenni-Pertini con il quale si chie-
deva di consultare il Paese sull’adesione al Patto; si invitava il Partito e le orga-
nizzazioni popolari ad intensificare la lotta contro il Patto (a questo scopo si ini-
ziò una raccolta di firm e per la presentazione di una petizione popolare); si diede
la propria adesione al Congresso m ondiale della pace di Parigi.138 Lom bardi e

m ents on Foreign Affairs, Series F Europe 1947, vol. 11, University Publications of Am erica
20 0 1, p. 35).
134 (Non firmato), Santa Alleanza capitalista, «Mondo Operaio», 26 m arzo 1949, p. 4.
135 A. Borgoni, Scoperte inutili, ivi, 9 aprile 1949, p. 5.
136 (Non firmato), La lotta socialista contro il Patto atlantico, ivi, 2 aprile 1949, p. 4.
137 P. Nenni, N on dare tregua, ivi, p. 1.
138 Cfr. l’«Avanti», 1° aprile 1949.
62 Capitolo I

Pieraccini dichiararono però, ulteriore prova di divisione, che il PSI, com e parti-
to, non avrebbe aderito al Congresso.139
Il 4 aprile veniva firm ato a Washington il Patto atlantico. Scriveva Nenni nei
suoi Diari, accostando ai consueti tim ori una prospettiva politica ancora nebulo-
sa e di là da venire:

Il Patto atlantico è stato firm ato oggi: se la guerra non è soltanto un fatto m ilitare, m a un
fatto politico e psicologico, la terza guerra è com inciata. Non è detto che debba tradursi in
fatto bellico. Può non esserci il conflitto armato. Ma da oggi tutto viene com piuto e attua-
to nell’am bito del rapporto delle forze m ilitari. Per evitare l’urto arm ato c’è un m ezzo so-
lo: rovesciare all’interno la contrapposizione dei blocchi e il sistema politico-m ilitare sul
quale si regge. Ne ha coscienza l’opposizione popolare? 140

Sono espressioni riprese da Nenni anche sulle colonne di «Mondo Operaio», an-
che se con un più evidente e fiducioso incitamento alla mobilitazione popolare:

All’indom ani della firm a del Patto di acciaio gli antifascisti si rivolsero al popolo per dire
quanto noi ripetiam o oggi [...] che restava una sola possibilità [...] di evitare alm eno che
nel conflitto fosse trascinata l’Italia ed era far saltare dall’interno l’alleanza di guerra, far
saltare con l’alleanza il governo che ne era prom otore. Analoga è oggi la situazione [...] (il
Paese) può ancora salvarsi associandosi sul piano m ondiale all’azione intrapresa dalle for-
ze di pace e di progresso contro il partito della guerra (azione della quale l’im m inente
Congresso della pace a Parigi delineerà gli obiettivi e i m etodi).141

Pochi giorni dopo, proprio a Parigi (dove verrà nom inato vicepresidente del
Consiglio m ondiale della pace), Nenni esprim erà nuovam ente una valutazione
positiva degli accordi di Yalta e di Potsdam dalla cui rottura, ad opera di circoli
conservatori e reazionari, dipendeva la situazione di crisi internazionale: «Si è
detto di Yalta e di Potsdam che il m ondo non vi era stato diviso in due zone di
influenza. Non è esatto. Oggi gli gli accordi di Yalta e di Potsdam ci appaiono
com e un saggio com promesso, sulla base della situazione di fatto creata dalla
guerra, fra due m ondi e due sistemi sociali e politici decisi a preservare la pace
lavorando all’unità d’azione di tutti i popoli, vincitori e vinti».142
Com e ha notato Vittorio Foa (allora stretto collaboratore di J acometti e Lom -
bardi), con l’adesione di Nenni alla linea della ‘lotta per la pace’ i giochi sono fat-
ti: «‘Lotta per la pace’ significa allinearsi com pletamente alla politica estera del-
la Russia, all’idea che l’Arm ata Rossa fosse in quanto tale uno strum ento di de-
m ocrazia [...]. Si trattò, in pratica, dell’accettazione pura e sem plice dello stalini-

139 Cfr. «Corriere della Sera», 2 aprile 1949.


140 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 484.
141 Id., Quello che c’è di nuovo, «Mondo Operaio», 9 aprile 1949, p. 1.
142 Il discorso di Nenni è riportato in «Mondo Operaio», 7 maggio 1949; cfr. anche, dello

stesso Nenni, Pulci con la tosse e cose serie, ivi, 7 m aggio 1949. Ancora nel luglio 1957, in
un’intervista alla rivista francese «Occident», Nenni esprim erà un giudizio positivo su Yalta
(cfr. il testo dell’intervista sull’«Avanti!», 2 luglio 1957). Sulla valutazione da parte di Nenni dei
risultati di Yalta cfr. A. Benzoni, La politica internazionale del frontism o, in La nascita della
Repubblica e lo stalinism o, supplemento dell’«Avanti!», 26 aprile 1992, p. 20 .
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 63

sm o»,143 attraverso, per usare un’espressione dello stesso Foa, la ‘surroga’ della
lotta di classe con la lotta per la pace.144

8. «VENTO FREDDO E NUVOLE NERE »: IL CONGRESSO DI F IRENZE

Vento freddo e nuvole nere stam attina a Firenze. Il vento scendeva dal nord, spazzava la
città, faceva rabbrividire le acque dell’Arno, faceva garrire le bandiere rosse sulla torre del
teatro dove stava per inaugurarsi il XXVIII Congresso del Partito. Sem brava che dovesse
piovere da un m om ento all’altro.145

Il clim a in cui, l’11 m aggio 1949, si aprì a Firenze il XXVIII congresso del PSI,
non era particolarm ente mite ed allegro neppure dal punto di vista politico:

Chi ricordava il precedente congresso di Firenze, quello del 1946, ha avuto anche una
nuova im pressione di solitudine. Sul palco, infatti, m ancavano le delegazioni dei partiti
socialisti francese, belga, olandese, britannico, ecc. Mancavano i baffetti di Harold La-
ski146 e la figura caratteristica di Guy Mollet. Non c’erano più. Erano passati dall’altra par-
te della barricata, abbandonando le vecchie schiere del socialism o. I delegati, nell’attimo
in cui aveva inizio ufficialm ente il congresso del Partito, hanno sentito ‘fisicam ente’ que-
sta nuova degnissim a e coraggiosa solitudine che ha fatto e fa del Partito Socialista Italia-
no l’unico Partito socialista che m antiene una intransigente condotta di lineare e coerente
autonom ia m arxista.147

La m ozione congressuale della Direzione uscente («Per il partito e per la clas-


se» 148 ) difese tutte le scelte attuate nel cam po della politica internazionale, dalla
neutralità al rifiuto dell’ipotesi della terza guerra m ondiale.149 Nella sua relazione
il segretario J acom etti tornò così sul boicottaggio attuato dalla corrente di sini-
stra nei confronti delle iniziative della Direzione, in particolare della ‘giornata
per la pace e la neutralità’:

143 V. Foa, Il PSI negli anni del frontism o, intervista a cura di G. Mughini, «Mondo Ope-

raio», ottobre 1977, p. 71. È lo stesso concetto espresso, con un’allusione greve, m a efficace, al
sim bolo del Movimento, da Leo Valiani a Franco Venturi in una lettera del 30 novembre 1951:
«Si può ancora rovesciare la situazione? Certo, m a solo a patto che Nenni, Santi, R. Lombardi,
Lelio Basso ecc. rinuncino a fare i partigiani dell’uccello di Picasso» (Lettere 1943-1979, a cura
di E. Tortarolo, Scandicci, La Nuova Italia, 1999, p. 89).
144 Cfr. V. Foa, Il cavallo e la torre cit., p. 20 4.
145 Dieci m esi di vita socialista nella relazione di Jacom etti, «Avanti!», 12 m aggio 1949.

Cfr. anche P. Monelli, Il pittoresco di un congresso, «La Stam pa», 15 maggio 1949.
146 Harold Laski, presidente del Labour Party , era intervenuto nell’aprile 1946 al XXIV

congresso dello PSIUP (cfr. l’«Avanti!», 12 aprile 1946).


147 Né la presenza del rappresentante indiano o di quella dei socialisti di sinistra austriaci

(cfr. G Tum iati, L’operante fraternità dei lavoratori non si arresta davanti a nessun confine,
«Avanti!», 12 m aggio 1949) potevano servire da validi rimpiazzi.
148 Cfr. il testo sull’«Avanti!», 22 m arzo 1949.
149 Cfr. R.L., Pace fredda e pace calda, ivi, 8 m aggio 1949.
64 Capitolo I

Il 30 ottobre 1948, quando con Santi andai a Bologna per la cam pagna del Partito per la
pace e la neutralità, trovam m o m olti m anifesti m a nessuno per la neutralità, poiché a Bo-
logna la parola d’ordine del partito, ‘neutralità’, non era conosciuta e su «La Squilla» non
apparve m ai [...]. Mentre noi facevam o questa cam pagna l’opera della Direzione è stata
distrutta in parte da alcuni com pagni, com e il com pagno Morandi, che il 31 ottobre, pro-
prio il giorno in cui noi iniziavam o in tutta Italia la cam pagna per la pace e la neutralità,
scriveva su quattro o cinque giornali socialisti e su due o tre giornali non socialisti, un ar-
ticolo che voi tutti avete letto [...]. Il com pagno senatore Pertini andava sulle piazze delle
città italiane a parlare contro la neutralità e contro la Direzione del Partito.150

Non c’era però più spazio per una posizione di neutralità o, com e accusò De
Martino nel suo intervento congressuale, ‘terzaforzista’:

La dura legge dei fatti ha im pedito il form arsi di questa posizione politica [...]. Vi sono due
forze nel m ondo, vi sono due forze in Italia: noi abbiam o il dovere di scegliere chiaram en-
te in m odo decisivo. Scegliam o quella parte che ha creato il socialism o nella realtà, che ha
fatto la rivoluzione socialista [...]. È evidente che l’azione che condurrà il proletariato in
Italia e negli altri paesi dell’occidente europeo deve essere validam ente appoggiata dalla
politica generale che guida i paesi del socialism o e di dem ocrazia popolare. Questo è il
problem a politico fondam entale dell’Italia, dell’Europa e certam ente del m ondo intero.
Da esso si sviluppano tutti gli altri problem i di politica interna e di politica econom ica del
nostro Paese.151

Così pure Luzzatto criticò le speranze di J acom etti e Lom bardi in una possibi-
le distensione: «Non so quale distensione sia quella che essi ravvisano. So che
non si può determ inare la nostra azione astenendosi dal nostro posto di lotta.
Una distensione, la vera distensione non è possibile finché non sarà risolta la so-
cietà capitalistica. Prepararsi al peggio è prepararsi all’azione. Cullarsi nelle illu-
sioni è distruggere le capacità di azione».152
La replica di Lom bardi fu centrata, tra concessioni e puntigliose critiche ideo-
logiche, sulle ripercussioni interne delle tesi di De Martino e Luzzatto. In Italia
esistevano ancora due partiti della classe operaia perché la rivoluzione non aveva
superato le frontiere dell’Unione Sovietica:

Ci sono due esigenze nel m ovim ento operaio altrettanto, e vi prego sottolinearlo, altret-
tanto valide: quella com unista e quella socialista, che rispondono a due bisogni essenziali
e a cui nessuno dei due può rinunziare senza lim itare e ferire inguaribilm ente il m ovim en-
to operaio m ondiale. Il nostro partito rappresenta una di queste esigenze; il partito co-

150 Cfr. ivi, 12 m aggio 1949.


151 Cfr. il testo del discorso di De Martino in «Quarto Stato», (1949), 8-9 e dello stesso De
Martino, con toni ancora più duri, Intorno alla socialdem ocrazia, «Mondo Operaio», febbraio
1950 . Per la m ozione della sinistra cfr. l’«Avanti!», 29 marzo 1949. Mauro Ferri ricorda, a pro-
posito di De Martino, che «m i aveva colpito il suo discorso al congresso: discorso rigidamente
frontista, pronunciato con una eloquenza appassionata fatta di vastità di tem i, rigore di ragio-
namento ed eleganza di linguaggio» (De Martino: l’uom o e il politico, in E. Bartocci, a cura di,
Il futuro nella storia del socialism o: saggi sul pensiero e l’esperienza politica di Francesco De
Martino, Manduria, Lacaita, 20 0 2, p. 7).
152 Cit. in G.T., Sinistra-destra-centro: prospettive e soluzioni, «Avanti!», 13 maggio 1949.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 65

m unista ne rappresenta l’altra. Da ciò la necessità di convivenza e di accordo […]. Tutti


noi abbiam o coscienza che la rivoluzione m ondiale non si fa senza l’URSS. Ma tutti noi,
com pagni, dobbiam o avere uguale coscienza che la rivoluzione mondiale non si fa solo
con l’URSS.

La posizione ‘ecclesiastica’ di De Martino rassom igliava a quella di chi, non


sapendo spiegarsi i fatti, si affida alla dottrina della provvidenza: «è la posizione
più passiva, più inerte, più nullista che si possa proporre al m ovim ento operaio
italiano». Non si trattava, evidentemente, di prendere posizione contro l’URSS:

Noi abbiam o un’altra funzione, qualche altra cosa di altrettanto indispensabile da fare, ed
è quella di creare noi, nei casi dove non esiste l’iniziativa dell’Unione Sovietica, o dove si
tratta di suscitare delle forze, dove il partito com unista è paralizzato da esigenze diploma-
tiche e tattiche, di creare noi le condizioni perché il m ovim ento operaio combatta e sia
sem pre in posizione di lotta. E da questo punto di vista quello che sem bra uno slogan, m a
non è, cioè che la direzione del m ovim ento operaio non spetti necessariamente al PCI, ac-
quista tutto un suo reale significato.153

Il leader della m ozione di destra «Per il socialism o», Rom ita, superò le am bi-
guità indubbiam ente presenti nel discorso di Lombardi, arrivando al cuore del
problem a, la nozione di classe e il rapporto con il PCI e l’Unione Sovietica:

La realtà è che la classe è quella che è: in essa ci sono i ceti medi, cosicché per raggiungere
il 55% bisogna conquistare alm eno il 25% dei ceti m edi, che non credono nella lealtà de-
m ocratica del Partito com unista perché considerano ciò che è accaduto in altri paesi dove
i com unisti hanno instaurato i loro schem i totalitari […]. Fuori dall’Internazionale non si
può stare, perché altrim enti la nostra voce non potrà farsi sentire. Al Com isco si può an-
dare e si deve andare a discutere, m entre al Com inform si va solo per ubbidire agli inte-
ressi del m ovim ento bolscevico.154

L’intervento di Nenni concluse, di fatto, il Congresso, con un’analisi, alquanto


giustificatoria, della situazione politica che partiva, riallacciandosi al discorso di
Rom ita, ancora una volta dai m utamenti del quadro internazionale dopo il 1945
(nei suoi Diari attribuì la vittoria congressuale della sua mozione proprio
all’azione «soprattutto nei problem i di politica estera» 155). Le elezioni politiche
italiane dell’aprile 1948 si erano infatti svolte in un contesto assai diverso rispet-
to a quello della fine della guerra. Era infatti successo che

153 R. Lombardi, Scritti politici (1945-1978) cit., pp. 156-161. Significativo il com mento

dell’inviato dell’«Unità», Emanuele Rocco: «Il centro si è smascherato uscendo dalla volutà
am biguità congressuale. Nell’intervento dei centristi è mancato com pletamente il riconosci-
m ento pieno e sincero della funzione che spetta all’URSS nella lotta che tutti i i popoli condu-
cono per la democrazia e il socialismo» (Nenni conclude il dibattito al 28° Congresso del PSI,
15 m aggio 1949).
154 Cfr. l’«Avanti!», 15 m aggio 1949. Nel dicembre 1949 Rom ita uscirà dal PSI fondando il

Partito socialista unitario che, nel maggio 1951, confluirà nel PSLI.
155 Tem po di guerra fredda cit., p. 485.
66 Capitolo I

la politica estera inglese si era com pletam ente spostata passando alla nuova politica di
Bevin che doveva portare al Patto di Bruxelles e al Patto atlantico. Questo spostamento
doveva inevitabilm ente tradursi in una condanna del PSI. Se ciò si considera, la destra
deve riconoscere che non si tratta di sentimentalism o o di furbizia. Bisogna scegliere ciò
che i centristi hanno scelto soltanto oggi, facendo perdere del tem po al partito e turbando
le coscienze dei socialisti. Bisogna rovesciare la concezione dei nostri rapporti con il PCI.
Si tratta di scegliere gli alleati com e conseguenza del giudizio che noi diam o su una de-
term inata situazione. Ne deriva che non è possibile porre il problem a dell’unità socialista,
quando ci accorgiam o che noi siam o su un fronte e gli altri sono dall’altra parte della bar-
ricata e sparano contro di noi. La coscienza che noi abbiam o del problem a della lotta in-
ternazionale contro l’im perialism o è la stessa coscienza che anche i com unisti hanno della
sinistra e potrem m o fare a m eno di un patto scritto di unità d’azione.156

Nonostante il sospetto che il voto di alcune Federazioni fosse stato irregola-


re,157 la risicata vittoria, con il 51%, di Nenni e Morandi fu rafforzata dall’im pe-
gno assunto dai centristi di non organizzarsi in corrente.158 Concludendo il suo
intervento al congresso Lom bardi aveva infatti garantito polemicam ente che
«qualunque sia l’esito di questo congresso, noi lavorerem o lealmente e senza ri-
serve di sorta per il Partito. Noi sappiam o di non rappresentare una frazione in-
serita nel partito che tenterà l’assalto al prossim o congresso».159

156 «Avanti!», 15 m aggio 1949.


157 Cfr. l’intervento di Lombardi alla tavola rotonda su Il PSI negli anni dello stalinism o,
cit., p. 85 e Franco Pedone (a cura di), Il Partito socialista italiano nei suoi congressi, vol. V,
1942-1955, cit., p. 272
158 Secondo Ugo Intini, addirittura, la corrente centrista «vinse im prevedibilm ente, per un

soffio, con m eno di un punto percentuale di scarto. Ma Nenni e i capi del partito concordarono
a tavolino con Lombardi stesso di correggere i risultati e lasciare la vittoria ai frontisti. Si valutò
infatti che per un PSI guidato dagli autonom isti i rubinetti del denaro sovietico si sarebbero
chiusi e che, in m ancanza di fonti alternative, era m eglio far sopravvivere com unque, in attesa
di tem pi migliori, la macchina organizzativa del partito» (I socialisti, Milano, Gea, 1996, p. 2).
159 Una relazione ‘riservatissim a’ della Questura di Roma del 30 ottobre 1952 inform ava del

fallimento del tentativo di riorganizzare la corrente autonomista, con l’appoggio di alcuni ex


com unisti come Valdo Magnani ed Aldo Cucchi, al fine di denunciare il patto d’unità d’azione
con il PCI: «Il più notevole esponente del gruppo era l’on. Riccardo Lom bardi, che avrebbe do-
vuto capeggiare l’iniziativa. Poco prima del convegno, fissato per il 12 ottobre a Lucca, presso la
sede della UIL, Lombardi scrisse a Magnani una lunga lettera am ichevole in cui spiegava i mo-
tivi del proprio atteggiamento nei confronti della Direzione del partito. Al convegno, preparato
in modo segretissim o, avrebbero dovuto partecipare circa 50 persone, fra cui, naturalm ente, il
Lombardi, ed una mozione, approvata al termine del convegno stesso, avrebbe dovuto essere
presentata alla direzione centrale del PSI il giorno 18. Senonché elementi doppiogiochisti, fatti
introdurre in tem po dal PSI nel gruppo per seguire e controllare l’iniziativa, riuscivano ad in-
form are tem pestivamente il partito su quanta stava avvenendo ed a fornire, persino, le prove
docum entali della collusione fra il gruppo autonom ista ed i dirigenti del MLI (il Movim ento
lavoratori indipendenti, fondato da Cucchi e Magnani, n.d.R.). Venuto a conoscenza di tanto, il
Lombardi si ritirava in buon ordine e, insiem e a lui, alcuni esponenti di maggior rilievo, in m o-
do che la riunione, di cui, nel frattem po, erano apparse indiscrezioni persino sui giornali, ha
finito col perdere m olta della sua efficacia e risonanza» (ACS, Min. Int., PS, AA.GG.1952, b. 24,
dove viene riepilogata l’intera vicenda che porterà all’espulsione dal PSI di Giuseppe Pera, noto
giurista ed allora vicesegretario della federazione lucchese). Nello stesso periodo, intervendo al
congresso provinciale bolognese del PSI, Tolloy definiva Cucchi e Magnani ‘traditori del prole-
tariato’ «ponendoli sullo stesso piano m orale e politico degli ex dirigenti com unisti cecoslovac-
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 67

La nuova Direzione fu così form ata esclusivam ente da m embri della Sinistra e
Pertini fu nominato, poco dopo, direttore dell’«Avanti!» al posto di Lombardi.
A questo risultato contribuì, com e abbiam o visto, la disastrosa situazione del-
le casse del Partito. La gravità dello stato in cui si trovava il PSI sarà così descrit-
ta in un docum ento riservato del 14 luglio 1950 (anonim o, m a di chiara prove-
nienza socialista) ritrovato tra le carte della Fondazione Gram sci, che delinea le
caratteristiche principali della linea m orandiana, testim oniando anche del clim a
interno di diffidenze reciproche, oltre alla centralità del problem a degli aiuti e-
conomici provenienti dal PCI, intervenuto pesantemente anche durante la cam -
pagna congressuale, come testim oniano le relazioni a Mosca dell’am basciatore
sovietico Kostylev160 e la relazione tenuta da Longo il 9 giugno 1949 nella riunio-
ne dell’Ufficio nazionale di organizzazione: «Punto essenziale è il PSI. Il 51% di
questo partito è stato conquistato ‘con il nostro aiuto’. Ma se perdessim o questa
m aggioranza rischierem mo di veder nascere una form azione socialista su posi-
zioni di terza forza».161

All’epoca del congresso di Firenze il Partito si trovava praticam ente in stato di disfaci-
m ento. Un gran num ero di federazioni (specialm ente nel Sud) non esistevano più se non
di nom e. Le finanze del Partito erano in condizioni fallim entari [...]. La sfiducia era entra-
ta nel partito, dopo che esso era stato per dieci m esi blandito dalla Direzione centrista in
tutte le sue debolezze e nei suoi peggiori difetti. L’orientam ento in politica internazionale
era, sotto la maschera della neutralità, decisam ente titoista. Rapporti intercorrevano con
la centrale triestina e l’Am basciata. In odio alla sinistra, si era lasciato cam po libero a
Rom ita per corrodere l’unità sindacale. La ripresa riuscì ardua e fu solo da settem bre-
ottobre che praticam ente ebbe inizio. Fattore di essa furono il grande prestigio della se-
greteria Nenni e la notorietà degli esponenti della sinistra più qualificata. Noi non a-
vrem m o tuttavia retto ed ogni sforzo sarebbe caduto alla fine nel vuoto senza l’aiuto fi-
nanziario intervenuto, che solo perm ise di assicurare la pubblicazione delle due edizioni
dell’«Avanti!» e di iniziare la riorganizzazione e in m olti casi addirittura la ricostituzione
delle Federazioni [...]. I risultati conseguiti sul terreno organizzativo si debbono sostan-
zialm ente a questi fattori: 1) aiuti finanziari (sem pre oltrem odo m odesti nelle cifre e del
tutto inadeguati alle necessità) accordati alle Federazioni, in specie a quelle del Sud 2) e-
lim inazione nel Partito delle polem iche e delle lotte di frazione ed em ulazione nel lavoro
3) stroncam ento deliberato della ricerca della differenziazione, ossia della caratterizzazio-
ne del Partito, sul piano politico [...]. Il Partito può essere mantenuto sui binari della poli-
tica unitaria solo esercitando su di esso la spinta alla quale è stato incessantem ente assog-
gettato in questo periodo e che è consistita: 1) nel ripudiare in m aniera sem pre più dura
concezioni e m etodi ispirati al principio dell’autonom ia e della caratterizzazione 2) nel
recidere ogni legam e con la tradizione socialdem ocratica (adesione senza riserve al lenini-
sm o-riconoscim ento della funzione guida dell’URSS) 3) n el riproporre in term ini sem pre
più incisivi il problem a della unificazione organica della classe operaia italiana. Gli ele-
m enti più attivi e più sani del Partito, nella quasi totalità giovani, che ne costituiscono la
forza viva e che soli consentono di tenerne il controllo, non am m etterebbero m ai attenua-
zioni o pause nello svolgim ento di questa linea e nello sviluppo di una azione ad essa con-

chi, recentemente giustiziati a Praga» (cfr. la nota della Prefettura di Bologna del 16 dicem bre
1952, ivi).
160 Cfr. E. Aga-Rossi - V. Zaslavsky, Togliatti e Stalin cit., pp. 260 -1.
161 FG, FM, b. 28/ 1.
68 Capitolo I

seguente. Essi abbandonerebbero il Partito, poiché altro non è che questa lotta e una tale
prospettiva che li lega al Partito. Questo torna a dire che, a sm entire la logica apparente,
lo sviluppo graduale della linea unitaria e le realizzazioni sem pre più avanzate alle quali
appare necessario portarla, costituiscono la reale e sola forza di coesione del Partito. Dob-
biam o notare che questo non pare essere stato sufficientemente com preso dai com pagni
com unisti [...]. È certo ad ogni m odo che non possiam o consentire al Partito di prendere
una qualsiasi posizione sua di carattere più m oderato (ciò che sem brerebbe conform e alla
sua funzione) senza perderne il controllo, senza potere più evitare che si ritragga dalla lot-
ta per la pace, senza forse renderlo alla m ercé del titoism o.162

La prospettiva della m inaccia non più virtuale, m a attuale della terza guerra
m ondiale e im perialistica, che apriva il testo della m ozione vincitrice,163 finì
quindi per essere adottata da tutto il Partito. L’alternativa della neutralità non
andava perciò confusa con il neutralism o ideologico e politico e con la tesi
dell’equidistanza, m a era invece una piattaform a di lotta contro l’im perialismo
nella sua form a positiva di lotta contro il Patto atlantico.
In altri term ini

la vittoria della sinistra a Firenze significò il saldam ento definitivo dello schieram ento
dell’opposizione di sinistra in una visione omogenea di politica internazionale: la lotta per
la pace non poteva essere separata dalla lotta contro l’im perialism o. Questa la linea lungo
la quale Basso con il suo rigore ideologico e Nenni con il suo vigore politico operarono il
‘recupero’del Partito.164

Ennio Di Nolfo ha tracciato un bilancio severo della politica neutralista adot-


tata dalla Direzione centrista:

Il progetto neutralistico del PSI era basato, più che su di un’analisi realistica della situa-
zione, su una concezione volontaristica. Infatti esso si può sintetizzare nel rifiuto di accet-
tare per vero quello che invece stava accadendo: il conflitto tra URSS e USA. E ciò per non
doverne accettare le conseguenze. Lo slogan nenniano «neutralità dello Stato e non dei

162 FG, FM, b. 20 0 .


163 «Una grave m inaccia pesa sul m ondo, la minaccia non più virtuale ma attuale di una ter-
za guerra im perialista. Gruppi dirigenti del capitalismo am ericano e circoli clericali, destra so-
cialdem ocratica europea e avanzi del nazi-fascism o, m agnati dell’industria di guerra e avventu-
rieri di ogni rism a, costituiscono il partito m ondiale della terza guerra che esalta nel presidente
Truman la nuova sentinella dell’ordine; ha in Winston Churchill il suo profeta, attinge in Vati-
cano le sue armi spirituali, si trae a rimorchio i neoriformisti, s’alim enta nell’odio e nella paura
della rivoluzione sociale» (cfr. l’«Avanti!», 17 m aggio 1949).
164 D. Ardia, Il Partito socialista e il Patto atlantico cit., p. 20 1. Cfr., in questo senso, P.

Nenni, Un grande Partito Socialista, «Avanti!», 5 giugno 1949; Id., La caccia all’opportu-
nism o, ivi, 12 giugno 1949; L. Basso, Alleanze e conquiste, ivi, 7 luglio 1949. Sugli esiti del con-
gresso di Firenze cfr. anche i com m enti dell’ambasciatore americano Dunn, riportati da G. Ga-
brielli in Gli am ici am ericani, cit., pp. 181-183 e la nota di Giorgio Conforto, La necessità di
una lotta unitaria nel Partito, FB, serie 15, fasc. 11A (sulla controversa figura di Conforto, spia
sovietica secondo le carte Mitrokhin e doppiogiochista fin dagli anni ’30 , cfr. F. Grignetti, Pro-
fession e spia, Ven ezia, Marsilio, 20 0 2 e, soprattutto, ACS, Min . In t., Pol. pol., fasc. persona-
li, b. 324).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 69

sentimenti» 165 e poi quello lombardiano «neutralità verso gli Stati, m a non rispetto alle
classi sociali»,166 erano tentativi di risolvere il problem a di fondo costituito dalla mancata
soluzione di un’antinom ia radicata profondam ente nella tradizione storica socialista: [...]
l’antinom ia tra politica di classe e politica nazionale. Erano artifici per conciliare la lealtà
delle alleanze internazionali di classe con le esigenze poste dalla circostanza nazionale
concreta in cui si trovava allora l’Italia. Erano form ule possibili fintanto che l’Italia non
sarebbe stata costretta a com piere form alm ente una scelta di schieram ento. Dinanzi a
questa prospettiva la scelta neutralistica è la fuga verso l’im possibile, [...] è il rifiuto di
com piere la scelta, è però [...] la nobile afferm azione, con l’am m issione della sconfitta,
della coerenza di un disegno politico.167

È però anche opportuno, per com prendere le ragioni e le difficoltà in cui ven-
ne a m aturare (e a fallire) la linea neutralistica del PSI, ricordare il contesto in-
terno ed internazionale di quei m esi:

Le opposizioni interne (correnti e gruppi parlam entari) o esterne (PCI), la convinzione


che non poteva in alcun m odo essere m essa a repentaglio l’unità d’azione fra i due grandi
partiti della sinistra, la m onoliticità forzata dello schieram ento antagonista sulla divisione
del quale contava invece di poggiare la sua azione la Direzione centrista, [...] tutti questi
fattori insieme contribuirono a votare all’insuccesso il tentativo socialista di poter adotta-
re e sostenere una chiara posizione autonom a. […] Qui sta forse la sostanza della ‘batta-
glia perduta’ dei socialisti. Il PSI aveva tentato di realizzare [...] il rifiuto della politica dei
blocchi, m a il m om ento d’inerzia del m eccanism o m esso in m oto dalle ‘grandi potenze’,
della vita politica interna com e di quella internazionale, era troppo forte: a Firenze il PSI
rientrò nei ranghi.168

Rodolfo Morandi poté quindi celebrare, un anno dopo, la rinnovata unità del
partito, grazie all’opera della corrente di sinistra che lo aveva riportato alla sua
«genuina natura di classe», non lasciando più spazio ai dibattiti di carattere i-
deologico, soprattutto in politica internazionale:

Le battaglie che in questo intento vennero ingaggiate dopo il 28° Congresso non venivano
date più alle correnti, m a erano im pegnate piuttosto contro le resistenze, com unque m a-
scherate, che si opponevano ad una tale spinta sem pre più vigorosam ente im pressa al
partito [...]. Tali divergenze continuarono per qualche tem po a m anifestarsi particolar-
m ente gravi sul terreno della politica internazionale (ci si sovvenga della riunione del CC
del novem bre 1949). Esse si sarebbero con ogni probabilità ulteriorm ente approfondite,
solo che si fosse accordato possibilità di protrarsi ad un ozioso dibattito sulle ragioni di
principio, dal quale in ogni caso le nostre forze sarebbero state distrutte dall’azione. Se

165 P. Nenni, La neutralità è un problem a di oggi, «Avanti!», 26 ottobre 1947 (cfr., su que-

sto articolo, le dure critiche di A. Spinelli, Nenni e la neutralità, «L’Italia Socialista», 30 otto-
bre 1947).
166 Dichiarazione della Direzione del PSI sulla politica internazionale, «Avanti!», 3 ottobre

1948; cfr. anche R. Lom bardi, Guerra reazionaria, ivi, 31 ottobre 1948.
167 E. Di Nolfo, I problem i dell’internazionalism o socialista durante la guerra fredda, in

AA.VV., Storia del PSI, vol. III, Venezia, Marsilio, 1980 , passim .
168 D. Ardia, Il Partito socialista e il Patto atlantico cit., pp. 254-256. Per un’analisi del pe-

riodo di direzione centrista cfr. P. Mattera, Dopo il 18 aprile: la crisi e la ‘seconda rifondazio-
ne’ del PSI, «Studi storici», ottobre-dicem bre 20 0 2, pp. 1146-1179.
70 Capitolo I

volevam o disincagliarci dalle secche dovevam o bandire la discussione attorno a tem i a-


stratti, quali potevano essere la definizione di una posizione teorica di neutralità, o la pre-
cisazione concettuale della politica delle alleanze. Le determ inanti della politica del Parti-
to dovevano essere ricavate dalla viva realtà della lotta. Ciò che si doveva piuttosto discu-
tere erano la più efficace opposizione ad una politica di asservim ento all’im perialism o
am ericano, la partecipazione nostra al Movim ento m ondiale dei partigiani della pace.169

9. I L DIBATTITO PARLAMENTARE SULLA RATIFICA DEL P ATTO ATLANTICO

Respinta dallo schieramento governativo la richiesta dell’opposizione di sini-


stra di un rinvio della discussione sulla ratifica del Patto, argom entata in base ai
cam biam enti verificatisi nella situazione internazionale in seguito all’evolversi
della questione tedesca e di quella di Trieste, agli sviluppi del Piano Marshall e al
dibattito al Senato am ericano sui m odi di attuazione del Patto stesso, la ratifica
fu approvata dalla Cam era il 20 luglio e dieci giorni dopo al Senato.
Il gruppo parlam entare socialista designò ad intervenire nel dibattito Lom -
bardi per la parte econom ica,170 Tolloy per gli aspetti m ilitari e strategici,171 Fer-
randi per le im plicazioni costituzionali172 e Nenni, che svolse nel suo intervento
del 19 luglio le argom entazioni di carattere più strettam ente internazionale.173
Il segretario socialista ribadì le critiche del PSI: il Patto rifletteva il sistem a di
conservazione im periale anglosassone della realtà internazionale, ai cui servizi si
poneva l’Italia, che diventava in questo m odo un avam posto contro l’URSS, ri-
nunciando a qualsiasi politica autonoma e senza peraltro essere garantita. Il Pat-
to atlantico era, in definitiva, l’atto finale di una politica che ci aveva dato il peg-
giore dei trattati di pace, ne rendeva im possibile la revisione, ci aveva escluso
dall’ONU, apriva la corsa agli arm am enti, ci legava alla politica di dom inazione

169 R. Morandi, La politica del Partito, «Avanti!», 17 dicembre 1950 . Cfr. anche l’intervento

di Morandi al congresso di Bologna, ivi, 21 gennaio 1951.


170 Il conflitto economico e politico tra USA e Gran Bretagna e il fallimento del piano Mar-

shall, che avevano indotto i capitalisti am ericani a cambiare rotta, cosicché nel 1952-53, data
prevista per la fine del piano, l’Europa si sarebbe trovata con un aum ento delle im portazioni
del 90 % e delle esportazioni del 25% rispetto al 1946, erano m otivi sufficienti, nell’analisi di
Lombardi, per rigettare il Patto atlantico (cfr. Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discus-
sioni, Roma 1949, pp. 10 361-10 379). Le critiche di Lombardi al piano Marshall suscitarono le
obiezioni di La Malfa, che gli ricordò il suo precedente atteggiam ento, non del tutto sfavorevo-
le, costringendolo a precisare, non senza qualche difficoltà. Sulle concezioni econom iche di
Lombardi in questo periodo cfr. R. Aureli, Il pensiero econom ico di Riccardo Lom bardi. Dalla
segreteria del Partito d’Azione allo schem a Vanoni, in L’azionism o nella storia d’Italia, Anco-
na, Il Lavoro editoriale, 1988, pp. 331-358.
171 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1949, pp. 10 425-10 431.
172 Ivi, pp. 10 511-10 519. La ratifica del Patto, secondo Ferrandi, violava l’art. 11 della Costi-

tuzione (con cui si ripudia la guerra com e mezzo per risolvere le controversie internazionali)
perché con essa si stringeva un’alleanza m ilitare e si assumevano obblighi di armam ento; e
l’art. 78, poiché gli articoli 5 e 9 del Patto annullavano le prerogative del Parlamento in caso di
Guerra.
173 Ivi, pp. 10 631-10 639.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 71

econom ica statunitense in Europa, m entre l’indipendenza sarebbe stata preser-


vata da una politica di scam bi com m erciali con i Paesi dell’Est.174
Il vero m otivo del sostegno governativo ad un’alleanza che si rivelava «un in-
ganno e un tradim ento» era quindi per Nenni quello di ottenere l’aiuto delle
grandi potenze conservatrici contro un’eventuale m inaccia interna, sottoscriven-
do così la responsabilità di una politica «cui m anca il lievito della dignità nazio-
nale e della fiducia nella dem ocrazia e nell’Italia».
Nelle settim ane successive alla ratifica sulla stam pa socialista dim inuirono
gradualm ente i com m enti relativi agli sviluppi dell’alleanza. Fu invece data
grande rilevanza all’attività dei Partigiani della pace, a partire dal discorso di
Nenni ai lavoratori di Mosca in occasione della conferenza dei Partigiani sovietici
della pace: «La classe dirigente del nostro paese ha m esso la firma dell’Italia sot-
to il Patto atlantico. Ma i trattati sono dei pezzi di carta straccia quando non sia-
no convalidati dalla volontà popolare. Gli im perialisti am ericani hanno la firm a
del governo clericale, non avranno m ai gli uom ini per la loro guerra capitalista di
aggressione».175
Il successive com m ento di Nenni alla conferenza m ostra con chiarezza la scel-
ta del PSI, dopo Firenze, a favore dell’URSS e l’acquisizione dei tem i tipici della
propaganda sovietica, m olti dei quali destinati ad essere sm entiti da lì a pochi
anni:

Se su una caserm a leggete: «L’esercito rosso non è fatto per aggredire altri popoli m a per
difendere le frontiere dell’Unione Sovietica», voi sentite che ciò è vero [...] perché esprim e
l’intim a natura di una società che non può concepire in modo diverso la funzione di un
esercito di popolo al servizio del popolo. La conferenza di Mosca ha conferm ato com e
l’Unione Sovietica sia la naturale avanguardia e guida delle forze di pace, proprio perché
non potrebbe essere altra cosa se non rinnegando le sue origini, la legge del suo sviluppo,
il perm anente divenire e m aterializzarsi della sua Rivoluzione.176

10 . I PROBLEMI DELLA POLITICA ESTERA ITALIANA: LE EX- COLONIE

Di fronte ai problemi di politica estera che coinvolsero più direttam ente il go-
verno italiano tra il 1949 e il 1955, l’atteggiamento del PSI fu di dura critica nei
confronti dell’azione del governo, accusato per aver im pedito, con la firm a del
Patto atlantico e il rifiuto di ogni dialogo con l’URSS, la realizzazione degli inte-
ressi italiani, asservendoli a quelli anglo-am ericani. Nel suo discorso alla Cam era
del 6 agosto 1951 Nenni ribadì:

174 Cfr. P. Nenni, Tem po di guerra fredda, cit., pp. 378-379. Cfr. anche, sul tema, P. Della

Giusta, Italia e Unione Sovietica negli accordi com m erciali, «Avanti!», 9 gennaio 1949.
Sull’insistenza della sinistra sull’im portanza politica degli scam bi com m erciali con i Paesi
dell’Est cfr. M. Com ei (a cura di), Le sinistre e la ricostruzione, Bari, Dedalo, 1979, pp. 53-54;
S. Galante, Il PCI e la genesi della politica d’im potenza (1941-1949) cit., p. 339; A. Canavero,
Nenni, i socialisti italiani, la politica estera cit., pp. 244-246.
175 Cfr. il testo del discorso in «Mondo Operaio», 17 settembre 1949.
176 P. Nenni, La Conferenza di Mosca, ivi, 10 settem bre 1949, p. 1.
72 Capitolo I

Ritengo che questi problem i siano stati seriam ente com prom essi dall’azione passata
del governo, dalla sua politica pregiudizialm ente antirussa e dalla sua politica atlantica
[...]. Errore fondam entale della nostra politica estera, di fronte a questi problem i, è stato
di inserirli nella controversia Ovest-Est, m entre potevam o avvicinarci alla loro soluzione
soltanto nella m isura in cui m antenevam o la nazione come tale, se non i singoli partiti e i
cittadini, fuori da questo conflitto.177

La salvaguardia degli ‘interessi nazionali’ fu quindi, com e abbiam o visto, una


costante dei discorsi e degli articoli di Nenni in questi anni, anche perché «il so-
cialism o italiano e il suo leader si ricordavano troppo bene del 1919-1922 per vo-
lere conoscere ancora una volta il rischio, anche m inim o, di apparire anti-
nazionali».178
Questa im postazione, e le contraddizioni che ne seguirono, si possono rileva-
re abbastanza chiaram ente nella questione delle ex-colonie, riguardo alla quale
la posizione di Nenni oscillò, in un im probabile tentativo di equilibrio, tra la sal-
vaguardia di alcuni princìpi ideali («Non possiam o conservare colonie. Non dob-
biam o consentire che altri ci sostituiscano. Possiam o e dobbiam o favorire
l’indipendenza delle colonie nostre e altrui» 179 ) e la necessità di tener conto dei
sentim enti dell’opinione pubblica, necessità che finì poi per aver la prevalenza.
Com e scrisse Alberto Tarchiani nelle sue m em orie

Il problem a delle nostre colonie [...] costituiva soprattutto una delicata questione poli-
tica. L’opinione pubblica – che sentiva il peso dei sacrifici subìti e che stentava a valutare
negativam ente gli abusi e gli errori – non voleva intendere perché l’Italia dovesse essere
spogliata dei suoi posedim enti oltrem are, anche di quelli più poveri ed onerosi. Fu così
che uom ini non attaccabili per spiriti colonialistici dovettero – e lo fecero con ogni cura ed
im pegno – adoperarsi a salvaguardare il possible.180

Questa m otivazione fu prevalente anche in Nenni, che finì spesso per porre il
problem a nei term ini della difesa del lavoro italiano e del collocam ento della

177Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1951, pp. 29766-29779.
178A. Benzoni, Il Partito Socialista dalla Resistenza ad oggi cit., p. 51. Speculare, in campo
culturale, fu l’attacco al «cosiddetto ‘cosm opolitism o im perialista’ inteso come la tendenza co-
m une a tutte le culture dei paesi capitalistici avanzati a sollecitare gli intellettuali ad astrarsi
dai problem i del ‘popolo-nazione’» (V. Strinati, Politica e cultura nel partito socialista italiano
1945-1978, Napoli, Liguori, 1980 , p. 76).
179 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 246, nota del 19 luglio 1946. Cfr. anche Id.,

Mal d’Africa, «Avanti!», 4 m aggio 1947.


180 A. Tarchiani, Dieci anni tra Rom a e W ashington, Milano, Mondadori, 1955, p. 192. In

un articolo relativo all’apertura del dibattito all’Assem bela generale dell’ONU sulla questione
delle nostre ex-colonie, Francesco Cataluccio scrisse quindi che non c’erano dubbi sull’inte-
resse dell’opinione pubblica italiana sulla questione «che unisce le correnti politiche del Paese,
anche quelle che in linea di principio non hanno sim patia per la colonizzazione. Non si discute
infatti di indipendenza o m eno da dare alle popolazioni libica, som ala o eritrea, m a del diritto
di questa o quella Potenza ad assistere tali popolazioni nel camm ino dell’emancipazione. Nella
scelta il popolo italiano ha valide ragioni per avanzare la propria candidatura, per portare a
com pimento un lavoro che, sia pure attraverso errori e deviazioni, ha dato notevoli risultati»
(Le nostre colonie all’ON U, «Mondo Operaio», 2 aprile 1949, p. 6).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 73

m anodopera eccedente sul territorio nazionale. Già il 5 settem bre 1945, nelle
duplici vesti di vicepresidente del Consiglio e di leader del Partito Socialista,
scriveva a Bevin:

Il Partito socialista italiano ha votato contro tutte le avventure coloniali, dall’Eritrea alla
Tripolitania. Nel 1936 ha preso nettam ente posizione contro la conquista dell’Abissinia.
Allo stato attuale delle cose le colonie hanno per noi un interesse nella m isura in cui as-
sorbono una parte della nostra m anodopera e attirano il nostro com m ercio. È sotto que-
sto aspetto che ci interessano la Tripolitania, l’altopiano cirenaico, l’Eritrea e la Som alia.
Rettifiche di carattere m ilitare, le quali non alterino le nostre possibilità di lavoro, ci la-
sciano assolutam ente indifferenti.181

A testim onianza delle sue incertezze e contraddizioni sul tem a, il 5 m aggio


1946 in un discorso lo stesso Nenni afferm ava:

Mezzo secolo fa ci m andarono nel Mar Rosso a cercare la chiave del Mediterraneo; poi
Mussolini per venti anni ha tolto il sonno ai nostri ragazzi raccontando loro che soffoca-
vano nel Mediterraneo e che bisognava ad ogni costo aprirsi una via. Tutte storie. I nostri
problem i sono in casa nostra. Non fuori. Il più grave è la questione m eridionale. Se l’Italia
non risolve la questione m eridionale, essa può andare in Africa, può conquistare im peri,
m a resterà sempre un paese inadeguato a fare non dico una politica im perialistica, m a fi-
nanco una sua politica nazionale.182

Pochi m esi più tardi, nel discorso di Canzo del 13 ottobre 1946, in occasione
dell’inaugurazione del m onum ento a Filippo Turati,183 Nenni rivelò quelle che
sarebbero state le linee program m atiche della sua prim a, breve (com e d’altronde
anche la seconda) perm anenza al Ministero degli Esteri ed espose quindi, riba-
dendo la netta rottura con la politica coloniale fascista, la sua posizione sul pro-
blem a delle ex-colonie:

In Africa il colonialism o nella form a assunta dal 1885, quando sbarcam m o in Eritrea, fino
alla guerra di Tripoli ed Etiopia, è chiuso [...]. Tuttavia (vi è il problem a) della nostra ne-
cessaria presenza in Africa per l’opera di civiltà e progresso alla quale i nostri coloni han-
no dato il sudore della loro fronte, a volte il sangue, sem pre l’intelligenza [...]. (Le popola-
zioni africane) conoscono i due volti dell’Italia, quello di Graziani che essi aborrono e che
è definitivam ente tram ontato, e quello dei nostri lavoratori, superiore ad ogni altro per
ingegno, iniziativa, coraggio ed operosità.184

181 Public Record Office, General Corrispondence Political Y 7538/ 50 / 79, cit. in G. Rossi,

L’Africa italiana verso l’indipendenza (1941-1949), Milano, Giuffré, 1980 , p. 136. Cfr. anche,
sulla stessa linea, Henri Molinari, Le colonie, «Avanti!», 18 settem bre 1945.
182 P. Nenni, Una battaglia vinta, Roma, Leonardo, 1946, p. 142.
183 Cfr. G. Mazzali, Turati è il socialism o, «Avanti!», 13 ottobre 1946.
184 P. Nenni, Il cappio delle alleanze cit., p. 49 e, per un’analisi del discorso, E. Santarelli,

Pietro N enni, cit., pp. 283-286. Cfr. anche il ‘m em oriale d’azione’ presentato da Nenni alla Di-
rezione del PSI del 15 luglio 1946 in cui, tra l’altro, sottolineava il diritto dell’Italia «a) ad una
frontiera orientale tracciata in base al principio etnico [...]; b) ad una frontiera occidentale che
segua la linea della cresta [...]; c) ad un accordo circa le colonie, che assicuri in Africa la difesa
degli interessi dei coloni e dei lavoratori italiani e che nell’ambito del trusteeship affidi all’Italia
la funzione di predisporre l’avviamento delle colonie a form e autonome di am m inistrazione e
74 Capitolo I

Un atteggiamento ribadito nel gennaio 1947, al congresso della scissione, con


qualche concessione alla retorica del ‘fardello dell’uom o bianco’:

Quando tre m esi or sono io sono entrato a Palazzo Chigi, nella convinzione che in nes-
sun posto m eglio che nel vecchio palazzo rom ano un socialista potesse rappresentare una
garanzia per la classe operaia e per la Nazione, m i sono proposto di ispirare il m io m ode-
sto lavoro ad una vecchia massim a di Cavour, quella da lui enunciata in una lettera al
D’Azeglio e che suonava pressappoco così: «Voi conoscete il nostro program m a, conserva-
tori all’interno ed italianissim i all’estero fino agli estremi lim iti del possibile». Io direi,
dem ocratici e socialisti all’interno, italianissim i all’estero fino all’estrem o lim ite del possi-
bile [...]. Il problem a che si pone non è più quello della sovranità, m a quello del lavoro. E a
questo proposito, rivendicando per il nostro Paese un posto adeguato all’im portanza dei
nostri interessi in Africa nelle am m inistrazioni fiduciarie, che secondo i princìpi dell’ONU
dovrebbero preparare il passaggio a form e autonom e di self-governm ent, abbiam o co-
scienza di parlare anche nell’interesse degli Arabi e in favore del progresso della civiltà.
Circa ottom ila Italiani sono ancora in Africa, centocinquantam ila ne sono stati espulsi e
attendono di ritornare. Il loro ‘m al d’Africa’ è m ale di lavoro, di com m ercio, di conquista
civile del deserto; il loro ‘m al d’Africa’ è m ale dei pionieri di civiltà.185

Poco più di un anno dopo, il direttore dell’«Avanti!», Riccardo Lom bardi, in


risposta ad un articolo di Mario Borsa sulla «Stam pa», sottolineò i rischi insiti
nella posizione nenniana e im postò il problem a in term ini senz’altro più coerenti
con la tradizione socialista:

Non c’è dubbio che la questione delle rivendicazioni coloniali ha esercitato qualche sedu-
zione negli ultim i anni persino sull’opinione socialista, sull’opinione cioè che dovrebbe
per istinto, oltre che per tradizione, risultare im perm eabile a qualsiasi illusione, tanto più
dopo che la rettorica dem agogica del fascism o aveva tentato di ingannare gli Italiani de-
viandone gli interessi – col m ito dell’‘Italia proletaria’ – dalla lotta per la libertà e la giu-
stizia a quella per le conquiste im periali e coloniali [...]. È tem po perciò che i tem i e le
form ule della politica coloniale siano riproposti all’opinione socialista non già nella rozza
form ulazione falsam ente sentim entale e falsam ente patriottica, m a nel loro reale e non
equivoco significato reazionario quando si riflette all’assurdo di una presunta m issione di
civilizzazione e di patronato su popoli arretrati per un Paese com e l’Italia che non aveva,
com e non ha, ancor oggi seriam ente effettuato, e tanto m eno risolto, il suo problem a fon-
dam entale che era ed è di sollevare a condizioni di vita civile la metà del suo territorio e
della sua popolazione m etropolitana [...]. La verità è che nessuna delle nostre colonie è
m ai stata seriam ente suscettibile di accogliere sia pure una parte soltanto della nostra ec-
cedenza dem ografica, se non a costi siffatti da rendere senza paragone più vantaggioso il
loro im piego in Patria.186

di governo» (ISRT, CFL, b. 5 dove è presente anche l’interessante verbale della «Riunione della
Com missione politica estera» del 23 luglio 1946, presieduta da Mario Zagari, con la partecipa-
zione di esperti esterni come Ducci, Cialdea ed Ago). Nenni esporrà queste idee il 31 luglio 1946
a Parigi al segretario di Stato am ericano Byrnes (cfr. FRUS, 1946, Paris Peace Conference, Pro-
ceedings, Vol. III, pp. 46-48).
185 P. Nenni, Il cappio delle alleanze cit., pp. 67-69.
186 R.L., Politica coloniale, «Avanti!», 4 settembre 1948. Cfr. anche, sulla stessa linea, H.

Molinari, Verità sulle colonie, ivi, 2 febbraio 1949 e, per la posizione di Lombardi, Il trattato di
pace è ingiusto e um iliante, intervista a «Il Nuovo corriere», 14 febbraio 1947.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 75

Nell’aprile 1949 ebbe finalmente inizio, davanti al Comitato politico dell’ONU,


la discussione sulla sorte delle nostre colonie. La posizione italiana fu esposta l’11
aprile da Sforza, che richiese l’am m inistrazione fiduciaria della Som alia, della
Tripolitania (m entre quella della Cirenaica sarebbe spettata alla Gran Bretagna e
il Fezzan alla Francia) e dell’Eritrea, concedendo l’autogoverno alle sue popola-
zioni e uno sbocco al m are all’Etiopia. Al vaglio del Com itato erano frattanto già
arrivate due proposte, una delle nazioni latino-am ericane, l’altra del delegato in-
glese Mc Neil: l’unico punto ferm o era la disponibilità a concedere all’Italia
l’am m inistrazione fiduciaria della Som alia.
La posizione italiana fu ribadita da Sforza il 29 aprile alla Comm issione Esteri
della Camera, riferendo anche le difficoltà derivanti dall’ostilità inglese e dal tra-
dizionale atteggiam ento anticolonialistico statunitense. Le m otivazioni della re-
plica di Nenni187 furono riprese da una serie di articoli di Antonio Borgoni su
«Mondo Operaio»: la firm a del Patto atlantico ci aveva svantaggiati, sottom et-
tendoci agli interessi dell’imperialism o anglo-am ericano 188 ed isolandoci nel con-
testo internazionale:

Dell’unico appoggio valido l’Italia non può avvalersi, perché il governo clericale nella fre-
gola di legarsi al carro occidentale non ha fatto nulla per curarlo [...]. Eppure la sola Po-
tenza che ci è stata sempre favorevole nella questione coloniale è l’Unione Sovietica, la
quale si oppone in questa vertenza, com e in tutte le altre, al fam elico im perialism o anglo-
sassone, che la nostra stam pa scopre oggi. Ma la nostra diplom azia si è posta in condizio-
ni di non potersi avvalere dell’unica carta valida che bloccherebbe le pretese anglo-
sassoni. A casa, signor Sforza, sgom brate il cam po a chi sa fare il suo m estiere e sente da
italiano.189

Ad ulteriore testim onianza delle differenze presenti nel PSI in questo periodo,
prim a del congresso di Firenze, anche sul problema coloniale, Lom bardi così
scriveva sull’«Avanti!», ribadendo la non autom atica coincidenza degli interessi
della classe operaia con quelli dell’URSS:

Ove i socialisti italiani fossero alla direzione del governo essi non rivendicherebbero la
restituzione delle colonie – né di quelle prefasciste né di quelle fasciste – m a proclam e-
rebbero l’indipendenza e prom uoverebbero l’autogoverno della popolazione di tali colonie
[...]. Non c’im porta perciò affatto che, nella lunga controversia sulle colonie italiane, a vol-
ta a volta la restituzione all’Italia delle colonie prefasciste sia stata proclam ata dall’URSS
(per m otivi validissim i e rispettabilissim i costituiti dalla speranza che tali colonie in mano
italiana rappresentassero una garanzia contro la loro utilizzazione strategica antisovietica
ove invece fossero rim aste in m ano anglosassone) o dalla Francia (per m otivi altrettanto
validi dal punto di vista statale francese contrario ad un’estensione ulteriore dello strapo-
tere britannico nel Mediteraneo): sono questi interessi statali, rispettabili fin che si vuole,
m a estranei agli interessi perm anenti della classe operaia, interessi che coincidono con la

187 Cfr. Patto atlantico e colonie, «Avanti!», 30 aprile 1949.


188 A. Borgoni, Colonie italiane, «Mondo Operaio», 7 maggio 1949, p. 5; Id., Considerazioni
m ilitari, ivi, 30 aprile 1949, p. 5).
189 Id., L’unica carta, ivi, 16 aprile 1949, p. 5.
76 Capitolo I

liberazione dei popoli oppressi e non con la loro attribuzione a questo o a quell’altro man-
datario.190

Il 5-6 m aggio dello stesso anno, a Londra, durante la firm a dello statuto del
Consiglio europeo, Sforza e Bevin realizzarono un accordo di comprom esso (che
sarà però respinto il 18 maggio dall’Assem blea dell’ONU) che prevedeva, in sin-
tesi, il m andato fiduciario della Gran Bretagna sulla Cirenaica, della Francia sul
Fezzan e, a partire dal 1951, dell’Italia sulla Tripolitania; l’Eritrea, ad eccezione
delle provincie occidentali, sarebbe passata all’Etiopia, con uno statuto speciale
per le città di Asm ara e Massaua; l’Italia avrebbe avuto infine il m andato fiducia-
rio sulla Somalia.
Il com prom esso Sforza-Bevin «era l’ultim a trincea della difesa dei nostri ter-
ritori in Africa, m a non fu inteso come tale dall’opinione pubblica».191 Da destra
e da sinistra continuarono gli attacchi a Sforza, accusato di aver ceduto alle ri-
chieste anglo-am ericane:

La gravità del com prom esso accettato da Sforza consiste nel fatto di averlo accettato più
che nella sua stessa sostanza [...]. Approvando il com prom esso Bevin-Sforza, il governo
ha tolto all’Italia, che non si esaurisce nella presidenza De Gasperi o nella m aggioranza
dem ocristiana, ogni diritto a contestazione, ogni istanza di revisione in un futuro prossi-
m o o lontano.192

Qualche m otivo nuovo è però presente in questa fase della polem ica anti-
governativa del PSI, ed è la tesi del m andato collettivo, sia pure ai fini di rivendi-
care la necessità di una politica di am icizia con l’URSS. Scrive Nenni, valendosi,
com e aveva fatto nel dibattito sul Patto atlantico, di alcuni riferim enti storici:

La sola tesi valida era quella del m andato collettivo sotto form a di am m inistrazione fidu-
ciaria dell’ONU, Italia com presa [...]. Perché questa tesi fu sacrificata ad una serie di im -
provvisazioni che vanno dal ritorno puro e sem plice delle ex-colonie sotto la sovranità ita-
liana all’ultim o ritrovato di Palazzo Chigi sull’autogoverno? Perché tante carte false sosti-
tuite alla carta buona? Soltanto perché il m andato collettivo era chiesto anche dall’Unione
Sovietica e quindi bisognava respingerlo com e farina del diavolo. Hanno dim enticato a
palazzo Chigi che già nel 1911, se l’Italia volle andare a Tripoli, ebbe bisogno dell’appoggio
della Russia? Hanno dimenticato che il loro m aestro Contarini tenne sempre per patente
l’interesse italiano ad essere am ici della Russia, fosse essa czarista o bolscevica? Sì, pur-
troppo tutto è stato dim enticato a Palazzo Chigi, com e al Vim inale, delle tradizioni e degli
interessi nazionali [...]. Ed ecco perché non c’è più traccia di una politica estera nazionale.193

Con la bocciatura del comprom esso Bevin-Sforza si aprì una nuova fase nella
questione delle ex-colonie. Parlando alla Cam era il 5 ottobre 1949 Sforza afferm ò
infatti che era orm ai dovere m orale ed interesse politico dell’Italia propugnare la

190R.L., I socialisti e le colonie, «Avanti!», 10 aprile 1949.


191A. Sterpellone, Vent’anni di politica estera cit., p. 264.
192 A. Borgoni, Colonie, «Mondo Operaio», 21 m aggio 1949, p. 5.
193 P. Nenni, La farina del diavolo, ivi, 11 giugno 1949, p. 1. Cfr. anche A. Borgoni, L’unica

politica, ivi, p. 5.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 77

tesi della loro indipendenza. A Sforza replicherà Nenni, il 21 ottobre, in sede di


discussione del bilancio del Ministero degli Affari Esteri, con una critica forse
m eno veem ente del passato e nella quale era comunque evidente l’intenzione,
rivendicando i propri m eriti di oppositore alla guerra di Libia, di non m ostrare
un eccessivo grado di passione nazionalistica. Venne quindi meno la difesa del
lavoro italiano ed il discorso fu tutto giuocato sulla posizione italiana nel Medi-
terraneo:

Signori, io sono di coloro che nel 1911 hanno concorso alla proclam azione dello sciopero
generale contro la guerra di Tripoli. Né ho m otivo alcuno di pentirm i dell’opposizione di
allora. Però io penso che il Governo, espressione di partiti, di ceti, di uom ini che avevano
voluto quella guerra, espressione com unque di una nazione che ha dal 1911 ad oggi sop-
portato ingentissim i sacrifici di sangue e di danaro per conservare sotto la sua bandiera la
cosiddetta quarta sponda, penso che il Governo non aveva il diritto di gettare con tanta
disinvoltura quest’ultim a palata di terra sul sangue e sui sacrifici della Nazione. Il Gover-
no aveva l’obbligo di fare quanto da lui dipendeva per im pedire che la suprem azia di
un’altra nazione si stendesse sulla Libia, e aveva il dovere di tener conto della sola giusti-
ficazione politica e m ilitare dell’im presa libica del 1911, evitare cioè l’imbottigliam ento
dell’Italia nel Mediterraneo. Il Governo, il Ministro degli Esteri, Palazzo Chigi, hanno pre-
ferito capitolare dinnanzi alle esigenze strategiche anglo-am ericane. Questa è la loro re-
sponsabilità di fronte alla Camera, al Paese.194

La questione delle ex-colonie italiane si concluse il 21 novem bre 1949, quan-


do l’Assemblea generale dell’ONU stabilì l’indipendenza della Libia a partire dal
1° gennaio 1952; la concessione di un regim e autonom o all’Eritrea, unita m e-
diante federazione all’Etiopia sotto la sovranità dell’im peratore d’Etiopia;
l’indipendenza della Som alia dopo dieci anni di am m inistrazione fiduciaria affi-
data all’Italia per conto delle Nazioni Unite. Le deliberazioni dell’ONU furono
così com m entate da Nenni, ram m entando le responsabilità del fascism o, m a ac-
cusando Sforza per la sua politica rinunciataria, senza peraltro com prendere
l’esatta dimensione della nuova realtà geopolitica del Mediterraneo:

Se un Italiano prende una carta geografica e in base alle decisioni orm ai definitive
dell’ONU cerca di localizzare sul terreno i successo tecnici del m insitro Sforza, constaterà
che gli Inglesi sono a Tobruk e a Bengasi, sono a Tripoli alm eno fino al 1952, m entre la
Francia occupa il Fezzan. Altrim enti detto, il Mediterraneo è diventato un lago britannico.
Si arriva cioè alla situazione che tanto allarmò la generazione di prim a della guerra (del
1914) e ad evitare la quale la nostra classe dirigente nell’ultim o decennio dell’Ottocento si
buttò nell’avventura della Triplice e nel prim o decennio del Novecento ebbe l’accortezza
di sciogliersi dai lacci triplicisti convolando verso altri lidi con gli accordi per il Mediter-
raneo con l’Inghilterra e con la Francia. Ed è vero che la responsabilità storica di questa
situazione spetta al fascism o, all’avventura dell’Asse, alla guerra del 1940 , alla disfatta del
1943. Ma è pur vero che se il Ministro Sforza avesse ferm am ente difeso la tesi italiana del
trusteeship; se non avesse considerato peccam inoso intendersi con l’Unione Sovietica; se
avesse tenuto all’Inghilterra – che ha delle grosse responsabilità per quanto è successo in
Africa – un altro linguaggio, le cose potevano andare diversam ente. Se è chiaro che non

194 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1949, p. 13644.
78 Capitolo I

avevam o m olte carte nel nostro gioco, è altrettanto vero che abbiam o rinunciato a giocare
le poche che avevam o.195

La stam pa socialista proseguirà su questa linea anche in alcuni articoli suc-


cessivi dedicati allo sviluppo della situazione in Africa.196 In qualche articolo di
questo periodo si può però notare anche un atteggiamento nuovo rispetto al pas-
sato e cioè la critica al governo per non essersi fatto esso stesso prom otore
dell’indipendenza delle ex-colonie e, più in generale, dell’em ancipazione politica
dei popoli coloniali.197 È com unque una posizione che, pur precorrendo quella
assunta sui problemi della decolonizzazione, resta dettata essenzialm ente da esi-
genze di polem ica antigovernativa.
In conclusione, per quanto riguarda l’atteggiamento dei socialisti e, più in ge-
nerale, della sinistra italiana, nei confronti del problem a delle ex-colonie, resta
quindi difficile afferm are che esso, sebbene non esente da oscillazioni, «fu favo-
revole a troncare ogni esperienza coloniale».198 Più equilibrata e corispondente
alla realtà è l’opinione di Gianluigi Rossi, che coglie acutam ente anche i differen-
ti atteggiam enti di com unisti e socialisti (anche se, com e abbiam o visto, il dibat-
tito interno risultò, a sua volta, abbastanza articolato):

(I socialisti) si erano fin dall’inizio dichiarati favorevoli al ritorno dell’Italia in Africa [...].
Vero è che l’im postazione socialista respinse fin dall’inizio il colonialism o italiano vecchio
stam po: il ritorno in Africa era invocato nel rispetto dei princìpi sanciti nella carta
dell’ONU e a tutela dei lavoratori italiani [...]. Senza dubbio m eno uniform e fu l’atteg-
giam ento dei com unisti [...] contrari, per tradizione ideologica, a tutto ciò che potesse ri-
cordare il colonialism o italiano. Ma a partire dal m aggio ’46, da quando cioè l’URSS aveva
abbandonato la sua richiesta di am m inistrazione fiduciaria in Tripolitania, gli stessi co-
m unisti avevano assunto un atteggiam ento ‘filo-coloniale’ e, dopo la loro esclusione dal
Governo nel maggio 1947 – che im plicava su un piano generale piena libertà di agire con-
tro il Governo – sem pre più critico nei confronti del Gabinetto De Gasperi, accusato di
non sostenere con sufficiente energia la causa dell’Italia contro le pretese anglo-
am ericane.199

195 P. Nenni, Fuori i lum i, «Mondo Operaio», 19 novembre 1949, p. 1.


196 Cfr. L’ONU contro il lavoro italiano in Libia, «Mondo Operaio», 16 dicem bre 1950 , p. 5;
G. Mazzali, Colonialism o socialista, «Avanti!», 12 febbraio 1950 .
197 Cfr. G. Chizzola, Che succede in Eritrea?, «Mondo Operaio», 2 settem bre 1950 , p. 8; F.

Cataluccio, L’Italia e l’indipendenza libica, ivi, 11 novembre 1950 , p. 11.


198 M. Legnani, L’Italia dal 1943 al 1948. Lotte politiche e sociali, Torino, Loescher, 1974, p. 171.
199 G. Rossi, L’Africa italiana verso l’indipendenza (1941-1949), cit., pp. 323-324; alle stes-

se conclusioni Rossi giunge in La soluzione del problem a coloniale, in G. Rossini (a cura di),
De Gasperi e l’età del centrism o, Roma, Cinque lune, 1984, pp. 497-50 0 ; cfr. anche, in genera-
le, I. Poggiolini, Diplom azia della transizione. Gli alleati e il problem a del trattato di pace ita-
liano, 1945-1947, Firenze, Ponte alle Grazie, 1990 ; A. Varsori, Il trattato di pace italiano. Le
iniziative politiche e diplom atiche dell’Italia, «Italia contem poranea», m arzo 1991, pp. 30 -50 ;
S. Lorenzini, L’Italia e il trattato di pace del 1947, Bologna, Il Mulino, 20 0 7.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 79

11. LA REVISIONE DEL TRATTATO DI PACE

Nella sua perm anenza al Ministero degli Esteri Nenni aveva posto con forza il
problem a di una futura revisione del Trattato di pace, legandola strettam ente,
com e De Gasperi a Parigi, al ruolo dell’Italia nella guerra di Liberazione e al suo
reinserimento nel contesto internazionale.20 0 Nel già citato discorso di Canzo a-
veva afferm ato:

S’intenda bene. Noi valutiamo in tutta la loro gravità le responsabilità del fascism o, della
Monarchia, della vecchia classe dirigente [...] senonché il Trattato è andato al di là. Esso è
stato elaborato con l’anim o ancora ingom bro dei ricordi della guerra, com e se la rottura
nostra col fascism o fosse soltanto un espediente e non invece un evento storico e definiti-
vo, scaturito non dalla disfatta della guerra fascista, ma m aturato attraverso venti anni di
resistenza.20 1

Una posizione conferm ata dalla nota inviata il 3 novembre 1946 all’amba-
sciatore italiano a Washington, Tarchiani, con l’incarico di farla pervenire ai
rappresentanti dei Quattro riuniti a New York per la redazione definitiva del
trattato di pace:

Il progetto di trattato nel suo insiem e non è in arm onia con i princìpi della Carta atlantica
e con quelli più generali che costituirono il fondam ento m orale della guerra condotta dalle
Nazioni Unite contro il nazi-fascism o. Esso ignora di fatto la cobelligeranza italiana, pure
form alm ente riconosciuta dal pream bolo del trattato stesso, né tiene sufficientemente
conto, da un lato, della lotta che l’avanguardia del popolo italiano ha condotto per venti anni
contro la dittatura fascista preparando il terreno dell’insurrezione popolare sotto i cui colpi
il fascismo è in definitiva caduto; dall’altro lato, della leale partecipazione del popolo italiano
e delle sue formazioni militari e partigiane allo sforzo bellico delle Nazioni Unite dal settem-
bre 1943 al termine della guerra; infine, della volontà del popolo italiano di rompere defini-
tivamente con la politica, le istituzioni e gli uomini che lo trascinarono alla guerra a fianco
di Hitler, volontà coronata, nelle elezioni del 2 giugno scorso, dalla decisione popolare di
fondare il nuovo Stato italiano sui principi della dem ocrazia.20 2

20 0 Cfr. anche l’esposizione, da parte di Nenni, dei principali punti del trattato di fronte alla

Direzione socialista del 22 giugno 1946 in ISRT, CFL, b. 4 e le discussioni svoltesi nelle riunioni
del Consiglio dei m inistri del 1 novembre e del 5 dicem bre 1946, in A. G. Ricci (a cura di), Ver-
bali del Consiglio dei m inistri, vol. VII, t. 1, Governo De Gasperi, 13 luglio 1946-2 febbraio
1947, Roma, Presidenza del Consiglio dei m inistri, Dipartimento per l’inform azione e l’editoria,
s.i.d., pp. 639-643, 843-846.
20 1 P. Nenni, Il cappio delle alleanze cit., p. 53 (cfr. anche Tutto si paga niente si dim entica,

«Avanti!», 10 febbraio 1947; P. Nenni, E parliam o pure del discorso di Canzo, ivi, 20 luglio
1947; Si com pie il destino, ivi, 14 settembre 1947). Com e ha notato Brunello Vigezzi, la con-
trapposizione «fra la politica estera del ‘regime’ e quella dell’‘Italia libera’, del ‘paese’, del ‘po-
polo’ è consueta in questo periodo ai leaders di tutti i partiti al fine di consentire, ai governi
della nuova Italia dem ocratica, una m aggior capacità d’iniziativa» (Politica estera e opinione
pubblica in Italia dalla seconda guerra m ondiale ad oggi. Orientam enti degli studi e prospet-
tive della ricerca, in AA.VV., Opinion publique et politique exterieure, vol. III, 1945-1981, Ro-
m a, Collection de l’École française de Rom e, 1985, p. 10 2).
20 2 DDI, decim a serie, vol. IV, 13 luglio 1946-17 febbraio 1947, Rom a, Istituto Poligrafico e

Zecca dello Stato, 1994, pp. 582-583.


80 Capitolo I

Secondo Livio Zeno, Nenni «aveva richiesto che prima della firm a fosse rico-
nosciuto all’Italia il principio della revisione del Trattato sulla base di accordi bi-
laterali con gli Stati interessati, sotto il controllo e nell’ambito dell’ONU», per
im pedire che ogni eventuale, futura revisione, dovesse passare attraverso la con-
vocazione di un’altra conferenza di tutti i firm atari.20 3 La proposta fu però boc-
ciata dai sovietici.20 4
Nel clim a della guerra fredda anche la revisione del Trattato di pace divenne
m otivo di polem ica contro la politica governativa,20 5 accusata di aver respinto il
m etodo dei rapporti bilaterali per appoggiarsi com pletamente, in chiave anti-
sovietica,20 6 agli USA, nell’illusione di una soluzione globale o ponendo la revi-
sione com e prezzo per l’intervento in una guerra ritenuta inevitabile.20 7
In realtà, com e l’ambasciatore a Mosca, Quaroni, aveva scritto a Nenni in un
telegram m a del 27 gennaio 1947, l’URSS era ferm am ente contraria all’ipotesi che
l’Italia non firm asse il trattato di pace, proprio per evitare qualsiasi illusione di
una possibile revisione:

Con revisione è evidente che noi intendiamo, anche se non principalm ente, revisione
clausole territoriali: politica russa verso Germ ania, Polonia, Rom ania e Cecoslovacchia è
tutta basata su appoggio persone e partiti che accettano com e definitiva sistem azione ter-
ritoriale voluta da russi e che rinunciano qualsiasi revisione. Se Italia si mette su terreno
revisione, essi ritengono, e non a torto, che nostro atteggiam ento non potrebbe se non in-
coraggiare tendenze revisioniste, fortissim e anche se attualm ente poco apparenti, in que-
sti Paesi e m ettere così in pericolo tutto attuale sistem a politico russo. 20 8

In una dichiarazione congiunta del 26 settembre 195120 9 i governi degli Stati


Uniti, della Gran Bretagna e della Francia riconobbero all’Italia lo status di
m em bro attivo ed uguale della com unità delle nazioni dem ocratiche e pacifiche e
si im pegnarono quindi, da parte loro, ad un superam ento de facto delle restri-
zioni che incidevano sulla capacità dell’Italia di assicurare la propria difesa.
Nenni intervenne sull’argom ento alla Cam era il 6 ottobre 1951:

Ci è perfettam ente indifferente sapere se le clausole politiche sono considerate dagli Stati
firm atari del Trattato annullate o no: esse erano annullate nella coscienza del nostro po-
polo fin dal m om ento in cui furono stilate. Per le clausole m ilitari non è dubbio che esse

20 3 L. Zeno, Ritratto di Carlo Sforza, Firenze, Le Monnier, 1975.


20 4 Cfr. P. Nenni, I nodi della politica estera italiana, Milano, Sugarco, 1974, p. 53 e la nota
del 20 gennaio 1947 in Tem po di guerra fredda cit., pp. 330 -331.
20 5 Cfr. l’intervento di Nenni del 30 luglio 1947 alla Costituente (La ratifica anticipata è un

errore, «Avanti!», 31 luglio 1947) e la relazione del 25 agosto 1947 dell’am basciatore inglese a
Roma, Sir Noel Charles, al proprio m inistro degli Esteri, Bevin, in D. Sm yth - A. Gerolymatos
(eds.), British Docum ents on Foreign Affairs, Series F Europe 1947, vol. 11 cit., pp. 67-69.
20 6 Cfr. A. Borgoni, La Russia e noi, «Avanti!», 5 settembre 1947.
20 7 Cfr. l’intervento di Nenni nel corso del dibattito del 30 novembre 1948 alla Cam era sulla

politica estera in Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1948, pp. 4919-4931.
20 8 DDI, decim a serie, vol. IV cit., p. 80 4 (cfr. anche la nota di Quaroni del 30 gennaio 1947,

ivi, pp. 825-830 ).


20 9 Cfr. il testo integrale in «Relazioni Internazionali», 29 settem bre 1951, p. 755.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 81

costituiscono una m enom azione della nostra sovranità. Noi che siam o contrari al riarm o,
nei lim iti e per i fini dell’attuale politica atlantica, non ci siam o m ai richiam ati alle norme
del Trattato di pace. Vi sono per noi altri lim iti. Non quelli del Trattato di pace, m a i lim iti
delle possibilità econom iche del Paese, i lim iti della nostra politica generale [...]. Senon-
ché, onorevoli colleghi, vi siete chiesti perché, m entre si considera chiusa la pagina africa-
na, chiusa la pagina delle frontiere, si apre invece il capitolo della revisione delle clausole
m ilitari? Onorevoli colleghi, non si tratta di un tardivo ossequio alla sovranità del nostro
Paese, m a soltanto di un m ezzo per im pegnarci più a fondo nella corsa degli arm am enti
[...]. I m otivi per cui l’Am erica è favorevole a considerare decadute le clausole m ilitari del
nostro Trattato di pace [...] vanno ricercati nella necessità che l’Italia assuma, nella alleanza,
un ruolo effettivo.210

12. L’AMMISSIONE ALL’ONU

Le stesse accusa di m ancanza di iniziativa nei confronti degli alleati statuni-


tensi e di opposizione pregiudiziale verso ogni iniziativa proveniente dall’URSS
furono rivolte da Nenni al governo per quanto riguardò l’am m issione dell’Italia
all’ONU:

Nella questione dell’am m issione all’ONU il nostro governo non ha m ai preso un’iniziativa
o avviato una trattativa suscettibile di rim uovere le difficoltà [...]. La contem poraneità
delle dom ande di am m issione dell’Italia da una parte, e dell’Ungheria, della Bulgaria e
della Rum ania (sic) dall’altra parte ha fatto sì che il no degli Stati Uniti ai tre paesi am ici
ed alleati dell’Unione Sovietica (Sforza direbbe scagnozzi) provocasse il no sovietico al no-
stro paese. Veto contro veto. Ha m ai tentato il governo di rim uovere l’intransigenza ame-
ricana? Esso poteva del resto fare m eno e più, poteva pubblicam ente prendere posizione
sull’insieme del problem a ed im pegnarsi, una volta entrato all’ONU, di sostenere il buon
dirittto dell’Ungheria, della Bulgaria e della Rum ania. Ha fatto precisam ente il contrario,
lasciando chiaram ente intendere che l’am m issione italiana avrebbe assicurato un voto di
più agli Stati Uniti, un voto pregiudizialm ente contrario all’URSS.211

Si finiva così per sposare la tesi sovietica, espressa all’ONU da Grom jko il 30
settembre 1947, secondo la quale l’ammissione dell’Italia senza il contemporaneo
ingresso di uno Stato comunista avrebbe spostato ulteriormente la maggioranza
delle Nazioni Unite a favore del blocco occidentale. Si proponeva quindi l’ammis-
sione collettiva di tutti gli Stati europei ex-nemici e si respingeva la tesi sostenuta
dal governo italiano, basata sul convincim ento che la nostra candidatura avesse
particolari titoli di m erito nei confronti di quelle dei paesi dell’Est europeo:

Avversare la proposta sovietica, condurre attorno alla calunnia del «veto sovietico che im-
pedisce l’ingresso dell’Italia all’ONU» una campagna diffamatoria, significa comprom ettere
o com unque ritardare questa am m issione, significa non difendere i legittim i interessi e
diritti dell’Italia, sacrificandoli sull’ara dell’oltranzism o atlantico, puntando sull’aggra-

210 Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1951, pp. 310 92-3110 2. Cfr.

anche P. Nenni, Le farfalle del conte Sforza, «Mondo Operaio», 21 aprile 1951, p. 1; Id., La re-
visione del Trattato, «Avanti!», 5 agosto 1951.
211 Id., Italia URSS, «Mondo Operaio», 4 novembre 1950 , p. 1.
82 Capitolo I

vam ento della situazione internazionale piuttosto che sulla distensione, sulla guerra piut-
tosto che sulla pace. Caduta l’argom entazione giuridica avanzata dal governo italiano, se-
condo la quale il diritto italiano alla am m issione non dovrebbe essere subordinato al dirit-
to di altri paesi, rim ase in piedi solo il criterio della discrim inazione difeso dagli im periali-
sti che tendono a trasformare l’ONU in una succursale del Dipartimento di Stato americano.
A questo criterio di discrim inazione si deve se l’Italia non è ancora entrata nell’organizza-
zione delle Nazioni Unite, ad esso soltanto, in futuro, nel caso che l’atteggiam ento am eri-
cano dovesse perm anere, si dovrà se questa am m issione continuerà ad esserci vietata.212

Se è senz’altro vero che, anche negli anni 1948-1953, nel PSI «la rivendicazio-
ne del peso e del prestigio dell’ONU [...] è tem a ricorrente»,213 tutto ciò servì, a
m aggior ragione, ad accusare gli USA di aver snaturato la funzione di equilibrio e
garanzia assegnata alle Nazioni Unite, sostituendo il principio della forza a quel-
lo della collaborazione:

Nella carta di San Francisco con l’istituzione del Consiglio di sicurezza e dei m em bri per-
m anenti [...] veniva riconosciuto universalm ente il diritto e la responsabilità delle grandi
potenze di garantire la pace su di una base di uguaglianza assoluta, veniva cioè ricono-
sciuto che dall’accordo o dal disaccordo delle grandi potenze dipendeva la pace o la guerra
m ondiale e che nessuna delle grandi potenze poteva im porre la sua volontà e i suoi inte-
ressi alle altre [...]. Ma per il governo am ericano, dopo la m orte di Roosevelt, l’organizza-
zione internazionale, dentro e fuori le Nazioni Unite, doveva e deve servire unicam ente ad
isolare l’Unione Sovietica, a creare attorno ad essa e alle dem ocrazie popolari il fam oso
cordone sanitario dell’altro dopoguerra.214

Questa analisi portava quindi Edoardo Rossi a concludere, recensendo il libro


di Gabriele De Rosa La crisi dell’ON U,215 che «la non am m issione dell’Italia, co-
m e degli altri Stati che ne avrebbero il diritto, non è dunque una pura e sem plice
ingiustizia verso i m edesim i, m a è una violazione, da parte del blocco anglo-
franco-am ericano, dell’ordine internazionale, da esso ancora form alm ente accet-
tato con lo statuto di San Francisco e coi singoli trattati di pace».216

Solo nel periodo della distensione, e nell’ottica del superam ento dei blocchi,
si giunse ad un’analisi equilibrata e realistica della situazione:

Non che l’Onu abbia corrisposto alle speranze che fece sorgere. Perché ciò avvenisse sa-
rebbe stato necessario che le potenze, grandi e piccole, lasciassero dietro di loro il sistem a
dei blocchi m ilitari contrapposti e non superassero, in fatto di alleanze particolari, i lim iti
degli accordi regionali previsti dalla Carta delle Nazioni Unite. Invece l’inchiostro della
Carta era appena asciugato, che già il m ondo tornava a cercare la sicurezza delle alleanze
m ilitari contrapposte [...]. La stessa Assem blea dell’ONU si riduceva, in queste condizioni,
a una cassa di risonanza del dram m atico contrasto a m olteplici voci tra Occidente e O-

212L. Ladaga, Atti di am icizia dell’URSS verso l’Italia, «Mondo Operaio», 6 giugno 1953, p. 11.
213A. Benzoni, I socialisti e la politica estera, in M. Bonanni (a cura di), La politica estera
della repubblica italiana cit., p. 932.
214 T. Vecchietti, La politica di pace dell’URSS, «Mondo Operaio», 4 novembre 1950, p. 5.
215 Roma, Edizioni di Cultura sociale, 1951.
216 E. Rossi, L’Italia nella crisi dell’ONU, «Mondo Operaio», 15 dicem bre 1951, p. 7.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 83

riente. Uno degli indici più eloquenti della crisi dell’istituto di cui si celebra il decennale è
che l’urto interno è giunto ad un punto tale che a paesi com e il nostro, e assiem e al nostro
all’Ungheria, alla Rom ania ecc., a paesi com e la Cina si è interdetto di farne parte, al fine
di non alterare i rapporti interni tra i gruppi contrapposti.217

Nenni affermò quindi, il 27 settem bre 1955, nel corso del suo colloquio con
Malenkov e Suslov presso la sede del Presidium del Com itato centrale del PCUS,
che l’ingresso dell’ONU era un diritto dell’Italia, arrivando a dire che «il veto so-
vietico non è giusto e ci danneggia. So bene che esso non è intenzionalmente di-
retto contro l’Italia, m a è una risposta al rifiuto am ericano per l’am m issione
dell’Ungheria, della Rom ania, della Bulgaria. Ma intanto noi restiam o fuori,
m entre abbiam o tutte le carte in regola per essere am m essi».218
Il 14 dicembre 1955, su proposta canadese, con voto unanime del Consiglio di
sicurezza e dell’Assemblea generale, l’Italia fu finalmente am messa, con altri 15
Paesi, nelle Nazioni Unite. Il giorno seguente Nenni scriveva nei suoi Diari:
«L’Italia è stata am messa all’ONU [...]. I nostri rappresentanti purtroppo entre-
ranno a far parte dei gregari degli Stati Uniti, esattam ente com e Rom ania, Bul-
garia, Ungheria, Albania aum enteranno la schiera dei gregari sovietici. Eppure vi
sarebbe posto per una buona politica internazionale di distensione e di supera-
m ento dei blocchi m ilitari».219

13. LA QUESTIONE DI TRIESTE

La vita politica italiana fu dom inata, in questi anni, dalla questione di Trieste.
Nenni lo ebbe presente fin dal settembre 1944, quando scriveva:

Non è im probabile che nei prossim i m esi si tenti di fissare l’attenzione dell’opinione pub-
blica esclusivam ente o prevalentem ente sulla questione della frontiera orientale (dove so-
no inevitabili dei sacrifici, com e conseguenza non soltanto della guerra che abbiam o per-
so, m a della politica bestiale del fascism o contro le popolazioni slovene com prese nei con-
fini del 1919). Naturalm ente noi dovrem o difendere ciò che è incontestabilm ente italiano
e il criterio a cui dovrem o attenerci dovrà essere quello dell’autodecisione popolare. Ma
guai a noi se, sentimentalm ente protesi verso un distretto di frontiera, dim enticassim o
che il nostro destino si gioca altrove, sul piano della organizzazione dei rapporti econom i-
ci e degli scam bi internazionali.220

Riguardo alla questione di Trieste il PSI e Nenni m ostrarono, prim a e dopo la


scom unica di Tito da parte del Com inform , una linea di sostanziale coerenza con
queste parole, dettata dalla necessità, sia pure nella continua polem ica nei con-

217 P. Nenni, Le novità della politica internazionale, ivi, 18 giugno 1955, p. 4.


218 Id., Tem po di guerra fredda cit., pp. 689-690 .
219 Ivi, p. 718.
220 P. Nenni, Il problem a italiano, «Politica estera», (1944), 7-8, p. 6; cfr. anche Id., La fine

della guerra e i nuovi problem i, «Socialismo», m aggio 1945.


84 Capitolo I

fronti del governo e degli alleati occidentali, di presentarsi come partito ‘nazio-
nale’ e sostenitore dell’italianità della città giuliana.221
L’atteggiam ento di Nenni riguardo a Trieste ed il suo nazionalismo sui gene-
ris, dovuto a evidenti preoccupazioni di politica interna (per le lezioni della sto-
ria, di Fium e e del ‘carnevale dannunziano’,222 m a anche probabilm ente mem ore
di quanto Carlo Rosselli aveva scritto in Socialism o liberale: «Il problem a dei
rapporti tra socialism o e nazione, il problem a del governo in regime di dem ocra-
zia, il problem a dell’autonom ia politica, si porranno, fascismo caduto, con
un’intensità e uno stile affatto nuovi» 223 ), è ben illustrato nei Diari, il 18 ottobre
1953:

Trieste sta diventando il banco di prova non solo delle nostre am icizie internazionali, ma
della politica interna. Si ripete cioè in certa m isura quanto successe trent’anni or sono per
Fium e. E com e allora c’è da tem ere che se ne avvantaggi la destra [...]. La differenza con
quanto successe trent’anni or sono per Fium e l’ho, credo, introdotta io, sforzandom i di
non staccare il Partito socialista e la sinistra in generale dall’anim a nazionale, anche in ciò
che ha di ingenuo e di irrazionale. L’altra differenza è che stavolta la questione di Trieste
gioca contro l’alleanza atlantica, che è il sistem a più reazionario a cui si potesse addiveni-
re.224

Questa posizione portò, fatto assai poco frequente negli anni del frontismo,
ad una sia pur tim ida differenziazione tra socialisti e com unisti, la cui subordina-
zione alle direttive dell’URSS fu, al di là delle abili prese di posizione di Togliatti,
totale, come apparirà evidente all’indom ani dello scism a titoista, che Nenni non
poteva certo im m aginare quando, il 5 agosto 1943, salutando alcuni com pagni
m ontenegrini detenuti insiem e a lui a Ponza, scriveva:

Noi italiani avrem o con loro delle difficoltà quando si tratterà di tracciare la nuova fron-
tiera orientale, m a non è dubbio che le supererem o più facilm ente con uno Stato jugosla-
vo socialista che coi nazionalisti sloveni o coi m ilitaristi serbi. Ci sarà di guida il principio
dell’autodecisione dei popoli e la volontà di considerare l’Adriatico e le Alpi Giulie non
com e un fossato o un ostacolo per dividere il m ondo slavo da quello latino, m a com e vie di
com unicazione per l’unione e la collaborazione di due popoli che già Mazzini auspicava
uniti in una com une opera di progresso e di pace.225

Diventato m inistro degli Esteri, il 4 novem bre 1946 Nenni inviò al Consiglio
dei m inistri degli Esteri delle quattro nazioni alleate, riunito a New York, una no-

221 Ciò, peraltro, non im pedì le critiche (e le m inacce) degli ambienti nazionalistici: «Da

Trieste [...] ricevo le solite lettere anonime a base di ‘russo’, ‘rinnegato’ ecc. E dire che Trieste è
stata in cim a ai m iei pensieri e che ho fatto veram ente tutto quanto dipendeva da m e perché
fosse evitato l’attuale destino» (Tem po di guerra fredda cit., nota del 26 febbraio 1949).
222 L’espressione fu usata da Nenni nel suo discorso al Teatro Brancaccio di Rom a, il 10

m aggio 1945: cfr. Il nostro program m a di governo, «Avanti!», 11 m aggio 1945.


223 C. Rosselli, Socialism o liberale, Torino, Einaudi, 1997, p. 126.
224 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 592. Il paragone con Fiume è anche in una no-

ta del 22 m arzo 1952, p. 519.


225 Ivi, pp. 27-28.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 85

ta con la quale si insisteva nel richiedere, nella delimitazione della frontiera o-


rientale, di procedere secondo il principio della linea etnica fissato dalla confe-
renza dei ‘Quattro’ a Londra nel settem bre 1945, ricorrendo eventualmente al
plebiscito nelle zone contestate.226
Grande fu quindi lo sconcerto di Nenni quando, il 7 novembre 1946, Togliatti,
reduce da colloqui a Belgrado con Tito, si fece latore, attraverso un’intervista a
«l’Unità», di una proposta che prevedeva il passaggio di Gorizia alla J ugoslavia
in cambio della concessione a Trieste di uno statuto autonom o.227
Nonostante Togliatti ridim ensionasse im m ediatamente la portata delle sue
afferm azioni in un colloquio con Nenni (alm eno secondo il telegram m a inviato
da quest’ultim o alla dellegazione italiana a New York: «(La conversazione con
Tito), che non era assistito da nessun esperto, sarebbe rim asta in term ini generi-
ci. Egli avrebbe com unque accettato che continuità territoriale fra Trieste e Italia
sarebbe assicurata» 228 ), qualche ripercussione nei rapporti tra socialisti e com u-
nisti indubbiamente vi fu. Nella riunione del 9 novembre 1946 della Giunta
d’intesa tra com unisti e socialisti, Nenni fece notare «alcuni inconvenienti di
form a circa il m odo com e sono stati presentati, senza preventivo accordo, i risul-
tati del viaggio di Togliatti a Belgrado». Dopo le precisazioni di Togliatti sul sen-
so e i risultati della sua iniziativa, la Giunta si concluse con l’accordo di porre
l’accento e di iniziare una cam pagna sulla necessità di trattative dirette.229
Sul piano diplom atico, il m inistro degli Esteri italiano, che aveva sconsigliato
il viaggio,230 dichiarò all’«Avanti!» che il governo non poteva evidentemente
prendere com e punto di partenza per le trattative con la J ugoslavia la rinuncia
ad una città italiana come Gorizia che i Quattro Grandi avevano già deciso do-
vesse restare all’Italia.231
226 Cfr. Il cappio delle alleanze cit., p. 59; Tem po di guerra fredda cit., pp. 30 0 -30 5.
227 Cfr. Dichiarazioni di Togliatti sui risultati del suo viaggio a Belgrado. Il Maresciallo
Tito è disposto a lasciare Trieste all’Italia, «l’Unità», 7 novem bre 1946 e, per le polem iche suc-
cessive, m .m . (Mario Montagnana), Am ore di patria e livore di parte, ivi, 8 novembre 1946; P.
Ingrao, Servi degli stranieri, ivi, 9 novembre 1946; P. Togliatti, La politica dei calci nel sedere,
ivi, 10 novembre 1946; M. Montagnana, Cam illo Cavour, quel ‘barattiere’, ivi, 14 novembre
1946; P. Togliatti, Per l’Italia per la pace, ivi, 17 novembre 1946.
228 DDI, decim a serie, vol. IV cit., p. 592. Successivamente anche il ministro degli Esteri ju-

goslavo Sim ic, in un incontro con l’ambasciatore Quaroni svoltosi a New York il 20 novem bre
1946, sm entì i term ini con cui il colloquio Togliatti-Tito era stato riportato dall’«Unità» (cfr.
FRUS, 1946, Council of Foreign Ministers, vol. II, p. 130 2 e DDI, decima serie, vol. IV cit., pp.
625-628).
229 Cfr. il verbale della riunione in FG, FM, b. 258.
230 Cfr. Tem po di guerra fredda cit., p. 291.
231 Cfr. l’«Avanti!», 8 novembre 1946 e l’intervento di Nenni nella seduta del Consiglio dei

m inistri del 7 novem bre (in cui, in realtà, la sua posizione sem bra più sfum ata) in A. G. Ricci (a
cura di), Verbali del Consiglio dei m inistri, vol. VII, t. 1, Governo De Gasperi cit., p. 655. Anche
il com mento nei Diari fu secco: «Tito rinuncia a ciò che non ha e ci chiede ciò che abbiamo»
(Tem po di guerra fredda, p. 296). Per una ricostruzione dell’intero episodio cfr. A. Gam bino,
Storia del dopoguerra. dalla liberazione al potere DC, Rom a-Bari, Laterza, 1975, p. 279; D. De
Castro, La questione di Trieste. L’azione politica e diplom atica italiana dal 1943 al 1954, Trie-
ste, Lint, 1981, pp. 516-517; P. Cacace, Vent’anni di politica estera italiana (1943-1963), Roma,
Bonacci, 1986, pp. 216-218; M. Galeazzi, Togliatti e la questione giuliana, in Trieste 1941-1947,
86 Capitolo I

La risposta di Nenni fu quella di lanciare la proposta (ripresa dall’am bascia-


tore Quaroni) di una «Locarno dell’Est [...] un patto generale, cioè, garantito da-
gli Alleati e abbracciante l’insieme dei rapporti italo-jugoslavi», pur rendendosi
conto della difficoltà di tale situazione nel clim a incipiente di guerra fredda.232 Di
fronte agli Am basciatori delle quattro grandi potenze, Nenni si fece quindi por-
tavoce della posizione del governo italiano, che interpretava il colloquio tra To-
gliatti e Tito com e il riconoscim ento im plicito da parte jugoslava dell’italianità di
Trieste e il prim o passo per l’apertura di negoziati diretti tra Rom a e Belgrado.233
L’applicazione del principio etnico, sia pure sulla base della dichiarazione del
m arzo 1948, e la richiesta di un plebiscito furono peraltro le linee sulle quali suc-
cessivamente si m ossero Sforza 234 e Pella.
Fallite dunque le proposte di linea etnica e di trattative dirette con la J ugosla-
via e m utati i rapporti politici, interni e internazionali, di fronte al com pimento
del processo di divisione tra zona A e B nella prim avera del 1950 il PSI condusse
quella che uno dei dirigenti socialisti dell’epoca, Oreste Lizzadri, definì «una
cam pagna conseguente, ma fuori da ogni esasperazione nazionalistica, per il ri-
torno all’Italia di Trieste e della parte prevalentemente italiana dell’Istria»,235

Trieste, Edizioni Dedolibri, 1991, pp. 181-217; Id., Togliatti e la questione giuliana, «Il Ponte»,
m arzo-aprile 1987, pp. 66-88; Id., Togliatti e Tito, Roma, Carocci, 20 0 5; R. Martinelli, Storia
del Partito com unista italiano, vol. VI cit., pp. 132-141; L. Gibjanskij, Mosca, il PCI e la que-
stione di Trieste (1943-1948), in F. Gori - S. Pons (a cura di), Dagli Archivi di Mosca. L’URSS,
il Com inform e il PCI (1943-1951), Roma, Carocci, 1998, pp. 124-125; R. D’Agata, La questione
di Trieste nella vita politica italiana dalla liberazione al Trattato di pace, «Storia e politica»,
ottobre-dicem bre 1970 , pp. 675-678; E. Aga-Rossi - V. Zaslavsky, Togliatti e Stalin cit., pp. 153-
154; R. Gualtieri, Togliatti e la politica estera italiana. Dalla resistenza al Trattato di pace
1943-1947, Rom a, Ed. Riuniti, 1995, pp. 189-197, che attribuisce alla vicenda «un forte valore
periodizzante» per la orm ai evidente divaricazione tra elementi nazionali ed internazionali del-
la proposta di governo del PCI. Sostanzialm ente esatta ci pare, in definitiva, l’analisi di Leo Va-
liani: «Pietro Nenni si trovava in una situazione difficile: personalm ente non condivideva affat-
to l’atteggiam ento di Togliatti. Il capo socialista era rim asto l’ardente patriota che aveva dimo-
strato di essere ai tempi della guerra per Trento e Trieste. In consiglio dei m inistri non esitò ad
approvare l’operato di De Gasperi a Parigi. Non voleva, d’altra parte, polemizzare pubblica-
m ente con la posizione di Togliatti, per tem a d’incrinare il patto d’azione tra i partiti proletari e
di rafforzare la cam pagna delle destre, che tendeva ad isolare i com unisti com e antinazionali.
Per quanto dovute a nobili motivi, queste sue esitazioni tolsero a Nenni una grande parte delle
possibilità, che altrim enti avrebbe avuto larghissime, di fare breccia, come nuovo ministro per
gli Esteri, nell’opinione pubblica italiana e di agganciare, con un tem pestivo viaggio a Washin-
gton per la discussione dei dettagli della questione di Trieste, almeno gli ambienti più demo-
cratici del Dipartim ento di Stato e i capi più influenti del sindacalism o am ericano» (L’Italia di
De Gasperi 1945-1954, Firenze, Le Monnier, 1982, pp. 72-73).
232 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 297; cfr. anche A. Borgoni, Si schiude una porta,

«Avanti!», 8 novembre 1946 e Una Locarno dell’Est obiettivo della nostra politica, ibidem .
233 Cfr. la lettera dell’11 novembre 1946 di Tarchiani, al segretario di Stato, Byrnes e la re-

plica di quest’ultim o in FRUS, 1946, Council of Foreign Ministers, vol. II, pp. 1110 9-1111, oltre
ai telegram mi inviati e provenienti dalle varie Am basciate in ACS, CN, b. 10 6, fasc. 2350 e in
DDI, decim a serie, vol. IV, cit., pp. 544-787.
234 Cfr. il discorso pronunciato l’8 aprile 1950 a Milano nella sede dell’ISPI, pubblicato in

«Relazioni Internazionali», 15 aprile 1950 .


235 Il socialism o italiano dal frontism o al centro-sinistra cit., p. 134.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 87

campagna che si concretizzò nella presentazione alla Camera, da parte del gruppo
socialista e di Nenni, prim a di un’interpellanza e successivam ente, il 9 giugno
1950 , di una m ozione di condanna dell’operato del governo.236
Il PSI sostenne quindi la piena attuazione dello statuto del Territorio libero di
Trieste, sia pure com e necessario passaggio per il ritorno delle zone A e B
all’Italia (anche in previsione delle elezioni che si sarebbero tenute a Trieste
nell’ottobre 1951): 237

C’è sem plicemente un m ezzo, il solo che il trattato ci offre, di tutelare convenientem ente
gli interessi italiani su una contrastata frontiera. Cosa sarebbe successo, cosa succedereb-
be nel Territorio libero se si applicasse lo Statuto perm anente allegato al Trattato? Si riti-
rerebbero le truppe americane da Trieste e quelle titine da Capodistria e dalla zona B [...].
Ci sarebbe un governatore e ci sarebbero anche – e soprattutto – un parlam ento italiano,
un governo italiano, una am ministrazione italiana.238

La nota predom inante fu com unque, anche in questo caso, l’accusa al gover-
no, ferm o alla dichiarazione tripartita del m arzo 1948,239 di non saper difendere
gli interessi nazionali, in contrasto, dopo la rottura di Tito con Mosca, con quelli
degli alleati occidentali:

Tutta la m anovra per Trieste del nostro governo aveva dietro la parvenza anti-jugoslava
un significato di fondo anticom unista ed antisovietico che allettava in m odo particolare le
potenze anglosassoni. Ma d’allora ad oggi le cose sono cam biate radicalmente. Quel che
De Gasperi non capisce o finge di non capire, ripetendo continuamente il suo heri dice-
bam us, è che lo spirito della dichiarazione tripartita è ormai per le potenze anglosassoni
m orto e seppellito, e lo è precisam ente da quando Tito da nem ico è diventato un prezioso
alleato nella lotta antisovietica [...]. Lo status quo di Trieste significa per Londra e Wa-
shington non turbare gli stretti rapporti d’am icizia con Tito, significa anche avere in m ano
un porto m ilitare di prim ’ordine. Qualsiasi m utam ento fatto a favore dell’Italia e contro
Tito non offrirebbe una contropartita sufficiente per gli anglosassoni.240

236 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Rom a 1950 , p. 19263 e, per

l’intervento di Nenni, pp. 19273-19279.


237 Fino al 1951 la scissione di Palazzo Barberin i, anche per i cattivi rapporti tra comunisti e

socialisti triestini, non aveva avuto alcun effetto sul Partito socialista della Venezia-Giulia, nel
quale comunque i saragattiani avevano la maggioranza (cfr. B.C. Novak, Trieste 1941-1954. La
lotta politica, etnica, ideologica, Milano, Mursia, 1973, p. 253; E. Apih, L’atteggiam ento dei
partiti a Trieste in rapporto alla situazione attuale, «Il Ponte», aprile 1948, pp. 329-337 e, per
i contrasti tra socialisti e comunisti all’interno del movimento sindacale triestino, T. Matta,
L’unità im possibile. Un ventennio di lotte e divisioni nell’esperienza sindacale triestina, in
Classe e m ovim ento operaio a Trieste nel secondo dopoguerra, a cura di L. Ganapini, Milano,
Franco Angeli, 1986, pp. 323-385).
238 P. Nenni, Tra i m iti e le paure, «Mondo Operaio», 3 giugno 1950 , p. 1. Cfr. anche l’in-

terpellanza, trasform ata successivam ente in mozione, presentata da Nenni alla Cam era sulla
questione di Trieste il 21 aprile 1950 in Discorsi parlam entari cit., pp. 222-244.
239 Per l’atteggiamento del PSI verso la dichiarazione tripartita cfr. A. Borgoni, La pelle

dell’orso, «Avanti!», 21 marzo 1948.


240 T. Vecchietti, Realtà di Trieste e retorica di De Gasperi, «Mondo Operaio», 25 agosto

1951, p. 1; cfr. anche P. Nenni, La politica dei fatti com piuti, ivi, 9 luglio 1949, p. 1; (Non firma-
to), Diplom azia da fiera, ivi, 17 settembre 1949, p. 1; P. Nenni, Chi fa la politica estera, ivi, 21
88 Capitolo I

Negli anni 1950 -1953 la polem ica sulla questione di Trieste si protrasse su
questi toni e con questi argom enti, con la ripresa del tem a, in chiave contem po-
raneam ente antifascista, antititina ed antiamericana, dell’italianità di Trieste.241
Ma il 13 settem bre 1953, nel corso di un discorso in Cam pidoglio in occasione
della celebrazione del decim o anniversario degli scontri di Porta San Paolo, il
successore di De Gasperi alla guida del governo e del m inistero degli Esteri, Giu-
seppe Pella, replicando ad un minaccioso discorso pronunciato da Tito il 6 set-
tem bre ad Okrogliza,242 ribadì la validità della dichiarazione tripartita ed avanzò
contem poraneam ente la proposta di un plebiscito su tutto il Territorio libero, di-
chiarando altresì che la soluzione della questione di Trieste avrebbe costituito il
banco di prova delle nostre alleanze.
Le prim e reazioni socialiste alle dichiarazioni di Pella evidenziarono un certo
scetticism o, riafferm ando la necessità di applicare integralm ente, sia pure in via
provvisoria, il trattato di pace e quindi lo statuto del Territorio libero di Trieste:

Non si vede bene quindi quali possano essere le conseguenze pratiche delle dichiarazioni
del Presidente del Consiglio: se l’afferm azione dei nostri diritti, la rievocazione della Resi-
stenza e la rivendicazione del carattere risorgim entale di essa, il m onito sul valore del
banco di prova delle am icizie che Trieste ha orm ai assunto ci trovano del tutto consen-
zienti, la pratica portata della proposta di plebiscito ci lascia quanto m eno perplessi [...].
Allo stato delle cose non è am or di tesi quello che ci fa afferm are che l’unica soluzione
chiara è ancora quella presa dal PSI. Esclusa la possibilità di negoziati diretti, cui pure il
Maresciallo Tito ci invita, m a solo per presentarci la sua richiesta di vederci arretrare ai
confini del 1866; escluso l’appoggio dei Tre che non si vede su che cosa potrebbe far leva;
assunti com e punti ferm i l’Alleanza atlantica che im pone le sue ferree leggi e la Dichiara-
zione tripartita di im possibile attuazione, ogni proposta che si aggiri in questo am bito è
destinata a rimanere sulla carta.243

Pochi giorni dopo Nenni, nei suoi Diari, si m ostrava di tutt’altro parere:

(Pella) ha proposto di risolvere la questione di Trieste con il plebiscito, previo il ritiro del-
le truppe interessate. Non è una proposta esente da rischi [...] m a viene nel m omento in
cui non si vede cosa altro proporre per sbloccare la situazione. Mi sono quindi pronuncia-
to per il plebiscito. Nel contempo parlando a Milano Togliatti ha ripreso la tesi della costi-
tuzione del Territorio libero: via gli anglo-am ericani, via i titini dalla zona B, nom ina del
governatore, dell’assem blea popolare, del governo ecc. Una buona soluzione cinque anni
orsono, quando l’abbiam o opposta alla m ancanza di iniziativa di De Gasperi e di Sforza
che hanno inchiodato il paese alla dichiarazione tripartita del m arzo ’48. Ma oggi m eno

gennaio 1950 , p. 1; Id., Il duro linguaggio delle cose, ivi, 22 aprile 1950 , p. 1; Id., Fasti e nefasti
del cosm opolitism o, ivi, 17 giugno 1950 , p. 1.
241 Cfr. I socialisti italiani per l’italianità di Trieste, «Avanti!», 15 aprile 1952; G. Tolloy, ‘Va

fuori o straniero’, ivi, 26 aprile 1952.


242 Il testo del discorso, con cui Tito aveva respinto non solo la dichiarazione tripartita, m a

tutte le proposte avanzate dagli occidentali in quegli anni, proponendo invece l’internaziona-
lizzazione di Trieste e l’annessione del retroterra prevalentemente sloveno alla J ugoslavia, fu
pubblicato in «Relazioni Internazionali», 12 settem bre 1953.
243 G. Fenoaltea, Punto di arrivo la questione di Trieste, «Mondo Operaio», 19 settembre

1953, p. 3.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 89

che m ai si può credere che il Consiglio di sicurezza si accordi sulla nom ina del governato-
re. E allora? I giornali si sono sbizzarriti ad opporre il m io patriottism o alla russofilia dei
com unisti. Anche alcuni m iei com pagni si sono allarm ati per il contrasto che si poteva de-
lineare coi com unisti. Ho detto loro che non succederà nulla di nulla e che i com unisti
prenderanno il nostro stesso atteggiam ento. Ed è così che sta succedendo.244

A testim onianza dell’‘allarm e’ di alcuni esponenti del PSI il 28 settem bre Vin-
cenzo Balzamo, responsabile della Comm issione giovanile centrale, scriveva però
in una circolare:

Il problem a di Trieste si pone in questi giorni con particolare evidenza all’attenzione del
Paese, suscitando un interesse pressoché generale, particolarm ente fra i giovani [...]. Con-
siderati gli sviluppi odierni della situazione politica, il PSI riconosce la dem ocraticità del
plebiscito proposto dal governo, m a ritiene la cosa del tutto platonica, se non si procede,
prim a di tutto, all’allontanamento delle truppe straniere da Trieste e dalla zona B. Con le
truppe straniere nel Territorio libero di Trieste il plebiscito non è possibile. L’obiettivo
principale deve appunto essere l’allontanam ento delle truppe straniere e per fare questo è
necessario applicare e rendere esecutivo il trattato di pace. Si hanno ora fondati m otivi di
ritenere che con l’inizio del prossim o anno scolastico le m asse studentesche si m uoveran-
no per far pesare il proprio punto di vista sull’intricata questione che investe direttam ente
la nostra politica nazionale. È altrettanto prevedibile, però, che il MSI tenti di speculare
sui giusti sentim enti patriottici dei giovani per inscenare delle m anifestazioni di pretto
stam po fascista ed esasperatam ente nazionaliste. La stam pa fascista, infatti, si è già messa
su questa linea con articoli e vignette in cui, ad esem pio, si m ostra la testa di Tito schiac-
ciata dal tallone chiodato di un alpino. È evidente che noi non possiam o accettare una tale
im postazione della cam pagna in difesa di Trieste. Occorre, pertanto, che im m ediatamente
la gioventù socialista si inserisca in ogni iniziativa patriottica col com pito di neutralizzare
l’azione nefasta e provocatoria fascista, oltre che per dare un valido contributo alle m ani-
festazioni stesse. Ma soprattutto è necessario che gli studenti socialisti prom uovano essi
una vasta azione unitaria in cam po provinciale, invitando, ad esem pio, gli studenti e i mo-
vim enti giovanili dei vari partiti a dibattiti e conferenze sul problem a di Trieste.245

La differenza di valutazione tra Togliatti e Nenni em erse, anche se in m odo


non clamoroso, nel corso del dibattito svoltosi alla Cam era tra il 30 settembre e il
6 ottobre sul bilancio del Ministero degli Esteri. Alla fine della discussione fu vo-
tato all’unanim ità un ordine del giorno, avente come prim o firm atario il deputa-
to liberale Guido Cortese, che invitava il governo «a persistere tenacem ente
nell’azione diretta a realizzare le condizioni necessarie per garantire in m odo ef-
fettivo i diritti dell’Italia sull’intero Territorio libero e ad assicurare il ritorno alla
m adrepatria di quelle terre e di quelle popolazioni». Com unisti e socialisti si a-
stennero invece sui prim i tre capoversi dello stesso ordine del giorno, che ne
contenevano le prem esse e le m otivazioni politiche nell’am bito della dichiarazio-
ne tripartita e dell’Alleanza atlantica.246 Ma m entre il segretario del PCI confer-
m ò il suo appoggio all’applicazione integrale del trattato di pace, esprim endo seri
dubbi sulla possibilità di attuazione del plebiscito, Nenni, pur ribadendo le sue
244 P.
Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 590 .
245 FT, Direzione PSI, Serie circolari b. 2, fasc. 9.
246 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1953, p. 1517.
90 Capitolo I

critiche al governo e alla politica atlantica, espose la sua adesione alla tesi del
plebiscito, anche per il suo «alto valore m orale e dem ocratico», chiedendo
l’intervento dell’ONU per renderne possibile lo svolgim ento.247
La situazione era com unque orm ai in m ovim ento, anche sul piano interna-
zionale. L’8 ottobre 1953 i governi di Washington e Londra annunziarono la de-
cisione di ritirare le proprie truppe dalla zona A, lasciandone l’am m inistrazione
al governo italiano ed auspicando una pacifica soluzione definitiva della questio-
ne e una collaborazione italo-jugoslava ai fini della sicurezza dell’Europa occi-
dentale.248
Riprendendo le dichiarazioni di Nenni alla Cam era sulle com unicazioni del
governo nella seduta del 9 ottobre, un articolo non firm ato di «Mondo Operaio»,
dopo aver riepilogato gli avvenim enti e la linea del PSI sulla questione di Trieste,
linea «nella quale assieme si com penetrano e si valorizzano l’interesse nazionale
e quello della pace», criticò Pella per aver sottovalutato il reale significato della
nota anglo-am ericana, e cioè l’accettazione della spartizione del Territorio libero,
indicando infine come unica soluzione il plebiscito «im perniato su un innegabile
principio di giustizia, sem preché governo e diplom azia italiana non si appaghino
di parole m a abbiano una politica, una politica verso Washington m a anche, e
vorrem m o dire soprattutto, verso Mosca. Giacché non basta aver ragione, m a è
funzione della politica e, nel caso nostro, della diplom azia, creare le condizioni
del riconoscim ento del diritto».249
Nel febbraio 1954 iniziarono le trattative diplom atiche che portarono agli ac-
cordi di Londra del 5 ottobre dello stesso anno, m entre, con la crisi del governo
Pella, si giungeva alla form azione di un dicastero centrista presieduto da Mario
Scelba, che accantonò la proposta di plebiscito, suscitando nuovam ente le criti-
che socialiste al governo,250 accusato esplicitamente di capitolazione.251 Nenni
com m entò la conclusione della vicenda intervenendo il 18 ottobre alla Cam era,
accusando il governo per aver agito in deroga a voti espliciti del Parlam ento, con
la firm a della

peggiore delle transazioni a cui si poteva giungere [...]. (Il governo) ha accettato nel 1954
ciò che Sforza non aveva accettato nel 1951 e ciò che De Gasperi non aveva accettato
l’anno scorso, prim a delle elezioni del 7 giugno, perché la autonom ia di iniziativa che gode
è financo inferiore a quella dei governi precedenti, perché nel frattem po la pressione am e-
ricana deve aver assunto le form e del ricatto.

247 Cfr. ivi, pp. 1522-1527 e il testo del discorso pronunciato a Napoli il 12 ottobre, pubblica-

to dall’«Avanti!» il giorno seguente sotto il titolo Bisogna battersi per il plebiscito.


248 Cfr. il testo della dichiarazione anglo-am ericana in «Relazioni internazionali», 17 otto-

bre 1953.
249 (Non firm ato), Il Partito Socialista Italiano e la questione di Trieste, «Mondo Operaio»,

17 ottobre 1953, pp. 1-3; cfr. inoltre G. Tum iati, Sicura sconfitta per Tito il plebiscito nel terri-
torio libero, «Avanti!», 31 ottobre 1953.
250 Cfr. D. Valori, Politica estera per uso interno, ivi, 30 m arzo 1954.
251 T. Vecchietti, Capitolazione italiana per il territorio di Trieste?, ivi, 8 m aggio 1954.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 91

Ma, dopo aver riafferm ato la convinzione che «se fossim o andati davanti al
Consiglio dell’ONU con la proposta del plebiscito avrem m o avuto causa vinta, o,
com unque, avrem m o ottenuto la spartizione sulla base del principio etnico por-
tando il confine a Capodistria», Nenni così concluse il suo discorso:

Abbiam o guardato dentro di noi. Cerchiam o di vedere possibilm ente chiaro davanti a noi
[...]. Ci vuole prim a di tutto il tem po della convalescenza perché noi, che abbiam o subìto
una sconfitta diplom atica ed una dolorosa mutilazione del nostro diritto e del nostro terri-
torio, possiamo considerare con la necessaria freddezza e serenità gli sviluppi ulteriori
delle relazioni con Belgrado. Per quanto ci concerne noi socialisti intendiam o affrontare le
relazioni con la J ugoslavia senza fare pesare su di esse l’ipoteca di rivendicazioni irreden-
tiste, anche se consideriam o tuttora storicam ente aperto il problem a della frontiera orien-
tale.252

In realtà, con gli accordi di Londra, term inò una fase della politica estera ita-
liana, durante la quale erano stati affrontati i problem i posti dal Trattato di pace.
Il dopoguerra si era in un certo senso concluso: nuove questioni, a com inciare
dal processo di integrazione europeo, erano già all’orizzonte come era evidente
nel discorso che Nenni tenne a Trieste il 15 gennaio 1956 e che riportiam o attra-
verso la relazione del Com m issariato generale del Governo per il territorio di
Trieste. In quell’occasione Nenni, dopo aver rivendicato al PSI il m erito del ten-
tativo di fissare il confine orientale sulla linea Wilson e quindi di essersi opposto
alla soluzione della questione mediante il Mem orandum di Londra del 5 ottobre
1954 (definito «un fam igerato baratto»), rifacendo la storia del Territorio libero
dichiarò che il PSI ne aveva appoggiato la costituzione poiché esso «non avrebbe
arrecato nocum ento all’italianità di questi territori e avrebbe im pedito l’esodo
delle m igliaia di profughi che hanno dovuto abbandonare case ed averi perché
erano stati privati del godimento di quei diritti democratici che sono il fonda-
m ento di ogni vita civile». Alla costituzione effettiva di esso non fu possibile
giungere non già per la difficoltà di accordarsi sulla persona del Governatore, m a
per il fatto (e qui Nenni incrinò la sua visione idilliaca di Yalta) «d’essersi orm ai
il m ondo diviso in due gruppi contrapposti di potenze» che cercavano di risolve-
re i problem i internazionali «ciascuno secondo i propri interessi, senza rispetto
del volere delle popolazioni interessate». Da questo punto di vista anche la J ugo-
slavia avrebbe dovuto concedere alle m inoranze di lingua italiana gli stessi diritti
di cui godevano le m inoranze slovene in Italia, soprattutto in considerazione del
fatto che la politica estera jugoslava, fondata sul principio dell’equidistanza fra i
due blocchi, aveva conferito a quel paese «un prestigio senza dubbio superiore
alla sua effettiva potenza reale e consistenza».253

252 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Rom a 1954, pp. 13266-13272. Cfr.

anche T. Vecchietti, Trieste banco di prova dell’alleanza atlantica, «Avanti!», 5 ottobre 1954.
253 ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 23.
92 Capitolo I

14. «P ILLOLE PER DORMIRE , GENTE DAI NERVI DEBOLI PER ECCESSIVA TENSIONE »:
L’ANTIAMERICANISMO DEL PSI

L’approvazione e la ratifica del Patto avevano segnato, com e abbiam o visto,


una svolta non solo nella politica estera italiana, m a anche per il PSI: iniziò un
periodo di totale appiattimento sulle linee della politica frontista e, sul piano in-
ternazionale, di adesione com pleta alle iniziative dell’URSS, che si protrarrà sino
alla m età degli anni ’50 .
Così Nenni scriverà, ad esem pio, che «oggi ancora, a tre anni dall’inizio della
guerra fredda scatenata dagli Stati Uniti, m entre è in atto la preparazione di una
guerra di aggressione della quale sono pubblici i moventi e le finalità, oggi anco-
ra l’Unione Sovietica è sola arbitra della guerra e della pace, e perciò abbiam o
ancora la pace».254
Proprio per questo, al di là di una m aggiore capacità di ‘adattamento’ di Nen-
ni rispetto a Morandi di fronte alle prospettive che si apriranno in cam po inter-
nazionale, si può concordare con Francesco De Martino quando afferm ò che, al-
m eno per il periodo fino al 1952

l’idea di una divergenza tra i due leaders della sinistra socialista sui tem i della politica in-
ternazionale è un parto della storiografia di com odo, m irante a presentare Nenni da sem-
pre in veste autonom ista, contro la sua stessa testim onianza sulla piena intesa e solidarie-
tà con Morandi.255 Certo vi era una profonda diversità di form azione e di tem peramento
tra di loro, m a la politica unitaria, che oggi si suole chiam are frontista, ebbe non uno m a
due riferim enti principali ed anzi rispetto all’opinione pubblica Nenni ancor più che Mo-
randi era il sim bolo dell’unità.256

254 P. Nenni, Il giubileo di Stalin, «Mondo Operaio», 17 dicembre 1949, p. 1.


255 Cfr. l’Intervista sul socialism o italiano, a cura di G. Tamburrano, Rom a-Bari, Laterza,
1980 , p. 20 1.
256 F. De Martino, Un’epoca del socialism o cit., pp. 139-140 . Anche Sim ona Colarizi, dopo

aver sottolineato le incongruenze del pacifismo filo-sovietico di Nenni, che scarica la responsa-
bilità della politica bellicistica esclusivamente sul blocco occidentale, nella presunzione di una
politica di pace del proletariato internazionale fuori dalla logica di potenza del loro Stato-guida,
e la m aggiore coerenza di Morandi «quando accusa di filisteism o piccolo-borghese le rivendi-
cazioni di una posizione intermedia», afferm a che «in entrambi i casi, com unque, c’è un alline-
am ento sulla concezione internazionalista-stalinista del PCI» (La seconda guerra m ondiale e
la Repubblica, Tea, Milano 1996, p. 512). Sulle differenze tra Nenni e Morandi, per form azione
ed esperienze, cfr. A. Agosti, Rodolfo Morandi. Il pensiero e l’azione politica, Roma-Bari, La-
terza, 1971, pp. 471-472, n. 147. Peraltro, sul tem a è significativo quanto scrisse lo stesso Nenni
nei Diari, il 14 m arzo 1952: «I giornali parlano m olto di un m io contrasto con Morandi. Non
vedo su che cosa potrebbe sorgere. C’è invece una differenza di funzioni, io tutto teso a creare
nuovi fatti politici, lui rinserrato nella fortezza dell’apparato. Per il resto tra lui e m e l’am icizia e
la lealtà sono senza om bre» (Tem po di guerra fredda cit., p. 517. Cfr. anche la nota, più tarda e
m olto contraddittoria, dei diari di Nenni del 31 m aggio 1971, in I conti con la storia. Diari
1967-1971, Milano, Sugarco, 1983, pp. 60 3-60 4, in cui Nenni attribuisce alle comuni radici
m azziniane un idem sentire morale tra lui e Morandi).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 93

La politica del PSI negli anni dal 1947 al 1949 e la cam pagna condotta contro
l’adesione al Patto atlantico com e m anifestazione conclusiva ed em blem atica di
questa politica non furono soltanto, per usare un’espressione nenniana, «una
battaglia perduta», m a furono anche un’occasione perduta, quella di seguire
l’esem pio degli altri partiti socialisti dell’Europa occidentale, finendo così per
creare quella che, per anni, costituirà l’anom alia del PSI rispetto allo schiera-
m ento socialista europeo.257
I socialisti italiani avevano, cioè, fatto una scelta precisa, di fronte al bivio de-
scritto, ai tem pi, da Altiero Spinelli, in una lettera del settembre 1946 ad Enrico
Giussani. Seguendo l’appello del PCI e restando ostili al processo di ‘am ericaniz-
zazione’

resteranno appendice del PCI, e potranno ben rendere più difficoltoso il lavoro alla De-
m ocrazia cristiana, m a l’Italia continuerà ad essere dom inata politicam ente dai clericali e
dai conservatori che faranno blocco per frenare il socialcom unism o. Oppure potranno ca-
pire che per loro si presenta la grande occasione di diventare il grande partito italiano
progressista [...]. Potranno accettare l’am ericanizzazione anzi prom uoverla, accom pa-
gnandola con quelle riform e sociali dirette ad elim inare il predom inio delle classi privile-
giate. Potranno integrare la politica econom ica internazionale dell’Am erica con una poli-
tica internazionale europea federalistica. Se sapranno fare ciò potranno contestare ai de-
m ocratici cristiani la direzione del paese e diventarne essi la guida. Saranno capaci di fare
ciò? 258

Lo sviluppo della guerra fredda e il crescente contrasto tra i blocchi indussero


invece il PSI ad accentuare, sul piano dell’interpretazione generale della guerra
fredda, l’allineam ento con la strategia sovietica che portò «ad interpretare lo
scontro in atto come lotta elementare fra la reazione e il progresso, fra un’oligar-
chia capitalistica affossatrice degli istituti democratici e dell’indipendenza nazionale
e un blocco di forze popolari che si erge per contro a difesa di questi valori».259
È quello che Nenni affermò (tra le m olte citazioni che potrem mo fare in que-
sto senso), il 17 agosto 1950 a Praga, nel corso di una m anifestazione dei Parti-
giani della Pace:

Il dato attuale della situazione in Europa e nel m ondo è che la nuova Santa Alleanza con-
servatrice e reazionaria battuta ideologicamente e politicamente soggiace all’antica tenta-
zione, che nella storia contem poranea ha ossessionato Hitler e Mussolini, di risolvere sul

257 Cfr. G. Galli, La sinistra italiana nel dopoguerra, II edizione riveduta, Milano, Il Saggia-

tore, 1978, pp. 216-221; E. Di Nolfo, La sinistra europea dalla guerra contro il fascism o alla
guerra fredda, in M. Petricioli (a cura di), La sinistra europea nel secondo dopoguerra 1943-
1949, Firenze, Sansoni, 1981, pp. 313-314; G. Gabrielli, Gli am ici am ericani cit., pp. 5-7. Per
una diversa opinione cfr. L. Bonanate, L’Italia e il nuovo sistem a internazionale: il dibattito
storiografico e politologico, in M. Pacetti - M. Papini - M. Saracinelli (a cura di), La cultura
della pace dalla Resistenza al Patto atlantico, Ancona, Il Lavoro Editoriale, 1988, p. 335.
258 Cit. in P. Graglia, Altiero Spinelli cit., p. 298.
259 A. Agosti, Rodolfo Morandi. Il pensiero e l’azione politica cit., pp. 426-427.
94 Capitolo I

terreno della forza, ed eventualm ente della guerra, le sue contraddizioni interne e pren-
dersi sui cam pi di battaglia la rivincita delle sue sconfitte politiche.260

L’accettazione, sulla base della teoria staliniana dello Stato-guida, della su-
prem azia del m om ento internazionale su quello interno,261 spinse di conseguen-
za all’abbandono di qualsiasi ipotesi di neutralism o o di equidistanza:

Marx aveva per il pacifism o astratto e belante un dispregio non inferiore a quello di Le-
nin, il quale ultim o considerava la predicazione astratta della pace uno dei m ezzi per gab-
bare la classe operaia [...]. E non è stata im presa facile, neppure dentro il Partito, oggi
pressoché unanim e, senza incrinature, senza dubbi; un tem po incline anche da parte di
elem enti responsabili a pericolose conversioni sull’altare dell’astratto pacifism o. Non è
sem pre stato facile, per esem pio, fare capire che la neutralità era una conclusione e una
soluzione politica, l’indicazione del terreno sul quale potevano incontrarsi e collaborare
forze diverse, non l’evasione dei nostri doveri di classe, non la m ascheratura
dell’indifferenza (questi o quelli pari sono) o una m anifestazione d’equivoca o spregevole
equidistanza, quando tutto ci oppone all’im perialism o am ericano, tutto ci accom una ai
popoli che si sono liberati dal giogo dell’im perialism o e del capitalism o.262

Partendo da queste premesse, l’im m agine della società am ericana e dei suoi
abitanti, sulla stam pa socialista, non poté che essere a fosche tinte: «Negli Stati
Uniti vi sono ben sei m ilioni di persone che hanno bisogno di pillole per dorm ire,
gente dai nervi deboli per eccessiva tensione».263
Restarono così delle eccezioni gli articoli che invitavano a guardare alla socie-
tà am ericana con m aggiore equilibrio e, soprattutto, senza pregiudizi:

Nella m ente dell’europeo il giudizio su questo paese oscilla fra la concezione ottim istica
ed idilliaca suggerita dalla pubblicità com m erciale e dalla propaganda politica (le facce
sorridenti dei consum atori della Coca Cola appartengono anche ai personaggi felici e se-
reni dei cortom etraggi dell’Usis) e quella pessim istica e catastrofica di tanta letteratura e
cinem a di alto valore artistico. È sconcertante notare, m ettendo piede negli Stati Uniti,
com e nessuna di queste valutazioni contenga tutta la realtà, ed in pratica nessuna delle
due spieghi nulla in m odo soddisfacente [...]. Intendere questo paese vuol dire prim a di
tutto spogliarsi d’ogni pretesa d’interpretazione generale, ed im m ergersi nel m odo più
sem plice ed imm ediato in una realtà estrem am ente com plessa. Le idee ricevute in Europa
debbono esser m esse da parte, perché non servono ed inducono in errore: e non ci voglio-

260 Cfr. l’«Avanti!», 18 agosto 1950 .


261 Cfr. P. Nenni, La politica estera al Congresso socialista, «Mondo Operaio», 11 gennaio
1951.
262 Ibidem . Cfr. anche G. Fenoaltea, Neutralità e neutralisti, «Avanti!», 28 m arzo 1951 e,

per una critica del pacifism o, G. Petronio, Della nonviolenza. Lettera aperta ad Aldo Capitini,
ivi, 29 gennaio 1952.
263 Chap (probabilm ente, con Arnaldo Capitello, uno degli pseudonimi di Aldo Colombo:

cfr. la lettera di quest’ultimo a Nenni in data 24 m arzo 1947, FN, CN, b. 47), Gli Stati Uniti e la
bom ba atom ica, «Mondo Operaio», 1° ottobre 1949, p. 6; cfr. anche A. Capitello, Gli Stati Uniti
sono una nazione m alata, «Avanti!», 19 febbraio 1948.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 95

no m olti giorni per capire che occorre soprattutto ‘vedere’ e sentire, rinunciando a cristal-
lizzare fin dal principio le nuove esperienze in giudizi com plessivi.264

Anche un sindacalista riform ista com e Fernando Santi, al ritorno da un suo


viaggio negli Stati Uniti, descrisse quindi una società am ericana sulla via del fa-
scismo «così come l’abbiamo conosciuto noi – fatto potere e Stato – e che, com e
già da noi, si m anifesta con le leggi eccezionali, le istanze giudiziarie speciali, le
persecuzioni, le delazioni, il pane tolto a chi risulta ‘red’, cioè rosso, sovversivo».265
L’interpretazione del m accartism o riprese perciò la descrizione di una società
affollata di neuropatici e la unì ad un a spiegazione in termini più strettamente
econom icistici:

Il m accartism o è il prodotto della legge del m assim o profitto applicata ad una società in
cui lo sviluppo del capitalism o pervenuto alla fase culm inante ha sopravanzato lo sviluppo
culturale [...]. Questa ricerca del m assim o profitto com e orientam ento orm ai norm ale, ha
prodotto una categoria di operatori econom ici [...] che, sforniti di tradizioni di rispettabi-
lità e di patrimonio culturale, non conoscono lim iti alla bram osia di guadagno, alla sete di
potere, alla brutalità nella scelta dei m ezzi [...]. Costoro [...] hanno un program m a: esso si
riassum e in due parole, l’arricchim ento dei ricchi. A questo program m a deve essere su-
bordin ata la vita dello Stato [...]. Ma per essere realizzato il program m a abbisogn a che
si realizzin o prim a talun e in dispen sabili con dizion i: an zitutto, l’esercizio assoluto del
potere padronale, e quindi la m essa al passo del m ovim ento operaio; poi (o per m eglio
dire, insiem e) il m antenim ento delle fabbricazioni di guerra, quindi una politica estera di
tensione e una diplom azia di com ando. Tutto ciò esige a sua volta l’esistenza di
un’opinione pubblica allarm ata, eccitata, accecata, che affidi agli interessati il governo del
Paese. L’uom o cui è stato com m esso il com pito di creare queste condizioni è il senatore
McCarthy.266

Il giudizio sui dirigenti americani di questo periodo è altrettanto negativo, ri-


proponendo la contrapposizione Roosevelt-Trum an: «Mentre [...] Roosevelt cre-
deva nelle riform e da lui proposte, e per queste riform e si è battuto a tutt’uom o,
sfidando l’odio di tutta una classe reazionaria am ericana che ancora oggi m aledi-
ce apertam ente il nom e e la m em oria di Roosevelt, Trum an non è che un politi-
cante il quale vende frasi e parole per sem plice propaganda elettorale e dem ago-
gia».267
Così pure una vittoria del generale Eisenhower significherebbe un colpo ter-
ribile per il popolo am ericano «giacché darebbe le leve del potere in m ano ai più
spregiudicati gruppi capitalistici del mondo e ad una pericolosa cricca di genera-

264 I. Geo, C’è una terza Am erica fra Steinbeck e la Coca-Cola, ivi, 12 dicembre 1950 ; cfr.

anche N. Risi, Am erica com e piace a noi, ivi, 31 agosto 1947.


265 F. Santi, Un fascism o legalizzato dom ina la vita am ericana, ivi, 6 agosto 1952. Cfr. an-

che, sulla stessa linea, L. Vismara, Il crollo di un m ito, ivi, 17 dicem bre 1953.
266 G. Fenoaltea, Origini e fini del m accartism o, «Mondo Operaio», 20 marzo 1954, pp. 5-8.
267 Chap, La politica di Trum an, ivi, 28 gennaio 1950 , p. 8.
96 Capitolo I

li».268 Da tutto ciò derivava inevitabilmente la conclusione che la guerra fredda


era dovuta

alla politica finora seguita con cieco accanimento e ancor più cieca fiducia, per colpa del
sistem a e degli uom ini espressi, dal sistem a am ericano; politica che, prescindendo dalle
condizioni obiettive m ondiali del dopoguerra, si è ispirata e si ispira unicam ente al giudi-
zio subiettivo (sic) dell’attuale classe dirigente am ericana, preoccupata di dim ostrare a se
stessa e al m ondo che l’Unione Sovietica e i m ovim enti com unisti e popolari sono soltanto
un m ale da circoscrivere e da svellere con tutti i m ezzi, dall’aggressione alla corruzione.
Dottrina Trum an, Piano Marshall, Patto atlantico, titoism o, aiuti alle aree depresse, sono
le tappe successive di questa politica, gli strum enti diversi adottati per raggiungere lo
stesso fine, avvalendosi della servile m a inetta cooperazione della classe dirigente
dell’Europa occidentale e dei paesi coloniali. Ma ognuno di questi strum enti si è dim ostra-
to insufficiente, tutti i m ezzi adottati non hanno risposto alla aspettativa. Ne è rim asto
uno solo in riserva: la guerra.269

Il tem a del servilism o filo-am ericano delle classi dirigenti dell’Europa occi-
dentale, che abbiam o già visto utilizzato a proposito del Patto atlantico, ritornerà
abbastanza frequentemente. Nenni afferm ò quindi che nell’atteggiam ento dei
gruppi dirigenti americani era evidente

lo sprezzo per l’Europa che cogliem m o sovente nel sarcasm o dei loro soldati verso la m i-
seria del nostro popolo; c’è l’egoism o brutale che spingeva i loro ufficiali sotto Cassino a
prom ettere donne bianche ai negri che avessero m eglio com battuto [...]. Continui ogni
socialista a dire e gridare la verità sulla provocazione am ricana [...]. È lotta lunga e diffici-
le che richiede non m eno coraggio che pazienza. Essa condiziona e prefigurerà m olte altre
cose, dalla nostra libertà individuale al contenuto sociale e dem ocratico della Repubblica,
alla stessa esistenza della Nazione com e forza efficiente della storia.270

Questa sorta di nazionalism o antiamericano si estese anche alla cultura in


genere, nel pieno rispetto dei canoni dello zdanovism o 271 e trascurando molte
delle riflessioni gram sciane sull’americanism o e sul suo rapporto con la m oder-
nità. Scrisse Tom m aso Chiaretti: 272

268 G. Corsini, Le elezioni negli Stati Uniti, ivi, 9 agosto 1952, pp. 3-5. Tre anni dopo, il 25

settembre 1955, Nenni riconobbe però nei suoi Diari, che «Eisenhower si è rivelato miglior
presidente, e più indipendente, di quanto si supponeva al m om ento dell’elezione. Un soldato
um ano e portato alla meditazione, con dietro di sé l’autorità del vincitore della guerra anti-
nazista» (Tem po di guerra fredda cit., p. 687; cfr. anche, dello stesso Nenni, Tutto da rifare,
«Avanti!», 1 dicem bre 1957).
269 T. Vecchietti, La crisi della politica am ericana, «Mondo Operaio»; 25 febbraio 1950 , p. 5.
270 P. Nenni, La politica dei buffetti sulla guancia, ivi, 15 aprile 1950 , p. 1.
271 Cfr., sullo zdanovism o in Italia, le osservazioni di A. Asor Rosa in Letteratura italiana,

vol. I, Il letterato e le istituzioni, Torino, Einaudi, 1991, pp. 590 -593; N. Ajello, Intellettuali e
PCI 1944-1958, Roma-Bari, Laterza, 1979, pp. 217-218 e, più in generale, sull’antiamericanism o
del PSI, C. Vodovar, Stessa fam iglia, diverso approccio. I socialisti italiani e francesi di fronte
all’Am erica, 1945-1960 , in P. Craveri - G. Quagliariello (a cura di), L’antiam ericanism o in Ita-
lia e in Europa nel secondo dopoguerra, Soveria Mannelli, Rubbettino, 20 0 4, pp. 195-227.
272 Chiaretti era il critico cinematografico de «l’Unità» e, sullo stesso giornale, teneva, con

lo pseudonimo di Asmodeo, una rubrica satirica intitolata Il dito nell’occhio. Il 24 luglio 1958
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 97

Oggi il cinem a am ericano la fa da padrone in tutti i Paesi dell’Europa coloniale [...]. Ma


l’abisso si apre dinanzi agli occhi quando ci si sofferm a soprattutto sulle conseguenze per-
niciose per il gusto, per la coscienza, per la fantasia degli spettatori di questi film [...].
Quali sono gli eroi di questi film ? Eroi certam ente non sono, a m eno che non si voglia tro-
vare eroico il m antenuto di Viale del tram onto, eroico il suicida di Quattordicesim a ora,
eroico il giornalista crim inale di Asso nella m anica [...]. E in questo è la fondam entale
im m oralità di un cinem a del delitto e della estetica che lo sostiene. Se vogliam o onesta-
m ente andare al fondo della sequela di spaventevoli episodi di cronaca nera che c’è venuta
sotto gli occhi nelle ultim e settim ane, troverem o che la responsabilità non ultim a di essi
risale proprio al cinem a americano che un m ercato indegno accetta di program m are.273

Sono gli effetti di quel fenom eno di ‘marshallizzazione ideologica’ che Mario
Berlinguer descrisse a proposito della Germ ania occidentale:

L’Am erica si vale di ogni strum ento per corrom pere le coscienze e gli spiriti: nella Germ a-
nia Ovest lancia i racconti a fum etti, i films di gangster, i rom anzi gialli, diffonde le dege-
nerazioni esistenzialiste, risuscita Nietzsche, divulga gli insegnam enti del nuovo pseudo-
filosofo am ericano, il Toynbee, secondo il quale il m ondo ha sem pre più bisogno di m iti,
insiste sulla esaltazione del ‘secolo am ericano’ e torna soprattutto su quella che giusta-
m ente è stata definita la più grande superstizione m oderna, l’anticom unism o [...]. In co-
desta fase che possiam o chiam are pre-bellica, la ‘m arshallizzazione ideologica’ rappresen-
ta uno degli aspetti più isgnificativi della politica im perialista. Essa non è m eno pericolo-
sa, né meno scientificam ente organizzata della fabbricazione delle bom be atom iche. Spet-
ta ai popoli, in Germ ania e nel m ondo, spezzare anche quest’arm a con una sem pre più de-
cisa volontà di rinascita m orale sulla quale sovrasti non già la nebulosità di nuovi m iti m a

sarà radiato dal PCI per aver afferm ato, sul n. 9-10 della rivista «Città aperta», di cui era diret-
tore, che l’esecuzione di Nagy e Maléter andava considerata com e un vero e proprio assassinio:
cfr. la relazione riservata del Ministero degli Interni del 22 agosto 1957 in Min. Int., Gab., Parti-
ti politici 1944-1966, b. 8 e inoltre Tom m aso Chiaretti radiato dal partito, «l’Unità», 25 luglio
1958; N. Ajello, Intellettuali e PCI cit., pp. 439-442; O. Del Buono, Com pagno Chiaretti fuori
dal PCI, «Tuttolibri», inserto della «Stam pa», 22 luglio 1995, p. 5; F. Froio, Il PCI nell’anno
dell’Ungheria, Roma, L’Espresso, 1980 , pp. 143-154.
273 T. Chiaretti, All’insegna della violenza la cinem atografia am ericana oggi, «Mondo O-

peraio», 15 dicem bre 1951, p. 12 (cfr. anche, dello stesso Chiaretti e dello stesso tenore, Estetica
del crim ine, «l’Unità», 17 novem bre 1951). Nello stesso periodo Pietro Ingrao notava come i
film americani fossero pieni di «assassini, banditi, schizofrenici, pervertiti, ladri, violenti, alco-
lizzati. L’um anità ci appare nella sua decadenza fisica e morale» (I m aestri del delitto, ivi, 14
novembre 1951. Cfr., su questi tem i, G. Fink, Per una stelletta in più: m ito sovietico e m ito a-
m ericano nella critica cinem atografica italiana, in P. P. D’Attorre, a cura di, Nem ici per la
pelle. Sogno am ericano e m ito sovietico nell’Italia contem poranea cit., pp. 348-361). Lo sca-
gliarsi contro la ‘bestialità’ della cultura occidentale fu peraltro uno dei tratti tipici dello zdano-
vismo (cfr. la relazione d’apertura del romanziere Aleksandr Fadeev al 1° congresso m ondiale
degli intellettuali per la pace, svoltosi a Wroclaw dal 25 al 28 agosto 1948, in «Società», (1948),
3-6, pp. 30 1-313). Dopo il XX Congresso Italo Calvino potrà quindi scrivere: «La cam pagna ‘an-
ticosmopolita’ per la tradizione ‘nazionale’, applicata a una cultura com e l’italiana [...] se ci ha
fatto studiare meglio qualche cosa nostra, ci è stata pure di gran danno, secondando l’abitudine
reazionaria alla sufficienza paesana che è abbastanza radicata negli Italiani per non aver biso-
gno di incoraggiam enti» (N ord e Rom a-Sud, «Il Contem poraneo», 31 marzo 1956, p. 13).
98 Capitolo I

la visione chiara di una idealità fondata sulle esperienze concrete e sulle esigenze più ra-
zionali di giustizia e di progresso nella pace.274

Com e ha ricordato Vittorio Foa, «la paura di essere occupato intellettualm en-
te dagli americani era fortissim a. Avvertivi che bastava dare un’unghia per essere
abbracciato dagli americani».275 Rim ase com unque, nonostante tutto, quasi sem -
pre costante la distinzione tra i dirigenti statunitensi e il popolo am ericano: «Ma
per fortuna dell’um anità, dietro il governo am ericano c’è l’opinione pubblica a-
m ericana e del resto del m ondo atlantico, vi sono m ilioni di uom ini e donne ai
quali spetta la parola ultim a e decisiva, anche se la sistem atica propaganda uffi-
ciale tende ad imbrogliare le carte in tavola per soffocare l’anelito di pace della
stragrande maggioranza dei popoli».276
Resta significativo il fatto che, se nell’ottobre 1946, alla dom anda di un son-
daggio sulle potenze meglio disposte verso l’Italia, il 16% dei socialisti interpella-
ti rispondeva l’URSS e il 68% gli USA, le percentuali si invertivano in una serie di
sondaggi condotti nel 1953, in piena guerra fredda.277

15. L’U NIONE SOVIETICA E STALIN

L’unica linea politica del PSI, in cam po internazionale, dopo il congresso di


Firenze, fu dunque quella dell’identificazione della causa del proletariato con
quella dell’URSS, linea che finiva chiaram ente per togliere ogni m argine ad ini-
ziative e proposte alternative (Lom bardi sottolineò inutilmente, il 1° agosto 1949,
nel suo intervento al Com itato centrale riunitosi a Bologna: «Con la form ula co-
m unista in Occidente non si passa. La tattica in Occidente deve essere diver-
sa» 278 ), che non potevano certo essere rappresentate solam ente dalla richiesta di
incremento degli scam bi com m erciali con i Paesi dellEst.279 Forse, com e scrisse
Vittorio Foa in un appunto dell’aprile 1950 pubblicato solo recentem ente,
«l’estrem ismo dei sim boli e dei m iti im plica a sua volta rassegnazione e rinun-
cia» 280 . Conseguenza inevitabile di questa linea fu comunque «la totale identifi-

274 M. Berlinguer, La m arshallizzazione ideologica della Germ ania occidentale, «Mondo

Operaio», 20 ottobre 1951, p. 6; cfr. anche, su questo stesso argom ento, C. Bonetti, Berlino-
Ovest brutta copia degli USA, «Avanti!», 9 agosto 1952.
275 V. Foa - C. Ginzburg, Un dialogo, Milano, Feltrinelli, 20 0 3, p. 37.
276 T. Vecchietti, Per un patto di pace, «Mondo Operaio», 11 agosto 1951, p. 1.
277 Cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia cit., pp. 668-671, 689-692 e, per

un’analisi di questi dati, G. Bechelloni Opinione pubblica e politica internazionale. Note su al-
cuni sondaggi d’opinione, in M. Bonanni (a cura di), La politica estera della repubblica italia-
na cit., p. 985.
278 ACS, CN, b. 88, fasc. 220 2.
279 Anche se questo problema se lo ponevano pure personaggi insospettabili di filo-

com unism o: cfr. lo scambio di lettere dell’agosto-settembre 1949 tra Gaetano Marzotto ed Er-
nesto Rossi in E. Rossi, Epistolario 1943-1967 cit., pp. 114-115.
280 Cfr. V. Foa-Carlo Ginzburg, Un dialogo cit., p. 149.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 99

cazione degli interessi e delle sorti del proletariato europeo con quelli del blocco
sovietico».281
Così Nenni scrisse che «oggi ancora, a tre anni dall’inizio della guerra fredda
scatenata dagli Stati Uniti, m entre è in atto la preparazione di una guerra di ag-
gressione della quale sono pubblici i moventi e le finalità, oggi ancora l’Unione
Sovietica è solo arbitra della guerra e della pace, e perciò abbiam o ancora la pa-
ce»,282 oppure, con la consueta abbondanza di riferim enti storici, in una sorta di
analisi controfattuale:

L’Unione Sovietica è per noi socialisti un esem pio di coraggio e di tenacia. Essa è per
l’insieme dei lavoratori del m ondo un elem ento form idabile di sicurezza. Se la Rivoluzione
d’Ottobre fosse fallita, o com e la Com une di Parigi fosse apparsa e scom parsa com e una
m eteora; se la guerra civile si fosse conclusa a favore dei bianchi; se l’aggressione hitleria-
na avesse abbattuto il sistema sovietico; tutta la classe operaia avrebbe pagato a durissim o
prezzo la sua sconfitta [...]. In questa constatazione è il senso socialisticam ente universale
della Rivoluzione d’Ottobre ed è la riconoscenza eterna dovuta ai pionieri.283

La società sovietica è così dipinta con tinte idilliache, com e la civiltà del futu-
ro contrapposta alla m orente società capitalistica: «La prim a cosa che colpisce
nell’Unione Sovietica è l’estrem a sincerità con cui viene com piuta questa im po-
nente esperienza rivoluzionaria. Ci si sente imm ediatam ente in un m odo diverso:
in un m ondo in cui la m enzogna non è condim ento abituale della vita quotidia-
na».284 E ancora:

Molte cose tornano aspre e tristi per chi ritorni da un viaggio nella Unione Sovietica, da
un soggiorno pur breve nella società socialista. S’allarga il respiro e l’orizzonte là nel ren-
dersi conto della vita nuova dell’uom o nella nuova società; e qui, ritornando, ci si deve
riportare alle condizioni dello sfruttam ento, e dell’oppressione e della lotta [...]. Si trae
perciò una fiducia nuova, da una visita nell’Unione Sovietica. Vi si lavora con slancio fidu-
cioso, solidale, entusiasta, per grandi opere volte al benessere, per l’edificazione di un
m ondo nuovo; è lavoro di pace, è lavoro per la pace; ed è un lavoro pacifico e fecondo,
im m enso, di fronte al quale sono cosa meschina le contraddizioni e le follie del capitali-
sm o, i contorcim enti di un m ondo che m uore.285

281 A. Agosti, Rodolfo Morandi cit., p. 442.


282 P. Nenni, Il giubileo di Stalin, «Mondo Operaio», 17 dicembre 1949, p. 1. A ciò si ag-
giunge la soddisfazione per il raggiunto possesso da parte dell’URSS dell’arma atomica:
«L’Unione Sovietica ha la bomba atomica! [...] Pare im possibile che gli Stati Uniti avessero
contato sul segreto atomico. Tuttavia va per aria tutta la loro concezione strategica della guerra,
almeno nei suoi riflessi propagandistici e psicologici. Sotto questo aspetto il colpo è duro per il
partito della terza guerra» (Tem po di guerra fredda cit., p. 492, nota del 24 settembre 1949).
283 Id., Gli scritti di Stalin e il XIX congresso del PC dell’URSS, «Mondo Operaio», 1 no-

vembre 1952, p. 5.
284 A. Alessandrini, A Mosca si diventa ottim isti, ivi, 17 dicembre 1949, p. 7.
285 L. Luzzatto, Volontà di pace dell’URSS, ivi, 16 dicembre 1950 , p. 9; cfr. anche M. Giua,

La m orale sovietica, «Avanti!», 7 gennaio 1951. Per la m entalità del viaggiatore occidentale
‘com pagno di strada’ nei paesi com unisti cfr. P. Hollander, Pellegrini politici:intellettuali occi-
dentali in Unione Sovietica, Cina e Cuba, il Mulino, Bologna, 1988 (con una nota di L. Di Nucci
sugli intellettuali italiani).
10 0 Capitolo I

Tutto in Unione Sovietica è concepito e attuato in funzione e al servizio dell’uom o e della


collettività; tutto è teso a rendere possibile una fase ulteriore dei rapporti sociali ed um a-
ni; la fase comunista dopo quella socialista; ad ognuno secondo i suoi bisogni, invece che,
com e attualm ente, ad ognuno secondo il suo lavoro. Solo chi abbia coscienza di codesti
valori che, pur tra gli errori e le lacune inevitabili di ogni grande gestazione storica, sono
alla base della nuova civiltà socialista, può capire la società sovietica. Ma la capisca o non
la capisca, essa è oggi nella realtà del m ondo una tale forza, una tale potenza, che ostinarsi
a negarla è da sciocchi, e credere di poterla vincere isolandola o scuotere m inacciandola, o
m agari aggredendola, è da m entecatti.286

Naturalm ente queste descrizioni, con un grado ancora superiore di candore


(con toni da Bengodi, adatto ad un pubblico popolare) m isto a m anipolazione,
diventavano oggetto di propaganda tra i m ilitanti. Tra i m olti esem pi in questo
senso possiam o citare la conferenza Un cattolico nella capitale dei soviet tenuta
il 23 settembre 1949 nella sezione Salario del PSI dal consigliere com unale ro-
m ano Mario Montesi, i cui tratti salienti ci sono arrivati grazie ad una relazione
della Questura di Rom a:

L’oratore ha dichiarato ai presenti di essere rim asto entusiasta della tenace volontà dei
sovietici, che hanno fatto della terra russa «un vero paradiso», in cui il socialism o ha riav-
vicinato gli uom ini portandoli ad un altissimo livello econom ico di vita. «In quella capita-
le – egli ha continuato con enfasi – ho veduto cose che, se non fossero delle realtà inop-
pugnabili, sem brerebbero sogni irreali». Ha, quindi, decantato le peculiarità tecniche del-
le auto sovietiche «dagli sportelli che si abbassano elettricam ente, a differenza di quelle
am ericane che hanno una maniglia». Poi ha citato: palazzi spostati interam ente per esi-
genze urbanistiche, a m ezzo di rotelle, mentre entro di essi la vita si svolgeva norm almen-
te con tutti i conforti m oderni (sic); una m etropolitana che è la m eraviglia del m ondo co-
sparsa di stucchi dorati e di gruppi di bronzo; il canale della Moscova «che non ha nulla a
che vedere con il canale di Suez e tanto m eno con quello di Panam a», avendo ben sette
chiuse, che sono un capolavoro di ingegneria, e che faranno presto di Mosca un porto di
cinque m ari; il teatro dell’Opera, frequentato in ogni ordine di posti solam ente dal popolo
m inuto; le botteghe, «che farebbero sfigurare i più bei negozi della nostra Capitale».
L’oratore ha concluso afferm ando che tutto ciò è stato realizzato in Russia, per far godere
il popolo delle più m oderne scoperte scientifiche, cosa che non avviene nei paesi occiden-
tali, «dove solo i ricchi possono procurarsi case sontuose e conforti di ogni genere». 287

286 P. Nenni, I due aspetti della società sovietica, «Mondo Operaio», 9 agosto 1952, p. 2.

«Mondo Operaio» pubblicò anche una serie di articoli di Marco Cesarini Sforza (giornalista
comunista, redattore di «Paese Sera», incarico da cui si dimise, non rinnovando contem prane-
am ente la tessera del PCI, dopo i fatti d’Ungheria, per fondare, con Fabrizio Onofri, la rivista
«Tem pi Moderni») volti ad esam inare e a smascherare «la propaganda anticom unista della
stam pa padronale e borghese» (cfr. i numeri del 23, 29 ottobre e 4 novembre 1950 ). Anche al-
cune rubriche fisse, com e ad esem pio quella intitolata Trinciato forte, m ostrano l’attenzione di
«Mondo Operaio» ai com m enti della stam pa ‘borghese’.
287 ACS, Min. Int., PS, AA.GG.RR. 1949, b. 19. Per l’im magine speculare in Unione Sovietica

dell’Italia com e paese povero, vittima della m iseria e del sottosviluppo, cfr. V. Kolom iez, Il Bel
Paese visto da lontano… cit., pp. 194-197. Bisognerà attendere il 1956 perché un giornalista
socialista rivelasse ai suoi lettori, pudicamente, che «la rapidità degli acquisti è necessaria an-
che perché i negozi sono tuttora in numero insufficiente» (L. Paladini, Folla al ‘Gastronom ’,
«Avanti!», 18 agosto 1956).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 10 1

Vi è poi un aspetto di natura ancora più strettam ente ideologica: il supera-


m ento o, addirittura, l’abbandono della tradizione riform ista e la teorizzazione
del passaggio dalla fase socialista a quella com unista em ergono chiaram ente nel-
le parole di Nenni, reduce dalla visita ad un kolkoz nella cam pagna m oscovita:
«Il kolkoz è veram ente uno specim en di nuova umanità. Esso realizza il sogno
dei nostri pionieri, i Baldini, i Pram polini, i Massarenti. Non sono soltanto tra-
sform ati i rapporti di proprietà e di produzione, m a i rapporti um ani».288
Spesso, come nel caso appena visto, la rievocazione delle figure storiche del
riform ism o italiano serviva com e m otivo di polem ica nei confronti dei seguaci di
Saragat:

Ho presieduto la riunione dei senatori e deputati per decidere se andare o no dom enica a
Milano in occasione della traslazione delle ceneri di Turati e Treves. Non andare non si
può. Andare, vuol dire associarsi ad una m anifestazione di «piselli al cubo» (com e ha det-
to Lelio). Andare e soverchiare i riform isti sotto il peso del num ero sarebbe la soluzione
ideale.289

Nella sua relazione al congresso di Bologna, dopo un duro attacco alla social-
dem ocrazia europea, «caduta al livello del più basso opportunism o e giunta
all’aperto rinnegamento degli ideali che con essa avem m o in comune e dei quali
ha ripudiato non soltanto lo spirito, m a financo il linguaggio, onde le sue delibe-
razioni in m ateria di pace o di lotta di classe non hanno più niente di com une –
neppure formalm ente – con quelle della Seconda Internazionale», Nenni giunse
quindi ad afferm are:

288 Tem po di guerra fredda cit., p. 455, nota del 10 agosto 1948.
289 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 461, nota del 5 ottobre 1948. Gaetano Arfè ha
più volte ricordato che nel 1952, ricorrendo il sessantesimo anniversario della fondazione del
PSI, Gianni Bosio, che pure turatiano non era (nello stesso periodo si verificò il suo allontana-
m ento dalla direzione della rivista da lui fondata, «Movimento operaio»: cfr. P. Am ato, Il PSI
tra frontism o e autonom ia cit., pp. 257-277; N. Ajello, Intellettuali e PCI 1944-1958 cit., pp.
347-348; C. Berm ani, a cura di, Bosio oggi: rilettura di un’esperienza, Mantova, Provincia di
Mantova, 1986; la lettera di F. Venturi a L. Valiani del 5 luglio 1953 in L. Valiani - F. Venturi,
Lettere 1943-1979 cit., pp. 121-122; M. Pelli, Gianni Bosio e «Movim ento Operaio»: la ricerca
storica ai tem pi della guerra fredda, in «Il De Martino», n. 19-20 , pp. 9-27; A. Fanelli, La cul-
tura socialista e gli studi antropologici. Lelio Basso, Gianni Bosio e Alberto Maria Cirese, in
G. Monina, a cura di, Novecento contem poraneo. Studi su Lelio Basso, Roma, Ediesse, 20 0 9,
pp. 71-10 2; IMSC, CBO, bb. 83, 85), ideò un manifesto recante le immagini di Andrea Costa e
di Turati, che gli fu restituito dalla Direzione, segretario Nenni, m utilato dell’effigie di Turati
(cfr. G. Arfè, I socialisti del m io secolo, Manduria, Lacaita, 20 0 2, pp. 93-94; F. D’Alm eida, Hi-
stoire et politique, en France et Italie: l’exam ple des socialistes 1945-1983, Rom a, École franç-
aise de Rome, 1998, pp. 146-151). Ancora nel 1957 un intellettuale di area socialista, Giuseppe
Petronio, afferm ava, in una conferenza alla Casa della Cultura di Milano, che in «Critica Socia-
le» c’era «la testim onianza di un movimento operaio che, pur essendo indotto alla lotta dalla
situazione obiettiva, ancora non ha acquistato coscienza della propria autonom ia, della popria
idoneità a diventare classe dirigente» (G.P., Il patrim onio m orale di «Critica Sociale», «Avan-
ti!», 9 ottobre 1957). Poche settim ane dopo Nenni celebrava com unque a Milano il centenario
della nascita di Turati (cfr. La vita e l’opera di Turati esem pio e sprone per la vittoria sociali-
sta. Il discorso del com pagno Pietro Nenni, «Avanti!», 26 novem bre 1957).
10 2 Capitolo I

Se i nostri predecessori avevano nel 1919 davanti a loro l’esem pio della Rivoluzione
d’Ottobre, noi abbiam o ora le prospettive aperte dalle esperienze delle dem ocrazie popo-
lari che indicano vie e soluzioni nuove, grazie al consolidam ento granitico della Rivolu-
zione d’Ottobre che ha cam biato la faccia del m ondo cam biando i rapporti di potenza. C’è
così una continuità logica oltre che ideale fra quello che il Partito è oggi e quello che è
sem pre stato.290

È questa, in buona sostanza, la base teorica per la giustificazione storica dei


crim ini di Stalin, la cui figura è descritta in termini esplicitamente agiografici,
com e prosecutore, ad un livello perfino superiore, dell’opera di Lenin:

In Stalin la fedeltà alla Rivoluzione appare alla resa dei conti la m edesima che in Lenin,
benché l’esperienza abbia irrobustito in lui il senso dello Stato e delle sue esigenze; quelle
esigenze che spiegano le dure, im placabili epurazioni, l’accettazione e l’imposizione di sa-
crifici a volte sovrum ani; quelle tali esigenze che esigono un senso implacabile della vita e
sono accettabili soltanto da chi tutto com m isuri al fine di raggiungere ad ogni costo [...]. È
un caso pressoché unico nella storia; è la dim ostrazione che Pace e Socialism o sono
tutt’uno. Né può non essere, questo alm eno, un m otivo di riconoscenza di tutto il m ondo
civile per il Rivoluzionario e l’uom o di stato che celebra il suo settantesim o com pleanno
nella pienezza delle sue forze e fissa lo sguardo verso un avvenire di pace e di eguaglianza
sociale per tutti i popoli in tutto il m ondo.291

Non stupisce quindi leggere quanto scrisse lo stesso Nenni, nei suoi Diari, il
17 luglio 1952, in occasione dell’incontro a Mosca con il dittatore sovietico, che lo
insignì del prem io Stalin 292 (un colloquio m ediato dal parere favorevole di To-
gliatti293 ):

Stalin m i ha ricevuto stasera alle 21 [...]. L’uom o che sto per incontrare ha dietro di sé le
tem peste e i dram m i di una rivoluzione che, com e la francese, ha divorato i suoi figli e
sem inato di morti il suo cam m ino. Ma agli occhi m iei stasera l’uom o Stalin è il capo rima-
sto al suo posto di com ando quando l’assedio di Leningrado, l’investim ento di Mosca, la
stretta di Stalingrado da parte degli eserciti di Hitler parevano annunciare il crollo della
Russia.294

Al di là dell’agiografia, Nenni tentò di attribuire al colloquio anche un signifi-


cato diplom atico, com e risulta dalla testim onianza d’eccezione dell’allora amba-

290 I tre obiettivi della politica socialista nella relazione del Segretario del Partito, ivi, 18

gennaio 1951.
291 P. Nenni, Il giubileo di Stalin cit..
292 Il prem io gli era stato conferito per «gli eccezionali servigi resi alla causa del manteni-

m ento e del consolidam ento della pace» (cfr. I nodi della politica estera italiana, Milano, Su-
garco, 1974, p. 10 7). Nenni restituirà il suo amm ontare nel 1956, destinandolo alla Croce Rossa
Internazionale per l’assistenza ai profughi ungheresi ed egiziani.
293 Cfr. la lettera del Politburo a Togliatti del 21 giugno 1952, pubblicata da E. Aga-Rossi e

V. Zaslavsky, «Ventunesim o secolo», ottobre 20 0 7, pp. 20 1-20 2.


294 Tem po di guerra fredda cit., pp. 534-535. Cfr. anche Solenne consegna a Nenni del

prem io Stalin per la pace, «Avanti!», 12 luglio 1952; P. Nenni, Ritorno dall’URSS, ivi, 3 agosto
1952; A. J acom etti, I sovietici salutano in Nenni lo strenuo com battente della pace, ivi, 4 set-
tem bre 1952.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 10 3

sciatore statunitense a Mosca, George Kennan, la cui fonte era peraltro il collega
italiano Mario Di Stefano. Dal suo rapporto al Dipartim ento di Stato del 25 luglio
1952 em erge, tra l’altro, il realistico parere di Stalin sull’idea di Nenni di rendere
l’Italia uno Stato neutrale grazie ad un duplice patto di non belligeranza con
URSS e USA: «Stalin had prom ptly declared this to be out of question, as being
incom patible with prestige great power like Italy. Stalin had then m ade some
sort of reference to possibility or desiderability of Ital-Sov non aggression pact as
goal toward which people should work» 295.
Nel m essaggio ufficiale di condoglianze al m om ento della scom parsa di Stalin
Nenni ricordò quest’ultim o colloquio:

La sua m orte, m entre lascia un vuoto im m enso nell’Unione Sovietica e nel m ondo, non
può interrom pere il corso della politica sovietica. Chi pensasse il contrario preparerebbe a
se m edesim o gravi disillusioni. Quando nel luglio scorso incontrai Stalin m i resi conto che
le sue ultim e aspirazioni erano di conservare la pace e nella pace com piere la trasform a-
zione della società socialista al com unism o.296

Ma il tono della reazione socialista alla notizia è dato ancor di più da un arti-
colo com m em orativo di Giuseppe Petronio, in cui si esaltava la figura di uom o di
‘teoria e prassi’, ribadendo l’esistenza e la validità della linea Marx-Engels-
Lenin-Stalin, senza rinunciare ad una certa prosa letteraria consona alla sua cul-
tura:

Noi m arxisticam ente sappiamo che l’uom o di genio è tale davvero quando interpreti e at-
tui gli interessi e i pensieri di m oltitudini che sono dietro di lui, accanto a Lui, e ne condi-
vidono le idealità e le speranze. Noi sappiamo perciò che Giuseppe Stalin fu grande vera-
m ente perché interpretò e attuò, com e nessun altro dei suoi contem poranei ha saputo,
l’energia costruttiva delle classi lavoratrici sovietiche [...]. Marx ed Engels diedero a que-
ste forze la prim a coscienza di sé, Lenin le guidò alla conquista della possibilità di dispor-
re di sé, Stalin diede loro la possibilità di agire, e fu un’esplosione allora di attività, di la-
voro, di costruzione, fu un passaggio rapido dall’età feudale, qualche volta dalla pastorizia
nom ade, alla civiltà industriale, fu un bruciare im petuoso le tappe, fu l’edificazione vio-
lenta di un m ondo.297

295 FRUS, 1952-1954, W estern Europe and Canada, vol. VI, p. 1585. Cfr. anche Tem po di

guerra fredda cit., p. 536; l’intervento, sul tema, di De Gasperi alla Cam era del 21 ottobre 1952
in A. De Gasperi, Discorsi parlam entari (1950 -1954), Roma, Camera dei Deputati, 1985, pp.
110 8-1125; V. Kolom iez, Il Bel Paese visto da lontano… cit., pp. 199-20 1; H.-J . Rupieper, Zu
den sow jetischen Deutschlandnoten 1952. Das Gespräch Stalin-Nenni, «Vierteljahrshefte für
Zeitgeschichte», 1988, pp. 547-557.
296 Cfr. l’«Avanti!», 7 m arzo 1953.
297 G. Petronio, Stalin: un costruttore, «Mondo Operaio», 21 m arzo 1953, p. 3; cfr. anche T.

Vecchietti, La sua eredità, «Avanti!», 8 marzo 1953; P. Nenni, Presenza di Stalin, ivi, 15 m arzo
1953; l’intervento di Morandi al CC del PCI, ivi, 10 m arzo 1953 e i discorsi di com m emorazione
alla Cam era di Pertini (Discorsi parlam entari cit., pp. 10 7-10 9) e di Nenni (Discorsi parlam en-
tari cit., pp. 360 -361). Sul m ito di Stalin e, più in generale, dell’URSS nella sinistra italiana cfr.
F. Taddei, Dopo la guerra: un problem a che torna, «Città e Regione», (1977), 12, pp. 37-46; M.
Flores, L’im m agine dell’URSS. L’Occidente e la Russia di Stalin (1927-1956), Milano, Monda-
dori, 1990 ; G. Sabbatucci, Il m ito dell’URSS e il socialism o italiano, «Socialismo/ Storia. Annali
10 4 Capitolo I

Sullo stesso tono Nenni nei suoi Diari, il 9 m arzo 1953: «Dire che queste sono
state le esequie di un dittatore o, peggio, di un tiranno, è uno sproposito di pro-
porzioni m onum entali. Basta guardarsi attorno per capire che è m orto l’arbitro
dei popoli e degli stati sovietici, lasciando dietro di sé un grande vuoto psicologico
e politico e una salda struttura di Stato, di partito, sindacale ed econom ica».298
Nell’atteggiam ento di Nenni e degli altri dirigenti del PSI nei confronti
dell’Unione Sovietica giocò indubbiamente, com e abbiam o visto, un ruolo fon-
dam entale l’im m agine quasi m itica del paese ove per prim a la rivoluzione prole-
taria era risultata vittoriosa e che negli anni bui della guerra aveva assunto una
parte così im portante nella grande coalizione antifascista. Scrive Nenni nei suoi
Diari, alla data del 17 luglio 1952: «Forse bisogna essersi trovati, com e m i trovai,
nella cella di un carcere a Parigi, a Fresnes, occupata dai nazisti, o nelle carceri
tedesche o italiane per intendere cosa Stalingrado rappresentò per noi e per la
resistenza antifascista».299 E ancora, di ritorno dall’URSS: «Non è il paradiso ter-
restre che lascio dietro di m e. Non m i sfuggono né i lim iti, né gli errori del siste-
m a. Ma queste stelle rosse sotto l’ala dell’areoplano che prende quota sono il faro
della trionfante rivoluzione proletaria».30 0
Non si capirebbe altrimenti perché Nenni, che pure aveva analizzato lucida-
m ente, nel 1938, sulle colonne del «Nuovo Avanti!», i processi di Mosca,30 1 o

della Fondazione Giacomo Brodolini e della Fondazione di studi storici Filippo Turati», 1991,
pp. 45-78; S. Galante, I com unisti italiani e il m ito sovietico nel secondo dopoguerra. Tra ‘e-
m otional russophilia’ e organizzazione, ivi, pp. 40 7-471; G. Petracchi, Russofilia e russofobia:
m ito e antim ito dell’URSS in Italia (1943-1948), in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a
cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa (1945-1950 ) cit., pp. 655-675; G. Gozzini -
R. Martinelli, Storia del Partito com unista italiano, vol. VII cit., pp. 456-468; F. Fium e, Nel
nom e di Stalin. Mito e culto dell’URSS in Italia dalla ricostruzione al m iracolo econom ico,
Napoli, Pagano, 20 0 3; M. Degl’Innocenti, Il m ito di Stalin: com unisti e socialisti nell’Italia del
dopoguerra, Manduria, Lacaita, 20 0 5.
298 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 568. Un sondaggio Doxa dell’aprile 1953 chie-

se ad un cam pione di elettori chi fosse stato l’uom o politico più grande tra Roosevelt, Churchill
e Stalin: l’82% dei com unisti e il 75% dei socialisti risposero Stalin. Nell’aprile 1956 la percen-
tuale era calata al 53% dei comunisti e al 31% dei socialisti (cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto sco-
nosciuto dell’Italia, vol. I, cit., pp. 693-695 e vol. II, pp. 10 10 -10 15).
299 Tem po di guerra fredda cit., p. 535. Ancora in Luci e om bre del Congresso di Mosca,

l’articolo che, com e vedremo, segnò, dopo il XX Congresso, il suo distacco dallo stalinism o,
Nenni ribadì che «a noi, e a tutti gli uomini di buona fede, la guerra e la vittoria apparvero, così
com e furono, il collaudo della Storia alla Rivoluzione d’ottobre e all’opera dell’uomo, del diri-
gente, che l’aveva im personata per un quarto di secolo».
30 0 Tem po di guerra fredda cit., p. 540 .
30 1 Scriveva Nenni nell’ultimo di questi articoli, il 1° ottobre 1938, non a caso ripubblicati in

seguito al dibattito suscitato dal XX Congresso del PCUS, da «Mondo Operaio» nel m aggio
1956: «Il passivo dell’esperienza bolscevica, messo in sinistra luce dai processi di Mosca, è il
soffocamento della lotta dei program m i e delle idee, ciò che riduce la dem ocrazia – m algrado la
costituzione più democratica del m ondo – ad una form a morta. Questo è quanto ci è sem brato
necessario porre in evidenza. Questo è quanto abbiamo ricavato dallo studio dei problem i, ri-
cercando dietro e oltre la tragedia degli uom ini, le tare del sistema».
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 10 5

Morandi,30 2 che «negli anni del fascism o, alla direzione del Centro interno socia-
lista, e ancora durante la Resistenza, aveva sottoposto a severa critica l’espe-
rienza sovietica in tutte le sue m anifestazioni e ne aveva denunciato l’involuzione
burocratica ed autoritaria» accettassero in pieno «la solidarietà con l’Unione So-
vietica, guida e raccordo della forze progressive del m ondo intero».30 3
Meno di tre anni dopo la m orte di Stalin il tono delle im pressioni di Nenni
sull’URSS e i Paesi dell’Est è già alquanto diverso:

Lungo il percorso da Praga abbiam o fatto sosta a Vilno (sic), la capitale della Lituania [...].
Lo scrittore Venclova ci fa da cicerone e loda la liberalità del regim e rispetto all’uso della
lingua lituana, alle tradizioni, al costum e. Ma ricordo le narrazioni dei profughi della Li-
tuania, dell’Estonia, della Lettonia al Consiglio generale dell’Internazionale socialista
sull’im placabile lotta di Mosca per cancellare nei Paesi baltici ogni volontà di indipenden-
za e ogni form a di cultura nazionale. Può darsi che i m etodi siano cam biati. Ma non è cer-
tam ente m utata la sostanza delle cose. Le iscrizioni sui negozi sono in lituano e in russo. Il
tenore di vita appare assai basso.30 4

Il giorno dopo scrive da Mosca: «In vent’anni il progresso tecnico è stato e-


norm e. Osservando la folla, le strade, le case, ho l’im pressione che quello civile lo
sia m eno. Ne ho conferm a in serata aggirandom i solo soletto nelle viuzze che
fanno capo al Crem lino. I segni della miseria e del sovraffollam ento (la coabita-
zione) in vecchie case e perfino negli scantinati ne sono la testim onianza».30 5
Un’im m agine certamente m olto diversa da quella accreditata, fino a poco
tem po prim a, dalla stam pa socialista: «Se poi la scelta fra la pace e la guerra si
riduce al dilem m a burro-cannoni, dobbiam o dire che abbiam o trovato i Gastro-
nom ricolm i di generi alimentari di ogni tipo, con folla che com perava fino alle 11
di sera, larghi assortim enti in ogni mensa aziendale, assenza assoluta di razio-
nam enti, prospettive sicure di ulteriore abbondanza».30 6

16. LE DEMOCRAZIE POPOLARI

Il giudizio sulle esperienze delle dem ocrazie popolari fu anch’esso del tutto
positivo. Perfino la fusione forzata tra partiti com unisti e socialisti nei vari Paesi
dell’Est venne esaltata come una necessità storica lungo la strada verso il socialismo:
30 2 Sull’atteggiamento di Morandi nei confronti dell’URSS durante gli anni ’30 cfr. uno

scritto dell’aprile 1937, Ricostruzione socialista. Il socialism o integrale di Otto Bauer, ora in
La dem ocrazia del socialism o, Torino, Einaudi, 1961, pp. 77-85.
30 3 G. Arfè, Prefazione, in P. Amato, Il PSI tra frontism o ed autonom ia cit., pp. IX-X.
30 4 Tem po di guerra fredda, cit., p. 686, nota del 24 settembre 1955.
30 5 Ibidem . Era orm ai giunto il m om ento in cui Virgilio Dagnino poteva individuare con e-

sattezza – sia pure ancora con cautela – il problema principale e strutturale dell’economia so-
vietica nel suo essere incentrata sulla produzione dell’industria pesante a danno di quella di
beni di consumo (cfr. Gli investim enti e i beni di consum o, «Avanti!», 16 febbraio 1955. Il pro-
blem a era stato già peraltro rilevato dallo stesso Nenni durante il suo viaggio in URSS del set-
tem bre 1949: cfr. Tem po di guerra fredda cit., p. 491).
30 6 A. Corona, L’Unione Sovietica è per la pace, «Avanti!», 27 settem bre 1950 .
10 6 Capitolo I

Con il 1948 si chiude in Polonia un periodo denso di contrasti e di lotte. L’atto form ale che
consacrerà [...] l’unificazione tra socialisti e com unisti sanzionerà anche l’afferm azione
piena di una linea politica ancor ieri contrastata da correnti le quali appaiono oggi defini-
tivam ente battute. Nel nuovo partito la direzione sarà tenuta da uom ini assolutam ente
decisi a realizzare il socialismo nel loro Paese accettando com e guida nella loro azione il
m arxism o-leninism o e le grandiose esperienze dell’URSS.30 7

Così pure Sam Carcano, rispondendo il 27 giugno 1951 nella rubrica Arrivi e
partenze dell’«Avanti!» ad un lettore che gli chiedeva conto «di quei socialisti
che si sono visti privare nelle dem ocrazie popolari dell’Est europeo anche di
quelle poche libertà che lasciava loro il precedente governo borghese», arrivava
ad afferm are che in quel caso avrebbero dovuto essere gli stessi socialisti a pro-
pugnare «il tem poraneo accantonam ento di una libertà, qualora detto sacrificio
si fosse dim ostrato indispensabile per la costruzione del socialism o».
La descrizione dello sviluppo di queste società è poi im prontata agli stessi ca-
ratteri agiografici adottati per l’URSS. Ricorrono frequentemente le im m agini di
nazioni che si stanno avviando sulla strada del progresso, grazie all’aiuto sovieti-
co: 30 8 «Venticinque m ilioni di lavoratori si sono avviati per la strada della libertà,
con la em ancipazione dello sfruttam ento capitalistico, e non ci saranno ombre né
spettri del passato che li ferm eranno, perché la Polonia è, si può dire, nata sol-
tanto con il prim o governo del popolo»; 30 9 «Nel 1949 mezzo m ilione di lavoratori
hanno per la prim a volta goduto nella loro vita di un m ese di ferie pagate nei m i-
gliori luoghi e nei m igliori alberghi. Orm ai anche in questa dem ocrazia popolare
la disoccupazione, la m iseria e l’ignoranza sono cose di ieri, d’un ieri lontano e
tem ibile».310 .
La rottura col passato avviene nonostante le m inacce provenienti dall’Occi-
dente e dal capitalism o:

Nelle dem ocrazie popolari le prim e pagine dei giornali sono occupate da un altro atto ter-
roristico operato dagli am ericani. Si tratta della cam pagna condotta con tutti i mezzi con-
tro un pericoloso parassita delle patate che, a sim iglianza di quanto hanno fatto tem po fa
nella Repubblica Dem ocratica Tedesca, gli im perialisti am ericani hanno gettato nelle
cam pagne cecoslovacche e polacche. Da una parte l’aggressione arm ata in Corea, dall’al-
tra, m oderni untori, l’uso di parassiti delle patate contro l’econom ia della Repubblica te-
desca, della Polonia e della Cecoslovacchia.311

30 7 R. Di Carlo, Il Congresso polacco del’unità, «Mondo Operaio», 1 gennaio 1949, p. 6. Cfr.

anche P. Nenni, La via polacca verso il socialism o, «Avanti!», 9 settembre 1947: «Nessuno
dubita al di là dell’Oder e della Vistola che il fondam ento sul quale la Polonia sta edificando la
democrazia e il socialismo sia il fronte unico dei lavoratori. In questo senso la Polonia è un e-
sem pio e credo si possa dire un grande esem pio».
30 8 Cfr. ad esem pio C. Bonetti, Diario d’Ungheria. Congedo, ivi, 23 m arzo 1952.
30 9 E. Settanni, La vera Polonia è nata col governo popolare, «Mondo Operaio», 17 giugno

1950 , p. 7.
310 C. Uhrm acher, La nuova Ungheria, ivi, 1 luglio 1950 , p. 7.
311 Id., Al di là della ‘cortina di ferro’ si lavora e si lotta per la pace, ivi, 15 luglio 1950 , p. 9.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 10 7

È anche questo, se vogliam o, un esempio di quella che Karl Popper chiam ò


«la teoria cospiratoria della società», secondo cui «tutte le volte che ci accade
qualcosa di veram ente negativo (o che non ci piace) vi deve essere qualcuno che
ne sia intenzionalmente responsabile»,312 in questo caso il capitalismo.
Così anche la stam pa socialista si allineò alla condanna dei vari ‘nem ici inter-
ni del popolo’, controrivoluzionari e agenti delle potenze straniere: «In Ungheria
il cardinale Mindszenty si era fatto vessillo della nuova opposizione al regime, e
attorno alla sua persona si erano radunati tutti i nostalgici e gli inconsolabili del
vecchio ordine travolto dalla afferm azione delle nuove forze popolari [...]. Su
questo sfondo politico-religioso si innestano accuse specifiche, spionaggio e spe-
culazioni valutarie, sulle quali farà luce il processo».313
Bisogna però anche osservare che, come gli articoli sui Paesi del ‘socialism o
reale’ diminuirono quasi im provvisam ente dopo il 1952-1953 (scarseggiano ad
esem pio analisi sul Patto di Varsavia), così ad esempio sugli ultim i processi sta-
liniani vi furono solo pochi cenni e quasi del tutto incidentali. Scrisse, con grande
onestà intellettuale, Franco Fortini:

I processi Rajk, Slansky e Berija, la faccenda dei m edici, la discussione sui cam pi di lavoro
in Unione Sovietica […] se non vengono sottoposti a un giudizio etico-politico am m orba-
no l’aria com e cadaveri nella stiva e rendono im possibile una conversazione leale. Para-
dossalm ente ogni volta che debbo prendere la penna per difendere la verità della classe
lavoratrice contro le m enzogne delle classi dirigenti del m io paese io m i chiedo se ho
com piuto il m io dovere nei confronti dei m iei com pagni; se ho chiam ato delitto quel che
m i pareva delitto, ingiustizia quel che m i pareva ingiustizia, stoltezza quel che m i pareva
stoltezza, quando delitto, ingiustizia o stoltezza m i parvero albergare tra le nostre file o
essere taciute sulle nostre carte.314

I processi di Praga avevano, in effetti, «am m orbato l’aria» del discorso pub-
blico socialista. Il 17 agosto 1950 , parlando nella capitale ceca nel corso di una
m anifestazione dei Partigiani della pace, Nenni aveva così giustificato il colpo di
stato del febbraio 1948:

312 K. R. Popper, Com e io vedo la filosofia, «La Cultura», (1976), 4, p. 396. Sem pre Popper

notò, in altra sede, che lo stesso Marx, nei suoi scritti più m aturi, «afferm a che tutti siamo im-
brigliati nella rete del sistem a sociale. Il capitalism o non è un cospiratore demoniaco, ma una
persona costretta dalle circostanze ad agire com e agisce [...]. Ma è chiaro che, in ogni caso,
l’adozione della teoria della cospirazione difficilm ente può essere evitata da quanti credono di
sapere com e realizzare il cielo in terra. La sola spiegazione dell’im possibilità di realizzare que-
sto paradiso è la malvagità del demonio che ha un interesse acquisito per l’inferno». (Previsione e
profezia nelle scienze sociali, in Congetture e confutazioni, Bologna, il Mulino, 1971, p. 581). La
‘teoria cospiratoria della società’ può ovviam ente essere applicata in altri contesti, com e dim o-
strò, a proposito del maccartism o, R. Hofstadter (The Paranoy d Sty le in Am erican Politics and
Other Essay s, New York, Knopf, 1964). Più in generale, lo storico francese R. Girardet scrive
del periodico insorgere, nello sviluppo delle vicende storiche, del ‘m ito della congiura’ (My thes
et m y thologies politiques, Paris, Editions du Seuil, 1986; cfr. anche, più recentemente, D. Pi-
pes, Il lato oscuro della storia: l’ossessione del grande com plotto, Torino, Lindau, 20 0 5).
313 (Non firm ato), Chiesa e Stato in Ungheria, «Mondo Operaio», 1 gennaio 1949, p. 4; cfr.

anche (Non firm ato), Bevin e Mindszenty , ivi, 12 febbraio 1949, p. 5.


314 Dieci inverni cit., p. 197.
10 8 Capitolo I

Fu grande m erito del popolo cecoslovacco, fu grande m erito vostro, operai di Praga, l’aver
infranto nel febbraio-m arzo 1948 il tentativo, che per circostanze del tutto particolari era
riuscito in Francia e in Italia, di allontanare dal potere le forze della Resistenza antifasci-
sta e della classe operaia. Allora si gridò, e ancora si grida nei nostri Paesi, all’invasione, al
colpo di Stato, alla sopraffazione, com e se sulle vostre piazze e sulle vostre strade la lotta
fosse stata condotta da altri che non dal popolo cecoslovacco. Allora, e ancora oggi, la
propoganda avversaria nei nostri paesi ricorse ad un assurdo confronto con l’invasione
hitleriana della prim avera del 1939, com e se i passi cadenzati che nelle giornate di feb-
braio 1948 si udirono per le vie della vostra città fossero stati quelli di un esercito stranie-
ro, m entre era il passo degli operai che uscivano dalle fabbriche per venire a dare m an
forte alla maggioranza legale e parlam entare del Paese.315

Ciò non toglie che, al m om ento dei processi, alcune perplessità, non pubbli-
che, m a private, sorsero in Nenni com e dim ostrano i suoi Diari alla data del 27
novem bre 1952:

È finito con undici condanne a m orte e tre all’ergastolo il processo di Praga [...]. Noi non
riusciam o a capire che chi ieri fu sull’altare sia trascinato oggi non nella polvere, m a nel
fango. Né riusciam o a capire la specie di delirio e di sadismo con cui gli accusati si auto-
flagellano riconoscendo tutto, am m ettendo tutto: che furono sem pre dei m iserabili e peg-
gio, anzi aggiungendo alla pubblica accusa dettagli e fatti magari da questa ignorati. Molti
gridano alla com m edia, alcuni accennano ai m isteri dell’anim a slava. Io m i accontento di
non capire. Soprattutto ciò che non capisco è il vantaggio che si spera di trarre da processi
i quali m ostrano com e si possa arrivare alle più alte cariche e responsabilità di partito e di
governo pur essendo gli ultim i dei m iserabili.316

«Io m i accontento di non capire»: l’atteggiam ento pubblico di Nenni fu infatti


diverso, sia pure m ostrando anch’esso qualche perplessità. Intervenendo il 14
dicembre 1952 sulle colonne dell’«Avanti!», dopo aver afferm ato di essere per-
sonalmente contrario alla pena di m orte ed aver amm esso di non riuscire a «ve-
dere fino in fondo negli insondabili abissi della natura um ana quale ci è apparsa
nelle confessioni dei condannati»,317 scrisse dunque che la questione del proces-
315 Il discorso di Nenni fu pubblicato con il titolo 30 0 m ilioni di uom ini im pegnati contro la

guerra in «Mondo Operaio», 26 agosto 1950 , p. 9. Sul ‘colpo di Praga’ cfr. anche La conferm a
di Praga, «Avanti!», 26 febbraio 1948; P. Nenni, Il significato delle dim issioni, ivi, 8 giugno
1948. Solo pochi mesi prima i socialisti italiani vedevano ancora nella politica estera cecoslo-
vacca «il pilone di un ponte che deve unire l’oriente con l’occidente» (F. Bertarelli, Masarik
uom o europeo, ivi, 26 agosto 1947).
316 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., pp. 553-554.
317 È la stessa frase utilizzata da Nenni rispondendo, il 4 dicembre 1952, ad una lettera di

protesta invatagli dalla federazione giovanile repubblicana: «Non si può non riconoscere che i
condannati di Praga hanno volontariamente pronunciato contro sé medesim i la sentenza di
m orte. Direi che l’aspetto più angoscioso del processo sta proprio nel fatto che a nessuno è più
dato di dubitare della verità delle sue risultanze. Contro chi difendere i condannati se hanno
loro stessi rinunciato a farlo schiacciati dal peso della loro colpa? Il processo di Praga pone altri
problem i: rispetto ai condannati, quello degli insondabili abissi della natura umana; rispetto ai
partiti, quello della vigilanza sui quadri e della estrema cautela nel promuovere a posti di gran-
de responsabilità» (FN, CN, b. 52. A fianco, un a nota di Nenni, quasi un ripensamento o un
m oto di umana pietà: «Non inviata perché sopravvenuta la fucilazione»). Ancora il 16 dicem bre
1954, rispondendo a Paolo Levi che da Pavia gli chiedeva un’autocritica di fronte alla liberazio-
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 10 9

so di Praga non poteva essere affrontata «col m etro della nostra sensibilità um a-
na», anche a causa dell’atteggiamento «ad un tem po altezzoso e rassegnato di chi
ha giocato e perduto su un dado la cui posta era o la m orte degli altri o la propria
m orte» (la principale differenza, secondo Nenni, con il contem poraneo processo
ai coniugi Rosenberg negli USA318 ).
Era l’avvio di un lungo e difficoltoso ragionamento storico-politico, fondato
sulla tradizionale giustificazione giacobina del Terrore:

Le rivoluzioni difficilm ente possono essere clem enti, specie, com e fu il caso della rivolu-
zione francese, prim a del Terrore, e com e è il caso delle Dem ocrazie popolari, (se) esse
sono assediate e insidiate dall’esterno e dall’interno, e portate a tanta m aggiore severità,
quanto più prossim o o insospettato sia il germ e di corruzione. Le rivoluzioni divengono
delle farse se non sanno m antenersi ad un altissim o livello di severità m orale. Esse non
possono riuscire a durare se non sono im placabili col tradim ento e dure con l’errore. Il
problem a non è di approvare o non approvare, il problem a è di capire.

Ma, proprio in questa ottica, riesce davvero incom prensibile, se non come se-
gnale di un’evidente difficoltà, non solo di argom entazione, m a anche di strategia
politica, la conclusione dell’articolo di Nenni: «A noi tocca capire i fatti e la loro
lezione. E non hanno capito i fatti e la lezione dei fatti le rane che gracidano ‘Pra-
ga, Pra-ga’. Hanno invece capito coloro che come noi lavorano per la distensione
m ondiale e interna e cercano le basi della convivenza internazionale e del pro-
gresso interno, sulla base di un patto quale quello che giuram mo il 2 giugno
1946».319

ne di socialisti im prigionati ingiustam ente nei regimi stalinisti, scriveva: «Trovo ridicolo rive-
dere le pulci alle rivoluzioni. C’è sem pre nella rivoluzione un largo margine di ingiustizia. È il
rovescio della m edaglia. Ma le rivoluzioni si accettano o si respingono in blocco. Io accetto in
blocco la rivoluzione sovietica e la rivoluzione cinese, anche in ciò che in essa urta il m io senso
di giustizia. Il problema storico è un altro: le rivoluzioni non nascono dal capriccio degli uom i-
ni, m a dalla impossibilità creata al proletariato di procedere per la via della democrazia con
m ezzi democratici. Com e socialista io m i auguro che possiamo riuscire a tenere aperta al nostro
popolo la via della democrazia con mezzi democratici» (ivi, b. 54).
318 Cfr., sull’esecuzione dei Rosenberg, T. Vecchietti, Chi avete assassinato?, «Avanti!», 20

giugno 1953.
319 P. Nenni, Il processo di Praga, ivi, 14 dicem bre 1952. Cfr. anche C. Bonetti, Com plici di

Slansky confessano le frodi allo Stato cecoslovacco, ivi, 25 novembre 1952; Id., Il sabotaggio
nell’esercito ceco affidato al delatore di Fucik, ivi, 25 novembre 1952; Id., Chiesta la pena di
m orte per Slansky e i suoi com plici, ivi, 26 novembre 1952. Il 23 settembre 1955, sem pre nei
Diari, Nenni scriverà: «Praga risente ancora del traum a del 1952 [...]. C’è come una m ancanza
di com unicativa, una chiusura in termini freddamente burocratici di ogni rapporto um ano.
Non ci si sente a proprio agio» (Tem po di guerra fredda cit., p. 685). Sull’atteggiam ento dei
dirigenti del PSI nei confronti dei vari processi degli anni ’50 è interessante un brano della let-
tera di Nenni a Suslov del 24 ottobre 1956: «Benché ignorassim o che i casi Rajk, Kostov,
Slansky fossero veri e propri delitti di Stato, ignobili m acchinazioni della politica sovietica e dei
capi comunisti ungheresi, rumeni e cecoslovacchi, pure ci costava un’immensa fatica dare a noi
stessi una spiegazione logica di processi ed esecuzioni capitali basati sul m etodo delle confes-
sioni. Di questi, e di analoghi fatti, ci parve corrispondere alla realtà ricercare le cause e le re-
sponsabilità nella situazione mondiale, nella politica im perialista dell’accerchiam ento, nella
110 Capitolo I

La rivolta degli operai edili di Berlino Est del 27 giugno 1953 fu ancora de-
scritta come un’ondata di revanchismo, di nazionalism o fom entato dall’Occi-
dente: «chiam ata all’azione, la m elm a nazista è salita alla superficie», m a si am -
m ise anche che «la provocazione non avrebbe avuto nessun effetto se la situazio-
ne di Berlino Est e della Repubblica democratica non fosse stata tale da favorir-
la» 320 e, per la prim a volta, si ebbe una descrizione non idilliaca della vita in una
dem ocrazia popolare, con delle critiche che probabilm ente risentirono dell’eco
dei prim i tentativi di nuovo corso econom ico attuati da Malenkov dopo la m orte
di Stalin:

Nel piano quinquennale una buona parte degli stanziam enti venne destinata all’industria
pesante, prim a pressoché inesistente nella Germ ania orientale. La produzione dell’acciaio
saliva giorno per giorno, in com penso la produzione di beni d’uso rim aneva costantem en-
te sotto il livello della dom anda. Certi prodotti scom parivano dai m agazzini per m esi, ri-
tornavano sul m ercato quando uno meno se lo aspettava e scom parivano di nuovo in un
battibaleno. Contem poraneamente, il processo di collettivizzazione nelle cam pagne, por-
tata avanti con sistem i dai quali la prassi socialista ha sempre ripugnato, aveva ottenuto
l’effetto di rarefare, sul m ercato, anche i prodotti dell’agricoltura. 321

Ancora nel maggio 1955, nelle pagine dell’«Avanti!», Raffaello Uboldi, pur ri-
conoscendo che, dalla fine della seconda guerra m ondiale, si erano verificati nei
paesi del blocco sovietico scosse «talora brusche e clam orose», a partire dagli av-
venim enti del febbraio 1948 a Praga, le faceva risalire «ad una causa principale:
la politica di penetrazione americana in Europa, politica che inizia con
l’allontam ento dal governo in Francia e in Italia dei partiti di sinistra».322

17. LA CINA

La Rivoluzione cinese fu anch’essa giudicata com e un fatto epocale, «uno di


quegli eventi che, come la rivoluzione borghese del 1789 o quella bolscevica del
1917 segnano l’inizio di una nuova era».323 Nel suo intervento alla Cam era del 21
ottobre 1949, Nenni chiese così per la prim a volta il riconoscim ento da parte ita-
liana della neonata Repubblica popolare cinese e, com e aveva insistentem ente
fatto per l’URSS e le altre ‘dem ocrazie popolari’, l’avvio di rapporti com m erciali
con essa:

m inaccia della terza guerra mondiale, nelle pressioni interne da esse determinate» (la lettera è
stata pubblicata in «Mondo Operaio», ottobre 1964).
320 C. Bonetti, L’‘Operazione Berlino’ non è riuscita, «Mondo Operaio», 11 luglio 1953, p. 9.

Cfr. anche, dello stesso Bonetti, Situazione tesa a Berlino, «Avanti!», 18 giugno 1953; A Berli-
no-Est è tornata la calm a, ivi, 19 giugno.
321 Ibidem .
322 R. Uboldi, Bilancio dell’Est europeo, ivi, 17 maggio 1955.
323 P. Nenni, Crollo in Cina, crisi in Europa e in Am erica, «Mondo Operaio», 22 gennaio

1949, p. 1. Cfr. anche F. De Martino, Il program m a della nuova Cina, «Avanti!», 19 ottobre 1949.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 111

Noi abbiam o la nostra industria m eccanica in crisi, officine che si chiudono, disoccupati
in aum ento. So bene che non si potranno dall’oggi al dom ani stabilire traffici favolosi col
nuovo m ondo cinese, m a sarebbe un im perdonabile errore politico da parte del governo
rifiutare alla Cina popolare il riconoscim ento al quale essa ha diritto: incorrerebbe il go-
verno in una vera responsabilità nei confronti dei ceti produttori ed operai se non tentasse
subito – dico subito! – di allacciare rapporti com m erciali con la Cina.324

L’im m agine della Cina che fu offerta ai lettori della stam pa socialista è quindi
quella di un enorm e paese in rapidissimo e straordinario progresso, attraverso la
rottura con le tradizioni del passato e la coscienza del proprio ruolo e della pro-
pria indipendenza:

La clessidra che si era ferm ata all’anno m ille ha ripreso a funzionare. Forse a tutta prima
gli stessi cinesi non credettero ai propri occhi. Da secoli e secoli non si era m ai vista una
Cina senza m andarini, senza feudatari, senza avventurieri stranieri, senza generali pronti
a cam biar bandiera, senza treni che saltavano, senza saccheggi, senza fucilazioni in m assa,
senza sciacalli decisi a speculare sulle carestie. La grande m acchina della Cina si era m es-
sa in m oto. Da sola.325

Sia pure inserita nel quadro più am pio della guerra fredda 326 e con la consue-
ta esaltazione delle figure dei leaders della rivoluzione,327 i progressi della nuova
Cina com unista furono com unque descritti con toni m eno enfatici di quelli usati
a proposito delle ‘dem ocrazie popolari’. Scrisse Raniero Panzieri in una sua ‘nota
di viaggio’: «(La Rivoluzione cinese) riporta sulla scena uno dei più grandi popoli
e una delle più grandi civiltà della storia [...], opera di un rivolgim ento radicale
nella vita del popolo cinese, m a procede con serena com postezza, vuole risolvere
ogni giorno i contrasti che suscita, intende evitare che vada disperso qualsiasi
valore».328
Nel clim a della destalinizzazione e nel tentativo di un ‘riesame del leninism o’
e della ricerca di una ‘terza via’ tra com unism o e socialdem ocrazia che caratteriz-
zerà il dibattito sulle pagine di «Mondo Operaio» nel breve periodo della dire-
zione Panzieri, la Rivoluzione cinese finirà così per assum ere un valore quasi pa-

324 Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1949, p. 10 640 . Cfr. anche

R. Lom bardi, Provincialism o d’una politica, «Avanti!», 25 novem bre 1948.


325 G. Tumiati, In soli tre anni la Cina ha m utato volto, ivi, 7 dicem bre 1952; Id., Tutte le

energie im pegnate nella lotta contro l’analfabetism o, ivi, 28 febbraio 1953; M. V. Mezza, Rivi-
ve la tradizione e nasce una nuova cultura, ivi, 28 settem bre 1954; R. Uboldi, Per la prim a
volta nella storia della Cina la produzione agricola è sufficiente al Paese, ivi, 24 dicembre
1954; Id., I successi di Mao Tze-tung, ivi, 21 m aggio 1955.
326 Cfr. (Non firmato), Cina, «Mondo Operaio», 30 aprile 1949; A. Dosio, I grandi progres-

si della Cina popolare, ivi, 21 agosto 1954, pp. 16-19.


327 Cfr. G. Tumiati, Il nom e di Mao Tse-tung è già diventato leggenda, «Avanti!», 20 m arzo

1953.
328 R. Panzieri, Note di un viaggio in Cina, «Mondo Operaio», 5 novem bre 1955, p. 4. Di

questo viaggio del settembre-ottobre 1955 nella Repubblica popolare cinese al seguito della de-
legazione del PSI guidata da Nenni, Panzieri lasciò anche un breve diario, pubblicato da Stefa-
no Merli in R. Panzieri, L’alternativa socialista. Scritti scelti 1944-1956, Torino, Einaudi, 1982,
pp. 165-174.
112 Capitolo I

radigm atico. Se in Cina vengono salvaguardati i princìpi di un ‘gradualism o’ che


ha perm esso la ‘coesistenza’ tra forme di produzione privata e form e di produ-
zione socialista, e il passaggio dall’una all’altra fase senza scosse troppo violen-
te,329 essa è comunque

un Paese completam ente ‘nuovo’, con una sua particolarità distintiva, diverso tanto dai
Paesi ex-coloniali che le recenti lotte nazionali di indipendenza hanno liberato dal predo-
m inio straniero, quanto dal gruppo dei Paesi socialisti [...]. Il prim o grande m erito del PC
cinese è quello di avere com preso che le rivoluzioni non si ‘esportano’ e soprattutto non si
‘copiano’. È questo uno dei tanti aspetti che differenziano notevolm ente la Cina dai Paesi
a dem ocrazia popolare [...]. Si può trarre dunque la conclusione che i cinesi non sono sce-
si né sul piano del com prom esso, e tantomeno della ‘conciliazione’, né su quello di una
dogm atica concezione della costruzione di una società socialista. Hanno com preso che
utilizzare soltanto altre esperienze nella costruzione socialista significava negare la parti-
colarità della situazione cinese e quindi, di conseguenza, portare su di un falso binario tut-
ta la problematica socialista [...]. La politica e la pratica del com unism o cinese, proprio
per il suo profondo legam e con la realtà, per la sua continua e rigorosa ricerca della ‘veri-
tà’, per la sua am piezza di orizzonte, (costituisce) un’esperienza fondamentale ed indicati-
va per tutto il m ovim ento operaio e socialista internazionale.330

Anche Nenni, nei Diari, trattò questi argom enti. La prim a nota del suo viag-
gio in Cina, alla data del 28 settembre 1955, poneva ancora la rivoluzione sovieti-
ca e quella cinese sullo stesso piano: «In questi im m ensi territori si deciderà for-
se il destino del m ondo. Qui infatti si scontrarono due rivoluzioni – la sovietica e
la cinese – dalla cui collaborazione risulteranno trasform ati tutti i rapporti di
produzione e di forza. Del pari un loro contrasto avrebbe conseguenze incalcola-
bili».331

329R. Uboldi, L’ottavo Congresso del PC cinese, «Mondo Operaio», ottobre 1956, p. 608.
330E. Boiardi, Note sulla Cina, ivi, febbraio-m arzo 1957, pp. 99-10 2. Sono sensazioni simili
a quelle descritte da Franco Fortini nel 1956, al ritorno da un viaggio in Cina al seguito di una
delegazione culturale italiana guidata da Piero Calamandrei, «perchè quel che si è andati a cer-
care in Cina e quel che alcuni di noi vi hanno trovato era in verità qualcosa che non si poteva
trovare ‘sotto i piedi’: era una novità di rapporti fra gli uomini» (Asia m aggiore. Viaggio nella
Cina, Torino, Einaudi, 1956, p. 18; cfr. anche la nuova edizione, edita da manifestolibri, nel
20 0 7, con introduzione di D. Santarone e postfazione di Edoarda Masi). Della delegazione fa-
ceva parte anche Norberto Bobbio: cfr. i suoi ricordi e la testim onianza su Fortini in Autobio-
grafia, a cura di A. Papuzzi, Rom a-Bari, Laterza, 1997, pp. 10 6-117. Altri intellettuali italiani
che parteciparono a quel viaggio hanno lasciato la propria testim onianza: cfr. F. Antonicelli,
Im m agini del nuovo anno. Taccuino cinese, Firenze, Parenti, 1958; C. Bernari, Il gigante Cina,
Milano, Feltrinelli, 1957; C. Cassola, Viaggio in Cina, Milano, Feltrinelli, 1956 e il num ero spe-
ciale de «Il Ponte» dell’aprile 1956, dedicato a La Cina d’oggi. Più in generale, sull’imm agine
dell’Asia nella sinistra europea, m i permetto di rinviare a G. Scirocco, Jan Rom ein, la sinistra e
il m ito del secolo dell’Asia, in M. M. Benzoni - B. Vigezzi (a cura di), Storia e storici d’Europa
nel XX secolo, Milano, Unicopli, 20 0 1, pp. 163-196.
331 Tem po di guerra fredda cit., p. 692. Cfr. anche G. Tum iati (Cinque m ilioni di com unisti

a guida delle forze progressive, «Avanti!», 1 marzo 1953), che nega, contrapponendolo a quello
titino, l’esistenza di qualsiasi form a di ‘m alinteso, nazionalism o’ cinese.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 113

Le note seguenti instauravano invece un esplicito confronto tra le due rivolu-


zioni e le rispettive società: «Ed ecco Pechino [...] Ho l’im pressione di essere
passato dal m ondo dell’organizzazione burocratica dove nulla è lasciato all’im -
provvisazione, al m ondo della spontaneità. Sono differenze che contano».332 Ed
ancora, il 10 ottobre:

La Cina popolare sem bra sfuggita al fenom eno (francese e in parte russo) della rivoluzio-
ne che divora se stessa, attraverso l’elim inazione e il massacro dei propri capi, sotto
l’incalzare successivo di un estrem ism o sempre più estremista di quello precedente o di
un autoritarism o sem pre più autoritario, fino alla degenerazione del potere rivoluzionario
in potere personale, burocratico, poliziesco, m ilitare [...]. Da ciò il senso di spontaneità e
di fiducia che ci è sem brato di cogliere nelle m anifestazioni popolari; l’assenza, in ogni
caso, dell’atm osfera chiusa e cupa che caratterizza il terrore.333

Al suo ritorno in Italia, Nenni lodò com unque il consolidam ento dell’econo-
m ia sovietica e i progressi di quella cinese, dichiarando inoltre che l’URSS era
decisa a continuare la politica di distensione e che esistevano possibilità per
l’am m issione dell’Italia all’ONU, legate però all’abbandono di quella che definì
com e la ‘politica dell’assenza’: «Con l’URSS tutti i paesi cercano di intensificare
le loro relazioni. Noi pratichiam o la peggiore delle politiche, quella dell’assenza.
È tem po di abbandonare questa politica. Essa pregiudica la soluzione di questio-
ni com e quella della nostra am m issione all’ONU e della conclusione del patto di
sicurezza europeo alle quali si collegano gli interessi generali della nostra Nazio-
ne e del nostro popolo».334
Secondo l’Ufficio Affari Riservati i risultati del viaggio di Nenni furono co-
m unque accolti con scetticism o negli ambienti politici e giornalistici,

nei quali si è saggiam ente osservato che l’On. Nenni è stato m ortificato dalle condizioni
poste dal governo di Pechino, per attuare le quali l’Italia dovrebbe esaudire un desiderio
del blocco orientale ed ignorare l’attuale indirizzo della politica di Washington. Opportu-
na, quindi, la dichiarazione del Ministro Martino che, riferendo al Consiglio dei Ministri
sui colloqui avuti con Nenni al ritorno, ha definito ‘nulli’ i risultati del viaggio. Questa di-
chiarazione servirà certam ente a sm ontare la cam pagna pubblicitaria della stam pa di sini-
stra ed a dim ostrare che il così detto ‘realismo’ di Nenni non riguarda il nostro Paese, ma
solo una fazione.335

332 Tem po di guerra fredda, cit., pp. 692-693.


333 Ivi, pp. 70 2-70 3.
334 «Avanti!», 30 ottobre 1955. Cfr. anche P. Nenni, Un viaggio, una politica, una prospet-

tiva, ivi, 23 ottobre 1955.


335 ACS, Min. Int., AA.RR. Controllo attività politiche 1950 -1962, b. 20 . Un giudizio per-

plesso sugli esiti del viaggio di Nenni anche nella lettera di Valiani a Venturi in L. Valiani - F.
Venturi, Lettere 1943-1979 cit., p. 185; cfr. anche N. Adelfi, Ricostruito l’antefatto del viaggio
di Nenni, «L’Espresso», 2 ottobre 1955.
114 Capitolo I

18. LA J UGOSLAVIA DI TITO

Com e abbiam o già accennato, il PSI si accodò all’URSS e alle tesi com infor-
m istiche anche nella condanna dello ‘scism a’ jugoslavo, accusando Tito di espan-
sionism o balcanico («Dopo la Bulgaria e la grande Macedonia, Tito m irava a fe-
derare anche l’Albania [...]. Ultimo atto era la conquista della Carinzia austriaca
e del territorio di Trieste, che dovevano com pletare il piano m egalom ane del Ma-
resciallo» 336 ) e di nazionalism o:

L’internazionalism o di Trotzky e il nazionalism o di Tito, pur partendo da prem esse logi-


che opposte e da diverse esperienze, sono finiti così praticamente per coincidere nel punto
d’arrivo, ritrovandosi assiem e a tutti gli altri m ovim enti o partiti m escevichi, socialrivolu-
zionari, socialdem ocratici, che durante quest’ultim o trentennio hanno fatto bancarotta
assieme gettandosi nelle braccia del capitalismo, ‘fascista’ o ‘democratico’ che fosse.337

A ciò si aggiunsero le accuse di collusione con gli USA e l’Occidente capitali-


stico nell’opera di accerchiam ento ai danni dell’URSS:

Per il Dipartim ento di Stato e per quello della Difesa degli Stati Uniti Tito è un boccone
che arriva al m om ento opportuno per equilibrare le forze nel m ondo, dopo lo scacco di
Chiang Kai-Scek. Nella politica di accerchiam ento dell’URSS la J ugoslavia dovrebbe col-
m are ad Occidente la frana creatasi in Estrem o Oriente. Buttato a m are il generalissim o
cinese, orm ai inservibile, Trum an prende sottobraccio il m aresciallo jugoslavo.338

Em erse soprattutto, forse anche per esorcizzare il pericolo di eventuali ‘devia-


zioni’ titoiste (che si verificheranno nel PCI con il caso Cucchi-Magnani), la de-
scrizione del regim e jugoslavo com e anti-popolare e destinato quindi ad essere
rovesciato, prim a o poi, dalle m asse:

Il più tragico tradim ento dell’epoca m oderna costerà ancora sangue e sacrifici ad un po-
polo che dalla soglia del socialism o è stato ricacciato nella più barbara e perfida oppres-
sione im perialista [...]. Ma nel sacrificio nuovi quadri si form ano, forze latenti si risveglia-

(Non firmato), Allarm e nei Balcani, «Mondo Operaio», 30 settem bre 1949, p. 5.
336

(Non firmato), Il Maresciallo Tito in funzione di Chiang Kai-Sceck, «Mondo Operaio»,


337

27 agosto 1949, p. 1. Il paragone Tito-Trotzkij, entrambi strumenti del capitalism o, ritorna an-
che nei Diari di Nenni, alla data del 27 ottobre 1949, anche se con il beneficio del dubbio sulla
buona fede del leader jugoslavo (Tem po di guerra fredda cit., p. 494).
338 (Non firm ato), Il Maresciallo Tito in funzione di Chiang Kai-Sceck, cit.; cfr. anche S.

Melles, Il ‘titoism o’ surrogato di guerra, «Avanti!», 26 agosto 1949; L. Basso, Viva Tito?, ivi, 6
dicem bre 1949 (vale riportare la conclusione di quest’articolo, anche a proposito dei successivi
sospetti di titoism o nei confronti dell’autore: «Il m ovimento operaio non conosce altro camm i-
no che quello dell’unità indicato da Marx oltre un secolo fa. Chi lo abbandona, per qualunque
m otivo lo abbandoni, è condannato a finire com e un disertore che abbandona il suo posto e
tradisce i suoi compagni»). Sullo stesso piano, nel campo della cultura, l’articolo di Paolo J ac-
chia, La cinem atografia jugoslava al servizio dell’im perialism o («Mondo Operaio», 2 febbraio
1952, pp. 18-20 ).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 115

no, e per quanto spietato sia il carcere, per quanto feroce la repressione, per quanto nu-
m erosi gli sbirri, la liberazione del popolo jugoslavo non potrà m ancare.339

J osef Broz detto ‘il m aresciallo Tito’ è passato sopra ai cadaveri dei suoi com pagni di ieri,
ha rafforzato il regim e di dittatura poliziesca che opprim e i popoli della J ugoslavia [...]. In
questo m odo la cricca titina, che aveva allungato i suoi tentacoli fastidiosi, fortunatam en-
te scoperti nel processo contro Rajk a Budapest, ha tradito il proletariato internazionale e
il fronte della pace trasform ando la J ugoslavia in un campo di concentramento vigilato da
arm atissim i poliziotti nel quale un popolo eroico e im battibile lotta duram ente contro un
regim e che lo incatena al carro dell’im perialism o. Vane sono le m anovre diplom atiche di
Tito in riva all’Adriatico, insufficienti i crediti m ilitari anglossassoni e le speranze della
reazione internazionale: il popolo jugoslavo spezzerà le sue catene.340

Nella nuova atm osfera della distensione, il riavvicinam ento tra URSS e J ugo-
slavia, avvenuto con la visita di Krusciov e Bulganin a Belgrado nel m aggio 1955,
fu salutato positivamente da Nenni, che ne colse il significato più im portante, il
riconoscim ento da parte sovietica del carattere socialista dell’esperienza jugosla-
va e quindi della dottrina delle ‘vie nazionali al socialism o’:

La novità dei nuovi rapporti tra Mosca e Belgrado, dopo la clam orosa rottura del giugno
1948, sta nel fatto che tali nuovi rapporti non sono lim itati alle relazioni tra i due Stati,
cioè ai rapporti diplom atici, m a hanno bruscam ente investito i rapporti politici e ideologi-
ci tra i due partiti [...]. Di particolare im portanza è il richiam o al principio, largam ente
sviluppato nella dichiarazione comune, della non ingerenza reciproca negli affari interni.341

La risoluzione del conflitto URSS-J ugoslavia venne com unque ricondotto, col
supporto di una citazione da Stato e Rivoluzione («Il passaggio dal capitalismo
al com unismo non può non fornire una grande abbondanza e diversità di form e
politiche, m a la loro essenza sarà necessariam ente la dittatura del proletariato»),
«sul terreno politico delle relazioni tra i partiti com unisti».342 Ma dopo il XX
Congresso del PCUS il caso jugoslavo divenne anche m otivo di polem ica indiret-
ta tra le correnti che si delineeranno al Congresso di Venezia del 1957. Per Giusto
Tolloy le relazioni tra URSS e J ugoslavia

sono state riaperte sulla base di una autocritica spicciativa e unilaterale fatta dal PCUS
per bocca del suo segretario. Il risultato è stato quello di una m eccanica e um iliante suc-
cessiva autocritica da parte degli altri PC e quello dell’assunzione di un atteggiam ento di
rivincita da parte jugoslava, di cui è sintomo il penoso episodio della condanna inflitta a
jugoslavi excom inform isti rientrati volontariam ente in patria a seguito dell’avvenuta ri-
conciliazione, episodio che s’inquadra d’altronde in una serie di atteggiam enti da posses-
sori e distributori della verità da parte dei dirigenti jugoslavi, fondata sullo slogan «tutto il
torto a Stalin, tutta la ragione a Tito» [...]. Per quanto riguarda in particolare il PSI, la sua

339 A. Coppola, Tram e di guerra e lotta per la pace, ivi, 9 settembre 1950 , p. 8.
340 C. Uhrm acher, La crisi jugoslava, ivi, 25 novem bre 1950 .
341 P. Nenni, Le novità della politica internazionale, «Mondo Operaio», 18 giugno 1955, p. 5.
342 Ivi, p. 6. Nenni m ostra comunque di non credere alla versione sovietica secondo cui la

colpa dell’errore commesso dal Cominform nella condanna dell’esperienza titoista andava at-
tribuita al defunto Berija.
116 Capitolo I

posizione critica nei riguardi di taluni atteggiam enti della J ugoslavia di Tito è stata presa
autonom amente, quale i fatti com andavano, ed essa infatti fu ed è lineare e conseguente,
indipendentemente dai m utevoli atteggiamenti del Com inform e dell’URSS al riguardo.343

Francesco De Martino, invece, non solo non rivendicò un’im probabile conti-
nuità ed autonom ia di giudizio del PSI nei confronti del titoismo, m a anzi e-
spresse la necessità di un’aperta autocritica:

Anche verso la J ugoslavia dobbiam o sentirci responsabili di qualcosa. Accettam m o una


condanna contro Tito, senza alcun obbligo di farlo. Oggi i partiti socialdemocratici e quelli
com unisti guardano con interesse all’esperim ento jugoslavo, m entre ufficialm ente il Par-
tito Socialista non ha fatto alcun passo. L’am pliam ento delle nostre prospettive di azione
politica anche sul terreno internazionale rende indispensabile un nostro contatto con la
Lega dei com unisti jugoslavi.344

19. «I L VERO, GRANDE PROBLEMA DELLA PACE »: LA QUESTIONE TEDESCA

In questo quadro, la divisione della Germ ania m ostrò, anche fisicam ente, gli
effetti della rottura dello schieram ento antifascista e dello ‘spirito di Yalta’ (o di
Potsdam), rottura a cui, da parte socialista, si fece risalire l’origine della guerra
fredda e i rischi per la pace nel m ondo.
La sistem azione della Germ ania diventò quindi «il vero, grande problema
della pace, la causa prim a ed ultim a della spartizione dell’Europa e della tensione
tra Stati Uniti ed Unione Sovietica»,345 in una situazione internazionale che, co-
m e abbiam o visto, i socialisti italiani giudicavano orm ai prossim a allo scoppio
della guerra. La relazione di Nenni alla riunione del Com itato centrale del 10 di-
cembre 1949 fu, in questo senso, significativa:

343 G. Tolloy, La realtà dei fatti, ivi, agosto-settem bre 1956, pp. 484-485. Tolloy, uno dei

più decisi sostenitori della politica frontista, al Congresso di Venezia abbandonerà la corente di
Vecchietti e Valori e si schiererà con gli ‘autonom isti’, dichiarando che «la politica internazio-
nale del PSI deve basarsi sul riconoscim ento che anche l’URSS ispira la sua politica estera non
solo all’internazionalismo proletario ma anche alla ragion di Stato pur non esistendo più le
condizioni del suo isolam ento: ne deriva che la sua politica estera può non corispondere più
agli interessi del movimento» (Partito Socialista Italiano, 32° Congresso nazionale, Milano-
Roma, Ed. Avanti!, 1957, p. 180 ).
344 F. De Martino, Di fronte al Congresso i problem i fondam entali del socialism o, «Mondo

Operaio», gennaio 1957, p. 1 e, per una riflessione sull’atteggiam ento del PSI verso la J ugosla-
via, Id., Un’epoca del socialism o, cit., pp. 140 -141. Su De Martino e la politica internazionale
rinvio, più am piam ente, al m io «Legato ad un passato irripetibile, proiettato in un futuro im -
prevedibile»: Francesco De Martino e la politica internazionale, in E. Bartocci (a cura di),
Francesco De Martino e il suo tem po. Una stagione del socialism o, Roma, Quaderni della
Fondazione G. Brodolini, 20 0 9, pp. 55-90 .
344 A. Borgoni, Alla conquista della Germ ania, «Avanti!», 17 luglio 1946; G. Mazzali, Bonn

com e W eim ar, ivi, 9 settem bre 1949.


345 (Non firmato), Dubbi sulla Germ ania, «Mondo Operaio», 26 febbraio 1949, p. 5.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 117

Il pericolo di una guerra è ora ben più grave che nei m esi e negli anni precedenti. Noi assi-
stiam o ora ad una pubblica preparazione della terza guerra m ondiale; la strategia non si
elabora più nel segreto dei gabinetti governativi, m a apertam ente al cospetto dei popoli. Il
Patto atlantico ha raggiunto il suo punto cruciale nel riarm o della Germ ania. Era stato
detto da una personalità francese che il prim o giorno di guerra sarebbe stato quello in cui
sarebbe riapparso il prim o soldato germ anico. Ora la Germ ania è con le arm i al servizio
del capitale americano.346

La soluzione della questione tedesca stava quindi, per i socialisti italiani, in


un rinnovato accordo USA-URSS, in un ritorno «allo spirito di Potsdam , dal qua-
le soltanto si può partire per ancorare lungam ente la pace al destino del popolo
tedesco e di tutti i popoli»,347 attraverso la creazione di una Germ ania unita e,
com e garanzia nei confronti del possibile, risorgente nazionalism o tedesco, so-
stanzialm ente ‘finlandizzata’, fuori da qualsiasi alleanza m ilitare, con un esercito
lim itato alle strette esigenze della propria difesa:

Due soluzioni diam etralm ente opposte sono oggi in vista e dibattute in tutto il m ondo:
quella americana, tiepidam ente appoggiata dai governi francese ed inglese, che vuole ar-
rivare alla firm a degli accordi contrattuali con la repubblica federale di Bonn, cioè in pra-
tica alla pace separata con la Germ ania occidentale e all’inserim ento di essa nell’esercito
europeo e indirettamente nel Patto atlantico. L’altra soluzione, quella proposta dall’URSS
[...] mira invece a ricostituire una Germania unita, indipendente e fuori da qualsiasi alleanza
m ilitare, con un esercito lim itato alle strette esigenze della propria difesa. Nello spirito e
nei fini le due soluzioni sono nettamente antitetiche. La prima, quella am ericana, m anife-
sta il suo carattere schiettamente m ilitare piuttosto che politico, è dettata da esigenze
strategiche della organizzazione atlantica [...]. (Quella sovietica), invece, parte dalla pre-
m essa delle possibilità di coesistenza pacifica dei due regim i [...] a condizione che si voglia
effettivam ente la pace e se ne creino le condizioni internazionali, prim a fra tutte, in Euro-
pa, quelle di una Germ ania fuori dai blocchi, centro europeo di equilibrio e di equidistan-
za internazionale, piuttosto che punta avanzata di uno schieram ento m ilitare.348

A questa ipotesi sul futuro della Germ ania era legata anche la sorte della stes-
sa Europa, indipendente e autonom a dai due blocchi e non ‘crociata’ o ‘atlanti-
ca’.349 La m ancata attuazione di questo piano di neutralizzazione 350 e il ‘rove-
sciam ento delle alleanze’351 indussero, soprattutto dopo la proposta di attuazione
della CED, ad avere della Germ ania «un’im m agine dem oniaca, com e d’un paese

346 Nenni illustra l’azione politica del PSI contro la crescente m inaccia della guerra, «A-

vanti!», 11 dicem bre 1949.


347 E. Rossi, Lo spirito di Potsdam , «Mondo Operaio», 10 m arzo 1951, p. 5.
348 T. Vecchietti, Germ ania al bivio, ivi, 17 m aggio 1952; cfr. anche G. Fenoaltea, Un prim o

consuntivo della conferenza di Berlino, ivi, 20 febbraio 1954, p. 9.


349 Cfr. G. Pieraccini, I falsi e i veri am ici dell’Europa, «Avanti!», 27 settembre 1952.
350 Cfr. V. Dagnino, Piace all’Am erica l’elm etto d’acciaio, ivi, 22 m aggio 1952.
351 «Il ‘rovesciamento delle alleanze’ su cui si basa la attuale politica estera statunitense, ha

portato in primo piano alla scena internazionale la Germ ania e il Giappone. La riabilitazione e
il rafforzam ento di questi due Stati ex nem ici sono diventati obiettivi preminenti del Diparti-
m ento di Stato, che spera di fare di essi i capisaldi della morsa destinata a stritolare l’Unione
Sovietica e le nuove democrazie» (R. Amaduzzi, La rinascita nippo-tedesca, ivi, 14 settembre
1951; cfr. anche V. Dagnino, Dal Giappone alla Germ ania, ivi, 11 settembre 1951).
118 Capitolo I

dal destino e dalla vocazione al m ale segnati»,352 a dim ostrazione di una perce-
zione della realtà ancora m olto ideologizzata e irrealistica: «La Germ ania di
Bonn non ha offerto al m ondo alcuna prova di essere redenta dagli antichi errori;
non ha offerto al mondo alcuna prova di esser divenuta un Paese sul quale i po-
poli possono fare affidam ento per una politica di pace, cioè un Paese dem ocrati-
co, un Paese sottratto alle sinistre influenze che già due volte ispirarono i carne-
fici della gioventù europea».353
A questa imm agine fece naturalmente da contraltare quella della Germ ania
dem ocratica (un paese dove, a differenza della Germ ania occidentale, «nessuno
parla m ai di arm i, di esercito, di guerra» 354 ) e dei suoi abitanti che, secondo Gae-
tano Tum iati, «sono ancora ordinatissim i, m a non fino all’assurdo, ancora obbe-
dienti, m a non fino all’annullam ento totale della propria personalità; ancora uni-
laterali, m a non inesorabili».355
L’atteggiam ento del PSI nei confronti del problem a tedesco m utò definitiva-
m ente, probabilmente, dopo il viaggio di Nenni a Pechino e a Mosca del settem -
bre-ottobre 1955 quando, durante un colloquio avuto con Krusciov, am bedue
concordarono sul fatto che il problem a tedesco fosse da congelare, anziché pun-
tare a una riunificazione delle due Germanie al di fuori dei blocchi m ilitari: «Nel-
la prospettiva dei tem pi lunghi la distensione si identifica con la soluzione della
questione tedesca. La chiave è nelle m ani dei socialdem ocratici. Bisogna sostene-
re e non ostacolare la loro politica della libertà delle alleanze».356
In realtà, Nenni era già su questa strada dopo il colloquio con Stalin del luglio
1952:

In interview given to Soviet m agazine «Ogonek» prior to m eeting with Stalin, Nenni had
stressed seriousness of Germ an situation and had stated that the division of Germ any
could create a new Korea in the heart of Europe. After talking eith Stalin, however, Nenni
voiced opinion in conversation with m y inform ant that Germ any was not necessarily grea-
test danger spot, that concept of any single outstanding danger spot was m isleading one,
that situazation was always in state of flux [...]. What was being strongly hinted at, m y in-
form ant thought, was firm Krem lin decision to accept division of Germ any and m ake the
best of it.357

352 E. Decleva, La politica estera: dal frontism o alla riscoperta dell’Europa, in AA.VV.,

Storia del PSI, vol. III cit., Padova, p. 29. Un’imm agine, per certi versi, già avvalorata, nel corso
del 1947, dagli articoli di G. Mazzali, L’errore di Schum acher, «Avanti!», 28 febbraio, P. Nenni,
Auschw itz e la Germ ania, ivi, 16 m arzo e di C. Cases, Germ ania una e m olteplice, ivi, 5 giugno.
353 G. Fenoaltea, Perché Adenauer è venuto a Rom a, «Mondo Operaio», 3 aprile 1954. Cfr.

anche l’intervento di Basso alla Camera del 13 dicembre 1954 sulla ratifica del protocollo ri-
guardante l’adesione della Repubblica federale tedesca al Patto Atlantico, in L. Basso, Discorsi
parlam entari, Roma, Senato della Repubblica, 1988, pp. 522-523.
354 G. Tum iati, I tedeschi dell’Est non si arm ano, «Avanti!», 7 dicem bre 1951.
355 Id., Tedeschi senza spigoli, ivi, 7 ottobre 1951. Cfr. anche Id., Il piano quinquennale è

tutto, ivi, 18 ottobre 1951.


356 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 690 .
357 Dalla relazione dell’ambasciatore USA a Mosca George Kennan al Dipartim ento di Stato,

in FRUS, 1952-1954, W estern Europe and Canada, vol. VI, pp. 1585-1586.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 119

20 . LA GUERRA DI COREA

Il 25 giugno 1950 scoppiò, dopo una lunga serie di incidenti di frontiera, la


guerra di Corea. All’epoca si discusse a lungo sulle responsabilità della guerra e,
da parte comunista, si sostenne la tesi dell’aggressione da parte della Corea del
Sud di Syngman Rhee ai danni della democrazia popolare nord-coreana.
Questa tesi fu accettata inizialm ente anche dai socialisti («La verosim iglianza
che le azioni m ilitari fossero state iniziate dai nordisti in relazione al fatto che lo
schieram ento sudista aveva im m ediatam ente ceduto, non ha tardato a rivelarsi
com e un grossolano diversivo teso all’uom o della strada dai gangsters della pub-
blicità, usi a prendere d’assalto con tutti i sistem i l’opinione pubblica» 358 ) e il
conflitto venne interpretato nel quadro più generale dello scontro USA-URSS e
della guerra fredda. La guerra di Corea divenne così un episodio del tentativo di
accerchiam ento am ericano ai danni dell’URSS, attuato con tutte le arm i possibi-
li, com prese quelle batteriologiche:359

La guerra di Corea, nelle fasi alterne di sconfitte e di vittorie doveva servire a creare il cli-
m a di guerra necessario per im porre al popolo am ericano il riarm o e la m obilitazione par-
ziale, per costringere i riluttanti paesi del Patto atlantico a com prom ettersi sem pre di più
in una via senza uscita e ad accettare la ‘politica realistica’ am ericana orientata a restituire
alla Germ ania e al Giappone com piti politici e m ilitari essenziali nella lotta contro il co-
m unism o e contro l’URSS.360

Il conflitto coreano fu anche giudicato com e un tentativo di colonizzazione:

La Corea non è che un’occasione, preparata con tenacia anche se m aldestram ente utilizza-
ta, per iniziare la controffensiva am ericana in Estrem o Oriente contro i popoli che sono
insorti ad un tem po in nom e dell’indipendenza nazionale e del riscatto sociale [...]. Gli
Stati Uniti saranno sem pre più costretti a dare alla loro politica in Estremo Oriente il ca-
rattere di assoggettam ento coloniale. Che altro è la colonizzazione se non il controllo coat-
tivo del sistema politico-econom ico di un Paese, scartando qualsiasi esigenza contraria
delle popolazioni? 361

Ma che la tesi dell’aggressione sud-coreana non fosse presa troppo sul serio
dai dirigenti del PSI fu dim ostrato dal discorso di Nenni del 6 luglio 1950 alla
Cam era, nel corso del dibattito sul bilancio del Ministero degli Esteri. In
quell’occasione Nenni spostò il centro della sua argom entazione dal problem a
della responsabilità del ‘prim o colpo’ a quello della definizione dello scontro co-
m e guerra di liberazione, con riferim enti alla nostra storia patria, con la Corea
del Nord nel ruolo del Piemonte cavouriano:

358R. Morandi, Partigiani della pace, «Avanti!», 2 luglio 1950 .


359Cfr. G. Fenoaltea, Lezione coreana, ivi, 20 m arzo 1951.
360 T. Vecchietti, La crisi dell’im perialism o, ivi, 30 dicembre 1950 , p. 5; cfr. anche Id., Co-

rea: tallone d’Achille degli Stati Uniti, «Mondo Operaio», 8 luglio 1950 , p. 5.
361 F. Cataluccio, Crolla in Estrem o oriente il ‘sistem a’ am ericano, ivi, 5 agosto 1950 , p. 7.
120 Capitolo I

È stato per m e m otivo di sorpresa la specie di unanim ità con cui all’indomani degli avve-
nim enti del 25 giugno in Corea si è cercato di polarizzare la discussione esclusivam ente
attorno a chi abbia sparato il prim o colpo di fucile all’alba del 25 giugno. Io credo che ciò
non sia avvenuto a caso, m a per sviare l’opinione pubblica dal fondo dei problem i e con-
centrarne l’attenzione su un aspetto che sarebbe stato decisivo ed estrem am ente im por-
tante soltanto se sul 38° parallelo si fossero scontrate due nazioni confinanti. Senonché le
cose non stanno così, il conflitto essendo sorto su una frontiera che spezza in due la Corea
e che non è stata riconosciuta né dai Coreani del Nord né da quelli del Sud. Il com pito
pregiudiziale non è quindi quello di accertare chi abbia sparato il prim o colpo di fucile,
quanto di valutare che cosa rappresentano i nordisti e cosa sono i sudisti in Corea […].362
Penso di non cadere nel paradosso se chiedo per ritorcere l’argom entazione avversaria:
Garibaldi fu dunque un aggressore? Fu un aggressore il Piem onte? I partigiani furono de-
gli aggressori? Sta di fatto che il popolo coreano è im pegnato nella lotta per l’unificazione
e l’indipendenza e in tale lotta la Corea del Nord assolve nella penisola coreana una fun-
zione analoga a quella del Piem onte nella nostra penisola. E ciò forse per le stesse ragioni:
forse perché il nucleo coreano del Nord è il più progredito dal punto di vista politico e so-
ciale, perché ha saputo suscitare profonde sim patie e adesioni nelle regioni del Sud; 363
forse anche per la sua posizione geografica prossim a alla Cina e all’Unione Sovietica com e
il Piem onte era prossim o alla Francia, cuore e cervello della rivoluzione liberale dell’80 0
[...]. In tali condizioni non si può negare come l’intervento diretto degli Stati Uniti succes-
sivo al 25 giugno abbia le caratteristiche della politica intervenzionista (sic) della Santa
Alleanza allorché Metternich si arrogava il diritto di intervenire in Europa ogni qual volta
un m ovim ento insurrezionale e popolare m ettesse in pericolo i regim i assolutisti.364

L’11 luglio il m inistro degli Esteri Sforza, nel suo intervento alla Cam era, re-
plicò a Nenni anche su questo punto:

Nella sua lirica difesa dei coreani del nord l’onorevole Nenni, prendendoli per dei sancu-
lotti di Michelet, ha pronunciato una frase che, vi confesso, a m e è parsa blasfema. Egli ha
detto che la Corea del nord ricopre ora laggiù la stessa funzione che ebbe in Italia il Pie-
m onte. Ma, onorevole Nenni, il Piem onte ha fatto quattro volte la guerra. Nel 1848,1849,
1859, 1860 : m a l’ha fatta contro il più potente im pero m ilitare dell’Europa di allora per
scacciarlo dall’Italia [...]: il Piem onte liberale non ha m ai fatto la guerra contro gli Italiani.

La decisione dell’Assemblea generale dell’ONU del 7 ottobre 1950 di affidare,


su proposta anglo-am ericana, al generale MacArthur il com pito di creare «nello

362Dello stesso parere L. Luzzatto, A carte scoperte, «Avanti!», 1 luglio 1950 .


363Su questo punto cfr. anche G. Tumiati, Resistenza all’invasione am ericana per difende-
re il progresso della Corea, ivi, 4 gennaio 1953. Tumiati era stato prigioniero di guerra nel
cam po americano di Hereford (cfr. il suo libro di memorie, Prigionieri nel Texas, Milano, Mur-
sia, 1985), insiem e a Giuseppe Berto, che pubblicò sull’«Avanti!» del 26 gennaio 1947 un breve
articolo di m emorie su quel periodo, Am erica andata-ritorno.
364 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discorsi, Rom a 1950 , pp. 20 532-20 540 ; cfr.

anche, dello stesso Nenni, Guerra in estrem o Oriente, «Avanti!», 29 giugno 1950 . Il paragone
tra la guerra di Corea e il Risorgim ento italiano era diffuso nella sinistra, com e dim ostra
l’intervento di Em ilio Lussu alla riunione allargata del Comitato nazionale dei Partigiani della
pace del 28 giugno 1950 : «Sta di fatto che il governo della Corea del Sud rappresenta per quel
popolo qualcosa di simile ai Borboni per il nostro Risorgimento» (cfr. «l’Unità», 29 giugno 1950 ).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 121

stato sovrano di Corea un governo unificato, indipendente e dem ocratico»,365 su-


scitò com unque, sulla stam pa socialista, l’im mediato paragone tra l’im potenza
della Società delle Nazioni e il servilism o filo-am ericano dell’ONU:

L’attuale decisione di m ettere l’ONU a servizio dell’im perialism o am ericano non ha nep-
pure riscontro nella infausta politica di suprem azia della Francia e dell’Inghilterra nella
Società delle Nazioni. La Società delle Nazioni per la sua debolezza aum entò la sfiducia e
lo scetticism o nella capacità di quel particolare tipo di organizzazione internazionale a
salvaguardare la pace: m a l’ONU, m esso a servizio degli Stati Uniti, m inaccia di distrugge-
re la fiducia nell’idea stessa dell’organizzazione internazionale.366

Il PSI era dunque favorevole a trattative diplomatiche per giungere ad una


‘pace negoziata’, cosa ben diversa dalla capitolazione di Monaco del 1938, «un
tradim ento inteso a distogliere il potenziale aggressivo della Germania hitleriana
dall’occidente per dirigerlo verso l’oriente», come Nenni lo definì, in risposta
all’onorevole socialdem ocratico Paolo Treves, nel dibattito parlamentare del di-
cembre 1950 .367
L’allontanamento di MacArthur fu quindi giudicato positivamente da Nenni,
che però vide una sostanziale continuità tra la politica ‘asiatica’ di MacArthur e
quella più prudente, ‘europea’ , di Trum an e del Dipartim ento di Stato:

È certam ente una buona notizia quella della destituzione di Mac Arthur dal suo com ando
in Estrem o Oriente [...]. Il generale Mac Arthur era senza dubbio un provocatore di guer-
ra. Per lui la Corea era un tram polino d’assalto contro la Manciuria e la Manciuria la porta
d’ingresso in Cina. Egli non aveva cessato un solo istante di intrigare col suo antico alleato
e com plice Ciang Kai-Scek. Non era però tra i dirigenti m ilitari e politici di Washington il
solo fautore della guerra alla Cina. L’accanim ento con cui i repubblicani lo difendono in-
dica quanto forte sia la tendenza alla guerra asiatica, la quale si diversifica dalla tendenza
alla guerra europea (Trum an, Acheson, Eisenhower) per una diversa valutazione del com e
si difendono gli interessi im perialistici degli Stati Uniti nel m ondo.368

La vignetta che illustra l’articolo, intitolata Tutto qui?, m ostra un Truman


ghignante che con l’aspersorio benedice da un lato la bara del generale e dall’al-
tro un piccolo Mac Arthur redivivo. Nel m edesim o num ero Tullio Vecchietti si
esprim e sullo stesso tono: «È il siluramento di un uom o o di tutta una politica?
[...] Toltosi di m ezzo Mac Arthur, Truman si è tolto anche il comodo scherm o
dietro il quale troppe volte si è riparato per difendersi all’interno e coi suoi alleati
europei dalle critiche».369

365 United Nations Docum ents, A/ 1422, cit. in D.F. Flem ing, Storia della guerra fredda

1917-1960 , Milano, Feltrinelli, 1964, p. 768.


366 T. Vecchietti, L’ONU al servizio di Mac Arthur, «Mondo Operaio», 15 luglio 1950 , p. 5.
367 P. Nenni, Discorsi parlam entari cit., p. 261.
368 P. Nenni, La destituzione di Mac Arthur, «Mondo Operaio», 14 aprile 1951, p. 1.
369 T. Vecchietti, Schiarita in Estrem o Oriente?, ivi, p. 5; cfr. anche Id., Trum an e Mac Ar-

thur, «Avanti!», 20 aprile 1951.


122 Capitolo I

21. «CURIOSI PACIERI »: I P ARTIGIANI DELLA P ACE

Agli inizi degli anni ‘50 gli unici legami internazionali del PSI sembrano esse-
re quelli con il m ovimento dei Partigiani della Pace. Nel periodo della guerra di
Corea il m ovim ento, con la raccolta di firm e per l’interdizione delle arm i atom i-
che e gli appelli di Berlino e di Stoccolm a,370 raggiunse la m assim a diffusione e
successo.371 Per il PSI, che era direttam ente im pegnato coi suoi leaders più pre-
stigiosi ai vertici del m ovim ento, il conflitto coreano segnò un m om ento di gran-
de m obilitazione. Ricorda Oreste Lizzadri che «in un m essaggio al paese del 9
luglio 1950 la Direzione invitò tutti gli Italiani ad unirsi per im pedire che l’Italia
fosse trascinata nel conflitto [...]. (L’esecutivo em anò) disposizioni d’emergenza
agli organismi di base: tenersi pronti in ogni mom ento a prom uovere, organizza-
re e sostenere iniziative di m assa contro la politica di guerra». 372
Si puntò così ad una m obilitazione dell’opinione pubblica per im pedire una
guerra contro l’URSS,373 accerchiata dall’occidente capitalistico, di cui bisognava
far risaltare le contraddizioni, fino ai lim iti estrem i:

Chi non intende questo aspetto della lotta per la pace finisce inevitabilm ente per cadere in
grossolani errori di sottovalutazione del pericolo di guerra e delle nostre possibilità di a-
zione o rischia addirittura di cadere in una fatalistica attesa della guerra, ad essa attri-
buendo un potere di disgregazione della società capitalistica che invece è dell’opposizione
alla guerra, m agari coi m ezzi violenti dell’insurrezione, com e dim ostrano la Rivoluzione di
Ottobre 1917 e quella della Cina. In tal senso ogni successo della campagna contro la terza
guerra è veram ente un successo del socialismo.374

370 Cfr. il testo di quest’ultimo appello in P. Nenni, Da Stoccolm a a Rom a, ivi, 25 m arzo

1950 . In realtà Nenni, al ritorno da Stoccolma, mostrò, nei suoi Diari, qualche perplessità
sull’iniziativa: «Niente di nuovo. Si continuano a dire le stesse cose, a parlare di allargam ento
del fronte della pace, di milioni di aderenti. Però si chiudono gli occhi sul fatto che in America,
in Gran Bretagna, nei paesi scandinavi il nostro isolam ento è totale con tendenza ad aggravar-
si» (Tem po di guerra fredda cit., p. 50 9).
371 Cfr. G. Vecchio, Pacifisti e obiettori nell’Italia di De Gasperi (1948-1953), Rom a, Stu-

dium , 1993, pp. 181-192.


372 O. Lizzadri, Il socialism o italiano dal frontism o al centro-sinistra Roma, Lerici, 1969

pp. 140 -141. Sull’atteggiam ento dei vari partiti politici italiani a proposito della guerra di Corea
cfr. S. Chillé, I riflessi della guerra di Corea sulla situazione politica italiana degli anni 1950 -
1953: le origini dell’ipotesi degasperiana di ‘dem ocrazia protetta’, «Storia contem poranea»,
ottobre 1987, pp. 895-926. Per una confutazione dell’accusa degasperiana dell’esistenza di una
‘quinta colonna’ dell’URSS in Italia cfr. R. Lombardi, Adesione im possibile, «Avanti!», 20 lu-
glio 1950 ; G. Petronio, L’incendio del Reichstag, ivi, 12 agosto 1950 .
373 Cfr., a questo proposito, le diverse puntate dell’inchiesta Cosa ne pensi della guerra?,

condotta da Giuseppe Tamburini sull’«Avanti!» nel settembre 1950 .


374 P. Nenni, Per l’interdizione dell’arm a atom ica, «Mondo Operaio», 13 maggio 1950 , p. 1.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 123

Il filosovietism o del m ovim ento 375 (e la sua oggettiva acquiescenza agli inte-
ressi del PCI) era dunque apertam ente teorizzato, m a è anche vero che esso non
fu percepito dall’opinione pubblica com e esclusivam ente tale. Lo dim ostrano i
sedici m ilioni di firm e raccolte per l’interdizione delle arm i atom iche,376 anche
se, come ha osservato Giorgio Vecchio, tale adesione restava spesso qualcosa di
passivo e form ale, non traducendosi in un reale im pegno politico.377 Indubbia-
m ente giocò a favore del m ovim ento la diffusa paura di uno scoppio della terza
guerra m ondiale com e conseguenza del conflitto in Corea,378 m a forse anche
l’atteggiam ento di Nenni e Lom bardi andrebbe, sia pure parzialm ente, rivisto fin
da questo m om ento nell’ottica di una loro personale strategia della distensione,
m irante ad una attenuazione dei contrasti internazionali che perm ettesse m ag-
giori possibilità di azione per il PSI.
In questo senso si indirizza anche la testim onianza resa all’autore il 29 otto-
bre 1991 da Arialdo Banfi, uno degli uom ini più vicini a Lombardi nella sua mili-
tanza azionista e socialista: «Lom bardi pensava che all’interno del m ovim ento
Partigiani della pace si potesse fare qualcosa per la distensione. Lui era m olto
am ico di Ehrenburg e pensava di poter agire in questo senso. Ciò lo portò a supe-
rare l’iniziale diffidenza nei confronti del m ovim ento che gli aveva procurato o-
stilità all’interno dello stesso PSI».379

375 Norberto Bobbio (peraltro firm atario dell’appello di Stoccolm a, almeno a quanto risulta

da un docum ento di fonte comunista citato da A. Guiso, La colom ba e la spada, cit., p. 326, n.
31) scriverà nel 1952: «Curiosi pacieri i partigiani della pace. Essi si offrono per ristabilire la
pace tra i contendenti, m a dichiarano sin dall’inizio senza alcuna reticenza che dei due conten-
denti l’uno ha ragione e l’altro ha torto, che la pace si può salvare soltanto m ettendosi da una
parte sola» (Pace e propaganda di pace, in Politica e cultura, Torino, Einaudi, 1955, p. 121).
Sui rapporti tra Bobbio e il PCI in questa fase cfr. N. Urbinati, Liberalism in the Cold W ar:
Norberto Bobbio and the dialogue w ith the PCI, «J ournal of Modern Italian Studies», Winter
20 0 3, pp. 578-60 2.
376 Sulle attività dei Partigiani della Pace cfr., oltre ai volumi già citati e all’agiografico R.

Giacom ini, I partigiani della pace. Il m ovim ento pacifista in Italia e nel m ondo negli anni del-
la prim a guerra fredda, Milano, Vangelista, 1974, anche Il m ovim ento italiani partigiani della
pace, in A. Manoukian (a cura di), La presenza sociale del PCI e della DC, Bologna, il Mulino,
1968, pp. 193-211; L. Brunori, I Partigiani della pace e la CED, «Storia delle relazioni interna-
zionali», (1991), 2, pp. 299-331; G. C. Marino, Movim ento pacifista e lotte popolari agli inizi
degli anni ’50 , «Il Segno», novem bre-dicembre 1983, pp. 10 5-247; I. Granata, Per una storia
del m ovim ento m ilanese dei Partigiani della Pace, in G. Petrillo - A. Scalpelli (a cura di), Mila-
no anni cinquanta, Milano, Franco Angeli, 1986; G. Petrangeli, I Partigiani della pace in Italia
1948-1953, «Italia contem poranea», dicembre 1999, pp. 668-692.
377 Cfr. G. Vecchio, Pacifisti e obiettori nell’Italia di De Gasperi (1948-1953) cit., p. 131.
378 Com e dim ostra, ad esem pio, la lettera scritta il 28 m arzo 1950 dallo storico dell’arte Car-

lo L. Ragghianti all’ex presidente del Consiglio Ferruccio Parri in cui chiedeva di intervenire
presso il ministro della Pubblica Istruzione, Gonella, per apprestare un piano straordinario di
salvaguardia del patrim onio artistico di fronte al rischio im m inente di guerra nucleare (la lette-
ra in ACS, CP, b. 221). Cfr. anche le segnalazioni dei Com andi dei Carabinieri in P. Spriano, Le
passioni di un decennio cit., pp. 141-142 e in S. Colarizi, La seconda guerra m ondiale e la Re-
pubblica cit., pp. 654-657; più in generale E. Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani
(1943-1953), Milano, Mondadori, 1986.
379 Cfr., nello stesso senso, G. C. Marino, Allarm e sociale, coscienza antim perialista e pro-

getto dem ocratico, in M. Papini - M. Pacetti - M. Saracinelli (a cura di), La cultura della pace
124 Capitolo I

Di carattere opposto è la divertente testim onianza di Venerio Cattani:

Nenni vi trovò l’occasione per fare, e da par suo, politica estera. E poi si trovava bene con i
francesi, J oliot Curie, Madam e Curie, Aragon, Picasso e tutta la com pagnia di giro della
Colom ba. E c’im pegolò dentro il povero Lom bardi, che fu nom inato nientem eno che se-
gretario dei Partigiani della pace italiani. Com e potessi starci in m ezzo un uom o serio co-
m e lui, che era stato azionista e che evidentem ente non credeva a una parola di quel che
predicavano i Partigiani della pace, è un m istero della politica. D’altra parte, doveva pur
salvarsi e la m oda, in quegli anni fra il ’48 e il ’53-’54, era quella.380

22. LE LOTTE ANTICOLONIALISTICHE

Gli anni Cinquanta furono anche gli anni della decolonizzazione e della fine
del ruolo di potenze mondiali di Gran Bretagna e Francia, sostituite in alcuni casi
sullo scacchiere m ondiale, a livello di influenza, dagli USA. Un esem pio di questo
genere fu offerto dalla crisi anglo-iraniana, con la nazionalizzazione dell’Anglo-
Iranian Oil Com pany e il successivo sorgere di un consorzio internazionale con
forte presenza statunitense. Almeno in questo caso si colse, da parte socialista,
l’essenza del problem a (il porsi degli USA come superpotenza globale al posto
della Gran Bretagna, anche se in chiave econom ica più che geopolitica), m a, an-
cora una volta, si avanzò l’ipotesi non subordinata di una più com plessa m anovra
capitalistica ai danni dell’URSS:

Nella cosiddetta lotta per i petroli del Medio Oriente, accanitam ente condotta dagli Ingle-
si e dagli Am ericani, gli uni contro gli altri, i petroli dell’Iran, m onopolizzati dall’Anglo-
Iranian Oil Com pany , rappresentano la chiave del sistema, l’obiettivo principale ameri-
cano per scalzare l’Inghilterra e renderla tributaria anche nei petroli [...]. Ma c’è di più:
scalzando gli Inglesi gli Americani sperano di elim inare l’odio anti-europeo del nazionali-
sm o asiatico che disturba o addirittura im pedisce l’esecuzione dei piani anti-sovietici del
Dipartim ento di Stato [...]. A m eno che essi non m irino addirittura a piani ancor più am-
biziosi: a creare un caso iraniano, sim ile a quello coreano, per inasprire la situazione
m ondiale, per accellerare i piani di riarm o e per spazzar via le titubanze dei satelliti euro-
pei ed asiatici di fronte agli sviluppi della politica atlantica.381

Così il nazionalism o della classe dirigente iraniana fu prim a visto in chiave


anticolonialistica ed anti-occidentale,382 salvo poi biasim arlo per non aver porta-
to a term ine la rivoluzione con l’appoggio delle forze popolari, esponendosi

dalla Resistenza al Patto atlantico cit., p. 450 ; V. Foa - C. Ginzburg, Un dialogo cit., pp. 40 -41;
V. Foa, Il cavallo e la torre cit., pp. 20 3-20 4; E. Tortoreto, Riccardo Lom bardi e le relazioni
internazionali dalla Resistenza al 1957, in A. Ricciardi - G. Scirocco (a cura di), Per una società
diversam ente ricca. Scritti in onore di Riccardo Lom bardi, Rom a, Ed. di Storia e Letteratura,
20 0 4, p. 56.
380 V. Cattani, Italjanska Delegatja, in A. Benzoni - R. Gritti - A. Landolfi (a cura di), La

dim ensione internazionale del socialism o italiano cit., pp. 211-212; anche A. Landolfi, Nenni e
i Partigiani della Pace, ivi, pp. 20 3-20 9.
381 T. Vecchietti, La Persia sarà una nuova Corea?, «Mondo Operaio», 24 marzo 1951, p. 5.
382 Cfr. F. Gozzano, Il m onito dei recenti avvenim enti della Persia, ivi, 17 marzo 1951, p. 5.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 125

all’inevitabile contrattacco della reazione (il colpo di stato m ilitare che riportò
sul trono lo Scià Reza Pahlevi):

(Gli avvenim enti persiani) insegnano soprattutto che le rivoluzioni si fanno o non si fan-
no: chi le lascia a m età crea un m ostro che le divora. Mossadeq aveva creato una situazio-
ne rivoluzionaria [...] a conclusione di un lungo periodo d’azione, sia pure non sem pre co-
erentem ente perseguita, contro le interferenze straniere e i loro punti di appoggio interni
[...]. Dipendeva da lui scegliere: o perfezionare l’opera stringendo i tempi e soprattutto
facendo appello alle forze popolari, nessuna esclusa, per instaurare un nuovo regim e, o
soccom bere. Mossadeq è partito per la strada della rivoluzione, m a si è ferm ato non appe-
na la logica delle cose gli ha prospettato l’ineluttabilità dell’alleanza con le forze popolari per
condurre a termine l’impresa: rifiutata questa alleanza, il suo destino era segnato.383

Anche la guerra d’Indocina poté quindi essere spiegata, oltre che com e esem -
pio di concezione politica im perialistica e colonialistica, «com e uno sforzo di
conservare certe posizioni contro la volontà dei popoli»,384 nell’am bito delle rela-
zioni tra vecchie e nuove potenze m ondiali:

La Francia non difende più in Indocina interessi francesi, m a vi si svena per interessi a-
m ericani: cioè per tenere aperto un ascesso, per garantire al finanziatore una base di par-
tenza contro la Cina [...]. Vi è poi una ragione più particolare della guerra attuale: gli Stati
Uniti hanno una tradizione anticolonialista alla quale si richiam ano i popoli arabi nella
speranza di mobilitare la maggioranza americana all’ONU contro la Francia a m otivo dei
fatti del Nord Africa. Ed è appunto per tenersi am ici gli Stati Uniti nella questione araba
all’ONU che i Francesi fanno loro om aggio della guerra d’Indocina, guadagnandosi un
pugno di dollari in sovrappiù.385

Alla base di tutto vi è però la spiegazione del fenomeno del neocolonialism o


«indiretto di tipo am ericano» nei term ini tradizionali della ‘vulgata’ leninista:

Com plessivamente, l’orientam ento della politica coloniale am ericana è quello di garantire
il controllo delle materie prime a prezzo d’imperio, lo sbocco dei prodotti americani m anu-
fatti, il regolam ento degli investim enti dei capitali americani per l’increm ento della pro-
duzione delle m aterie prim e, im pedendo contem poraneamente l’industrializzazione dei
paesi coloniali, salvo qualche eccezione per le industrie di trasform azione minori.386

Se, in questi term ini, la lotta anticolonialista si connetteva strettam ente allo
scontro USA-URSS, la distensione pose le basi, ancora fragili, per una riconside-

383 G. Fenoaltea, La fine della corsa atom ica, ivi, 5 settembre 1953, p. 9.
384 F. Gozzano, Il problem a indocinese alla Conferenza di Ginevra, ivi, 5 giugno 1954, p. 4;
cfr. anche L. Vism ara, Lo spirito dei ‘m aquis’ nei soldati di Ho Ci-m in, «Avanti!», 2 marzo
1954; R. Uboldi, Hanoi città libera, ivi, 21 gennaio 1955; Id., Le responsabilità dell’uom o bian-
co, ivi, 6 febbraio 1955; Id., L’uom o Vietm inh, ivi, 13 febbraio 1955; Id., Il risveglio dei popoli
coloniali, ivi, 22 m aggio 1955.
385 G. Fenoaltea, La politica coloniale francese in Indocina, «Mondo Operaio», 2 m aggio

1953, p. 6.
386 T. Vecchietti, La lotta per l’indipendenza del m ondo coloniale contro l’im perialism o, i-

vi, 12 m aggio 1951.


126 Capitolo I

razione dei problem i del Terzo e Quarto Mondo, pur continuando nella polem ica
anti-occidentale:

Asia e Africa oggi si m uovono: alla follia occidentale, resa insiem e tem eraria e im potente
dalla sua cattiva coscienza, oppongono una saggezza che è nuova e antica ad un tem po: di
fronte alle loro gigantesche riserve di uom ini, di energie, di ingegno e di ricchezze, occor-
rerebbe più che mai all’Europa unirsi, ma unirsi davvero, per porre su basi moderne, dettate
dalla ragione, i suoi rapporti con gli altri continenti: nella pace, nel lavoro, nello scam bio
delle opere delle braccia e dell’intelligenza, essa può sopravvivere e prosperare.387

Così il sorgere del movimento dei ‘non allineati’ e i risultati della conferenza
di Bandung furono visti con grande favore come segno dell’affrancamento dei
popoli sottosviluppati dallo sfruttam ento coloniale (m agari forzando un poco la
storia stessa del m ovim ento socialista...):

Un giudizio d’insiem e da parte nostra non ha neppure bisogno di essere enunciato: la


condanna del colonialism o è un o degli aspetti costanti del socialism o [...]. Ogni fatto per-
tanto che si inserisca nella linea dell’anticolonialism o, nella linea di un riscatto dei popoli
oppressi non può che suscitare la più calda nostra sim patia [...]. Per la prim a volta nella
storia i popoli tradizionalm ente soggetti [...] si sono riuniti per afferm are il diritto di deci-
dere dei propri affari.388

Perm ane in ogni caso costante la polem ica anti-occidentale, cosicché l’inter-
vento di Nehru a Bandung fu interpretato com e un «forte attacco alla politica oc-
cidentale» dei blocchi.389

23. «N ON È PIÙ TEMPO DI FACILI INGANNI »: GLI INIZI DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA

Non vi era più alcun spazio nem m eno per un’Europa solidale e unita ai fini di
un superamento degli egoism i nazionalistici, un’Europa alla quale avevano guar-
dato con attenzione, durante il ventennio fascista, Filippo Turati,390 Carlo Ros-
selli,391 Andrea Caffi,392 Ignazio Silone.393

387 G. Fenoaltea, L’UEO e le fatiche di Mendés-France, ivi, 22 gennaio 1955, p. 6. In questo

senso si comprende il giudizio tutto sommato positivo di Lombardi sul dinamismo internazio-
n ale dell’ENI di Mattei: cfr. l’in tervista Gli obiettivi e le fin alità dell’offen siva con tro l’EN I,
«Avanti!», 13 marzo 1955.
388 G. Fenoaltea, La conferenza di Bandung, «Mondo Operaio», 7 m aggio 1955, p. 7.
389 Cfr. l’«Avanti!», 23 aprile 1955.
390 Cfr. Gli Stati Uniti d’Europa e il fascism o, pubblicato nel bollettino «Italia» del 20 di-

cem bre 1929, poi in A. Schiavi (a cura di), Esilio e m orte di Filippo Turati, Rom a, Opere Nuo-
ve, 1956, pp. 339-342. Sull’europeismo di Turati cfr. P. C. Masini, Filippo Turati e gli Stati Uni-
ti d’Europa, «Critica sociale», 5 gennaio 1972.
391 Cfr. Europeism o e fascism o, «Giustizia e libertà», 17 m aggio 1935 e, in generale, P. Gra-

glia, Unità europea e federalism o. Da «Giustizia e libertà» ad Altiero Spinelli, Bologna, il Mu-
lino, 1996.
392 Nel 1941 Caffi scriveva che «la creazione d’un com une governo superiore agli Stati na-

zionali sarà la principale direttiva della politica estera di un’Italia liberata» (Scritti politici, Fi-
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 127

Il loro europeism o,394 e in particolare quello di Eugenio Colorni,395 con l’ac-


cento sulle possibilità che si sarebbero aperte, in una federazione europea, per
un internazionalismo socialista autonom o rispetto alla volontà di potenza
dell’URSS396 e sul ruolo delle m asse nella conquista dell’unità europea,397 ebbero

renze, La Nuova Italia, 1970 , p. 30 3). Su Caffi cfr. D. Cofrancesco, Il contributo della resistenza
italiana al dibattito teorico sull’unificazione europea, in S. Pistone (a cura di), L’idea
dell’unificazione europea dalla prim a alla seconda guerra m ondiale, Torino, Fondazione Lui-
gi Einaudi, 1975, pp. 129-150 ; G. Bianco, Un socialista ‘irregolare’: Andrea Caffi, intellettuale
e politico d’avanguardia, Cosenza, Lerici, 1977; M. Bresciani, La rivoluzione perduta. Andrea
Caffi nell’Europa del Novecento, Bologna, il Mulino, Bologna 20 0 9; A. Castelli, Il socialism o
liberale di Andrea Caffi, «Storia in Lombardia», (1996), 2, pp. 129-167; C. Vallauri, Il sociali-
sm o um anitario di Andrea Caffi, «Storia e politica», aprile-giugno 1973, pp. 278-287; G. Landi
(a cura di), Andrea Caffi. Un socialista libertario, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 1996; S.
Spreafico (a cura di), Scritti scelti di un socialista libertario, Milano, Biblion, 20 0 8.
393 Silone era stato l’autore di una Dichiarazione del Centro Estero del Partito Socialista

Italiano (pubblicata sull’«Avvenire dei Lavoratori», 1° agosto 1942) nella quale si proponeva la
costituzione di una Federazione dei Partiti Socialisti d’Europa. Successivam ente (cfr. I sociali-
sti, la guerra, la pace, «Socialism o», 12 m arzo 1945; I socialisti al potere, «Avanti!», 23 m ag-
gio 1945) Silone delineò il ruolo di un’Europa m ediatrice tra Oriente e Occidente, tra marxi-
sm o, liberalismo, cristianesimo, tema non infrequente nella propaganda socialista di questo
periodo, ma in Silone fondato «su di una più rigorosa critica al collettivismo statalista sovietico
e su di una chiara rivendicazione di autonom ia dei socialisti dal PCI» (S. Pistone, L’Italia e
l’unità europea. Dalle prem esse storiche all’azione del Parlam ento europeo, Torino, Loescher,
1982, pp. 99-10 0 ), fino a definire l’ipotesi degli stati uniti socialisti d’Europa «l’unica via di sal-
vezza per il nostro continente» (Il com pito della nostra generazione, «Europa socialista», 23
febbraio 1947). Per le critiche di Silone ai limiti dell’internazionalism o socialista cfr. uno scritto
del 1947, La m issione europea del socialism o, pubblicato in «Critica sociale», 5 gennaio 1972.
394 Cfr., in generale, L’idea d’Europa nel m ovim ento di liberazione 1940 -1945, Roma, Bo-

nacci, 1986; V. Com pagnone, L’europeism o socialista da Turati all’iniziativa Rosselli, «Mondo
Operaio», m arzo 1990 , pp. 73-80 ; D. Felisini, 1943-1957. Il Partito Socialista Italiano e l’inte-
grazione europea, «Annali dell’Istituto Ugo La Malfa», 1987, pp. 216-226; C. Malandrino, So-
cialism o e libertà. Autonom ie, federalism o, Europa da Rosselli a Silone, Milano, Franco Ange-
li, 1990 .
395 Identica, in ogni caso, in Colorni, Rossi e Spinelli, è la convinzione per cui «la prim a me-

ta da raggiungere è quella di un ordinam ento unitario nel cam po internazionale» (dalla Prefa-
zione, scritta da Colorni, al Manifesto di Ventotene, in A.S. - E.R., Problem i della federazione
europea, Roma, Edizioni del movimento italiano per la federazione europea, 1944, p. 5). A que-
sto scopo i princìpi basilari di una federazione europea che non soffrisse della stessa debolezza
strutturale della Società delle Nazioni furono individuati da Colorni nei seguenti punti: «eserci-
to unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle lim itazioni
all’emigrazione tra gli stati appartenenti alla federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai
consessi federali, politica estera unica» (ivi, p. 8).
396 Cfr., a questo proposito, il progetto, datato agosto 1943, di dichiarazione dei socialisti

sulla federazione europea, apparso sul n. 6, settem bre-ottobre 1944, di «Unità europea», poi in
L. Solari, Eugenio Colorni. Ieri e oggi, Venezia, Marsilio, 1980 , pp. 140 -141.
397 Sul ‘classism o’ di Colorni cfr. E. Collotti, Solidarietà europea e prospettiva di un nuovo

ordine internazionale nel pensiero della Resistenza italiana, Annali della Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università di Trieste, 1965-1966, p. 45; G. Quazza, Resistenza e storia d’Italia.
Problem i e ipotesi di ricerca, Milano, Feltrinelli,1976, p. 231. In realtà, nel percorso filosofico
di Colorni, allievo di Martinetti e studioso di Leibniz, com e pure nei suoi scritti di m etodologia
della scienza e della storia, i riferim enti al m arxism o sono scarsissim i (cfr. N. Bobbio, Introdu-
zione, in E. Colorni, Scritti, Firenze, La Nuova Italia, 1975; cfr. anche la nuova edizione degli
scritti, curata da G. Cerchiai con il titolo La m alattia della m etafisica, Torino, Einaudi 20 0 9).
128 Capitolo I

indubbiam ente qualche peso nel processo di ricostruzione del PSIUP, anche se,
fin dalla dichiarazione program m atica del 25 agosto 1943, la creazione di una fe-
derazione europea venne strettamente collegata al superamento del capitalismo nei
vari paesi, viatico per la costruzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste.398
In questo periodo, nel ricostituito PSIUP, vi furono però anche posizioni me-
no strettam ente legate ai vecchi schem i dell’internazionalism o proletario. In una
m ozione del Com itato centrale del PSIUP per l’Alta Italia si legge ad esem pio che
«i socialisti danno il loro appoggio ai m ovim enti che agitano, senza m ire interes-
sate, l’idea di una federazione dei popoli europei, fondata sull’esigenza popolare
di stabilire un’unità econom ica e politica superiore agli stati e ad ogni form a di
autarchia nazionale».399
Si andava quindi facendo strada in diversi settori del Partito l’idea di un’Eu-
ropa neutrale, m ediatrice fra le due superpotenze e quindi in grado di favorire, in
tem po di pace, il m antenim ento della grande alleanza antifascista.40 0 Questa
speranza, destinata a rivelarsi illusoria, fu espressa, sia pure con accentuazioni di
diverso tenore sul carattere socialista della nuova Europa, oltre che da esponenti
di «Critica Sociale» com e Ugo Guido Mondolfo,40 1 dai m aggiori leaders del Parti-
to, com e Saragat,40 2 Morandi (o perlom eno in am bienti a lui vicini40 3 ) e lo stesso

Una testimonianza in questo senso ci viene da Nenni che, ricordando nei suoi Diari, il 31 mag-
gio 1944, il compagno caduto, scrive: «(Colorni) non era marxista e di ciò avevam o sovente di-
sputato» (Tem po di guerra fredda cit., p. 78). Sull’europeism o di Colorni cfr. anche, oltre alla
lettera dello stesso Colorni ad Ernesto Rossi del 5 agosto 1943 in E. Rossi, Epistolario 1943-
1967 cit., pp. 4-6, G. Arfè, Eugenio Colorni, l’antifascista, l’europeista, in A. Forbice (a cura di),
Matteotti Buozzi Colorni, Milano, Franco Angeli, 1979, pp. 58-77; N. Dell’Erba, L’itinerario
politico di Eugenio Colorni, «Mondo Operaio», novem bre 1984, pp. 126-132; E. Gencarelli,
Dalla Resistenza l’im pegno per un’Europa socialista, ivi, aprile 1972, pp. 27-30 ; Id., Profilo
politico di Eugenio Colorni, ivi, luglio 1974, pp. 49-55; P. Graglia, Altiero Spinelli, Bologna, il
Mulino, 20 0 8, pp. 162-164; L. Solari, Colorni e il federalism o socialista, «Mondo Operaio»,
m arzo 1979, pp. 123-129; Id., Colorni m ilitante europeo, intervista a cura di P. Am ato, ivi, no-
vembre 1980 , pp. 110 -111; M. Zagari, Attualità di Eugenio Colorni e l’europeism o socialista,
ivi, 5 m aggio 1964, pp. 33-34.
398 Cfr. l’«Avanti!» clandestino del 26 agosto 1943.
399 Cfr. ivi, 30 novem bre 1944.
40 0 Cfr. Unità europea, «Avanti!», 3 settem bre 1943; Il socialism o e l’unità europea, ivi, 28

febbraio 1944; Coscienza europea, ivi, 30 luglio 1944; L’Europa di dom ani, ivi, 23 gennaio
1945; La ricostruzione europea, ivi, 31 gennaio 1945; Socialism o europeo, ivi, 9 novembre
1945.
40 1 Cfr. Al lavoro! Scopi e direttive della nostra azione, «Critica Sociale», 15 settembre

1945. Sull’europeismo di U.G. Mondolfo, che riprendeva la polemica riformista sulla subordi-
nazione del PCI al terzinternazionalismo di matrice sovietica, cfr. D. Cofrancesco, La «batta-
glia per il socialism o» di U.G. Mondolfo. Riflessioni sullo Stato nazionale e l’Europa, in Aa.Vv.,
Socialism o e socialisti dal Risorgim ento al fascism o, Bari, de Donato, 1974, pp. 311-357.
40 2 Cfr. V. Sgam bati, Saragat e la scelta dell’Occidente, in P. Craveri - G. Quagliariello (a

cura di), Atlantism o ed europeism o, Soveria Mannelli, Rubbettino, 20 0 3, pp. 463-485.


40 3 Cfr. Missione d’Europa, a firma ‘p.’, in «Politica di classe», settem bre 1944 (sulla rivista

cfr. S. Merli, Dibattiti ideologici e politici nel PSIUP: «Politica di classe» (1944-45), in «Rivista
storica del socialismo», ottobre-dicem bre 1958, pp. 563-576). Morandi, d’altra parte, era stato
in gioventù vicino agli agli ideali mazziniani, tanto da essersi laureato nel 1925 a Pavia con una
tesi su L’idea universale della pace e di una Società delle Nazioni da Kant a Mazzini (cfr., al
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 129

Nenni. In tale senso si può, ad esem pio, intendere quanto quest’ultim o scrisse
nei suoi Diari il 14 agosto 1945, dopo un incontro a Parigi con il generale De
Gaulle: «Nel prendere congedo lo esorto ad aiutarci a fare l’Europa, che è il m o-
do m igliore per lui di servire la Francia, per noi di servire l’Italia».40 4
Ma il persistere, nei capi dell’ala classista-m assim alista del PSIUP, della diffi-
denza nei confronti della borghesia capitalistica, condannata in blocco com e fau-
trice di un nazionalism o guerrafondaio, e l’incapacità di trasform are l’istanza
neutralistica in proposta politica di governo, resero inevitabilmente ambiguo
l’europeism o del Partito.
Sostanzialmente più coerente, nel proprio utopism o e, talora, velleitarismo,
era la posizione dei giovani della ricostituita Federazione Giovanile Socialista e
della loro rivista, «Rivoluzione socialista», sulle cui pagine il futuro direttore
dell’«Avanti!», Tullio Vecchietti, così scriveva: «Nelle attuali contingenze cre-
diam o che il problem a della pace possa essere adeguatam ente risolto solo con la
federazione europea prim a, m ondiale poi, che pur conservando alle nazioni il lo-
ro diritto storico, e cioè l’unità etico-culturale, tolga ad esse la piena sovranità di
stati-potenza per trasferirla allo stato federale».40 5
Provenienti in gran parte dal MUP di Lelio Basso, influenzati dalla lettura
della Luxemburg e di Trotzky, questi giovani (tra i quali possiam o ricordare, ol-
tre a Vecchietti, Livio Maitan, Leo Solari, Ruggero Am aduzzi, Lucio Libertini,
Matteo Matteotti, Giorgio Ruffolo, Mario Zagari, Giuliano Vassalli) rifiutavano la
concezione del ‘socialism o in un paese solo’ ed auspicavano una rivoluzione so-
cialista a livello europeo. Costituita la corrente di «Iniziativa socialista» (alla
quale fece capo anche la rivista «Iniziativa socialista per l’unità europea», uscita
irregolarm ente nel periodo 1946-1948), i giovani della FGS, alleatisi con la cor-
rente Pertini-Silone, vinsero il XXIV Congresso del Partito, tenutosi a Firenze
dall’11 al 16 aprile 1946: fu nom inato segretario del partito Ivan Matteo Lombar-
do, che ne uscirà nel gennaio 1948.
Per le posizioni di politica estera di «Iniziativa socialista» è interessante la
lettera di dim issioni del 7 novem bre 1946 di Mario Zagari, responsabile esteri
dello PSIUP, ai m em bri della Direzione:

proposito, oltre alla citata biografia di Agosti, S. Merli, La form azione culturale e politica di
Rodolfo Morandi, in «Rivista storica del socialism o», luglio-settembre 1958, pp. 169-20 9).
Non a caso, quindi, Colorni scriveva a Rossi, nella già citata lettera del 5 agosto 1943: «Mi pare
che l’uomo da attirare nel nostro movimento sia Morandi [...]. È un ottimo organizzatore ed
uno degli uom ini politici più seri che abbia conosciuto» (E. Rossi, Epistolario 1943-1967 cit.,
pp. 8-9). Morandi rim provererà però a Rossi e Spinelli di aver abbandonato, con il loro federa-
lismo, ogni prospettiva di classe (cfr. P. Graglia, Altiero Spinelli cit., pp. 192-193, 228-231 e lo
scam bio di lettere tra Morandi e Spinelli, sotto il titolo Tre lettere sul socialism o e l’Europa, in
«Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà», m aggio-giugno 1944, pp. 47-61, poi in A. Spinelli,
Machiavelli nel secolo XX. Scritti del confino e della clandestinità 1941-1944, Bologna, il Muli-
no, 1993, pp. 219-227).
40 4 Tem po di guerra fredda cit., p. 139.
40 5 Sicurezza internazionale, «Rivoluzione socialista», 31 luglio-7 agosto 1944. Dello stesso

autore cfr. anche Il prezzo della pace, ivi, 15-22 ottobre 1944 e L’Internazionale e la federazio-
ne europea, ivi, 26 m arzo-2 aprile 1945.
130 Capitolo I

Nella difficile e delicata situazione internazionale determ inatasi dopo la fine del conflitto
m ondiale i Partiti socialisti europei si sono trovati sottoposti ad una eccezionale pressione
da parte dei due blocchi in form azione, che hanno nel socialism o il principale ostacolo ad
un libero svolgim ento delle rispettive politiche di potenza. L’unica linea d’azione che non
portasse i socialisti a tradire la loro stessa funzione ed a rinunciare alla lotta per la pace
contro le tragiche prospettive insite nella politica degli Stati, era ed è quindi condizionata
ad una rigida tutela dell’assoluta indipendenza del Partito nei confronti dei due blocchi.40 6

Zagari aderì quindi, come m olti altri esponenti della sua corrente, alla scis-
sione di Palazzo Barberini40 7 e fu sostituito nell’incarico da Tullio Vecchietti che,
in un colloquio avuto il 9 settembre 1947 con un anonim o esponente com unista,
tenne ad afferm are che il PSI si era assunto «un com pito tutto particolare nei ri-
guardi dell’attuale situazione del m ovimento socialista internazionale; esso è di-
ventato il canale attraverso il quale i partiti socialisti dell’Europa orientale, unitari
e strettamente legati ai rispettivi Partiti comunisti, cercano di influenzare i partiti
socialisti dell’Europa occidentale, attualm ente dom inati dai riformisti».40 8
Anche gli azionisti che erano confluiti, dopo lo scioglimento del Partito
d’Azione, nel Partito socialista, sottolinearono, per quello che riguardava la poli-
tica internazionale, com e una politica socialista non potesse fermarsi al sistema
dei patti bilaterali, m a dovesse sviluppare in ogni cam po accordi interstatali col-
lettivi ai fini di un’organica solidarietà europea.40 9
Già nell’ottobre 1944, nella Lettera aperta della segreteria del Pda dell’Alta
Italia al com itato esecutivo del Pda per l’Italia centro-m eridionale, redatta da
Foa e Valiani e rivista da Lom bardi, si insisteva sulla necessità di creare «un m o-
vim ento democratico europeo che in ogni Paese im ponga al proprio governo non
solo l’astensione dalla politica nazionalista ma la decisione positiva a federarsi».410
Nella lettera allegata alla dichiarazione di confluenza nel Partito socialista,
poi, Lombardi, dopo aver sottolineato, per quello che riguardava i rapporti PCI-
PSI, che non esistevano «solo due partiti e una sola politica, bensì due partiti e
due politiche», pose il problem a di una politica internazionale «che accolga e so-
stenga, e non solo am m etta o tolleri, le istanze di organizzazione dell’Europa su-
perando i gretti concetti di sovranità nazionale col principio che l’autarchia non è
garanzia dell’indipendenza delle singole nazioni e che l’Europa ha prospettive

40 6 ISRT, CFL, b. 2; cfr., su Zagari, l’introduzione di G. Arfè a Mario Zagari e l’Europa:

scritti e discorsi 1948-1993, a cura di G. Muzzi, Manduria, Lacaita, 20 0 6.


40 7 Su queste vicende cfr. F. Taddei, Il socialism o italiano nel dopoguerra: correnti ideali e

scelte politiche (1943-1947), Milano, Franco Angeli, 1984, pp. 246-384; L. Solari, I giovani di
Rivoluzione socialista, Rom a, IEPI, 1964; P. Caridi, La scissione di Palazzo Barberini: la crisi
del socialism o italiano, 1946-1947, Napoli, ESI, 1990 ; M. Punzo, Dalla Liberazione a Palazzo
Barberini: storia del PSI dalla ricostruzione alla scissione del 1947, Milano, Celuc, 1973.
40 8 FG, FM, b. 260 .
40 9 Cfr. la Lettera del Pd’A, «Avanti!», 31 agosto 1947.
410 Cfr. il testo della lettera in R. Lombardi, Lettere e docum enti (1943-1947), a cura di A.

Ragusa, Manduria, Lacaita, 1998, p. 115 e, in generale, su questi temi, E. Tortoreto, Riccardo
Lom bardi e le relazioni internazionali dalla Resistenza al 1957 cit., pp. 40 -45.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 131

d’indipendenza solo nella m isura in cui saprà darsi un’organizzazione collettiva e


un forte im pulso, se non anche una direzione socialista».
La lettera di Lom bardi fu pubblicata con il titolo Rafforzare un Partito socia-
lista legato alla classe operaia sull’«Avanti!» del 22 ottobre 1947, con una signi-
ficativa premessa redazionale: «Il docum ento [...] riflette la posizione di com pa-
gni che, pur sentendo con passione e con fede i problem i del socialism o e della
classe lavoratrice, necessariam ente non hanno ancora scontata un’esperienza
concreta in seno al nostro partito».411
Anche per quanto riguardo il Piano Marshall Lombardi, a differenza di Nen-
ni, fece prevalere, alm eno inizialmente, le istanze program m atiche. In un artico-
lo del novembre 1947 invitò le sinistre italiane, in caso di successo elettorale, a
favorire una politica di organizzazione europea degli aiuti am ericani ed i sinda-
cati a svolgere una politica di piano, di stabilizzazione dell’econom ia, che consen-
tisse il controllo, da parte della classe operaia, dell’utilizzo dei fondi ERP. Lom -
bardi così concludeva il suo articolo, dim ostrando com e, anche in questo caso, le
preoccupazioni di politica interna fossero prem inenti, sia pure nel senso di una
differenziazione tra socialisti e com unisti: «(Solo con una politica di program m a
il blocco delle sinistre) cessa di essere indiscrim inato e generico per divenire de-
term inato e specifico con finalità im m ediate precise, cessa il rischio di som m er-
gere e confondere le linee distintive del partito, gli specifici m otivi del socialismo
dem ocratico».412
Nella m ozione di «Riscossa socialista» al congresso di Genova si prendeva poi
atto della realtà del Piano: «Resta quindi la battaglia sulla sostanza, per evitare
l’im piego degli aiuti a fini diversi da quelli della collettività, per allontanare il pe-
ricolo di atrofizzam ento della nostra industria, di aggravam ento della questione
m eridionale, della perdita di tutte le nostre posizioni com merciali sui m ercati
che, per la loro struttura, avrebbero per noi le m aggiori prospettive».413
Così pure, intervenendo alla Cam era il 5 giugno 1948 nel dibattito sulle di-
chiarazioni program m atiche del nuovo m inistero De Gasperi, Lom bardi definì

411 Le posizioni di Lombardi sull’unità europea erano già state espresse in un opuscolo del

dicem bre 1943, Il Partito d’Azione. Cos’è? Cosa vuole?, e si svilupparono, nel suo periodo di
direzione dell’«Avanti!», con particolare attenzione al ruolo dell’Europa com e supporto eco-
nom ico e tecnico ai popoli im pegnati nel processo di decolonizzazione, in polem ica coi sosteni-
tori di un’Europa atlantica, dipendente econom icam ente e politicam ente dagli USA. Differente
era la posizione di un altro dirigente del Pd’A, confluito più tardi nel PSI alla testa dei sardisti,
Em ilio Lussu, che, ad esem pio, giudicava il Manifesto di Ventotene «decisamente conservatore.
La federazione degli Stati europei viene sostenuta com e pregiudiziale necessaria per un succes-
sivo graduale processo di socializzazione. Era m ettere un carro dinanzi ai buoi» (Sul partito
d’azione e gli altri. Note critiche, Milano, Mursia, 1968, p. 10 8).
412 R. Lombardi, Dalla m istica al program m a, «Avanti!», 18 novembre 1947; cfr. anche la

sintesi dell’intervento di Lombardi al Congresso di Roma del PSI del gennaio 1948 in F. Pedone
(a cura di), Il Partito Socialista Italiano nei suoi congressi, vol. V, 1942-1955 cit., p. 183.
413 Cfr. l’«Avanti!», 2 luglio 1948. Era questa la posizione anche degli uom ini della corrente

socialista della CGIL, come Santi, legati a Lombardi (cfr. il resoconto del colloquio tra i funzio-
nari dell’ambasciata americana e Santi inviato il 3 marzo 1948 dall’ambasciatore Dunn al se-
gretario di stato in FRUS, 1948, W estern Europe, vol. III, pp. 841-842).
132 Capitolo I

l’OECE «elem ento progressivo del Piano Marshall» perché avrebbe potuto dare
la possibilità ai paesi europei e particolarm ente all’Italia di sfuggire al pericolo di
un accapparram ento politico-m ilitare che effettivamente il Piano presentava.414
Ciononostante il gruppo socialista diede voto contrario alla ratifica degli accordi
di Parigi del 16 aprile 1948 che costituivano l’OECE perché, com e disse l’on. San-
sone nella sua dichiarazione di voto, «l’accordo internazionale in discussione fa
parte della politica generale che noi condanniam o com e Italiani, com e dem ocra-
tici e com e socialisti».415
La rottura col Com isco, avvenuta anche sulla posizione da tenere nei con-
fronti dell’ERP,416 sarà poi il segnale degli effetti di una orm ai m utata realtà in-
ternazionale e il preannuncio di una netta opposizione al Piano Marshall, m oti-
vata con il tim ore di un’ingerenza degli USA nella politica interna italiana e con
l’accusa al governo De Gasperi di asservire l’econom ia italiana alle esigenze m o-
nopolistiche ed im perialistiche.417
Nel suo intervento del 9 luglio 1948 alla Cam era nel corso del dibattito relati-
vo all’accordo tra Italia e USA sull’esecuzione dell’ERP Nenni afferm ò quindi
che, dietro le frasi sull’europeism o e sulla solidarietà internazionale, si nascon-
deva in realtà il tentativo di inserire l’Italia nel sistema politico occidentale: era
dovere dell’opposizione rivelare la vera natura delle cose e respingere l’aiuto
straniero.418
Se dunque, nel secondo dopoguerra, in tutta Europa «il confronto sulle alter-
native della politica econom ica fu il terreno su cui si accentuarono [...] le divisio-
ni tra socialisti e com unisti, il nodo centrale su cui si m isurarono, con riferim en-
to al m odello sovietico, le scelte di campo interne ed internazionale»,419 con la

414Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1948, p. 158.
415Ivi, p. 283. Cfr., su queste vicende, C. Pinto, Il riform ism o possibile. La grande stagione
delle riform e: utopie, speranze, realtà, 1945-1964, Soveria Mannelli, Rubbettino, 20 0 8, pp.
65-77.
416 Cfr. Settarism o della terza forza. La delegazione del PSI abbandona per protesta la

conferenza di Londra, «Avanti!», 21 m arzo 1948; Una m anovra respinta, ivi, 25 m arzo 1948;
Morandi chiarisce il senso del ricatto tentato contro il PSI, ivi, 26 m arzo 1948; La direzione
del partito approva l’opera dei delegati al convegno di Londra, ivi, 1 aprile 1948. Per la rico-
struzione di queste vicende cfr. R. Steininger, L’Internazionale socialista dopo la secoda guer-
ra m ondiale. Germ ania, Piano Marshall, Italia, in M. Petricioli (a cura di), La sinistra euro-
pea nel secondo dopoguerra 1943-1949 cit., pp. 159-175; sull’Italia e il piano Marshall M.
Cam pus, L’Italia, gli Stati Uniti e il piano Marshall 1947-1951, Roma, Laterza, 20 0 8; C. Spa-
gnolo, La stabilizzazione incom piuta: il Piano Marshall in Italia, 1947-1952, Roma, Carocci,
20 0 1; C. Villani, Il prezzo della stabilità. Gli aiuti am ericani all’Italia 1953-1961, Bari, Proge-
dit, 20 0 7, pp. 5-45.
417 Sui motivi dell’opposizione socialista al Piano Marshall cfr. anche P. Nenni, L’altro cor-

no del dilem m a, «Avanti!», 23 m aggio 1948; V. Foa, Piano Marshall ed esportazioni, ivi, 24
agosto 1948; Id., Protezionism o e Piano Marshall, ivi, 30 settembre 1948.
418 Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Rom a 1948, pp. 10 64-10 68. Anche

Lombardi assunse, verso la fine dell’anno, posizioni critiche verso i progetti di federazione eu-
ropea, destinati ad identificarsi con il blocco occidentale (cfr. R.L., Federazione senza Europa,
ivi, 12 novembre 1948).
419 V. Castronovo, Le sinistre e la ricostruzione econom ica, in M. Petricioli (a cura di), La

sinistra europea nel secondo dopoguerra 1943-1949 cit., p. 23.


Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 133

posizione assunta sul Piano Marshall il PSI si adeguò agli schem i economici ter-
zinternazionalistici del PCI, all’equazione tra capitalism o e fascismo (senza con-
siderare quanto di rooseveltiano vi fosse nell’ERP, con le accresciute prospettive
di intervento politico, almeno in teoria, in cam po econom ico e di controllo sui
m onopoli), alla prem inenza da dare alla ricostruzione nazionale, sottovalutando,
o m eglio, biasim ando ogni progetto su scala europea com e strumento in m ano
alla borghesia capitalistica ed im perialistica per accerchiare l’URSS. La sinistra
italiana fu quindi, in definitiva, incapace di delineare una politica economica al-
ternativa a quella einaudiana: quando nel 1949 la CGIL propose il proprio ‘piano
del lavoro’, troppo tem po era stato orm ai perduto (a prescindere dalle riserve
dello stesso PCI sul piano e i suoi obiettivi420 ) e il processo di m odernizzazione
dell’economia italiana era già stato avviato.
Eravam o peraltro orm ai in piena guerra fredda e, con essa, venne m eno l’idea
di un’Europa neutrale, m ediatrice fra le due superpotenze e quindi in grado di
favorire, in tem po di pace, il m antenim ento della grande alleanza antifascista,
l’ipotesi dell’Europa com e terza forza e la possibilità di conciliare europeism o ed
internazionalism o, almeno nel senso in cui questi due term ini erano intesi dai
dirigenti del PSI. Se con internazionalismo si intendeva infatti una pratica politi-
ca che rim andava alla Rivoluzione d’Ottobre (e non alla tradizione del socialism o
riform ista occidentale, che fu invece, com e abbiam o visto, accantonata), erano in
effetti pochi i legam i che si potevano trovare con la costruzione dell’Europa com e
si andava delineando.421 In questo m odo lo schem a dentro al quale la questione
europea fu inquadrata sarà quello «di un internazionalismo ecumenico che affida
all’ipotesi del crollo del sistema capitalistico l’abbattimento di tutte le frontiere».422

420 Cfr. A. Guiso, La colom ba e la spada cit., pp. 268-269; V. Foa, Il cavallo e la torre cit.,

pp. 252-253. Secondo una segnalazione del ministero dell’Interno del 18 giugno 1950 , il piano
andava a coincidere con una nuova fase dei rapporti interni alla CGIL, «caratterizzata da una
distensione sociale nel campo sindacale, a cui corrisponderebbe uno sganciamento dalle posi-
zioni politiche del PCI. Allo sganciamento ancora iniziale avrebbe contribuito, oltre che la na-
scita della nuova confederazione unitaria dei sindacati liberi, l’atteggiamento del PSI. L’on.
Santi, che nell’esecutivo confederale rappresenta la corrente socialista, negli ultim i m esi si sa-
rebbe varie volte espresso contro l’orientamento della CGIL e specialmente contro l’azione poli-
tica che l’on. Agostino Novella, in qualità di segretario organizzativo, svolgerebbe nei ranghi
sindacali. L’on. Santi sarebbe stato indotto ad assum ere questo atteggiamento dalla Direzione
del suo partito, preoccupato dal prevalere in tutte le Cam ere del lavoro degli elem enti comuni-
sti. L’on. Di Vittorio, personalmente, si sarebbe mostrato molto favorevole alla posizione as-
sunta dall’on. Santi. Sem bra, anzi, che vari screzi siano sorti tra lui e l’on. Novella sul piano or-
ganizzativo. In una delle ultim e riunioni dell’esecutivo della CGIL, l’on. Di Vittorio avrebbe ele-
vato vivaci critiche contro l’azione dell’apparato organizzativo, su cui egli non svolgerebbe al-
cun controllo diretto, come il principale responsabile della crisi della confederazione» (ACS,
Min. Int., PS, AA.GG. 1950 , b. 26). Per la posizione del PSI cfr. V. Foa, Il Piano del lavoro
strum ento di pace, «Avanti!», 1 m aggio 1951.
421 Cfr., su questo tem a, E. Di Nolfo, The Italian Socialists, in R.T. Griffiths (a cura di), So-

cialist Parties and the Question of Europe in 1950 ’s, Leiden, Brill, 1993, p. 90 e, nello stesso
volume (pp. 99-10 5) la testimonianza di Mario Zagari.
422 G. Arfè, Il percorso dell’europeism o socialista, «Socialism o Storia-Annali della Fonda-

zione Giacom o Brodolini e della Fondazione di Studi Storici Filippo Turati», 1989, p. 15.
134 Capitolo I

Il PSI della fine degli anni ’40 e dell’inizio degli anni ’50 era dunque un parti-
to 423 che si opponeva duramente alle prim e istituzioni com unitarie, com e il Con-
siglio d’Europa (di cui peraltro furono individuati anche i reali m otivi di debolez-
za, la m ancanza di reali poteri e la scarsa rappresentatività 424 ) e rivolse la propria
attenzione quasi esclusivam ente verso l’URSS ed i paesi del blocco sovietico, fi-
nendo per trovarsi com pletam ente isolato rispetto ai partiti socialisti dell’Europa
occidentale. Ma anche questo situazione non im barazzava di certo il partito. Nel
periodo più buio della guerra fredda le accuse rivolte dal PSI alle socialdem ocra-
zie occidentali e alla rinata Internazionale socialista (che, dal congresso di Fran-
coforte del 1951, aveva preso il posto del Com isco) riecheggiarono le tesi tipiche
del Com intern, fino alla svolta del 1935 e del VII congresso dell’Internazionale
com unista, nei confronti dei ‘socialtraditori’ (che anche il Com inform , successi-
vam ente, fece proprie 425): anticom unismo viscerale, tradim ento della lotta di
classe, servilism o verso il capitalism o:

Dietro alle socialdem ocrazie vi sono delle belle parole m a non gli interessi del ‘quarto sta-
to’ [...]. Questi Don Chisciotte dell’ideale an ti-com unista spronano le m asse lavoratrici a
seguirli in una battaglia contro i m ulini a vento. Ma che può im portare delle loro chiac-
chiere al m inatore francese che guadagna un salario insufficiente ai propri bisogni? La
socialdem ocrazia, se vuole battersi contro i m ulini, dovrà rassegnarsi ad essere abbando-
nata dalla classe operaia.426

423 Parzialm ente diversa è la posizione degli elettori socialisti, com e m ostra un sondaggio

condotto dalla Doxa nel marzo-aprile 1950 su iniziativa del «Movimento europeo»: cfr. P. Luz-
zatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia, vol. I, cit., pp. 783-791.
424 Cfr. R.L., Non è l’Europa, «Avanti!», 9 febbraio 1949; T. Vecchietti, L’‘Europa’ di Stra-

sburgo, ivi, 13 agosto 1949; G. Mazzali, Paneuropa, ivi, 25 agosto 1949; Id., Pleven non ci conti,
ivi, 21 novembre 1950 e inoltre l’ordine del giorno approvato, a proposito dell’istituzione del
Consiglio d’Europa, dai gruppi parlam entari socialisti (ivi, 10 febbraio 1949) e il testo del di-
scorso di Basso del 13 luglio 1949 alla Camera (Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Di-
scussioni, Roma 1949, pp. 10 291-10 30 2).
425 Nella sua relazione alla terza riunione del Com inform , svoltasi a Bucarest dal 16 al 19

novembre 1949, Togliatti aveva incitato alla lotta contro i partiti socialisti democratici, e in ge-
nerale contro tutti i partiti socialisti non strettam ente asserviti ai partiti comunisti (cfr. G. Pro-
cacci, a cura di, The Com inform . Minutes of the Three Conferences 1947/ 1948/ 1949, Annali
della Fondazione Feltrinelli 1994, pp. 783-80 3). Secondo un rapporto dell’am basciata italiana a
Mosca (a firma Lo Faro) del 5 dicem bre 1949, basato in buona parte sul testo di un editoriale
della «Pravda», Togliatti aveva m anifestato «diffidenze persino verso i partiti socialisti alleati
coi comunisti. Egli dice che bisogna controllare la lealtà e solidità dell’alleanza anche in basso,
non solo fra i capi: occorre quindi formare organizzazioni m iste di base, nelle fabbriche, ecc.
perché solo la collaborazione in quella sede assicura veramente la com pattezza del fronte socia-
lista. Questo significa, in sostanza, che i com unisti in genere e Togliatti in specie temono che i
socialisti si avvalgano della alleanza per rafforzarsi, mantenendo una indipendenza di organiz-
zazione che potrebbe essere dom ani, in tem pi di crisi, pericolosa. Non vorrei sbagliarm i, m a ho
l’im pressione che per la mentalità sovietica un socialista quale l’on. Basso senta un po’ troppo il
trotzkism o, e che la sua abilità nel tenere i contatti con la base sia alquanto sospetto» (ACS,
Min. Int., Gab., Partiti Politici 1944-1966, b. 38).
426 R. Uboldi, Un Congresso di lotte contro i m ulini a vento, «Mondo Operaio», 22 novem -

bre 1952, p. 5. Cfr. anche il testo del manifesto affisso a Milano in occasione della riunione
dell’Internazionale socialdem ocratica dell’ottobre 1952 alle federazioni, intitolato Unità nella
lotta per la pace prim a che sia troppo tardi! (FT, Direzione PSI, Serie circolari, b. 2, f. 8).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 135

I ‘socialisti’ europei si sono m essi fin da principio su quella china scivolosa che com incia
con la differenziazione program m atica e finisce sulle posizioni dell’avversario. Hanno ve-
duto nell’Unione Sovietica soltanto le cose che non erano di loro gusto, e non quelle di va-
lore universale; [...] ed è bastato questo per condurli a poco a poco a far da copertura agli
interessi più reazionari e ad essere colpiti da cecità di fronte alla sostanza dei problem i
econom ici e politici m ondiali e quindi anche europei, dei quali non hanno colto la sostan-
za, che sta nella necessità di collaborazione con i regim i dell’Est com e unica alternativa
per sfuggire alla colonizzazione da parte della m aggior potenza capitalistica dell’Ovest e
alla conseguente im possibilità non diciam o di qualunque avanzam ento del socialism o, ma
di qualunque progresso. Preoccupati più di se stessi che delle classi lavoratrici costoro
hanno obiettivam ente tradito la loro m issione storica nel m om ento stesso in cui essa si
annunciava con m aggiore urgenza.427

Il giudizio non era poi diverso nei confronti dei singoli partiti, dalla SFIO, alla
socialdem ocrazia tedesca e a quelle scandinave, al Labour Party (alfiere di una
politica di w elfare, m a non in grado «di fare dei lavoratori una classe politica ca-
pace di auto-em ancipazione e di auto-governo» 428 ).
Ma l’isolam ento del PSI diventava, nelle parole di Oreste Lizzadri, m otivo di
orgoglio di partito: «Avendo rotto ogni rapporto con gli altri partiti socialisti e
con la seconda Internazionale, il PSI era l’unico partito socialista rim asto in Eu-
ropa sul terreno classista ed unitario. Solo, nell’opporsi al Patto Atlantico; solo,
nella lotta contro la guerra coloniale e imperialista; solo, nella difesa delle conqui-
ste rivoluzionarie dei popoli e della classe operaia in Asia e nell’Est europeo».429
In particolare, per Nenni, la socialdemocrazia europea era responsabile del
«rovesciamento politico e sociale» che aveva portato da Yalta al Patto atlantico,
rendendo impossibile, con la sua funzione di mosca cocchiera dell’im perialismo
am ericano, la neutralità dell’Europa occidentale.430
Una posizione che assumeva anche connotati socio-economici, alm eno se-
condo quanto riferisce l’ambasciatore inglese Ashley Clarke a proposito di un suo
colloquio avvenuto il 14 gennaio 1954 con il segretario socialista. Secondo Nenni,
infatti, «non aveva senso paragonare la situazione del partito socialista in Italia
con quelle esistenti nelle altre nazioni europeee dal m om ento che non vi erano
da nessuna altra parte analoghe condizioni sociali. In nessuna altra parte, nep-
pure in Francia, vi erano la m iseria degradante e la disoccupazione di m assa ri-
scontrabili in questa nazione».431

427 G. Fenoaltea, Il Congresso dell’Internazionale socialista, «Mondo Operaio», 8 agosto

1953, p. 7.
428 L. Basso, Laburism o e socialism o, ivi, 22 febbraio 1950 .
429 O. Lizzadri, Il socialism o italiano dal frontism o al centro-sinistra cit., p. 151. Per

un’analisi per certi versi più raffinata della posizione del PSI nello schieramento socialista in-
ternazionale cfr. l’intervento di Riccardo Lom bardi durante la seduta della Cam era del 9 m arzo
1954 in Discorsi parlam entari cit., pp. 515-516.
430 P. Nenni, Responsabilità della sinistra socialista, «Avanti!», 29 gennaio 1950 .
431 Cit. in I. Favretto, La nascita del centrosinistra e la Gran Bretagna. Partito socialista,

laburisti, Foreign Office, «Italia contem poranea», marzo 1996, p. 42. L’isolamento del PSI e la
sua posizione particolare in cam po internazionale erano invece per Togliatti, evidentemente,
m otivo di apprezzamento: cfr. Socialisti e com unisti, «Rinascita», m arzo 1955, pp. 130 -131.
136 Capitolo I

Con queste prem esse la politica di cooperazione europea non poteva non ve-
nire giudicata, nel suo complesso, com e conservatrice dal punto di vista sociale,
non prevedendo alcuna riform a di struttura, e destinata inoltre, sul piano politi-
co, a portare ad una com pleta rottura tra Est ed Ovest. L’idea di una terza forza
diventò così un «connubio di apparenze fallaci al servizio degli interessi padro-
nali, localm ente, e im perialistici internazionalmente»; 432 durissim o era il giudi-
zio sui federalisti

uom ini al servizio dell’ultim a difesa capitalistica [...]. Non varrebbe del resto la pena di
parlare di queste piccole m osche cocchiere nel gran fracasso del carrozzone reazionario e
guerrafondaio, se non ci fosse una constatazione interessante da fare. Ed è questa: la m u-
sica non incanta più nessuno. Non c’è più un socialista che si lasci ingannare da tanto par-
lare di quel tale loro socialism o, non c’è un lavoratore che si lasci prendere alla trappola
[...]. Non è più tem po di facili inganni.433

Nel m aggio 1950 una circolare della segreteria del Partito vietò quindi for-
m alm ente agli iscritti al PSI di aderire al Movim ento Federalista Europeo.434
Anche rispetto al piano Schum an l’opposizione del PSI fu netta. Il piano non
venne giudicato com e un m odo per m igliorare le relazioni franco-tedesche, né
per realizzare una m aggiore integrazione econom ica del continente, dato che «il
cosm opolitism o clericale (di Schum an, di De Gasperi, di Adenauer) e quello va-
gam ente romantico di Sforza sono le nuove m aschere delle quali i gruppi m ono-
polistici si valgono per consolidare il loro potere», al quale si contrappone
«l’internazionalism o operaio e socialista [...] m anifestazione su scala mondiale
della lotta di classe contro il capitalism o».435
Mentre dunque il senatore socialista Rizzo, nel corso del dibattito parlam en-
tare sulla CECA, afferm ò che essa rappresentava «lo sforzo più brutale e più se-
rio del capitalism o m onopolistico per impadronirsi del potere politico»,436 Vitto-
rio Foa si troverà a giustificare il m alcontento di una parte degli industriali ita-
liani, tim orosi per un accordo siderurgico franco-tedesco, e scriverà che «nella
m isura in cui gli industriali sapranno resistere alla pressione avranno, senza ri-
dicoli tim ori di collusioni, l’appoggio delle m asse lavoratrici».437

L. Luzzatto, L’inganno della ‘petizione federalista’, «Mondo Operaio», 15 luglio 1950 , p. 6.


432

Ibidem .
433
434 La circolare fu pubblicata sul n. 126 del «Bollettino del Partito», 1-15 luglio 1950 , poi in

A. Benzoni - V. Tedesco, Il m ovim ento socialista nel dopoguerra, Padova, Marsilio, 1968, p.
76.; cfr. anche, a questo proposito, D. Felisini, Il Partito Socialista Italiano e l’integrazione eu-
ropea cit., pp. 258-259.
435 P. Nenni, Fasti e nefasti del capitalism o (da Trieste al piano Schum an), «Mondo Ope-

raio», 17 giugno 1950 , p. 1.


436 Senato della Repubblica, Discussioni, Roma 1954, p. 31728.
437 Il piano Schum an, «Avanti!», 24 gennaio 1952. Sull’atteggiam ento degli industriali ita-

liani verso la CECA cfr. F. Petrini, Gli industriali privati italiani e la CECA, in R. Ranieri - L.
Tosi (a cura di), La Com unità europea del carbone e dell’acciaio, 1952-20 0 2. Gli esiti del trat-
tato in Europa e in Italia, Padova, Cedam , 20 0 4, pp. 229-255 e, più in generale, Id., Il liberi-
sm o a una dim ensione. La Confindustria e l’integrazione europea 1947-1957, Milano, Franco
Angeli, 20 0 5.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 137

Il m otivo principale di critica rim ase com unque il fatto che il piano Schum an
appariva «concepito nell’am bito della politica am ericana di riarm o dell’Europa e
della Germ ania occidentale per fini orm ai dichiaratam ente offensivi verso
l’Europa dell’Est e l’Unione Sovietica».438 In sede di ratifica degli accordi di Pari-
gi, Lombardi afferm ò quindi che l’unità europea non era un’idea nuova, anche se
vi poteva essere un’unità dem ocratica e un’unità autocratica. Accusò quindi i
partiti di governo di ricalcare «la politica di Monaco, quando si volle lanciare la
Germ ania contro l’Europa orientale ed essa si volle lanciare contro l’Occidente.
Oggi fate lo stesso. Il pool è appunto un elemento che im pedisce sem pre più
all’Europa di sviluppare una sua politica autonom a». A parere di Lom bardi, in
altri term ini, l’aspetto econom ico e quello politico della questione erano, ancora
una volta, strettam ente intrecciati tra loro: la liberalizzazione del m ercato dei
prodotti siderurgici e la creazione di un trust franco-tedesco in m ateria m etteva-
no fortemente a rischio la stessa indipendenza nazionale italiana.439

24. «LA DISTENSIONE NON È MEDIAZIONE , MA LOTTA DI CLASSE»

In questo quadro cupo, nel 1953 finalmente parve aprirsi una fase nuova nella
vita politica internazionale: l’elezione di Eisenhower alla presidenza degli USA,
la m orte di Stalin e l’avvento, tra numerosi travagli,440 di un nuovo gruppo diri-
gente alla testa dell’URSS,441 la proposta di Churchill di una Conferenza tra i 4
Grandi,442 l’arm istizio in Corea sembrarono segnare la fine dello schem a
dell’inevitabilità della guerra tra capitalism o e comunism o (peraltro già afferm a-

438 P. Nenni, Può l’Europa ritirarsi dalla guerra fredda?, «Mondo Operaio», 10 giugno

1951, p. 1.
439 Cfr. il testo dell’intervento di Lombardi alla Cam era del 12 giugno 1952 in R. Lombardi,

Discorsi parlam entari cit., pp. 393-415; cfr. anche T.V. (Tullio Vecchietti), L’Europa di De Ga-
speri, «Avanti!», 16 settem bre 1952; V.D. (Virgilio Dagnino), Il piano Schum an, ivi, 21 m arzo
1954.
440 Cfr., sull’eliminazione di Berija, l’imbarazzato com m ento di Nenni, La grande occasio-

ne, ivi, 12 luglio 1953.


441 Nenni è m olto attento alle lotte di potere all’interno del PCUS, che interpreta nel quadro

della politica della distensione (cfr. ad esem pio quanto scrive nei suoi diari l’11 febbraio 1955 in
occasione delle dimissioni di Malenkov dalla carica di primo m inistro, Tem po di guerra fredda
cit., p. 649). Giorgio Fenoaltea spiegò invece la sostituzione di Malenkov ai vertici della diri-
genza sovietica nei più consueti term ini ‘strutturali’, senza però sottovalutare il peso dei fattori
internazionali che avevano contribuito al cambio della guardia al vertice del PCUS, irrigiden-
done la politica pur nella sostanziale continuità ed im pedendo a Malenkov di proseguire nella
sua politica di riduzione delle spese militari (cfr. Il Partito e l’elaborazione dei tem i di politica
estera, «Mondo Operaio», 5 marzo 1955, p. 25 ed inoltre T. Vecchietti, Realtà e fantasie, ivi, 9
febbraio 1955).
442 Cfr. il testo del discorso di Churchill ai Comuni l’11 maggio 1953 in «Relazioni Interna-

zionali», 16 m aggio 1953, pp. 487-490 .


138 Capitolo I

ta da Stalin in un’intervista alla «Pravda» del febbraio 1951 in cui propose un


patto di pace tra i 5 Grandi443 ) e dare vigore alla politica della distensione.444
Sul piano della politica interna fu annullata, se m ai c’era stata, l’ipotesi di una
conquista rivoluzionaria del potere grazie alla vittoria dello Stato-guida 445 e si
aprirono nuovi spazi, grazie anche alla crisi del centrism o, a seguito del fallimen-
to della ‘legge truffa’. In questo caso, il nesso tra politica interna e politica estera,
in un’ottica però ancora strettam ente legata a quella della guerra fredda, era sta-
to evidenziato in una circolare del 23 dicem bre 1952, a firm a Achille Corona,
dell’Ufficio stam pa e propaganda del PSI, avente com e oggetto Direttive per
l’azione contro la truffa elettorale:

L’orizzonte di questa lotta, proprio per essere difesa estrem a della dem ocrazia, dello
strum ento necessario ad afferm are la indipendenza e la volontà di pace, è – non lo si deve
perdere di vista m ai – orizzonte internazionale. Di qui la insistenza nel connettere conti-
nuam ente la situazione interna a quella internazionale [...]. L’approvazione di questa leg-
ge elettorale e la conseguente artificiosa conferm a del predom inio parlam entare dem ocri-
stiano cristallizzerebbe questa politica estera nel m om ento in cui più evidente se ne m ani-
festa il danno per il nostro Paese e più m inacciosi si fanno i pericoli per la pace interna-
zionale. Verrebbero cioè a im pedire ogni possibilità di scelta autonom a del popolo italiano
quando si ponesse il tragico dilem m a fra intervento e neutralità in un nuovo conflitto sca-
tenato dagli im perialisti. Ed è questa una delle fondam entali ragioni per cui la difesa della
proporzionale si inquadra perfettam ente in tutta la politica del PSI, intesa a porre al Paese
l’alternativa socialista.446

Sullo stesso piano, la circolare della sezione lavoro di m assa del 24 m arzo
1953 a firm a Vincenzo Gatto e Silvano Verzelli, avente com e oggetto Lotta contro
la CED e per la difesa della indipendenza nazionale:

Non v’è dubbio che i tem i della politica estera assum eranno una grande im portanza nella
prossim a com petizione elettorale. Il che com porta la necessità di una più vasta ed intensa
azione politica, propagandistica ed organizzativa da parte degli enti e m ovim enti dem o-
cratici al fine di avvicinare, orientare ed infondere fiducia a nuovi strati della pubblica o-
pinione sulle innum erevoli possibilità di estendere e rafforzare l’opposizione alla dissen-
nata politica dei fautori di guerra, e di avviare a soluzione i contrasti internazionali facen-
do ricorso solo al saggio m etodo dei negoziati; aprire all’Italia – con la sconfitta dei partiti
che hanno rinunciato ad operare per la prosperità e la indipendenza del Paese – la pro-
spettiva di un governo di concordia nazionale e di pace.447

La situazione non era dunque più totalm ente condizionata dalla divisione del
m ondo in blocchi contrapposti. Come am m ise lo stesso Nenni, anche la politica

443 Cfr. Intervista di Stalin sulla situazione internazionale e sulla lotta per difendere la pa-

ce in tutto il m ondo, «l’Unità», 17 febbraio 1951.


444 Una percezione com une più all’elettorato socialista che a quello com unista, com e m ostra

il sondaggio Doxa dell’aprile 1953 cit. in P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia, cit.,
pp. 689-692.
445 Cfr. ad esem pio P. Nenni, La distensione si fa in due, «Avanti!», 17 agosto 1952.
446 FT, Direzione PSI, serie circolari, b. 2, fasc. 8.
447 Ivi, b. 2, fasc. 9.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 139

internazionale aveva esercitato sulla cam pagna elettorale un notevole peso, «so-
prattutto la svolta intervenuta nella politica inglese col discorso dell’11 m aggio
del prim o m inistro Churchill in favore di una mediazione britannica tra Washin-
gton e Mosca e di un incontro dei Quattro Grandi ‘al più alto livello possibi-
le’».448 Se la politica estera aveva fino ad allora fortemente condizionato quella
interna, contribuendo alla posizione di stallo della sinistra socialista italiana, ora
la situazione internazionale diventava un fattore di m ovim ento all’interno del
quadro politico italiano.
Nenni espresse questa sua convinzione in un colloquio con Togliatti del 14
giugno 1953: «Mentre io sono essenzialm ente preoccupato dei problem i interna-
zionali egli mi pare prevalentem ente interessato ai problem i interni e sociali e a
un rallentamento della pressione del patronato e della polizia nel nord più che
verso il PCI verso i sindacati. Gli dico che non c’è una politica interna che possa
essere considerata fuori del quadro di quella estera. Ne conviene».449

Si apriva dunque una nuova fase per lo stesso PSI:

In tali condizioni il problem a del PSI è quello stesso della parte avanzata della società ita-
liana: è il problem a di uscire da una situazione di rottura verticale che lascia m argine sol-
tanto alle avventure; di ridare circolazione alle idee e alle iniziative spezzando i com par-
tim enti stagni; di ritrovare il contatto con le forze dem ocratiche di ogni form azione e de-
rivazione; di rendere nuovam ente possibile, il ricam bio, eventualm ente l’aperta collabora-
zione sui problem i concreti che l’Italia ha da risolvere.450

Le prospettive sem bravano dunque m utare. Eppure, al più, l’atteggiam ento di


Nenni e del PSI appare caratterizzato da una serie di posizioni oscillanti e con-
traddittorie: com e se si com inciasse a cogliere, lentam ente e faticosam ente, il
senso profondo degli avvenim enti che stavano m aturando, m a non si avesse la
forza e la volontà per rom pere con le vecchie certezze, per prendere l’iniziativa.
All’inizio Nenni, in realtà, è ancora legato a vecchi e rassicuranti schem i di in-
terpretazione della politica internazionale e dei suoi possibili riflessi su quella
interna, ad una certa dose di tatticism o,451 non sfuggita a De Gasperi nei colloqui
avuti con Nenni in questo periodo (nonostante il segretario socialista, proprio in
questi incontri, avesse giudicato orm ai superato il patto d’unità d’azione con il

448 P. Nenni, Dal Patto atlantico alla politica di distensione, Firenze, Parenti, 1953, p. 172.

In quello stesso discorso, com e sottolineò con soddisfazione Nenni nel com izio di chiusura del-
la cam pagna elettorale del 5 giugno (cfr. ivi, p. 181) Churchill si era richiamato al «pensiero
conduttore che anim ava Locarno», esprimendo la convinzione che «il grande problem a di con-
ciliare la sicurezza della Russia con la libertà e la sicurezza dell’Europa occidentale sia tutt’altro
che insolubile».
449 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 583
450 Id., Il problem a del PSI, «Avanti!», 10 m aggio 1953.
451 Su Nenni «tatticam ente brillante, m a strategicam ente incerto», cfr. le osservazioni di M.

L. Salvadori in Nenni e il socialism o italiano, «Mondo Operaio» cit., p. 61.


140 Capitolo I

PCI).452 È, di fatto, ancora il Nenni, che abbiam o già visto, nostalgico dei tem pi
della grande coalizione antifascista e dello spirito di Yalta, inteso com e ricono-
scim ento da parte statunitense delle situazioni createsi nell’Europa dell’Est e in
Cina, il Nenni per il quale «la politica della distensione corrisponde ad una fase
della lotta politica dem ocratica e della lotta di classe che possiamo dire di posi-
zione, in confronto alla fase precedente, che fu di urto e di m ovimento».453
Aprendo a Milano, il 18 aprile 1953, la cam pagna elettorale Nenni esprim eva
quindi il convincimento che «nessuno dei problem i che sono sul tappeto è di im-
possibile soluzione, a condizione di riconoscere la situazione di fatto creata
nell’Europa orientale dalla vittoria dell’Unione Sovietica e creata in Asia dalla rivolu-
zione cinese. Il mondo capitalista deve rassegnarsi a questa situazione di fatto» 454 .
Gli altri esponenti di spicco del PSI non erano da m eno. Non sorprende quin-
di che, quando si iniziò a parlare con più insistenza di distensione e si cominciò
ad intravederne una possibile utilizzazione in chiave di politica interna, questi
prim i sviluppi destarono, all’interno del PSI, soprattutto tim ori e perplessità. Ol-
tre che da Lelio Basso, il quale, riprendendo temi e toni del suo dissenso dalla
politica del PSIUP ai tem pi del CLN, paventò il pericolo di un’attenuazione della
lotta di classe e di accordi con le forze borghesi,455 gli ostacoli a questi prim i passi
sulla via della distensione interna ed esterna vennero da Morandi (che vedeva
crollare gli elem enti base della sua adesione al leninism o 456 e della sua visione

452 Cfr. il resoconto dell’incontro del 6 luglio 1953 in P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit.,

pp. 584-585; cfr. anche G. Andreotti, Intervista su De Gasperi, a cura di A. Gam bino, Roma-
Bari, Laterza, 1977, pp. 138-131 e M.-L. Sergio, De Gasperi e la questione socialista: l’anticom u-
nism o dem ocratico e l’alternativa riform ista, Soveria Mannelli, Rubbettino, 20 0 4, pp. 218-221.
453 P. Nenni, Cause, sviluppi e obiettivi della politica di distensione, «Mondo Operaio», 6

gennaio 1952, p. 1.
454 Id., Dal Patto atlantico alla politica di distensione cit., p. 478.
455 L. Basso, La parola ‘distensione’ e la sostanza, «Mondo Operaio» 1 novem bre 1952, p. 1.

Un com mento non firm ato seguiva poi l’articolo di Basso dando un’interpretazione strettamen-
te tattica della politica della distensione, «politica che tende a stabilire rapporti di collabora-
zione o di convergenza tra tutti coloro che si oppongono, per un m otivo e per l’altro, al bellici-
sm o americano ed atlantico». Lo stesso Basso ha ricordato che «già nel ’52 Nenni aveva deciso
di m utare politica e me lo disse [...]. Lo sorprese il fatto che io non condividessi neppure questa
nuova politica. Com e non ero stato frontista, così non ero disposto a diventare filo-
democristiano [...]. A fine ’54, attraverso De Martino, Morandi m i invitò a cena a casa sua. An-
che lui non condivideva i possibili sviluppi della politica di Nenni e m i invitò a riprendere parte
attiva alla vita del Partito» (Il PSI negli anni del frontism o, intervista a cura di G. Mughini,
«Mondo Operaio», luglio-agosto 1977, p. 63; cfr. anche G. Avolio, L’Unione Sovietica da Lenin
a Breznev nell’analisi di Lelio Basso, in Lelio Basso nella storia del socialism o, Quaderni
dell’Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Alessandria, 1979, p. 139; F. De Marti-
no, Un’epoca del socialism o cit., pp. 156-157, 168-169; il contributo di Elio Giovannini in G.
Monina (a cura di), Il Movim ento di unità proletaria 1943-1945. Con due contributi su Lelio
Basso e il PSI nel dopoguerra, Roma, Carocci, 20 0 5, pp. 181-20 6 e le lettere di Basso a Nenni
del 13 settem bre 1950 e del 1 dicem bre 1955 in FB, serie corrispondenza).
456 Per il leninismo di Morandi cfr. il discorso tenuto a Modena il 15 aprile 1950 al IV con-

gresso nazionale della gioventù socialista, «Avanti!», 18 aprile 1950 (cfr. anche, dello stesso
Morandi, la prolusione al corso di cultura m arxista tenuto il 24 m arzo 1952 presso la federa-
zione di Milano in La politica unitaria, Torino, Einaudi, 1975, pp. 145-159; Il genio di Lenin,
«Avanti!», 21 gennaio 1954).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 141

catastrofistica della realtà internazionale) e da settori che andavano coagulando-


si all’interno del PSI e che costituiranno il nucleo dei futuri ‘carristi’, attenti so-
prattutto alla necessità di m antenere la politica unitaria col PCI. Tullio Vecchiet-
ti, ad esem pio, presentando una raccolta di scritti edita sotto il titolo La politica
della distensione, scriveva:

Le incertezze [...] che ha creato un’inesatta interpretazione della politica della distensione
risalgono, per lo più, ad una erronea interpretazione del ruolo che avrebbero dovuto rap-
presentare i socialisti nel propugnare la distensione. Interpretare questa com e m ediazio-
ne tra i due estrem i, la reazione e il com unismo, com e hanno fatto alcune correnti laiche o
progressive, significa supporre che il ruolo dei socialisti debba essere quello dei m ediatori
[...]. La distensione invece non è mediazione, m a lotta di classe; non presuppone agnosti-
cismi o equidistanze, ma fede democratica e coscienza unitaria che possono portare, com e
debbono, a com prom essi necessari per ricreare la convivenza pacifica nella società bor-
ghese nella quale viviam o, m a sulla cui natura però non vi debbono essere dubbi. 457

A proposito del clim a interno al PSI in questo periodo e su questo tem a, ab-
biam o ritrovato, tra le carte di Francesco De Martino, recentem ente depositate
presso l’Archivio storico del Senato, un m anoscritto senza data (ma sicuram ente
databile al 1953), intitolato significativam ente Prim i passi verso una politica au-
tonom ista, che ben descrive il susseguirsi degli avvenim enti e la situazione (in-
terna al PSI e al quadro politico, com prese le preoccupazioni e le pressioni co-
m uniste) e che perciò riportiam o quasi integralm ente:

Il PSI ha sviluppato fin dal 1950 la politica che si è chiam ata della ‘distensione’. Tale poli-
tica consiste nell’offrire alle altre forze del paese una base m inim a per un com prom esso,
in m odo da consentire una più norm ale vita dem ocratica […]. In politica estera si richiese
un ‘rovesciam ento della tendenza’, cioè sostituire alla politica oltranzista atlantica, consi-
stente nella più spinta adesione alle direttive del Dipartim ento di stato am ericano, una
più m isurata e riservata politica. Tale politica non incontrò il favore del gruppo dirigente
governativo e dei partiti m inori alleati ad esso. Tuttavia, in occasione delle elezioni am m i-
nistrative del 1952, l’iniziativa per Rom a di Sturzo, sotto la spinta dell’Azione cattolica,
rivolta a costituire una lista civica con tutti i gruppi anticom unista, in essi com preso il
MSI, fece nascere soprattutto nei partiti m inori ed in specie nei repubblicani, che fanno
parte del governo, l’idea che il PSI potesse dare la sua collaborazione ad un nuovo fronte
dem ocratico tendente ad im pedire l’alleanza tra DC e fascisti. In tale clim a e nel corso del-
la cam pagna elettorale Nenni ha tentato di portare più innanzi la sua offerta di distensio-
ne con i suoi discorsi e dichiarazioni alla stam pa, ed in specie alla stam pa estera, dove ha
am m esso la possibilità di una collaborazione al governo del PSI anche senza i com unisti e
di una attenuazione della lotta contro il Patto atlantico qualora il popolo italiano lo avesse
riconferm ato con le elezioni politiche del 1953. In cam bio di tali offerte, Nenni dom anda-
va al governo una interpretazione meno oltranzista del Patto atlantico, com e quella di Be-
van in Inghilterra,458 il rispetto delle norm e costituzionali, l’abbandono dell’anticom uni-
sm o, il m antenim ento della legge elettorale proporzionale per le elezioni politiche. Le

457 T. Vecchietti, La politica della distensione, «Mondo Operaio», 24 gennaio 1953, p. 1.


458 Per l’attenzione del PSI nei riguardi delle posizioni di Bevan (i cui articoli venivano spes-
so ripresi dalla stam pa socialista) cfr. G. Tum iati, Un riform ista con spina dorsale, «Avanti!»,
29 aprile 1951.
142 Capitolo I

concessioni fatte durante la cam pagna elettorale sono sem brate a vari m em bri della Dire-
zione del PSI troppo grandi e tali da far nascere dubbi ed equivoci nel Partito e soprattut-
to il rinascere di posizioni opportunistiche. Inoltre i più recenti avvenim enti internaziona-
li, la firm a degli accordi di Bonn, l’inclusione della Germ ania nell’esercito europeo, le re-
pressioni anticom uniste in Francia stavano ad indicare un’accresciuta tensione nella guer-
ra fredda […]. In questa situazione, diversa da quella precedente, si è svolta la sessione
della Direzione del PSI. In essa hanno preso posizione apertam ente critiche nei confronti
del m odo con il quale era stata condotta da Nenni la politica della distensione Morandi,
Tolloy e Pertini. Pertini è stato il più vivace nella critica, Tolloy ha posto in rilievo l’aggra-
varsi della crisi internazionale e l’attuazione del piano strategico am ericano, che im pedi-
rebbe qualsiasi possibilità di distensione all’interno dei paesi atlantici ed in specie
dell’Italia, dove la DC è essa stessa il fascism o. Morandi è stato più pacato e ha fatto rile-
vare in m odo particolare i pericoli di equivoci e di deviazioni opportunistiche all’interno
del Partito. Altri hanno assunto una posizione interm edia, riconoscendo i vantaggi della
politica condotta da Nenni, m a richiedendo ulteriori precisazioni su di essa; tra questi De
Martino. La discussione è stata m olto approfondita […]. Sem brava a Nenni che le riserve e
le critiche espresse nei giorni precedenti non fossero giuste, perché egli non aveva fatto
altro che attuare la politica decisa dalla Direzione e dal Com itato centrale [...]. Quanto agli
sviluppi futuri dell’azione, egli riteneva necessario persistere nell’offerta di un com pro-
m esso, data l’estrem a gravità della situazione ed in ogni caso che il Com itato centrale do-
vesse afferm are la decisione del partito di presentarsi con liste separate, qualora venisse
m antenuto il sistem a proporzionale. Degli equivoci sorti nel partito egli faceva addebito
all’organizzazione e quindi implicitam ente a Morandi, perché i dirigenti delle Federazioni
non avrebbero fatto quanto si doveva per la popolarizzazione della distensione. Alcune
afferm azioni polem iche di Nenni venivano intese com e rivolte ad attenuare la politica
unitaria con i com unisti. La riunione venne sospesa e rinviata ai giorni precedenti il Co-
m itato centrale. Nel frattem po, fu richiesta dalla Direzione del PCI una giunta d’intesa; in
questa vennero poste ai dirigenti socialisti tre questioni:
1) La politica di distensione incide sull’unità d’azione dei socialisti e dei com unisti?
2) I socialisti ritengono che vi siano possibilità di esercitare un’influenza sull’attuale grup-
po dirigente dem ocristiano, da De Gasperi a Gronchi?
3) La formula ‘lotta contro l’oltranzismo atlantico’ equivale a quella della lotta per la pace?
In tale giunta veniva reso chiaro che la lotta contro l’oltranzism o equivaleva alla lotta per
la pace ed alla form ula com unista di lotta per un governo di pace. Sull’apprezzam ento del-
le possibilità d’influenza sul gruppo dirigente dem ocristiano, m entre i com unisti erano del
tutto scettici, Nenni invece esprim eva qualche speranza in Gronchi, il quale si sarebbe re-
so conto che non si può porre ai socialisti il problem a della rottura del patto di unità, m a
soltanto quello di im pegnarsi ad una applicazione nei casi singoli, cioè ad una valutazione
caso per caso. Nel riferire il risultato della giunta con i com unisti, Nenni chiariva vari
punti rim asti dubbi nella precedente esposizione, riafferm ando che nelle sue vedute la
distensione deve servire a sfruttare m olto di più le contraddizioni e i contrasti esistenti nel
fronte avversario, allo stesso m odo com e l’URSS in m odo estrem am ente abile riesce a far-
lo sul cam po internazionale […]. Il discorso di Nenni contribuiva a far cadere le asprezze
polem iche dei giorni precedenti. Anche Morandi, in un m inuto intervento, chiariva il suo
pensiero, afferm ando la volontà di proseguire nella politica della distensione, di farla me-
glio com prendere al partito, di fissarne i lim iti precisi e di svilupparla mediante un lavoro
collegiale [...]. Si è giunti così al Com itato centrale, dove è risultata chiara l’esigenza di
precisare i lim iti della distensione, in m odo da evitare gli equivoci e gli errori del partito,
di rinvigorire le lotte, di chiam are il partito ad una m igliore azione politica. Il docum ento
conclusivo fu approvato all’unanim ità […]. Il dissenso apparso in questi ultim i tem pi può
essere superato, m a non deve essere ignorato. La politica della distensione è giusta ed ap-
propriata alla situazione italiana, nella quale esistono contraddizioni di interessi econo-
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 143

m ici tra vari gruppi e ceti ed all’interno della stessa borghesia vi sono posizioni diverse e
contrastanti. La rinascita del fascism o rivela appunto che una parte della borghesia e i cir-
coli reazionari della Chiesa puntano su forze politiche più estrem e. Però nell’am bito dei
gruppi dirigenti non tutti accettano il fascismo e l’alleanza con il fascism o. Così, sul piano
econom ico, i ceti contadini sono particolarm ente colpiti dalle conseguenze della politica
econom ica atlantica, la quale ha provocato un aum ento delle m aterie prime per l’industria
e quindi l’aum ento dei prezzi dei prodotti industriali […]. È chiaro pertanto che l’iniziativa
del PSI ha notevoli possibilità di successo, se si intende rivolta ad am pliare le alleanze alla
base, m entre non ne avrebbe nessuna se si intendesse rivolta al gruppo dirigente attuale.
Per condurre innanzi tale politica, è chiaro che deve restare fuori discussione il patto di
unità d’azione, senza del quale qualsiasi politica sarebbe im possibile. Però il PSI non si
deve confondere con il PCI, deve m antenere il proprio linguaggio e le proprie possibilità
di iniziative. Esso deve essere aiutato e non ostacolato dal PCI nello sviluppo della sua a-
zione ed in specie per quanto riguarda le liste nelle elezioni, essendo chiaro che i blocchi
elettorali rendono più difficile l’azione dei socialisti rivolta a sfruttare i contrasti e le di-
vergenze nel blocco avversario.459

Era, evidentem ente, al di là delle conclusioni di De Martino e dell’abilità tatti-


ca di Nenni, un esplicito altolà (attraverso il fuoco congiunto della Direzione del
PCI e di am pi settori dello stesso PSI) persino nei confronti del passaggio alla
‘guerra di posizione’ auspicato da Nenni, che pure se ne rese conto: «Purtroppo
la m ia politica della distensione ha del piom bo nelle ali, m olto piom bo. Il com ita-
to centrale del partito [...] ne ha ribadito la validità, m a non ha purtroppo saputo
o potuto concretizzarla con iniziative».460

25. «LA RIDUZIONE DELL’E UROPA OCCIDENTALE A MANCIPIA DEGLI STATI U NITI »:
LA CED

La politica della distensione com unque procedeva, sia pure lentam ente e con
un andam ento oscillante. Anche l’atteggiam ento della Direzione del PSI si spin-
geva talora fino all’abbandono delle vecchie certezze, m a ferm andosi subito di
fronte alle nuove realtà. Nel luglio 1953, durante le consultazioni per la form a-
zione del nuovo governo, Nenni iniziò a riconoscere, di fatto, gli im pegni inter-
nazionali dell’Italia, chiedendo l’accantonam ento della ratifica del trattato della
CED, m a anche lim itandosi alla richiesta di una «interpretazione strettam ente
difensiva degli im pegni m ilitari»,461 secondo quanto da tem po suggerito da un
uom o a lui particolarmente vicino, il giurista Mario Bracci.462

459 ASS, CDM, b. 36, fasc. 260 .


460 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 528.
461 Cfr. Fronte e non fronte, «Avanti!», 2 agosto 1953 e soprattutto Prom em oria per Piccio-

ni, ivi, 5 agosto 1953, oltre allle osservazioni in proposito di S. Colarizi, La seconda guerra
m ondiale e la Repubblica cit., pp. 663-664; E. Di Nolfo, Il socialism o italiano tra i due blocchi,
in Trent’anni di politica socialista cit., pp. 59-60 ; P. Craveri, De Gasperi, Bologna, Il Mulino,
20 0 6, pp. 611-613. Un sondaggio dell’aprile 1953 rivela com unque che erano proprio i m ilitanti
e gli elettori socialisti a credere m aggiormente nella coesistenza pacifica (il 55%, contro una
m edia generale degli intervistati del 36%), m entre i comunisti sono i m eno fiduciosi (28%): cfr.
144 Capitolo I

Solo due anni prim a Sandro Pertini, in un com izio a Napoli, aveva criticato
vivacem ente la politica estera del Governo e, in particolare l’adesione dell’Italia
al Patto atlantico. Secondo la relazione del Prefetto Paternò

riferendosi alla possibilità dell’insorgere di un nuovo conflitto m ondiale, ha afferm ato


che, in tale eventualità, l’on. De Gasperi non avrebbe altra via che quella di chiudersi in un
convento di cui i socialcom unisti si affretterebbero ad aprirgli le porte, per consentirgli di
indossare il saio della penitenza e di im petrare l’eventuale perdono del Signore. A questo
punto l’oratore ha afferm ato che, se il Govern o darà all’Italia la pace, i socialcom unisti
grideranno «viva la pace» e se invece darà la guerra, i socialcom unisti grideranno «viva la
rivoluzione», giacché il conflitto internazionale non potrebbe non trasform arsi in una
guerra civile che investirebbe tutta l’Europa e le cui conseguenze ricadrebbero su coloro
che hanno accettato di com battere per gli interessi am ericani . 463

Pochi mesi dopo, Massimo Severo Giannini, allora docente all’Università di


Perugia, arringava i m ilitanti socialisti del capoluogo um bro sul tema La conven-
zione e lo statuto delle Forze arm ate atlantiche, dichiarando che «scopo del suo
discorso era quello di convincere i presenti, di qualunque tendenza politica, che
convenzioni com e quella del Patto atlantico non devono m ai essere accettate, an-
che se, per salvare le apparenze, esse sono state redatte in m odo da sem brare i-
spirate al criterio della reciprocità».464
La sostanza dei discorsi di Nenni, in questo periodo, non è molto diversa. Ad
esem pio, nella relazione al XXIX congresso afferm ava:

Soltanto la politica di pace e la forza dell’URSS e delle nuove dem ocrazie, soltanto la vo-
lontà di lotta di tutti per salvare la pace hanno im pedito che la guerra in Corea si allargas-
se a livello m ondiale […]. Lottare per la pace in ordine sparso contro avvresari uniti da
una sola politica, quella atlantica, e con uno strum ento m ilitare unificato per realizzarla,
sarebbe un errore che porterebbe alla sicura sconfitta della politica di pace. 465

Iniziano però ad apparire diversi, rispetto ai suoi com pagni di partito, i toni
utilizzati da Nenni, che mostravano una graduale, maggiore fiducia «nella possi-
bilità di una pacifica convivenza tra sistem i politici diversi, ricordando che su
questa premessa generale andava posta l’azione del partito».466 In una conferen-

P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia, vol. I cit., pp. 689-692 e, per l’uso da parte
socialista del tem a della distensione già durante la cam pagna elettorale del ’53, P. Facchi (a
cura di), La propaganda politica in Italia, Bologna, Il Mulino, 1960 , pp. 143-155.
462 Cfr. il suo Prom em oria sulla politica del PSI del 26 giugno 1952 in M. Bracci, Testim o-

nianze sul proprio tem po: m editazioni, lettere, scritti politici 1943-1958 , a cura di E. Balocchi
e G. Grottanelli De’ Santi, Firenze, La Nuova Italia, 1981, pp. 459-471. Per il ruolo di Bracci cfr.
L. Nuti, Mario Bracci e le origini del centro-sinistra, in A. Cardini-G. Grottanelli De’ Santi (a
cura di), Mario Bracci nel centenario della nascita (190 0 -20 0 0 ), Bologna, il Mulino, 20 0 1, pp.
65-10 2.
463 La relazione ACS, Min. Int., Gab. 1950 -1952, b. 70 .
464 Cfr. l’informativa del Prefetto di Perugia del 17 dicem bre 1951, in ACS, Min. Int., Gab.,

Partiti politici 1944-1966, b. 66.


465 Cfr. il testo della relazione in «Mondo Operaio», 20 gennaio 1951.
466 G. Vecchio, Pacifisti ed obiettori nell’Italia di De Gasperi cit., p. 250 .
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 145

za stam pa tenuta il 2 aprile 1951 Nenni riconobbe ad esem pio che, nelle condi-
zioni date, il Patto atlantico poteva essere «uno stato di necessità», invocando
solo «una m aggiore prudenza, una m aggiore cautela».467
Per questi motivi, la storiografia è apparsa abbastanza divisa nel considerare
il 1953 come data di un’effettiva svolta nella politica del PSI: m entre per Dom e-
nico Settem brini le prospettive di Nenni, in questo periodo, si collocano infatti
ancora in un’ottica di ritorno al tripartito e, com unque, di subordinazione al
PCI,468 altri autori hanno individuato nel ’53, nella politica della distensione, nel
lancio dello slogan dell’alternativa socialista,469 il m om ento di rottura col fronti-
sm o, destinato a m anifestarsi con tutta evidenza coi fatti del ’56.470 Parallela-
m ente, secondo Mario Del Pero, risale alla m edesim a data l’avvio di nuovi orien-
tam enti, o perlom eno di un nuovo interesse, di alcuni settori dell’am m ini-
strazione statunitense nei riguardi del PSI.471
Ciò è in parte vero m a, oggettivamente, com e abbiam o visto, perm anevano
dei lim iti nell’im postazione della politica socialista, percepiti dall’opinione pub-
blica.472 Risulta perciò difficile negare che quella del ’53 si rivelasse com e
«un’operazione tutta di vertice [...] che non im plicava, non dico un’autocritica
radicale, m a nem meno una cauta revisione ideologica».473
Qualche tensione tra dirigenti socialisti e com unisti dovette in ogni caso veri-
ficarsi, se è vero quanto afferm ato in un appunto, non privo di contraddizioni,
inviato al capo della polizia del 27 ottobre 1953:

L’on. Secchia, nel corso di una recente conversazione con alcuni com pagni di sicura fede,
pur afferm ando che non c’è alcun fatto nuovo che possa far pensare alla incrinatura del
patto d’unità d’azione, ha dichiarato che a) alcuni atteggiamenti dell’on. Nenni non incon-
trano l’approvazione del PCI; b) i com unisti sanno già da tem po che possono fare solo un
affidam ento relativo sul PSI; c) il PCI ha dovuto spesso m odificare alcuni suoi punti di
vista per non provocare rotture che sarebbero state irreparabili; d) i dissapori non sono

467 Cfr. La posizione delle sinistre italiane in politica estera. L’atteggiam ento del PSI, «Re-

lazioni Internazionali», 14 aprile 1951, p. 287.


468 Le ragioni di Saragat, «Mondo Operaio», marzo 1987, p. 116.
469 Cfr. P. Nenni, Attualità e necessità dell’alternativa socialista, «Avanti!», 15 febbraio

1953 e, per una specificazione, T. Vecchietti, Il significato dell’alternativa, ivi, 20 m aggio 1953
e l’intervento di Riccardo Lombardi nella seduta della Camera del 9 m arzo 1954, in Discorsi
parlam entari, vol. I, cit., pp. 499-50 0 , 50 3.
470 E. D’Auria, Verso nuovi equilibri, in Storia dell’Italia contem poranea, vol. VI, Napoli,

ESI, 1979, pp. 23-24; R. De Mucci, Il nuovo corso del PSI: prim a e dopo il 1956, in B. Groppo -
G. Riccam boni (a cura di), La sinistra e il ’56 in Italia e Francia, Padova, Liviana, 1987, pp.
369-370 , 378; L. Mercuri, 1943-1956, in Storia dell’Italia contem poranea cit., vol. V, p. 260 .
471 Gli Stati Uniti e il dilem m a italiano, in P. L. Ballini - S. Guerrieri - A. Varsori (a cura di),

Le istituzioni repubblicane dal centrism o al centro-sinistra (1953-1968), Roma, Carocci, 20 0 6,


p. 213; cfr. anche, sul tem a, G. Gabrielli, Gli am ici am ericani cit., pp. 278-289.
472 Cfr., ad esem pio, le osservazioni di Gaetano Salvemini riferite da M. Rossi-Doria, Guar-

dare trent’anni così com e sono stati, nel volum e curato da V. Foa e A. Giolitti, La questione
socialista, Torino, Einaudi, 1987, p. 146.
473 G. Sabbatucci, Il Partito socialista italiano, «Problemi del socialism o», gennaio-aprile

1987, pp. 50 -51, poi ripubblicato con il titolo Il traum a del ’56, in Id., Il riform ism o im possibi-
le. Storie del socialism o italiano cit., pp. 93-111.
146 Capitolo I

causati tanto da Nenni – che è l’unico socialista veram ente fedele al PCI – quanto dai suoi
collaboratori.474

In ogni caso, sebbene probabilm ente già a partire dalla fine del 1952 Nenni
avesse iniziato a rivalutare il ruolo di un’Europa mediatrice fra le due superpo-
tenze per uscire dalla situazione di stallo provocata dalla guerra fredda sul piano
internazionale e su quello interno,475 l’atteggiam ento del PSI nei confronti della
Com unità europea di difesa fu, anche questa volta, di opposizione intransigen-
te.476 Persisteva il tim ore di un’unione europea che non fosse legata alle «forze
creative della produzione», m a si rivelasse tributaria dei vari cartelli, «di interes-
si econom ico-politici extraeuropei, che perseguono fini extraeuropei»; 477 la CED
quindi, oltre a legittim are il riarm o tedesco,478 «repugnava al sentimento nazio-
nale», rivelando come suo scopo «la riduzione dell’Europa occidentale a m anci-
pia degli Stati Uniti, talché essa non possa più e in nessuna occasione fare una
politica propria, m a debba fare e non possa non fare quella qualunque politica
che agli Stati Uniti piacerà dettarle».479
In questo senso Nenni respingeva, con parole durissim e e con il consueto ri-
corso (alquanto forzato...) all’analogia storica, l’accusa di fare il gioco dell’URSS:

I m iserabili! Essi hanno sem pre trattato in questa maniera l’internazionalism o socialista,
non solo quando s’è trattato di pace e guerra, di neutralità e di alleanze, m a anche nelle
com petizioni interne. Sessant’anni fa Crispi scioglieva i Fasci siciliani, ne soffocava nel

ACS, Min. Int., AA.RR. 1951-1953, b. 110 .


474

Cfr. ad esem pio il testo del discorso pronunciato nel settem bre 1952, al ritorno dal suo
475

viaggio in URSS e dall’incontro con Stalin, di fronte al Com itato centrale (in «Mondoperaio», 4
ottobre 1952) e il successivo intervento alla Cam era del 16 ottobre: «Noi socialisti chiediamo
un’iniziativa europea, per m ettere le carte in tavola ed affrontare nel loro insiem e i problem i
europei: problem a della Germ ania in primo luogo, problema della pace con l’Austria, problema
di Trieste, problema delle relazioni econom iche e comm erciali fra l’ovest e l’est europeo. Per
una tale iniziativa l’Europa è più qualificata dell’Am erica e ha m aggiori possibilità di successo,
per quanto sia evidente che una distensione in Europa comporterebbe, in definitiva, una di-
stensione m ondiale e ne sarebbe la premessa o il preludio» (Cam era dei Deputati, Atti Parla-
m entari. Discussioni, Roma 1952, pp. 41550 -41553).
476 Cfr., sul tem a, J . Piccinini, L’opposizione socialista alla Com unità europea della difesa

(1950 -1952), «Ricerche storiche», gennaio-aprile 20 0 6, pp. 127-145; D. Pasquinucci, Europei-


sm o e dem ocrazia. Altiero Spinelli e la sinistra europea 1950 -1986, Bologna, il Mulino, Bolo-
gna 20 0 0 , pp. 37-38 e infine il saggio, di prossim a pubblicazione, di A. Landuyt, I socialisti, i
com unisti e i problem i della difesa nell’Europa occidentale (ringrazio l’autrice per averm i con-
sentito la lettura delle bozze).
477 G. Fenoaltea, Unione europea falsa e vera, «Mondo Operaio», 21 m arzo 1953, p. 5.
478 Cfr. V. Dagnino, L’esercito europeo m aschera della W ehrm acht, «Avanti!», 27 dicem bre

1951; R. Uboldi, Una trappola per instaurare la suprem azia della Germ ania, ivi, 27 febbraio
1953; C. Bonetti, «Tutto ciò che era tedesco nel 1938 deve ritornare allo Stato germ anico», ivi,
13 m arzo 1954.
479 G. Fenoaltea, Il trattato della CED, «Mondo Operaio», 7 marzo 1953, p. 5. Cfr. anche, T.

Vecchietti, L’antieuropeism o della CED, «Avanti!», 24 febbraio 1953; G. Fenoaltea, L’inganno


della CED dalla nascita ad oggi, «Mondo Operaio», 17 aprile 1954, pp. 1-5; R. Morandi, Il no-
stro no, «Avanti!», 23 m aggio 1954 e, per una critica delle posizioni socialiste, U. La Malfa, Eu-
ropa unita senza arm i?, «La Voce repubblicana», 22 luglio 1953.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 147

sangue l’agitazione e la rivolta, ne faceva condannare i capi dai tribunali m ilitari. E com e
si difendeva dalle accuse di uom ini com e Cavallotti o Im briani o Colajanni dei quali la
dem ocrazia borghese ha perduto financo la sem ente? Si difendeva accusando i Fasci di
voler «disfare l’Italia», di aver tentato «una spedizione all’inverso di quella di Marsala»,
di avere relazioni «con lo straniero», coi francesi e coi russi, li accusava di essere in com -
butta con «m ene di Potenze straniere» e andava fino ad inventare un trattato di Bisacqui-
no in cui si sarebbe convenuto di staccare la Sicilia dal regno per farne una base m editer-
ranea della Russia.480

Il problem a per Nenni diventò ancora una volta «quello di dare all’opinione
m ondiale coesione e forza di azione sufficienti a sm ascherare e a battere i fom en-
tatori della guerra fredda, per i quali la divisione del m ondo in due blocchi oppo-
sti è condizione di vita o di m orte [...]. Bisogna organizzare con som m a rapidità
una grande cam pagna di spiegazione e di azione contro la ratifica, e ciò in stretto
collegam ento con tutti gli avversari della CED».481
In questo senso anche il PSI tentò di utilizzare, sulle orme del PCI, nuovi
strum enti com e le filmine,

m ezzo di propaganda a carattere capillare. Esse sono fondam entali per le riunioni di ca-
seggiato, di strada, di cortile, di cascina, etc. Sono estrem am ente utili per rendere varia e
piacevole a tutti una conferenza su un determ inato argom ento [...] Vi segnaliam o un elen-
co di film ine, prodotte dai vari organism i di m assa, che possono essere utilizzate dai no-
stri propagandisti: La CED contro l’indipendenza dell’Italia. Cosa è la CED? Com e funzio-
na? Quali sono gli articoli che vincolano il paese alla politica bellicista am ericana? In che
m isura la CED viola la Costituzione e l’indipendenza del nostro paese? Quali sono i peri-
coli del riarm o tedesco? 482

Il 20 m arzo 1954 Nenni partecipò quindi a Parigi alla giornata anti-CED,483


m entre il Com itato centrale del PSI indiceva, il 10 aprile, una serie di com izi an-
ti-CED in tutta Italia.484 Sul piano interno, frattanto, il governo Pella ritardava la
ratifica del trattato CED per ottenere l’appoggio degli USA nella questione di
Trieste.485 Questo atteggiam ento fu, in buona sostanza, approvato da Nenni che,

480 P. Nenni, Il trattato di Bisacquino, «Avanti!», 7 m arzo 1954. È un tem a che Nenni aveva

trattato anche durante la guerra di Corea, ad esem pio in un com izio tenuto il 23 luglio 1950 a
Reggio Emilia (cfr. la relazione della Prefettura di Reggio Em ilia in ACS, Min. Int., PS, AA.GG.,
b. 26 e, sul tema, G. Fenoaltea, La difesa della patria, «Avanti!», 3 febbraio 1951).
481 Dal discorso del 23 novem bre 1953 di Nenni a Vienna, ai lavori del Consiglio m ondiale

della Pace, pubblicato con il titolo I problem i della pace nel m ondo, «Mondo Operaio», 5 di-
cem bre 1953, pp. 1-4.
482 Circolare della sezione stam pa e propaganda del 17 aprile 1953 in FT, Direzione PSI, Se-

rie circolari b. 2, fasc. 9. Sulle film ine cfr. A. Mignemi, La lanterna m agica: le film ine elettorali
del PCI, in Id., (a cura di), Propaganda politica e m ezzi di com unicazione di m assa tra fasci-
sm o e dem ocrazia, Torino, Gruppo Abele, 1995, pp. 385-389.
483 Cfr. P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 615, il testo del suo intervento in «Avan-

ti!», 23 m arzo 1954 e l’intervista rilasciata a «Combat», ibidem.


484 Cfr. la relazione di Vecchietti, La lotta nazionale e internazionale contro la CED, ivi, 13

aprile 1954.
485 Cfr. P. Pastorelli, La politica europeistica dell’Italia negli anni cinquanta, in La politica

estera italiana del dopoguerra, Bologna, il Mulino, 1987, pp. 244-246.


148 Capitolo I

in un’intervista al «New Statesm an and Nation», dichiarò: «(Noi socialisti ave-


vam o posto la condizione) che la ratifica della CED fosse accantonata fino a
quando fosse intervenuto il voto del Parlam ento francese e che nel frattem po si
cercasse una giusta soluzione alla questione di Trieste». 486
Il nesso nazionale-internazionale fu ancora più esplicitamente ribadito da
Nenni al Com itato centrale del 10 aprile 1954: «(La CED com porta) il sacrificio
della sovranità nazionale e quello di Trieste e del suo territorio sull’altare degli
interessi di potenza dell’Am erica [...]. La scelta di politica estera coinvolge tutti i
settori della politica nazionale».487
Anche nei confronti dell’articolo 38 del trattato istitutivo della CED, che pre-
vedeva la form azione di una Com unità politica europea, la critica fu risoluta poi-
ché, come afferm erà Lombardi nel suo intervento al Com itato centrale dell’11 a-
prile 1954, «la Com unità politica non è un correttivo, m a un aggravam ento della
Com unità m ilitare e, in definitiva, il suo logico sviluppo».488
Quando, il 30 agosto 1954, il trattato che istituiva la CED venne respinto, su
una questione procedurale, dalla Assemblea nazionale francese,489 nei com menti
di «Mondo Operaio» la soddisfazione fu esplicita: «Il fallimento della CED costi-
tuisce la più grave sconfitta subìta dall’im perialism o am ericano in Europa e il
tram onto delle form azioni politiche basate sull’oltranzism o atlantico e sulla dife-
sa degli interessi conservatori».490 Se con la CED si pensava di creare una com u-
nità politica europea ci si era scordati che «le unificazioni si fanno dal basso e
non per decreto dall’alto: è assurdo pensare ad una unità politica europea se non
esiste una coscienza europea, e la coscienza europea non si crea m escolando le
forze arm ate sotto l’egida di una Germ ania che pochi anni or sono è stata
dell’Europa il carnefice».491
Il problem a europeo era quindi politico, cioè «trovare la chiave della riunifi-
cazione pacifica della Germ ania nel quadro della sicurezza continentale»,492 ai
fini della distensione e della ripresa dei rapporti politico-econom ici con l’URSS,
poiché «non v’è europeo ragionante il quale consenta a chiam are Europa uno
spazio che dell’Europa escluda la parte m aggiore».493
Nenni ne approfittò quindi per ribadire, a caldo, la necessità di form are una
m aggioranza e un governo capaci di impostare una politica estera adeguata alle

486 Il testo dell’intervista fu pubblicato con il titolo L’opinione italiana e l’esercito europeo,

«Avanti!», 16 m arzo 1954.


487 Cfr. ivi, 11 aprile 1954.
488 Cfr. ivi, 14 aprile 1954.
489 Per un’analisi com parata dell’atteggiamento dei partiti italiani e francesi di fronte alla

CED, cfr. L. Risso, Divided w e stand: the French and the Italian political parties and the
riarm am ent of W est Germ any , 1949-1955, Cam bridge, Cambridge Scholars Publishing, 20 0 7.
490 F. Gozzano, La fine della CED, «Mondo Operaio», 4 settembre 1954, p. 5.
491 G. Fenoaltea, Una politica vitale dopo il fallim ento della CED, ivi, 18 settembre 1954, p. 2.
492 Id., La Conferenza a N ove, ivi, 9 ottobre 1954, p. 6
493 Id., Una politica vitale dopo il fallim ento della CED, cit.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 149

esigenze della distensione e della pace: un tale governo avrebbe potuto contare
sul «leale appoggio» dei socialisti.494
Con gli accordi di Parigi del 23 ottobre 1954 che, ampliando il trattato di Bru-
xelles del m arzo 1948, diedero vita all’UEO, il riarmo tedesco fu attuato tramite
la partecipazione della Repubblica federale tedesca alla Nato.495 Venne però m e-
no quel tanto di im pegno federalistico che era presente nella CED, anche se era-
no state rafforzate le basi, già poste con l’istituzione della CECA, di una duratura
collaborazione franco-tedesca.496
Se nei com menti della stam pa socialista fu sottolineato soprattutto, oltre al
dato dell’avvenuto riarm o tedesco,497 l’oggettivo indebolim ento delle speranze
federalistiche,498 è curioso notare com e Nenni, nei suoi Diari, giudichi l’UEO
m eno pericolosa della CED proprio per la rinuncia al carattere sovrannazionale
dell’alleanza e per l’accordo franco-tedesco sulla Saar.499 Nenni quindi, al m o-
m ento della ratifica alla Cam era degli accordi di Parigi, se da un lato biasimò la
m ancanza di una destra «che com e in Francia pensi in term ini di interessi nazio-
nali» 50 0 (mentre in realtà i gollisti votarono contro la CED e a favore dell’UEO, di-
m ostrando com e il vero motivo della loro opposizione fosse non tanto il riarmo
tedesco, m a l’art. 38 del Trattato che istituiva la CED), dall’altro adotterà, a diffe-
renza di Togliatti, e dello stesso Morandi al Senato,50 1 un tono com plessivam ente
m oderato, pur non rinunciando a sottolineare, oltre ai lim iti di quella che inter-
pretava com e una sorta di politica di equilibrio tra oriente e occidente, i rischi
del riarm o tedesco.50 2

494 Cfr. Una dichiarazione di N enni, «Avanti!», 31 agosto 1954; cfr. anche R. Am aduzzi,

Una politica europea, ivi, 1 settem bre 1954.


495 Cfr. A. Cannata, Dalla Ced all’Ueo, in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di),

L’Italia e la politica di potenza in Europa (1950 -1960 ),cit., pp. 755-774.


496 Per G. Fenoaltea, comunque, Mendès-France «porgendo alla psicosi europeistica ameri-

cana l’offa dell’Unione europea occidentale ha concluso l’accordo sulla Sarre e si è fatto cam-
pione della riconciliazione franco-tedesca; riconciliazione cioè degli Schneider con i Krupp»
(La sessione di Stoccolm a del Consiglio della Pace, «Mondo Operaio», 4 dicembre 1954, p. 4).
497 Cfr. T. Vecchietti, Le conseguenze della ratifica, «Avanti!», 27 novem bre 1954.
498 Cfr. G. Fenoaltea, A rim orchio l’Europa dell’UEO, «Mondo Operaio», 8 gennaio 1955,

pp. 3-4 e, dello stesso autore, Che cosa sono gli accordi di Parigi, ivi, 18 dicembre 1954, pp. 12-
21; L’UEO e le fatiche di Mendès-France, ivi, 22 gennaio 1955, pp. 3-6.
499 Tem po di guerra fredda, cit., p. 563.
50 0 Ivi, p. 638.
50 1 Cfr. l’«Avanti!», 12 m arzo 1955. Per Morandi «l’UEO, il significato che assume rispetto

alla CED, è quello di due passi avanti dopo un passo indietro sulla via della tensione interna-
zionale e della guerra» (Senato della Repubblica, Discussioni, Roma 1955, pp. 10 824-10 827). Il
12 m arzo 1955 Morandi inviò anche una circolare a tutte le federazioni, riproponendo il tema
della ‘campagna per la pace’(FT, Direzione PSI, Serie circolari, b. 3, fasc.15). L’intervento di
Lombardi del 22 dicembre 1954 puntò invece soprattutto, oltre che sul consueto argomento del
pericolo della rinascita del militarismo tedesco, sulla incostituzionalità dell’impegno di m utua
assistenza m ilitare contenuto negli accordi di Parigi (cfr. Discorsi parlam entari, vol. I cit., pp.
573-594).
50 2 Cfr. P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 639 e Cam era dei Deputati, Atti parla-

m entari. Discussioni, Roma 1955, pp. 15599-1560 4.


150 Capitolo I

A questo proposito, un appunto datato Milano 17 gennaio 1955, proveniente


del Ministero degli Interni, sottolineava che

in ordine ai dissensi fra PSI e PCI sull’UEO ed in generale sulla politica di differenziazione
del PSI nei confronti del PCI si segnala che l’on. Nenni, presidente del Movim ento dei
partigiani della pace, non partecipa, con vari pretesti, da due m esi, alle riunioni del com i-
tato nazionale che dovrebbe presiedere. Mentre il PCI prospetta l’UEO com e un evento
‘tragico’, Nenni ha considerato, quasi con una certa irrisione, questo m odo di prospettare
la situazione. Questa differenziazione di linea politica è interpretata, negli am bienti della
Direzione del PCI, com e un m ezzo per giungere ad un accordo per la form azione di un go-
verno Gronchi-Nenni e si teme che il PSI (e alcuni suoi esponenti, fra i quali l’on. Nenni)
siano propensi a rom pere i rapporti con il PCI per arrivare a detta situazione.50 3

L’atteggiam ento di Nenni è spiegabile con il tim ore che un governo sovranna-
zionale europeo potesse essere dom inato dagli USA e quindi divenire fattore di
divisione e non di distensione tra Est e Ovest. Il leader del PSI com inciò però
probabilm ente a capire la necessità di percorrere in Europa strade diverse. Ecco
quindi, al m om ento della sconfitta di Mendès-France, un giudizio com plessiva-
m ente positivo sull’operato dello statista francese: «Con la caduta di Pierre
Mendès-France la Francia ricade nella più deteriore politica senza princìpi, sen-
za ideali, senza volontà. Peccato! Pierre Mendès-France, m algrado l’avallo dato
al riarm o tedesco, m eritava una sorte migliore» 50 4 .

26. «LA VIA È ANCORA LUNGA»: TRA DISTENSIONE INTERNAZIONALE E APERTURA A


SINISTRA

Com e abbiamo sottolinerato, Nenni parve com unque a poco a poco rafforzar-
si nella convinzione che un m utato quadro internazionale, all’insegna della di-
stensione tra i blocchi, avrebbe potuto avere conseguenze favorevoli in politica
interna, consentendo nuove e m aggiori possibilità per l’azione e il ruolo del PSI.
Di questo tenore sono le speranze espresse dai suoi Diari sulla Conferenza dei
Ministri degli Esteri delle quattro grandi potenze, apertasi a Berlino il 26 gen-
naio 1954: «Com incia a Berlino la conferenza dei ‘quattro’ con Molotov, Foster
Dulles, Eden, Bidault. È in ogni caso un evento di grande im portanza. Sarà una
svolta? Se la risposta fosse afferm ativa m olte cose cam bierebbero anche da noi,
soprattutto da noi».50 5

50 3 IS, Fondo Democrazia Cristiana, Serie segreteria politica, Inform azioni riservate b. 247,

fasc. 15. Per un’analisi della posizione del PSI, e in particolare di Nenni, sull’UEO cfr. S. Cru-
ciani, L’Europa delle sinistre. La nascita del Mercato com une europeo attraverso i casi fran-
cese e italiano (1955-1957), Rom a, Carocci, 20 0 7, pp. 20 -22.
50 4 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 647 (nota del 7 febbraio 1955). Cfr. anche F.

Gozzano, Il prim o della classe, «Avanti!», 9 gennaio 1955; P. Nenni, Colloqui rom ani di Men-
dès-France, ivi, 12 gennaio 1955.
50 5 Tem po di guerra fredda cit., p. 60 8; cfr. anche P. Nenni, Dopo Berlino, «Avanti!», 21

febbraio 1954.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 151

Anche sulle colonne di «Mondo Operaio» em erse la soddisfazione per questo


incontro, già di per sé tangibile risultato della politica di distensione, svolgendosi
a quasi cinque anni dell’ultim a riunione tra i Ministri degli Esteri delle quattro
grandi potenze: «Una constatazione si im pone prima di ogni altra ed è che la
guerra fredda è scongelata, e non potrà essere ripresa, almeno nelle forme pre-
cedenti. I quattro uom ini di Berlino sono seduti a un m edesim o tavolo, conver-
sano, trattano: è un fatto di una im portanza che supera persino le apparenze, un
fatto destinato a segnare un’epoca».50 6
Eppure, di nuovo, scattò il «m eccanism o di solidarietà psicologica con i paesi
dell’Est» 50 7 e, alla fine, la conferenza di Berlino fu interpretata come «un succes-
so notevole del metodo e dell’im postazione della diplom azia sovietica», contrap-
posti alla «leggenda della divisione ideologica tra due m ondi assolutamente in-
conciliabili».50 8 Anche la conferenza sul problem a indocinese, apertasi il 26 apri-
le 1954, fu giudicata positivam ente non solo per il conseguim ento dell’arm istizio
in Indocina,50 9 m a anche perché gli USA erano stati costretti a fronteggiare
«l’ipotesi del com pleto isolam ento dopo sette anni di sforzi inauditi spesi ad iso-
lare l’Unione Sovietica, dopo sette anni di guerra fredda che minaccia di term i-
nare con la com pleta vittoria dell’avversario, dopo sette anni im piegati ad agitare
con una m ano il bastone della m inaccia e con l’altra la carota del borsellino per
ottenere un roll-back che in conclusione ha finito per funzionare in senso esat-
tam ente contrario a quello desiderato».510
Pure la conferenza al vertice del luglio 1955, term inata di fatto con il ricono-
scim ento dello status quo in Europa, fu interpretata, alm eno sulla stam pa di par-
tito, com e una vittoria della coerenza della politica estera sovietica, volta alla ri-
cerca della sicurezza delle proprie frontiere, e come il fallim ento di tutti i piani
occidentali «form ulati in m odo da non soddisfare quella legittima esigenza so-
vietica».511
Nell’analisi di Nenni vi è invece, anche questa volta, qualcosa di più e di di-
verso, la speranza (e la convinzione) che si fosse finalm ente voltata la pagina del
periodo più buio della guerra fredda, aprendo nuove prospettive anche in politi-
ca interna:

Uno dei più seducenti storiografi del nostro tem po, Guglielm o Ferrero, spiegava con la
paura della rivoluzione francese le vicissitudini dell’Ottocento e del Novecento, Napoleone
e la Com une, guerre e paci, rivoluzioni e controrivoluzioni, incontri e scontri. È una tesi a
volte ingenua a volte paradossale, e che tuttavia contiene un elemento di verità in quanto

50 6 G. Fenoaltea, Un prim o consuntivo della conferenza di Berlino, «Mondo Operaio», 20

febbraio 1954, p. 8.
50 7 A. Benzoni, Il Partito socialista dalla Resistenza ad oggi cit., p. 72
50 8 F. Gozzano, Il risultato della conferenza di Berlino, «Mondo Operaio», 6 marzo 1954, p. 11.
50 9 Cfr. P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 625; T. Vecchietti, Andare avanti, «Avan-

ti!», 21 luglio 1954.


510 G. Fenoaltea, L’isolam ento am ericano e la politica m ondiale, «Mondo Operaio», 17 lu-

glio 1954, p. 5.
511 Id., Gli avvenim enti internazionali nell’anno in cui nasce la distensione, ivi, 26 luglio

1955, p. 9.
152 Capitolo I

ci aiuta a capire i m oventi degli uom ini singolarm ente considerati, se non le leggi di ten-
denza della storia. La paura è stata per certo una delle cause di alcuni dei più gravi errori
dell’ultim o decennio. Se l’Europa se ne libera, se gli uom ini acquistano o riacquistrano
fiducia reciproca, il processo di liquidazione di dieci anni di errori potrà essere abbastanza
rapido ed agevole [...]. Per noi che nella possibilità della coesistenza pacifica abbiam o cre-
duto, per noi che, nei lim iti estrem am ente modesti delle nostre possibilità, abbiam o avuto
fiducia nella ripresa dei negoziati diretti, per noi che non abbiam o riconosciuto valida la
divisione del mondo e dell’Europa, è un grande giorno quello in cui si delinea una concre-
ta possibilità di convivenza [...]. Festeggiam o Ginevra im pegnandoci a liquidare gli otto
anni di analoghi errori che all’interno hanno ritardato, ostacolato e fuorviato il processo
di dem ocratizzazione dello Stato e della società iniziato dalla Resistenza.512

Esattamente nell’arco di tem po tra le due conferenze, come se ci si rendesse


conto della necessità di iniziare a guardarsi intorno, non potendo più rim anere
aggrappati alla politica dell’URSS, è lo stesso PSI a tentare di muovere i prim i
passi per rom pere il proprio isolam ento e recuperare una credibilità di im m agine
internazionale, cercando di riallacciare i rapporti con alcuni settori dell’Interna-
zionale socialista, soprattutto l’ala sinistra del Labour Party , guidata da Aneurin
Bevan.
In fondo, questo è il senso anche di una lettera inviata da Nenni, il 3 m arzo
1954, a Franco Fortini, nella quale, tra l’altro, tentò di spiegare il significato storico
della presenza del PSI e della non identificazione tra socialism o e com unismo:

Noi ci siam o messi alla scuola della rivoluzione sovietica – il più grande evento della sto-
ria m oderna – m a abbiam o anche visto chiaram ente (ciò che del resto non sfugge ai parti-
ti com unisti dell’Occidente) che nei paesi di larga tradizione liberale o in quelli di am pio
sviluppo laburista o socialdem ocratico, occorre fare i conti con un tipo di civiltà che con-
diziona anche lo sviluppo del m ovim ento operaio. Purtroppo la sintesi delle due esperien-
ze è m ancata e si è avuta la rottura, che com porta sem pre, da una parte e dall’altra, un e-
lem ento di radicalizzazione. Di ciò la m aggior responsabilità spetta alla socialdem ocrazia.
Dove, com e in Italia, c’è un partito com e il nostro, il m ovim ento operaio tiene conto delle
due esperienze, forse con tanta m aggiore difficoltà in quanto le caratteristiche dello svi-
luppo sociale del nostro paese fa sì che teniam o un passo nell’una e uno nell’altro.513

Su invito della Fabian Society , Nenni com pì quindi nell’estate 1954 un viag-
gio in Inghilterra, ove incontrò la segreteria del partito laburista.514 Nel colloquio

512 P. Nenni, Vinta la ‘guerra fredda’, «Avanti!», 24 luglio 1955; cfr. anche Tem po di guerra

fredda cit., p. 676.


513 ACS, CN, b. 26, fasc. 1371.
514 Cfr. il testo del discorso di Nenni al gruppo parlamentare laburista in «Mondo Operaio»,

7 agosto 1954, pp. 1-4 ed inoltre Tem po di guerra fredda cit., p. 627. Per la preparazione del
viaggio cfr., oltre alla testimonianza di K.S. Karol in Tra politica e im presa. Vita di Dino Genti-
li, a cura di N. Conenna e A. J acchia, Firenze, Passigli, 1988, pp. 91-96, le lettere di Gentili a
Richard Crossm an e a Nenni in ACS, CN, b. 26, fasc. 1395. Gentili svolse successivam ente an-
che il ruolo di ‘am basciatore’ di Nenni presso Fanfani: «Viene a trovarmi il dott. Gentili – nen-
niano – a recarm i i saluti di Bevan. Personalmente aggiunge che Nenni è sempre più deciso a
staccarsi dai com unisti e ad appoggiare un governo monocolore democristiano. Si rende conto
dei lim iti ad una simile azione, m a fa presente che il tem po di aprire non dura eternam ente»
(ASS, CF, Diari del 19 gennaio 1955; cfr. anche la nota del 18 marzo 1955).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 153

con Morgan Phillips del 22 luglio Nenni spiegò, quasi a titolo di giustificazione,
che «ad un certo m omento dopo le secessioni (sic) siam o stati ricacciati verso i
com unisti, mentre via via che ci siam o rafforzati organizzativam ente ed eletto-
ralm ente si è rafforzato anche il senso della nostra particolare funzione nella so-
cietà italiana [...]. Il Patto d’unità d’azione scaturisce dalle condizioni obiettive
della lotta di classe nel nostro Paese e non dalle tendenze cripto-com uniste che
m i sono attribuite».515
Perm aneva com unque, con tutta evidenza, della diffidenza reciproca se i col-
loqui londinesi con gli esponenti del Labour Party furono definiti, dallo stesso
Nenni, «un contatto ripreso e nulla più», nella coscienza, però, che la situazione
fosse orm ai «in m ovimento».516
Vi era però anche la necessità di attuare, nei confronti del Labour, perlom eno
una sorta di ‘strategia dell’attenzione’:517 sia i laburisti che i socialisti francesi fu-
rono quindi invitati, l’anno successivo, al congresso di Torino, m a entrambi rifiu-
tarono. Nella lettera d’invito inviata da Nenni il 25 febbraio 1955 alla segreteria
laburista è evidente, com e ha notato Sim ona Colarizi, il tentativo di riallacciare i
contatti alm eno con alcuni settori dell’Internazionale socialista:

Negli ultim i tem pi l’azione del PSI è stata su diverse questioni convergente con quella dei
partiti dell’Internazionale o di im portanti m inoranze di questi partiti. Ciò vale per la lotta
che il Labour Party inglese conduce per l’am m issione della Cina all’Onu, l’allontanamen-
to di Ciang Kai Scek da Form osa, l’incontro a quattro. Ciò vale per la linea coraggiosa del-
la socialdem ocrazia tedesca contro gli accordi di Parigi e il riarm o tedesco. Ciò vale per le
posizioni prese da larghe m inoranze laburiste o socialdem ocratiche contro la Ced, contro
l’Ueo, contro il riarm o gem anico.518

515 Tem po di guerra fredda cit., p. 627. In realtà, pochi giorni prim a, il 25 aprile, probabil-

m ente proprio in preparazione del viaggio a Londra, Nenni aveva posto a Togliatti, d’accordo
con Morandi, il problema del superam ento del patto, ottenendone una risposta interlocutoria
(cfr. ivi, p. 621).
516 Ivi, p. 627-628. Cfr. anche la nota dell’ambasciata italiana a Londra in ACS, Min. Int.,

Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 69 e la lettera di Nenni a Morgan Phillips del 2 agosto 1954
nella quale, dopo essersi detto dispiaciuto che il loro colloquio avesse suscitato allarme nei cir-
coli governativi italiani ed am ericani e ram maricato per le successive dichiarazioni di Phillips
(in cui negava che il Labour Party potesse stringere rapporti con un partito legato ai comuni-
sti), ribadì comunque le proprie posizioni: «Nella nostra conversazione io fui m olto lieto di
sentirla dire che il pensiero del Labour Party è sem pre quello di vent’anni or sono, quando la
questione fu discussa all’IOS; e cioè avverso per parte sua ad ogni collaborazione coi comunisti
il Labour Party riconosce agli altri partiti e movim enti socialisti la libertà di regolare i rapporti
coi comunisti secondo il loro giudizio e l’interesse delle lotte che conducono. Se nel 1948 tale
principio non fosse stato violato è probabile che il PSI sarebbe ancora nell’Internazionale So-
cialista per esercitarvi la propria naturale funzione di critica e di stim olo. Sulla base di questo
principio ritengo possibile ed augurabile migliori relazioni tra il PSI e il Labour Party » (ACS,
CN, b. 36, fasc. 1726). Sul viaggio di Nenni a Londra cfr. oltre a T. Vecchietti (Gli obbiettivi de-
gli incontri, «Avanti!», 25 luglio 1954) anche i com menti di Ugo La Malfa (Nenni a Londra,
«La Voce Repubblicana», 24 luglio 1954) e Ugoberto Alfassio Grim aldi (Rum ore attorno ad un
viaggio, «Critica sociale», 5 settem bre 1954).
517 Cfr. G. Fenoaltea, Un passo avanti del Labour Party , «Avanti!», 30 settem bre 1954.
518 Cfr. S. Colarizi, I socialisti italiani e l’Internazionale socialista 1947-1958 cit., pp. 24-25;

cfr. anche, sull’episodio, I. Favretto, La nascita del centrosinistra e la Gran Bretagna cit., pp.
154 Capitolo I

Se la risposta negativa del Labour fu influenzata soprattutto dalle pressioni in


tal senso del PSDI, per la SFIO il segretario generale Guy Mollet rispose all’invito
con una lunga lettera in cui ribadì (visto il suo successivo appoggio alla guerra
d’Algeria, potrem m o dire con una certa im prontitudine...) la

profonde divergence politique entre vous et nous sur ces principes auxquels vous afferm ez
rester fidèles: a savoir, l’internationalisme socialiste, la lutte contre l’im perialism e, et le
m ilitarism e, et l’opposition résolue à la guerre [...]. Si votre opposition à la guerre est aus-
si sincère que la nôtre est résolue, elle devrait vous conduire à dénoncer, com m e nous,
cette m enace perm anente de la paix que constitue l’expansionnism e soviétique [...]. Au
contraire, la soum ission constante de la direction et de l’appareil du PSI aux consignes et
aux im pératifs de la politique com m uniste italienne va chaque jour s’affirm ant. La con-
jonction dans les vetes parlem entaires des voix com m unistes et de celles du PSI, loin de
consolider la dém ocratie italienne, la m ine sourdem ent et lui prépare de som bres lende-
m ains. Elles tém oignent, l’une com m e l’autre, de la dépendance la plus absolue du PSI à
l’égard du Parti Com m uniste. Cette dépéndance, seule, s’oppose au regroupem ent de tou-
tes les forces socialistes et démocratiques de votre pays.519

27. «U N PASSO ALLA VOLTA»: IL CONGRESSO DI TORINO

«Sono della teoria che bisogna fare un passo alla volta perché un fatto provo-
ca a sua volta un altro fatto»: così, in un’intervista a «La Stam pa», Nenni presen-
tava il congresso di Torino,520 durante il quale ribadì, nella sua relazione, la posi-
zione assunta nei confronti del Patto atlantico, nei term ini di quello che sem brò
un vero e proprio program m a di politica estera di un futuro governo di centro-
sinistra:

Quali garanzie dovrem m o noi chiedere a un Ministero il quale per attuare una politica di
riform e e di rin vigorim ento della dem ocrazia avesse bisogno del nostro appoggio e dei no-
stri voti? Gli dom anderem m o in prim o luogo di attenenersi a una interpretazione genui-
nam ente difensiva e geograficam ente ben delim itata del Patto Atlantico. Gli dom ande-
rem m o di prendere e di appoggiare tutte le iniziative suscettibili di riavvicinare l’Ovest e
l’Est, di favorire la riunificazione delle due Germ anie fuori dei blocchi contrapposti, di
prom uovere la riduzione degli arm am enti, di attenersi ai voti della Cam era che lo im pe-
gnano a prendere l’iniziativa di una conferenza della sicurezza in Europa e a condannare
l’im piego delle arm i e delle bom be atom iche e nucleari. Gli dom anderem mo di non im pe-
gnare in nessun caso l’Italia in Asia se non in iniziative di pace, di riconoscere la Cina, di
iniziare con essa norm ali relazioni diplomatiche e com merciali. Gli dom anderem m o di

40 -41 Nello stesso periodo Raffaello Uboldi criticava però duram ente la politica, sia interna che
stera, dei laburisti (La ‘rivoluzione’ m ancata, «Avanti!», 28 maggio 1955).
519 Lettera del 29 m arzo 1955, in ACS, CN, b. 33, fasc. 1616.
520 e.f. (Enzo Forcella), Intervista con Nenni sui rapporti con il PCI, «La Stam pa», 31 mar-

zo 1955. L’intervistatore com mentava, con acutezza: «Non da oggi Nenni si m ostra favorevole a
questo tipo di navigazione bordeggiante, abbastanza aperto per non chiudere del tutto le strade
che lo dividono dai partiti dem ocratici, abbastanza chiuso per evitare di trovarsi di fronte a
scelte brusche e definitive» (cfr. anche E. Forcella, Una svolta lontana, ivi, 1 aprile 1955; Id.,
La chiave del problem a, ivi, 5 aprile 1955).
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 155

non frapporre ostacoli politici allo sviluppo degli scam bi com m erciali con l’Unione Sovie-
tica e con i Paesi dell’Est europeo. Gli domanderem m o, infine, di riprendere in term ini
realistici la questione dell’ingresso dell’Italia all’ONU e ivi trasferire il centro di irradia-
zione di una coerente politica italiana di pace. Nessuno di questi problem i è form alm ente
inibito all’iniziativa italiana, m algrado gli im pegni m ilitari, ratificati dal Parlam ento e sot-
toscritti dal Governo. Ognuno di essi, e il loro com plesso, richiedono uno spirito nuovo,
una capacità di iniziativa che finora è mancata, una grande prontezza nel cogliere tutte le
occasioni favorevoli per disincagliare l’Italia, l’Europa e il m ondo dalla contrapposizione
dei blocchi di potenza che in sé portano la m inaccia perm anente della guerra, com e il so-
cialism o in sé porta la prom essa e l’im pegno perm anente della pace.521

L’Ufficio Affari Riservati m ostrò com unque, nella sua nota inform ativa del
m aggio 1955, notevole diffidenza nei confronti dell’apertura di Nenni:

Il PSI m ira a raggiungere un m utam ento interno che dia a loro, com e ai com unisti, tutte le
libertà necessarie per sovvertire l’ordine costituito e per poter avviare una politica estera
che affianchi quella dei padroni sovietici. Ed infatti non hanno torto quei com m entatori
politici che rilevano una certa ‘sim patia’ fra le condizioni poste dall’on. Nenni, in materia
di politica estera, nelle sue offerte di ‘apertura’, e le suggestioni neutralistiche m esse in
atto in questi giorni dalla Russia. Le velleità neutralistiche che si riaffacciano negli attuali
orientamenti del partito socialista m irano abilm ente ad ottenere che l’Europa si estranei
dalla com petizione Stati Uniti-Russia e che risorga l’isolazionism o americano, all’evidente
scopo, una volta allontanata l’Am erica oltre Atlantico, di abbandonare la nostra dem ocra-
zia alla m ercè dell’esclusiva influenza sovietica.522

Il tem a principale del congresso di Torino fu però quello del dialogo con i la-
voratori cattolici di cui, poco prim a della sua m orte, fu protagonista, sia pure con
prudenza, Rodolfo Morandi.523 Segnali in questo senso si erano indubbiam ente
già avuti nei m esi precedenti (il dialogo con il teologo della Cattolica m ons. Carlo
Colom bo,524 l’attenzione nei confronti di personaggi com e don Mazzolari,525

521 Cfr. il testo della relazione di Nenni, nella parte relativa alla politica estera, in I nodi del-

la politica estera italiana cit., pp. 125-129.


522 ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività politiche 1950 -1962, b. 27. Viceversa, l’amba-

sciata inglese, solitam ente anch’essa piuttosto diffidente verso il PSI, m ostrò maggiore apertu-
ra. Il console Watkins nel suo rapporto afferm ò infatti che «è ancora troppo presto per dire
quali conseguenze ciò potrà avere nel futuro, m a anche se l’alleanza con i com unisti dovesse
rim anere in vigore, non vi è dubbio che il partito socialista, per quello che riguarda la politica
estera, ha preso in parte le distanze dai com unisti» (cit. in I. Favretto, La nascita del centrosi-
nistra e la Gran Bretagna cit., p. 45, n. 39).
523 Cfr. C. Vallauri, La crisi del ‘56 e il PSI, in Trent’anni di politica socialista cit., p. 79; G.

Baget-Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra. La Dc di Fanfani e di Moro, Firenze,


Vallecchi, 1977, pp. 28-34; M. Degl’Innocenti, Storia del PSI. Dal dopoguerra a oggi cit., p. 195.
524 Colom bo aveva sostenuto, in un saggio apparso su «Vita e Pensiero» nel settem bre 1953

(Giudizi teologico-politici sui risultati delle elezioni) che aveva suscitato una notevole eco, la
liceità, sia pure in linea teorica, della collaborazione tra socialisti e cattolici. La rivista, per il
diretto intervento del sostituto alla segreteria di Stato, Giovan Battista Montini (cfr. A. Torniel-
li, Paolo VI, Milano, Mondadori, 20 0 9, p. 167), aveva successivam ente pubblicato una precisa-
zione dello stesso Colombo, in cui venivano elencati i presupposti di un’eventuale collaborazio-
ne tra cattolici e socialisti: «che non costituisca un pericolo di slittam ento verso il comunismo,
o comunque verso la dittatura del proletariato; che avvenga su un programm a sociale rispon-
156 Capitolo I

l’apprezzamento nei confronti del messaggio del Natale 1954 di Pio XII,526 la lette-
ra con cui il cattolico Carlo Miotti annunciava la sua adesione al PSI,527 gli inter-
venti dello stesso Nenni528 e di Antonio Greppi,529 gli incontri riservati del marzo
1955 tra Mazzali e Fanfani e tra Morandi e il padre gesuita Messineo, direttore del-
la «Civiltà cattolica» 530 ) e proseguiranno successivamente (anche attraverso alcu-
ne circolari della Direzione del PSI 531, fino a culm inare nel messaggio indirizzato
dal patriarca di Venezia, card. Roncalli, ai partecipanti al congresso nazionale del
PSI, tenutosi, com e vedrem o, nella città lagunare nel febbraio 1957), pur m ante-
nendo elevato il tono della polem ica nei confronti della DC.532
Negli ultim i m esi della sua vita, inoltre, Morandi era certamente giunto ad
una diversa visione della situazione politica ed anche dei rapporti tra socialisti e
com unisti.533 Abbiam o, a questo proposito, l’interessante testim onianza di Mario
Potenza, allora condirettore della scuola quadri della CGIL: «L’incontro più inte-
ressante con Morandi fu l’ultim o [...]. In quella circostanza criticò i testi di storia
del m ovim ento operaio che erano adottati (tutti di estrazione PCI) dicendo che
bisognava rileggere il m ovim ento operaio in chiave diversa dalla m atrice lenini-
sta (e specie il m ovim ento operaio italiano) e che presto si sarebbe dato un diver-
so valore alle lotte che si erano svolte agli inizi del secolo».534

dente alla dottrina sociale cristiana e com e un passo verso la attuazione integrale della dottrina
sociale cristiana; che avvenga con la prudenza necessaria per non compromettere i supremi
valori cristiani». Per la risposta socialista cfr. C. Miotti, Giudizi teologici e realtà storica, «Avan-
ti!», 16 gennaio 1954.
525 Cfr. R. Carli-Ballola, I lavoratori cattolici non si identificano con la DC, ivi, 12 gennaio

1954.
526 Cfr. T. Vecchietti, Due aperture?, ivi, 4 gennaio 1955 e, per l’anno successivo, Id., Il m o-

nito di Pio XII, ivi, 29 dicembre 1955.


527 Pubblicata con grande evidenza sull’«Avanti!» del 15 gennaio 1955. Cfr. anche I rapporti

tra socialisti e cattolici in un’intervista di Nenni alla «Pravda», ivi, 11 agosto 1955.
528 Raccolti nel volum etto Dialogo con la sinistra cattolica, Milano, Ed. Avanti!, 1954.
529 Perché sono socialista pur essendo cattolico, «Avanti!», 18 novem bre 1955.
530 Cfr. P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., pp. 652-655.
531 Com e ad esempio quella senza data (m a probabilm ente del settem bre 1955) del respon-

sabile della sezione stam pa e propaganda, Ruggero Amaduzzi, a tutte le federazioni, intitolata
Richiesta di esem plari di pubblicazioni cattoliche e dc (FT, Direzione PSI, Serie circolari, b. 3,
fasc. 16).
532 Cfr. ad esem pio P. Nenni, La vita non aspetta i com odi della DC, «Avanti!», 14 novem -

bre 1954 e L. Basso, C’è per i cattolici una via dem ocratica?, ivi, 26 aprile 1956.
533 Morandi, che com unque nel suo discorso al congresso (cfr. ivi, 3 aprile 1955) difese stre-

nuam ente la storia del PSI, aveva, per il ruolo e la funzione svolta nel partito, anche il polso
della base del PSI: secondo un sondaggio Doxa della fine del 1955, oltre il 70 % dei simpatizzan-
ti socialisti auspicava una politica più autonoma rispetto al PCI (cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto
sconosciuto dell’Italia, vol. II cit., p. 50 6).
534 Cit. in S. Merli, Teoria e im pegno nel m odello Panzieri cit., p. XVII. Cfr. anche la già ci-

tata testimonianza rilasciata all’autore da A. Banfi: «I rapporti tra Lom bardi e Morandi ebbero
una svolta alla fine del ’54. Morandi venne a Milano, ebbe un incontro distensivo con Lom bar-
di: bisognava recuperare l’autonom ia del Partito perché con il PCI non si poteva più lavorare» e
inoltre L. Della Mea, Rodolfo Morandi a Torino: una svolta preannunziata, «Il Ponte», no-
vembre-dicembre 1989, pp. 111-128; S. Di Scala, Da Nenni a Craxi cit., pp. 185-187; P. Nenni,
La svolta del ‘56, intervista a cura di P. Amato in M. Accolti Gil - G. Arfè (a cura di), Pietro
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 157

Le possibilità (m a, ancor di più, i lim iti) del dialogo con il m ondo cattolico fu-
rono analizzati in una lunga lettera scritta il 24 m aggio 1954 da Paolo Vittorelli
(che, da lì ad un paio d’anni, sarebbe entrato nel PSI con il gruppo di «Unità Po-
polare») a Leo Valiani:

Mentre in Francia si è stabilito un dialogo proficuo tra forze cattoliche di rinnovam en-
to politico e sociale e forze laiche, confondendosi addirittura in pubblicazioni quali «Le
Monde» e «L’Express», per non parlare delle num erose pubblicazioni cattoliche che con
coraggio hanno difeso contro il novello Pio X quanto vi era da difendere nell’esperienza e
soprattutto nelle intenzioni che sim boleggiavano l’azione dei preti operai, in Italia la pau-
ra del neutralism o dei nostri terzaforzisti, l’incubo dei federalisti realisti di m ancare
l’autobus a tre ruote della CED, col quale ritengono erroneam ente di giungere alla prim a
ferm ata che porta all’unità politica europea, hanno fatto sì che il posto occupato in Fran-
cia dagli eretici della terza forza laica sia occupato non da noi, che siam o pochi, o dai par-
titi laici (e ancor m eno da frazioni di questi), m a da Nenni e dal PSI. Ed è evidente che in-
vece di avere un dialogo in profondità fra dem ocratici laici e cattolici si abbia un dialogo
tattico e superficiale, per salvare la faccia dell’alternativa socialista o per captare voti al
prossim o congresso dem ocristiano, fra Nenni e Gronchi […]. Uno degli errori che bisogna
principalm ente evitare è quello di costringere i cattolici sociali a scendere sul terreno m i-
nato (m inato in generale, m a m inato soprattutto per chi sta sotto la vigile sorveglianza dei
superiori ecclesiastici) della discussione ideologica. Se si volesse costringere Fanfani o chi
per lui a dichiararsi anche m inim am ente socialista si m anderebbe a m onte tutta
l’operazione. Analoga sorte avrebbe (e l’avrà nel caso di Gronchi se tenterà di spingere il
suo dialogo più in là) qualora si volesse ottenere, com e Nenni, un esplicito ripudio della
politica occidentalista e un’im plicita adesione, se non alla politica, alle conseguenze tatti-
che e propagandiste della politica sovietica. La discussione può diventare proficua solo
quando serva ad operare un riavvicinam ento, che è perfettam ente possibile, su concrete
iniziative riform atrici, forse più vicine al New Deal, in un prim o tem po, che all’esperienza
laburista, ossia tali da potersi attuare in singoli settori anche lasciando form alm ente intat-
ta la struttura capitalistica nel quadro del quale si opera. Ma qui rinasce il mio scetticism o
nei riguardi degli uom ini e delle forze italiane capaci di iniziare in m odo proficuo il dialo-
go. Non è detto che chi ha avuto il coraggio di resistere al fascism o o chi ha saputo lottare
contro il nazifascism o abbia sem pre la com petenza necessaria a elaborare concrete propo-
ste di riform a. Ogni qualvolta si vuol m ettere sul tappeto lo studio serio di un problema
econom ico e sociale nel campo socialista e dem ocratico, non appena si passi alla ricerca
degli uom ini, si trova il deserto. È senza dubbio una conseguenza del vuoto creato da
vent’anni di sospensione nella preparazione pratica della classe dirigente dem ocratica, m a
è un fatto del quale si deve tenere conto, specie in cam po laico, m entre esso è m eno evi-
dente in cam po cattolico, dove la sospensione è stata m eno netta […]. A m io avviso, i so-
cialisti si sono divisi in Italia e non riescono a riunirsi (e il discorso vale un po’ per tutti i
laici) non solo per effetto della situazione internazionale, che im poneva certe scelte, o per
effetto dei personalism i, m a perché nel giuoco delle alternative politiche essi non avevano
una soluzione propria da proporre e hanno quindi sem pre finito per accodarsi alla solu-
zione dem ocratico-conservatrice o a quella com unista.535

Nenni e l’autonom ia socialista, «Mondo Operaio», gennaio 1980 , pp. 74-77; R. Panzieri, Un
punto ferm o nella visione ideologica di Morandi. La politica unitaria del PSI, «Avanti!», 27
luglio 1956.
535 FF, CV, b. 1954, fasc. II.
158 Capitolo I

Nenni poteva, in ogni caso, trarre un bilancio del congresso nei suoi m oltepli-
ci aspetti e ipotizzabili risultati politici:

Si è trattato di un congresso difficile per i m ilitanti in quanto non era risultato m ai del tut-
to chiaro cosa in verità dovesse essere il dialogo coi cattolici; né c’era chiarezza attorno
alla idea dell’apertura a sinistra, ridotta nell’am biente parlam entare a ‘operazione Nenni’
quasi dovesse trattarsi di uno dei tanti pateracchi trasform istici in cui la classe politica
dirigente si logora in m ediocri intrighi [...]. Il Congresso ha chiarito a se m edesim o, e a
tutti i m ilitanti, com e il dialogo coi cattolici non sia un espediente propagandistico, m a un
serio ed organico tentativo di ricercare coi lavoratori cattolici, con le loro organizzazioni,
col loro partito, un accordo per realizzare il terzo tem po sociale, sulla base di una politica
generale in cui le riform e stiano com e una profonda esigenza di progresso econom ico, di
libertà e di dem ocrazia [...]. Il congresso ha inoltre chiarito, a quanti tem evano, o augura-
vano, che l’assunzione da parte del PSI delle responsabilità e delle iniziative inerenti alla
attuale situazione generale interna e internazionale andasse a scapito della politica unita-
ria, che tale non è il caso e che l’indipendenza – o com e altri dicono l’autonom ia – del
Partito non contrasta con la politica unitaria di classe nella m isura in cui questa rim ane
fedele alle esigenze di libertà, di dem ocrazia e di progresso sociale che condizionano ogni
concreto rinnovam ento della vita pubblica italiana.536

Speranze che sem brarono concretizzarsi, pochi giorni dopo la conclusione del
congresso di Torino, con l’elezione di Giovanni Gronchi alla Presidenza della Re-
pubblica al cui successo Nenni, con Guido Gonella, tra i dem ocristiani, contribuì
in m aniera decisiva:

Gronchi è uno dei pochi esponenti dem ocristiani che si sono battuti coraggiosam ente per
l’apertura a sinistra: egli ha visto, anche se con alcune riserve e pregiudiziali, nell’alleanza
della DC con il Partito socialista, il fatto politico nuovo e rinnovatore della società italiana
[...]. Sia questa elezione il prim o passo verso quell’apertura a sinistra che il congresso so-
cialista di Torino ha additato al Paese com e la sola strada per restituire all’Italia una poli-
tica di libertà, di progresso sociale e di pace.537

Anche a questo proposito l’Ufficio Affari Riservati notò che il PSI si era voluto
giovare della elezione di Gronchi «per portare acqua al proprio m ulino e per me-
glio fiancheggiare l’azione del partito com unista».538 D’altronde, la stessa amba-
sciata americana nutriva serie perplessità sulla figura del neo-eletto Presidente:
«Gronchi is one of the prom inent Christian-Dem ocrat’s who has for a long time
cham pioned leftward orientation in Italian politics. He is linked in the public
m ind with effort to wean PSI mem bership from alliance with PCI and his past
m aneuvers indicate he would have been capable m aking deal with Nenni in bid
for prem iership».539

P. Nenni, Dopo il Congresso, «Avanti!», 10 aprile 1955.


536

T. Vecchietti, Significato del voto, «Avanti!», 30 aprile 1955. Cfr. anche P. Nenni, Una
537

prim a apertura, ivi, 1 maggio 1955; T. Vecchietti, L’Italia aspetta un Giolitti d.c., ivi, 21 luglio
1955; P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., pp. 659-660 .
538 ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività politiche 1950 -1962, b. 27.
539 Telegram ma del 5 maggio 1955 al Dipartim ento di Stato in FRUS, 1955-1957, W estern

Europe and Canada, vol. XXVII, p. 265; cfr. anche, per le reazioni americane, M. Del Pero,
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 159

L’elezione di Gronchi ebbe com unque un’altra conseguenza, quella di ravviva-


re l’interesse del Dipartimento di stato verso il PSI, in previsione del settennato
alla Presidenza della Repubblica di un uom o legato, alm eno teoricam ente, alla
prospettiva del centro-sinistra. O, alm eno, così scriveva, nell’autunno 1955, nelle
sue lunghe lettere a Nenni, Guido Pazzi, docente di econom ia politica all’Univer-
sità di Messina, protagonista, nella prim avera del 1944, di una m issione, per
conto del governo Badoglio, presso il governo am ericano. Il ‘canale’ era, anche
questa volta, l’industriale italo-am ericano Paolino Gerli, ufficiale dell’OSS in Ita-
lia durante la guerra: Pazzi si offrì per una sua nuova m issione negli USA e cercò
anche di organizzare un incontro, in Italia, tra Gerli e Nenni, che non poté svol-
gersi in quanto concom itante con il viaggio di Nenni in URSS e Cina. L’atteg-
giam ento del leader socialista fu com unque m olto prudente, negando qualsiasi
investitura ufficiale, da parte del PSI, a Pazzi per un suo viaggio negli USA:

Il problem a di oggi non è quello del nostro accesso al Governo. Nell’ordine interno ciò che
chiediam o è l’esecuzione del m essaggio Gronchi. A un’opera di questo genere siam o di-
sposti a collaborare. Se la collaborazione dovesse com portare la partecipazione al governo
non farem m o questione di posti m a di cose, cioè di attuazioni nell’ordine politico e
nell’ordine econom ico-sociale nei lim iti del m essaggio sopra ricordato e della Costituzio-
ne. In politica estera non chiediam o il rovesciam ento delle alleanze, m a l’allargam ento
verso Est delle nostre relazioni, nello spirito della politica della distensione. 540

Nenni poteva così lanciare un’altra delle parole d’ordine che lo avevano reso
popolare, quella della politica delle cose, naturale evoluzione della politique
d’abord, una politica che interessasse i ceti progressivi e produttivi, con la for-
m azione di un governo che avesse nel suo program m a la nom ina della Corte co-
stituzionale, della legge sul referendum , dell’ordinam ento regionale, della rifor-
m a dei codici, l’introduzione dei patti agrari, il potenziam ento dell’IRI, lo svilup-
po del piano Vanoni. Non m ancava poi un riferimento più specifico alla politica
internazionale: «È un’ovvia verità che la scelta del Capo dello Stato, come quella
del Capo del nuovo Governo, è e sarà tanto più aderente alla situazione interna-
zionale quanto più è caduta e cadrà su uom ini i quali interpretano gli im pegni
dello Stato in term ini di pace, e di pace soltanto, e nella divisione dell’Europa e
del m ondo non si installano, m a da essa m uovono verso una concezione unitaria
dell’Europa e del m ondo».541
I nessi tra distensione internazionale ed apertura a sinistra e gli inevitabili ri-
flessi sui rapporti PSI-PCI 542 apparivano quindi, agli occhi di Nenni, sem pre più

L’alleato scom odo. Gli USA e la DC negli anni del centrism o (1948-1955), Roma, Carocci,
20 0 1, pp. 262-267. Per la posizione di Gronchi verso il PSI cfr. anche l’interessante Mem oran-
dum sul colloquio avvenuto il 23 luglio 1955 con Averell Harrim an, ivi, pp. 278-280 .
540 Nenni a Pazzi, 23 ottobre 1955, FN, CN, b. 55.
541 P. Nenni, La politica delle cose, «Avanti!», 8 maggio 1955; cfr. anche, dello stesso Nenni,

Conferm a internazionale, ivi, 22 maggio 1955 e inoltre, per l’avvio di una nuova politica italiana
nel Mediterraneo, R. Uboldi, Un ‘quinto grande’ nel Mediterraneo?, ivi, 21 dicem bre 1955.
542 Secondo un rapporto di polizia del 27 aprile 1955 i risultati del congresso di Torino irri-

tarono notevolm ente i vertici del PCI, al punto da «adottare un duplice metodo di battaglia: il
160 Capitolo I

evidenti, al punto da farne oggetto, il 27 settembre 1955, di un colloquio con Ma-


lenkov e Suslov: «Da noi, in Italia, la politica dell’apertura a sinistra è l’aspetto
nazionale della distensione in cam po internazionale. I due m ovim enti vanno a-
vanti insieme o sono destinati a fallire. La via è ancora lunga. Per percorrerla il
partito socialista ha bisogno di rafforzare in se stesso e verso gli altri, anche verso
i com unisti, la nozione della propria autonom ia».543
Lo sforzo di chiarire anche a se stesso questa sorta di rapporto dialettico tra
politica estera ed interna è affidato, al ritorno dalla patria del ‘socialism o reale’,
alle note dei Diari del 19 ottobre 1955: «Solo il disgelo internazionale può dare
conferm a ed uno sviluppo al disgelo interno. E viceversa. Per questo vale la pena
di im pegnarsi a fondo».544
È una posizione che non sfugge agli occhi attenti del Dipartim ento di Stato
am ericano, com e dim ostra il prom em oria del 17 gennaio 1956 del direttore della
divisione Affari occidentali, J ohn Wesley J ones:

Il prestigio di Nenni è stato grandem ente aum entato dallo ‘spirito di Ginevra’, l’effetto del
quale non è scom parso,545 e sem bra essere stato ulteriorm ente accresciuto dal sostegno
fornito dal suo partito alle m isure di riform a interne. La vecchia distinzione, relativam en-
te ben delineata, tra il centro e la sinistra sem bra scom parire, e Nenni trova relativam ente
facile proclam are senza battere ciglio la continuazione dell’unità d’azione con i com unisti
nello stesso m om ento in cui esprim e la volontà di appoggiare il governo nella legislazione
interna. Nel continuare queste due linee di condotta paradossali ha il vantaggio che
nell’agenda del parlam ento per i prossim i m esi non c’è nessuna questione significativa di
politica internazionale che lo costringa a sm ascherarsi (dal m om ento che il Centro resta
unito sulle questioni di politica estera).546

È curioso osservare com e l’analisi dell’Ufficio Affari Riservati giunga invece,


in una nota del novembre 1955, a conclusioni differenti:

I risultati, pressoché nulli, della conferenza di Ginevra hanno creato una situazione di di-
sagio per il partito socialista, il quale, prim a ancora d’ogni conclusione, si era lasciato tra-
sportare dall’ottim ism o ed aveva osannato alle larghe possibilità dello ‘spirito di Ginevra’.
Visti i risultati, ha dovuto far m acchina indietro ed accodarsi al partito com unista per ri-

prim o consiste nel tentativo di inserirsi nel colloquio auspicato da Nenni e da esponenti dem o-
cristiani appoggiando l’offerta di Nenni e facendo credere che si possa attraverso essa raggiun-
gere un accordo anche coi comunisti. La manovra più che ad evitare l’isolamento o ad inserire
il com unismo nel dialogo coi cattolici m ira evidentem ente a screditare l’iniziativa di Nenni [...].
La seconda via che i com unisti seguono per im pedire al PSI di prendere la sua strada è quella di
screditare presso la base i dirigenti» (ACS, Min. Int., AA.RR. 1954-1956, b. 85).
543 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 689.
544 Ivi, p. 710 . Pochi giorni prima T. Vecchietti aveva però avvertito i lettori dell’«Avanti!» a

non mutare «lo spirito di lotta e di vigilanza» (Distensione senza illusioni, 9 ottobre 1955).
545 Anche se ad esso sembravano credere più i militanti comunisti che quelli socialisti: cfr.

P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia, vol. II, cit., p. 10 0 9. La posizione del Diparti-
m ento di Stato era, in questo caso, influenzata dall’Ambasciata statunitense a Roma: cfr. il te-
legram m a dell’Am basciatrice in Italia, Claire Booth Luce, al Dipartim ento di Stato, 19 ottobre
1955, in FRUS, 1955-1957, W estern Europe and Canada, vol. XXVII, p. 294.
546 Cit. in L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra cit. p. 41.
Dall’«accettazione della legge di Guerra» alla «politica di distensione» (1948-1955) 161

petere che «l’onda del tempo e del progresso batte e ribatte» e che, in un modo o nell’altro,
con o senza «l’asse occidentale», la distensione andrà avanti sul piano internazionale e,
conseguentemente, su quello interno.547

Nel dicembre 1955 Nenni com inciò com unque a trarre alcuni conclusioni. Si
dim ise da vice-presidente del Consiglio m ondiale dei Partigiani della Pace (e dal-
la presidenza di quello italiano 548 ), am m ettendone, nella segretezza dei suoi Dia-
ri, il filo-sovietism o: « L’ho fatto volentieri perché la situazione non è più dram -
m atica come negli anni precedenti [...] e anche perché finivo per essere respon-
sabile di una serie di atti, alcuni ispirati da m e, altri no, che nascevano da inizia-
tive dei com unisti che non ero in grado ci controllare».549
Poche settimane prim a, il 7 settem bre 1955, Lombardi aveva inviato a Ferruc-
cio Parri il progetto di una nuova rivista di politica estera che avrebbe dovuto,
nelle intenzioni, sostituire (Lombardi scrive: «anzi, seppellire») «La Pace»
(l’organo del m ovim ento dei Partigiani della pace):

La rivista dovrebbe essere retta da una redazione qualificata, com posta da redattori che
rappresentino di fatto le correnti fondam entali dell’opinione pubblica (sinistre-cattolici-
terza forza), e che riconoscono nei seguenti presupposti il terreno unitario su cui m uover-
si: a) coesistenza, non intervento e m utuo rispetto, unità tedesca al di fuori dei patti m ili-
tari, fine della politica dei blocchi contrapposti, disarm o atom ico e generale; b) ricerca ed
elaborazione di una funzione autonom a (politica, econom ica e culturale) dell’Europa (non
la piccola Europa); c) ricerca ed elaborazione dei tem i unitari, nazionali di una politica
estera italiana autonom a (nei suoi riflessi politici, econom ici e culturali; d) ricerca e valo-
rizzazione di tutti i ferm enti, prese di posizione, m anifestazioni di opinione a favore di un
radicale m utam ento dei rapporti internazionali sia all’estero che all’interno […] La rivista
(titoli possibili: «Nuova Europa», «Orizzonti europei», «Il Continente») dovrebbe, per
poter acquistare più facilm ente una propria vitalità e per evitare inutili equivoci e polem i-
che, essere com pletamente distaccata dal Movim ento, con i seguenti im portanti vantaggi
per il Movim ento stesso, contrariam ente a quanto appare a prim a vista: a) la rivista, così
im postata, se non è più un organo del Movimento, è però uno strum ento concreto e diret-
to della lotta per la pace, data la sua im postazione e le finalità che si propone; b) si rivolge
ad un pubblico selezionato, che ha un peso im portante nella pubblica opinione, che la ri-
vista «La Pace» non è riuscita e non poteva interessare c) è uno strum ento, sia pure indi-
retto, di direzione del Movim ento in quanto può aiutare i nostri Com itati provinciali, in
questo periodo particolare in cui si im pone un arricchim ento politico della loro iniziativa,
a ritrovare più facilm ente le linee e i m odi di un’azione che favorisca l’incontro e le con-
vergenze di nuove, diverse forze politiche.550

547 ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività politiche 1950 -1962, b. 27.
548 Cfr. la lettera a Celeste Negarville del 18 dicembre 1955 in ACS, CN, b. 34, fasc. 1652.
549 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., nota del 18 dicem bre 1955, p. 719.
550 ACS, CP, b. 77, fasc. 368.
Capitolo II

«LA LEZIONE DEI FATTI»


(1956-1957)

Conosco gente che in venti anni non si è m ai rim essa


dall’esaurim ento nervoso preso in quell’annata

(Franco Fortini)

1. DALLE VECCHIE CERTEZZE ALLE NUOVE REALTÀ? U N ’IMPRESA DIFFICILE

Il quadro internazionale era dunque, alla m età degli anni ’50 , in fase di rapi-
da evoluzione. La società italiana pure. Mentre nel marzo 1955 la Fiom -Cgil su-
biva un grave insuccesso alle elezioni per la com m issione interna alla Fiat, pas-
sando dal 63,2% al 36,7%, il capitalism o sm entiva le profezie sulla propria pro-
gressiva incapacità a generare sviluppo: basti pensare, proprio durante gli anni
’50 , al passaggio da un’econom ia ancora essenzialm ente legata all’agricoltura ad
un altro tipo di sviluppo incentrato sull’industria e sulle grandi fabbriche del
Nord, con il fenomeno dell’em igrazione e con la nascita di ciò che, d’ora in poi, si
chiam erà ‘neocapitalism o’.1
Sulla situazione della classe operaia alla Fiat Vittorio Foa scriveva il 15 m arzo
1955 a Pietro Nenni:

Nelle fabbriche torinesi, e in particolare alla Fiat, vi è un solo grande problem a, che riflet-
te di sé tutti gli altri, e che non bisogna velare, anzi bisogna affrontare in tutta la chiarez-
za: quello della difesa della libertà e dei diritti costituzionali. Una offensiva senza prece-
denti tende a ripristinare nelle fabbriche il clim a che fu del fascism o. L’intim idazione, il
ricatto, la rappresaglia, sono arm i quotidiane e sistem atiche contro chi si attenti a m ostra-
re di avere un pensiero proprio, una volontà autonom a [...]. Gli operai torinesi hanno dif-
ficoltà di vita econom ica m inori di quelle dei loro fratelli di altre parti d’Italia – alm eno
quelli della Fiat – per la relativa, alm eno finora, stabilità del lavoro, e per le paghe alquan-
to più elevate della media. Ma il prezzo di questi relativi benefici dovrebbe essere uno
splendido isolam ento, che sarebbe un sordido isolam ento, la rinuncia a pensare e orga-
nizzarsi e operare com e uom ini del nostro tem po. Il problem a operaio torinese, oggi a

1 «In quel periodo, per dirla in una parola, l’Italia diventa compiutamente un paese indu-

striale. Proprio nel corso degli anni cinquanta si verifica il rovesciamento dei dati tradizionali
circa l’im piego della popolazione italiana nei diversi settori produttivi: nel ’51, secondo le rile-
vazioni statistiche, ancora il 42,2% della popolazione era impegnata nell’agricoltura; solo il
32,1% nell’industria e il 25,7% nel terziario; nel ’61 i dati si sono rovesciati: solo il 29,1% è im -
pegnato nel settore agricolo, il 40 ,6% nell’industria e il 30 ,3% nel terziario. In dieci anni è av-
venuto in Italia un m utamento che in altri paesi ha richiesto alcuni decenni» (P. Scoppola, Il
quadro storico dell’Italia fra il ’53 e il ’63, in L’Italia durante la Presidenza di Giovanni Gron-
chi, a cura di S. Bertelli, Giardini, Pisa, 1990 , pp. 23-24).
164 Capitolo II

dieci anni dalla resistenza, è quello di difendere la libertà e la dignità umana e professio-
nale del lavoratore com e condizione di difesa dell’ordinam ento costituzionale e delle li-
bertà politiche di tutto il paese. Tutto il resto è subordinato a questo.2

Ancora nel giugno 1956 un rapporto della Prefettura di Torino rilevò che il
num ero degli iscritti alla federazione torinese del PSI era dim inuito di circa un
m igliaio (arrivando a quota 8.918), individuando le cause del calo «nella cosid-
detta ‘offensiva padronale nelle fabbriche’. Invero, le perdite si contano in m as-
sim a parte fra i dipendenti (im piegati) Fiat, com e d’altra parte conferm ato
dall’esito delle ultim e elezioni delle Comm issioni Interne di quel com plesso».3
È uno degli aspetti, non secondari, dell’Italia del boom , l’Italia che si appresta
ad assistere al m iracolo econom ico. I prim i avvisi di quanto stava accadendo do-
vettero essere abbastanza evidenti se, intervenendo nella Direzione del PSI del 4
novem bre 1954, Rodolfo Morandi (certam ente favorito nell’analisi dalla sua for-
m azione di storico dell’econom ia 4 ), dopo aver sottolineato l’importanza delle
profonde trasform azioni econom iche e sociali in atto, osservò che «la situazione
della classe operaia ci preoccupa da tempo. In questi anni il peso della classe o-
peraia è dim inuito. Tranne la Fiat la grande industria è stata distrutta. Il peso del
partito sulla classe operaia è modesto. Le discrim inazioni hanno fiaccato m olte
resistenze».5
E ancora, dopo la sconfitta alla Fiat, lo stesso Morandi, nella medesim a sede,
ribadì che «un arretram ento così forte denuncia una crisi sindacale m a prim a di
tutto politica. Ci dobbiamo chiedere se è lecito scaricare sui sindacati ogni re-
sponsabilità».6
Tutto ciò riusciva però, spesso, di difficile com prensione: non era facile, per i
dirigenti della sinistra politica e sindacale, abbandonare le certezze sulle quali ci
si era a lungo sostenuti. Nenni appare ad esem pio, nel com plesso, m eno interes-
sato a questi tem i, così da riportare i nuovi problem i che si pongono al movimen-
to operaio ad esperienze del passato: «Così fu nel ‘20 -21, la prim a sconfitta ope-
raia si ebbe a Torino e alla Fiat con lo sciopero delle lancette dell’orologio,
nell’aprile 1920 » 7 o ad apprendere con un certo stupore che «alla Fiat abbiam o
245 iscritti su 62-65 m ila operai».8

2 ACS, CN, b. 26, fasc. 1364. Cfr. anche, dello stesso Foa, Dalla Fiat all’Italia, «Avanti! », 26

m arzo 1955; Il Cavallo e la Torre cit., p. 257.


3 ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 23.
4 Cfr. la sua Storia della grande industria in Italia, Torino, Einaudi, 1966 (con prefazione

di Ruggiero Rom ano) e, per una recente analisi, P. Favilli, Marxism o e storia. Saggio
sull’innovazione storiografica in Italia (1945-1970 ), Franco Angeli, Milano, 20 0 6, pp. 119-121.
5 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2211, p. 15.
6 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2212, riunione della Direzione del 19 aprile 1955, p. 2. Anche Vittorio

Foa riconoscerà più tardi che «sono m utate alcune condizioni obbiettive dello sviluppo del ca-
pitalismo. Siamo in presenza di m aggiori m argini di espansione del m ondo capitalista, preva-
lentemente nel Nord ma anche nel Sud» (ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione
del 29 novembre 1956, p. 3).
7 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione del 6 m arzo 1957 coi com pagni di Torino, p. 3.
8 Ivi, riunione della Direzione del 17 aprile 1957, p. 3.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 165

Dirà Riccardo Lom bardi:

Per capire la debolezza della nostra iniziativa e del nostro discorso in quegli anni si deve
riandare alla nostra incom prensione di quanto stava accadendo nell’econom ia italiana.
Ricordo una visita m ia e di Silvio Leonardi9 alla Cam era del Lavoro di Milano, la cui
com m issione econom ica aveva preparato un’analisi della situazione presentata in term ini
catastrofici.10 Quando uscim m o dalla riunione Leonardi m i disse: «Ma non si guardano
attorno, non vedono che nascono fabbriche e case?». La verità è che uno sviluppo, disor-
dinato quanto vuoi, c’era e stava trasform ando il paese.11

La politica culturale, del resto, non aiutava. Il dibattito all’interno della sini-
stra era stato caratterizzato, fino a quel m om ento, da anni di rigido dottrinari-
sm o e di im mobilism o, con conseguente difficoltà ad uscire dallo stallo nel quale
ci si era venuti a trovare. Ciò vale anche per il periodo della distensione: «Dal ’53
al ’55, dalla m orte di Stalin al m uggito di Krusciov, alla timida evoluzione ideolo-
gica di taluni settori della cultura social-com unista non corrisponde affatto la
com parsa di tesi o di voci nuove nel cam po propriam ente politico della sinistra
stessa. Che giunse così al Congresso (il XX del PCUS, N.d.R.) in m odo non molto
diverso da quello nel quale vi giunsero le dirigenze politiche di Polonia e di Un-
gheria».12

9 Sulla figura di Silvio Leonardi cfr. le prim e tracce per una biografia ed una bibliografia a

cura di C. Fantini Leonardi in S. Leonardi, Appunti sulla crisi del m ovim ento com unista. Un
abbozzo di interpretazione, Milano, Franco Angeli, 1991.
10 Si trattava del convegno regionale del 4 dicembre 1954 intitolato Per la difesa dell’indu-

stria italiana contro le conseguenze econom iche degli accordi di Parigi. Sull’attività dell’Uffi-
cio studi della Cam era del lavoro di Milano cfr. C. Magnanini, Studiare il lavoro: l’Ufficio eco-
nom ico della Cam era del lavoro di Milano, 1948-1966, Sesto San Giovanni, Archivio del lavo-
ro, 20 0 1.
11 R. Lom bardi, Il PSI negli anni del frontism o cit., pp. 53-56; cfr. anche C. Pinto, Il rifor-

m ism o possibile cit., pp. 77-121.


12 F. Fortini, Il senno di poi, in Dieci inverni cit., p. 3; cfr. anche R. Guiducci, Sulla cultura

nella guerra fredda, in Socialism o e verità. Pam phlets di politica e cultura, Torino, Einaudi,
1956, p. 11. Fortini uscì peraltro dal PSI nel 1957 in seguito alla recensione a Dieci inverni pub-
blicata da Luciano Della Mea sull’«Avanti!» del 10 dicembre 1957 («L’errore di Fortini consiste
a mio avviso nella divisione, nell’ambito del socialismo scientifico, fra politica e cultura, fra po-
litici e intellettuali»), cui replicherà il 24 dicembre Guiducci, sempre sulle colonne
dell’«Avanti!». La lettera di dim issioni dal PSI fu inviata lo stesso 10 dicembre da Fortini a
Nenni con queste righe di accom pagnam ento: «Caro Nenni, non occorre ti dica con quanto do-
lore sono giunto a questa decisione. Il mio libro è stato un ultim o tentativo. Il m odo con il qua-
le è stato accolto è stata solo una conferm a che, se non sbagliava il Partito, sbagliavo io. E poi
sarebbe troppo lungo spiegare ogni cosa. Ricevi il mio grazie fraterno per tutto quello che tu m i
hai insegnato. Viva il Socialism o» (ACS, CN, b. 26: cfr. inoltre la testim onianza dello stesso
Fortini in E. A. Albertoni - E. Antonini - R. Palm ieri (a cura di), La generazione degli anni dif-
ficili, Bari, Laterza, 1962, p. 149; F. Fortini, Neosocialisti 1957, in Id., L’ospite ingrato. Testi e
note per versi ironici, Bari, De Donato, 1966, p. 33; Id., Sotto due bandiere, in G. C. Ferretti,
«Officina». Cultura, letteratura e politica negli anni Cinquanta, Torino, Einaudi, 1975, p. 463;
S. Merli, L’altra storia. Bosio, Montaldi e le origini della nuova sinistra, Milano, Feltrinelli,
1977, pp. 33-34; lo scambio di lettere tra Panzieri e Fortini in R. Panzieri, Lettere 1940 -1964, a
cura di S. Merli e L. Dotti, Venezia, Marsilio, 1987, pp. 112-124).
166 Capitolo II

Anche nel PSI ci si com inciava com unque ad interrogare sulla necessità di
una propria politica culturale, com e dimostra il ‘progetto’ inviato da Gaetano Ar-
fè a Gianni Bosio dopo la m orte di Morandi, nel quale, a fianco di evidenti sugge-
stioni gram sciane, emergeva però una chiara istanza di autonom ia anche in
cam po culturale:

Il PSI ha bisogno di elaborare una propria linea di politica culturale che si proponga i se-
guenti fini: a) avviare in seno alla sinistra italiana un processo di am pia e libera discus-
sione, che abbia carattere non eccezionale, ma perm anente b) prom uovere la form azione
di organism i culturali ad alto livello che siano in grado di farsi strum enti di elaborazione e
di realizzazione della politica culturale, in stretta collaborazione con la Direzione del par-
tito c) prom uovere entro i limiti del possibile una produzione culturale a carattere scienti-
fico. Il partito nel suo com plesso non potrà più fare alcun passo avanti se non si eleverà
tutto il suo livello culturale. Il com pito dei dirigenti politici sarebbe in queste attività ri-
dotto a quello di partecipanti, di pares inter pares, senza portarvi cioè né diffidenze, né
pretese di incom petenze (sic). Nulla di più falso e di più dannoso del dualism o tra ‘intel-
lettuali’ e ‘politici’. Nel partito non esistono ‘intellettuali’ e ‘politici’, m a buoni e cattivi
com pagni, dotati di varia attitudine e di varie capacità, m a tutti con gli stessi diritti e gli
stessi doveri. Chi lavora in organism i culturali e perciò al tem po stesso intellettuale e poli-
tico.13

Bisognerà però aspettare gli inizi del ’56 perché la linea De Sanctis - Labriola
- (Croce 14 ) - Gram sci, sulla quale il m arxism o italiano aveva fondato il ricono-
scim ento della propria ‘superiorità’ teorica,15 venisse discussa non solo dai m ar-
xisti critici di riviste come «Opinione» e «Ragionam enti»,16 m a anche sulle pagi-

13Cfr. la bozza di progetto in IMSC, CBO, b. 127.


14A proposito di Croce, già il 21 novembre 1952, nel suo necrologio sull’«Avanti!», Mario
Dal Pra com unque scriveva, dopo averne sottolineato il disinteresse per le problem atiche rela-
tive alla scienza: «È giunto il momento del distacco. Distacco tra il mondo concluso della sua
età ed il nostro ancora in ferm ento, tra la Sua fede intellettualistica e il nostro assillo critico»
(Oltre Croce la via della cultura italiana, 21 novem bre 1952; cfr. anche, sullo stesso tem a, F.
Albergamo, Il tallone d’Achille della filosofia idealista, ivi, 17 gennaio 1953).
15 Cfr., ad esem pio, M. Alicata, Gram sci e De Sanctis, «La Voce del Mezzogiorno», 31 marzo

1951, poi in Scritti letterari, Milano, Il Saggiatore, 1968, pp. 269-272 e, in generale, A. Vittoria,
Togliatti e gli intellettuali. Storia dell’Istituto Gram sci negli anni Cinquanta e Sessanta, Ro-
m a, Ed. Riuniti, 1992; G. Gozzini - R. Martinelli, Storia del Partito com unista italiano, vol. VII
cit., pp. 497-50 0 . Per l’influenza, non sem pre positiva, di tali atteggiam enti culturali sulla stes-
sa storiografia com unista cfr. F. Andreucci, Falce e m artello. Identità e linguaggi dei com unisti
italiani fra stalinism o e guerra fredda, Bologna, Bononia University Press, 20 0 6, pp. 10 -11.
16 Così Fortini descriveva a Nenni, il 10 marzo 1956, l’attività di «Ragionam enti»: «Le no-

stre posizioni e tesi non solo coincidono in m assim a parte con quelle che, in cam po propria-
m ente politico, tu vai da anni conducendo; m a consideriamo l’attuale, nuova e difficile batta-
glia culturale come la conseguenza, sul piano ideologico e scientifico, delle tesi politiche che, in
seno al nostro Partito e all’opinione italiana, a te soprattutto si debbono [...] Non si tratta delle
solite discussioncelle sterili degli anni scorsi: si tratta di contribuire, com e possiam o, a dotare il
socialismo italiano di armi culturali aggiornate per l’avvenire» (ACS, CN, b. 26). Su «Ragiona-
m enti» cfr., oltre alle dure critiche di M. Alicata, I ‘veri m arxisti’, «Rinascita», giugno 1957, pp.
327-328, la ristam pa anastatica a cura di M. C. Fugazza, Milano, Gulliver, 1980 , e inoltre C. Di
Toro - A. Illum inati, Prim a e dopo il centrosinistra. Capitalism o e lotta di classe nell’attuale
fase dell’im perialism o, Rom a, Ideologie, 1970 , pp. 128-29; F. Fortini, Da «Politecnico» a «Ra-
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 167

ne di una rivista ortodossa com e «Il Contem poraneo»,17 con gli ovvi riflessi nella
cultura socialista:

Entra in crisi la vecchia politica culturale ‘frontista’ dentro la quale fin lì gli intellettuali
socialisti erano rim asti ingabbiati, fondata sul principio del prim ato dei politici [...]. A di-
rigere la politica culturale socialista in questa fase c’è Raniero Panzieri, un giovane intel-
lettuale che aveva abbandonato per la m ilizia di partito la carriera universitaria, che aveva
già aperto la prim a breccia nel conform ism o im perante con la riscoperta e la rivalutazione
dei prim i scritti di Morandi, il Morandi antistatalista e antiburocratico del Centro Interno,
il Morandi dei Consigli di gestione. La scherzosa parola d’ordine lanciata in privato da
Panzieri era quella di «organizzare il disordine», di rom pere coraggiosam ente i vecchi
schem i, di m ettere in contatto, di stabilire canali perm anenti di com unicazione tra gruppi
form atisi su esperienze diverse, senza preoccuparsi di precostituire ortodossie e di prefis-
sare traguardi. Devo a lui e a Bosio – la richiesta politica era partita da Nenni – l’avere
scritto nel ’56 una Storia dell’Avanti!, la quale voleva essere nelle nostre com uni inten-
zioni prim a ancora che rivalutazione critica della assai vilipesa tradizione socialista, rottu-
ra di una ideologia storiografica di m arca com unista riassum ibile nella form ula che sol-
tanto con la scissione di Livorno il m ovim ento operaio italiano passava dalla preistoria

gionam enti», in S. Chemotti (a cura di), Gli intellettuali in trincea. Politica e cultura nell’Italia
del dopoguerra, Padova, Cleup, 1977, pp. 16-18; L. Masella, Passato e presente nel dibattito
storiografico. Storici m arxisti e m utam enti nella società italiana 1955-1970 , Bari, De Donato,
1979, pp. XXI-XXV; C. Colum mi, Le riviste del disgelo: «Ragionam enti» e «Opinione» (1955-
57), «Classe», (1980 ), 17, pp. 31-56; V. Strinati, Politica e cultura nel Partito socialista italiano
1945-1978, Napoli, Liguori, 1980 , pp. 178-184; M. Degl’Innocenti, Cultura e società nel secon-
do dopoguerra (1945-1956), «Ricerche storiche», m aggio-dicem bre 1982, pp. 610 -13; la testi-
m onianza di R. Guiducci in U. Intini (a cura di), Le due radici. Dal 1921 ad oggi la storia dello
scontro nella sinistra tra socialism o e com unism o, supplemento al n. 5 di «Argom enti sociali-
sti», maggio 1989, pp. 180 -85; S. Merli, Il 1956 di Em ilio Agazzi, in M. Cingoli - M. Calloni - A.
Ferraro (a cura di), L’im pegno della ragione. Per Em ilio Agazzi, Milano, Unicopli, 1994, pp.
77-87.
17 Cfr. ad esem pio i testi del dibattito su politica e cultura (a partire dal saggio di R. Guiduc-

ci, Pam phlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra, «Nuovi Argomenti», novembre 1955-
febbraio 1956) apertosi sulle pagine dell’«Avanti!» e del «Contem poraneo» (poi in G. Vacca, a
cura di, Gli intellettuali di sinistra e la crisi del ’56, Roma, Ed. Riuniti, Roma, 1978). Tra tutti
gli interventi, particolarm ente significativo quello di Italo Calvino: «Molte delle nostre batta-
glie sono state solo di fronteggiam ento dell’avversario, d’im posizione di nostri tem i e term ini,
d’acquisizione alla nostra cultura dei m igliori prodotti della cultura borghese e di ripulsa
d’altri. Ma elaborazioni profonde e m oderne non ce ne sono state, neanche di term ini conti-
nuam ente proclam ati com e ‘realism o’, ‘linea Gram sci-De Sanctis’, ‘tradizione nazionale’. Ab-
biamo fatto del giornalism o, oppure della filologia. È mancato il resto: il pensiero [...]. Tra
Nord e Roma-sud c’è un divario di punti di vista culturali che non giunge alla necessaria inte-
grazione: e la colpa è certo del nord che si è lasciato battere e quasi annullare nella guida cultu-
rale del nostro m ovimento. Non sarà questione di pochi anni, m a dobbiamo puntare su un pa-
noram a dell’Italia culturale in cui il Nord conti di più, in cui la form a m entis internazionalista
dom ini in tutte le nostre azioni e pensieri» (N ord e Rom a-sud, ivi, pp. 28-29). Una conclusione
respinta sia dalla Rossanda (La ricerca e la politica, ivi, pp. 182-89) che da Mario Alicata
(Troppo poco gram sciani, ivi, pp. 196-20 4). Sul ruolo di Alicata alla guida della politica cultu-
rale del PCI cfr. D. Consiglio, Il PCI e la costruzione di una cultura di m assa. Letteratura, ci-
nem a e m usica in Italia (1956-1964), Milano, Unicopli, 20 0 6, in particolare le pp. 48-88).
168 Capitolo II

alla storia, che tutto il periodo antecedente non era che faticosa preparazione, fitta di er-
rori e di colpe, al gran giorno la cui alba era sorta nel gennaio del 1921. 18

Lo sm arrim ento di fronte agli eventi del ’56, che finiranno per assum ere, a li-
vello di immaginario collettivo, un significato più am pio, per taluni addirittura
epocale, di inizio di una ‘nuova m odernità’,19 a causa degli innum erevoli riflessi
che ne conseguirono, o che ad esso si accom pagnarono, nella vita culturale, poli-
tica, econom ica e sociale,20 appare dunque inevitabile.
Tutto stava avvenendo troppo in fretta, senza avere nem meno il tem po di
rendersene conto. Da lì a poco, anche l’ultim a certezza, il m ito dell’Unione Sovie-
tica, sarebbe caduta.

2. «‘QUALCOSA DI NUOVO’ SI ATTENDE DA NOI »: DAL XX CONGRESSO A P OZNAN

Nel leggere i prim i articoli dell’anno 1956 su «Mondo Operaio», effettivam en-
te il m ondo sem brava avviato sulle strade tranquille di una distensione che non
poteva non aprire al PSI am pie prospettive di successo: «Qualunque sia lo svi-
luppo degli avvenim enti non vi è dubbio che la distensione proseguirà più o me-
no faticosamente per la sua via [...]. Oggettivamente, il clim a della distensione
confermerà la politica socialista ed offrirà ad essa alim ento nuovo, dim ostrando
che non si tratta di propaganda. In conclusione, possiamo prepararci alle vicende del
1956 con anim o più sereno di quel che non fosse agli inizi dello scorso anno».21
Anche la federazioni locali percepirono queste parole d’ordine. Ad esem pio la
federazione di Ravenna, in una «traccia di conversazione sezionale per il tesse-
ram ento 1956», scriveva:

La battaglia che noi socialisti da anni abbiam o ingaggiato contro la guerra per dim inuire
la tensione internazionale ha segnato quest’anno importanti traguardi. Giusta la valuta-
zione del PSI che ha sem pre puntato tutte le sue carte sulla distensione. La ripresa delle
relazioni tra Mosca e Belgrado, la successiva conferenza atom ica per la pace, la stessa ri-
presa dei rapporti diplom atici tra Mosca e Bonn, hanno fatto compiere im portanti pro-
gressi alla causa della pace [...]. Assente ufficialm ente l’Italia da tutte le iniziative di di-
stensione, il nostro gruppo dirigente punta ancora tutte le sue carte sul bolso cavallo della

18 G. Arfè, Intellettuali e società di m assa: i socialisti italiani dal 1945 ad oggi, Genova,

ECIG, 1984, p. 36. Del Panzieri di questo periodo abbiam o una vivace descrizione in una lettera
di Leo Valiani a Franco Venturi del 30 aprile 1956: «È sim patico, dirige l’ufficio culturale, era
fusionista e ora riconosce che Stalin com m ise delitti im perdonabili: afferma di aver creduto in
buona fede che Trotski, Rajk ecc. erano dei traditori, ma di sentire ora rimorso m orale e ribel-
lione morale» (L. Valiani - F. Venturi, Lettere 1943-1979 cit., p. 20 0 ).
19 Cfr. N. Gallerano - M. Ilardi, Presentazione, «Problem i del socialismo», gennaio-aprile

1987, p. 10 .
20 Cfr. G. Crainz, La cultura, ivi, pp. 10 8-10 9.
21 Francesco De Martino, Prospettive della politica socialista, «Mondo Operaio», gennaio

1956, p. 8; cfr. anche, sullo stesso tono, R. Uboldi, Da Ginevra a Ginevra, «Avanti! », 1 gennaio
1956 e, in una prospettiva esclusivam ente di politica interna, P. Nenni, Lettera di Capodanno,
ibidem .
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 169

guerra fredda. Le alleanze atlantiche che m ostrano in Grecia e Norvegia profonde crepe,
conservano per l’Italia tutta la loro assolutezza chiudendo a gran parte dei nostri prodotti
m ercati dell’Oriente, m antenendo la nostra politica estera strettam ente aggiogata alle po-
sizioni am ericane, rendendo possibile in pieno 1955 lo stanziam ento in Italia di truppe
am ericane.22

Sul piano internazionale, di fronte ad un Occidente disunito, il blocco sovieti-


co restava, grazie alla propria com pattezza, il perno della politica di distensione:
«Il governo sovietico può contare sulla totale adesione dell’opinione pubblica in-
terna, non esistendo, grazie alla trasform azione sociale, interessi che abbiano
convenienza a contrastarla [...]. Mosca può contare sulla sim patia di innum ere-
voli plebi nel m ondo intero, alle quali nessuno riesce a nascondere il prodigioso
avanzam ento di quelle che erano le plebi dell’Im pero degli Zar».23
Parim enti, anche in un dirigente che, com e Francesco De Martino, sarà tra i
più vicini a Nenni nella battaglia autonom istica, restava la diffidenza verso l’In-
ternazionale socialista ed i partiti ad essa aderenti: «L’esperienza storica della
socialdem ocrazia tedesca, del laburism o inglese e della socialdemocrazia france-
se [...] dim ostra che, m ovendo dal revisionism o, per la via della difesa della liber-
tà (borghese), della dem ocrazia politica (borghese) ecc., si giunge alla collabora-
zione di classe, al com prom esso con il capitalismo ed in ultim a analisi alla capi-
tolazione del m ovim ento operaio».24
Non stupisce quindi che le prim e reazioni di Nenni alle notizie provenienti
dal XX Congresso fossero im prontate sì a tranquillità, segno forse di un non ec-
cessivo coinvolgim ento em otivo, m a anche ad una certa sottovalutazione degli
eventi, descritti nel loro sem plice svolgersi, com e se fossero fenomeni interni alla
realtà sovietica, con poche conseguenze per il m ovim ento operaio internazionale:
«È finito a Mosca il ventesim o congresso del Partito com unista. Si è assistito alla
dem olizione del m ito di Stalin 25 [...]. Il tem a è stato quello del ritorno alla dire-

22 Cfr. il testo della traccia in ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività politiche 1950 -1962,

b. 27. Non casualmente un anno dopo Nenni scriverà: «Il 1956 ha lasciato una pesante eredità.
Esso non ha mantenuto le prom esse annunciate. Non quelle inerenti alla distensione interna-
zionale, che erano tra le più lusinghiere un anno fa e si sono dileguate fino a condurci, nelle
scorse settim ane, ad atti veri e propri di guerra in Egitto e in Ungheria e al limite di una gene-
rale conflagrazione. Non quelle, im plicite nel XX Congresso di Mosca, della evoluzione demo-
cratica delle dittature com uniste [...]. In cam po internazionale la disten sione non si è consoli-
data perché è sem brato che essa fosse considerata fine a sé m edesima laddove è soltanto un
m ezzo, una condizione, per affrontare e risolvere i problem i di fondo della pace. Nessuno di
questi problem i è stato risolto» (Lettera di Capodanno, «Avanti!», 1 gennaio 1957).
23 G. Fenoaltea, Gli avvenim enti internazionali nell’anno in cui nasce la distensione,

«Mondo Operaio», gennaio 1956, pp. 9-10 .


24 F. De Martino, Intorno alla socialdem ocrazia, ivi, febbraio 1956, pp. 99-10 3.
25 Nell’aprile 1956 un sondaggio Doxa m ostrò un drastico ridim ensionamento del m ito di

Stalin non solo tra gli elettori socialisti, ma anche tra quelli com unisti: cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il
volto sconosciuto dell’Italia, vol. II, cit., pp. 10 0 9-10 13.
170 Capitolo II

zione collettiva, dopo gli errori e gli abusi della direzione personale e del culto
della personalità».26
Allo stesso modo, in un articolo del 26 febbraio sull’«Avanti!», Nenni m anife-
stò la fiducia che l’URSS potesse ritrovare al proprio interno la forza che le con-
sentisse di conferm are, a pieno titolo, il proprio ruolo di paese leader del m ovi-
m ento operaio internazionale, nella certezza che «in ogni situazione storica e at-
traverso un processo storico, sovente contraddittorio, la forza creativa di una ri-
voluzione socialista si consolida sem pre in term ini di pace, democrazia, ugua-
glianza».27
Del XX Congresso discusse la Direzione del PSI del 19-22 m arzo, che m ostrò
un ventaglio abbastanza am pio di posizioni e di preoccupazioni, pur nella so-
stanziale uniform ità di giudizio sugli eventi. Anche se talora affiorò l’incom pren-
sione della reale portata degli avvenimenti, com e in Lussu, che si dichiarò fra co-
loro «che m eno sono stati scossi dal XX Congresso» dato che «il fine della rivo-
luzione è la distruzione dello Stato, non solo dello Stato borghese e capitalista,
m a dello Stato come tale. Non essendo giunti a questo siam o sempre nella fase
della dittatura del proletariato»,28 lo sforzo di analisi fu abbastanza evidente in
Lom bardi («La brutalità della svolta è dovuta al nostro ritardo. Il fatto nuovo è
che il socialism o non esiste più in un solo paese»), in Foa («Non è una svolta
dall’alto, abbiam o avuto un’opposizione interna com inciata col caso J ugoslavia
[...]. Alla base della critica allo stalinism o c’è una esigenza interna di rinnova-
m ento [...]. Il punto fondam entale (è che) il socialismo è divenuto sistem a mon-
diale [...]. Muta il tipo di rapporto tra Mosca e Pechino, tra Mosca e Praga ecc.»)
o nello stesso Tolloy («Il m odo. È certam ente sconcertante [...]. Si spiega in un
paese che non ha avuto esperienze liberali, non ha tradizioni di diritto, coscienza
giuridica ecc. [...]. La giustizia sociale assicurata crea l’esigenza della libertà per
tutti»).
Il problem a principale diventò quindi, quasi da subito, il che fare, sia sul pia-
no internazionale che su quello interno, stretti tra quelle che, in quel m omento,
venivano percepite com e due non possibilità, il m antenimento dei legam i con
l’URSS e il PCI e il riavvicinam ento all’Internazionale socialista e alla socialde-

26 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 730 (nota del 25 febbraio). Il prim o com m ento

da parte di un esponente socialista fu com unque quello di Lelio Basso che, in La via del sociali-
sm o («Avanti!», 23 febbraio) individuò nel riconoscim ento della pluralità delle vie al sociali-
sm o il risultato principale del XX Congresso del PCUS.
27 P. Nenni, Il Congresso di Mosca, «Avanti!», 26 febbraio 1956 e il com m ento di A. Bene-

detti, Processo a Stalin, «L’Espresso», 4 marzo 1956. Cfr. anche l’articolo di T. Vecchietti, Un
dibattito necessario, «Avanti!», 22 m arzo 1956, nel quale si afferm ava la necessità di un appro-
fondimento del tema della via democratica al socialismo, tenendo però sempre presente che la
borghesia capitalistica «ha considerato il metodo della dem ocrazia come uno strum ento di do-
m inio e di difesa valido dei propri interessi, da buttare via quando diviene nocivo».
28 «Lussu non m i sem bra abbia saputo inserirsi nel m ondo politico di questo dopoguerra: è

rim asto l’uomo della Brigata Sassari, della prim a resistenza al fascism o, della cospirazione. È
rim asto soprattutto stranamente provinciale, con quell’onesto settarism o dei sardi che li tiene
fuori dai problem i del paese» (G. Agosti, Dopo il tem po del furore. Diario 1946-1988 , Torino,
Einaudi, 20 0 5, nota del 18 febbraio 1956, pp. 68-69).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 171

m ocrazia italiana. Anche su questo piano, alla scarsa capacità di giudizio di Lus-
su («La svolta com porta un riavvicinam ento fra socialisti e comunisti»), si af-
fiancarono le analisi più articolate di De Martino («L’URSS rim ane una guida
anche coi suoi errori. Oggi non c’è più l’Internazionale. C’è il partito russo che
giunge a certe esperienze e conclusioni e divengono le conclusioni degli altri par-
titi. Qui si pone il problema del nostro riavvicinamento con l’Internazionale so-
cialista. Non possiam o per riavvicinarci al Comisco sacrificare l’originalità della
nostra posizione [...]. Occorre sviluppare i rapporti e il riavvicinam ento coi parti-
ti socialdemocratico tedesco e inglese per scopi determ inati che possono avere
altri sviluppi» 29 ), di Foa («Dobbiam o svolgere un’azione sulla socialdem ocrazia
senza perdere il legam e coi com unisti. Utopistico pensare a una Internazionale
unica. Ma m uoversi in questa direzione»), di Mazzali («Non è in questione il pat-
to di unità d’azione che continua a condizionare la nostra politica [...]. Perché il
PCI dal ’45 in poi ha dato al patto la sua im pronta? Oggi assistiam o a uno spo-
stam ento della funzione di guida dall’uno all’altro partito. Noi rappresentiam o
m eglio dei com unisti oggi gli interessi della classe operaia. Così si spiega la no-
stra politica e il nostro successo. Andiam o verso scelte che non sono soltanto no-
stre m a della classe lavoratrice»).
Si pose quindi, in questa riunione della Direzione socialista, con grande evi-
denza, quello che Nenni chiam ò «il problem a generale della nostra im postazio-
ne», il problem a che ricorse m olte volte nella storia del PSI, di far fronte, con
scelte politiche conseguenti anche sul piano della partecipazione al governo, ai
cam biam enti indotti dalla politica interna e da quella internazionale. Si potrebbe
dire che si ripropose, ancora una volta, da Turati a Nenni, da Giolitti al centro-
sinistra, la ‘questione socialista’, la cui com plessità, sullo sfondo della scena poli-
tica italiana, Nenni riassunse efficacemente, in poche parole, cariche di una sola
certezza e di m olte dom ande: «‘Qualcosa di nuovo’ si attende da noi. Che cosa da
parte dei nostri am ici? Che cosa dai nostri avversari? Com e Togliatti vede il pro-
blem a? 30 Cosa possiam o fare noi?».
Fu proprio il dato politico im m ediato, interno, contingente a suscitare i timo-
ri di Lussu («Non si pone per ora il problem a del governo e quindi il pericolo i-
nerente. Il problem a è conservare unito il partito. Se facessim o quelle che s’è fat-
to a Mosca o al CC del PC il partito si sfascerebbe») e Pertini («Noi dobbiam o di-
re: apertura con la classe operaia nel suo insieme. La ragione del nostro successo
è che abbiam o conciliato l’apertura con l’unità. Se i term ini non fossero però

29 Cfr., per una successiva riflessione di De Martino su questi tem i, Com e tentam m o di ri-

cucire, in Quando i socialisti ruppero con Mosca, Roma, Quaderni della Fondazione Nenni,
1987, ora in Quell’indim enticabile 1956! Cinquant’anni fa la sinistra in Italia, Manduria, La-
caita, 20 0 6, pp. 23-32.
30 Il 13 m arzo, al ritorno dall’URSS, Togliatti aveva svolto una relazione al Com itato centra-

le «dagli accenti solenni, assolutam ente apologetica [...] Il nome di Stalin era ancora letto com e
quello di un grande politico e un grande pensatore: gli si faceva carico quasi solam ente di aver
enfatizzato, in m odo esasperato, il rischio dell’insidia del nem ico con la conseguenza di aprire
la strada al sospetto e alla repressione ingiustificata» (P. Ingrao, Volevo la luna, Torino, Ei-
naudi, 20 0 6, p. 233).
172 Capitolo II

questi avrem m o la rottura del partito»), m a anche la sem pre lucida analisi di
Lom bardi: «La situazione consente al PSI atteggiam enti che per il PCI saranno
possibili soltanto dom ani. Il problem a di rom pere l’unità cattolica su posizioni di
conservazione non s’era m ai posto. Da Torino le cose sono cambiate. Oggi ci dob-
biam o credere. C’è qualche cosa da fare? Quale è il costo? Ci sono delle scadenze
e non sono molto lontane [...]. L’apertura non può che essere comune a tutta la
classe operaia, strum entalm ente non può essere fatta che dal PSI».31
È, in fondo, il senso di quanto La Malfa scrisse a Nenni in quegli stessi giorni:

Con l’affievolim ento e, forse, la crisi della politica com unista, il posto di guida del sociali-
sm o in Italia spetta orm ai a voi, sulla base della stessa tradizione del vostro partito. In-
grao scrive stam ani che i comunisti hanno lavorato per m antenere aperta al popolo italia-
no una ‘via italiana al socialism o’. Ma se la funzione che i com unisti si danno è di realizza-
re la via italiana del socialism o, questa funzione è vostra, non loro. E voi lo dovete pro-
clam are im m ediatam ente e altam ente, senza lasciarvi strappare l’iniziativa [...]. Può darsi
che la crisi com unista si approfondisca. Ma se per una ragione qualsiasi essa si arresta e vi
è una possibilità di una ripresa, voi sarete di nuovo coinvolti nella loro politica. E tutti co-
loro che vogliono estrom ettervi avranno facile gioco nel dim ostrarlo e nel chiudervi la
porta in faccia.32

Frutto anche delle discussioni in Direzione fu l’articolo Luci ed om bre del


congresso di Mosca, pubblicato contemporaneam ente sull’«Avanti!» del 25 m ar-
zo e su «Mondo Operaio», nel quale Nenni com inciò a m ettere a fuoco la m assa
dei problem i sollevati da Krusciov. Dell’origine di Luci ed om bre e, più in gene-
rale, degli articoli pubblicati successivam ente su «Mondo Operaio», Nenni diede
due versioni solo in parte coincidenti. In una testim onianza in occasione dei
trent’anni della fondazione della rivista afferm ò:

Com e sem pre la gestazione del saggio fu individuale e solitaria. Ma avvertii im m ediata-
m ente che Krusciov aveva m esso il dito in un ingranaggio che rim etteva in discussione le
esperienze com uniste degli ultim i trent’anni. Tenem m o m olte riunioni della Direzione
confrontando il pro e il contro di quelle esperienze e delle nostre. La conclusione unanime
fu che la tesi del culto della personalità (che fu il rifugio del XX congresso) non risolveva il
tem a delle responsabilità.33

Nel corso di un’intervista sulla svolta del ’56 Pasquale Am ato dom andò a
Nenni, orm ai prossim o alla m orte: «Si discusse allora, e se ne discute ancora og-
gi, dei tuoi fam osi tre articoli su «Mondo Operaio». Specialmente del terzo, dopo
la divulgazione del rapporto Krusciov. Da quel che so, li scrivesti senza consulta-
re gli altri dirigenti, facendoli poi accettare com e fatto com piuto, nonostante i
dissensi di Vecchietti e della sinistra». Nenni così rispose, individuando con esat-
tezza la radice dei contrasti con la sinistra del partito:

ACS, CN, b. 90 , riunione della Direzione del 19-22 m arzo 1956, passim .
31

ACS, CN, b. 29, fasc. 1498; cfr. anche U. La Malfa - P. Nenni, Carteggio 1947-1971, Roma,
32

Fondazione Nenni, 1991.


33 30 anni di «Mondo Operaio» cit., p. 49.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 173

Ci vuole sem pre qualcuno che proponga una politica e la proposta l’avevo fatta io. Ma ne
avevam o discusso a lungo. Anzi fu una delle poche volte che discutem mo a lungo. Leg-
gem m o insieme quegli articoli e Panzieri li trovò di grande interesse. Quanto a Vecchietti,
che era allora direttore dell’«Avanti!», egli non aveva un atteggiam ento diverso dal m io.
No, non fu lì il dissidio. Il dissidio si creò quando si trattò di trasferire un certo giudizio poli-
tico su quello che era avvenuto al campo più delimitato, ma anche più vicino, dei rapporti
con i com unisti e con le altre forze dem ocratiche, in particolare la socialdem ocrazia.34

Nel m erito dell’articolo, al di là dell’uso di una term inologia e di distinzioni


orm ai superate dai fatti,35 la stessa esaltazione dei successi dell’econom ia sovieti-
ca, che pure era presente,36 fu utilizzata da Nenni per sottolineare i tem i princi-
pali del XX Congresso: grazie anche ad una tranquilla situazione econom ica si
era potuto giungere da parte sovietica all’abbandono della tesi dell’ineluttabilità
della guerra, alla teorizzazione della coesistenza pacifica, al riconoscim ento
dell’esistenza di m olteplici vie al socialism o.37
Per ciò che riguarda l’analisi del ruolo storico di Stalin, il ribadirne l’im por-
tanza, storicizzando le accuse,38 indusse Nenni a segnalare i lim iti della denuncia
kruscioviana e a porre la propria attenzione sulle contraddizioni del sistem a: «Il
lato oscuro e sconcertante sta nel m odo in cui il congresso all’esame critico dello
sviluppo della rivoluzione ha sostituito la dem olizione del cosiddetto m ito Stalin,
sacrificando al processo postum o verso l’idolo di ieri la ricerca delle cause ob-
biettive e di principio [...] laddove si trattava invece di ridim ensionare storica-
m ente non solo Stalin, m a gli eventi dei quali fu protagonista».39

34 Pietro Nenni e l’autonom ia socialista cit., p. 76.


35 Nenni distinse, ad esem pio, tra via democratica e via parlamentare al socialismo, «giac-
ché né in linea di principio, né in linea di fatto democrazia e parlamentarismo coincidono sem-
pre». Così pure ribadì la condanna dell’opportunismo riformista, sia pure associato allo sche-
m atism o com unista (Luci ed om bre del congresso di Mosca, «Mondo Operaio», m arzo 1956,
pp. 148-149).
36 «L’im portanza del sistema mondiale socialista è decisiva [...]. Nei confronti del sistema

capitalistico esso ha l’enorm e vantaggio di essere in una fase di espansione econom ica che
l’im pegna, con tutte le sue risorse di uom ini e m ezzi, per almeno un secolo e più [...]. Nessun
Paese capitalista ha prospettive sim ili. Nulla di più im portante si è verificato nel mondo negli
ultim i decenni» (ivi, pp. 146-147). Cfr. anche, nello stesso num ero di «Mondo Operaio» del
m arzo 1956, l’articolo di Ruggero Am aduzzi dedicato a Il VI piano quinquennale.
37 Ciò consentì a Nenni di criticare la posizione assunta dai com unisti italiani all’epoca della

scissione di Livorno: «I com unisti, che covavano allora la malattia infantile dell’estremism o,
fecero sem pre com e se la via del socialism o fosse una sola ed inevitabilm ente accom pagnata
alla violenza e alla guerra civile [...]. Parlare allora di via parlam entare, o più correttam ente di
via dem ocratica, pareva una stravaganza arcaica. Oggi la situazione è radicalmente mutata nei
suoi dati obbiettivi» (Luci ed om bre del congresso di Mosca cit., p. 148).
38 «Senza l’industrializzazione, che costò alla Russia uno sforzo in dieci anni che in ogni al-

tro paese avrebbe richiesto cinquanta o cento anni di lavoro, l’URSS sarebbe crollata nel 1941-
42 e, con l’Unione Sovietica, l’Europa intera sarebbe stata germanizzata, hitlerianizzata [...]. A
noi, e a tutti gli uomini di buona fede, la guerra e la vittoria apparvero, così come furono, il col-
laudo della Storia alla Rivoluzione d’ottobre e all’opera, dell’uomo, del dirigente, che l’aveva
im personata per un quarto di secolo» (ivi, pp. 152-153).
39 Ivi, p. 150 .
174 Capitolo II

D’altra parte Nenni si ferm ò, in questo prim o esam e, com e è stato sottolinea-
to,40 ad una critica sovrastrutturale, denunciando sì la degenerazione burocratica
del Partito e dello Stato, m a sorvolando sull’essenza autoritaria dei rapporti di
produzione e della politica di potenza attuata dall’URSS nell’Est europeo. È evi-
dente però che Nenni, fin da questo mom ento, puntò soprattutto a quelli che a-
vrebbero potuto essere i possibili riflessi di politica interna della situazione:

Il principio della pluralità delle vie del socialism o com porta sviluppi di im portanza capita-
le non solo di ordine tattico m a di ordine politico. La distensione per la quale abbiamo
lottato non m odifica soltanto i rapporti da Stato a Stato, m a, quando fosse definitivamen-
te consolidata, m odifica le condizioni interne della lotta di classe e della lotta politica dei
lavoratori per la conquista del potere. La via parlamentare di cui si è tanto parlato non
im plica soltanto il riconoscim ento della legge dei num eri – m aggioranza, m inoranza – ,
m a il rispetto della legalità dem ocratica, quale è sancita dalla Costituzione, quando si è
opposizione e quando si è m aggioranza.41

Questa parte dell’articolo di Nenni fu om essa dalla nota inform ativa del m ar-
zo 1956 dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno dedicata al PSI che
anzi osservò com e Nenni

in definitiva, pur sottolineando che «le tesi scaturite dal Congresso segnano una svolta
im portante ed una rivendicazione della linea politica costante del partito socialista, dal
prim o dopoguerra in poi», ha avuto cura di m ettere in guardia i com pagni contro
l’eventuale tentazione di trarre profitto dalle difficoltà dei com unisti, avvertendo che i so-
cialisti confidano in un crescente prestigio del loro partito ed in una accresciuta forza poli-
tica, che sia conseguenza della loro azione e non del friabile terreno dei risentimenti.42

Le posizioni espresse nell’articolo furono ribadite da Nenni nella relazione


presentata il 6 aprile 1956 alla Direzione in vista del Com itato centrale che si do-
veva svolgere pochi giorni dopo. Due giorni prim a Nenni si era recato a colloquio
da Gronchi, dicendogli, secondo la testim onianza dei Diari di Fanfani, che «gli è
difficile staccarsi dal PCI, m a che finirà per farlo. Ho capito che ciò è quanto più

40 Cfr. V. Evangelisti - S. Sechi, L’autonom ia socialista e il centrosinistra, in Storia del so-

cialism o italiano, vol. VI, Roma, Il Poligono, 1982, pp. 23-24. Apparentemente dello stesso ge-
nere, m a non priva di pregiudizi polemici, è la critica rivolta da Carlo Pinzani a Nenni e, più in
generale, a tutto il processo di revisione ideologica iniziato dal PSI nel ‘56, per non aver saputo
attuare un’analisi concreta della dinamica sociale e della lotta politica in URSS e nei paesi
dell’Est (cfr. L’Italia negli ultim i trent’anni. Rassegna critica degli studi, Bologna, il Mulino,
1978, pp. 27-28). Su Luci ed om bre cfr. anche M. Degl’Innocenti, Storia del PSI cit., pp. 20 4-
20 6; R. De Mucci, Il nuovo corso del PSI: prim a e dopo il 1956,cit., pp. 375-376).
41 P. Nenni, Luci ed om bre del congresso di Mosca cit., p. 154.
42 ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività politiche 1950 -1962, b. 27. Cfr. anche, sulla

possibilità per il PSI di intaccare il patrimonio elettorale comunista a seguito degli eventi del
’56, le considerazioni dei vari centri di analisi del governo statunitense citate in L. Nuti, Gli
Stati Uniti e l’apertura a sinistra cit., pp. 124-127.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 175

desidererebbe Gronchi. Questi anzi dice che tra gli am ici di Nenni c’è m alumore
per le esitazioni di Nenni».43
A dire il vero, la relazione del segretario fu approvata dalla Direzione, m a con
alcune perplessità, soprattutto sul tono, da parte di De Martino, che pure giudicò
«pericolosa una posizione che tenda a giustificare tutto con le necessità della
guerra, dell’accerchiam ento [...]. Da respingere la posizione dei com unisti che
accettano tutto». Santi richiese poi che su un punto «si fosse chiari: nessuna ri-
serva sulla via dem ocratica»,44 provocando le critiche di Oreste Lizzadri, espo-
nente di spicco di quella che diverrà, dopo il Congresso di Venezia, l’ala sinistra
del PSI: «concediam o troppo alla polem ica borghese».45 Al Com itato centrale,
Nenni sottolineò com unque che «il punto ideologico di divergenza fra noi e i co-
m unisti rim ase, dalla scissione del ‘21 in poi , la considerazione che il bolscevi-
sm o e lo Stato sovietico erano la via russa al socialism o, non la via unica; che
l’esperienza sovietica era fatto storico di im portanza m ondiale, ma non un m o-
dello da ricalcare meccanicam ente; che il socialism o è unico nei fini, m a vario e
m ultiplo nei m ezzi e nelle form e di attuazione», concludendo che «tra questi
m ezzi e queste form e la via dem ocratica è la più conform e e la sola possibile nei
paesi di tradizione liberale e dem ocratica e di più alto tenore di vita». Da questa
constatazione derivava anche «un am m onim ento e una lezione per noi che m olte
volte esitamm o ad usare del nostro diritto e dovere di critica perché temem m o di
favorire la propaganda avversaria o di indebolire il prestigio di esperienze in ogni
caso positive». Per quanto riguardava poi le conseguenze degli ultim i m esi sullo
scenario internazionale, esso ne risultava profondam ente cambiato: «Nessuno
dei problemi che alcuni anni or sono sem bravano risolvibili solo con la guerra
presenta oggi questo carattere allarm ante e traum atico». Ne conseguiva, pur
conferm ando le critiche al riform ism o (che «postula in sede teorica la trasform a-
zione dei m ezzi di produzione da privata a sociale, m a elude e rinnega la lotta di
classe»), la necessità di nuovi rapporti con i partiti socialdem ocratici europei,
form ati da lavoratori le cui lotte «sono lotte dei lavoratori di tutto il m ondo».
Dalla m assa delle questioni sollevate, Nenni tracciava un piano di lavoro per i
m esi successivi: «trattando i tem i del Congresso di Mosca, occupandoci delle
prospettive di convergenza nell’azione con la socialdem ocrazia europea o no-
strana, abbiam o posto problem i i cui sviluppi saranno necessariam ente lenti e
sui quali possiam o sperare di essere in chiaro l’anno prossim o in occasione del
nostro XXXII Congresso».46

43 ASS, CF, Diari, 4 aprile 1956. Cfr. anche, su questo colloquio, il resoconto della conversa-

zione tra l’ambasciatrice Luce e Fanfani, in G. Gozzini - R. Martinelli, Storia del Partito com u-
nista italiano, vol. VII cit., p. 524, n. 51.
44 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, pp. 4-6.
45 Ivi, p. 12: cfr., a questo proposito, le m emorie dello stesso Lizzadri, Il socialism o italiano

dal frontism o al centro-sinistra cit., pp. 367-368 e, sulla stessa linea, T. Vecchietti, Parliam o
pure di Mosca, «Avanti!», 8 aprile 1956, che mise in guardia dalla «propaganda m accartista e
scandalistica».
46 Cfr. ivi, 10 aprile 1956
176 Capitolo II

Nell’am pio dibattito che si aprì dopo la relazione del segretario, se l’invito
all’autocritica non trovò molto successo (Corallo afferm ò ad esem pio che l’atteg-
giam ento verso Tito era stato giustificato dalla situazione storica obiettiva; Giua
sostenne che la m itizzazione di Stalin andava collegata «alle esigenze di consoli-
dare la fiducia e le speranze dei lavoratori nell’URSS» 47), anche l’apertura nei
confronti dei paesi socialdem ocratici europei incontrò le critiche, più o m eno ve-
late, di Vecchietti e di Basso. I due interventi più espliciti a favore di Nenni, por-
tando nuovi argom enti alle sue tesi, furono quelli di Mazzali e di Lom bardi. Maz-
zali pose con forza soprattutto il problem a dei rapporti con il PCI, «che se guidò
responsabilmente la lotta della classe operaia in questi prim i dieci anni dalla Li-
berazione […] non è detto che debba conservare nella classe e nel m ovim ento
dem ocratico la stessa posizione e la stessa funzione».48
Lom bardi trattò invece il tem a del rapporto socialism o-Stato, che avrebbe ri-
preso anche nelle sue successive teorizzazioni, fino alla sintesi delle ‘riform e di
struttura’. Se il XX Congresso aveva definitivam ente liquidato qualsiasi prospet-
tiva rivoluzionaria grazie ad un intervento esterno, «diviene più vera e im pegna-
tiva la direttiva che lo Stato non si conquista dall’esterno m a si trasform a
dall’interno». Per il passaggio dal capitalism o al socialism o e battere il sabotag-
gio econom ico e finanziario dei capitalisti all’interno e all’esterno, diventava
quindi indispensabile «un piano di sviluppo economico sottratto ai m onopoli e
indirizzato contro di essi».49
Gli avvenimenti si susseguivano però rapidam ente. Il 17 aprile fu sciolto il
Com inform , una notizia appresa da Nenni con soddisfazione: «Il m anifesto di
Varsavia, che fu l’atto costitutivo del Com inform , dava l’im pressione di un irrigi-
dim ento suscettibile di com prom ettere piuttosto che facilitare lo sforzo unitario
di quanti erano pronti ad unirsi contro la m inaccia di una terza guerra m ondiale.
Lo scioglimento di cui abbiamo oggi la notizia ufficiale è quindi un atto e un fatto
della politica m ondiale della distensione».50
Agli inizi di giugno venne reso noto in Occidente il testo del ‘rapporto segre-
to’. La relazione di Nenni al CC del 7 giugno non ne trattò ancora, affrontando
invece am piam ente, sia pure in term ini ancora interlocutori, la questione dei
rapporti con il PCI:

Non ha senso m ettere in discussione, oggi, il patto di unità d’azione del 1946 il quale in sé
m edesim o è orm ai soltanto un docum ento della storia del m ovim ento operaio, il cui testo
non riflette né i problem i della dura lotta nell’epoca della politica dei blocchi m ilitari e
della m inaccia im perialista della terza guerra m ondiale, né i problem i della classe operaia
nell’epoca della distensione internazionale in cui siam o entrati […] Non c’è niente da
rom pere per quanto concerne la politica unitaria che è la traduzione in atto del nostro le-

47 Un atteggiam ento condiviso da m olti lettori dell’«Avanti!»: cfr. ad esem pio la lettera di

Enzo Santagata nella rubrica «Arrivi e partenze» del 29 m arzo 1956.


48 Una posizione confermata anche nell’intervista su Unificazione socialista e giunte co-

m unali, «Avanti!», 3 giugno 1956.


49 Ivi, 12 aprile.
50 Ivi, 18 aprile.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 177

gam e perm anente con la classe operaia e con le m asse popolari, fuori di che si cade nel
più piatto e vile trasform ism o.51

Il prim o comm ento di Nenni apparve quindi in un articolo, Le giunte e il re-


sto, pubblicato sull’«Avanti!» del 17 giugno, che conteneva già i tem i di fondo dei
successivi interventi. Due giorni prim a Nenni aveva scritto a Togliatti, spiegan-
dogli che non era intervenuto in Parlamento durante il dibattito sul bilancio de-
gli Esteri: aveva deciso di non parlare e non voleva essere trascinato a farlo «per-
ché non sono in pace con me stesso in questi momenti e cerco la spiegazione di
quanto succede a Mosca senza averne ancora trovata una che m i soddisfi».52
Il 24 giugno l’«Avanti!» e «Mondo Operaio» pubblicarono un nuovo articolo
di Nenni, Problem i del socialism o. Il rapporto Krusciov e la polem ica sul com u-
nism o. Dopo aver svolto un rapido riassunto dei «vergognosi fatti» narrati nel
rapporto, Nenni ne criticò la m ancanza di «ogni analisi m arxista della società so-
vietica,53 di ogni ricostruzione storica [...]. C’è un elenco di fatti [...]. Non ci si di-
ce né come né perché ciò sia potuto avvenire».54 Nenni procedeva quindi ad un
breve excursus della storia sovietica, il cui problema principale era individuato
nell’esigenza «della dem ocratizzazione interna, della circolazione delle idee, in
una parola della libertà politica».55
Il segretario del PSI sem brava credere che ciò fosse ancora possibile
all’interno del sistem a stesso: non era in discussione infatti, in questa fase, la le-
gittim ità della rivoluzione, m a gli istituti che da essa erano stati creati, dal partito
ai Soviet, che, di fronte al progresso delle forze econom iche e sociali, si erano
progressivamente svuotati del loro contenuto dem ocratico e burocratizzati nel
funzionam ento. Si trattava quindi, secondo Nenni, «di elim inare nello Stato, di
elim inare nelle leggi e soprattutto nel costum e, ogni superstite incrostazione del
com unism o di guerra, di creare m ezzi e strum enti nuovi per la form azione della
libera iniziativa politica del cittadino».56 In questo senso, però

la crisi sovietica investe non solo i cosiddetti ‘errori’ di Stalin, m a il sistema sovietico qua-
le è andato configurandosi sotto l’influenza di fattori che sono in via di rapida trasform a-
zione [...]. Sarebbe assurdo chiudere gli occhi davanti al fatto che la dittatura del proleta-
riato si è rivolta in dittatura del partito bolscevico, e questa nella dittatura personale di
Stalin [...]. Per parte nostra ciò vuol dire riconoscere che un certo giustificazionism o stori-
co che applicam m o a quanto di condannabile e di ingiusto ravvisam m o nelle dittature

51 Cfr. l’«Avanti!», 8 giugno 1956.


52 ACS, CN, b. 41, fasc. 1927.
53 Una critica, peraltro, rivolta da Um berto Segre allo stesso Nenni: cfr. Il socialism o ha

vinto senza l’aiuto dei socialisti?, «Il Mercurio», 30 giugno 1956.


54 P. Nenni, Problem i del socialism o. Il rapporto Krusciov e la polem ica sul com unism o,

«Mondo Operaio», giugno 1956, p. 343.


55 Ibidem . Non casualmente, nel precedente num ero di «Mondo Operaio» erano stati ri-

pubblicati gli articoli apparsi nel 1938 sulle colonne del «Nuovo Avanti!» nei quali Nenni aveva
lucidam ente analizzato i processi di Mosca.
56 P. Nenni, Problem i del socialism o. Il rapporto Krusciov e la polem ica sul com unism o

cit., pp. 343-344.


178 Capitolo II

com uniste ha lim itato il giudizio critico sugli avvenim enti, al quale un partito operaio non
deve m ai rinunciare.57

Da questa sorta di autocritica Nenni passava, in conclusione, al dato politico


interno: «Nella stessa polem ica sui ‘vergognosi fatti’ denunciati nella relazione
segreta di Krusciov c’è una indicazione al m ovim ento operaio a porsi senza riser-
ve sul piano della lotta dem ocratica e socialista, nulla cedendo delle sue finalità
ed im pegnandosi a fondo perché le trasform azioni che sono necessarie avvenga-
no nella democrazia e nel consenso».58
Una presa di posizione che evidentemente, al solito, non convinse l’Ufficio Af-
fari Riservati che, in una nota del giugno 1956, scriveva: «Se Nenni è stato abile
nel suo trasform ism o politico, ugualmente abili sono stati i partiti del centro, e la
dem ocrazia cristiana in ispecie, nel respingere le interessate blandizie socialiste,
e nel reagire decisamente a tutta questa bene interessata m anovra, che m irava
soltanto a spostare l’equilibrio politico della coalizione governativa, a creare, in
altri term ini, quell’‘apertura a sinistra’, da tanto tempo desiderata ed inseguita
dai partiti socialcom unisti».59
Nenni era stato, in effetti, forse più netto nell’indicare il rapporto tra crim ini
staliniani e sistem a in un articolo apparso il 1° aprile sull’«Avanti!» (quindi pri-
m a delle rivelazioni del ‘rapporto segreto’, della cui sostanza aveva avuto qualche
anticipazione da Krusciov durante il suo viaggio in URSS nel 1955) sotto il titolo
Le elezioni del 27 m aggio. Com unque, l’opinione di Nenni a questo riguardo è
espressa nella sua interezza in una nota dei Diari, alla data del 24 giugno 1956:
«La verità, che sfugge a Krusciov e ai nostri comunisti, è che il rapporto pone in
discussione non solo Stalin, m a il sistema sovietico, lo Stato, il partito in sé e per
sé, la terza Internazionale, pone in discussione lo stesso Lenin». Un’opinione e-
videntem ente diversa da quella di Togliatti che, pochi giorni prim a, 18 giugno, gli
aveva scritto: «Sono, del resto, abbastanza tranquillo e ottim ista circa le conse-
guenze di ciò che hanno fatto i russi. In sostanza, verranno precisate e form ulate
parecchie cose che già erano m ature e in parte persino già espresse».60
Le preoccupazioni per gli sviluppi di politica interna e per i rapporti col PCI,
che saranno il vero terreno di scontro con i cosiddetti ‘carristi’ dopo il Congresso

57 Ivi, pp. 344-345. Il passaggio sul ‘giustificazionism o’ non sfuggì all’Ufficio Affari Riserva-

ti, in una nota del giugno 1956: «(Nenni) niente di nuovo ha detto in ordine ai rapporti con il
com unism o, e non si è accorto, o non si è voluto accorgere, che proprio così argom entando e
condannando il suo ‘giustificazionismo storico’, condannava l’attività stessa del partito socialista
in quest’ultimo decennio (ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività Politiche 1950 -1962, b. 20 ).
58 P. Nenni, Problem i del socialism o. Il rapporto Krusciov e la polem ica sul com unism o

cit., pp. 345. Cfr. anche la risoluzione della Direzione del PSI del 5 luglio 1956, pubblicata
sull’«Avanti!» del giorno seguente. L’Am basciata statunitense giudicò comunque la risoluzione
‘filocom unista’, poiché conteneva critiche ai socialdemocratici italiani ed europei, mostrando di
essere stata scritta sotto l’influenza dell’ala sinistra del partito e, attraverso di essa, del PCI (cfr.
il testo del telegram m a dell’Am basciata del 6 luglio 1957 al Dipartim ento di Stato in FRUS,
1955-1957, W estern Europe and Canada, vol. XXVII, p. 371).
59 ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività Politiche 1950 -1962, b. 20 .
60 ACS, CN, b. 41, fasc. 1927.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 179

di Venezia, erano com unque evidenti nei Diari di Nenni, che lo stesso 24 giugno
scriveva: «Il m io nom e è legato alla politica unitaria coi com unisti. Posso cadere
su questa politica, non farne un’altra. Il problem a che m i angoscia è se sia ancora
possibile salvare la sostanza della politica unitaria. Se no non mi resterà che
rientrare nel silenzio».61
Forse anche per questo motivo il 26 giugno Nenni scrisse a Suslov, inviando-
gli gli articoli redatti per il XX Congresso e riafferm ando le divergenze di opinio-
ni, m a anche il desiderio di m antenere la politica unitaria con i com unisti: «Si
apre per noi in Occidente, per la sinistra socialista com e per i com unisti, un pe-
riodo di discussione e di esam e critico e autocritico che condurremo rapidam en-
te e dopo il quale ci ritroverem o più forti e più uniti sulla via di una lotta che de-
ve essere condotta con metodo e spirito dem ocratico».62
Dell’esistenza dii questa lettera Krusciov inform ò la delegazione del PCI,
com posta da Pajetta, Negarville e Pellegrini, inviata negli stessi giorni in Unione
Sovietica per rendersi meglio conto di quanto stava avvenendo:

Il prim o segretario del PCUS era assistito da Pospelov e Ponom ariov. Egli ci inform ò subi-
to di una lettera di Nenni al com pagno Suslov [...]. Il tono è buono; pare quasi che si scusi.
Dopo avercela fatta leggere, Krusciov ci disse: «La nostra risposta sarà positiva. L’articolo
su «Mondo Operaio» è pessim o, però com prendiam o le condizioni di Nenni. Volevamo
rispondere all’articolo sulla nostra stam pa; m a dopo questa lettera dobbiam o ancora pen-
sarci sopra. Dite a Nenni che abbiam o ricevuto la sua lettera con ritardo, che siam o lieti
del contenuto perché vediam o che egli vuole restare al nostro fianco. L’articolo, invece, ci
aveva fatto l’impressione opposta.63

La risposta di Suslov, datata 3 agosto,64 fu in realtà tutt’altro che ‘positiva’,


giudicando gli articoli di Nenni unilaterali e non obiettivi, poiché m ettevano in
dubbio la ‘prova storica’ dell’efficacia del partito unico nel sistema sovietico e
aiutavano, in questo m odo, la ripresa della propaganda borghese antisovietica.
Nel frattem po, il 28 giugno, si era svolta a Poznan, in Polonia, ove stava avve-
nendo, dopo la m orte di Bierut, un difficile processo di assestam ento al vertice
del POUP, una m anifestazione operaia, che si era conclusa con decine di m orti e
feriti tra i dim ostranti.. La posizione del PSI e di Nenni, pur assai turbato dai fat-

61 Tem po di guerra fredda cit., pp. 738-739. È un atteggiam ento che si ritrova, sia pure con

toni diversi, in altre tappe della vita politica di Nenni, per m otivi di volta in volta psicologici o
tattici (o per entrambi): cfr. O. Lizzadri, Il socialism o italiano dal frontism o al centro-sinistra
cit., p. 386 e la testimonianza di Venerio Cattani per quello che riguarda il Congresso di Vene-
zia: «La sera della votazione Nenni incontrò Valori e gli disse: «Bravo, adesso farai il segretario
tu». Credo che lo abbia detto anche a Lom bardi, dopo la notte di San Gregorio: era uno dei suoi
recitativi preferiti» (Com e eravam o, in AA.VV., Quando i socialisti ruppero con Mosca.
Trent’anni fa, a Venezia, il congresso dell’autonom ia cit., p. 29).
62 Il testo di questa lettera è riportato in G. Tamburrano, Pietro N enni, cit., pp. 281-283;

cfr. anche la citata lettera di Nenni a Suslov del 24 ottobre 1956, in «Mondo Operaio», ottobre
1964.
63 FG, APC, relazione alla Direzione del PCI della delegazione inviata in URSS, 18 luglio

1956, pp. 12-13.


64 Cfr. lo scam bio di lettere in ACS, CN, b. 41, fasc. 190 9.
180 Capitolo II

ti per la sua am icizia personale con il prem ier Cyrankiewicz,65 fu ferm a e puntò
soprattutto a respingere la tesi secondo la quale gli incidenti fossero opera di
provocatori: il m alcontento degli operai polacchi era reale e giustificato, ed era
im possibile m anifestarlo per l’assenza di norm ali strum enti di vita dem ocratica
delle m asse.66
Partendo da questo punto, Nenni recuperava le critiche luxemburghiane al
leninismo e alla concezione bolscevica del partito e dello Stato 67 per una critica
alla ‘doppiezza’ togliattiana, m anifestatasi anche nell’intervista apparsa nel nu-
m ero di m aggio-giugno della rivista «Nuovi Argom enti», nella quale il segretario
del PCI, dopo aver criticato Krusciov per non aver saputo im postare in term ini
m arxisti la critica allo stalinism o, aveva riafferm ato, pur sottolineando l’im por-
tanza della teoria del policentrism o, la superiorità della società sovietica, nei suoi
lineam enti dem ocratici e socialisti, rispetto alle m oderne società capitalistiche:
«Anche se, dunque, giungessim o alla conclusione che il XX Congresso abbia a-
perto un nuovo processo di sviluppo dem ocratico nell’Unione Sovietica, siamo
ben lontani dal pensare e riteniam o che sia errato pensare che questo sviluppo
possa e debba com piersi con un ritorno ad istituti di tipo occidentale».68
La storiografia più legata a schem i di partito si è basata, in passato, su questa
intervista per afferm are la m aggiore capacità di analisi di Togliatti rispetto a
Nenni. Le critiche rivolte da questa storiografia a Nenni e al PSI sono state so-
stanzialm ente quelle di aver portato il dibattito fuori dal ‘cam po socialista’ e di
esser passati, dopo l’Ungheria, dall’altra parte della barricata: «Nenni, rivendi-
cando i valori etici del m ovim ento operaio, trascurava com pletam ente il fatto che
la ‘svolta’ doveva esercitarsi nel pieno del conflitto di classe a livello interno e in-
ternazionale e questa om issione doveva avere pesanti conseguenze sulla sua a-
zione politica».69
Ancora più esplicito Pietro Ingrao:

65 Cfr., sulle relazioni tra Nenni e Cyrankiewicz, il rapporto dell’incaricato d’affari a Varsa-

via, Ferretti, al m inistro degli Esteri, Sforza, del 19 agosto 1948, in DDI, XI serie, 1948-1953,
vol. I, 8 maggio-31 dicem bre 1948, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 20 0 5, pp.
497-498.
66 P. Nenni, Prim o bilancio sulla polem ica del XX congresso di Mosca. Cfr. anche G.U.

(Giulio Ubertazzi), La lezione della Polonia, «Avanti!», 30 giugno 1956; P. Nenni, Appunto, la
lezione dei fatti, ivi, 1 luglio 1956; lo scam bio di m essaggi con i giornalisti di «Trybuna Ludu»,
ivi, 8 luglio 1956; F. Santi, Poznan e i sindacati, ivi, 11 luglio 1956, e soprattutto la nota del dia-
rio di Nenni del 1 luglio: «(Parlare di provocazione) è un ritornello con cui da un paio di secoli
la borghesia spiega le agitazioni e le som m osse operaie». Per la posizione del PCI sugli eventi
polacchi cfr. I nostalgici di Pilsudskj, «l’Unità», 1 luglio 1956 e P. Togliatti, La presenza del
nem ico, ivi, 3 luglio 1956.
67 «In verità nulla nel partito, nulla nello stato, nulla nella società può sostituire la vita de-

m ocratica delle m asse e la libertà del singolo cittadino» (P. Nenni, Prim o bilancio sulla pole-
m ica del XX congresso di Mosca cit., p. 40 3).
68 Cfr. il testo dell’in tervista in P. Togliatti, Op ere. vol. VI, Ed. Riun iti, Rom a 198 4, pp.

125-147.
69 C. Pinzani, L’Italia repubblicana cit., p. 2594; cfr. anche, in questa chiave interpretativa,

la testimonianza di G. Am endola, Il rinnovam ento del PCI cit., pp. 112-144.


«La lezione dei fatti» (1956-1957) 181

Tutta la sua (di Nenni, N.d.R.) discussione sul XX congresso sulle sue im plicazioni si pre-
sentò avulsa da una qualsiasi collocazione nello scontro di classe quale si sviluppò in quel
1956 e soprattutto orientò e spinse il partito socialista al distacco dal m ovim ento com uni-
sta e ad un riavvicinam ento alla socialdem ocrazia; tese insom m a a spostare il PSI a de-
stra, proprio nel m om ento in cui il m ovim ento com unista si cim entava con i suoi gravi
problem i e gruppi conservatori e reazionari su scala m ondiale adoperavano quella prova
per aprire brecce e determ inare nuove rotture.70

Ma Nenni, in quel periodo di cam pagna per le elezioni am ministrative con-


dotte all’insegna degli slogan ‘questa è l’ora dei socialisti’ e ‘per una politica delle
cose’,71 non attaccò m ai direttamente il PCI. Al di là di questo, le critiche di que-
sta storiografia sono assolutam ente collimanti con quelle espresse da Suslov nel-
la citata lettera a Nenni del 3 agosto 1956 e non apportano nessuna novità rispet-
to all’articolo di Togliatti Le decisioni del XX Congresso e il Partito socialista
italiano, pubblicato su «Rinascita» nell’ottobre 1958. In realtà, mentre Togliatti
assunse nel ’56 un atteggiam ento essenzialm ente difensivo, volto a salvaguarda-
re l’unità del PCI e la continuità della sua azione, pur tentando di sottolinearne le
caratteristiche peculiari nell’am bito del m ovim ento com unista internazionale,72
l’autonom ismo di Nenni (com e riconobbe un editoriale apparso su «Rinascita» il
23 luglio 1976) non fu dettato dall’anticom unismo o unicamente dalla ricerca di
m aggior spazio per il PSI, m a dalla convinzione, probabilm ente espressa in mo-
do confuso ed incerto, che l’avvento del neocapitalism o e la crisi del comunismo
rischiassero di isolare e di condannare alla sconfitta l’intera sinistra italiana.73

70 Il XX congresso del PCUS e l’VIII congresso del Pci, in Problem i di storia del Partito

com unista italiano, Roma, Ed. Riuniti, 1971, poi con il titolo L’indim enticabile 1956, in P. In-
grao, Masse e potere, Roma, Ed. Riuniti, 1977, pp. 132-133, posizione ribadita in La svolta del
‘56 e la vita italiana al socialism o in questi vent’anni, intervista a cura di R. Ledda, «Rinasci-
ta», 21 gennaio 1977, pp. 7-11.
71 Cfr. il comizio di chiusura della campagna, tenutosi a Milano, «Avanti!», 26 m aggio

1956). Per i cambiamenti nelle preferenze elettorali di comunisti e socialisti fra il 1953 e il 1956
cfr. l’interessante sondaggio Doxa dell’ottobre 1959 in P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto
dell’Italia, vol. II cit. pp. 653-675; cfr. anche R. Forlenza, Le elezioni am m inistrative della
prim a Repubblica. Politica e propaganda locale nell’Italia del secondo dopoguerra, 1946-
1956, Roma, Donzelli, 20 0 8, pp. 132-143.
72 Cfr. S. Pons, L’URSS e il PCI nel sistem a internazionale della guerra fredda, in R. Gual-

tieri (a cura di), Il Pci nell’Italia repubblicana, 1943-1991, Rom a, Carocci, 20 0 1, p. 24.
73 Per una diversa valutazione dell’intervista e dell’azione di Togliatti, da parte di una sto-

riografia più recente ed avvertita, cfr. com unque L. Canfora, Togliatti e i dilem m i della politica,
Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 111-115; G. Vacca, Togliatti sconosciuto, Roma, l’Unità, Rom a,
1994, pp. 177-193; M. Flores - N. Gallerano, Sul Pci. Un’interpretazione storica, Bologna, il
Mulino, 1992, pp. 119-120 ; l’introduzione di R. Martinelli in M. L. Righi (a cura di), Quel terri-
bile 1956. I verbali della direzione com unista tra il XX Congresso del PCUS e l’VIII Congresso
del PCI, Roma, Ed. Riuniti, 1996, pp. XIII-XLVIII; G. Gozzini - R. Martinelli, Storia del Partito
com unista italiano, vol. VII, cit., pp. 530 -549; A. Höbel, PCI e m ovim ento com unista interna-
zionale. Dal XX Congresso del PCUS al ‘Mem oriale di Yalta’ (1956-1964), «Scritture di storia»,
settembre 20 0 5, pp. 296-311; C. Spagnolo, Sul m em oriale di Yalta. Togliatti e la crisi del m o-
vim ento com unista internazionale (1956-1964), Roma, Carocci, 20 0 7, pp. 166-169; J . Haslam ,
I dilem m i della destalinizzazione: Togliatti, il XX Congresso del PCUS e le sue conseguenze
182 Capitolo II

Per quanto riguarda la dialettica interna al PCI, un rapporto del Sifar del 29
m arzo 1956, redatto «in base a voci raccolte negli stessi am bienti del PCI da ele-
m enti fiduciari m olto attendibili», riferì, tra le altre note a proposito delle riper-
cussioni del rapporto Krusciov, che

il problem a di fondo individuato da Togliatti è un problem a di ‘vita o di m orte’, in quanto


ripropone, allo stesso PCI, in term ini inderogabili e inequivocabili il tema dell’unificazio-
ne socialista (con il PSI, beninteso) che sem bra venga scartata, non solo per m otivi di
convenienza tattica, m a per l’opposizione dell’on. Nenni, il quale pensa sia giunta la sua
‘grande ora’ e ritiene il PSI capace di svuotare progressivam ente tanto il PSDI quanto il
PCI, m ettendo l’accento su talune posizioni nazional-socialiste (sic). È questa la m ossa
che l’on. Togliatti teme che l’on. Nenni effettui prim a che sia avvenuto il riordinam ento
ideologico del PCI.74

Nello stesso fascicolo, una relazione del 24 giugno 1956 im postava in term ini
più realistici la questione, criticando anche le ‘errate im postazioni’ di giornalisti
com e Artieri, Giovannini, Montanelli che consideravano il PCI destinato ad un
inevitabile declino:

La realtà è certo diversa. Togliatti conosceva da m olto tem po tale rapporto ed ha predi-
sposto ogni accorgim ento per m anovrare dall’alto la grossa crisi di base e di quadri che si
preannunciava inevitabile [...]. Altro errore sarà quello di puntare su contrasti effettivi al
vertice (Pajetta contro Am endola, Terracini contro Secchia e via di seguito). Queste storie
hanno fatto il loro tem po e non sarà la nuova situazione a renderle autentiche. Nelle alte
gerarchie com uniste, ogni apparente disaccordo sarà frutto di un accordo fondamentale,
che è quello di andare avanti senza separarsi. Finché sarà vivo Togliatti, non ci si potrà
attendere atteggiam enti diversi da gente che è stanca di lotte e di imprevisti, orm ai alle
soglie di una vecchiaia che spera di trascorrere m eritatam ente com oda e tranquilla [...].
Ed infatti, portando lo sguardo sul m ondo orientale, dall’osservatorio italiano, si ha
l’im pressione che il panoram a offre m olte novità di form a m a non di sostanza. I vari parti-
ti com unisti, fra cui il nostro, cercheranno ciascuno una propria strada per più efficace-
m ente operare nell’am bito delle rispettive nazioni, m a il distacco da Mosca, anche se toc-
cherà punte accentuate nelle apparenze, non dovrebbe poter nascondere la realtà che
consiste nel com une fine della conquista del potere. Ogni partito com unista sarà più libe-
ro di condurre il proprio gioco sperim entando nuove e diverse chances nel tentativo di un
colpo fortunato, m a il bottino, in caso di vincita, sarà ancora del padrone, a Mosca.

Per tornare a Nenni, quasi in risposta a Togliatti, portò ancora una volta il di-
battito sul terreno della politica interna, delineando i nuovi compiti e le nuove
responsabilità che si presentavano alla sinistra italiana:

Occorre intendere che la prospettiva, e non soltanto la prospettiva italiana, non è quella di
una rivoluzione e di un regim e di tipo sovietico, diretto da un partito di tipo bolscevico.
Intendere che la via del socialism o, in Italia, e non soltanto in Italia, è la lotta dem ocratica
in tutti i sensi, in tutte le direzioni, portando innanzi dem ocraticam ente le riform e m ature

(1956), in R. Gualtieri - C. Spagnolo - E. Taviani (a cura di), Togliatti nel suo tem po cit., pp.
215-238.
74 ACS, Min. Int., AA.RR. 1954-1956, b. 83.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 183

nella coscienza della m aggioranza del popolo, valutando gli interessi della collettività na-
zionale e quelli non soltanto degli operai, dei contadini, dei pubblici dipendenti, m a del
ceto m edio, dei quadri tecnici della nazione, delle attività terziarie, stando in una parola
nella dem ocrazia finché si è opposizione com e quando si è m aggioranza.75

Il 1° luglio Nenni riportava nei Diari le reazioni al suo articolo del 24 giugno:
«Tutta la stam pa europea e quella americana ne ha am piam ente trattato. Gli elo-
gi, i riconoscim enti, i ‘finalm ente’, ‘meglio tardi che m ai’ m i hanno contrariato
più delle critiche aperte. C’è stato un certo turbamento anche in una parte dei
com pagni. Abbiam o i nostri ‘duri’, i nostri ‘staliniani’ accaniti».76
In realtà l’articolo di Vecchietti sull’«Avanti!» del 26 giugno, al quale proba-
bilmente si riferiva Nenni, pur sotto il titolo Nessun revisionism o, nessuna capi-
tolazione e nella difesa della politica del PSI negli anni precedenti, dim ostrava
trattarsi non tanto di ‘staliniani accaniti’, bensì di dirigenti preoccupati di m an-
tenere la politica unitaria col PCI e che temevano l’abbandono della lotta di classe.
Era d’altra parte il tim ore m anifestato da Togliatti a Nenni nel corso di una
riunione del 2 giugno: «Non ci preoccupa un vostro avvicinam ento alla DC e a
certi gruppi DC (e al potere). Ciò che ci preoccupa è che questo avvicinam ento
non sia accom pagnato da un processo di distacco».77 Sono posizioni espresse, in
num erose riunioni della Direzione socialista, anche da Vecchietti che, tra l’altro,
fu uno dei più solleciti a collegare i m utam enti avvenuti sullo scenario interna-
zionale con i possibili sviluppi in politica interna:

Dubito che il PCI riesca a compiere l’atto coraggioso che sarebbe necessario. Più probabile
una crisi della incidenza del PCI sulla società italiana [...]. L’URSS cerca disperatam ente
la distensione perché non può sopportare il peso degli arm am enti e dell’industria pesante
che ha com e controparte la m iseria del popolo [...]. Dobbiam o assum ere la nostra assoluta
indipendenza in cam po internazionale e nei confronti della politica internazionale sovieti-

75 P. Nenni, Prim o bilancio sulla polem ica del X X congresso di Mosca cit., p. 40 6. Forse

per la critica al leninismo e per una certa assunzione di responsabilità in esso contenute, alcuni
autori (cfr. la com unicazione di S. Bertelli al convegno di Parma su Trent’anni di politica socia-
lista cit., p. 40 6) hanno attribuito a questo articolo, al di là della difesa d’ufficio com unque ope-
rata da Nenni nei confronti della passata azione politica propria e del PSI, un carattere di svol-
ta. Siamo però di fronte, com e abbiamo visto, ad un processo graduale, talvolta discontinuo,
che troverà il proprio punto d’arrivo, dram matico e definitivo, solo nei fatti d’Ungheria: cfr., a
questo proposito, S. Colarizi, Pietro Nenni e il Partito socialista italiano nel 1956, «Sociali-
sm o/ Storia. Annali della Fondazione Brodolini», 1987, pp. 333-361; M. Degl’Innocenti, Storia
del PSI cit., pp. 20 2-233; Id., L’«ora dei socialisti» e la lezione di Budapest, «Storia e futuro»,
novembre 20 0 6; G. Sabbatucci, Il Partito socialista italiano cit., pp. 50 -65; G. Tamburrano, Il
revisionism o nenniano negli anni Cinquanta, in A. Benzoni - R. Gritti - A. Landolfi (a cura di),
La dim ensione internazionale del socialism o italiano cit., pp. 229-238; C. Vallauri, La crisi del
‘56 e il PSI, cit., pp. 73-10 5; Id., Le scelte socialiste del 1956, «Il Ponte», giugno 1992, pp. 310 -
328; Id., L’interpretazione del ’56 e la ‘via italiana’. Le posizioni dei socialisti, «Classe»,
(1978), 16, pp. 87-116.
76 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 740 .
77 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215.
184 Capitolo II

ca [...]. Quanto più forti sarem m o sul piano interno se fossim o più indipendenti sul piano
internazionale.78

E ancora, pochi giorni più tardi: «Siam o stati ostacolati dalla ipoteca rappre-
sentata dall’accusa che facevam o la politica dell’URSS. Togliamoci coraggiosa-
m ente di dosso codesta ipoteca. Assumiam o le nostre responsabilità. Questo non
lo può più fare il PCI. Lo dobbiam o fare noi».79

3. L’APERTURA DEL DIBATTITO. N ENNI E LA VIA DEMOCRATICA AL SOCIALISMO

Gli articoli di Nenni aprirono, sulle colonne di «Mondo Operaio» e dell’«Avan-


ti!», un am pio dibattito sui tem i della concezione dello Stato e della dem ocrazia
nel socialismo.80 Pur rim anendo com pletam ente nell’am bito del m arxism o,81
em ersero nel corso della discussione punti di vista differenti che, se testim oniano
una vivacità per certi versi inaspettata, m ostrarono anche i chiari segni dello
sbandam ento seguito alla piena consapevolezza delle ripercussioni del XX Con-
gresso e il persistere di posizioni ormai del tutto sorpassate dall’evidenza dei fatti.
Non mancarono, infatti, il rifiuto di identificare le colpe di Stalin con quelle
del sistem a o, addirittura, la difesa dell’operato dello stesso Stalin, attraverso il
ricorso a tutti i luoghi comuni di uno schem atismo storicistico adattato alle cir-
costanze. Così, adducendo i consueti m otivi dell’accerchiam ento capitalistico ai
danni dell’URSS e della necessità dello sviluppo industriale, si giunse a giustifi-
care il terrore staliniano e a m ettere sullo stesso piano carnefici e vittime: «Il
‘terrore’ staliniano ha condotto a risultati im m ediati di portata storica grandiosa:
ed esso costituisce, proprio per la som m a di dolori, di sacrifici, di rinunce, di epi-
sodi tragici, anche certam ente di ingiustizie sofferte, di cui è intessuto, una gran-
diosa epopea del popolo russo, del partito bolscevico, dei suoi capi, com presi
quelli che hanno sacrificato la libertà ed anche la vita sull’altare della disciplina e
dell’unità del potere sovietico».82

Ivi, riunione della Direzione del 20 giugno 1956, p. 4.


78

Ivi, riunione della Direzione del 4 luglio 1956, p. 6.


79
80 Cfr., sull’avvio del dibattito, la testimonianza di G. Arfè in 30 anni di Mondo Operaio cit.,

p. 61.
81 Un’intenzione conferm ata anche dalla nota redazionale che dà inizio alla discussione: «Ci

proponiamo di iniziare quel largo dibattito di idee e quella elaborazione di pensiero che sono
oggi indispensabili nel m ovim ento socialista di ispirazione m arxista. La Redazione della rivista
intende dare ampio spazio ad una discussione libera ed aperta, ed invita a parteciparvi, in pie-
na libertà d’opinione, tutti coloro che intendono proseguire la discussione, e dare il loro contri-
buto ad un processo lungo e difficile m a indispensabile per noi e per tutto il movimento ope-
raio» («Mondo Operaio», aprile 1956, p. 222). Giovanni Sabbatucci ha comunque scritto di
«un’im pressione complessiva di reticenza, di prudenza e, quel che è peggio, di clamorosa ina-
deguatezza rispetto alla tragica gravità di quanto era venuto alla luce» (Il m ito dell’URSS e il
socialism o italiano, «Socialismo/ Storia. Annali della Fondazione Brodolini e della Fondazione
Turati», 1991, p. 74).
82 G. Tolloy, La realtà dei fatti, «Mondo Operaio», agosto-settem bre 1956, p. 482.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 185

Cesare Musatti si dedicò invece ad una spiegazione in chiave psicologica del


culto della personalità:

Il m ito del capo, il culto della personalità, fu una necessità psicologica per lo sviluppo del-
la Rivoluzione sovietica e per l’edificazione dello Stato socialista [...]. Giacché senza il m i-
to di Stalin (con tutte le gravi conseguenze che esso com portava) non ci sarebbe proba-
bilm ente sulla carta geografica del m ondo l’Unione Sovietica, il socialism o non avrebbe
conquistato più di un terzo dell’um anità e l’ideale della realizzazione di un m ondo sociali-
sta, senza classi e senza sfruttati e sfruttatori, sarebbe estrem am ente più lontano da noi di
quanto esso non sia.83

Il tono dell’intervento di Giuseppe Petronio era più sfum ato e sofferto, m a le


conclusioni a cui giunse furono più o m eno le stesse:

La scelta che abbiam o fatto tutti, in Italia e nel m ondo, otto, nove anni fa, è stata una scel-
ta di fondo, scelta politica e m orale ad un tem po [...]. Le condizioni in cui abbiam o dovuto
scegliere e i term ini nei quali la scelta ci è stata offerta, sono stati i peggiori che potessim o
avere m a non li abbiam o voluti noi, ce li ha posti la storia [...]. Noi dovevam o scegliere en-
tro quei term ini e abbiam o scelto com e da socialisti dovevam o, né avrem m o potuto altri-
m enti, e chi non ha scelto come noi è stato contro di noi.84

Sulla linea di Nenni, di accettazione piena della via dem ocratica al socialism o,
si posero sostanzialmente in pochi, ed anch’essi con qualche distinguo. Così Fe-
derico Coen, dopo aver espresso la necessità di sottoporre al vaglio della critica il
sistem a sovietico, invitò a non sottovalutare le prospettive offerte al m ovimento
operaio italiano dalle conquiste della dem ocrazia repubblicana e della tradizione
dem ocratica borghese, ai fini di un rafforzam ento «dell’iniziativa dal basso nelle
nostre organizzazioni, nucleo prim ordiale delle nuove istituzioni dem ocratiche
sulle quali dovrà fondarsi dom ani lo Stato proletario».85
Anche per Giuseppe Tamburrano «l’accettazione della tesi della via democra-
tica al socialism o com porta necessariam ente la tesi del regime politico dem ocra-
83 Cesare Musatti, Considerazioni psicologiche sul culto della personalità, ivi, giugno 1956,

p. 358. Secondo una relazione della Prefettura di Pavia del 4 dicem bre 1956 Musatti, inaugu-
rando la stagione invernale del circolo culturale socialista Rodolfo Morandi con una conferenza
sul tem a Il socialism o e la dem ocrazia, dichiarò che «la democrazia si sviluppa più agevolmen-
te nei paesi con esiguo numero di partiti politici ed ha citato l’esem pio della Russia e della Cina,
dove esiste un solo partito, e gli Stati Uniti d’Am erica e l’Inghilterra, dove operano rispettiva-
m ente due e tre partiti politici. Ha quindi soggiunto che tutti i partiti politici si professano di-
fensori della dem ocrazia, anche quelli, com e la DC, che nulla avrebbero in com une con i prin-
cìpi democratici, m entre il solo depositario della democrazia sarebbe il partito socialista, che
difenderebbe la m assa operaia e professerebbe l’uguaglianza delle classi sociali. Ha affermato
che il socialismo starebbe progredendo in tutti gli Stati (Russia e Cina com presi) e che spetta ai
socialisti collaborare con i comunisti, per indirizzarli verso la vera dem ocrazia». La relazione si
concludeva osservando (non del tutto a torto, se le affermazioni riportate corrispondevano ef-
fettivam ente al pensiero dell’oratore) che «il discorso del prof. Musatti ha lasciato alquanto di-
sorientato l’uditorio» (ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 23).
84 G. Petronio, Esam e di coscienza di un socialista, «Mondo Operaio», novembre 1956, p. 645.
85 F. Coen, Burocrazia e dogm atism o nell’esperienza sovietica, ivi, agosto-settembre 1956,

p. 491.
186 Capitolo II

tico, sia per le condizioni storiche evolute, sia per la necessità politica di salvare
la società dalle degenerazioni a cui l’assenza di libertà e di garanzia portereb-
be».86 Nello stesso Tam burrano perm aneva d’altra parte la critica non dei prin-
cìpi, m a degli istituti della dem ocrazia borghese: «Pertanto il problem a non è di
favorire l’incontro tra istituti liberali e società socialiste, m a di ribadire che la so-
cietà socialista esprim erà i suoi propri istituti congeniali, che possono anche ri-
calcare, rinnovandoli, istituti liberali, attuando e potenziando quei valori che il
pensiero liberale ha esaltato e la prassi ha sostanzialmente trascurato».87
Era una posizione ricorrente anche negli in terventi di De Martino, per il quale
questi istituti non andavano sm antellati, m a opportunam ente recuperati nel con-
testo di un’astratta dem ocrazia socialista:

Separazione dei poteri dello stato, subordinazione della polizia ad organi giudiziari, legali-
tà delle procedure sono princìpi che hanno scarso valore nel m ondo borghese o hanno va-
lore lim itato, m a che possono essere di grande e sostanziale validità in un regim e nel qua-
le sono caduti i lim iti dell’oppressione. Essi non si possono considerare tipici ed esclusivi
della borghesia o di una società divisa in classi antagoniste, m a sono da svilupparsi in
senso ancora più dem ocratico in una società socialista.88

La critica di ogni tipo di riform ism o era com unque netta, poiché «esso accetta
un com prom esso perm anente, una conciliazione di classe; esso ritiene possibile
m odificare il regim e capitalistico, renderlo più um ano e in definitiva convivere
con esso. Non si può nemm eno porre il dubbio che noi abbiam o nulla di com une
con tali posizioni».89
De Martino fu però uno dei pochi dirigenti socialisti a criticare in m odo netto
(in un articolo nel quale, peraltro, riafferm ava il valore universale della rivolu-
zione d’ottobre e del concetto di dittatura del proletariato) gli errori com m essi
dal PSI durante la guerra fredda:

Dal 1947 in poi [...] le critiche o le riserve contro abusi del potere e contro colpe, di cui si
poteva avere qualche sentore, furono om esse e persino si passò sotto silenzio il sistema
dei processi politici, nei quali, fidando sulla stupidità um ana eterna com e la storia, si dava
la versione della confessione dei colpevoli in form e tanto uguali fra loro da essere divenu-
te form ule notarili [...]. Il conform ism o e il dogm atism o im peranti avevano im pedito

86 G. Tam burrano, Marx, Engels, Lenin e lo Stato, ivi, ottobre 1956, p. 571. Per la posizione

di Tam burrano in questo periodo cfr. la sua introduzione al Carteggio su m arxism o, liberali-
sm o e socialism o con N. Bobbio, Roma, Ed. Riuniti, 20 0 7, pp. 12-13; la lettera a Bobbio del 14
novembre 1956, ivi, pp. 42-43; Strategia e dottrina del Partito Socialista Italiano dal 1956 ad
oggi, «Tem pi moderni», ottobre-dicem bre 1964, pp. 5-9.
87 G. Tamburrano, Marx, Engels, Lenin e lo Stato cit., p. 570 .
88 F. De Martino, Problem i del Socialism o: spunti di discussione intorno allo Stato, «Mon-

do Operaio», aprile 1956, p. 225. Cfr. anche, nello stesso num ero, il lungo articolo di E. Agazzi a
com m ento del libro di Bobbio Politica e cultura (per una critica, sia pure rispettosa, delle tesi
sostenute da Bobbio cfr. anche F. Fortini, Lim iti della dittatura e stato di diritto, «Avanti!», 7
gennaio 1956).
89 F. De Martino, Ancora dello Stato, «Mondo operaio», luglio 1956, p. 424.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 187

qualsiasi indagine. Le form e dottrinarie e profetiche, di tipo biblico, hanno prevalso sulla
ragione creatrice ed il m arxism o è divenuto una specie di talm udism o.90

Anche per Lelio Basso il problem a principale era quello della salvaguardia del
m arxism o, depurato dalle degenerazioni socialdemocratiche e staliniste: «En-
tram be queste soluzioni sem plicistiche sono contrarie allo spirito del m arxism o,
il quale considera che le lotte politiche sono strettamente condizionate dai rap-
porti di classe e dallo sviluppo delle forze e dei rapporti di produzione, per cui ad
una situazione sociale diversa devono necessariam ente corrispondere m odi di
lotta diversi».91
Basso faceva proprie le critiche luxemburghiane al bolscevism o sull’im prepa-
razione delle m asse e sulla dittatura di una m inoranza su di esse.92 Tram ite que-
sta critica riafferm ava quindi anch’egli la validità del concetto di dittatura del
proletariato «Nel suo aspetto essenziale di governo dei lavoratori e non soltanto
per i lavoratori, di un gradino superiore dello sviluppo democratico, fondato su
una partecipazione reale delle m asse quale non si è m ai realizzata in un regime
borghese».93
Basso chiarì ulteriormente il suo pensiero in una lettera a Nenni del 18 agosto
1956:

Tu sai che io sono da m olti anni convinto: a) che la via italiana al socialism o è profonda-
m ente diversa da quella russa ed è sostanzialm ente una via dem ocratica; b) che una tale
via dem ocratica non può essere guidata se non da un partito che sia profondam ente inse-
rito nella storia italiana e che per le sue tradizioni, per la sua m entalità, per il suo linguag-
gio ecc. sia capace di realizzare larghe alleanze nei ceti m edi; c) che il PSI potrebbe essere
questo partito, se superasse i com plessi di inferiorità e si m ostrasse capace di elaborare

90 Id., Di fronte al congresso i problem i fondam entali del socialism o, ivi, gennaio 1957, pp.

2-3. Risulta dunque solo parzialmente vero che «le cose che Togliatti dice – vale a dire la ne-
cessità di non scordare il fondam ento dei princìpi marxisti, di non buttare a mare Lenin – sono
le stesse, ad esempio, che afferma un socialista come Francesco De Martino, pur concorde con
la critica nenniana al sistem a politico sovietico» (P. Spriano, Dopo il 1956, «Critica marxista»,
luglio-ottobre 1984, p. 20 9). In De Martino vi è infatti tutto ciò, m a anche la coscienza degli
errori del PSI nel periodo del frontism o: «Pericoloso il modo in cui Nenni ha posto il problema
della revisione dei princìpi. È la prim a volta che si è creato uno Stato socialista e questo Stato
ha creato un mostro. I compagni oggi ci chiedono conto di cosa sarebbe successo se nel 1948 si
fosse preso il potere, se cioè sarebbe successo com e in Russia. In cam po politico ciò che è avve-
nuto ci dà m eno libertà» (ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione del 20 giugno
1956, p. 2).
91 L. Basso, La pluralità delle vie del socialism o nel pensiero di Marx ed Engels, «Mondo

Operaio», m aggio 1956, p. 277; cfr. anche Id., Alla ricerca del socialism o, «Critica sociale», 20
giugno 1956.
92 Una posizione che ribadirà, a m aggior ragione, dopo l’intervento sovietico in Ungheria:

cfr. il testo del suo comizio a Bologna dell’8 dicem bre 1956 in ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956,
b. 22.
93 L. Basso, L’esperienza sovietica e la dittatura del proletariato, «Mondo Operaio», luglio

1956, p. 422. Cfr. anche, dello stesso Basso, 9 dom ande sullo Stato-guida, «Nuovi Argom enti»,
m arzo-aprile 1957; Da Stalin a Krusciov, Milano, Ed. Avanti!, 1962. Per il ruolo svolto da Basso
in questo periodo cfr. T. Nencioni, Il 1956 di Lelio Basso, «Italia contemporanea», settem bre
20 0 6, pp. 436-451.
188 Capitolo II

questa via dem ocratica (ciò che si può com inciare a fare con il program m a); d) che per
acquistare il diritto storico alla leadership il PSI deve m odificare l’attuale rapporto di for-
ze con il PCI.94

Ma le posizioni che, con quella di Nenni, saranno foriere di m aggiori sviluppi


nella storia della sinistra italiana, per gli stretti rapporti che anch’esse delinearo-
no tra svolta kruscioviana e problemi del m ovim ento operaio italiano, anticipan-
do le tem atiche della contestazione e dell’‘autunno caldo’ da una parte, della pro-
gram m azione e del centro-sinistra dall’altra, furono quelle di Raniero Panzieri e
di Riccardo Lom bardi.
Nel suo «netto rifiuto di ogni atteggiam ento pseudo-storicistico, hegeliano
[...], di ogni form a di superam ento non com pletam ente critico della m itologia e
del dogm atism o ripudiato»,95 Panzieri operava una critica ‘da sinistra’ dello sta-
linismo. Per Panzieri, infatti, lo stalinism o, anticipando la trasform azione dei
rapporti di produzione rispetto allo sviluppo effettivo delle forze produttive, ave-
va attuato la separazione di fatto del controllo dei m ezzi di produzione dai pro-
duttori. La soluzione della crisi richiedeva quindi, attraverso il recupero di tutta
la tem atica consiliare del Gram sci dell’«Ordine Nuovo» e del giovane Morandi,
ed anticipando le tesi sul ‘controllo operaio’,96 «la piena restituzione del m ovi-
m ento operaio alla sua propria autonomia [...] (attraverso) la creazione di nuove
form e di democrazia diretta sul piano delle strutture produttive».97
Sul piano internazionale si respingeva quindi com pletamente la concezione
dello Stato-guida,98 attraverso una ripresa dei tem i dell’internazionalism o prole-
tario, con una particolare attenzione, dopo il viaggio in Cina del settem bre-

FB, Serie corrispondenza.


94

R. Panzieri, Il ritorno a Lenin non può essere se non un riesam e approfondito, storica-
95

m ente determ inato, del leninism o, «Opinione», maggio 1956, pp. 1-3; cfr. anche La crisi del
com unism o, «Il Punto», 10 novem bre 1956.
96 Su Panzieri e sulle ‘tesi sul controllo operaio’, redatte con Lucio Libertini e pubblicate sul

num ero di «Mondo Operaio» del febbraio 1958, cfr. A. Benzoni, Il Partito Socialista dalla Re-
sistenza ad oggi cit., pp. 90 -93; M. Degl’Innocenti, Storia del PSI cit., pp. 247-249; F. De Mar-
tino, Un’epoca del socialism o cit., pp. 198-199; P. Ferrero (a cura di), Raniero Panzieri, un
uom o di frontiera, Milano, Punto Rosso, 20 0 6; R. Gobbi, Com ’eri bella, classe operaia, Mila-
no, Longanesi, 1989, pp. 65-67; S. Mancini, Socialism o e dem ocrazia diretta, Bari, Dedalo,
1977; A. Mangano, Il dibattito sui consigli e la corrente Panzieri, «Il Ponte», novembre-
dicem bre 1989, pp. 134-166; Id., La corrente Panzieri e il dibattito sul controllo operaio, in Id.,
L’altra linea. Fortini, Bosio, Montaldi, Panzieri e la nuova sinistra, Catanzaro, Pullano, 1992.
97 R. Panzieri, Appunti per un esam e della situazione del m ovim ento operaio, «Mondo O-

peraio», gennaio 1957, p. 35; cfr. anche Gli intellettuali di sinistra e i fatti di Ungheria, docu-
m ento elaborato da intellettuali socialisti e com unisti nei giorni dell’invasione sovietica, in Id.,
Dopo Stalin. Una stagione della Sinistra 1956-1959, a cura di S. Merli, Venezia, Marsilio, 1986,
pp. 7-8.
98 «In questo senso, assolutamente fondato è il rifiuto del frontism o com e rifiuto di una de-

term inata concezione della politica delle alleanze e delle prospettive del potere socialista, con-
cezione dietro la quale è presente l’ideologia e la prassi del partito-guida e più in generale un
criterio di guida dall’esterno e dall’alto del m ovim ento operaio» (R. Panzieri, Filo rosso, «Mon-
do Operaio», aprile 1957, p. 147).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 189

ottobre 1955, agli sviluppi della rivoluzione cinese e ai fenom eni di decolonizza-
zione.
Anche Lombardi prese l’avvio dalla constatazione che «le condizioni di pro-
duzione capitalistica e i conseguenti rapporti di classe sono andati evolvendosi
nella società m oderna in m aniera tale da esigere urgentemente, da qualunque
m ovim ento operaio conscio delle sue responsabilità e del suo avvenire, un esame
spregiudicato e radicale degli schemi consueti in base ai quali si era configurato
sino a ieri il problema della ‘conquista del potere’».
Da questa analisi derivavano alcune conseguenze di grande im portanza per la
strategia del m ovim ento operaio che finivano, a differenza di Panzieri, per intac-
care i fondamenti stessi del m arxism o-leninism o:

Non è più lecito considerare la conquista dello Stato com e condizione necessaria e inevi-
tabile per il passaggio alla società socialista [...]. Ma se così è [...] ne nasce una rivaluta-
zione di fondo della politica e della dem ocrazia. Acquisire il concetto che lo Stato non si
conquista dall’esterno, ma si trasform a e si m odifica dall’interno, significa collocare su
basi del tutto nuove i rapporti (e non soltanto i rapporti di forza) fra le classi e fra i partiti;
significa principalm ente abbandonare com e inutile e dannosa la politica di prom uovere
attorno al partito rivoluzionario il blocco in discrim inato di tutti gli interessi lesi e offesi:
politica che trova la sia giustificazione solo nella prospettiva rivoluzionaria dello schem a
leninista, ove suprem a im portanza ha non riform are la società e lo Stato, m a rafforzare il
partito, cioè lo strum ento da im piegare al m om ento giusto per la rottura dell’apparato
statuale della borghesia. Significa in altre parole liquidare la politica di mera potenza ca-
ratteristica dei partiti com unisti.99

Lom bardi fu com unque attento nel rifiutare, da queste prem esse, qualsiasi
ipotesi riform ista o socialdem ocratica, lanciando invece la parola d’ordine delle
‘riform e di struttura’ che porterà avanti con coerenza durante il centro-
sinistra:10 0

Se tende a svanire la prospettiva della conquista esterna dello Stato (con tutte le conse-
guenze anche di carattere teorico sul concetto di dittatura del proletariato) nella prospet-
tiva di trasform azione dall’interno dello Stato s’intravvedono già fin d’ora sufficientem en-
te articolate le due tendenze fondamentali: l’una indirizzata alle riform e rispettose
dell’ordine giuridico proprietario dello Stato borghese e tendenti essenzialm ente all’equità
nella ripartizione del reddito, cioè la tendenza a creare e consolidare lo stato di benessere,
il w elfare state [...]. L’altro filone è quello che, sem pre dall’interno dello Stato e utilizzan-
do gli strum enti della dem ocrazia politica, punta sulle riform e rivoluzionarie, cioè sulle

99 R. Lombardi, Dopo il rapporto Krusciov. Rivalutazione della politica, «Il Mondo», 7 a-

gosto 1956. Proprio su questo tema Togliatti avrebbe polemizzato con Lombardi nella sua rela-
zione all’VIII Congresso nazionale del PCI, contestando che «il progresso della dem ocrazia po-
litica segni sempre una evoluzione della società capitalista verso il socialismo» (cfr. P. Togliatti,
Opere, vol. VI, Roma, Editori Riuniti, 1984, p. 214). Per un’impostazione del problema sim ile a
quella di Lom bardi, in am bito com unista, cfr. invece P. Spriano, Spezzare la m acchina dello
stato o im possessarsene?, «Quaderno dell’attivista», 2 luglio 1956.
10 0 Su Lombardi e le riforme di struttura cfr. i rilievi critici di P. Ginsborg, Le riform e di

struttura nel dibattito degli anni Cinquanta e Sessanta, «Studi storici», (1992), 2-3, pp. 653-
668; C. Starita, Problem i dello sviluppo cit., pp. 611-617.
190 Capitolo II

riform e dirette a infrangere il quadro dell’ordinam ento proprietario esistente, per creare
non già lo stato di benessere, m a la società senza classi.10 1

Da questo contrasto tra Lom bardi e Panzieri derivò quindi il delinearsi di dif-
ferenti strategie per il m ovim ento operaio italiano: Lom bardi avrebbe insistito
sulla necessità, in am bito parlam entare, di una program m azione riform atrice,
Panzieri sul ruolo autonom o e antagonistico della classe operaia nei confronti del
neo-capitalism o 10 2 .
La posizione di Lombardi fu sostenuta, prim a all’interno del PCI e poi nelle fi-
la socialiste, da Antonio Giolitti. In Giolitti, al netto rifiuto del ruolo dello Stato e
del partito-guida, si associò infatti, in questa fase, l’idea di un program m a di ‘ri-
form e per il socialism o’, contrapposto al ‘neocapitalism o riform ista’, che si pre-
sentava «come un risultato paradossale del m assim alism o settario che nega o ri-
fiuta il progresso tecnico lasciandone i m eriti e i frutti al capitalista, rinvia la
conquista del potere politico all’avvento m essianico o all’evento apocalittico e fi-
nisce con l’avvilirsi in un’azione puram ente rivendicativa che contraddice le sue
stesse premesse».10 3
Chiunque aspirasse alla costruzione di una società socialista doveva quindi
affrontare adeguatamente i problem i dell’esercizio del potere e della dem ocrazia
politica: «È essenzialm ente un problema di educazione m orale e civile e di tecni-
ca giuridica: cioè di rispetto di certi fondam entali valori ai quali nessun uom o in
quanto tale è disposto a rinunciare (la libertà d’opinione, la dignità, la sicurezza)
e la lim itazione del potere dello Stato atta a im pedire che esso possa im pune-
m ente calpestarli».10 4
Dopo il suo intervento critico all’VIII congresso del PCI e aver pubblicato Ri-
form e e rivoluzione,10 5 Giolitti aderì al gruppo parlam entare socialista (m a non
ancora al PSI) con una lettera inviata a Nenni il 28 settem bre 1957:
10 1R. Lombardi, Dopo il rapporto Krusciov. Rivalutazione della politica cit.
10 2Cfr., su questo tema, (oltre alle sottolineature polemiche di C. Di Toro e A. Illum inati,
Prim a e dopo il centrosinistra cit., p. 117), P. Scoppola, Intellettuali in una società in trasfor-
m azione: il dibattito culturale, in AA.VV., La società italiana degli anni ’50 , «Sociologia»,
gennaio-agosto 1984, p. 223; B. Becchi, Lom bardi e il centrosinistra, in Riccardo Lom bardi,
l’ingegnere del socialism o italiano, «Quaderni del circolo Rosselli», (1992), 4, pp. 43-46; L.
Cafagna, C’era una volta... Riflessioni sul com unism o italiano, Venezia, Marsilio, 1991, pp. 117-
132; I. Favretto, Alle radici della svolta autonom ista. PSI e Labour Party , due vicende paralle-
le (1956-1970 ), Roma, Carocci, 20 0 3, pp. 10 4-118.
10 3 A. Giolitti, Riform e e rivoluzione, Torino, Einaudi, 1957, pp. 24-25.
10 4 Ivi, p. 41.
10 5 Cfr. la recensione di L. Libertini sull’«Avanti!», 5 m aggio 1957; Errori di m etodo ed er-

rori di sostanza in un opuscolo del com pagno Giolitti, «Rinascita», m aggio 1957, pp. 246-249;
la replica dello stesso Giolitti, Un riesam e critico delle tesi svolte nell’opuscolo Riform e e rivo-
luzione, ivi, pp. 312-314 e l’am pia discussione nella Direzione del PCI dell’8 maggio 1957, con la
conclusione di Togliatti: «Sul m erito dell’opuscolo siamo d’accordo. Attenti al modo d’agire
verso Giolitti. Nel partito si può, si deve discutere. Se Giolitti avesse inviato un articolo sul pro-
gresso tecnico, l’avremm o pubblicato con una risposta. Qui siamo di fronte ad un’altra cosa,
non è un dibattito nel partito ma una sfida a mettere in esame l’esistenza stessa del partito. Il
peso dell’azione deve consistere nell’im pegnare il partito a difendersi, contro le posizioni false.
Essere sicuri dell’orientam ento dei segretari di federazione». (FG, APC, riunione della Direzio-
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 191

Io ritengo che la linea politica tracciata al 32° congresso nazionale del PSI corrisponda
fondam entalm ente alle esigenze di una lotta unitaria dei lavoratori italiani per un sociali-
sm o da costruirsi in dim ensioni um ane e non m itologiche, con l’opera consapevole e criti-
ca degli uom ini e non con dogm i e feticci. Constato che nel PSI esistono condizioni favo-
revoli per un lavoro di rinnovam ento sostanziale, per un’aperta e approfondita discussio-
ne, per la form ulazione e l’applicazione di una politica econom ica e sociale capace di m or-
dere nella realtà del capitalism o contemporaneo. Credo che il PSI costituisca un elemento
essenziale nella prospettiva di una futura più concreta ed efficiente unità politica e sinda-
cale dei lavoratori, che è la sola prospettiva da cui possa trarre fiducia e slancio il m ovi-
m ento operaio perché quella unità è la sola forza capace di operare la trasform azione della
società italiana dal capitalismo al socialism o. Sono convinto che alla form azione – neces-
sariam ente lenta e laboriosa – di un nuovo e unico partito socialista dei lavoratori italiani
si potrà giungere attraverso il rinnovam ento e la convergenza di tutte le attuali organizza-
zioni del m ovim ento operaio, nessuna esclusa.10 6

4. P RALOGNAN E LA ROTTURA DEL PATTO D’UNITÀ D’AZIONE

Iniziarono, nel frattem po, a verificarsi le ripercussioni del XX Congresso sulla


politica interna italiana e sui rapporti a sinistra. A fine agosto vi fu l’incontro di
Pralognan tra Nenni e Saragat:10 7 nell’organizzazione dell’incontro, e nei succes-
sivi sviluppi, giocò un ruolo im portante il delegato dell’Internazionale, il sociali-
sta francese Com m in,10 8 cui fu indirizzato da Nenni, a nom e del Comitato centra-
le del PSI, un m em orandum datato Cham onix, 30 agosto 1956, nel quale, oltre a
ricostruire gli avvenim enti, si faceva anche il punto dei rapporti tra PSI e
l’Internazionale:

ne dell’8 maggio 1957, p. 12; cfr. anche A. Giolitti, Lettere a Marta. Ricordi e riflessioni, Bolo-
gna, il Mulino, 1992, p. 30 5; S. Dalmasso, Il caso Giolitti e la sinistra cuneese, Quaderno n. 15
del CIPEC, Alba 1987, pp. 81-10 1).
10 6 ACS, CN, b. 27, fasc. 1413 e «Avanti!», 4 ottobre 1957; cfr. anche la lettera di Luciano Va-

sconi a Nenni dell’8 luglio 1957 (ACS, CN, b. 42, fasc. 1956) in cui lo informava dei contatti avu-
ti con Giolitti e delle intenzioni sue e del gruppo di militanti com unisti a lui più vicino.
L’adesione di Giolitti al gruppo parlam entare socialista incontrò com unque le obiezioni di Tar-
getti e di Tonetti, preoccupati per le conseguenze nei rapporti con i comunisti, superate dal pa-
rere favorevole anche di dirigenti della sinistra interna com e Foa (che la giudicò «un atto poli-
tico chiaramente positivo [...]. Non possiamo respingere chi esce dal Partito com unista in una
posizione di onestà nel rinnovam ento») e Vecchietti, che sottolineò com e ci fossero ex com uni-
sti ed ex com unisti e che Giolitti, da questo punto di vista, offriva «ogni garanzia morale e poli-
tica» (ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione del gruppo parlamentare del 3 ottobre 1957).
10 7 Sull’incontro di Pralognan e sulle sue ripercussioni cfr. M. Degl’Innocenti, Storia del PSI

cit., pp. 20 9-214; P. Di Loreto, La difficile transizione. Dalla fine del centrism o al centro-
sinistra 1953-1960 , Bologna, il Mulino, 1993, pp. 181-194; G. Pieraccini con F. Vander, Sociali-
sm o e riform ism o cit., p. 157; C. Rossi - F. Achilli, L’unificazione socialista. Una difficile stretta
di m ano, Milano, Palazzi, 1969, pp. 57-72; E. Santarelli, N enni, Torino, Utet, 1988, pp. 345-
347, D. Valori, Storia di Pralognan. Com e e perché fallì dieci anni fa l’unificazione PSI-PSDI,
«Mondo Nuovo», 15 m aggio 1966; P. Vittorelli, L’unità socialista da Palazzo Barberini a Pra-
lognan, «Il Ponte», giugno 1992, pp. 296-297.
10 8 Sul ruolo svolto da Com m in cfr. S. Colarizi, I socialisti italiani e l’Internazionale sociali-

sta 1947-1958 cit., pp. 38-42; S. Cruciani, L’Europa delle sinistre cit., pp. 140 -145.
192 Capitolo II

L’intervention de l’Internationale dans les problèm es de l’unification socialiste est consi-


derée per le PSI com m e un facteur positif. Le PSI desire avoir des rapports suivis avec les
autres partis socialistes d’Europe et du m onde. S’il est en dehors de l’Internationale c’est
parceque il a rejeté, en 1948, l’intervention du Com isco contre la libre decision de ses
Congrès dans la question des rapports avec les com m unistes. La question avait été reso-
lue, en 1937, par la décision de l’Executif de l’IOS, d’après laquelle chaque séction de
l’Internationale était qualifié pour resoudre la question de ses rapports avec les com m u-
nistes. Sur les grands problèm es de l’organization de la paix, de l’organisation de l’Etat, de
la lutte de classe le PSI travaille selon les principes de la doctrine m arxiste et de la tradi-
tion de la Prem ière et la Seconde Internationale, dans ce qu’elle a eut de meilleure jusqu’à
la veille de la guerre de 1914. Entre les deux guerres il a adheré à l’Internationale ouvrière
Socialiste jusqu’à le debacle de 1938-39. Il est et dem eurera toujours fidele à
l’internationalism e en dehors du quel il n’y a pas de socialism e.10 9

Nei suoi Diari Nenni affermò di aver raggiunto un accordo con Saragat su al-
cuni punti specifici, come sul dichiarare decaduto, al momento dell’unificazione, il
patto d’unità d’azione coi comunisti e sul tentativo di risolvere i problemi di politi-
ca estera «in uno spirito di autonomia nazionale e di solidarietà democratica».110
Mentre Nenni, nella sua relazione alla Direzione del 2 settembre, tentò di
sfum are questi im pegni, dichiarando che, in ogni caso, l’unificazione non doveva
attuare una politica di discrim inazione nei confronti del PCI,111 Saragat (che se-
condo il segretario socialista si era dichiarato persino disponibile a considerare
l’idea di «una neutralità di tipo svedese purché nell’ambito dell’Occidente del
quale siam o parte integrante» 112 ) afferm ò, in una lettera a Morgan Phillips del 27
settembre, di aver ricevuto da Nenni delle risposte m olto precise:

Gli chiesi: «Saresti preparato ad accettare una politica estera per il futuro partito so-
cialista unificato in accordo con il principio di solidarietà tra le dem ocrazie occidentali?».
La risposta fu la seguente: «Noi italiani siamo parte dell’Occidente e la nostra politica e-
stera deve svilupparsi nel contesto della solidarietà occidentale» [...]. «Credi, com e lo cre-
diam o noi socialdem ocratici, che non dovrebbe esserci nessuna possibilità di una coali-
zione di governo tra il futuro partito socialista unificato e i com unisti? E questo intendo in
tutte le circostanze, specialm ente in quei casi in cui i voti socialisti e com unisti costituis-
sero la maggioranza?». La risposta di Nenni fu im m ediata e definitiva: «Sarebbe im possi-
bile partecipare al governo coi com unisti. Il paese non lo capirebbe e le conseguenze sa-
rebbero serie».113

10 9 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2218, Mem orandum pour le Cam arade Com m in. Copia del memo-

randum fu inviato da Nenni a Togliatti l’8 settembre con un biglietto di accom pagnam ento
(FG, FM, b. 252).
110 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 748, nota del 25 agosto 1956.
111 Cfr. ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215; cfr. anche T. Vecchietti, L’incontro di Pralognan, «Avan-

ti!», 29 agosto 1956; P. Nenni, La realtà PSI, ivi, 2 settem bre 1956; Id., Il problem a di fondo,
ivi, 9 settembre 1956.
112 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 748.
113 Cfr. «La Giustizia», 6 febbraio 1957 e L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra cit.,

pp. 71-72.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 193

L’incontro di Pralognan segnò com unque un cam panello d’allarm e per Botte-
ghe Oscure: qualcosa stava cam biando nei rapporti tra socialisti e com unisti.
Nella riunione della Direzione del PCI del 7 settembre, avente al prim o punto
dell’ordine del giorno il tem a dell’unificazione socialista, Togliatti tenne
un’am pia relazione sulle possibili conseguenze, all’interno della sinistra italiana,
dell’incontro tra Nenni e Saragat dim ostrandosi bene inform ato su ciò che stava
avvenendo in casa socialista e descrivendo un Nenni preoccupato delle ripercus-
sioni nel PSI di un’eventuale rottura con il PCI: «Nella Direzione del PSI è ap-
parsa evidente una tendenza a correggere la posizione di Nenni [...].114 Ad Am en-
dola egli ha fatto dichiarazioni di am icizia verso di noi, di non voler troncare
l’unità col PCI. Anche il contatto con m e si è svolto per iniziativa di Nenni proba-
bilmente per ritardare o frenare la decisione della Direzione del PSI di riunire
insieme le segreterie dei nostri due partiti». Le conclusioni di Togliatti furono
quindi ottim istiche: «Da ciò risulta che Nenni non vuole rom pere con noi [...].
Restando sul terreno della sola unità tra i nostri due partiti non sono prevedibili
rotture vicine».
Nel dibattito intervenne anche Negarville, il quale sem brò prendere atto che
«avrem o un PSI diverso da quello che è stato finora e che nell’Internazionale so-
cialista potrà avere una funzione utile», ponendosi però, com e altri dirigenti del
PCI, il problem a di come influenzarne l’azione politica. Per Negarville non era
necessario «incoraggiare l’entrata nel nostro partito dei socialisti allarm ati. Re-
stino nel PSI a sostenere una giusta linea». Più dura ed esplicita appare la posi-
zione di Colom bi («Vi è un’offensiva generale dei capitalisti per conquistare stra-
ti operai per presentare il capitalismo sotto un nuovo aspetto. Ciò ha i suoi effetti
anche nel nostro partito e tanto più può averli nel PSI nel quale oggi si pretende
avere la posizione dirigente ed im porci i loro m etodi») e Longo, che invitò ad «a-
vere un nostro orientam ento preciso che spinga anche la sinistra socialista».115

114 Ciò non sfuggì neppure all’Ambasciata am ericana: «Nenni control of PSI far from com-

plete, and Filo-Com munist elem ents appear have majority on directorate and central com mit-
tee (there is undoubtedly sostancial slice of party membership and local party officials also un-
der PCI influence or control). This demonstrated by September 4 resolution of directorate
which had typical Com munist stam p and in no way reflected com mitm ents Nenni apparently
had made to Saragat and Comm in [...]. We would like point out Nenni is master of smoke-
screen technique, that his records resem bles what has been described as dance of one step for-
ward and two steps back, sometim es modified to two forward and one back. His two steps for-
ward at Pralognan have been matched by equivocal statem ents since that tim e on both foreign
policy and relations with PCI» (Telegramm a dell’Am basciata al Dipartim ento di Stato del 12
settembre 1956, in FRUS, 1955-1957, W estern Europe and Canada, vol. XXVII, p. 382-383).
115 FG, APC, riunione della Direzione del 7 settem bre 1956, passim . Cfr. anche, a proposito

della possibilità di influenzare alcuni settori del PSI, la lettera di Secchia a Togliatti del 31 ago-
sto 1956 (Archivio Pietro Secchia, «Annali della Fondazione Feltrinelli», 1978, pp. 682-683)
nella quale lo informava dei suoi contatti con uno dei dirigenti del PCUS, Ponomariov, e delle
preoccupazioni sovietiche e l’intervista di Comm in all’organo della SFIO, «Le Populaire», pub-
blicata dall’«Avanti!» del 12 settembre con una nota di Tullio Vecchietti che respingeva come
offensiva «l’insinuazione che il PCI utilizzerà gli agenti che ha introdotto nel PSI per pescare
nel torbido».
194 Capitolo II

Il 26 settembre Nenni presentò alla Direzione del PSI un progetto di relazione


al Com itato centrale dove, ribadendo quello che sembra essere il centro della sua
azione politica nel corso di tutto il ’56, la riscoperta del legame storicam ente esi-
stente tra dem ocrazia e socialism o, rilanciò innanzitutto il tem a dell’unificazione
socialista:

Il rapporto m eccanico che da taluni si è stabilito tra le polem iche suscitate dal XX con-
gresso di Mosca e l’unificazione socialista esiste solo nella m isura in cui, nel dibattito
m ondiale sulla destalinizzazione, noi siam o stati condotti a riafferm are il valore perm a-
nente della dem ocrazia com e m etodo e com e fine e a riproporre il problem a dell’unità in-
scindibile fra socialism o e libertà, com e elem ento discrim inante di ogni esperienza inte-
gralm ente socialista. Ma la nostra scelta della via dem ocratica del socialismo non nasce da
una polem ica occasionale. Nasce dalla dottrina e dalla tradizione del Partito. Era esplicita
nella scelta che il Partito fece all’atto della sua form azione, nel 1892, rom pendo con gli
anarchici; nella posizione che assunse, nel 1921, nei confronti della scissione com unista;
nell’im postazione che dette, nel 1943, ai problem i del post-fascism o, pronunciandosi,
senza sottintesi e senza riserve, per una soluzione dem ocratica della grande crisi della so-
cietà e dello Stato. È una scelta im plicita nella costanza con cui il Partito si è battuto e si
batte per la Costituzione. Im plica il pieno riconoscim ento del m etodo e della prassi dem o-
cratica nel libero alternarsi al governo di m aggioranze diverse, della pluralità dei partiti e
delle organizzazioni, delle pubbliche libertà che non sono borghesi o proletarie, m a costi-
tuiscono il patrim onio della civiltà, e da noi vogliono essere difese e applicate in ogni cir-
costanza nella loro integrità.

La conclusione della relazione non poteva quindi non toccare, da queste pre-
m esse, il tem a scottante della ridefinizione dei rapporti con il PCI, giustificata
con il richiamo alla m utata situazione politica interna ed internazionale, alla sto-
ria più recente dei rapporti tra i due partiti ed alle posizioni dell’ultim o (o addi-
rittura, con indubbia forzatura, del penultim o) Morandi:

Lentam ente e spontaneam ente, man m ano che si usciva dallo schieram ento m uro contro
m uro, noi siam o passati, nei rapporti col Partito com unista, dall’unità d’azione, intesa in
senso meccanico e burocratico, alla libertà d’azione in base alle condizioni del reciproco
sviluppo dei due partiti [...]. Di questa evoluzione dei nostri rapporti nessuno ebbe chiara
coscienza più del com pagno Rodolfo Morandi, il quale, fino dal congresso di Milano, con-
siderò con fiducia la capacità del Partito di applicarsi ai tem i stessi della sua autonom ia,
della sua individualità e funzione, senza che si potesse sprem erne nulla a vantaggio, com e
egli diceva, della reazione atlantica e clericale. L’indicazione è tanto più valida oggi, in cui
si tratta per noi di corrispondere, senza riserve, alle esigenze di una iniziativa autonoma
di tutti i socialisti, senza introdurre elem enti di scoraggiam ento ma di fiducia di tutti i la-
voratori.116

Nenni m ostrò, in questa relazione, la sua ‘facilità’ (tante volte utilizzata, an-
che nella polem ica giornalistica) nel coniugare storia e politica, nel trarre dalla
storia, per gusto personale, form azione intellettuale, esperienza di cose vissute,

116 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, dattiloscritto con notazione a margine di Nenni: «prim o testo

sottoposto alla Direzione», passim . Cfr. anche, a proposito dell’opera di Morandi, P. Nenni, Il
contributo di Morandi alla politica di unità del PSI, «Avanti!», 26 agosto 1955.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 195

indicazioni per la politica. Troppo ‘facilm ente’, si potrebbe dire:117 a m aggior ra-
gione per un partito, il PSI, i cui dirigenti avevano spesso storie individuali e po-
litiche assai diverse tra loro e per i quali i richiam i al ’92, al ’21, al ’43, potevano
avere un significato del tutto particolare, tanto più se legati al nervo scoperto dei
rapporti con il PCI.
Nenni si trovò quindi davanti, in Direzione, ad un vero e proprio fuoco di fila
di critiche, con l’em ergere di alcuni temi destinati a riproporsi in continuazione
nelle polem iche dei mesi successivi. Presero la parola quasi tutti: da Pertini («La
relazione brucia le tappe [...]. La nuova sinistra è scaturita sulla politica unitaria.
Questi m otivi sono sem pre validi. La relazione dà l’im pressione che scendiamo
sul terreno della socialdemocrazia») a Vecchietti («Com e possiamo sentirci auto-
rizzati a parlare di unificazione socialista e non autorizzati a riunirci coi com uni-
sti?»); da Foa («Non possiam o accreditare l’im pressione che le vicende del Parti-
to com unista ci siano indifferenti [...]. Nella omogeneità della base sociale è la
natura dei rapporti speciali coi com unisti») a Luzzatto («Nei rapporti coi comu-
nisti noi non possiam o creare una vacanza»); da Panzieri («Il partito è stato co-
struito sulla politica unitaria [...]. La relazione è m anchevole perché non rispon-
de alle dom ande e ai dubbi del partito») a Lussu («La questione più im portante è
quella del rapporto coi com unisti»); da Valori («Non dobbiam o dare l’im pres-
sione che siam o con le spalle al m uro perché allora si va alla capitolazione [...].
L’allentam ento dei rapporti coi com unisti è un errore [...]. Dobbiam o afferm are
il nostro diritto di avere quanti rapporti vogliam o coi com unisti. Un partito so-
cialista e un partito com unista hanno dei rapporti che nascono dal classism o.
Con la nostra polem ica sul XX Congresso gli abbiamo portato la confusione in
casa. Hanno avuto pazienza») a Lizzadri («Bisogna stabilire la natura dei rappor-
ti coi com unisti»).118
Nelle carte Nenni non è stato possibile rintracciare il testo della relazione ef-
fettivam ente presentata al Com itato centrale. Sappiam o però, leggendo i reso-

117 Finendo per avvalorare quanto lo stesso Nenni aveva scritto ad Angelo Tasca il 5 marzo

1939: «Tu sei un professore, io un agitatore e un agitatore non può rendere se non ha a lato uno
o parecchi professori» (FF, CTA, Corrispondenza, fasc. 283). Sulla cultura politica di Nenni,
«tutta nutrita di storia», cfr. le osservazioni di G. Arfè, Una vita per il socialism o, in Pietro
Nenni. Una vita per la dem ocrazia e per il socialism o, Manduria, Lacaita, 20 0 0 , pp. 10 6-10 7 e
A. Canavero, Nenni, i socialisti italiani e la politica estera cit., pp. 227-229. Non del tutto a tor-
to (m a forzando il paragone con Mussolini) Giuseppe Bottai osservò il 10 agosto 1944 nei suoi
diari che Nenni era «di certo, il più ‘giornalista’ dei politici ora in auge. Agile, spregiudicato,
perentorio, afferra e maneggia gli argomenti polem ici con piglio disinvolto, accozzando verità,
m ezze verità ed errori con disinvoltura di prestidigitatore. Mai un dubbio, un’esitazione, una
sfum atura, ma affermazioni recise, drastiche, crude. C’è sem pre, nella sua prosa, una certa am -
bizione, un certo im pegno di cultura: una cultura di ‘cose lette’, afferrate a volo, m esse in serbo
in una mem oria assimilatrice e sciorinate secondo le occasioni. Le prime volte avevo, leggendo-
lo, un’im pressione strana: d’un’eco. Di dove rim balza, m i chiedevo, questo tono di cattedra e-
lementare, da catechismo campagnolo? Poi, ho scoperto: da Mussolini. Sì, Nenni è il più m us-
soliniano dei giornalisti italiani» (G. Bottai, Diario 1944-1948, a cura di G. B. Guerri, Milano,
Rizzoli, 1988, p. 133. È un paragone che troviamo anche in Tasca, FF, CTA, b. opere varie, fasc.
87, passim ).
118 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215.
196 Capitolo II

conti dell’«Avanti!», che le critiche ricevute in Direzione costrinsero Nenni a


cam biare profondam ente l’im pianto della sua relazione proprio sui due punti
centrali del legam e tra dem ocrazia e socialism o e dei rapporti coi com unisti: i
passaggi che abbiam o citato in precedenza, presenti nel testo esposto alla Dire-
zione, non si ritrovarono più nel resoconto pubblicato dall’«Avanti!». Saltarono
del tutto i richiam i alla storia del partito e la stessa questione dei rapporti con il
PCI fu posta, senza più alcun riferimento a Morandi, in m odo m olto più proble-
m atico e contraddittorio, cercando di tenere insiem e l’autonom ia socialista e la
politica unitaria:

Alcuni si pongono l’eterno quesito di cosa diventano nel processo di unificazione sociali-
sta i rapporti coi com pagni com unisti. Sono e rim angono, in form e nuove più am pie e ar-
ticolate attualm ente all’esam e dei due partiti, i rapporti creati da lunghi anni di lotte co-
m uni e di com uni sacrifici. Chi tentasse di porre l’unità socialista in term ini di anticom u-
nism o la condannerebbe all’insuccesso. Per parte sua il nostro partito ha dato sufficienti
prove della capacità di applicarsi ai tem i della sua autonom ia, della sua individualità e
funzione, senza che il capitalism o possa estrarne il m inim o vantaggio nel suo proposito di
oggi e di sem pre: dividere la classe operaia per spezzarne la fiducia e la volontà.119

Le critiche si incentrarono, a questo punto, soprattutto sul processo di unifi-


cazione. Il più esplicito fu Lussu (le sue argom entazioni furono riprese, tra gli al-
tri, da Alasia e Malagugini), esprim endo il timore che con l’unificazione «faccia-
no il loro ingresso nel nostro Partito il riform ism o e il ceto m edio con il suo ba-
gaglio di una problem atica non classista».120
Alcuni giorni dopo, com unque, il nodo dei rapporti col PCI venne allo scoper-
to: il 4 ottobre il patto d’unità d’azione fra PCI e PSI fu trasform ato in un patto di
consultazione, destinato a restare lettera m orta.121 Così Nenni com m entò
l’accaduto nei suoi Diari: «Dal patto d’unità d’azione del ’46 al docum ento di
stasera c’è di m ezzo una distanza enorm e nel senso del nostro svincolam ento
dalla pratica unitaria».122
Contem poraneam ente Nenni tem eva però che Togliatti lo volesse m ettere in
difficoltà, anche all’interno del PSI. Così, di fronte alla Direzione riunita «a tam -
buro battente», Nenni sem brò quasi cercare di discolparsi o, com unque, di ridi-
m ensionare l’accaduto: «L’incontro era stato preparato da tem po m a nel mio
pensiero non doveva che im postare il problema di nuovi rapporti coi com unisti.
Così fui sorpreso 123 che Togliatti prim a della riunione avesse, cosa per lui inabi-

119 Le basi della politica di unità socialista esposte dal segretario del Partito al Cc, «Avan-

ti!», 28 settem bre 1956.


120 Ibidem .
121 Cfr. il testo del documento delle due segreterie (rappresentate da Togliatti, Am endola,

Nenni e Pertini), ivi, 5 ottobre 1956.


122 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 753.
123 In effetti nella relazione al Com itato centrale del giugno 1956 affermò che non aveva

senso mettere in discussione il patto «il quale in sé m edesim o è ormai soltanto un docum ento
della storia del m ovimento operaio il cui testo non riflette né i problemi della dura lotta
nell’epoca della politica dei blocchi militari e della minaccia im perialista della terza guerra
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 197

tuale, informato Frattarelli [un noto cronista parlam entare, N.d.R.] e i giornalisti
parlando addirittura di seppellim ento del patto di unità d’azione. Tem o sia una
crisi grave».124
La rottura del patto d’unità d’azione e la firm a, al suo posto, di un patto di
consultazione provocarono com unque notevoli m alumori all’interno del PSI e, su
un altro versante, l’allentam ento dei rapporti da poco riallacciati con il PSDI e
con Saragat.125 Un segnale in questo senso ci proviene da un com izio tenuto da
De Martino il 6 ottobre sul tem a dell’unificazione socialista a Bologna che, per
ovvi m otivi, risultò essere un osservatorio privilegiato per esam inare lo stato dei
rapporti tra socialisti e com unisti. Secondo la relazione della Prefettura, De Mar-
tino afferm ò che l’unificazione era entrata

in una fase difficile e di particolare delicatezza. L’accordo stabilito fra la Direzione del PSI
e quella del PCI, prim a ancora di essere conosciuto nei suoi term ini, è divenuto oggetto di
particolari reazioni da parte degli avversari, a cui si sono uniform ate anche quelle degli
organi esecutivi del PSDI. «Si è parlato di capitolazione del PSI di fronte al PCI, di una
rinuncia di Nenni di fronte all’apparato filocom unista! Ma ciò sta invece a dim ostrare lo
sviluppo coerente delle posizioni assunte dal PSI e la perfetta identità di vedute con il PCI
che ha ricondotto alla riconferm a dell’antico patto di unificazione». In definitiva, ha riba-
dito l’oratore, l’unificazione socialista non potrà m ai avvenire fin quando i socialdem ocra-
tici, con la loro politica di appoggio al Governo, non dim ostreranno di schierarsi effetti-
vam ente a favore delle classi operaie contro il capitalism o e non recederanno dalle loro
rigide posizioni di anticomunismo, «tanto più che il PCI non può assolutamente definirsi,
neppure in linea program m atica, un partito antidem ocratico ed anticostituzionale».126

De Martino concluse il suo intervento afferm ando che i socialisti avrebbero


persistito nel rispetto dei princìpi divulgati negli ultim i anni e che «l’unità sinda-
cale e politica dei lavoratori sarà fonte di benessere e caposaldo per la costituzio-
ne di una società progressista». L’unità sindacale e alla base sarà, com e vedrem o,
preoccupazione costante, nei m esi successivi, dei dirigenti locali del PSI. Agli ini-
zi di ottobre questa preoccupazione era ancora strettam ente legata agli sviluppi
dell’unificazione socialista. Il 1 ottobre una nota riservata della Prefettura comu-
nicava che, da parte della federazione bolognese del PSI, era stata intrapresa

una vasta campagna di conferenze e di com izi, intesa a chiarire l’atteggiam ento assunto
dalla Direzione nazionale del PSI in relazione al noto problem a dell’unificazione sociali-
sta. Da un esam e approfondito e m inuzioso di tali dibattiti si rileva che gli oratori, nel ri-

m ondiale, né i problem i della classe operaia nell’epoca della distensione internazionale in cui
siamo entrati» (cfr. l’«Avanti!», 8 giugno 1956).
124 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione del 5 ottobre 1956, p. 1.
125 Anche a causa delle introm issioni dell’ambasciatrice Luce che, ad esem pio, il 10 ottobre

scriveva al Segretario di Stato, Foster Dulles: «We m ust, I am convinced, do everything in our
power to prevent the premature Socialist unity on the present pro-Krem lin terms of Mr. Nenni.
Saragat and his supporters are obviously a key factor in this process and we m ust – bearing
unforeseen changes in the situation – do everything we can to strenghten and to guide their
hand» (FRUS, 1955-1957, W estern Europe and Canada, vol. XXVII, p. 392).
126 ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 22.
198 Capitolo II

badire i concetti già elaborati dal Com itato centrale del partito, non solo non hanno prof-
ferito alcuna parola nuova al riguardo, m a addirittura si sono m anifestati concordi nel
sottolineare la necessità di m antenere in vita il patto di unità d’azione con il PCI e la stes-
sa unità sindacale.127

Nenni reagì, a questo punto, in m odo aspro alle critiche:

La situazione davanti all’opinione pubblica e nel partito non è buona. C’è una m ia respon-
sabilità in ciò. Una certa rassegnazione ad accettare la parte dell’im putato [...]. Il prim o
errore fu com piuto quando io accettai senza discutere, senza approfondire i problem i, di
rinunciare alla im postazione che volevo dare alla relazione al CC su due punti. Il prim o:
che l’unificazione socialista è la conseguenza logica della politica che seguim m o dal 1953 e
della nostra rinuncia ad ogni form a di Fronte Popolare [...]. Il secondo: che nel frattem po
siam o passati, nei rapporti coi com unisti, dall’unità d’azione intesa in senso burocratico e
m eccanico, alla libertà di iniziativa politica e di azione senza che ciò nuocesse alla politica
unitaria né m ettesse a rischio i rapporti coi com unisti al centro e alla base che sono quelli
creati da venti anni di lotte politiche. È m olto probabile che se in Direzione avessim o di-
scusso a fondo questo problem a ci sarem m o trovati d’accordo. La m ancata discussione in
Direzione falsò tutta l’im postazione del Cc che si ridusse al tem a Pralognan sì, Pralognan
no [...]. Si è data l’im pressione dell’apparato contro il segretario con conseguenze gravi
per il partito. In verità avrei dovuto dim etterm i e tutto sarebbe diventato chiaro.128

Solo pochi mesi prim a, com m em orando Rodolfo Morandi, Nenni aveva così
descritto l’apparato (un gruppo che, com e vedrem o, avrà un ruolo decisivo negli
esiti del congresso di Venezia, con le polem iche che ne seguirono), dandone an-
che alcuni connotati sociologici:

(Alla parola) si è dato un senso peggiorativo, com e di un gruppo di pretoriani. La realtà


che sta dietro la parola è un tessuto di um ili e grandi sacrifici. Il cosiddetto apparato è un
gruppo di m ilitanti, che vengono dall’officina, dai cam pi, alcuni dagli studi e dall’univer-
sità; che non hanno sicurezza di lavoro; nessuno dei quali riceve il salario di un operaio
specializzato; che rubano al sonno le ore che debbono dedicare alla loro preparazione ide-
ologica e politica; che com battono contro difficoltà m ateriali e sociali di ogni genere; che
non hanno prospettive di carriera; che sono spiati da una polizia la quale traffica volentie-
ri coi banditi, scende a patto coi ladri, m a è sovente spietata col ‘sovversivo’. Il cosiddetto
apparato altro non è che una m ilizia al servizio del socialism o.129

Le difficoltà e l’im barazzo di Nenni sono testim oniate, anche per quanto ri-
guarda il linguaggio usato, dalla lettera scritta a Togliatti il 12 ottobre, a seguito

Ibidem .
127

ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, relazione alla Direzione del 10 ottobre 1956, pp. 1-4.
128
129 La vita e l’opera di Morandi rievocate da N enni, «Avanti!», 15 novembre 1955. Peraltro,

Nenni aveva ben presente il problem a se l’11 gennaio 1953, a conclusione del congresso di Mi-
lano, scriveva di «una certa sordità politica del nostro apparato, dal quale non viene fuori una
voce critica e una linea politica. Il fatto che l’apparato soverchia in una certa m isura il partito al
punto che i due terzi dei congressisti erano funzionari del partito, della CGIL o delle Camere
del lavoro, cioè in una certa m isura dei professionisti dell’organizzazione. C’è in ciò il pericolo
che ogni spontaneità venga meno. Grosso problema. Un partito come il nostro ha bisogno del
consenso esterno non m eno che della organizzazione» (Tem po di guerra fredda cit., p. 564).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 199

di una dichiarazione di quest’ultimo a «Paese Sera» in cui aveva negato che la


decisione di rom pere il patto d’unità d’azione fosse partita dai comunisti:

Le cose, m i pare, siano andate così. Noi abbiam o per la prim a volta parlato della necessità
di un chiarim ento dopo la m ia dichiarazione al CC circa il patto d’unità d’azione, divenuto
orm ai un docum ento della storia, quando cenai da te, prim a delle vacanze. E non ricordo
chi allora di noi due facesse l’osservazione che qualcosa bisognasse sostituire il patto. Il
discorso fu ripreso tra noi i prim i di settembre, forse il sei. Tu m i facesti presente che era
difficile arrivare ai Congressi dei due partiti senza un chiarim ento e suggeristi di incarica-
re due com pagni di preparare un prim o abbozzo di dichiarazione com une sui nuovi rap-
porti tra i due partiti, indicando, per la parte com unista, il com pagno Amendola, col quale
più tardi il com pagno Valori lavorò alla stesura del docum ento. Naturalm ente questo è
soltanto un punto di dettaglio m a così stanno le cose e così ne riferii le cose (sic) alla Dire-
zione del m io Partito. Per il resto credo che ci sia stata da parte nostra precipitazione nel
pubblicare l’accordo, al che concorse il fatto dell’averne parlato ai giornalisti e che ci sia
stato, da parte mia, in rapporto al momento e in rapporto all’atto in sé, una sottovalutazione
delle conseguenze, tanto è vero che esse non sono state buone forse da nessuna parte: non
dal nostro Partito dal quale rileviam o ordini del giorno di disapprovazione, non forse nel
vostro e, va da sé, non presso gli avversari. Vale dire che la questione non era stata suffi-
cientem ente discussa né tra noi, né per quanto ci concerne dalla nostra Direzione. 130

L’im pressione che il segretario del PCI avesse giocato d’anticipo era peraltro
conferm ata dalla replica di Togliatti a Nenni del 17 ottobre, in cui collegava espli-
citamente la decisione di rom pere il patto d’unità d’azione con la politica che
Nenni aveva cercato di impostare dopo Pralognan:

Circa l’iniziativa, è certo che nel colloquio a casa m ia rim anem m o d’accordo che si doveva
dire qualcosa, dato che si era apertamente detto, in precedenza, che il ‘patto’ era superato,
era affare del passato, ecc. Questo è stato il vero punto di partenza. Circa le dichiarazioni
che abbiam o fatto, non sono d’accordo nel ritenere che sia stata inopportuna. Si poteva
non dire nulla, cioè andare avanti giocando sopra un equivoco. Coloro però che la dicono
inopportuna, cedono alla pressione dei nemici della unità [...]. Qui però si tocca un altro
tem a, sul quale vorrei esprim erti alcune m ie considerazioni e preoccupazioni, che riguar-
dano tutto il m odo com e si è posto il problem a della vostra unificazione con i socialdemo-
cratici e sul m odo com e ora si va sviluppando. Bisogna forse risalire al punto di partenza,
cioè al fam oso incontro, del quale sempre più si ha l’im pressione che non sia consistito
nell’avvicinamento di due posizioni lontane, ottenuto a metà strada, m a nel prevalere di
una posizione, quella socialdem ocratica, sull’altra. Da ciò che tu dici, risulta che Saragat,
nel colloquio con te, abbandonò alcune delle sue posizioni, m a questo non è m ai em erso
in m odo aperto nem meno attraverso la più lontana delle allusioni, m entre apertam ente
em erge che il vostro partito non difende più le posizioni sue [...]. Quale è il risultato ulti-
m o? Che voi, che siete il partito più forte, quello che ha avuto il m iglior risultato elettora-
le, apparite oggi a rim orchio dei socialdem ocratici, privi della capacità di difendere la vo-
stra politica, e persino m inacciati di una divisione interna. E le prospettive? Ci sto pen-
sando e ripensando, m a non riesco a convincerm i che potrà uscire da tutto questo qualco-
sa di buono. Un grande rim escolam ento nel cam po operaio, quasi certam ente, m a poi? Se
perm etti, vorrei dirti chiaram ente che m i sem bra si faccia da parte vostra uno sbaglio che
faceste anche dopo il 1953. Fu giusta la vostra ricerca di dialogo con i cattolici, e giuste le

130 ACS, CN, b. 41, fasc. 1927.


20 0 Capitolo II

parole d’ordine generali, m a fu sbagliato l’avere attenuato e alle volte quasi sm esso, in
questo periodo, l’attacco critico tanto contro i d.c. quanto contro i socialdem ocratici. En-
tram bi ne trassero profitto e la situazione non uscì dall’equivoco. Un processo di unifica-
zione condotto, com e pare sia ora, secondo una linea sola, e che non m i pare sia la vostra,
a che cosa può condurre se non a una situazione confusa e incerta? Per spingere avanti la
situazione, insom m a, m i sem bra che l’unificazione da sola non serva.131

La replica di Nenni, il 23 ottobre, fu, questa volta, più efficace e decisa, anche
se eccessivamente ottim istica sulle prospettive della riunificazione:

Mi sem bra evidente che se avessim o esam inato a fondo la questione, prim a di giungere ad
una deliberazione, ci sarem m o credo accorti di alm eno tre cose: 1) che non aggiungeva
nulla, in nessun senso, allo stato dei nostri rapporti, i quali risentono in questo m omento
del m odo diverso con cui valutiam o la situazione interna ed internazionale (anche in rife-
rim ento a quanto avviene a Varsavia e a Budapest, e a quanto cova a Praga ed altrove); 2)
che faceva il giuoco di Fanfani; 3) che rafforzava la posizione di Saragat nel tentativo di
localizzare l’unificazione alla questione dei rapporti coi com unisti. È vero che noi abbiam o
dovuto fornire una interpretazione dell’accordo del 5 ottobre [...] che può essere stata in-
terpretata come una concessione ai socialdem ocratici, anche se era logica e perfino ovvia.
E tuttavia non credo che si possa dire che noi siam o, in linea generale, a rim orchio dei so-
cialdem ocratici. La verità è un’altra ed è, purtroppo, più grave. La verità è che il XX Con-
gresso di Mosca, il rapporto di Krusciov, le rivelazioni e le polem iche susseguenti, hanno
dato delle buone carte alla socialdem ocrazia europea e italiana [...]. Questa rivalutazione
pesa, naturalm ente, sulla riunificazione e fa sì che m entre, di fatto, essa si farà su un o-
rientam ento politico più radicale, pur tuttavia consente ai capi socialdemocratici di assu-
m ere la posizione polem ica vantaggiosa di chi... l’aveva detto [...]. A m io giudizio la situa-
zione im pone al PSI una iniziativa politica che per essere efficace ha bisogno di essere au-
tonom a e per raggiungere determ inati strati sociali e determ inate m asse ha bisogno del
concorso socialdem ocratico. Dipenderà dal nostro senso di responsabilità, dalla nostra
intelligenza fare in m odo che l’operazione politica si com pia senza pregiudicare quanto è
acquisito sul piano dell’azione unitaria delle m asse e che non è in funzione di patti o di
accordi notarili.132

Nello stesso giorno la Direzione del PSI si occupò del congresso di Trento del-
la DC.133 Nenni ribadì le proprie posizioni: «L’alternativa socialista è la form ula
sulla quale si fa l’unificazione.134 Essa è storicam ente m atura. Su di essa si faran-
no le elezioni. Dobbiam o evitare una form ulazione dura m a afferm are che i so-

131 Ivi.
132 Ivi. Cfr. anche, per la posizione del Pci, M. Ferrara, Vicende dell’unificazione e unità so-
cialista, «Rinascita», m aggio 1957, pp. 20 1-20 5.
133 Sul significato del congresso di Trento cfr. G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano e l’aper-

tura a sinistra cit., pp. 84-93. Per il com m ento dell’«Avanti!» cfr. F. Gerardi, Giano bifronte,
20 ottobre 1956.
134 Un progetto diverso da quella di La Malfa che, nel 1958, in una conversazione con

l’ambasciatore statunitense Zellerbach, mostrò di ritenere che, con il 1956 «si fosse avviato un
processo che sarebbe potuto sfociare nella form ulazione di un’alternativa democratica alla DC,
im perniata sulla riforma del PSI anziché sull’ipotesi di riunificazione socialista. Ma per essere
credibile doveva im porre un ritm o graduale al distacco dal PCI» (cfr. P. Soddu, Ugo La Malfa.
Il riform ista m oderno, Rom a, Carocci, 20 0 8, p. 20 6 e l’articolo dello stesso La Malfa, The So-
cialist Alternative in Italy , «Foreign Affairs», J anuary 1957, pp. 311-319 ).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 20 1

cialisti pongono la loro candidatura alla direzione dello Stato». Nel suo interven-
to sull’«Avanti!» Nenni scrisse poi di «attendism o conservatore» della DC, di ri-
tardi (anche in politica estera, «con un europeismo di maniera ancorato all’egem o-
nia am ericana sull’Europa») e di delusione:

La verità è che il Congresso di Trento ha lavorato più efficacem ente di quanto si potes-
se supporre a porre l’unificazione socialista in term ini di alternativa […]. Nei confronti
della Dem ocrazia cristiana quale esce dal Congresso di Trento, i socialisti di ogni tendenza
e gradazione hanno in verità una sola cosa da fare: unirsi per portare al più presto possi-
bile di fronte al Paese, in term ini di alternativa, l’esigenza di un ricam bio nella direzione
politica del Paese, l’esigenza di una politica e di una nuova m aggioranza.135

Ma le valutazioni furono ancora una volta discordanti, anche se in m odo inat-


teso rispetto agli schieram enti di corrente, sia sul congresso della DC che
sull’interpretazione delle parole d’ordine dell’unificazione e dell’alternativa so-
cialista. Se per Lussu «Trento è un enorm e passo indietro. Dobbiam o rivolgerci
alla m inoranza. Non possiam o padroneggiare l’unità socialista che sulla politica
dell’alternativa. Se no l’unità si fa sulla politica del PSDI», secondo Pertini «il
congresso non è stato del tutto negativo. Chiudere com pletam ente noi sarebbe
un errore. O noi o la dem ocrazia cristiana. È, a rovescio, la form ula di De Gaspe-
ri. L’uom o della strada dirà Nenni è d’accordo con Togliatti».136 Mazzali, uno de-
gli uomini più vicini al segretario, considerò invece «pericolosa la tesi di Nenni.
Com battere duram ente la DC m a stare attenti a un nuovo 18 aprile. Alternativa
politica non di governo»,137 trovandosi sostanzialmente d’accordo, su questo ter-
reno, con Vecchietti: «Si tratta di togliere il m onopolio alla DC. Il corpo elettora-
le deciderà i lim iti. Il giudizio sul congresso della DC è stato troppo drastico. Non
possiam o più parlare di apertura a sinistra nei vecchi term ini».138
Peraltro, un sondaggio Doxa dell’aprile 1956 m ostrava come l’89% degli elet-
tori del PSI (contro il 69% di quelli del PCI, il 25% del PSDI e solo il 6% dei de-
m ocristiani e dei liberali) rispondesse positivamente alla dom anda: «Lei vedreb-

135 P. Nenni, La sola risposta possibile, «Avanti!», 21 ottobre 1956. Cfr. anche il com unicato

della Direzione del PSI, ivi, 25 ottobre 1956.


136 Al congresso di Venezia Pertini darà un giudizio completamente differente: «Il congres-

so di Trento è stato l’opposto del congresso di Napoli: questo era stato il congresso dell’apertu-
ra sociale; il congresso di Trento ha chiuso questa apertura» (cfr. l’«Avanti!», 10 febbraio 1957).
137 Il ruolo di Mazzali sarà comunque fondam entale nel processo autonomistico del PSI do-

po il ’56, anche per la sua capacità di influenzare Nenni, a lui legato da amicizia di antica data
(cfr. il com mosso ricordo sull’«Avanti!» del 25 dicem bre 1960 ). Mazzali poteva così scrivergli,
ad esem pio, il 28 agosto del 1956, all’epoca dell’incontro di Pralognan tra lo stesso Nenni e Sa-
ragat: «Caro Pietro, bene, m a adagio. Il colpo è ottim o, in quanto riconsegna al Partito il m azzo
di carte con il quale altri pretendeva di giuocar la partita del socialismo e della democrazia in
Italia. Ma adagio, con prudenza, adesso, come raccom andava quel personaggio» (ACS, CN, b.
32. Cfr. anche la sua relazione al congresso della Federazione provinciale m ilanese del PSI del
25 gennaio 1957, largam ente incentrata sui temi della politica internazionale, in ACS, Min. Int.,
PS, AA.GG. 1957, b. 19).
138 ACS, CN, b. 41, fasc. 1927, riunione della Direzione del 23 ottobre 1956, passim . Cfr. an-

che il testo del com unicato della Direzione in «Avanti!», 25 ottobre 1956.
20 2 Capitolo II

be con favore un Governo al quale partecipassero, accanto agli attuali partiti, i


socialisti del PSI?».139

5. «SI STA CON LA PROPRIA PARTE ANCHE QUANDO QUESTA SBAGLIA»: L’U NGHERIA E
IL PCI

Ma m entre all’interno del PSI si tentava di analizzare il quadro politico inter-


no, la situazione internazionale tornò dram m aticamente in m ovimento. Il 21 ot-
tobre Gom ulka fu richiam ato alla guida del POUP al posto di Ochab; 140 il 24 vi fu
il prim o intervento sovietico in Ungheria, ove, sotto la spinta delle sollevazioni
popolari, Im re Nagy aveva sostituito Hegedüs alla presidenza del Consiglio.
Nenni com mentò a caldo: «Nei combattim enti e nel sangue si spegne un sistem a.
L’intervento sovietico è un atto d’incoscienza e di provocazione. Ricorda l’inter-
vento russo un secolo fa a Budapest in condizioni quasi analoghe. L’internazio-
nalism o diventa colonialism o. È spaventoso».141
Leggendo gli articoli dell’«Avanti!» di quei giorni si può osservare com e tutto
il PSI fosse sostanzialm ente sulle posizioni di Nenni nel condannare l’intervento
sovietico, nell’identificarlo con la crisi di un sistem a e nel rifiutare la tesi della
provocazione.142 Il 28 ottobre Nenni rincarò poi la dose, negando esplicitamente
che, per stare dalla parte giusta della barricata, bisognasse schierarsi con l’URSS,
com e invece aveva sostenuto Pietro Ingrao, direttore de «l’Unità»: 143 «La linea

139 Cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia, vol. II cit., pp. 649-650 .
140 Cfr. il com m ento di Nenni: «Il senso dell’entusiasmo popolare è chiaro: è diretto cioè
contro l’URSS [...]. Si parla anche di m ovim enti delle truppe sovietiche. Il loro intervento sa-
rebbe una catastrofe e un’iniquità» (Tem po di guerra fredda cit., p. 754; cfr. Il giudizio di
Nenni sugli avvenim enti polacchi, «Avanti!», 23 ottobre 1956).
141 Tem po di guerra fredda cit., p. 755.
142 Cfr. T. Vecchietti, Il dram m a di Budapest, «Avanti!», 25 ottobre 1956; l’editoriale Il co-

raggio della verità ivi, 26 ottobre; L. Basso, Aver coraggio, ivi, 27 ottobre e le corrispondenze
di Luigi Fossati da Budapest, poi ripubblicate in Qui Budapest, Torino, Einaudi, 1957 (sulle
corrispondenze di Fossati cfr. il ricordo di R. Uboldi, Da Poznan a Budapest: dal vivo, in
Quell’indim enticabile 1956 cit., pp. 113-120 ).
143 Cfr. Da una parte della barricata a difesa del socialism o, «l’Unità», 25 ottobre 1956;

P.I. (Pietro Ingrao), Il coraggio di prendere posizione, ivi, 27 ottobre 1956; cfr. anche gli artico-
li di G. Pajetta, La tragedia dell’Ungheria, ivi, 28 ottobre 1956 e di P. Togliatti, Sui fatti d’Un-
gheria, ivi, 30 ottobre. Riconoscerà molti anni più tardi Ingrao: «È la valutazione d’insieme che
demm o della rivolta ungherese che fu in radice sbagliata. Ho scritto io l’editoriale dell’«Unità»
che si intitolava Da una parte della barricata. Quell’editoriale leggeva i fatti ungheresi com e
un ritorno controrivoluzionario che minacciava le forze del socialismo. Perciò un fronte, e una
barricata, su cui bisognava schierarsi. L’analisi era falsa, non solo perché sopravvalutava la pre-
senza di gruppi conservatori, m a perché tagliava con l’accetta una vicenda m olto articolata e
differenziata. Non solo non coglieva l’aspetto fluttuante, ancora aperto, che aveva l’evento, m a
offuscava un punto essenziale: quel moto esprim eva un’esigenza di libertà e di protagonism o
operaio e popolare. L’errore politico quindi ci fu e fu serio anche con conseguenze im mediate
nella vita italiana. Prima di tutto facilitò il distacco del PSI e quindi cambiò il panorama entro
cui sinora s’era m ossa la sinistra. Sono persuaso che Nenni già pensava ad un distacco. Quello
sbaglio accellerò il processo» (P. Ingrao, Le cose im possibili. Un’autobiografia raccontata e
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 20 3

divisoria non passa tra partigiani e nemici del socialism o, m a ha trovato da una
parte operai e studenti, i quali volevano sul serio la liberalizzazione e la dem ocra-
tizzazione degli istituti politici e della vita pubblica [...] e dall’altra un vecchio
gruppo dirigente comunista che ai suoi errori di direzione politica, ai suoi crim ini,
ha aggiunto l’appello insensato alle truppe sovietiche».144
L’articolo di Nenni provocò una dura reazione de «l’Unità» 145 e segnò l’orm ai
aperta rottura tra com unisti e socialisti,146 m entre anche la CGIL, con un docu-
m ento steso da Brodolini e condiviso da Di Vittorio, ravvisò nei fatti ungheresi
«la condanna storica e definitiva di m etodi antidemocratici di governo e di dire-
zione politica ed economica».147
La posizione assunta dalla CGIL, e dal suo segretario generale, ebbe im me-
diate conseguenze soprattutto all’interno del PCI. Durante una riunione di Dire-
zione del PSI Lizzadri riferì che «il docum ento [...] è scaturito da una discussione
durata 5 ore. Di Vittorio era contrario. Solo all’ultim o m omento ha ceduto di
fronte alla posizione della corrente socialista. Solo dopo ha fatto il salto della
quaglia. Però la situazione della CGIL non è più quella di sabato. Ieri c’è stata
una riunione dei com unisti presente Longo. Essi propongono per l’astensione dal
lavoro di sabato un documento che segna un netto passo indietro e chiedono che
la posizione sia rettificata».148

discussa con Nicola Tranfaglia, Roma, Ed. Riuniti, 1990 , pp. 89-90 ; cfr. anche, dello stesso
Ingrao, I m iei errori nel nom e di Lenin , «l’Unità», 3 m arzo 20 0 6; Volevo la luna cit., p. 249).
144 P. Nenni, L’insegnam ento di una tragedia. La corrente pura e la sporca schium a, «A-

vanti!», 28 ottobre 1956; cfr. anche T. Vecchietti, Il com pito dei socialisti, ivi, 30 ottobre
(«Nessuna barricata di classe ha diviso il popolo insorto e la dem ocrazia popolare ungherese;
nessun proposito di restaurare il regime feudale-capitalistico di Horthy ha animato gli studenti,
gli intellettuali, gli operai, i contadini, gli stessi iscritti al PC che sono scesi in piazza in queste
tragiche giornate»).
145 M. Ferrara, Un grave articolo di Nenni, «l’Unità», 28 ottobre 1956.
146 Lo stesso 28 ottobre Nenni scriveva nei Diari: «L’intervento sovietico in Ungheria scava

un abisso tra noi e i comunisti. Orm ai la polemica sta per diventare aperta e pubblica. «l’Unità»
di oggi m i m uove l’appunto di aver fatto mio il punto di vista socialdemocratico. Si fa presto a
m ettere un’etichetta alla cose che non piacciono. Meglio sarebbe discuterne il fondo. E in fondo
c’è sem pre l’identificazione dei com unisti con le posizioni di Stato e di potenza dell’Unione So-
vietica» (Tem po di guerra fredda,cit., p. 756; cfr. anche Una tesi, una critica, «Avanti!», 30
ottobre 1956).
147 Per il testo del documento della CGIL e per le successive vicende cfr. M. Pistillo, Giusep-

pe Di Vittorio 1944-1957. La costruzione della CGIL. Le lotte per la rinascita del paese e
l’unità dei lavoratori, Roma, Ed. Riuniti, 1977, pp. 329-338; A. Guerra - B. Trentin, Di Vittorio
e l’om bra di Stalin: l’Ungheria, il PCI e l’autonom ia del sindacato, Roma, Ediesse, 1997, pp.
138-141; la testim onianza di Piero Boni in M. Bergamaschi a (a cura di), «Caro papà Di Vitto-
rio...». Lettere al segretario generale della CGIL, Milano, Guerini, 20 0 8, p. 422.
148 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione del 31 ottobre 1956, p. 4. Duri con-

trasti tra socialisti e com unisti si verificarono, all’interno del sindacato, anche localm ente, co-
m e ad esem pio a Milano, dove em erse la posizione del segretario socialista della Cam era del
lavoro, Bruno Di Pol: cfr. le dettagliate relazioni di polizia del 3, 5, 10 , 12 novembre 1956 in
ACS, Min. Int., AA.RR. 1954-1956, b. 91; È giusto parlare di Suez, ingiusto tacere dell’Unghe-
ria, «Avanti!», 4 novembre 1956; B. Di Pol, Il riform ism o negli anni dello sviluppo, a cura di A.
Scalpelli, Roma, Ediesse, 1998.
20 4 Capitolo II

Vittorio Foa ha ricordato che Di Vittorio «fu violentem ente attaccato dal PCI
per questa posizione. Togliatti diede l’incarico a due com pagni della segreteria di
‘ripulirgli il cervello’149 e lui uscì con un’autocritica m olto pallida [...]. In
quell’occasione i sindacalisti socialisti, Boni, Brodolini, Santi150 ebbero un ruolo
attivo; evidentemente i socialisti sulla questione ungherese non avevano dubbi,
diversamente dai com unisti».151
Parzialm ente differente la testim onianza di Giorgio Am endola: «In Direzione
fum m o tutti uniti. Ci furono perplessità, esitazioni. Ma nessuno volle assumere
una posizione differente. Anche Di Vittorio, che aveva approvato un prim o do-
cum ento della CGIL di deplorazione dei fatti d’Ungheria, in sede di partito fu so-
lidale con Togliatti, e precisò questa sua posizione con una dichiarazione».152
Dai verbali della Direzione del PCI del 30 ottobre 1956, dedicata alla situazio-
ne del partito in relazione ai fatti d’Ungheria, emerge però una realtà assai diffe-
rente da quella descritta da Am endola, fatta di aspri e dram m atici contrasti. To-
gliatti espose, nella relazione, in modo secco e preciso, la sua posizione: «Noi do-
vevam o non perdere la testa, opporci all’ondata antisovietica e anticom unista.
Non possiamo accettare questo scagliarsi contro tutto e contro tutti. Si sta con la
propria parte anche quando questa sbaglia».
Fu però l’intervento del segretario della CGIL a suscitare le reazioni più vivaci
e a far venire alla luce le divergenze di opinione ai vertici del PCI. Scopo
dell’intervento di Di Vittorio era di

spiegare in quali condizioni i com unisti della Direzione della CGIL sono stati indotti a
prendere le note posizioni [...]. I com pagni socialisti riunitisi avevano deciso di ottenere
una condanna dell’intervento sovietico in Ungheria. Nostra preoccupazione di evitare una
rottura m olto grave in questo m om ento. La CGIL deve restare a tutti i costi l’organismo
unitario tra socialisti e com unisti [...]. Sul punto dell’intervento sovietico abbiam o cercato
di dare la form a più tenue alla form ulazione. Credo che abbiam o fatto bene nell’interesse
dell’unità.

Ma dopo questo tentativo di giustificazione Di Vittorio non rinunciò a ribadi-


re la propria posizione:

Non credo affatto che bisogna glorificare l’insurrezione. Ho detto solo che non tutti i rivol-
tosi sono nem ici del socialism o. Dopo alcuni giorni dall’inizio del m ovim ento è apparso
che non si tratta di un putsch, m a di larghe m asse in azione [...]. Facendo senz’altro nostra

149 Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta: cfr. A. Guerra - B. Trentin, Di Vittorio e l’om bra

di Stalin cit., pp. 166-167.


150 Per la posizione di Santi cfr. anche la lettera a Nenni del 14 giugno 1956 in ACS, CN, b.

39, fasc. 1840 .


151 V. Foa, Il sindacato, intervista a cura di M. De Nicolò, «Problem i del socialism o», gen-

naio-aprile 1987, pp. 67-68; cfr. anche L. Lama, Intervista sul sindacato, a cura di M. Riva, Ba-
ri, Laterza, 1976, pp. 35-38; P. Boni, Il sindacato italiano e lo stalinism o, «Socialism o/ Storia.
Annali della Fondazione Brodolini», 1987, pp. 418-419; V. Foa, Il 1956 nel partito socialista e
nel sindacato, ivi, pp. 427-429; A. Giolitti, Lettere a Marta cit., pp. 99-10 0 .
152 G. Am endola, Il rinnovam ento del PCI cit., pp. 134-135. Per le dichiarazioni di Di Vitto-

rio cfr. «l’Unità», 30 ottobre e 6 novembre 1956.


«La lezione dei fatti» (1956-1957) 20 5

l’idea che chi ha preso le arm i era contro-rivoluzionario comm ettevam o un errore e non si
convinceva nessuno. Non ha convinto nemm eno me. Possiam o sfidare una parte della
classe operaia? [...]. L’insurrezione è un fatto storico e dobbiam o trarne le lezioni. Bisogna
m odificare radicalm ente i metodi di direzione nei paesi di dem ocrazia popolare e cam bia-
re anche la politica econom ica [...]. Dem ocratizzare profondam ente è una condizione di
salvezza del sistem a socialista.

La posizione di Di Vittorio fu attaccata m olto duramente da Roveda («Non è


vero che la posizione della classe operaia sia quella della CGIL [...]. Non so cosa
poteva succedere senza l’intervento delle truppe sovietiche. Avrei criticato il con-
trario»), Secchia («Qualunque siano stati gli errori bisogna difendere il potere
socialista», aggiungendo però, quasi a legittim are anche la propria posizione di
oppositore nei confronti di Togliatti, che bisognava «abituarsi in certi m om enti
difficili ad avere anche posizioni diverse tra partito e CGIL»); Colom bi («La po-
sizione di Di Vittorio non può essere approvata dalla federazione Sindacale Mon-
diale di cui è il presidente. Cattivo il suo m etodo di fare tutto da sé. I socialisti
cercano di dirigere la CGIL»). Più sfumato l’atteggiam ento di Amendola, Pajetta
ed Ingrao, che ribadirono, nei confronti di Di Vittorio, la necessità della discipli-
na di partito, m a che pure non nascosero l’esigenza, all’interno del m ovim ento
com unista, della lotta su due fronti, contro i cosiddetti ‘revisionisti’, m a anche
contro i residui dello stalinism o, sia pure addebitando le cause dell’insurrezione
ungherese sem plicemente ai «ritardi che ci sono stati nel fare i cam biamenti ne-
cessari» (Am endola) o agli «errori gravi nell’applicazione m eccanica dell’espe-
rienza sovietica» (Ingrao).
Di fronte a questa bordata di contestazioni, Di Vittorio non poté che sottopor-
si al tradizionale rito dell’autocritica:

Terrò m olto conto di quanto è avvenuto per non dare nessun m otivo che faccia pensare
cose false. Sono m olto sensibile alle critiche e alle critiche rivolte qui al docum ento confe-
derale. Non am o l’Unione Sovietica m eno degli altri com pagni [...]. Togliatti ha parlato
della difesa della propria parte. Non ho mai sostenuto la legittim ità dell’insurrezione.
Giusta la critica che non l’abbiam o condannata. Non vi abbiam o pensato. Tutto sarebbe
stato più chiaro se accanto all’esercito sovietico ci fossero state forze com uniste e operaie.
È questa assenza che scom bussola il partito [...]. Non sono un franco tiratore nel partito,
com e ha detto Pajetta. M’impegno a cooperare coi com pagni per assicurare l’unità del
partito su una linea giusta.

Togliatti fu in grado, a questo punto, di trarre le sue conclusioni:

Farò un paio di osservazioni a Di Vittorio. Egli ci ha raccontato com e sono andate le cose
coi socialisti. Il prim o errore dei com unisti della Segreteria confederale è stato di non aver
insistito per ottenere che nel docum ento ci fosse una form ulazione diversa. Di Vittorio
non lo ha tentato perché nell’apparato confederale e in lui stesso era subentrata la convin-
zione che era necessario dire quello che si è detto [...]. Com e pensare che non c’è un’or-
ganizzazione controrivoluzionaria quando si agisce con piani precisi contro i principali
obiettivi governativi? In sim ile situazione o si schiaccia la som m ossa o si finisce per essere
20 6 Capitolo II

schiacciati. Di Vittorio non ha avuto fiducia nel partito, sulla posizione del partito e gli ha
sostituito un proprio giudizio sentimentale e som m ario.153

Togliatti inform ò subito dell’accaduto e delle sue possibili ripercussioni la se-


greteria del CC del PCUS:

Gli avvenim enti ungheresi hanno creato una situazione pesante all’interno del m ovim ento
operaio italiano, e anche del nostro partito. Il distacco di Nenni da noi, che pure, a seguito
delle nostre iniziative, aveva m ostrato una tendenza a ridursi, si è ora bruscam ente acuito.
La posizione di Nenni sugli avvenim enti polacchi coincide con quella dei socialdem ocrati-
ci. Nel nostro partito si m anifestano due posizioni diam etralm ente e sbagliate. Da una
parte estrem a si trovano coloro i quali dichiarano che l’intera responsabilità per ciò che è
accaduto in Ungheria risiede nell’abbandono dei m etodi stalinisti. All’altro estrem o vi so-
no gruppi che accusano la direzione del nostro partito di non aver preso posizione in dife-
sa dell’insurrezione di Budapest e che afferm ano che l’insurrezione era pienamente da
appoggiare e che era giustamente m otivata. Questi gruppi esigono che l’intera direzione
del nostro partito sia sostituita e ritengono che Di Vittorio dovrebbe diventare il nuovo
leader del partito. Essi si basano su una dichiarazione di Di Vittorio che non corrisponde-
va alla linea del partito e che non era stata da noi approvata. Noi conduciam o la lotta con-
tro queste due posizioni opposte e il partito non rinuncerà a com batterle. Tuttavia vi assi-
curo che gli avvenim enti ungheresi si sono sviluppati in m odo tale da rendere m olto diffi-
cile la nostra azione di chiarim ento all’interno del partito e per ottenere l’unità attorno
alla sua direzione. Nel m om ento in cui noi definim m o la rivolta com e controrivoluziona-
ria ci trovam m o di fronte ad una posizione diversa del partito e del governo ungherese e
adesso è lo stesso governo ungherese che esalta l’insurrezione. Ciò m i sem bra errato. La
m ia opinione è che il governo ungherese – rim anga oppure no alla sua guida Im re Nagy –
si m uoverà irreversibilm ente verso una direzione reazionaria. Vorrei sapere se voi siete
della stessa opinione o siete più ottim isti. Voglio aggiungere che tra i dirigenti del nostro
partito vi sono diffuse preoccupazioni che gli avvenim enti polacchi e ungheresi possano
lesionare l’unità della direzione collegiale del vostro partito, quella che è stata definita dal
XX Congresso. Noi tutti pensiam o che, se ciò avvenisse, le conseguenze potrebbero essere
m olto gravi per l’intero nostro m ovim ento.154

Per quanto riguarda Di Vittorio, secondo un rapporto del Ministero dell’In-


terno del 13 dicembre 1956, andò, giorno per giorno, m odificando il suo atteg-
giam ento

m algrado la spinta che gli proveniva dalla figlia Dina e dalla m oglie Annita Contini. Que-
sta aveva assistito all’inchiesta subita dal m arito in via delle Botteghe Oscure e durata set-
te ore e ne era rim asta letteralm ente indignata, specie per il m odo in cui Am endola e Pa-
jetta avevano m altrattato il consorte, che ella ha sem pre continuato ad incitare perché
m antenesse la sua opposizione. Si dice che Di Vittorio abbia, invece, ceduto alle pressioni
153 FG, APC, riunione della Direzione del 30 ottobre 1956, passim . Il com unicato della Dire-

zione del PCI pubblicato dall’«Unità» il 1° novem bre riferiva che era «risultata una com pleta
unanimità di giudizio sulla linea delle posizioni espresse nel recente articolo del com pagno To-
gliatti […]. La Direzione ritiene legittimo e non sorprendente che vi siano nel partito com pagni
che esprim ono i loro giudizi critici e le loro preoccupazioni, in parte dettate dalla gravità stessa
degli avvenimenti».
154 Cfr. «La Stam pa», 11 settembre 1996 e, per la risposta dei dirigenti sovietici, «Cold War

International History Project Bulletin», (1993), 5, p. 33.


«La lezione dei fatti» (1956-1957) 20 7

solo apparentem ente disinteressate del suo m edico curante, dr. Iona, che fu suo compa-
gno di esilio nel periodo nord-am ericano. Il dr. Iona lo ha dissuaso dall’intraprendere una
«azione faticosa e com battiva», in conto delle sue precarie condizioni di salute.155

In effetti l’intervento di Di Vittorio (che sarebbe m orto il 3 novembre 1957)


all’VIII Congresso nazionale del PCI, tenutosi a Rom a nel dicembre 1956, si col-
locò sostanzialm ente in linea con la relazione di Togliatti, pur ribadendo l’im-
portanza dell’autonom ia del sindacato dal partito.156

6. « S IAMO TUTTI TRADITI ! È TRADI TO L ’INTERNAZIONALISMO PROLETARIO » :


L’U NGHERIA E IL PSI

Il 31 ottobre sem brò che le truppe sovietiche si fossero ritirate dall’Ungheria.


La notizia fu accolta da Nenni con una certa dose di speranza: «Si dovrebbe
quindi ritenere che gli antistaliniani sono sem pre i più forti. Sarebbe per il socia-
lism o e per la pace un grande successo».157 Questo tono nel com plesso fiducioso
caratterizzava anche una breve nota non firm ata sul num ero di ottobre di «Mon-
do Operaio»: «Si è com piuto così, sotto la spinta di una spaventosa insurrezione
e in un m are di sangue, quel ricambio degli uomini, quell’adeguam ento dei me-
todi e delle strutture politiche ed econom iche, quel passaggio dalla dittatura alla
dem ocrazia che urgeva e prem eva in Ungheria da almeno tre anni [...]. Possa da
tanto m ale, da tanto sangue, sorgere per l’Ungheria, sorgere per tutti, un miglio-
re avvenire».158
Lo stesso 31 ottobre si riunì la Direzione del PSI. In tutti gli interventi vi fu la
netta condanna sia dell’invasione sovietica che dell’atteggiam ento assunto dal
PCI. Significativo, a questo proposito, l’intervento di Panzieri: «La tragedia ri-
guarda anche l’esercito rosso, anche l’URSS. È il fallim ento di una classe politica
[...]. Irresponsabile l’atteggiam ento dell’«Unità» fondato su una m istificazione,
quale è l’identificazione dell’esercito sovietico col potere socialista e rivoluziona-
rio. Se non si riconoscono gli errori non si salva ciò che si deve salvare».
Valori prese atto che ciò im plicava dei netti cam biam enti anche nell’ambito
della politica unitaria con il PCI: «Una fortuna per il m ovim ento operaio la posi-
zione presa dal partito nella questione ungherese. Senza di ciò il movim ento ope-
raio sarebbe stato travolto [...]. La posizione presa dai com unisti è stata un suici-
dio [...]. Per la politica unitaria le cose cambiano profondam ente. Dobbiamo

155 ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 8.


156 Cfr. VIII Congresso del PCI. Atti e risoluzioni, Roma 1957, p. 432. Per il giudizio critico
del PSI cfr. Il Congresso com unista, «Avanti!», 19 dicembre 1956.
157 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 756.
158 La lezione dell’Ungheria, «Mondo Operaio», ottobre 1956, p. 563. Anche la deliberazio-

ne della Direzione del PSI del 31 ottobre-1° novem bre, dopo aver afferm ato il carattere demo-
cratico autonom o e creativo del socialismo e il rifiuto di ogni principio autoritario, mostrava di
sperare in una soluzione pacifica degli eventi (cfr. «Avanti!», 2 novembre 1956).
20 8 Capitolo II

conservare i punti ferm i della politica unitaria m a renderci conto che il disaccor-
do orm ai investe problem i così gravi che tutto diviene difficile».
Nonostante la sostanziale concordia sull’analisi dei fatti, quando si passò alle
prospettive politiche si finì per parlare di una medesima questione (l’unificazio-
ne socialista), intendendo però due (o più) cose abbastanza diverse tra loro. Si
confrontino ad esem pio le conclusioni di Panzieri («Il pericolo è che da una parte
ci sia una chiusura staliniana dall’altra uno scivolam ento nel riform ism o.
L’unificazione va fatta e sollecitata m a salvando il contenuto di classe» 159 ) e quel-
le di De Martino:

Crisi del m ovim ento operaio italiano: senza dubbio. In questa crisi noi siam o nello stesso
tem po coinvolti e fuori. Si avverte che questa è l’ora del socialism o. Se si parla con la gen-
te si sente dire che Nenni e Togliatti sono eguali m a che la posizione del PSI è giusta.
Dobbiam o quindi avere una prospettiva non pessim ista. I rapporti coi com unisti sono
m odificati, com e lo dim ostra (sic) la nostra e la loro posizione sui fatti attuali. Ciò rende
difficili i nostri rapporti e incide sulla politica unitaria. Ci sono due m odi di considerare le
difficoltà: quello di rendere chiaro che il nostro sforzo è diretto non contro l’ideologia co-
m unista m a contro le degenerazioni ecc. Questo dobbiam o portare nel nuovo partito. Per
questo non il solo gruppo dirigente m a il partito deve andare all’unità unito.160

Il 4 novem bre, dopo che il nuovo governo Nagy aveva denunciato la parteci-
pazione ungherese al Patto di Varsavia, le truppe sovietiche intervennero per la
seconda volta. Nenni, probabilmente colto di sorpresa, apprese la notizia con
grande coinvolgim ento emotivo:

Abbiam o vissuto una delle più tristi giornate degli ultim i quindici o vent’anni: peggio del
lontano giorno del ’39, quando a Villefranche avem m o notizia del patto hitlero-sovietico
[...]. Ho raccolto a casa i compagni della Direzione. Tutti (salvo Lussu che s’arram pica su-
gli specchi dell’equivalenza Budapest-Suez161) erano concordi sulla necessità di una presa
di posizione im m ediata.162 Sandro era com m osso fino alle lacrim e [...]. Un segno del de-
sarroi generale lo colgo in una telefonata da Lugano della m ia Vany. Era affranta. C’est –
m i ha detto – un m onde dans le quel on a cru et qui s’effondre. Com e ha ragione! Era la

159 Erano posizioni presenti anche alla base, con ripercussioni sugli atteggiamenti di politica

internazionale. Ad esem pio, il «Bollettino straordinario di orientam ento» del novem bre 1956
della federazione di Siena scriveva: «Oggi sono particolarm ente discussi i problem i della situa-
zione internazionale. Il partito ha una sua politica e una sua iniziativa. Tocca alla base articola-
re il dibattito nel partito e fuori. Due tesi sono oggi a confronto: 1) quella dei socialisti, che dal
giudizio dei fatti di Ungheria si m obilitano nella lotta per la distensione, per il ritiro di tutti gli
eserciti dall’Europa e per l’annullamento dei patti m ilitari; 2) quella di una parte della social-
democrazia, che vorrebbe riarm are l’atlantism o per rispondere con la m inaccia all’intervento
sovietico in Ungheria (Saragat sostiene queste posizioni di forze contrapposte). Su queste due
tesi contrastanti si va articolando il dibattito destinato a dare fondamenta alla politica estera
del futuro partito unificato» (ACS, Min. Int., Gab. Partiti Politici 1944-1966, b. 63).
160 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione del 31 ottobre 1956, pp. 1-3.
161 Per la posizione di Lussu cfr. il testo del suo intervento al Senato del 27 novembre 1956

in E. Lussu, Discorsi parlam entari, Roma, Senato della Repubblica, 1986, pp. 1246-1259.
162 Per una descrizione della riunione notturna della Direzione in casa Nenni cfr. V. Gatto,

Un apparato di giovani disinteressati, in Quando i socialisti ruppero con Mosca, cit., ora in
Quell’indim enticabile 1956! cit., p. 51.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 20 9

sola delle m ie figlie che si era iscritta a Parigi al Partito com unista francese. Ora si sente
tradita. Lo siam o tutti traditi! È tradito l’internazionalism o proletario.163

In realtà, di fronte al deteriorarsi della situazione ungherese, anche all’inter-


no della Direzione del PSI erano em erse alcune perplessità che si fecero evidenti
sull’«Avanti!» del 3 novem bre con un articolo di Tullio Vecchietti, Il punto criti-
co dell’Ungheria, col quale si invitava la classe operaia ungherese a riprendere il
controllo della situazione per salvaguardare le conquiste socialiste e respingere le
m inacce delle cricche m ilitari e feudali.164 Anche Pertini, in una dichiarazione
sullo stesso num ero dell’«Avanti!», afferm ò di essere «spiritualmente al fianco
dei com pagni com unisti ungheresi vittime della bestiale reazione. Questo noi af-
ferm iam o spinti soprattutto da quella solidarietà di classe che ogni socialista de-
ve sentire in ogni circostanza».165 Pertini arrivò ad abbandonare la riunione di
Direzione del 6 novem bre dopo aver afferm ato di sentirsi «sem pre più isolato nel
gruppo dirigente. Tuttavia il m io è un caso di coscienza. Non intendo concorrere
all’isolam ento dei com unisti.166 Se la Direzione lo vuole sono pronto a dim etter-
m i».167

163 P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 759. Per la reazione emotiva di Nenni cfr. anche

la testimonianza del genero, Cesare Tom assi, in G. Tam burrano, Pietro Nenni cit., pp. 284-285.
164 Cfr. anche, dello stesso Vecchietti, Rigurgiti fascisti, «Avanti!», 9 novem bre 1956.
165 Una posizione peraltro coerente con la sua storia: in un com izio del 7 gennaio 1951 a Sa-

vona aveva ad esem pio affermato che «se gli avversari ci daranno la pace noi griderem o con
essi viva la pace, m a se ci daranno la guerra noi griderem o viva la rivoluzione, poiché sarà ine-
vitabile che le masse dei lavoratori, che oggi soffrono la fam e, trasformino una eventuale guerra
anzitutto in guerra civile», aggiungendo, nel sostenere la esigenza dell’unità della classe ope-
raia, che il PSI doveva restare accanto al PCI nella buona e cattiva sorte, a difesa del proletaria-
to (da un ritaglio de «Il Piccolo» di Savona dell’8 gennaio 1951, allegato ad un rapporto del Pre-
fetto di Savona, in ACS, Min. Int., Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 64). Ad onor del vero, in
una lettera a Nenni del 2 m arzo 1945, Pertini scriveva da Torino, accusando il gruppo dirigente
rom ano dello PSIUP di essersi «lasciati troppo prendere dalla parola d’ordine ‘fusione’ lanciata
dai com unisti [...]. Se la fusione si fa al più presto, i com unisti, che hanno un’organizzazione
quasi perfetta, superiore alla nostra, potrebbero facilmente assorbirci. Nel nuovo partito fini-
rebbero per predom inare loro, la loro mentalità, il loro metodo. Addio allora la democrazia in-
terna, l’autonom ia da ogni interferenza di forze esterne! [...] Lavoriam o tenacem ente – nono-
stante i molti pericoli e le innum erevoli difficoltà – per dar vita ad un grande Partito socialista.
Vi sono tutte le condizioni per questo. Vogliamo un grande Partito socialista perché in seno alla
classe lavoratrice (cioè in seno all’intero popolo italiano) trionfino le libertà democratiche a noi
tanto care. Se saremo forti noi – socialisti – sarà l’idea di libertà a trionfare. Per questo soprat-
tutto ci battiamo oggi senza badare alle nostre persone» (ACS, CN, b. 87). A testimonianza di
una serie di notevoli oscillazioni sul tem a dei rapporti con i com unisti, in un com izio del 29
gennaio 1956 a Venezia Pertini affermava, secondo la relazione della Prefettura, che il PSI si
era sempre battuto per la pace e la vera democrazia e che se questa fosse stata m inacciata il so-
cialism o sarebbe stato pronto a battersi contro qualsiasi corrente politica anche se questa si
fosse chiam ata com unism o. In ogni caso, però, una scissione tra PSI e PCI, che raccoglievano
nello loro file la quasi totalità delle forze popolari era im possibile, giacché avrebbe aperto la via
alle forze reazionarie (ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 23).
166 È anche da tener presente il clim a politico infuocato di quei giorni, testimoniato, ad e-

sem pio, oltre che da vari tentativi di assalto neofascista a sedi del PCI, da una nota riservata
della Questura di Roma del 9 novembre 1956: «Nel pomeriggio di ieri, verso le ore 16, elementi
del servizio di vigilanza e tutela dello stabile di via delle Botteghe Oscure hanno notato che da
210 Capitolo II

Con le dichiarazioni di Vecchietti, Pertini e Valori168 nacquero ufficialm ente i


‘carristi’. Il term ine che, secondo Alberto Benzoni,169 com parve per la prim a volta
al congresso della federazione provinciale del PSI di Milano,170 è però, com e ab-
biam o visto, errato se si riferisce ad un appoggio diretto all’invasione sovietica.
La preoccupazione principale degli esponenti del gruppo che si andava form ando
(tra l’altro profondamente diviso al proprio interno) fu indubbiamente anche il
m antenim ento della solidarietà con il mondo com unista, se profondam ente rin-
novato, m a soprattutto, com e apparirà con chiarezza negli anni successivi, la sal-
vaguardia della politica ‘unitaria’ ed il rifiuto di ogni ‘cedimento’ socialdemocra-
tico.171
La preoccupazione per i rapporti con il PCI e la sua base è presente, sia pure
con toni diversi, in una circolare inviata a tutte le federazioni il 12 novembre a
firm a congiunta dai responsabili dell’Organizzazione (Valori) e della Stam pa e
propaganda (Panzieri):

Attraverso la segreteria del partito, la Direzione e l’«Avanti!», il Partito ha preso intorno


agli avvenim enti ungheresi una posizione assai chiara. È superfluo sottolineare come tale
presa di posizione, che com porta una divergenza e una critica assai serie nei confronti del
PCI, sia stata sviluppata all’interno del m ovim ento operaio e pertanto nessuna confusione
è possibile con la condanna pronunciata da chi si pone al di fuori e contro il m ondo socia-
lista. Avviene tuttavia che in pratica non sem pre questa radicale differenza è apparsa
chiara davanti all’opinione pubblica e agli stessi com pagni, e ciò soprattutto in conse-
guenza di iniziative com uni con altri partiti o gruppi politici alle quali talora anche federa-
zioni o singoli com pagni hanno aderito. Appare perciò indispensabile che le posizioni del
partito sui fatti ungheresi e sui gravi problem i che ne derivano al m ovim ento operaio ita-
liano siano prese e popolarizzate come posizioni autonom e e proprie del nostro partito
[...]. Nel giudizio sugli avvenim enti ungheresi il Partito, infatti, non esaurisce la sua azio-
ne; esso si pone coraggiosamente il problema delle conseguenze che questo avvenim ento

un camioncino in sosta all’ingresso secondario in via dei Polacchi venivano scaricati m attoni e
trasferiti all’interno. Stamane, elemento fiduciario che lavora all’interno ha com unicato che i
m attoni, in num ero di circa m ille, sono stati distribuiti a tutti gli uffici che hanno le finestre
sulla strada ed am m onticchiati vicino alle finestre stesse, pronti a servire quale arm a di difesa
da scagliare sulle teste di eventuali assalitori» (ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 15. Pochi
giorni prim a si era verificata un’aggressione alla sede del PCI ad opera di un gruppo di iscritti
al MSI guidato dal futuro deputato dem ocristiano Vittorio Sbardella: cfr. ivi le relazioni della
Questura di Rom a).
167 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione del 6 novem bre 1956, p. 1. Cfr. an-

che, dello stesso Pertini, l’intervento al Com itato centrale del 14-17 novembre 1956 (in «Avan-
ti!», 18 novembre 1956).
168 Cfr. Siam o socialisti, «Avanti!», 17 novem bre 1956.
169 Il Partito socialista dalla Resistenza ad oggi cit., pp. 87-88.
170 Sul cui svolgimento cfr. Il XIII congresso provinciale m ilanese del PSI, a cura di E. Tor-

toreto, «Annali. Studi e strum enti di storia metropolitana milanese», 1992, pp. 447-512 e la
relazione della Prefettura di Milano del 28 gennaio 1956 in ACS, Min. Int., Gab., Partiti politici
1944-1966, b. 65: in entrambi i casi, però, non vi è alcun riferimento alla parola ‘carristi’.
171 Cfr. G. Arfè, Frontism o, unificazione, alternativa, in Trent’anni di politica socialista cit.,

pp. 16-17; F. De Martino, Un’epoca del socialism o cit., p. 279; C. Vallauri, Le scelte socialiste
del 1956 cit., pp. 324-325.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 211

e la crisi aperta nel Medio Oriente possono provocare, il pericolo cioè del ritorno alla
guerra fredda. Nella lotta contro questa m inaccia si configura chiaram ente l’iniziativa del
Partito, nella consapevolezza che solo lottando vigorosam ente per riguadagnare le condi-
zioni della distensione è possibile debellare lo stalinism o, togliendo ad esso ogni base e
ogni giustificazione [...]. Pertanto la politica del Partito è più che m ai im pegnata nella lot-
ta contro la divisione e la discrim inazione all’interno e contro la politica dei blocchi sul
piano internazionale: soltanto la distensione interna e internazionale può tenere aperte e
allargare la prospettiva delle forze del progresso e del socialism o, e favorire l’unificazione
socialista.172

Per quanto riguarda l’opinione dei m ilitanti socialisti, Foa ram m entò di aver
trovato «non solo dei com unisti, m a dei socialisti in Sicilia, in alcune sezioni sici-
liane, che m i dicevano che i carri arm ati avevano il solo torto di non essere venu-
ti in Italia.173 Questa era la reazione istintiva di molta base contadina e anche di
alcuni gruppi operai. Per troppi anni si è esaltato lo Stato sovietico com e il socia-
lism o perché si potesse rapidam ente passare a degli elem enti di m aturità, di con-
sapevolezza».174
Nel senso di quanto afferm ato da Foa va, ad esem pio, l’ordine del giorno in-
viato a Nenni il 6 novembre 1956 dalla sezione socialista di Castellam m are di
Stabia, «una sezione operaia che conta m ille iscritti», che denunciavano «la loro
perplessità nell’accettare o m eno le risoluzioni della Direzione del Partito che co-
sì com e sono state redatte non favoriscono un’esauriente com prensione della si-
tuazione [...]. In particolare hanno constatato con ram m arico che niente era
pubblicato sull’«Avanti!» nell’edizione straordinaria per quanto riguarda l’Egit-
to, verso il quale l’«Avanti!» ha di solito una posizione che noi condanniamo».
Nenni così rispondeva il 19 novem bre:

Spero che gli avvenim enti successivi vi avranno consentito di valutare i fatti di Ungheria
per ciò che sono. Si è trattato di un tragico errore. Ed oggi che vi scrivo gli operai di Buda-
pest sono ancora in sciopero. Può darsi che anche il loro sciopero venga sconfitto dalla
fam e. Ma rendetevi conto com pagni che gli operai di Budapest si sono battuti e si battono
per la loro libertà e per il pane contro un corrotto governo comunista che ha tradito la rivo-
luzione. È certo che al movimento del 23 ottobre si erano mescolate anche delle canaglie fa-
sciste. Sovente all’acqua pura si mescola la schiuma. Ma gli operai ungheresi avrebbero

172 FT, Direzione PSI, Serie circolari, b. 3, fasc. 20 .


173 In effetti, una riservata del Prefetto di Agrigento del 22 novembre 1956 informava di una
riunione degli iscritti nella sede della locale federazione durante la quale il vicesegretario pro-
vinciale, Salvatore Marchese, rendeva noto agli intervenuti «di essere rientrato da pochi giorni
dalla Russia, ed ha sottolineato che, durante la perm anenza in quel Paese, ha avuto m odo di
constatare che nell’Unione Sovietica esiste la ‘vera dem ocrazia e la libertà’. Passando in rasse-
gna i recenti avvenimenti internazionali, ha dichiarato che le forze armate russe sono state co-
strette ad intervenire in Ungheria per difendere il socialism o m ondiale ‘m inacciato dagli op-
pressori fascisti’ e – riferendosi alla situazione del Medio Oriente – ha vivam ente deplorato
l’azione militare anglo-francese sul territorio egiziano» (ACS, Min. Int., Gab. Partiti Politici
1944-1966, b. 62).
174 V. Foa, Il sindacato cit., p. 70 . Cfr. anche, a questo proposito, la testimonianza di Aldo

Natoli, raccolta in P. Di Loreto, Alle origini della crisi del PCI: Togliatti e il legam e di ferro
cit., p. 126.
212 Capitolo II

m esso a posto i fascisti com e stanno m ettendo a posto i loro corrotti capi. La lezione che
voi dovete trarre dai tragici fatti d’Ungheria è che il socialismo non si fa con la polizia politi-
ca, non si fa coi carri armati, ma dando la libertà ai lavoratori. Per questo noi lottiam o. 175

Così pure, a Venezia, l’on. Tonetti, il segretario provinciale, Brunello, e il se-


gretario della sezione, Proietto «avrebbero m anifestato la loro incondizionata so-
lidarietà con il partito com unista accettando la tesi enunciata dalla direzione
centrale di quest’ultim o partito, tesi secondo cui l’intervento armato russo viene
appieno giustificato dalla im prorogabile necessità di abbattere forze reazionarie
insorgenti al fine esclusivo di favorire gli interessi degli im perialisti e del capita-
lism o occidentale».176
La testim onianza di Foa contrasta però parzialm ente con i risultati di un son-
daggio Doxa del m arzo 1957, secondo cui «la grande m aggioranza dei com unisti
intervistati (70 %) indicava com e causa della rivolta l’istigazione da parte di agen-
ti stranieri oppure il complotto fascista (28%) o l’istigazione da parte dei preti
(26%) [...]. I socialisti invece differenziano nettam ente le proprie opinioni da
quelle dei com unisti: il 30 % indica com e causa della rivolta l’irritazione per
l’operato dei dirigenti, il 25% la m ancanza di libertà, il 20 % l’odio per le truppe
straniere; solo un terzo dei socialisti risulta allineato con i com unisti indicando
com e causa della rivolta l’intervento straniero e l’istigazione dei preti».177
Per quanto riguarda poi il num ero di iscritti perduti dai partiti di sinistra in
questo periodo, il 22 febbraio 1957 Am endola intervenne in Direzione sullo stato
del tesseramento: «Siamo al 75% (81% Nord; 78% centro; 53% Sud). L’anno
scorso alla stessa data eravam o al 90 % circa [...]. Circa i m otivi: ritardo iniziale
che nel corso dei m esi è diventato un fatto politico, influenza della tem atica so-
cialista che com porta affluenza di socialisti a noi e viceversa. Situazione difficile
nelle fabbriche, influenza della CISL e UIL. Perdiam o di più tra gli operai e i ceti
m edi urbani: teniam o nella cam pagne». Togliatti invece osservò: «grande parte
della situazione derivi da deficienze nostre. Le conseguenze derivanti dalla situa-
zione politica generale, internazionale e interna, potrem o valutarle a una cifra
m olto piccola».178

FN, CN, b. 54.


175

Cfr. la relazione del Questore di Venezia del 21 novembre 1956 in ACS, Min. Int., AA.RR.
176

1954-1956, b. 91. Un m ese prim a, il 26 ottobre, Tonetti aveva scritto direttam ente a Togliatti,
manifestandogli il proprio disagio politico «che tu sai risale a qualche anno. Certo è che non
sono disposto a finire la mia esistenza in un marcio partito opportunista, al servizio della bor-
ghesia, quale minaccia di essere il partito unificato» (FG, CTO, Carte Botteghe Oscure, Corri-
spondenza, b. 3).
177 G. Bechelloni, Opinione pubblica e politica internazionale. Note su alcuni sondaggi

d’opinione, in M. Bonanni (a cura di), La politica estera della Repubblica italiana cit., p. 990
(per i dati del sondaggio cfr. P. Luzzatto Fegiz, Il volto sconosciuto dell’Italia cit., pp. 10 15-10 46
e, per la sua interpretazione, G. Sabbatucci, Il m ito dell’URSS e il socialism o italiano cit., p.
78). Per le reazioni dei militanti socialisti è interessante seguire la rubrica di lettere Arrivi e
partenze, curata sull’«Avanti!» da Luciano Della Mea e anche alcune delle testim onianze rac-
colte da E. Vallini, Operai del Nord, Bari, Laterza, 1957.
178 FG, APC, riunione della direzione del 22 febbraio 1957, pp. 13-15. In un’intervista a «La

Repubblica» del 23 novembre 1978 Giorgio Amendola fece la cifra di 40 0 .0 0 0 tessere in m eno.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 213

Anche il PSI dovette com unque attraversare un periodo di crisi nelle iscrizio-
ni. Nei prim i m esi del 1957, infatti, il responsabile dell’Ufficio organizzazione,
Dario Valori, com unicò che «siam o al 60 % delle iscrizioni alla stessa data
dell’anno scorso e all’80 % dell’anno precedente. Ci proponevam o di im pedire la
polarizzazione ai due estrem i DC e PCI, ciò che vuol dire un nuovo 18 aprile.
Questa m inaccia invece si è aggravata».179
Questione ancora diversa, e centrale, era quella dei rapporti tra m ilitanti so-
cialisti e comunisti alla base dove, a contrasti anche forti, si univano, soprattutto
nei com uni governati insiem e, concreti interessi am m inistrativi ed econom ici,
non sem pre facili da sciogliere.
Già in un rapporto del Sifar del 19 m arzo 1955 si sosteneva che

in Em ilia, che vanta una vecchia tradizione socialista, in particolare nella zona della bassa
bolognese, il partito socialista italiano si può considerare una propaggine del PCI per tutto
quanto riguarda iniziative e lotte politiche. Di gran lunga inferiore al PCI sono l’attività
dei dirigenti delle varie istanze e l’attivism o dei gregari risente, sia pure in m isura m inore,
della mancanza di vitalità che caratterizza tutti gli altri partiti. Il PSI ha un duplice legam e
che influisce in m odo determ inante sull’indipendenza della sua linea politica: l’insuffi-
cienza economica (nonostante i tradizionali aiuti che riceve dalle Cooperative) e l’im m is-
sione di quadri com unisti tra gli elem enti direttivi provinciali.180

Un certo interesse rivestono quindi, in questo senso, i rapporti del Prefetto di


Bologna, Gaipa. L’8 novem bre 1956 trasm etteva, ad esem pio, in copia al Ministe-
ro una pubblicazione orientativa, dal titolo Appunti per riunioni – Cam pagna di
tesseram ento 1957, inviata dalla Federazione provinciale bolognese del PSI ai
segretari di sezione e dei nuclei aziendali socialisti. In essa, venivano trattati det-
tagliatam ente tutti i principali tem i dell’attualità politica. Particolarm ente signi-
ficativi i passaggi relativi all’unificazione socialista:

Abbiam o avuto occasione di afferm are, e credo che dovrem o riafferm arlo ancora, che alla
base di questa politica di unità socialista, [vi sono] i problem i e gli interessi dei lavoratori.

In realtà, i dati contenuti nell’allegato al verbale della riunione della Direzione del 17 gennaio
1958 parlano di circa 20 0 .0 0 0 iscritti in m eno nel 1957 rispetto al 1956 (1.820 .272 contro
2.0 35.0 53). Sulla stessa cifra si attestano anche P. Spriano, Le passioni di un decennio cit., p.
20 5 e G. Gozzini - R. Martinelli, Storia del Partito com unista italiano, vol. VII cit., pp. 608-60 9.
179 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 17 aprile 1957, p. 4. Cfr. anche la

relazione del dicem bre 1956 dell’Ufficio Affari Riservati in ACS, Min. Int., AA.RR., b. 26 e, più
in generale, F. Cazzola, Elettori e iscritti del PSI dal 1946 al 1968 , in G. Sivini (a cura di), Parti-
ti e partecipazione politica in in Italia, Milano, Giuffrè, 1972, pp. 20 3-20 8.
180 ACS, Min. Int, PS, AA.RR. 1954-1956, b. 85. Indicativa in questo senso è la relazione te-

nuta da Tolloy ai quadri regionali socialisti e com unisti dell’Emilia-Rom agna (cfr. L’arm a
dell’unità d’azione rende invincibile la classe lavoratrice, «Avanti!», 3 gennaio 1954). Non a
caso Marco Fincardi (C’era una volta il m ondo nuovo. La questione sovietica nello sviluppo
em iliano, Roma, Carocci, 20 0 7, p. 35) ha sottolineato la mancanza, soprattutto in Emilia e per
il secondo dopoguerra, di studi (e conoscenze) «sulla cultura di base del PSI, se non per qual-
che luogo com une». Cfr. com unque, per qualche osservazione in m erito, S. Magagnoli, Il siste-
m a di potere m odenese negli anni della ricostruzione. Com unisti, socialisti e opposizioni di
fronte alla rinascita post-bellica, «Rassegna di storia contemporanea», (1998), 2, pp. 49-76.
214 Capitolo II

Sciocco è il pensare, com e qualcuno sta facendo, che il PSI rinunci ad essere stesso o si
saragattizzi. Questo non potrà avvenire né oggi né m ai e direi che la cosa è im possibile ad
un partito che si richiam i seriam ente al m arxism o ed alla classe operaia. Il saragattism o,
dobbiam o spiegarlo, significa anticom unismo, odio verso una parte della classe lavoratri-
ce, proposito di divisione. Questa politica non solo non potrem o accettarla, m a decisa-
m ente dovrem o com batterla per respingerla. La politica dell’unificazione socialista è stata
accolta con entusiasm o da parte della stragrande maggioranza dei nostri com pagni, e di-
fatti nelle assem blee da noi organizzate per discutere tali problem i abbiam o avuto la pos-
sibilità di constatare il grado di responsabilità dei nostri compagni, i quali sottolineavano
nei loro interventi la giustezza di una tale prospettiva che si propone il rafforzam ento del-
lo schieram ento dem ocratico e nello stesso tem po ci facevano presente la necessità che
questo non com portasse l’incrinatura dell’unità operaia. Ebbene io vorrei dire che una ta-
le politica dal partito non sarà m ai iniziata né condotta perché il partito socialista non ha
condotto in questi anni la politica unitaria soltanto perché aveva un patto di unità
d’azione con il PCI; il PSI ha fatto la politica che ha fatto perché questa era la sua politica,
perché ad indicarne la condotta c’erano sem pre e ci sono i problem i e gli interessi dei la-
voratori. Non potrem o m ai consentire, e questo è bene dirlo con chiarezza, che la prospet-
tiva dell’unificazione distrugga quanto abbiam o costruito e conquistato grazie alla lotta e
al lavoro paziente di centinaia e m igliaia di nostri com pagni.181

Due giorni dopo, il Prefetto inform ava che, sem pre a cura della federazione
provinciale bolognese del PSI, era stato pubblicato un m anifesto inteso a chiarire
la posizione del partito nei confronti del duplice intervento sovietico in Ungheria:

Dopo un generico rim ando ai «docum enti ufficiali», in cui «il PSI ha già espresso la sua
critica responsabile agli interventi sovietici in Ungheria ed alle gravi m inacce che deriva-
no alla pace mondiale dalle aggressioni anglo-francesi», il m anifesto auspica «un forte
partito socialista in grado di salvaguardare il popolo italiano dalle tragiche giornate di
Budapest e dalle spietate rivincite hortiste». Il m anifesto, che non si adegua alla esplicita
condanna della repressione sovietica, ha suscitato com m enti sfavorevoli nella ‘base’ del
PSI di Bologna ove si è determ inato un certo ferm ento autonom istico. In rapporto
all’attuale situazione, l’orientam ento dei locali dirigenti socialisti preoccupati soprattutto
di non urtare la suscettibilità dei com pagni com unisti, appare, però, m olto diverso da
quello della ‘base’.182

ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1956, b. 22.


181

Ivi. Non casualm ente, questa era l’interpretazione che il segretario della federazione bo-
182

lognese del PSI, Silvano Armaroli, dava della riunificazione, illustrando al direttivo, il 15 mag-
gio 1957, gli esiti della recente sessione del Com itato centrale: « Il com itato centrale ha inteso
soltanto accentuare una maggiore determ inatezza nei rapporti tra i partiti di sinistra, senza pe-
raltro pregiudicare la ripresa di un dialogo col PSDI, nella speranza che gli esponenti di tale
corrente politica vogliano avvicinarsi al PSI, accettando però l’im postazione da questo data alla
unificazione, e fondata – com e è noto – sulla costituzione di un nuovo e più largo ‘fronte popo-
lare’». Peraltro, sem pre secondo un rapporto della Prefettura di Bologna, nello stesso periodo
Arm aroli «neutralizzata l’attività degli elem enti che gli si oppongono – l’ex deputato Grazia Ve-
renine, il sindacalista Tondi Erm anno e Trebbi Alberto – si starebbe apprestando per una pro-
gressiva differenziazione del partito socialista dal PCI […]. Sarebbe stato deciso di dare adesio-
ne ed appoggio alla mozione Santi-Foa, con la quale si chiede che il PSI esca dallo stato di infe-
riorità in cui si trova in seno alla CGIL rispetto al PCI e che al Partito socialista venga concesso,
nell’organism o sindacale, la parità di responsabilità e di rappresentanza» (ACS, Min. Int., PS,
AA.GG. 1957, b. 19. Cfr. anche U. Segre, I socialisti em iliani credono alla unificazione? Per ora
sono divisi tra autonom ia e cooperative, «Il Giorno», 2 m arzo 1957).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 215

Il 21 novem bre Gaipa inform ava della visita e del successivo com izio nella cit-
tà felsinea di Pertini:

Non si può escludere che i prossim i contatti bolognesi – stante il noto atteggiam ento
dell’on. Pertini, assolutamente favorevole a m antenere i rapporti politici finora correnti
con il PCI – invece di condurre ai necessari chiarim enti verso la riunificazione, potrebbe-
ro rafforzare la posizione della federazione socialista bolognese, i cui dirigenti, sorretti da
una buona parte degli iscritti, rim angono sem pre strettam ente legati al partito com unista.
Per il m antenim ento di una tale posizione, oltre alle affinità ideologiche, esercitano una
grande influenza le gravissime difficoltà che un netto distacco creerebbe per il PSI in que-
sta provincia, nel cam po econom ico, in quanto tutte le fiorenti cooperative di lavoro, di
produzione e di consum o, che forniscono un largo gettito alle finanze dei due partiti, sono
condotte in com une dal partito com unista e dal partito socialista, con una assoluta preva-
lenza del primo sul secondo [...]. In dette cooperative, una volta separati i socialisti dai
com unisti, gli aderenti al PSI finirebbero per rim anere senza m ezzi di lavoro, a totale be-
neficio dei com pagni com unisti, i quali vedrebbero notevolm ente aumentati il capitale
sociale e i conseguenti introiti. È da notare, infine, che quasi tutte le sedi politiche delle
sezioni socialiste e delle altre organizzazioni del PSI sono ospitate nelle analoghe sedi del
PCI, da cui verrebbero senza dubbio estromesse, in caso di rottura tra i due partiti. Si può
ritenere, pertanto, che il problem a della unificazione socialista sia più com plesso in que-
sta provincia che altrove, e la sua risoluzione in senso dem ocratico, m entre riscuoterebbe
i favori delle classi m edie (professionisti, piccola borghesia, com m ercianti, artigiani ecc.)
determ inerebbe la defezione di quegli iscritti – e non sono pochi – che appartengono ai
num erosi enti econom ici social-com unisti, in quanto essi non esiterebbero a passare nelle
file del PCI, pur di conservare le loro attuali fonti di lavoro e di sostentam ento.183

Sono sensazioni ed opinioni conferm ate anche dall’interno del PSI, come m o-
stra la lettera scritta a Nenni il 6 novembre da Stefano Servadei, segretario della
federazione forlivese, che, pur dichiarandosi «com pletam ente d’accordo» con la
politica del segretario, aggiungeva:

La nostra situazione è però difficile. I com un isti si rifugiano in form e di settarism o feroce
e prendono d’assalto la nostra base, di per se stessa largam ente im preparata e profonda-
m ente turbata. Nella nostra provincia i circoli uniti social-com unisti sono il 98% dei circo-
li di cui dispone la sinistra e negli stessi non v’è pace per chi non è d’accordo sulla piatta
visione ed interpretazione com unista. Gli organism i di m assa si stanno pietosamente tra-
sform ando in organi di copertura della politica com unista [...]. La parola d’ordine dei di-
rigenti e dei militanti è divenuta questa: Nenni ha torto, Nenni è su posizioni borghesi,
Nenni porta il suo partito in m ano alla socialdem ocrazia. Si chiede ai nostri iscritti se so-
no con Nenni o con Pertini184 e ci si preoccupa di dim ostrare che bisogna essere con Per-

183 ACS, Min. Int., Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 70 . Nella stessa busta è conservato il

testo del discorso tenuto da Pertini il giorno 24, alla presenza del sindaco comunista Dozza, in
cui ribadì le sue tesi e riafferm ò le perplessità nei confronti dell’ipotesi di riunficazione coi so-
cialdem ocratici (cfr. Pertini illustra a Bologna le linee di politica del PSI «Lavoro nuovo», 25
novembre 1956). Cfr. anche, sulla situazione del PSI bolognese, la riservata del Questore Orto-
na del 10 novem bre 1956, il quale sottolineò che «l’orientamento dei locali dirigenti socialisti,
preoccupati soprattutto di non urtare la suscettibilità dei compagni comunisti, appare, però,
m olto diverso da quello della base» (ACS, Min. Int., AA.RR. 1954-1956, b. 91).
184 Nenni tentò di evitare che il contrasto assumesse un carattere personale, come dimostra

il biglietto scritto a Pertini il 15 febbraio 1957: «Caro Sandro, non so se il tem po sanerà (come
216 Capitolo II

tini. Tutto ciò può far ridere o piangere a seconda del punto di vista: porta però confusio-
ne, irritazione, sbandam ento. Noi non possiam o e non dobbiam o venir m eno alla nostra
politica ed ai nostri princìpi. Sarebbe una capitolazione senza appelli, un m etterci in un
vicolo cieco, allo sbaraglio. Dobbiam o tuttavia tener presente questa situazione, che è as-
sai grave.185

Non fu quindi un caso che, tra le lettere inviate in quei giorni a Nenni,186 quel-
le di critica giungessero proprio da Bologna. La più significativa, sia perché e-
spone una serie di argom enti contenuti anche nelle altre – con riferim enti, pre-
senti anche nella propaganda com unista, alle vicende biografiche di Nenni – , sia
perché l’autore era il segretario socialista della locale Cam era del lavoro, Erm an-
no Tondi, fu proprio la prim a, scritta il 7 novem bre:

Ho condiviso il giudizio che n oi socialisti abbiam o dato del XX Congresso del PCUS e del-
la conseguente necessaria revisione di metodi e sistem i che avrebbe dovuto com portare
nei Paesi di dem ocrazia popolare. La insurrezione ungherese è stata senza dubbio la rivol-
ta della maggioranza del popolo contro uom ini carichi di gravi colpe, i quali si sono dim o-
strati incapaci e privi della volontà di intendere le esigenze di libertà e democrazia del loro
popolo. Deve però essere riconosciuto da noi che nell’insurrezione avevano preso il so-
pravvento le forze della reazione. L’assassinio dei dirigenti com unisti, il ritorno degli a-
grari per rim possessarsi dei terreni loro espropriati, l’ingresso in Ungheria delle croci un-
cinate e dei vecchi ufficiali di Horthy, sono un a dim ostrazione di ciò. Si tratta di episodi
che rivelano com e vi fosse chi aveva già le idee m olto chiare non sulla via dem ocratica,
libera ed indipendente di attuazione del socialism o in Ungheria secondo la volontà e-
spressa dai suoi operai e dai suoi studenti, m a per la restaurazione di un regim e reaziona-
rio e fascista. Sotto questa prospettiva il secondo intervento dell’URSS in Ungheria è stato
una garanzia che alcune conquiste fondamentali del popolo ungherese non venissero ri-
m esse in discussione [...]. La realtà è che nelle fabbriche gli operai, anche non com unisti,
nella loro m aggioranza hanno giudicato l’intervento sovietico con soddisfazione, rim a-
nendo sorpresi e sbigottiti del giudizio del quotidiano socialista, al quale si sono im m edia-
tam ente rifatti, con l’evidente proposito di sem inare zizzania tra i lavoratori, coloro che
sono sempre stati dei cam pioni dell’anticomunism o e dei ruffiani del padrone. Com pagno
Nenni, per qual ragione hai ritenuto della tua coscienza di socialista, ingerirti negli affari
interni della Spagna? Perché si è ritenuto giusto condannare il m ancato intervento del go-
verno francese a sostegno della repubblica spagnola? Ci sono forse delle differenze di so-
stanza fra la situazione spagnola e quella ungherese? [...] Che cosa avrebbero dovuto fare i
sovietici? Abbandonare l’Ungheria nelle m ani dei terroristi e delle forze della conserva-
zione che si erano precipitate a volgere in proprio favore il furore popolare giustificato
dalla incapacità e dalla ottusità dei dirigenti del Partito com unista ungherese, che tutti
abbiam o riconosciuto? [...] Quali conclusioni credi possano trarre i com pagni di base (per
i quali i sacri princìpi poco contano, perché ciò che com prendono bene è che il padrone se

io spero) o aggraverà il nostro dissenso nella valutazione della situazione. Voglio soltanto dirti
che mai com e ora m i sono ramm aricato che essa sia venuta a galla nella forma più im propria,
com e una specie di contrapposizione di persone, laddove c’era al fondo una diversa interpreta-
zione del nostro com pito in sede politica. Dirlo avrebbe molto più giovato al Partito e alla no-
stra vecchia amicizia» (ACS, CN, b. 36, fasc. 1713).
185 ACS, CN, b. 40 , fasc. 1873.
186 Per una rassegna di questa lettere (e delle risposte di Nenni) cfr. A. Isinelli, Non m ollare

e tieni duro. Lettere tra Nenni e iscritti al PSI nel 1956, in Quell’indim enticabile 1956! cit., pp.
141-160 .
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 217

ne vada dall’officina o dal campo) dalla lettura di dichiarazioni ed articoli com e quelli che
vanno apparendo sul nostro «Avanti!»? Che cosa credi che possano pensare i com pagni e
i lavoratori italiani, leggendo una edizione straordinaria dell’«Avanti!» nella cui prim a
pagina non trova posto un rigo, non diciam o di esecrazione, m a nem m eno di notizia, sui
dram m atici avvenim enti in Egitto? Per quello che risulta a m e, le reazioni dei com pagni e
dei lavoratori non sono affatto positive; sono, com e m inimo, di sbigottim ento di fronte a
una serie di prese di posizione che sono piovute sui com pagni com e doccie fredde. E quel
che è peggio tutto questo determ ina dei rapporti pericolosi non tanto fra i nostri segretari
di Federazione e i segretari delle Federazioni com uniste (o fra i dirigenti nazionali dei due
partiti), m a fra gli operai socialisti e com unisti nelle fabbriche, fra i contadini socialisti e
com unisti nelle cam pagne.187

La risposta di Nenni partì puntualm ente nella stessa giornata (dim ostrando,
incidentalmente, l’ottim o funzionam ento dei servizi postali dell’epoca...):

Voglio chiarire innanzi tutto che non c’è una politica del segretario del Partito, m a della
Direzione del Partito. Tutte le deliberazioni, nessuna esclusa, sono state prese all’unani-
m ità [...]. Quanto alla questione di fondo m i pare che tu la ponga in una m aniera del tutto
errata. Cosa significa, per esem pio, dire che «l’Unione Sovietica non è intervenuta a tutela
dei suoi interessi»? La verità è che intervenuta soltanto (sottolineatura nel testo, N.d.R.) a
tutela dei suoi interessi di potenza, interessi che tra l’altro non sarebbero stati compro-
m essi dalla neutralità ungherese (vedi Finlandia). Che vale, per esem pio, il confronto con
la Spagna? Nulla evidentemente. Nella guerra di Spagna ci sono state due fasi: la prim a,
quella della guerra civile. Noi andam m o e chiedem m o arm i, non l’intervento. Poi quella
dell’intervento italiano e tedesco e anche allora ci battem m o per il non intervento, cioè
per il ritiro delle divisioni fasciste e hitleriane. La stessa URSS si guardò bene dall’assu-
m ere una posizione di intervento. Quanto alla natura della som m ossa ungherese niun
dubbio sul suo originario carattere popolare e socialista (i nove decim i dei com unisti vi
parteciparono); niun dubbio sul fatto che il prim o intervento sovietico m utò il m ovim ento
da politico-sociale in nazionalista (fuori i russi!); niun dubbio che ci furono episodi di ter-
rore bianco. Sono convinto che le m asse avrebbero spazzato ogni infiltrazione reazionaria
[...]. Possiam o fare nostra la politica di potenza dell’Unione Sovietica? No, caro com pa-
gno, non lo possiam o. Non lo potem m o nel settem bre 1939. Non lo possiam o oggi. Gli a-
m ici dell’URSS sono coloro che gli (sic) dicono la verità e la verità è che l’occupazione
dell’Ungheria è stato un tragico errore, forse la storia dirà un tragico delitto. Né il nostro è
soltanto un giudizio m orale, m a politico. Vedrem o nelle prossim e settim ane i risultati.

Pochi giorni dopo gli scrisse Gaetano Sella, segretario socialista della FIOM
bolognese:

L’Unione Sovietica non è intervenuta a tutela dei suoi interessi (quanto m eno il m otivo
prevalente non è stato questo); l’Unione Sovietica soprattutto non è intervenuta per di-

187 Pochi mesi dopo, il 4 marzo 1957, Tondi sarà indicato, in una nota riservata dalla Prefet-

tura di Bologna, in un elenco di esponenti locali del PSI favorevoli al mantenimento e al raffor-
zam ento del patto d’unità d’azione con il PCI e pronti, di conseguenza, a lasciare il PSI qualora
il Congresso di Venezia si fosse pronunciato in senso favorevole all’unificazione con il PSDI ed
al distacco definitivo dal PCI: «Tale risoluzione si è, per il m omento, rivelata fuor di tempo,
stanti i risultati del Congresso di Venezia, che, com e è noto, ha lasciato insoluti tutti i problem i
del socialismo, prim o fra tutti quello della unificazione» (ACS, Min. Int., Gab. Partiti Politici
1944-1966, b. 63).
218 Capitolo II

fendere o im porre privilegi capitalistici o im perialistici. Per cui, pur condannando in linea
di principio l’intervento esterno, nel caso specifico non si possono assolutam ente fare pa-
ralleli nem m eno velati fra l’intervento delle truppe di uno Stato socialista in difesa di con-
quiste socialiste e l’intervento delle truppe di uno Stato imperialista in difesa di privilegi
colonialistici.

La risposta di Nenni è del 19 novembre e fu un tentativo di sm ontare il m ito


sovietico ancora ben presente, com e mostrava la lettera di Sella, nella base socia-
lista:

Se tu hai potuto credere che i sovietici fossero in Ungheria «a guardia della classe lavora-
trice» a quest’ora ti sarai, spero, disilluso. Da venti e più giorni gli operai sono in sciopero.
Com e i carri arm ati hanno dom ato l’insurrezione, così può darsi che la fam e dom i lo scio-
pero. Il socialism o, caro com pagno, non lo si difende con la polizia politica che si è coper-
ta in Ungheria e in Polonia (com e in URSS e altrove) di orribili delitti e neppure coi carri
arm ati. Se un governo com unista non riesce a unire attorno a sé i lavoratori e il popolo
nessuno lo può difendere. Esso, e non gli studenti e gli operai che m anifestavano il 23 ot-
tobre, è responsabile del fatto che i fascisti rialzano la testa. La prim a cosa da fare perché i
fascisti chinino la testa è di non m acchiarsi dei loro stessi delitti.

Il 17 novembre gli scrisse, sem pre da Bologna, Carolina Bolelli, iscritta alla
sezione Zanardi, che m ostrò anch’essa, nella sua lettera, l’influenza dei temi della
propaganda e i consueti tim ori per la rottura con il PCI:

Io, onorevole, vorrei spiegare in questo m io m isero scritto il m odo in cui vedo la som m os-
sa in Ungheria ed i tem pi critici che corrono per i popoli di nuova dem ocrazia, Russia
com presa. Nel loro sistem a econom ico non può avere influito in m odo particolarm ente
dannoso la guerra fredda ed econom ica che gli stati capitalistici im posero a quei paesi? Io
ricordo che subito dopo la guerra i nostri giornali ci illustravano tutto ciò che veniva fatto
ai danni del sistem a socialista. Il prim o fu il piano Marshall, esaltato in modo vergognoso
dalla radio: questo patto econom ico doveva im pedire che si com m erciasse assolutamente
con i paesi orientali. Poi venne il Patto atlantico che diede all’Am erica la possibilità di oc-
cupare m ilitarm ente le basi aree e navali di quasi tutti i paesi, com preso il nostro. Dopo
tutto questo, la guerra di Corea, voluta dagli Am ericani ed alleati. La Russia ed i governi
popolari furono costretti ad arm arsi ed a fare il Patto di Varsavia. Tutto questo portò
senz’altro grandi sacrifici a quei popoli che tutto dovevano rifare per le distruzioni della
guerra. Di tutto questo ci siam o dim enticati? Io spero che andando avanti noi potrem o
trovare sul nostro giornale qualche articolo su tutto ciò, per rinfrescare la m em oria a
quanti l’avessero persa [...]. La reazione socialdem ocratica, dem ocristiana e fascista ha
scatenato a Bologna la peggiore ondata di veleno contro il partito com unista; noi socialisti
avendo, la sera del 12 presentato in consiglio com unale, un’interpellanza insieme ai so-
cialdem ocratici, ci siam o salvati: l’intento era però quello di farci staccare addirittura dal
partito com unista, cosa che costerebbe disorientam enti e sacrifici alla classe operaia. Di
tutto questo ha dato la prova l’on. Preti, nella stessa sera, riversando sui com unisti gli im -
properi più um ilianti che possono esistere e quasi ignorando i fatti d’Egitto, per non dire
di tutto il resto che succede in altri settori per causa dei socialdem ocratici francesi [...]. Mi
rivolgo a Lei, interpretando il pensiero di m olti socialisti della m ia zona, perché sia svolta
dal Partito una politica equilibratrice che non ci porti all’urto col partito com unista.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 219

Anche a lei Nenni rispose a stretto giro di posta, conferm ando le sue posizioni
e m ostrando tutte le sue preoccupazioni:

Cara com pagna, presto la più grande attenzione a ogni voce dei com pagni e quindi alla
tua. Purtroppo c’è m olta confusione. I fatti di Ungheria sono ad un tem po sem plici e tra-
gici. Non si è trattato di un sollevam ento (sic) contro-rivoluzionario, m a della rivolta di
tutto un popolo – com unisti per prim i – contro un sistema divenuto intollerabile. Pur-
troppo noi non ci eravam o accorti che tra governo e popolo s’era creato un abisso di odio.
Situazioni eguali esistono negli altri paesi. Gom ulka è riuscito a salvare la situazione in
Polonia e non si sa fino a quando. I carri arm ati sovietici non possono fare nulla contro
situazioni di questo genere. Quando se ne andranno la situazione sarà molto peggiore di
un m ese fa. Il nostro dovere è di dire ai com pagni com unisti che le cose così non possono
andare. Del resto, i loro dirigenti lo sanno m eglio di noi. All’interno il pericolo è gravissi-
m o. Si preparano le elezioni per la prossim a prim avera e i dem ocristiani si ritengono sicu-
ri della m aggioranza assoluta. Il nuovo 18 aprile costerà ai lavoratori lacrim e e sangue.
Noi soli lo possiam o im pedire con l’unificazione socialista. Saragat può starci o non starci
m a i lavoratori ci staranno. Non c’è purtroppo nient’altro da fare, se no avrem o, in form e
diverse, un nuovo 1922. Il m io dovere è di fare tutto il possibile perché ciò non avvenga e
starei per dire soprattutto nell’interesse dei com pagni com unisti.188

Era una situazione conferm ata anche da una nota inform ativa (ottenuta da
«fonte da cautelare») del capo del Sifar, gen. De Lorenzo, al capo della polizia,
Carcaterra, datata 1 dicem bre 1956, secondo la quale era da registrare un im -
provviso ed im previsto rallentam ento dell’offensiva socialista verso il PCI, dovu-
to alle polem iche tra dirigenti socialisti a proposito dell’unificazione con i social-
dem ocratici e all’attività «dei dirigenti filocom unisti del PSI, che si sono adope-
rati per liquidare i contrasti sorti in sede provinciale tra i due partiti»: «Il PCI
avrebbe saputo profittare tem pestivamente di tale stato di cose dedicando ogni
sua energia al lavoro di riorganizzazione interna [...] Al tem po stesso, sarebbero
stati intensificati i rapporti con gli esponenti locali del PSI, allo scopo di recidere
le loro relazioni con i socialdemocratici. Anche questa azione avrebbe dato un
buon successo».189
La rottura con Mosca e, in termini più m oderati e m editati, col PCI, fu co-
m unque, a questo punto, inevitabile. Per Togliatti, infatti, «una protesta contro
l’Unione Sovietica avrebbe dovuto farsi se essa – per giunta invitata all’interven-
to per una seconda volta – non fosse intervenuta, e con tutta la sua forza questa
volta, per sbarrare la strada al terrore bianco e schiacciare il fascism o nell’uovo,
nel nom e della solidarietà che deve unire nella difesa della civiltà tutti i popoli,
m a prim a di tutto quelli che già si sono posti sulla via del socialismo». Sem pre in
questo articolo, apparso su «l’Unità del 6 novembre, Togliatti concludeva, con
involontaria, m a profetica autoironia: «Può darsi che qualcuno, im pressionato
dalla forsennata agitazione avversaria, esiti, tentenni, sbagli strada. Si ricrederà

188 Le lettere citate e le risposte di Nenni sono in FN, CN, b. 54.


189 ACS, Min. Int., AA.RR. 1954-1956, b. 90 .
220 Capitolo II

poi. Non è strano né nuovo che vi sia, nel m ovim ento operaio, chi si accorge della
sostanza delle cose con qualche mese, alle volte con qualche anno di ritardo».190
Nello stesso giorno, nel suo intervento alla Cam era, Nenni ribadì la «fedeltà
ai princìpi dell’internazionalism o proletario, che ignora la ragion di Stato, ignora
gli interessi di potenza degli Stati, anche di uno Stato rivoluzionario come quello
sovietico».191 Così pure, nella replica del 16 novem bre al Com itato centrale del
PSI, giunse ad afferm are che «quello che, nelle recenti polem iche, ha preso il
nom e di stalinism o è il com unism o degli ultim i trent’anni».192
Nenni replicò così a Vecchietti, Valori e Pertini che, durante il Com itato cen-
trale del 14-16 novembre, avevano sostenuto la persistente validità della politica
unitaria, e a Panzieri, che aveva attaccato Lom bardi per aver afferm ato l’incapa-
cità del leninism o di dare risposte adeguate ai problem i econom ici e sociali delle
dem ocrazie occidentali. Lom bardi aveva infatti ripreso la tesi secondo cui «la po-
sizione com unista non ha né validità né prospettiva in Italia. Dobbiam o operare
per fare attorno al PSI una sem pre più vasta unità. Ma per questo il processo a-
vrà delle fasi m olto aspre. Dare una prospettiva ai com unisti che sono in crisi i-
deologicamente, politicamente e m oralm ente». Panzieri rispose m olto ferm a-
m ente: «Assurdo identificare stalinism o con comunism o. La realtà del partito
com unista non si identifica con lo stalinism o [...]. Grati al com pagno Lombardi
per la sua chiarezza, m a su quella base non c’è più l’unità nella direzione».
Panzieri restò però sostanzialmente isolato nella sua posizione, sostenuto,
alm eno nella critica a Lom bardi, dal solo Lussu. Anche Vecchietti («Dobbiam o
com battere a fondo la politica dei blocchi. Prendere contatti col partito polacco,
con la Lega jugoslava, con Bevan. Dobbiam o avere un linguaggio duro coi comu-
nisti se restiam o legati alla classe e non ci leghiam o alla borghesia») e Valori
(«Non possiam o più considerare l’URSS com e la consideravam o prim a» 193 ) pre-
sero le distanze da lui, m entre Lombardi trovò l’appoggio esplicito di Santi («Noi
dobbiam o sentire una forte responsabilità [...]. Dobbiam o dire la verità senza ti-
m ore delle speculazioni della stam pa borghese. Accettazione senza riserve della
via dem ocratica e parlam entare e della m olteplicità dei partiti. I fatti di Ungheria
hanno m esso in crisi il m ovim ento operaio internazionale. Abbiamo fatto un sal-
to indietro di anni e anni. Dobbiam o fare coi comunisti le cose con le quali siamo

190 P. Togliatti, Per difendere la civiltà e la pace, «l’Unità», 6 novem bre 1956.
191 Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1956, pp. 290 36-290 38; cfr.
anche P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 760 e l’articolo non firmato, ma attribuibile a
Nenni, La Spagna non c’entra, «Avanti!», 13 novembre 1956, nel quale si replicò al tentativo
togliattiano (cfr. Il com pagno Palm iro Togliatti celebra a Perugia il XXXIX anniversario della
Rivoluzione d’Ottobre, «l’Unità», 12 novembre 1956) di paragonare l’intervento sovietico in
Ungheria all’aiuto dato alle m ilizie repubblicane spagnole nel 1936.
192 Cfr. l’«Avanti!», 18 novembre 1956.
193 Una posizione che Valori riafferm ò anche prim a del congresso di Venezia: «Nella lotta

all’atlantismo, in un m ondo diviso in due dalla guerra fredda, il prezzo pagato fu di identificare
troppo spesso, non solo in politica estera, ma anche nei problemi della costruzione del sociali-
sm o, il nostro posto nella lotta per la pace con una permanente adesione allo Stato guida, e alla
via sovietica verso il socialismo» (Una politica per sbloccare la situazione, «Mondo Operaio»,
gennaio 1957, p. 47).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 221

d’accordo e da soli quelle in cui non siam o d’accordo senza com plessi d’inferiori-
tà») e di De Martino («Non com patibili con l’unità sia la posizione di chi si pone
su posizioni socialdem ocratiche sia di chi concepisce che i rapporti coi comunisti
debbano restare quelli che erano prima [...]. Si tratta di sapere se siam o con chi
crede che il socialism o possa im porsi con la forza o coi carri arm ati o con chi
punta sullo sviluppo di forze autonom e operaie e socialiste»).194
Diversa ancora, infine, la posizione di Basso, che introdusse una distinzione
tra Partito e Stato, speculare a quella sostenuta, nel 1948-1949, dalla Direzione
centrista: «I fatti ungheresi vanno giudicati per quanto riguarda il partito di Mo-
sca e lo Stato. Com e atto del PCUS va condannato senza rem ore. Il socialism o
non si fa con la polizia e i carri arm ati. Quanto è accaduto è un’offesa al m ovi-
m ento operaio [...]. Com e atto dello Stato sovietico il problem a è diverso: è un
atto della politica di potenza dello Stato. Com e è un atto di potenza l’aggressione
all’Egitto, l’attacco al Guatem ala».195
L’eco delle polem iche spinse Lombardi ad intervenire nuovamente per quello
che l’«Avanti!» presentò com e una precisazione, m a che si rivelò piuttosto com e
una riafferm azione delle sue tesi:

La posizione che ho espresso nel m io intervento non tende alla rottura del m ovim ento o-
peraio, m a al contrario a raggiungere una superiore e più larga unità […]. Ritengo che le
condizioni politiche, e non solo quelle storiche, vadano rapidam ente m aturando in Italia
per porre in term ini di realizzabilità sul terreno dem ocratico e socialista il problem a della
unificazione politica dei lavoratori. La sem pre più largam ente riconosciuta m ancanza di
validità teorica e di avvenire politico della prospettiva com unista aiuta questo processo: al
suo term ine si trova l’abbandono da parte dei com unisti dello schem a leninista di conqui-
sta del potere e l’abbandono dell’identificazione della lotta per il socialism o con la lotta
per lo sviluppo e il rafforzam ento dell’Unione Sovietica; si trova anche l’elim inazione di
ciò che appunto divide, in sede di princìpi e in sede di azione politica, i com unisti dai so-
cialisti.196

Sulle pagine di «Mondo Operaio» De Martino cercò quindi di trarre un bilan-


cio degli avvenimenti ungheresi sottolineando alcuni punti: la legittim ità della
rivolta, scatenata dagli errori e dai crimini del gruppo Rakosi, e il suo carattere
operaio e socialista, che aveva corso il rischio di essere snaturato proprio a causa
dell’inam m issibile intervento sovietico. Bisognava quindi puntare, a parere di De
Martino ad un’evoluzione in senso democratico degli stati socialisti, attraverso
l’adeguam ento dei piani econom ici alle possibilità reali di ciascun paese ed una
sistem azione, fondata sul principio di parità e di indipendenza, dei rapporti eco-
194 Un atteggiamento evidentemente molto diverso da quello sostenuto il 31 ottobre da A-

mendola nella sua relazione ai segretari regionali: «Quando l’Esercito rosso combatte bisogna
essere dalla sua parte. Bisogna com battere l’errata posizione secondo cui l’Esercito rosso non
dovrebbe m ai intervenire in nessun paese, basandosi sul principio che la rivoluzione non si e-
sporta; sostenendo questa posizione non si tiene conto del m odo com e si sono form ati nel 1945
i regimi di democrazia popolare» (FG, FM, b. 251)
195 Cfr., per questo dibattito in Com itato centrale, ACS, CN, b. 91, fasc. 2219 e l’«Avanti!»,

15-18 novembre 1956.


196 Cfr. ivi, 18 novem bre 1956.
222 Capitolo II

nom ici e politici con l’Unione Sovietica. In questo senso grande era la responsa-
bilità dell’Occidente, m entre (e qui De Martino riprendeva una tesi espressa da
Nenni alla Cam era il 6 novembre) la politica socialista rim aneva quella «della
distensione e del superamento dei blocchi m ilitari, di tutti i blocchi, dall’una e
dall’altra parte».197

7. SUEZ

Negli stessi giorni della rivolta ungherese giunse al suo epilogo la crisi di
Suez, iniziatasi, nel luglio ’56 con la sospensione da parte americana (a seguito
delle forniture d’armi da parte russa e cecoslovacca all’Egitto e all’annuncio della
partecipazione di Nasser alla conferenza ‘neutralista’ di Brioni, con Tito e Nehru)
degli aiuti prom essi per la costruzione della diga di Assuan e con la conseguente
nazionalizzazione egiziana della Com pagnia del Canale.
Fino a quel mom ento la Direzione del PSI, e lo stesso Nenni, avevano dedica-
to un’attenzione piuttosto discontinua alla questione del Canale, cogliendone so-
prattutto gli aspetti legati al ruolo dell’Alleanza atlantica che, nata in funzione
antisovietica, perdeva la sua efficacia non appena si fosse affievolita la sua ragion
d’essere. Da qui il tentativo di rim ettere in discussione l’ambito della stessa Alle-
anza, secondo quanto deliberato al Congresso di Torino, e l’invito al Governo ita-
liano ad un intervento più attivo per favorire la pace nel Mediterraneo:

Oggi, per esempio, la nostra critica alla politica di Palazzo Chigi nella questione di Suez,
l’invito al governo di uscire dagli schem i della solidarietà atlantica, per m ettersi sul solido
terreno della difesa dei nostri interessi nel Mediterraneo e nel canale, della difesa della
pace contro ogni m inaccia e ogni ricorso alla forza, trova la sua più valida spiegazione nel-
la decisione di Torino, relativa al Patto atlantico e alla sua stretta interpretazione difensi-
va e geografica che non riguarda quindi l’Egitto e Suez, non riguarda i Paesi arabi, non
dovrebbe quindi im pedire al nostro Paese, anche nei lim iti del Patto atlantico, di avere e
di svolgere una propria politica autonom a, favorevole al riscatto dei popoli coloniali e se-
m icoloniali, contraria all’im piego della forza, neutralista se un conflitto dovesse scoppiare
a causa di Suez.198

Le prim e reazioni al sorgere della crisi furono, in ogni caso, di appoggio alla
decisione di Nasser, fermo restando il diritto di navigazione sul Canale, affidato
al controllo dell’ONU, non tanto per sim patia nei confronti del leader egiziano,
197 F. De Martino, Dopo i fatti d’Ungheria. Per il superam ento dei blocchi, «Mondo Ope-

raio», novembre 1956, p. 628.


198 Relazione presentata da Nenni alla Direzione del PSI del 26 settembre 1956 in ACS, CN,

b. 90 , fasc. 2215, dattiloscritto con notazione a m argine di Nenni: «prim o testo sottoposto alla
Direzione». Per la percezione, da parte della diplomazia e del Governo italiano, del significato
della crisi di Suez, cfr. B. Vigezzi, L’Italia e i problem i della ‘politica di potenza’: dalla crisi del-
la CED alla crisi di Suez, «Storia contem poranea», aprile 1991, pp. 242-253; L. Crem onesi, Dal
rispetto del boicottaggio arabo alle am bizioni di m ediazione. Italia e Israele verso la crisi di
Suez, in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in
Europa (1950 -1960 ) cit., pp. 10 3-132.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 223

nella cui politica si avvertono i rischi del nazionalismo e di un regim e dittatoria-


le,199 quanto in chiave anticolonialistica,20 0 sottolineando al tem po stesso i lim iti
politici e geografici del Patto atlantico, testim oniati dalla stessa entente anglo-
francese.20 1
Il tim ore principale restava com unque quello della ripresa del conflitto arabo-
israeliano, anche perché nel PSI, alla simpatia per le rivendicazioni anticoloniali-
stiche arabe, si associava quella per Israele (m eno nei confronti del sionism o 20 2 e
con una sottovalutazione del fenom eno del risorgente antisem itismo in URSS20 3 )
«Paese creato dal lavoro, sotto l’im pulso di un’antica sofferenza [...] che contiene
nella sua struttura elementi di una società comunitaria perfetta, civilissim a e re-
denta dalla servitù del denaro e che costituisce un elem ento di progresso
nell’insieme del Medio Oriente».20 4
Il che, peraltro, non aveva im pedito la perm anenza, m agari in buona fede ed
involontaria, di antichi pregiudizi. La didascalia di due foto pubblicate sotto il
titolo La terra prom essa sull’«Avanti!» del 23 m arzo 1947, ad esem pio, così reci-
tava:

L’anelito a creare un ‘focolare nazionale’ in Palestina ha rivelato al m ondo un tipo inedito


d’ebreo: l’ebreo che lavora la terra, che semina e pianta, che costruisce e fabbrica, un e-
breo che am a la terra: totalmente differente dal tipo tradizionale e retorico del finanziere

199 Cfr. ad esem pio L. Vismara, Chi ha suggerito la parte al colonnello Nasser?, «Avanti!»,

23 novem bre 1954; G. Tum iati, Perché puntano su Nasser?, ivi, 14 luglio 1956; Una vocazione
sbagliata, ivi, 5 agosto 1956; R. Uboldi, Spengono il fuoco con il petrolio, ivi, 1 settembre 1956;
F. Tarsitani, Arabi senza rancore?, ivi, 20 ottobre 1956.
20 0 Cfr. L.V. (Luigi Vismara), Nasser e Mossadeq, ivi, 28 luglio 1956.
20 1 Cfr. il discorso di Nenni del 3 ottobre 1956 alla Cam era, in Cam era dei Deputati, Atti

parlam entari. Discorsi, Rom a 1956, pp. 28542-28546.


20 2 Cfr. G. Bosio, Problem i econom ici e sociali del nuovo Stato d’Israele, «Avanti!», 22 giu-

gno 1948; Id., La politica del predone m ischia sangue e petrolio, ivi, 24 giugno 1948; B. Prave-
doni, Gli am ericani speculano sul nazionalism o ebraico, ivi, 12 febbraio 1953; Id., Il controllo
am ericano sullo Stato d’Israele, ivi, 21 febbraio 1953 (in cui si cerca di instaurare un’analogia
tra Israele e la J ugoslavia di Tito).
20 3 Cfr. E. Bazzarelli, Gli ebrei in URSS, ivi, 8 aprile 1952; B. Pravedoni, Il nazionalism o

borghese persecutore degli ebrei, ivi, 10 febbraio 1953; Id., Mancanza di logica dei propagan-
disti avversari, ivi, 6 febbraio 1953; la risposta del redattore della rubrica «Arrivi e partenze»
del 10 m arzo 1953 ad un lettore che sosteneva il rapporto tra antisemitismo e antisionismo e,
sul tem a, A. Tarquini, Il Partito socialista fra guerra fredda e ‘questione ebraica’: sionism o,
antisem itism o e conflitto arabo-israeliano nella stam pa socialista, dalla nascita della Repub-
blica alla fine degli anni sessanta, in M. Toscano (a cura di), Ebraism o, sionism o e antisem iti-
sm o nella stam pa socialista italiana. Dalla fine dell’Ottocento agli anni sessanta, Venezia,
Marsilio, 20 0 7, pp. 185-190 .
20 4 G. Fenoaltea, La follia di Eden, «Mondo Operaio», agosto-settem bre 1956, p. 474; cfr.

anche, sullo stesso tono, C. Bem porad, Palestina, piccolo paese, «Avanti!», 7 luglio 1946; G.
Sacerdote, Anche gli arabi beneficiati dagli ebrei in Palestina, ivi, 17 m aggio 1947; A. Borgoni,
Terra santa, ivi, 19 dicembre 1947; L.P., Com pagni d’Israele, ivi, 18 ottobre 1951; G. Franchet-
ti, Nelle colonie agricole si canta ‘Bandiera rossa’, ivi, 13 febbraio 1955, F. Tarsitani, La civiltà
del kibbuz, ivi, 7 ottobre 1956.
224 Capitolo II

e rivendugliolo. Un ebreo, anche, che spera e com batte: com e hanno dovuto, a m alincuo-
re, constatare gli inglesi…20 5

L’aggravarsi della crisi e lo scoppio del conflitto indussero la Direzione del


PSI alla condanna dell’«aggressione anglo-francese in Egitto, che vìola l’indi-
pendenza di uno stato sovrano e costituisce una grave m inaccia alla pace».20 6
Nenni scriverà successivam ente che, senza seguire il tentativo comunista di m et-
tere sullo stesso piano l’intervento anglo-francese e l’invasione sovietica,20 7 «la
recisa opposizione all’im presa anglo-francese di Suez dim ostrava in quello stesso
lasso di tem po come la nostra presa di posizione non operasse a senso unico, non
fosse il pretesto per rom pere un’alleanza divenuta pesante, m a il frutto della fe-
deltà ai princìpi che avevano presieduto alla nascita del nostro Partito e lo ave-
vano ispirato nei lunghi decenni della sua storia».20 8
Nella posizione del PSI, i contem poranei avvenim enti di Suez e dell’Ungheria
vennero dunque tenuti distinti,20 9 quasi a ribadire la capacità di esprim ere, sugli
avvenim enti internazionali, una serie di giudizi che furono ritenuti validi, anche
se orm ai slegati dal meccanism o di solidarietà con l’URSS e i suoi alleati. Era una
posizione assai diversa da quella del PCI, in cui il legam e tra Suez e l’Ungheria fu
evidente:

Bisogna ricordare che in quei giorni non era in pericolo soltanto la possibilità di costruire
il socialism o in Ungheria. Era in pericolo la pace del m ondo per l’attacco arm ato attuato
dal governo francese (diretto dal socialista Mollet) e dal governo inglese contro l’Egitto
per il controllo del Canale di Suez. L’attacco anglo-francese ebbe carattere di estrem a bru-
talità. L’URSS richiese agli aggressori di ritirarsi e m obilitò la sua flotta. In quelle condi-
zioni aprire una falla nello schieram ento socialista nel cuore dell’Europa poteva essere
fatale per le sorti della pace e della libertà. Tutti eravam o preoccupati, anzi angosciati, per

20 5 Per l’atteggiamento di Nenni e del PSI verso Israele cfr., oltre al già citato saggio della

Tarquini, M. Achilli, I socialisti tra Israele e Palestina (dal 1892 ai nostri giorni), Milano,
Marzorati, 1989; D. Moro - A. Turati (a cura di), Nenni e Israele, Milano, Il Garofano Rosso, 1984.
20 6 «Avanti!», 2 novembre 1956; cfr. anche R. Uboldi, Aperta aggressione, ivi, 31 ottobre;

Id., Fine dei m iti, ivi, 1 novembre


20 7 La differente im postazione data dal PSI rispetto al PCI nella valutazione sulla questione

di Suez fu sottolineata anche da Pierre Com min nella relazione sulla sua missione in Italia pre-
parata per Guy Mollet: cfr. L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra cit., pp. 78-79. Ciò non
im pedì, peraltro, le critiche alla posizione della SFIO, soprattutto se paragonata a quella del
Labour Party: cfr. R. Uboldi, La posta in gioco, «Avanti!», 2 novembre 1956.
20 8 P. Nenni, Introduzione a Mondo Operaio 1956-1965 cit., p. 17.
20 9 La questione si pose, talvolta, in m odo differente alla base del Partito, dove i rapporti coi

com unisti erano più stretti. Ad esem pio, una circolare delle Federazione socialista di Pisa del 6
novembre 1956, dopo aver considerato che «com e è vero che i fatti ungheresi ci hanno senti-
m entalmente colpiti di più, è anche vero che il m aggior pericolo per la pace nel m ondo è a Suez
dove si va al di là di patti interni di un paese e siam o di fronte ad una vera e propria guerra im -
perialista», sottolineava che, a prescindere dalle divergenze con il PCI, anche nel PSI erano
presenti elementi di «falsa polem ica» da evitare: «1) tendenza a considerare del tutto errata la
politica del passato (‘si era sbagliato, ora solam ente ci avvediamo cosa si deve fare’); 2) tenden-
za all’anticomunism o (spirito di rivalsa nei confronti dei com unisti) 3) tendenza a considerare
il socialism o una ‘terza forza’ (né coi comunisti, né coi capitalisti)» (il docum ento in ACS, Min.
Int., Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 66).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 225

l’andamento della situazione, m a risoluti a non cam biare cam po sotto la pressione del
nem ico, e disgustati dall’ipocrisia dei dem ocratici cristiani, ed anche dei socialisti, che si
preoccupavano delle sorti dell’Ungheria, m a sorvolavano sulle vittim e dei bom bardam enti
aerei francesi ed inglesi contro l’Egitto.210

In realtà, contrariam ente a quanto afferm ato da Amendola, si poteva collega-


re in m odo diverso Suez e l’Ungheria, rim anendo intransigentem ente a sinistra e
condannando con durezza anche l’operato dell’Unione Sovietica: cosa che il PCI
(e Amendola) si guardarono bene dal fare. Firm ando il m anifesto sui fatti unghe-
resi prom osso dal «Mondo» e da «L’Espresso» (cui aveva aderito, insiem e ad in-
tellettuali com e Bobbio, Chabod, Salvatorelli, Salvem ini, anche Riccardo Lom -
bardi211), Franco Fortini dichiarerà: «Se chiedo di non disgiungere da questo ap-
pello la condanna degli eccidi in Algeria, dell’aggressione in Egitto, e dei princìpi
che lo giustificano, è in odio alla buona coscienza che l’Ungheria procura ai ser-
venti dell’ordine proprietario, non per attenuare il disgusto di un socialism o da
carri arm ati che spezza troppe speranze e prepara anni di sm arrim ento al m ovi-
m ento operaio internazionale».212
In ogni m odo, tornando al PSI, anche se in grado di condurre un’analisi più
oggettiva rispetto al passato, Nenni sembrò cogliere solo parzialm ente il signifi-
cato che emergeva dalla conclusione della vicenda, e cioè la sostanziale ‘cristal-
lizzazione’ della coesistenza pacifica: 213 il dato principale era, per lui, il ricosti-
tuirsi dell’unità occidentale contro l’URSS,214 di un’alleanza occidentale che ave-
va ritenuto incrinata dall’intesa franco-britannica, giudicata negativamente nel
contesto medio-orientale, m a che avrebbe potuto porre, sullo scenario europeo,
l’istanza di una politica autonom a nei confronti degli USA.215
Più m editata appare invece, sulle colonne dell’«Avanti!», l’analisi di Luigi Vi-
sm ara. Anche se le conclusioni alle quali giunge sono, a prim a vista, le stesse di
Nenni, esse vengono collocate su un diverso sfondo, quello della fine del colonia-
lism o europeo e del nuovo ruolo assunto dagli USA:

210 G. Am endola, Il rinnovam ento del PCI cit., p. 134.


211 Per la posizione di quest’ultimo cfr. anche il discorso pronunciato alla Cam era nella se-
duta del 26 ottobre 1956, in Discorsi parlam entari, vol. II, cit., pp. 70 6-70 7.
212 «L’Espresso», 18 novem bre 1956.
213 Confermata anche dai docum enti am ericani, com e ad esem pio il verbale della seduta

dell’8 novem bre 1956 del National Security Council (cfr. FRUS 1955-1957, vol. XXV, pp. 354-
359, 418-421).
214 Cfr. P. Nenni, Tem po di guerra fredda cit., p. 760 .
215 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma, 1956, pp. 28545-28546.

Cfr., sul tema, D. Mack Sm ith, I socialisti e la politica internazionale, intervista a cura di M.
Martini, «Mondo Operaio», dicem bre 1992, p. 142; G. Scanni, Il PSI e i problem i del Mediter-
raneo, in A. Benzoni - R. Gritti - A. Landolfi (a cura di), La dim ensione internazionale del so-
cialism o italiano cit., pp. 292-294. A proposito delle posizioni di Nenni e del PSI sulla crisi di
Suez, Antonio Donno scrive quindi di un «contorcimento dialettico» che «pur condannando
l’azione anglo-francese a Suez, valuta positivam ente quello che ritiene uno sganciam ento di
Gran Bretagna e Francia dall’ipoteca am ericana: l’entente anglo-francese è condannabile a
Suez, ma lodevole quando si rivolge contro gli Stati Uniti» (Laici e socialisti italiani di fronte al
ruolo am ericano nella crisi di Suez, «Clio», luglio-settembre 1994, p. 565).
226 Capitolo II

Sulle sponde del Canale di Suez s’è definitivam ente conclusa un’era, un ciclo storico: il
colonialism o stile XIX secolo è tram ontato nel sangue, è stato soffocato dai suoi errori. Gli
anglo-francesi fanno fagotto e al loro posto si preparano a subentrare gli Stati Uniti [...].
Inghilterra e Francia possono trovare la loro salvezza nell’Europa a condizione che il vec-
chio continente rom pa i rigidi schem i dell’atlantism o e apra le proprie prospettive future
verso l’orizzonte che s’è dischiuso in Africa e in Asia.216

Era un’analisi che lo stesso Vism ara riprese agli inizi del 1957 sulle colonne
dell’«Avanti!», criticando quella che si andava delineando come la ‘dottrina Ei-
senhower’ per il Medio Oriente, con cui Washington, sul m odello della ‘dottrina
Trum an’, faceva proprie le tesi anglo-francesi di una m inaccia sovietica nel Me-
diterraneo, un’area geopolitica di naturale interesse per l’Italia che aveva quindi
il diritto e il dovere di far sentire la propria voce:

La crisi dei blocchi contrapposti esige, per tutti i problem i insoluti, una regolam entazione
collettiva che tenga conto degli interessi di ciascuno. Così, l’affrancam ento dei paesi del
Medio Oriente dalla antica soggezione coloniale non riguarda soltanto l’Unione Sovietica
o gli Stati Uniti. È una responsabilità che incom be a tutti i Paesi, perché da tutti dovrebbe
dipendere il controllo che nessun Stato si inserisca negli affari interni dei Paesi arabi, e da
tutti la distribuzione degli aiuti [...]. In questo senso una iniziativa com une per il Medio
Oriente avrebbe potuto realizzarsi con l’applicazione del fam oso ‘pool dei capitali’ propo-
sto a suo tem po da Pineau per aiutare, sotto l’egida dell’ONU, i paesi sottosviluppati. Ma
oggi Pineau e la Francia, dopo la folle avventura di Suez, non sono i più adatti a proporre
soluzioni del genere. Potrebbe farlo l’Italia, la quale è particolarm ente interessata allo svi-
luppo del Medio oriente, se l’onorevole Martino, anziché fare della politica estera, non
fosse occupato a rim anere in equilibrio fra i m olti indirizzi di politica estera che si vorreb-
bero dare al Paese.217

Erano tesi che, superati i tim ori per un ritorno della guerra fredda nei term ini
dell’inizio degli anni Cinquanta,218 spiegavano il successivo interesse socialista
per la politica ‘neo-atlantica’219 (che in effetti prese l’avvio, con la crisi del centri-
sm o, proprio tra l’autunno del 1956 e la prim avera del 1957, anche per le riper-

216 L. Vismara, Medio Oriente ed Europa, «Avanti!», 6 dicem bre 1956; cfr. anche Superare

i blocchi, ivi, 13 dicembre 1956; L. Vism ara, La crisi dei blocchi, ivi, 29 novem bre 1956; Id.,
L’Europa di dom ani, ivi, 1 dicem bre 1956.
217 Id., Una vecchia ‘dottrina’, ivi, 3 gennaio 1957; cfr. anche L. Della Mea, Internazionali-

sm o proletario, ivi, 9 gennaio 1957.


218 Cfr. P. Nenni, Il ritorno della guerra fredda, ivi, 25 novembre 1956.
219 Cfr., già in questa fase, L’Italia e il Medio Oriente, ivi, 23 agosto 1957 e, con un’accen-

tuazione in chiave filo-araba, L. Lizzadri, Colonialism o sottobanco, «Mondo Operaio», aprile


1957, pp. 215-216. Per la posizione del PCI cfr. R. Mieli, L’Italia nel Mediterraneo. Un’assenza
ingiustificata, «Rinascita», giugno 1957, pp. 275-278; S. Se. (Sergio Segre), Italia atlantica o
m editerranea, ivi, dicem bre 1957, e, in generale, S. Galante, Alla ricerca della potenza perdu-
ta: la politica internazionale della DC e del PCI negli anni Cinquanta, Manduria, Lacaita,
1990 ; M. De Leonardis, L’atlantism o dell’Italia, in P. L. Ballini - S. Guerrieri - A. Varsori (a cu-
ra di), Le istituzioni repubblicane dal centrism o al centro-sinistra (1953-1968), Rom a, Carocci,
20 0 6, pp. 159-161.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 227

cussioni, sul piano della politica interna, della crisi di Suez220 ) e che Nenni svi-
lupperà insiem e ad un altro tem a a lui caro in questo periodo, la creazione di
un’am pia area europea, sm ilitarizzata e denuclearizzata, inserita in un sistem a di
sicurezza collettivo, preludio ad una possibile riunficazione della Germ ania:

Ogni tanto una ventata, com e quella ungherese, com e quella egiziana, sem bra dover tutto
travolgere della lenta e difficile costruzione della pace. Poi le ventate passano e le form i-
che um ane si rim ettono al loro paziente lavoro. La distensione riprende i suoi diritti.
Dobbiam o im pedire, secondo il giusto m onito di Mendès-France, che essa divenga passi-
va e conservatrice. Dobbiam o renderla dinam ica e progressiva. In essa sono, oggi più che
m ai, le m igliori speranze del socialism o.221

8. LE SORPRESE DI VENEZIA

Quasi tutti i m otivi em ersi nel corso del ’56 furono ripresi e trattati nel corso
del XXXII congresso nazionale del PSI, tenutosi a Venezia nel febbraio 1957. Nel
corso del dibattito precongressuale Nenni cercò, ancora una volta, con una buo-
na dose di ottim ism o, di legare politica interna e politica internazionale, con lo
scopo di «ricom porre l’unità ideologica e politica di socialism o, dem ocrazia e li-
bertà»:

In una situazione politica interna in cui ogni errore nostro può dare alla dem ocrazia
cristiana il m onopolio del potere per l’avventura di un regim e clericale; in una situazione
internazionale in cui i blocchi m ilitari, dalla crisi in cui versano, possono essere spinti ad
errori irreparabili (vedi l’aggressione anglo-francese all’Egitto, vedi l’intervento sovietico
in Ungheria) le responsabilità dei socialisti risultano m oltiplicate dal fatto che noi siam o
orm ai l’elem ento determ inante della evoluzione interna ed estera verso form e autentiche
di dem ocrazia politica ed econom ica e di pace.222

220 Cfr. G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra cit., pp. 10 0 -10 1; L. Wol-

lemborg, Stelle, strisce e tricolore, Milano, Mondadori, 1983, pp. 583-589; A. Bedeschi Magri-
ni, Spunti revisionistici nella politica estera di Giovanni Gronchi Presidente della Repubblica,
in E. Di Nolfo - R. H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa
(1950 -1960 ) cit., pp. 59-74; A. Giovagnoli, Il partito italiano. La Dem ocrazia cristiana dal
1942 al 1994, Rom a-Bari, Laterza, 1996, pp. 82-87; F. Floccari, Il revisionism o atlantico e la
crisi del centrism o, «Sociologia», 1999, n. 3, pp. 59-78; A. Brogi, Ike and Italy : The Eisenho-
w er Adm inistration and Italy ’s ‘Neo-Atlanticist’ Agenda, «J ournal of Cold War Studies», sum -
m er 20 0 2, pp. 24-32; F. Onelli, L’Italia e la crisi di Suez del luglio 1956: potenzialità e lim iti
del neoatlantism o, in M. Pizzigallo (a cura di), Cooperazione e relazioni internazionali. Studi e
ricerche sulla politica estera italiana del secondo dopoguerra, Milano, Franco Angeli, 20 0 8,
pp. 67-10 4.
221 P. Nenni, L’azione per la pace val m eglio di una dottrina, «Avanti!», 13 gennaio 1957.
222 Id., Il Congresso del rilancio socialista, «Mondo Operaio», gennaio 1957, p. 1. Gaetano

Arfè ha ricordato com e Nenni, nella notte che seguì la proclamazione dei risultati del congresso
di Venezia, dopo avergli parlato a lungo di Carlo Rosselli, ramm entò «una frase del m io inter-
vento nel dibattito congressuale: ‘il processo di destalinizzazione non sarà né lineare né rapido’,
che egli aveva ripreso nel suo discorso. Il punto chiave – mi disse – è qui. I com unisti im pie-
gheranno vent’anni prima di trarre tutte le conseguenze del XX Congresso e il m ovimento ope-
raio italiano non può aspettare» (Per Nenni la politica era com e una m issione cit., p. 380 ; cfr.
228 Capitolo II

Nello stesso num ero di «Mondo Operaio» in cui apparve l’intervento di Nen-
ni, l’articolo im m ediatamente successivo, ad opera di Francesco De Martino,
sem brava avere una funzione, se non di contraltare, di m essa a punto delle que-
stioni sollevate da Nenni, in un’ottica, alm eno apparentem ente, di m aggiore con-
tinuità con la precedente linea del Partito. Dopo aver sottolineato di non poter
accettare «l’opinione di coloro che giudicano storicam ente fallita l’esperienza
delle democrazie popolari ed indispensabile estendere ad esse i princìpi occiden-
tali», per evitare gravi m utam enti nell’equilibrio internazionale e i pericoli di a-
prire la strada alla restaurazione, De Martino, pur riconoscendo che «la nostra
concezione dello sviluppo del socialismo in Italia e nell’Europa occidentale è di-
versa da quella attuata nell’Unione Sovietica, che non è adattabile all’Occidente»,
finiva in ogni caso col riafferm are:

Il fine del partito socialista è l’abbattim ento totale del regim e capitalistico, la sconfitta
della borghesia e l’avvento del proletariato al potere, per istituire un ordinam ento sociali-
sta [...]. Negli anni scorsi il m ovim ento operaio ha ritenuto che il capitalism o in Italia fos-
se prossim o alla fine, per la sua intrinseca decom posizione. Oggi il nem ico non appare più
debole e m orente, m a rinvigorito e più forte. La lotta del PSI in tale situazione non può
avere altri com piti che quelli di una lotta per la dem ocrazia, per ridurre il potere econom i-
co dei com plessi capitalistici, per esigere alcune im portanti riform e, per estendere il cam -
po delle nazionalizzazioni, e per sviluppare nel seno della società form e nuove di parteci-
pazione dei lavoratori alla gestione delle im prese [...]. Il problem a del PSI per i prossim i
anni sarà dunque quello di condurre una politica di tale natura, senza perdere la sua co-
scienza di partito di classe, il quale non lotta per questo o quel lim itato m iglioram ento
delle condizioni di vita dei lavoratori, m a lotta per la vittoria totale del socialism o.223

Nella relazione della Direzione fu comunque ribadito il giudizio sul XX Con-


gresso del PCUS e sugli avvenim enti ungheresi, dai quali si traeva l’insegnam en-
to che «le libertà d’opinione, di stam pa, d’organizzazione, di sciopero, di elezio-
ne, non sono borghesi o proletarie, ma sono conquiste di valore universale da di-
fendere sem pre e in ogni caso».224 Fu quindi riafferm ato «il valore perm anente
della democrazia, fuori della quale tutto si corrom pe in arbitrio e tirannia»,225
per giungere ad «una organizzazione della società nella quale sia realizzata
l’eguaglianza politica e sociale degli uom ini [...] e la trasform azione della pro-
prietà privata dei m ezzi di produzione e di scam bio in proprietà sociale».226 Il
frontism o fu liquidato come «elem ento di isolam ento della intera classe dei lavo-

anche, per il disegno strategico ‘m itterrandiano’ di Nenni dopo il ‘56, L. Cafagna, Una strana
disfatta. La parabola dell’autonom ism o socialista, Venezia, Marsilio, 1996, pp. 84-87).
223 F. De Martino, Di fronte al Congresso i problem i fondam entali del socialism o cit., pp.

4-5. Una posizione che, nonostante tutto (ma senza molta convinzione), per De Martino «con il
suo atteggiamento critico sui problemi della dem ocrazia e della libertà nei confronti del comu-
nism o, la sua aspirazione ad una politica internazionale m ediatrice, la sua volontà di perseguire
una autonomia politica, toglie valore ai motivi seri della scissione del 1947».
224 Partito Socialista Italiano, 32° congresso nazionale, Roma, SETI, 1957, p. 31.
225 Ibidem .
226 Ivi, p. 42.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 229

ratori [...] pretesto per la preclusione dell’apertura a sinistra»;227 la politica uni-


taria, principale m otivo di contrasto all’interno del PSI, fu reinterpretata com e
coscienza delle responsabilità del partito verso i lavoratori nel loro insiem e ed
im pegno a mantenere intatti i legam i di classe nel sindacato e nelle pubbliche
am m inistrazioni.228
La relazione della Direzione e quella di Nenni, che ne riprese i punti principa-
li, non incontrarono nel corso del dibattito congressuale nessuna opposizione
esplicita 229 e furono quindi approvate all’unanimità, sicché Nenni poté a ragione
afferm are, una ventina d’anni dopo, che, con il congresso di Venezia, «abbiam o
ristabilito il carattere um anistico, libertario, egualitario del socialism o tradizio-
nale».230
Il discorso di Nenni a Venezia suscitò com unque, almeno secondo la relazione
del Prefetto, l’irritazione dei rappresentanti del PCI presenti, i quali «preoccupa-
ti dalle dichiarazioni nettam ente antisovietiche del segretario nazionale del PSI
avrebbero provveduto ad avvicinare, tram ite specialm ente elementi locali del
Partito socialista, notoriamente legati ai com unisti, i delegati di più m arcata ten-
denza di sinistra perché nei loro interventi avversino quanto più possibile la tesi
dell’on. Nenni circa l’unificazione e cerchino di rettificare la linea politica di cri-
tica assunta nei confronti dell’Unione Sovietica».231
Sem pre secondo la Prefettura, il duro intervento dell’on. Tonetti, che criticò
Nenni per aver posto il problema dell’unità socialista nel m om ento peggiore,
quando la classe lavoratrice era turbata dagli esiti del XX congresso e dai fatti di
Ungheria, si inserì in questo contesto, suscitando «viva sensazione sia per gli at-
tacchi portati direttamente al segretario del partito sia per le tesi decisamente
com uniste sostenute dall’oratore. Egli è stato spesso interrotto da vivacissim e
227 Ivi, p. 73. Cfr. anche, su questo punto, l’intervento congressuale di Lombardi, ivi, pp.

20 6-20 9.
228 Per la critica com unista di queste posizioni cfr. M. Alicata, Esam e critico delle posizioni

program m atiche del Partito socialista italiano. Convergenze di fondo e punti di differenza,
«Rinascita», dicem bre 1956, pp. 647-651.
229 Cfr. T. Vecchietti, Alla vigilia del Congresso, «Avanti! , 3 febbraio 1957.
230 P. Nenni, Intervista sul socialism o italiano cit., p. 88. Nella sua relazione Nenni aveva

affermato che, nell’economia socialista, la proprietà sociale dei mezzi di produzione e di scam-
bio «è la condizione pregiudiziale, m a nell’etica socialista è pur sem pre un m ezzo e non un fine,
il fine essendo la liberazione dell’uomo» (Partito Socialista Italiano, 32° congresso nazionale
cit., p. 113). Una nota informativa del febbraio 1957 dell’Ufficio Affari Riservati mostra invece
tutta la diffidenza, destinata a protrarsi anche negli anni successivi, degli apparati dello Stato
nei confronti della politica socialista, giudicata generica e, soprattutto, am bigua: «Le afferm a-
zioni di neutralism o m irano soltanto ad ottenere una diversa im postazione della politica estera
italiana e la m odifica di quella europeistica, così come sono insinceri i riferimenti critici agli
avvenimenti di Polonia e d’Ungheria che term inano con il respingimento (sic) di qualsiasi poli-
tica di discrim inazione anticomunista [...]. Il programm a esposto, in conclusione, è uno solo ed
è quello di realizzare, con l’ausilio dei socialdem ocratici e dei gruppi minori della così detta
‘democrazia laica’, un blocco da presentare come alternativa di governo. Ritorna quindi, e negli
stessi termini, ‘l’alternativa socialista’, inseguita sin dal precedente congresso nazionale di To-
rino, e cioè il desiderio di arrivare al Governo» (ACS, Min. Int., AA.RR. 1957-1960 , b. 27).
231 Cfr. anche il ricordo di Giancarlo Pajetta in Fondazione Pietro Nenni, Nenni dieci anni

dopo cit., p. 99.


230 Capitolo II

m anifestazioni di dissenso, da grida com e: ‘Iscriviti al PCI’, da proteste presso-


ché unanim i».232
Un rapporto riservato del Ministero dell’Interno osservava però con acutezza,
anticipando le conclusioni dello stesso congresso, che nella relazione di Nenni
erano confluiti

tutti gli um ori e gli atteggiamenti, spesso opposti e contraddittori, del congresso. E poiché
i capi-corrente sanno benissim o che, allo stato dei fatti, sarebbe per chiunque un suicidio
politico operare una m anovra d’opposizione frontale si tenta, appoggiando con riserva la
m ozione Nenni, di introdurre negli organi direttivi che il congresso sarà chiam ato ad e-
leggere il m aggior num ero di propri elem enti fiduciari. Lo slogan di corridoio è ora il se-
guente: «Il program m a sarà certo quello di Nenni, ma gli uom ini chiam ati a realizzarlo
debbono essere dei nostri».233

Al m omento dell’elezione dei membri del Com itato centrale (effettuata, se-
conda una decisione della Direzione del dicembre 1956, attraverso il sistem a del-
la lista aperta 234 ), Nenni si trovò però in minoranza (e perfino scavalcato
nell’ordine delle preferenze da Vittorio Foa 235) con il 33,4% dei voti congressuali,
m entre la sinistra di Valori e Vecchietti ottenne il 49,3% e la corrente di Basso il
17,3%. Nenni fu com unque rieletto segretario, m a affiancato da una segreteria
form ata da De Martino, Mazzali, Basso, Vecchietti. La Direzione era com posta da
10 autonom isti, 8 esponenti della sinistra e 3 bassiani.236 Rim asero esclusi, per
contrasti interni, uom ini im portanti nella storia del PSI com e Pertini (la cui po-
sizione, anche a Venezia, era stata piuttosto am bigua 237) e Lussu.238

232 Relazione del Prefetto di Venezia del 7 febbraio 1957, in ACS, Min. Int., Gab. Partiti Poli-

tici 1944-1966, b. 69.


233 Il rapporto, senza data m a relativo alla terza giornata dei lavori congressuali, si trova in

ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1957, b. 19.


234 Cfr. P. Mattera, Il Partito inquieto cit., p. 277.
235 Addirittura, a dar fede alla testim onianza di Luciano Paolicchi, «Nenni non era risultato

né il primo né tra i primi. Fecero degli aggiustam enti e infine Nenni risultò secondo» (Una
grande occasione perduta, in Quell’indim enticabile 1956! cit., p. 10 0 ). Per la posizione di Foa a
Venezia cfr. Socialism o e riform ism o, «Avanti!», 26 gennaio 1957, oltre all’appena citato rap-
porto del Ministero dell’Interno, che descrisse il suo intervento congressuale com e «una vera e
propria lezione di politica economica a livello universitario, applauditissima da tutti i presenti».
236 «Fu molto difficile trovare una soluzione a questo strano pasticcio. Si nom inò, per risol-

verlo, un Comitato dei Saggi, di cui facevo parte con Santi e Foa. Questo nostro lavoro di ‘saggi’
durò una notte intera, senza un m omento di sonno, ininterrottam ente. In sostanza ne uscim mo
con l’elezione di una direzione paritetica fra le due posizioni contrapposte» (G. Pieraccini con
F. Vander, Socialism o e riform ism o cit., p. 159).
237 Cfr. la relazione del Prefetto di Savona del 28 gennaio 1957 sul suo intervento al con-

gresso provinciale del PSI (in ACS, Min. Int., Gab. Partiti Politici 1944-1966, b. 63); il testo del
suo discorso al Congresso sull’«Avanti!» del 10 febbraio 1957 e, per la sua posizione, G. Sabba-
tucci, Dalla crisi del frontism o alla vigilia del centro-sinistra, in Storia del socialism o italiano,
vol. VI, L’autonom ia socialista e il centro-sinistra (1956-1968), Roma, Il Poligono, 1980 , p. 25;
G. Scroccu, La passione di un socialista cit., pp. 146-161.
238 In una relazione a Togliatti del 31 gennaio 1959, Tonetti, in procinto di passare al PCI,

attribuì a Vecchietti e Valori la responsabilità dell’esclusione di Pertini e Lussu (FG, APC, Uffi-
cio partiti politici, PSI, 1959, b. 92, fasc. 2224).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 231

La già citata nota dell’Ufficio Affari Riservati così interpretò l’accaduto, senza
preoccuparsi di nascondere una certa contraddizione con quanto afferm ato in
precedenza:

Se la m ozione conclusiva del congresso ha deluso ogni aspettativa di chiarezza, ed è rim a-


sta circoscritta all’equivoco che, da anni, travaglia il partito socialista, i risultati della vo-
tazione per l’elezione del nuovo Com itato centrale hanno destato, addirittura, la più viva
sorpresa. Il colpo di scena è venuto all’ultim o m om ento, quando cioè, in sede di votazioni,
il leader Pietro Nenni è stato m esso in m inoranza. Si è verificato, così, lo strano caso che
m entre il congresso ha approvato, per evidenti ragioni di opportunità, l’indirizzo politico
nenniano, votando quella m ozione conclusiva che ne riporta i princìpi fondam entali, ha
voluto, nel contem po, im porre un controllo all’attuazione di questo indirizzo, per evitare
accom odam enti, deform azioni o false interpretazioni di esso. I delegati, in sostanza, han-
no accettato il program m a politico di Nenni, e, quantunque nella m ozione vi fossero due
punti fondam entali, quello dell’unità sindacale e quello della politica estera, che costitui-
scono ostacolo per una im m ediata riunificazione, tuttavia, preoccupati di eventuali ulte-
riori slittam enti […] hanno finito col m ettere Nenni sotto controllo, in m odo da togliergli
ogni libertà di iniziativa. Questo è il vero com pito della nuova direzione collegiale del par-
tito, anche se un com prom esso dell’ultim o m om ento, per evidenti m otivi contingenti, ha
conferm ato Nenni com e segretario.239

È com unque opinione com une 240 che nei risultati del congresso giocò un
grande ruolo l’apparato, com posto in prevalenza da funzionari ex m orandiani,
ora schierati con la sinistra, il cui peso, nel gioco congressuale, fu attribuito da
Um berto Segre, in un com m ento sul «Ponte», all’utilizzazione eccessiva, nella
giustificazione della svolta di Venezia, di quello che definì «l’argomento storicisti-
co» (così caratteristico nelle varie ‘svolte’ della storia della sinistra italiana):

Ieri era ieri, oggi è oggi; avemm o ragione di essere frontisti nell’occasione politica di ieri;
abbiam o ragione di essere autonom isti nell’occasione politica di oggi [...]. Crediam o che,
per quel che la riguarda, la m ancata analisi del passato, l’indistinzione in esso tra riuscita
obiettiva e complessità contraddittoria del consenso e dell’iniziativa soggettiva, abbia por-
tato alla trascuranza dell’inserim ento, in questi anni trascorsi, di un elem ento nuovo nel
partito: il m orandism o. Quando i nenniani se lo sono trovato dinanzi, sotto la form a della
riottosità elettorale dell’apparato, è corsa nei loro gruppi la parola della sorpresa, della
delusione, del rancore. Poco im porta, perché queste passioni si superano, e sono state del
resto assai presto sorpassate; m a im porta che se l’ieri fosse stato portato coraggiosam ente
alla luce della coscienza, il m orandism o sarebbe stato affrontato, assim ilato, chiarito nella

239 Cfr. anche la relazione del Ministero dell’Interno del 12 febbraio 1957 in ACS, Min. Int.,

PS, AA.GG. 1957, b. 19.


240 Cfr., oltre alla lettera di Leo Valiani a Franco Venturi del 20 febbraio 1957 (in L. Valiani -

F. Venturi, Lettere 1943-1979 cit., p. 222), G. Galli, Storia del socialism o italiano, Bari, Later-
za, 1980 , pp. 221-222; G. Tam burrano, Pietro N enni cit., p. 291; A. Landolfi, Dalla sezione Cen-
tro di Rom a al S. Marco di Venezia, in Quell’indim enticabile 1956! cit., pp. 64-65; G. Pieraccini
con F. Vander, Socialism o e riform ism o cit., p. 158; G. Arfè - A. Ricciardi, Dialogo sul sociali-
sm o tra m ilitanza politica e ricerca storica, «Il Ponte», novembre 20 0 4, p. 97.
232 Capitolo II

sua distinzione da quanto perm ane di radicale, in senso politico proprio, nel socialism o
nenniano.241

In sede storiografica, uno dei pochi a contestare questa tesi è stato Alberto
Benzoni che (riprendendo i dati forniti da Valori sull’«Avanti!» del 23 febbraio
1957242 ) ha notato com e, su 550 delegati al congresso, i funzionari di partito fos-
sero 127, per di più divisi tra ‘autonom isti’ e ‘sinistra’. La sconfitta, numerica e
non politica, di Nenni andava quindi attribuita, secondo Benzoni, «alla com posi-
zione della sua lista [...] e al suo desiderio di stravincere, che lo portò a rom pere
con Basso».243
Parzialm ente diversa invece la versione del rapporto del questore di Venezia,
che si riferisce alla giornata precedente le votazioni per l’elezione del Com itato
centrale:

L’ultim a giornata del congresso è stata caratterizzata dall’intenso lavoro delle com m issio-
ni politiche ed elettorali per concordare la dichiarazione conclusiva e per fissare i m odi di
votazione. È dato sapere che le discussioni sono state in proposito m olto anim ate e in cer-
ti m om enti hanno raggiunto una notevole vivacità. L’on. Nenni e la corrente che a lui fa
capo propendevano per la presentazione di m ozioni e di liste plurim e in quanto contavano
di calam itare, sulla loro, col m iraggio e il prestigio dell’on. Nenni, un num ero m aggiore di
voti di quelli che non otterranno con la lista unica. A tal proposito, l’on. Nenni sem bra a-
vesse indotto l’on. Lom bardi a presentare una propria lista e una propria m ozione al fine
di poter poi costringere anche la corrente di Basso e Pertini a presentare liste e m ozioni
separate. Tali tentativi però sono falliti di fronte all’energica opposizione delle correnti
dell’on. Pertini e dell’on. Basso che sono anche riusciti a non far escludere nessuno dei
loro m aggiori seguaci, com e Lussu, Malagugini, Luzzatto ecc.244

La conclusione di Benzoni trova com unque una conferm a indiretta nella rela-
zione di Pajetta alla Direzione del PCI: «Basso fino all’ultim o ha intrigato con
Nenni per arrivare ad una Direzione Nenni-Basso, però Nenni non ha voluto, vo-
lendo avere una m aggioranza assoluta (diceva: ‘45 a m e, i 36 restanti ve li divide-
te voi’). Basso non ha accettato [...]. I risultati che si sono avuti sono stati m iglio-
ri di quanto la sinistra si aspettava».245

241 U. Segre, Luci e om bre di un congresso, «Il Ponte», 28 febbraio 1957. Anche Saragat

com m enterà in m odo simile gli esiti del congresso su «La Giustizia», 13 febbraio 1957.
242 D. Valori, Il terribile apparato, «Avanti!», 23 febbraio 1957.
243 A. Benzoni, Il Partito Socialista dalla Resistenza ad oggi cit., p. 116, n. 66. Dello stesso

parere anche Maurizio Degl’Innocenti (Storia del Psi cit., p. 230 ) secondo cui, peraltro, «il
Nenni segretario sub condicione era nient’altro che il risultato di quanto em erso al congresso».
Interessante anche, su questa vicenda, il com mento a caldo di Giorgio Agosti: «Am arezza per i
risultati del congresso del PSI, che hanno dato un duro colpo a m olte speranze [...]. Nonostante
tutto non si tornerà indietro: l’autonomia del PSI è orm ai un dato acquisito e, se Nenni saprà
rim ediare alle sue m aladresses tattiche, riprenderà bene il timone in mano. E non m i sento di
dare tutti i torti ai ‘funzionari’ che difendono stipendi di fame in un mondo dove le tentazioni
del denaro sono più forti che ai tempi eroici del socialismo» (Dopo il tem po del furore cit., nota
del 13 febbraio 1957, p. 93).
244 ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1957, b. 19.
245 FG, APC, riunione della Direzione del 14 febbraio 1957, pp. 3-4.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 233

Qualcosa di vero doveva però esserci se, poche settim ane prim a dell’inizio del
congresso, Panzieri descriveva così la situazione ad Arfè:

Non ho nessuna intenzione di partecipare anch’io al m iserabile giuoco che si sta facendo
da tutte le parti, intorno a Nenni, con Nenni, per fregare Nenni – da Basso, con Basso,
contro Basso – per essere più furbi dei furbi, più trasform isti dei trasform isti, ecc.. È una
situazione vera di crisi del Partito, dovuta a cause interne ed esterne [...]. Tutto ciò nasce
– è evidente – da una situazione obbiettiva, dal prevalere dopo la m orte di Morandi,
all’interno stesso di ciò che Morandi aveva fatto organizzativam ente (l’apparato) e contro
la sua azione, di tutti i vecchi residui, trasform ism i, burocrazia, rifiuto della lotta ecc.
ecc.246

Apprese le «prim e approssim ative notizie» sull’esito delle votazioni per l’ele-
zione del Com itato centrale, Basso scriveva in ogni caso a Nenni:

Desidero chiarirti subito, per le valutazioni che crederai di fare, il m io punto di vista:
a) non esiste nessun accordo politico fra il gruppo dei m iei am ici e gli altri gruppi che
vengono com unem ente accom unati al m io in un inesistente ‘blocco delle sinistre’; b) noi
ci siam o proposti fin dal prim o m om ento due scopi, e cioè im pedire una unificazione in-
condizionata e im provvisata, che era nell’anim o di alcuni, e difendere l’unità del partito
opponendosi a m aggioranze assolute di gruppi chiusi; c) a nostro avviso il congresso ha
conferm ato che la grande m aggioranza del partito è su una posizione di questo genere, e
che non avrebbe corrisposto alla realtà del partito una m aggioranza dom inata da fanatici
faziosi che si sono rivelati purtroppo in questa occasione m olti di coloro che si sono serviti
del tuo nom e; d) in queste condizioni, svanita ogni possibilità di un tem pestivo accordo
politico, per la persuasione di questi fanatici di poter disporre a proprio piacim ento della
m aggioranza, non è rim asta ai m iei am ici altra alternativa che quella di tentare di impedi-
re che questa m aggioranza si form asse in seno al CC per obbligare anche i più faziosi a
tener conto del nostro punto di vista; e) ciò prem esso, ti conferm o quel che ti dissi ieri, e
cioè che sia io che i m iei am ici rim aniam o a tua com pleta disposizione per fare insieme la
politica espressa dalla risoluzione finale.247

Ulteriori, interessanti precisazioni sono contenute in una lunga lettera scritta


il 16 febbraio 1957 da Basso ad Enzo Forcella, replicando ad alcuni articoli scritti
da quest’ultim o su «La Stam pa»:

Io tentai di evitare quel che è accaduto, sia dichiarandom i disposto a trattare per una lista
unitaria com une che riflettesse le reali forze delle varie posizioni (m a Mazzali rifiutò,
chiedendo 45 seggi su 81, bluffando su una m aggioranza che orm ai sapeva di non avere
m a giocando sulla divisione degli altri gruppi), sia offrendo di cam biare il m etodo già de-
ciso di votazione con quello di liste concorrenti sulla base della proporzionale (m a Nenni
rifiutò perché non ebbe chiare le conseguenze cui andava incontro e perché c’era chi, co-
m e De Martino, non era disposto a pronunciarsi per una sola lista). La sola soluzione che
m i rim aneva per im pedire che il partito cadesse nelle m ani dei liquidatori, com e chiara-
m ente m i apparvero quelli che andavano sotto il nom e di ‘nenniani’, fu il blocco delle pre-
ferenze con i com pagni del gruppo m orandiano che avevano, alm eno la m aggior parte,

246 Lettera del 27 dicembre 1956, in FT, CA, corrispondenza, b. 1.


247 FB, Serie corrispondenza, lettera dell’11 febbraio 1957. Cfr. anche, per la posizione di
Basso, il suo articolo L’im pegno di Venezia, «Avanti!», 22 febbraio 1957.
234 Capitolo II

assunto le m ie stesse posizioni. All’ultim o m om ento si aggiunsero anche i pertiniani e il


loro apporto fu accettato perché, m entre da un lato ci davano la sicurezza della vittoria,
d’altro lato non avevano che pochi nom i da portare e non com prom ettevano la possibilità
di un CC e di una Direzione fedeli alla linea tracciata dal congresso, com ’è infatti accadu-
to. Dissi però chiaram ente a Valori che quest’accordo sulle preferenze doveva intendersi
com e un’intesa puram ente tecnica, resa necessaria dalla natura del sistem a di voto, senza
che essa significasse alcuna convergenza politica. E Valori fu assolutamente d’accordo con
m e su questo punto.248

La voce del ruolo giocato dall’apparato era però piuttosto insistente anche
all’esterno del Partito, come dim ostra l’accenno fatto, in un colloquio con Nenni
del 19 febbraio 1957, dal Presidente della Repubblica, Gronchi. Nenni dovette
quindi rassicurarlo: «Sono segretario del Partito, ne ho tutte le leve in m ano e lo
stesso apparato. Vede nell’apparato la lunga m ano com unista e gli dico che que-
sto è del tutto da scartare. Tiepido verso l’unificazione l’apparato è del tutto riso-
luto verso i com unisti».249 Le perplessità di Gronchi non sfuggirono quindi alla
direzione del PCI, alm eno a far fede dell’intervento di Scoccim arro durante la
riunione del 14 febbraio 1957: «Tener presente l’intervento di Gronchi con il qua-
le Nenni ha avuto diversi colloqui prim a del congresso. Gronchi avrebbe detto a
Nenni: se non fate presto io non potrò resistere alla pressione di un governo di
destra; ha influenzato Nenni il quale m anovra con la nuova direzione per trasci-
narsela dietro verso l’unificazione».250
All’interno del PSI, uno dei m embri della nuova Direzione, il veneto Bertoldi,
arrivò ad afferm are la necessità di «chiarire la situazione perché m algrado
l’articolo di Valori nelle federazioni si continua a sbraitare contro l’apparato e a
dire che Valori ha pugnalato Nenni nella schiena».251
Nenni dovette quindi farne uno degli argom enti centrali di uno dei suoi prim i
interventi post-congressuali, il com izio svolto all’Adriano di Rom a il 3 m arzo
1957, proprio sul tem a Il PSI dopo il Congresso di Venezia. In quella occasione,
secondo la relazione della Questura di Rom a, dopo aver prem esso che i critici del
‘fuscello’ dell’apparato non vedevano la ‘trave’ del sottogoverno dei partiti di go-
verno, Nenni sostenne che il problem a dell’apparato non era nuovo nei partiti
popolari e di m assa e si doveva quindi risolvere sviluppando il senso critico dei
m ilitanti. Tre erano stati, nella ricostruzione di Nenni, gli esiti fondam entali del
congresso:

Per prim a l’assunzione piena e senza alcuna riserva del m etodo dem ocratico com e l’unica
via per edificare il socialism o in Italia, (liberandosi) dei resti del fondo sovversivo ed a-
narchico di cui era im pregnato il partito; 2) l’im postazione delle lotte che il PSI si propone
di condurre non già e non più in term ini di condizionam ento a sinistra, m a in term ini di
alternativa politica e di governo, nei confronti della DC e del blocco borghese […]; 3)

248 FB, Serie 15, fasc. 11A.


249 Cfr. gli appunti di Nenni sul colloquio in ACS, CN, b. 125, fasc. 2541.
250 FG, APC, riunione della Direzione del 14 febbraio 1957, pp. 11-12.
251 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 27 febbraio 1957, p. 4 . Su Bertol-

di cfr. Monica Fioravanzo, Élites e generazioni politiche cit., pp. 421-423.


«La lezione dei fatti» (1956-1957) 235

l’integrale autonom ia del PSI, autonom ia non solo funzionale, m a politica ed ideologica
nei confronti delle esperienze com uniste.252

Il congresso di Venezia, secondo Nenni, aveva quindi liquidato ogni possibile


critica su un’eventuale doppiezza del PSI in m erito alla libertà ed al m etodo de-
m ocratico, togliendo ogni ostacolo all’unificazione socialista. In realtà le cose
non erano così sem plici, non solo per le resistenze all’interno del PSI, m a per i
dubbi e le perplessità dello stesso Saragat. È pur vero che, se la concezione della
dem ocrazia parlam entare di Nenni restava, alm eno secondo la relazione della
Questura, confusa («non sem plice ossequio al sistem a parlam entare ed al volere
della m aggioranza, m a libertà di organizzazione e pluralità di organism i e di par-
titi e, principalm ente, valore ‘universale’, cioè nei confronti di tutti» 253 ), più netta
era la posizione verso il PCI: il frontismo e il patto d’unità d’azione avevano fatto
il loro tem po: l’ultim a grande battaglia condotta con successo era stata quella
contro la legge truffa, m entre il frontism o era diventato, con sempre m aggiore
evidenza, fattore di freno e di congelamento dell’azione della classe operaia. 254
In ogni caso, com e notò con m alcelata soddisfazione Fanfani nei suoi Diari,
«certo è che i risultati elettorali del congresso PSI segnano il crollo del m ito di
Nenni, con grande delusione per la stampa indipendente che il sette mattina intona-
va peana e profezie benevole per Nenni. Ne guadagnano respiro i comunisti». 255
Nenni aveva com unque problem i più urgenti da risolvere, in prima luogo
quello di porre le basi perché l’‘integrale autonom ia’ del PSI potesse diventare
rapidam ente realtà. Poche settim ane dopo il com izio dell’Adriano, secondo un
rapporto del Ministero degli Interni del 26 m arzo 1957256 si recò infatti a Milano
per contattare, grazie a Lelio Basso e Dino Gentili, alcuni industriali e finanzieri
(l’agente di cam bio Ravelli, l’editore Rizzoli, l’amm inistratore delegato della
Banca Com merciale Mattioli, l’industriale Marinotti257 e il com merciante Com i-
noli) allo scopo di reperire nuovi fondi per il PSI e per l’«Avanti!» 258 e di garanti-
re l’autonom ia del PSI.259

252 ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1957, b. 20 .


253 Ibidem .
254 Ibidem .
255 ASS, CF, Diari, 11 febbraio 1957.
256 Citato solo parzialm ente in S. Di Scala in Il socialism o italiano visto dagli USA cit., pp.

20 0 -20 1.
257 Marinotti era il proprietario della Snia, in affari con l’URSS fin dall’epoca fascista (cfr. V.

Riva, Oro da Mosca, Milano, Mondadori, 1999, p. 475). Nenni lo aveva già incontrato nel 1952,
lasciandone un vivace ritratto nei suoi Diari: cfr. Tem po di guerra fredda cit., pp. 518-519.
258 L’«Avanti!» continuava ad essere la maggior fonte di deficit del bilancio del Partito, un

vero buco nero, al punto che Nenni nel marzo 1957 chiese, inutilmente, all’amico editore Cino
del Duca di accollarsene la gestione: «Mi ha lasciato dieci m ilioni per il giornale ‘solo per am i-
cizia e solidarietà con me’ – ha detto – e contro quello che chiama ‘il colpo basso’ di Venezia»
(ACS, CN, b. 125, fasc. 2451). La situazione delle federazioni non era comunque m igliore se, ad
esem pio, secondo un rapporto del Prefetto di Napoli del 10 agosto 1957, i funzionari del partito
non ricevevano lo stipendio da due mesi. Così pure a Bologna, secondo la già citata riservata
del 4 m arzo 1957, la federazione socialista versava in condizioni economiche m olto critiche,
anche perché, «per disposizioni direttamente recate da Roma dall’attivista comunista Roncagli
236 Capitolo II

Ancora più interessante, per certi versi, il punto di vista sulla situazione poli-
tica interna e internazionale che, sem pre secondo il rapporto, Nenni avrebbe e-
sposto ai suoi interlocutori:

Sul piano internazionale ritiene la guerra im possibile e quindi non giustifica affatto la po-
litica del riarmo, che considera insensata. Ritiene che la Russia abbia volontà, m a soprat-
tutto interesse di giungere ad una reale disten sione con gli occidentali e in particolar m o-
do con gli USA e che abbia assoluto bisogno di capitali, per aum entare i beni di consum o;
per avere tali capitali l’URSS stessa sarebbe disposta a pagare un discreto prezzo sul piano
politico. Sul piano interno tende ad ogni costo all’unificazione socialista, m a am m ette che
tale processo abbia subìto un grave arresto, soprattutto per colpa dell’on. Saragat, il quale,
dietro pressione dell’am basciata am ericana opererebbe per ritardarne la conclusione. Gli
USA, secondo l’on. Nenni, avrebbero interesse che in Italia perm anesse uno stato di ten-
sione politica, alm eno fino a quando gli stessi am ericani non avessero risolto favorevol-
m ente la spinosa questione del Medio Oriente [...]. Punta decisam ente tutte le sue carte
sulla com petizione politica del 1963. In tale circostanza ritiene di im porsi a Rom a, deci-
sam ente, potendo usufruire di un lungo periodo di reale distensione e di m aggior logorio
da parte della DC.260

In buona sostanza, come scrisse lo stesso Gentili a Nenni l’8 luglio 1957

non dobbiam o nasconderci che i m ezzi che si possono trovare per il partito sono anche in
rapporto alla politica che il partito fa. In altre parole, io sono sem pre convinto che si pos-
sano trovare mezzi per fare la politica di Nenni (sottolineato nel testo, N.d.R.), il che tut-
tavia – non c’è bisogno di dirlo – non deve com portare per noi nessuna lim itazione, vin-
colo o rinuncia che non siano appunto quelli di portare avanti la politica decisa a Venezia
e che è stata ritardata, ed è tuttora chiaram ente osteggiata, dall’interno del partito.261

Per quanto riguarda le reazioni degli organism i dirigenti del PCI di fronte agli
esiti del congresso di Venezia, nella già citata relazione Pajetta dim ostrò di aver-

Leonida, la federazione locale del PCI avrebbe dato ordine alle cooperative socialcomuniste di
sospendere gli aiuti al PSI e, dal suo conto, avrebbe già sospeso la diretta corresponsione di lire
10 0 .0 0 0 m ensili, che prima periodicam ente forniva alla locale federazione del PSI» (cfr. ACS,
Min. Int., Gab. Partiti Politici 1944-1966, b. 63).
259 Il 18 febbraio 1957 una «fonte confidenziale attendibile» del Ministero dell’Interno rife-

riva che la Direzione del PCI aveva im partito «l’ordine alle federazioni provinciali di sospende-
re i sussidi finora corrisposti al PSI sotto form a di percentuale sugli utili delle cooperative e de-
gli enti locali amministrativi dei comuni» (ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1957, b. 19). Una relazio-
ne del Questore di Rom a Musco, in data 16 aprile 1957, inform ava poi che «da fonte fiduciaria
degna della massim a considerazione, quest’Ufficio ha appreso che, appena delineatosi, in se-
guito ai fatti di Ungheria, il nuovo atteggiamento del PSI, i dirigenti del PCI decisero di so-
spendere i finanziamenti agli organi direttivi ufficiali del partito (Nenni), senza tuttavia tronca-
re le sovvenzioni che, da quell’epoca, verrebbero fatte all’on. Pertini ed al suo gruppo e servi-
rebbero a sostenere le spese dell’apparato, uscito praticamente vincitore dall’ultimo congresso
del PSI» (ACS, Min. Int., Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 26. Cfr. anche, sul tema, V. Riva,
Oro da Mosca cit., pp. 296-300 e V. Zaslavsky, Lo stalinism o e la sinistra italiana cit., pp. 130-133,
secondo cui i finanziamenti sovietici continuarono, sia pure in m isura calante, fino al 1965).
260 ACS, Min. Int. Gab., Partiti politici 1944-1966, b. 69. cfr. anche, sul tem a, P. Di Loreto,

La difficile transizione. cit., pp. 20 5-20 8.


261 ACS, CN, b. 26, fasc. 1395.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 237

ne colto il significato più profondo: «Il congresso ha rivelato, per il suo tono, per
gli um ori etc., in m odo più evidente gli elem enti deteriori e più pericolosi apparsi
nella preparazione [...]. I risultati dim ostrano che si è di fronte ad un partito au-
tonom o e organizzato; un partito che dim ostra che è passato il tem po in cui
chiedevano consigli a noi. Un partito che vuole essere autonomo, e che circa
l’autonom ia è particolarm ente suscettibile».262
Era un’analisi su cui concordarono anche Longo («Dobbiam o orm ai aperta-
m ente riconoscere l’autonom ia del PSI. Riconoscere che in passato i socialisti
avevano una posizione di subordinazione nei nostri confronti. Riconoscere che il
PSI è un partito che va avanti autonom am ente»), Sereni («Il Congresso ha dim o-
strato che con il PSI non si può fare ciò che si vuole; la sua capacità di resistenza
è abbastanza forte; la m aggioranza è sensibile alla prospettiva di andare al go-
verno, però non è disposta a tradire [...]. Non ritenere per scontata l’evoluzione a
destra del PSI») e soprattutto Di Vittorio, che riportò la questione al problem a
delle scelte del PCI:

Chiarire che la posizione del PCI non è obiettivam ente un ostacolo a che si realizzi
l’operazione indicata da Nenni, l’esigenza di un fatto politico che elim ini il potere dei pa-
droni [...]. Il problem a è di render chiaro che questa esigenza che Nenni ha preteso di e-
sprim ere, è un’esigenza che abbiam o espresso noi, nei risultati del nostro VIII Congresso.
Non rim anere sulla difensiva specie per quanto riguarda i fatti internazionali. Sarebbe er-
rore considerare ora il PSI com e un partito con il quale non abbiam o più nulla da fare:
cercare di non fare il gioco di Nenni che vuol creare un abisso fra noi e il PSI.

Più scettico, sul carattere di svolta del congresso, il giudizio di Togliatti: «Ho
qualche dubbio sulla parola svolta che, di per sé, indica qualche cosa di definiti-
vo. Considerare il congresso come un mom ento di lotta in cui non sono prevalse
le cose negative. Sottolineare quel che deve rim anere, quel che è indispensabile.
Senza l’accordo con i grandi partiti la via rivoluzionaria verso il socialism o si
rende più difficile e più faticosa. Le cose sono ancora aperte».263
L’atteggiam ento di Togliatti non persuase peraltro i vertici del PCUS, come
em erse il 27 luglio 1957 nell’intervento di Krusciov durante l’incontro al Crem li-
no con una delegazione del PCI guidata da Longo:

Vi dirò quel che pensano i m em bri del nostro partito. Riteniam o che il vostro partito ab-
bia fatto una buona politica nei confronti dei socialisti, per l’unità delle forze rivoluziona-
rie dirette al raggiungim ento d’un unico scopo. Ma anche in questo c’è un lato positivo e
uno debole. Quando si cerca l’accordo con un partito socialista che ha un’ideologia diversa
dalla nostra, è chiaro che bisogna fare delle concessioni. È un fatto inevitabile, di cui si
servono sia i socialisti sia i piccolo borghesi per recare confusione tra le file del partito e
tra le m asse dei lavoratori. Se cerco una spiegazione alla mancanza di precisione dei com -
pagni italiani, la vedo nel desiderio di non perdere i contatti col PSI. Ma questo è un peri-
colo per un PC. Non essere precisi – com e i com pagni italiani – in questioni com e quella

262 Cfr. anche, dello stesso Pajetta, Il Congresso del Partito socialista, «Rinascita», gen-

naio-febbraio 1957, pp. 1-5.


263 FG, APC, riunione della Direzione del 14 febbraio 1957, pp. 1-4.
238 Capitolo II

dell’Ungheria o quella del culto della personalità, credo dipenda appunto da questo. Ri-
tengo che Nenni sia stato una palla al piede dei com unisti italiani. Nenni dorm e e sogna
quando lo faranno prim o m inistro (e sarebbe già riconoscente se lo facessero alm eno vi-
ce). È lui che deve essere nostro alleato, non viceversa. Noi non dobbiam o abbandonare le
nostre parole d’ordine rivoluzionarie. Voi siete dei vecchi rivoluzionari e lo sapete: quan-
do un partito stabilisce un contatto con un altro, lo vuole utilizzare, m a esiste il pericolo
che accada il contrario. Certe reciproche concessioni sono inevitabili, m a bisogna che la
bilancia penda dalla nostra parte.

La difesa di Alicata e, soprattutto, di Longo di fronte alle accuse del segretario


del PCUS fu com unque dignitosa, ribadendo, alm eno tatticam ente, la posizione
specifica del PCI:

Nei dirigenti e nella m assa del nostro partito il PCUS e i suoi dirigenti godono di un indi-
scutibile prestigio. Sulla funzione dell’URSS non ci si deve lim itare a sem plici m anifesta-
zioni propagandistiche, m a è partendo da posizioni italiane che noi vogliam o allargare il
fronte su posizioni sovietiche, com e ad esempio quello della pace [...]. I nostri nem ici e in
prim o luogo il Vaticano conducono una lotta aperta ed aspra contro di noi per smasche-
rarci, com e loro dicono, com e agenti dell’URSS. Questa propaganda ha influenza su larghi
strati del m ovim ento dem ocratico e su larga parte del m ovim ento operaio, perché presen-
ta i com unisti com e estranei agli interessi nazionali. Dobbiam o tener conto di questa pro-
paganda per non perder contatto con le masse e per spostarle sul nostro terreno. Ed in ciò
abbiam o ottenuto incontestabilm ente risultati positivi: partigiani della pace, base del m o-
vim ento cattolico, solidarietà fino all’anno scorso con il PSI, risultati elettorali. La sottoli-
neatura delle particolarità nazionali è stata tenuta, sul terreno ideologico, sul giusto pia-
no; nell’attività pratica gli aspetti interni hanno im portanza prevalente. Riteniam o giusta
la nostra im postazione ideologica e politica generale.264

Il dibattito all’interno della Direzione del PCI testim oniò però, oltre all’analisi
degli avvenim enti, anche l’intenzione di soffiare sul fuoco delle divisioni sociali-
ste. Se Ingrao pose la questione in term ini più squisitam ente politici («Dobbia-
m o apertamente criticarli: hanno abbandonato la politica unitaria [...]. La critica
di fondo è l’abbandono della via rivoluzionaria e l’avvio rapido verso il riform i-
sm o» 265), Scoccim arro entrò nel m erito delle azioni da intraprendere: «Nel suo
discorso Nenni parla di solidarietà coi lavoratori, però il problem a fondamentale
è l’unità col PCI. Nenni si è squalificato anche moralm ente: quelli della sinistra
dicono che per salvare il partito bisogna cacciar via Nenni. Dicono che Nenni si è

264 Cfr. i verbali del viaggio della delegazione del PCI in URSS in FG, APC. Longo relazionò

sul viaggio in URSS al CC del 26 settembre 1957, suscitando le relazioni negative del solo Aldo
Natoli: «Dichiara di voler esprim ere con franchezza alcuni motivi di insoddisfazione verso il
rapporto di Longo, m otivi i quali naturalm ente devono essere ben circoscritti [...]. Non possia-
m o più dare dell’URSS un quadro privo di conflitti. Gli elettori non dim enticano che il rapporto
Krusciov c’è stato, non possiamo riprendere il discorso di prim a com e se non ci fosse stato. Bi-
sogna ogni volta, caso per caso, chiarire virilm ente quali sono i term ini della lotta. Occorre una
fiducia robusta nell’URSS e nel socialismo, m a non una fiducia cieca. La posizione nostra che il
ruolo di stato guida dell’URSS è storicam ente superato è stata discussa con i com pagni sovieti-
ci? » (ivi, riunione del Comitato centrale del 26 settembre 1957, pp. 10 -12).
265 Per la posizione di Ingrao cfr. anche Involuzione e crisi del governo, «Rinascita», m arzo

1957, pp. 73-75.


«La lezione dei fatti» (1956-1957) 239

venduto come Guy Mollet. Condurre l’azione non con Nenni m a contro Nenni.
Non rifiutare più le iscrizioni. Non sarà m ale se passeranno a noi anche elem enti
di rilievo».266
Sulla stessa linea Colom bi:

Nell’atteggiamento del PSI sono cam biate molte cose. D’accordo che il PSI ora è autono-
m o però ora com incia la lotta per sottrarre le m asse alla nostra influenza, per ridurci in
posizioni secondarie. Tener presente questa lotta politico-ideologica circa chi dirigerà le
m asse. Ora la direzione è cam biata. Far venir fuori chiaram ente che il partito che dà la
prospettiva del socialism o è il nostro [...]. Non dobbiam o tem ere che ci si accusi di inter-
venire nelle loro faccende: il problem a dell’unità è cosa preziosa che riguarda anche
noi.267

Anche su questi aspetti dei rapporti con il PSI Togliatti tenne una posizione
che potremmo definire «mediana»:

Non possiam o certam ente lasciare senza risposta il fatto che il PSI rom pa i rapporti con
noi. Dobbiam o fare una critica ragionata ed obiettiva per quanto è avvenuto al congresso.
Non possiam o però prendere una posizione tale che faccia pensare che lì non c’è più nien-
te da fare, che c’è solo tradim ento. Dobbiamo tener conto che la risoluzione non è un do-
cum ento congressuale, è un tipico docum ento di Nenni, di un socialdem ocratico di sini-
stra, ci si può trovar tutto. La critica ci vuole, m a che non ci sbarri la strada [...]. Conside-
rare il congresso com e un m om ento di lotta in cui non sono prevalse le cose negative. Sot-
tolineare quel che deve rim anere, quel che è indispensabile. Senza l’accordo con i grandi
partiti la via rivoluzionaria verso il socialismo si rende più difficile e più faticosa: Le cose
sono ancora aperte [...]. Ritenere positivo un avvicinam ento tra socialisti e socialdem ocra-
tici, però senza spezzare dall’altra parte e fatto su una piattaform a del processo di tra-
sform azione delle strutture del nostro paese [...]. La persona più da sorvegliare e da colle-
gare con noi è Basso.268

Di quest’aspetto della vicenda la Direzione del PCI continuò a discutere nei


m esi successivi. Intervenendo nel m aggio 1957 sulla situazione politica Longo
afferm ò: «I com pagni della sinistra socialista chiedono di essere aiutati, di avere
una direzione, di stabilire dei contatti precisi. Difficoltà per il fatto che esistono
vari gruppi che vogliono essere am ici nostri, m a in opposizione tra di loro.269 Da-
re noi una direzione unica per tutti».
Colom bi fu subito d’accordo: «Non lasciar m arcire la situazione e organizzare
le forze socialiste di sinistra. Condurre con energia la lotta contro il revisionism o

266 FG, APC, riunione della Direzione del 14 febbraio 1957, pp. 11-12.
267 Ivi, pp. 18-19.
268 Ivi, pp. 28-29.
269 È interessante osservare com e i sovietici avessero le stesse inform azioni sulle divisioni

all’interno della sinistra socialista: cfr. C. Martinetti, PSIUP alla corte di Mosca, «La Stam pa»,
3 febbraio 1994. Le inform azioni provenivano probabilm ente dallo stesso Longo, com e mo-
strano i documenti pubblicati da V. Riva, Oro da Mosca cit., in particolare pp. 670 -671, 673-
674. Cfr. anche, a questo proposito, il docum ento, proveniente dall’ambasciata sovietica in Ita-
lia, datato 13 m aggio 1957 e intitolato Resoconto della conversazione con il vicesegretario ge-
nerale del PCI Luigi Longo, pubblicato da Bettino Craxi su «Il Foglio» del 6 settembre 1996.
240 Capitolo II

dei Lom bardi che ha un riflesso anche nel nostro partito».270 Togliatti si m ostrò,
ancora una volta, più prudente e realistico:

Bisogna avere un contatto con tutti i socialisti per organizzare la collaborazione. Il pro-
blem a della loro politica riguarda i com pagni socialisti. Dobbiam o lim itarci a chiedere che
cessino gli attacchi contro di noi. Possiam o chiedergli di ritornare al patto d’unità
d’azione? Non accetterebbero. Chiedergli di ritornare alla linea di prim a di Pralognan: al-
ternativa socialista senza rom pere coi com unisti? È una linea che va contro di noi, che a-
vrebbe rafforzato il PSI a nostre spese. L’altra prospettiva, quella di Pralognan, è
anch’essa per il m om ento superata. La nostra linea è di fare il PCI protagonista della lotta.
Non ostacolare il travaso di voti socialisti al PCI, m a non attaccando a fondo il PSI. 271

Ciò non im pedì che pochi m esi prim a, il 14 gennaio, Togliatti avesse scritto, in
via personale, a Pertini, per attirare la sua attenzione

su una questione la cui im portanza non credo del resto ti sia sfuggita. Si tratta della attivi-
tà del com pagno R. Lom bardi per disgregare o tentar di disgregare il nostro partito. Ciò
che dicono i giornali, cioè che è lui che avvicina i compagni nostri per indurli a una lotta
contro il partito, a noi risulta essere vero. È cosa un po’ um iliante per lui, vederlo ridursi a
questa funzione, di colui che cerca la spazzatura in casa altrui e crede di potersene nutrire.
È cosa però che può portare a un antipatico inasprim ento di rapporti tra i due partiti, a
vantaggio di Saragat e C. [...]. Mi pare che, poiché Lom bardi è della vostra direzione, ci
dovrebbe essere in seno a questa l’iniziativa di dargli un am m onim ento.272

Togliatti, comunque, diffidava, per altri m otivi, anche di Pertini, com e m ostra
il resoconto della conversazione avuta il 17 luglio 1957 dal segretario del PCI con
l’am basciatore sovietico Kozyrev, che prontamente ne riferì a Mosca:

Ho inform ato Togliatti del mio colloquio con Vecchietti, in cui questi m i ha parlato delle
intenzioni dei ‘m orandiani’ di sostituire Nenni dopo le elezioni nella carica di segretario
generale del PSI. Secondo Vecchietti, un candidato probabile al posto di Nenni sarebbe
Pertini. Togliatti ha però detto che Pertini, m algrado la sua vicinanza ai com unisti, è poco
adatto a questa carica, a causa del suo nervosism o e della sua discontinuità di com porta-
m ento; e ha espresso una certa scontentezza perché tutta l’operazione si trascina con
troppe lungaggini: Pertini si è com portato bene durante il Congresso del PSI a Venezia,
m a allo stesso tem po si è perm esso l’im perdonabile sciocchezza di rifiutare di far parte
della Direzione. Togliatti ha continuato dicendo che il com pito principale è unire alcuni
gruppi all’interno del PSI, il che potrà aiutare a risolvere sia i problem i della politica gene-
rale del partito che quello della sostituzione di Nenni.273

270 FG, APC, riunione della Direzione del 28 maggio 1957, p. 3. Questa azione è indiretta-

m ente confermata da alcuni rapporti delle Prefetture e dei servizi segreti al Ministro degli In-
terni (la cui attendibilità è comunque tutta da valutare) citati da P. Di Loreto, Alle origini della
crisi del PCI cit., pp. 118-120 , 153 e da S. Di Scala, Da Nenni a Craxi cit., pp. 191-194
271 FG, APC, riunione della Direzione del 28 m aggio 1957, p. 6.
272 FG, CTO, Carte Botteghe Oscure, Corrispondenza, b. 3. Cfr. anche A. Ricciardi, Riccardo

Lom bardi e l’apertura a sinistra, 1956-1964, in G. Scirocco - A. Ricciardi (a cura di), Per una
società diversam ente ricca cit., pp. 67-69.
273 Il rapporto di Kozyrev è stato pubblicato da V. Riva, Oro da Mosca cit., pp. 678-679.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 241

Le ripercussioni di questo stato di cose si erano già fatte sentire in numerose


occasioni anche all’interno del PSI. Subito dopo i fatti di Ungheria De Martino
aveva accusato i com unisti di stare comm ettendo un grave errore politico, auspi-
cando che Nenni prendesse dei contatti personali con Togliatti: «È deplorevole il
loro intervento nelle cose nostra. Noi non siam o m ai intervenuti nelle loro divi-
sioni interne». Sullo stesso tono si erano espressi anche Santi («Non possiamo
tollerare la cam pagna di aggressione dei com unisti. Il partito ha il dovere di di-
fendersi») e Gatto («I com unisti cercano di trasferire la loro crisi su di noi. La
politica unitaria non si serve col silenzio sugli errori e gli attacchi com unisti.
Nuoce alla politica unitaria il tentativo com unista di opporre Pertini a Nenni.
Nuoce la polem ica com unista con Lombardi in cui è evidente l’intento di defor-
m azione»). Ma per Luzzatto «la politica unitaria deve essere nostra qualunque
sia lo stato delle relazioni coi com unisti».274
La polem ica proseguì anche nei m esi successivi, com e dim ostrano, ad esem -
pio, gli interventi di Bertoldi («Molti nostri com pagni non resistono alla pressio-
ne com unista perché sono d’accordo coi com unisti» 275) o dello stesso Nenni («Il
peggio è che l’elem ento decisivo per alcuni com pagni è sem pre l’opinione dei
com unisti» 276 ).
Di fronte al deteriorarsi della situazione De Martino arrivò ad offrire le sue
dim issioni, peraltro respinte, dalla segreteria:

Il partito non riesce a superare la sua crisi. Il com pagno Nenni erra quando non forza i
chiarim enti, evita di far votare, si accontenta di adesioni condizionate. Abbiam o una cri-
stallizzazione su posizioni che non sono soltanto di corrente m a di frazione [...]. La deci-
sione di Venezia era alternativa socialista nel quadro della riunificazione.277 Ora questa
prospettiva non è più valida né per le forze né per la situazione. Si pone il problem a se
l’accento non debba essere sull’incontro coi cattolici e con il partito dei cattolici. Occorre
però dirlo esplicitam ente.278

L’accenno all’«incontro con i cattolici» non era casuale, nemm eno, come ab-
biam o visto, sul terreno ideologico-culturale. Nel gennaio 1957 «Mondo Ope-
raio» aveva ospitato una lettera dello storico delle religioni Raffaele Pettazzoni,
che invitava il PSI a prendere atto che la prospettiva del dialogo coi cattolici po-
neva dei problem i nuovi: «Non c’è più posto per un anticlericalismo banale in un
m ondo socialista consapevole della sua dignità, della sua m aturità, della sua for-
za. Nuovi strum enti occorrono alle nuove istanze, più adatti e m eglio tem prati,
tem prati al fuoco della m odern a cultura storico-religiosa».279

274 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione della Direzione del 29 novem bre 1956, passim .
275 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 17 aprile 1957, p. 10 .
276 Ivi, riunione della Direzione del 19 giugno 1957, p. 3.
277 Cfr. F. De Martino, Dopo il XXXII Congresso, «Mondo Operaio», febbraio-m arzo 1957,

pp. 65-68
278 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 20 giugno 1957, p. 3.
279 Cfr. anche, sul tem a, G. Giannantoni, Lo Stato, la Chiesa e la libertà religiosa, ivi, aprile

1957, pp. 20 3-20 4; L. Basso, Socialisti e cattolici, «Avanti!», 23 giugno 1957; P. Nenni, Il no-
stro m estiere di socialisti, ivi, 18 agosto 1957; la lettera di Basso alla rubrica Arrivi e partenze,
242 Capitolo II

Il problem a del dialogo con il m ondo cattolico si poneva, nuovam ente e con-
tem poraneam ente, anche per i com unisti, come m ostrò l’intervento di Ingrao
durante il CC del 9 dicembre 1957 (in un’ottica internazionale, ma senza rinun-
ciare a puntare anche sulle divisioni interne del PSI):

Sulle iniziative e lotte concrete occorre riprendere il contatto con i socialisti innanzitutto,
m a anche con il m ondo cattolico. Non bisogna dim enticare che noi abbiam o avuto m o-
m enti interessanti di contatto con le forze cattoliche sulla questione di im pedire la guerra.
Né bisogna trascurare le possibilità di accordo, di contatto e discussione con i gruppi ter-
zaforzisti sul piano della lotta per la pace: non bisogna dim enticare che i laburisti fanno
una particolare politica. In questo senso, cioè vedendo in pratica le questioni, dobbiam o
stare attenti alla lotta contro il revisionism o del PSI: noi abbiam o scelto una strada giusta.
Quella cioè di non porre al centro del dibattito tra i due partiti le questioni politiche gene-
rali, m a le questioni politiche per sviluppare l’iniziativa unitaria concreta, non rinuncian-
do a ristabilire in avvenire una piena e vasta unità d’azione. Tanto più successo avrà tale
nostra linea quanto più all’interno stesso del PSI svilupperem o l’azione dei com pagni so-
cialisti m igliori contro le posizioni revisionistiche.280

9. P ANZIERI E GLI « EVIDENTI E INGENUI SLITTAMENTI SOCIALDEMOCRATICI »

Uno degli effetti dei risultati del congresso di Venezia fu la nom ina a condi-
rettore di «Mondo Operaio» di Raniero Panzieri, schierato tatticam ente con la
sinistra, m a in realtà isolato su posizioni personali e critiche e quindi escluso dal-
la Direzione.
Con la condirezione di Panzieri «Mondo Operaio» cam biò effettivam ente ve-
ste, cercando di abbandonare i toni da bollettino interno di partito e dedicandosi
soprattutto ai problem i posti, al m ovim ento operaio e alla cultura m arxista,281
dalla nuova realtà industriale.
Questa im postazione non poteva non portare alla rottura tra Panzieri e la po-
litica nenniana, accusata di aver sostituito «alla seria ricerca delle nuove pro-
spettive di fondo del m ovim ento operaio, e quindi al riesam e dei suoi m odi di a-
zione e delle sue strutture, una nuova e banale m itologia del ritorno al riform i-
sm o socialdem ocratico».282

ivi, 23 agosto 1957; L. Basso, Socialisti e cattolici, ivi, 1 settembre 1957. Cfr. anche, per
l’attenzione costante di Basso verso il Cristianesim o, Scritti sul cristianesim o, a cura di G. Al-
berigo, Casale Monferrato, Marietti, 1983 e, più in particolare, T. Nencioni, Una dem ocrazia
im possibile. Lelio Basso e il dialogo tra socialisti e cattolici alle origini del centro-sinistra, in
G. Monina (a cura di), Novecento contem poraneo cit., pp. 19-66.
280 FG, APC.
281 Panzieri, nella sua veste di responsabile della com m issione culturale del PSI, era stato

promotore di un convegno su «Politica e cultura», tenuto al Circolo di Pisacane di Rom a pochi


giorni prim a del congresso di Venezia: cfr. la relazione e le conclusioni dello stesso Panzieri in
S. Merli (a cura di), Dopo Stalin. Una stagione della sinistra 1956-1959, Venezia, Marsilio
1986, pp. 12-33 e, per lo svolgim ento del dibattito, l’«Avanti!» del 6, 8, 11 gennaio 1957 e la no-
ta firmata P.V. (Paolo Vittorelli) su «Tem po presente», gennaio 1957.
282 R. Panzieri, Filo rosso, «Mondo Operaio», aprile 1957, p. 147.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 243

Questi contrasti, ed anche una diversa concezione della struttura e dei com pi-
ti della rivista, che per Nenni non doveva sconfinare «dai lim iti suoi propri di il-
lustrazione e volgarizzazione della politica del Partito»,283 m entre per Panzieri,
attraverso un linguaggio non specialistico, doveva rivolgersi all’esterno, assu-
m endo, nel caso, un ruolo di stimolo critico nei confronti del partito,284 portaro-
no, con il congresso di Napoli del 1959, all’allontanam ento di Panzieri dalla con-
direzione e al suo successivo, graduale, abbandono dello stesso PSI.285
Era una conclusione che Panzieri doveva aver previsto fin dall’inizio, quando,
alla fine della lettera a Lelio Basso del 15 febbraio 1957 con cui sostanzialm ente
accettava la direzione di «Mondo operaio» Panzieri scriveva: «Il m ondo com un-
que avanti e m olte cose, se non si faranno con i partiti, si faranno ugualm ente,
contro di loro» (le sottolineature nel testo, N.d.R.).286
Il 23 giugno 1957 Nenni scrisse a Panzieri che, in Direzione, «Mondo Ope-
raio» era stato oggetto di unanimi critiche «non per com e è fatto, m a per come è
concepito, per un errore cioè di im postazione che colloca «Mondo Operaio» fuori
della sua naturale funzione». Panzieri replicò aspram ente due giorni dopo, sotto-
lineando come «la Direzione, procedendo alla m ia nom ina, non poteva non aver-
la accettata in questo senso. Ora vuole fare m acchina indietro, con una splendida
coerenza, proprio ora che, dopo la chiusura dell’infelice parentesi della politica di
unificazione e dopo il deliberato dell’ultim o Com itato centrale, la ricerca
dell’unità effettiva del Partito, attraverso un sincero sforzo di approfondimento,
di elaborazione, di confronto, ha prospettive positive assai più concrete e confor-
tanti».287
Una posizione d’altra parte coerente con quanto lo stesso Panzieri aveva scrit-
to il 28 aprile 1957 a Roberto Guiducci:

Non abbiam o nessuna intenzione, Libertini ed io, di costringere la problem atica del con-
trollo nell’angustia di una ‘corrente’. Ci m ancherebbe altro. Né m i pare troppo reale il ri-
schio che del controllo si faccia uno slogan, ecc. C’è una logica intrinseca a questa temati-
ca che ben difficilm ente può piegarsi, deform arsi in tradizionali opportunism i di Partito
[...]. La linea del controllo è sostitutiva del sistem a attuale politico-organizzativo. Ma è fin
d’ora una linea reale di forza, di m ovim ento, di presa convinta sul m ovim ento operaio.
Senza contaminazioni con i moduli esistenti della lotta politica, ma facendo leva sulla realtà

283 Lettera a Panzieri del 12 luglio 1958, in R. Panzieri, Lettere 1940 -1964 cit., p. 10 2.
284 Cfr. Appunti per Mondo Operaio, senza data, ivi, pp. 82-83.
285 Cfr., per queste vicende, l’introduzione di S. Merli a R. Panzieri, Dopo Stalin. Una sta-

gione della Sinistra, 1956-1959 cit., pp. XXXI-XXXIX e, più in generale, S. Carpinelli, Una
nuova partenza: «Mondo Operaio» di Panzieri (1957-1958), «Classe», (1980 ), 17, pp. 63-10 8;
L. Della Mea, Il socialism o di sinistra, «Il Ponte», m aggio-agosto 1989, pp. 10 3-117; A. Manga-
no, Il dibattito sui consigli e la corrente Panzieri cit., pp. 134-166; B. Marzo, Raniero Panzieri
e la sinistra di classe, in AA.VV., Storia del partito socialista, Padova, Marsilio, 1980 , vol. III,
pp. 73-81; V. Strinati, La sinistra italiana di fronte alle trasform azioni del capitalism o (1953-
1963), «Studi Storici», (1992), 2-3, pp. 566-568 e 576-577.
286 FB, CBA, serie 15, f. 11b.
287 ACS, CN, b. 35, fasc. 1690 .
244 Capitolo II

di classe, si può, a m io parere, e si deve agire (sottolineato nel testo, N.d.R.) fin d’ora per
l’afferm azione dei criteri del controllo ai diversi livelli.288

In ogni caso, sem pre nel 1957 Giulio Preti pubblicò un libro di fondam entale
im portanza, Praxis ed em pirism o, nel quale, grazie al confronto col neopositivi-
sm o di m atrice angloam ericana, la base idealistica del m arxism o italiano veniva
im plicitam ente posta in discussione.289 In questo ambito va inquadrato anche il
dibattito aperto su «Mondo Operaio» da Em ilio Agazzi a proposito del libro di
Guiducci Socialism o e verità, pubblicato per i tipi di Einaudi alla fine del 1956. Il
libro, denunciando i ritardi della cultura m arxista rispetto a quella borghese e
neo-capitalistica, arretratezza dovuta soprattutto alle incertezze e ai dogm atism i
dei partiti della sinistra storica, aveva suscitato un duro com m ento da parte del
settim anale com unista «Il Contem poraneo», che aveva accusato Guiducci di
«soggettivismo culturale» e di «ripiegamento su posizioni difensive», non aven-
do egli com preso che «la vittoria dell’URSS e il suo sviluppo econom ico, lo svi-
luppo dei paesi a democrazia popolare, la rivoluzione cinese e i m ovim enti na-
zionali nei popoli coloniali e sem i-coloniali hanno creato nuove condizioni per la
rivoluzione proletaria [...]. Ma quella opportunità non si realizza sulla via presa
dal Guiducci e dai suoi amici, vicolo cieco in fondo al quale ritroveranno tutti i
m iti e le brutture del revisionism o».290
Nella discussione su «Mondo Operaio»,291 m entre Agazzi riafferm ò la con-
danna dell’opportunism o socialdem ocratico e del comprom esso con la borghesia
e i suoi partiti,292 Gabriele Giannantoni sottolineò i m otivi storici della distinzio-
ne tra socialisti e com unisti293 e Furio Diaz sostenne la validità delle esperienze

288 FF, CGU. Il destino successivo di Panzieri sarà riassunto icasticamente da Fortini nel

1964, in m em oria del com pagno scom parso: «Chi cerca le proprie amicizie tra gli invisibili di-
viene presto invisibile. Questo ha saputo Panzieri attuare inflessibilm ente» (L’ospite ingrato
cit., p. 119).
289 Per il dibattito suscitato dal libro di Preti cfr. A. Asor Rosa, La cultura, in Storia d’Italia,

vol. IV, Dall’Unità ad oggi, t. II, Torino, Einaudi, 1975, pp. 1633-1634; C. Cases, Marxism o e
neopositivism o, Torino, Einaudi, 1958; F. Papi, Vita e filosofia. La scuola di Milano: Banfi,
Cantoni, Paci, Preti, Milano, Guerini, 1990 , pp. 256-260 ; C. Cases - S. Tim panaro, Un lapsus di
Marx. Carteggio 1956-1990 , a cura di L. Baranelli, Pisa, Edizioni della Normale, 20 0 5; G. Sci-
rocco, «Le fiaccole di Prom eteo». Circoli politico-culturali e centro-sinistra a Milano, in C. G.
Lacaita - M. Punzo (a cura di), Milano. Anni Sessanta. Dagli esordi del centro-sinistra alla
contestazione, Manduria, Lacaita, 20 0 8, p. 154; V. Strinati, La sinistra italiana di fronte alle
trasform azioni del capitalism o (1953-1963) cit., pp. 565-566.
290 (Non firm ato), Sinistrism o culturale, «Il Contem poraneo», 18 febbraio 1956. La durezza

di questo comm ento provocò, sulle colonne della stessa rivista, un confronto che si protrasse
per parecchie settimane: i testi degli interventi sono riprodotti in G. Vacca (a cura di), Gli intel-
lettuali di sinistra e la crisi del ‘56 cit.; cfr. inoltre P. Di Loreto, Alle origini della crisi del PCI
cit., pp. 70 -78.
291 Su questo dibattito cfr. la testim onianza dello stesso Guiducci in Ugo Intini, L’Italia

dell’Est. Dietro il m uro l’ideologia com unista, Milano, Sugarco, 1990 , pp. 116-121 e inoltre M.
Sechi, La figura del corvo. Per un profilo storico dell’intellighenzia socialista, in Id., La figura
del corvo. Percorsi letterari degli anni cinquanta, Napoli, Liguori, 1990 , pp. 123-185.
292 E. Agazzi, Socialism o e verità, «Mondo Operaio», aprile 1957, pp. 182-185.
293 G. Giannantoni, La disputa sulla libertà, ivi, dicem bre 1957, pp. 39-40
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 245

della socialdem ocrazia tedesca durante la II Internazionale, poiché «il rispetto di


alcune form e dem ocratiche e rappresentative, di certe form e di libertà individua-
le quali si sono afferm ate negli Stati borghesi, appare indispensabile per assicu-
rare al socialism o stesso la sua vittoria, secondo quella istanza di dem ocrazia e di
superiore libertà um ana che costituisce il suo vero fine».294
Si stava quindi procedendo su una via diversa da quella sulla quale Panzieri
pensava di incanalare il dibattito, e cioè la ricerca del superam ento, sem pre
nell’ambito del m arxism o-leninismo, sia dello stalinism o che della socialdem o-
crazia: ormai gli «evidenti e ingenui slittamenti socialdemocratici»,295 forse in-
consapevolmente, erano com parsi anche nel PSI.
Restava però la difficoltà di dialogare con quell’area laica e socialista che, nel
periodo della guerra fredda, era rim asta al di fuori del partito e che ora vi si avvi-
cinava proprio in seguito agli eventi del ’56 e delle posizioni assunte su questi
fatti dal PSI. A titolo di esem pio si può citare la questione di «Unità popolare», il
gruppo di Parri, Codignola e Vittorelli296 che, alla fine del 1957, chiese di conflui-
re nel PSI. Le opposizioni furono fortissim e, soprattutto da parte degli esponenti
della sinistra interna del PSI, che temevano un rafforzam ento dell’ala autonom i-
sta del partito ed un ulteriore peggioram ento nei rapporti con il PCI. Chiara, in
questo senso, la posizione di Vecchietti: «In questo mom ento pericoloso am m et-
tere la confluenza di un gruppo che assum a posizioni critiche sui com unisti quali
quelle nei loro docum enti e ciò che più conta nella loro posizione politica e nella
loro form a m entis. Poco producente introdurre nel partito nuovi elem enti di po-
lem ica interna».

294 F. Diaz, Contro lo spirito di sistem a, ivi, settembre 1957, p. 25. Diaz, ex sindaco com uni-

sta di Livorno, era uscito dal PCI dopo i fatti d’Ungheria avvicinandosi, com e m olti altri intel-
lettuali provenienti dal PCI, alla posizioni socialiste: cfr. F. Diaz, Dal frontism o all’autonom ia,
in AA.VV., Storia del PSI, vol. III cit., pp. 68-69; Id. Il Pci e la destalinizzazione, «Socialismo e
storia. Annali della Fondazione Giacomo Brodolini», 1987, pp. 313-323; Id., La stagione arida:
riflessioni sulla vita civile d’Italia dal dopoguerra ad oggi, Milano, Mondadori, 1992. Il 19
febbraio 1957, in risposta ad una lettera del padre di Diaz, Augusto, che gli assicurava che in lui
nulla era cambiato e «che sono più che mai convinto che solo il PCI condurrà l’Italia al sociali-
sm o», Togliatti scriveva: «Caro Diaz, sapevo benissim o che lei non cam bia. Quanto a Furio,
anche la mia opinione è che, am m esso che in lui siano mutate le convinzioni, il modo com ’egli
si è com portato non è stato cosa degna. Dieci vie diverse da quella gli si offrivano, per fare la
cosa ch’egli ha fatta. La via da lui seguita solo un nem ico aperto e perfido del nostro m ovimento
poteva dettargliela. Glielo dica pure da parte mia» (FG, FM, b. 253). Cfr. inoltre, sulla diaspora
degli intellettuali ex com unisti, N. Ajello, Intellettuali e PCI 1944-1958 cit., pp. 428-452; la co-
m unicazione di S. Bertelli in Trent’anni di politica socialista cit., pp. 117-121; P. Di Loreto, Alle
origini della crisi del PCI cit., pp. 140 -155; la nota inform ativa del 28 novembre 1956 del capo
del Sifar, gen. De Lorenzo, al capo della polizia, Carcaterra, in ACS, Min. Int., AA.RR., 1954-
1956, b. 91.
295 Lettera di Raniero Panzieri ad Em ilio Agazzi del 3 dicembre 1957 in R. Panzieri, Lettere

1940 -1964 cit., p. 110 .


296 Su «Unità popolare» cfr. A. Turbanti (a cura di), Movim ento di unità popolare e crisi

del centrism o, Firenze, Giunti, 1995.


246 Capitolo II

Le critiche di «Unità popolare» alla politica del PSI erano peraltro esplicite,
com e dim ostra la lettera inviata da un suo esponente, lo scrittore Carlo Cassola,
a Nenni il 19 aprile 1957:

Non è uno stato d’anim o di delusione, creda, che ci m uove a fare certi appunti al PSI e an-
che a Lei. È il convincim ento che non è con le m anovre e con la furberia che si può sanare
la situazione. Non fum m o entusiasti di Pralognan perché ci sem brò che in questo m odo
Lei iniziasse una politica il cui successo dipendeva, per m età, da un’altra persona e da un
altro partito. Secondo noi, l’unificazione doveva essere concepita com e una conseguenza,
non com e una condizione, com e un obbiettivo, non com e uno strum ento della nuova poli-
tica di autonom ia del PSI. Per di più Pralognan inaugurò una politica di contatti ai vertici,
di negoziati diplom atici, m entre l’operazione doveva essere dem ocratizzata e popolarizza-
ta (noi di UP proponem m o una Costituente socialista e tuttora riteniamo di non aver pro-
posto nulla di utopistico). In secondo luogo, noi esprim emm o il parere che al congresso di
Venezia il PSI dovesse andare su due m ozioni: per dim ostrare tangibilm ente la rinnovata
vita dem ocratica all’interno del partito, e per im pedire agli avversari dell’autonom ia e
dell’unificazione di m im etizzarsi, e rifarsi poi sotto subdolam ente in sede di votazioni. I
fatti, purtroppo, ci hanno dato ragione: l’unificazione è in alto m are, il congresso di Vene-
zia è finito in m odo equivoco e di conseguenza il PSI è riluttante a m ettersi sulla nuova
strada.297

Di fronte all’intervento di Vecchietti, lo sbalordim ento degli esponenti di


quella che era, orm ai, la corrente autonom ista del PSI fu, in ogni caso, evidente,
ad esem pio, in Paolicchi:

Perché la confluenza dovrebbe rappresentare una spinta a destra? Verso il PSLI non è il
caso, Up è su aperte posizioni polem iche con la socialdem ocrazia. Verso i cattolici? No,
perché, sem m ai hanno considerato con diffidenza il dialogo coi cattolici e sono su posi-
zioni anticlericali. Verso i radicali? Meno che m ai. Se m ai verso i com unisti. Esam ina il
passo del docum ento di Up che si riferisce ai com unisti e vi trova idee largam ente diffuse
nel Partito e non com patibili con quelle socialdem ocratiche.

Nenni non poté che prendere atto che il caso di Up fosse «un sintom o di arre-
tram ento rispetto a Venezia, di chiusura settaria e dogm atica».298 Ed anche per
Lom bardi «sul piano politico al punto a cui sono le cose la m ancata confluenza
va m olto al di là. È la pietra di paragone della nostra capacità di allargam ento.
Nel m omento in cui siam o costretti a fare la lotta alla socialdem ocrazia noi non
possiam o rom pere col gruppo a noi più favorevole. Sarebbe la prova che non sia-
m o capaci di realizzare l’unità socialista nel PSI».299
In una lettera a Nenni del 25 ottobre 1957 Arfè sostenne quindi, anche con
toni polem ici contro le perplessità di alcuni esponenti della Direzione del PSI,

297 ACS, CN, b. 21.


298 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 22-24 ottobre 1957, passim .
299 Ivi, riunione della Direzione dell’11 novem bre 1957. Su questa vicenda cfr. L’ultim a dia-

spora azionista: «Unità Popolare» nel carteggio fra Ferruccio Parri e Tristano Codignola
(1955-1957), a cura di G. Torlontano, «Nuova Antologia», aprile-giugno 1992, pp. 20 9-228.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 247

l’ingresso nel PSI del gruppo di Unità popolare, che com unque, nonostante le
difficoltà, si realizzerà poche settim ane dopo: 30 0

Ho al m io attivo una lunga tradizione socialista fam iliare e circa tredici anni di m ilizia at-
tiva nei ranghi di periferia. Con «Unità popolare» non ho altro legam e che quella di una
cordiale am icizia per m olti dei suoi dirigenti, fondata sulla partecipazione alla Resistenza
nelle file delle ‘GL’ lom barde: un legam e cioè m oralm ente e politicamente ben diverso da
quello che tiene avvinti taluni dei nostri m aggiori e m inori com pagni ai Pajetta e agli Ali-
cata. Ciò prem esso, m i ritengo in dovere di dirti che considero suicida l’atteggiam ento che
la nostra Direzione m inaccia di voler prendere di fronte al problem a della confluenza dei
com pagni di «Unità popolare» nelle nostre file, e di cui ho avuto notizia da com pagni no-
stri. Credo superfluo m otivare tale giudizio a chi, com e te, ha conosciuto e com battuto il
vecchio ‘balabanovism o’, e non può non riconoscere in una certa ala del nostro Partito lo
stesso settarism o, lo stesso analfabetism o politico e ideologico, con in più una dose di ge-
suitism o che allora m ancava. So che in Com itato centrale ci sono dei com pagni i quali e-
sprim eranno idee non diverse dalle m ie. Perm ettim i di dirti che bisognerebbe che essi
non fossero paralizzati da un cattivo accordo concluso in sede direzionale sotto i tuoi au-
spici. Per quanto m i riguarda, se tanto dovesse accadere, rom perei ogni legam e di corre-
sponsabilità con gli organi dirigenti del Partito derivante dalla m ia presenza in Com itato
centrale. Il che può interessarti poco se tu ritieni che le proteste oscure dei ‘profeti disar-
m ati’ valgano poco; può interessarti di più se ti sofferm erai a dom andarti che cosa real-
m ente rappresentino, quali forze abbiano dietro di sé coloro i quali consum ano il loro
tem po e le loro energie non esuberanti nei pettegolezzi e negli intrighi degli am bulacri di-
rezionali; può interessarti infine m oltissim o se tu pensi alle tue responsabilità del recente
passato, delle quali nessuno intende chiederti conto perché esse nacquero da discutibili
valutazioni politiche e non da deform azioni ideologiche e morali, m a che finirebbero con
lo schiacciarti sul piano storico se tu, dopo avere indicato la grande via della ripresa, dessi
l’avallo del tuo nom e ad una m iserevole politica di setta e di bottega, che chiude la porta
in faccia ad una corrente che porta con sé l’eredità di Carlo Rosselli, di Gaetano Salvem ini
e di Piero Calam andrei, per non ricordare che i m orti. Non ti dispiaccia la franchezza di
cui ho fatto uso, e considerala un atto di stima delle tue qualità um ane e di fiducia politica
persistente. Dixi et servavi anim am m eam : è un m otto anche questo della nostra tradi-
zione.30 1

10 . I P ARTIGIANI DELLA P ACE

Gli avvenim enti del ’56 posero anche il problem a dell’atteggiam ento ufficiale
da prendere nei confronti dei Partigiani della Pace, una questione che, a testi-
m onianza della com plessità dei nodi da sciogliere in tutte le vicende che avevano
una qualche relazione con l’URSS e, all’interno, con il PCI, ebbe un iter piuttosto
travagliato.
Del tem a si com inciò a discutere fin dalla riunione della Direzione del 12 no-
vembre 1956, subito a ridosso dei fatti d’Ungheria. Se Nenni dichiarò, fin da que-
sto m om ento, di doversi, alm eno personalm ente, ritirare (e Santi e Lom bardi
concordarono con lui), la m aggioranza della Direzione (Gatto, Panzieri, Lizzadri,

30 0 Cfr. l’«Avanti!», 7 dicembre 1957.


30 1 ACS, CN, b. 17.
248 Capitolo II

Foa) si ritrovò sulle posizioni attendiste di Lussu e Pertini: «Oggi non si può u-
scire, dom ani vedrem o».30 2
Il 27 novembre Lom bardi, Corona e Fogliaresi, con l’assenso della Direzione,
rifiutarono com unque di sottoscrivere, alla conferenza di Helsinki del m ovimen-
to, una mozione che non condannava esplicitamente l’intervento sovietico in
Ungheria.30 3
Dopo il congresso di Venezia la questione si ripropose. La riunione della Di-
rezione del 27 febbraio 1957 si aprì con un’introduzione di Lombardi, che rifece
la storia dell’atteggiam ento del PSI verso il Consiglio m ondiale della pace. Agli
inizi del 1957 Lom bardi aveva partecipato a Parigi ad una riunione del Consiglio
m ondiale in cui aveva verificato l’im possibilità, per il PSI, di continuare a parte-
ciparvi, com e aveva puntualizzato in una lettera inviata il 19 gennaio a J oliot-
Curie:

Durante i precedenti incontri il problem a che io ho posto agli am ici del Movim ento della
Pace non era stato quello della secessione dei socialisti italiani dal Movim ento, m a il pro-
blem a ben diverso dello scioglim ento del Movim ento: in m odo particolare espressi questo
punto di vista nella riunione del Bureau del giugno scorso. Ritengo non necessario ricor-
darne la m otivazione che si riassum e nella ferm a persuasione che il Movim ento così come
si è configurato in questi anni è divenuto orm ai un ostacolo più che uno strum ento nella
lotta per la pace. Esso difatti è considerato universalm ente dall’opinione pubblica (e non
im porta stabilire se a ragione o a torto) com e rappresentativo degli interessi e delle posi-
zioni di politica estera di uno dei blocchi contrastanti [...]. Venne accettato e condiviso il
punto di vista che il Movim ento aveva esaurito la sua possibilità di azione efficace ove a-
vesse conservato la sua struttura: m a la conclusione che se ne volle trarre fu non già che si
dovesse passare al suo scioglim ento m a alla sua radicale trasform azione [...]. Si ritenne
essenziale a tal fine che il Movim ento riuscisse a riguadagnare l’adesione dell’organizza-
zione pacifista della J ugoslavia e arrivasse a stabilire rapporti di collaborazione organici
con il Partito del Congresso indiano e con i Partiti socialdem ocratici europei, soprattutto
del Partito laburista britannico. A m io avviso un tale obiettivo risultava eccessivam ente
am bizioso e praticam ente difficilissim o da raggiungere, sebbene m i fossi im pegnato a la-
vorare con lealtà per fare tutto il possibile per realizzarlo: m a dopo gli avvenim enti un-
gheresi e la riunione di Helsinki non può che apparire chiaro a tutti com e la sua realizza-
zione divenga im possibile; aggiungo che, in Italia alm eno, la radicale diversità di giudizio
sugli avvenim enti ungheresi (che non sono un episodio alla cui stregua si m isura
un’im postazione politica di fondo) fra le due forze fondamentali del Movim ento della pa-
ce, quella comunista e quella socialista, ha reso praticam ente im possibile di poter svilup-
pare insieme e concordem ente una qualsiasi cam pagna per qualsiasi obiettivo [...]. Esclu-
so dunque lo scioglim ento del Movim ento, esclusa la reale prospettiva di una sua effetti-
vam ente radicale e convincente trasform azione si pone ora soltanto e per la prim a volta il
problem a della possibilità per i socialisti italiani di continuare la loro collaborazione e sul
piano nazionale e sul piano mondiale. Ciò che, sia ben chiaro, non im plica alcun problema

ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, pp. 1-2.


30 2

Cfr. l’«Avanti!», 28 novembre 1956 e la testimonianza di Lombardi in U. Intini, Se la ri-


30 3

voluzione d’ottobre fosse stata di m aggio cit., pp. 117-118. Il testo del telegramma inviato
nell’occasione a Frédéric J oliot-Curie, presidente del Consiglio m ondiale per la pace, è in ACS,
CN, b. 30 , fasc. 1518; cfr. anche la lettera di risposta di J oliot a Nenni, ivi, b. 29, fasc. 1478.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 249

sull’im pegno e sulla partecipazione dei socialisti alla lotta per la pace ma soltanto sulla
loro partecipazione all’organism o «Movim ento m ondiale della Pace».30 4

Intervenne poi De Martino che osservò com e, date le nuove direttive di politi-
ca estera del PSI,

sia difficile la nostra collaborazione. C’è una vera e propria incom patibilità politica. Se vo-
gliam o coerentem ente sviluppare la politica decisa a Venezia dobbiam o prevedere seri
contrasti. Ma c’è da vedere se conviene rom pere politicam ente e com e. Possiam o lim itarci
alla non-partecipazione. Possiam o continuare a sostenere le nostre posizioni all’interno,
renderle pubbliche, trarre le conclusioni della loro non accettazione. Questo aggraverebbe
i rapporti coi com unisti. Con tutta la discrezione necessaria dobbiam o uscire dall’equivo-
co in cui siam o.

Nenni concordò con De Martino, cogliendo i nessi con la situazione politica


internazionale: «Nessun rapporto è possibile con le socialdem ocrazie europee se
noi non risolviam o il problem a del nostro distacco dal m ovimento dei Partigiani
della Pace».30 5 Anche la sinistra interna di Valori («Dire chiaram ente ai com uni-
sti che noi usciam o dai Partigiani della Pace») e Vecchietti («Il problem a dei Par-
tigiani della Pace è politico e im plica una nostra presa di posizione sulla politica
internazionale. La lotta per la pace non può più essere guidata dall’URSS. Moti-
vare politicam ente il distacco») fu d’accordo, sia pure con qualche sfum atura da
parte di Gatto: «Sono m esi che su questo problema vi è tra noi un sostanziale ac-
cordo sulla non validità attuale del m ovim ento dei Partigiani della Pace. C’è dis-
senso sul m odo del ritiro [...]. Rischio di suscitare interventi esterni sul partito».
Nenni poté quindi riassumere e proporre: «Vecchietti, Lombardi e gli altri m em -
bri del congresso m ondiale preparano la lettera. Gatto prende contatto con Lon-
go per dirgli qual è la nostra intenzione».30 6
La lettera fu inviata il 22 m arzo. Con essa si ribadirono le posizioni del PSI,
afferm ando che un’azione efficace di pace poteva essere effettivam ente svolta
soltanto da forze che agissero in base a princìpi universalm ente validi e libere da
suggestioni o interessi dalle singole potenze, anche per influenzare quei settori
30 4 ACS, CN, b. 30 , fasc. 1518. Nell’inviare la lettera, per conoscenza, a Nenni, Lom bardi al-

legava anche una m issiva spedita da Ilja Ehrenburg alla dirigenza del Movim ento, nella quale
l’intellettuale russo si augurava che i socialisti italiani potessero continuare a far parte di un
Movim ento per la pace rinnovato.
30 5 Il nesso nazionale-internazionale fu colto da un comm ento de «Il Mondo» sulla vicenda:

«Cadrà così il prim o degli ‘organism i di massa’, il prim o di quei tipici strumenti della politica
frontista che nel passato subirono la egemonia del Partito Comunista e contribuirono notevol-
m ente al suo rafforzamento. Per esso non si poneva neppure il problema di una iniziativa poli-
tica socialista al suo interno, che lo trasformasse e lo rendesse adatto ad operare nella nuova
situazione. Il Movimento è ora infatti pregiudicato dalla sua stessa natura di organizzazione
internazionale che nel passato ne costituì una ragione di forza: com e tale, esso paralizza qual-
siasi diverso rapporto internazionale che il PSI voglia allacciare con m ovim enti affini che non vi
aderiscono, e risulta incapace, nello stesso tem po, di agire indipendentemente dalla pressione
form idabile della sua sezione sovietica» (L. Pavolini, Situazione capovolta, «Il Mondo», 5 feb-
braio 1957).
30 6 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 27 febbraio 1957, pp. 10 -12.
250 Capitolo II

dell’opinione pubblica interessati alla pace, m a che si rifiutavano di entrare in


contatto col Movimento della pace.30 7
Il 12 aprile De Martino inviò quindi, a nom e della segreteria del Partito, una
lettera a tutte le Federazioni, ricordando i term ini nei quali, sui Partigiani della
pace, si era espressa la Direzione nella relazione presentata al Congresso di Ve-
nezia, approvata all’unanim ità:

Si può dire che dopo la Conferenza dei Quattro di Ginevra il m ovim ento dei partigiani del-
la pace avesse praticam ente esaurito il proprio com pito, col chiaro successo conseguito
nella grande lotta intrapresa contro la guerra fredda e per riannodare le relazioni
dell’Ovest con l’Est. I delegati socialisti italiani al Consiglio m ondiale posero, allora, il
quesito di una trasform azione del m ovim ento. La crisi ungherese ed egiziana ha colto il
Consiglio della pace in uno stato di incertezza e di indecisione che ne ha minato il presti-
gio. Eppure il Consiglio m ondiale aveva, per orientarsi, il testo estremam ente im pegnati-
vo del 2° Congresso m ondiale della Pace a Varsavia nel novem bre 1950 , secondo cui «nes-
suna considerazione politica, econom ica o strategica, nessuna ragione basata sulla situa-
zione interna di uno stato può giustificare un intervento arm ato». L’aver rinunciato a
questa lim pida posizione nell’occasione che gli si presentava di dim ostrare la sua com ple-
ta indipendenza da ogni subordinazione alle esigenze diplom atiche o m ilitari di qualsiasi
stato, ha m esso in crisi il Consiglio m ondiale della pace ed ha costretto i socialisti che sie-
dono al Consiglio a scindere le loro responsabilità dalle deliberazioni ambigue prese ad
Helsinki […]. Al più presto possibile toccherà al CC di prendere una definitiva decisione.
Questa essendo la posizione del Partito, la Segreteria invita le Federazioni a non pregiudi-
care la soluzione del problem a dei nostri rapporti con il Movim ento dei partigiani della
pace con l’associarsi ad iniziative che, quali che siano i m odi e i fini, possono condurre a
decisioni e a risoluzioni diverse da quelle suggerite dalla nostra politica.30 8

Sulla posizione da prendere nei confronti di eventuali adesioni individuali si


riaprì però, negli stessi giorni, per l’ennesim a volta, il dibattito in Direzione.
All’atteggiamento più duro di Pieraccini («Non è possibile dire che il Partito si
disinteressa e lasciare libertà ai com pagni. La questione rientra nel novero
dell’azione generale. Definiam o la nostra politica internazionale. In quel quadro
la nostra posizione verso i Partigiani della Pace verrà da sé») risposero Santi
(«Com e Partito abbiam o aderito, come Partito non aderiam o più; se ci saranno
delle adesioni individuali, com e ce ne sono per una lega contro l’alcoolism o ecc.
poco m ale») e Vecchietti («Ad una presa di posizione del Partito non si sfugge. Si
tratta di dissociare la nostra responsabilità politica senza proclam are
l’incompatibilità dell’adesione individuale. L’incompatibilità implica un giudizio
m orale-politico che non possiam o dare»). Vi fu addirittura che, com e Corallo,
avrebbe voluto rim ettere in discussione il tutto («Non si finisce per uscire pro-
prio nel m om ento in cui il m ovimento si trasform a?»), spingendo Basso ad af-
ferm are che «nella questione dei Partigiani della Pace o del m ercato com une per
alcuni il sì o il no è in funzione di una distinzione o di una confusione coi com u-
nisti».30 9
30 7 Cfr. ACS, CN, b. 29, fasc. 1478.
30 8 FT, Direzione PSI, Serie circolari, b. 4, fasc. 21.
30 9 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 16-17 aprile 1957, passim .
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 251

La discussione si inseriva in un più am pio dibattito sulla strategia del Partito


in cui, com e afferm ò Pieraccini, «il terreno della politica estera è per noi il più
favorevole». Lom bardi ribadì quindi che, al punto in cui si era arrivati, non ba-
stava più una acritica proclam azione di neutralism o, vista anche la diversa con-
cezione am ericana e sovietica del term ine. Pur am mettendo la ripresa com uni-
sta, forse per alcuni errori degli stessi occidentali, m a soprattutto perché la forza
sovietica si era accresciuta in Medio oriente e in Ungheria, e riconoscendo che
persisteva il problem a della presenza am ericana in Europa, Lombardi prendeva
atto che «allo stato attuale delle cose parlare di ritiro dell’America e dell’URSS
nelle loro frontiere si presta all’accusa che si vuole Mosca arbitra dell’Europa
[...]. Non c’è alternativa alle posizioni raggiunte a Venezia. Tornare al frontismo
nella nuova situazione vorrebbe dire correre alla fusione a sinistra».
Ma fu proprio sulle ripercussioni interne dei cam biam enti avvenuti sullo sce-
nario internazionale (il cui significato era difficilmente sottoponibile a revisione
critica) che la sinistra interna aprì lo scontro. Valori pose la questione in term ini
chiari:

Il problem a è questo: per ottenere l’am m issione delle m asse che ci seguono in una nuova
m aggioranza o nel governo ci si chiede di accettare la posizione di Saragat per un com ple-
to isolam ento dei com unisti. Non possiam o pagare questo prezzo. La nostra prospettiva è
un lungo periodo di opposizione. Ciò non vuol dire tornare al frontism o. Liberarsi
dall’idea di un successo im m ediato [...]. Il congresso di Venezia ha caratterizzato la nostra
posizione nella vita pubblica italiana. Ma non fare la politica delle punture di spillo coi
com unisti.310

La posizione di Valori fu ripresa da Lizzadri («Venezia non è stata un errore.


Ma dopo Venezia abbiam o m antenuto fede alle deliberazioni? [...] Non intende
assolutamente tornare al frontism o. Iniziativa autonom a del partito m a troncare
il dialogo coi socialdem ocratici») e, con qualche distinguo, da Basso («Per la par-
te che lo riguarda c’è un dissenso di fondo. Dell’unificazione si voleva fare un
m ezzo per inserire il partito in una nuova m aggioranza. Non crede a soluzioni a
breve scadenza né di ordine rivoluzionario né di ordine dem ocratico [...]. Le
grosse battaglie che ci sono davanti sono quelle contro la DC. Non ha paura di
nessuna polem ica coi comunisti quando c’è un m otivo reale»).311
A riportare la questione nei suoi esatti term ini, anche per ciò che riguardava il
nesso nazionale-internazionale, fu il lungo e articolato intervento di De Martino
che, dopo aver sottolineato di trovare ottim istiche le considerazioni di chi ritene-
va che gli esiti del congresso di Venezia potessero essere disgiunti da quelli del
processo di unificazione, rim arcò com e non si tenesse sufficientem ente conto del
fatto che

310 Ibidem . Nenni annotò a margine: «Sono i com unisti che fanno verso di noi la politica

delle punture di spillo e della diffam azione».


311 Per la posizione di Basso cfr. L’alternativa dem ocratica, «Mondo Operaio», gennaio

1957, pp. 9-14.


252 Capitolo II

a Venezia abbiam o im plicitam ente rinunciato alla politica dell’apertura a sinistra che tra il
’53 e il ’55 ci ha valso una serie di successi considerevoli. All’apertura a sinistra abbiam o
sostituito la politica dell’alternativa socialista di cui l’unificazione era una condizione. Se
cade l’unificazione cade l’alternativa. Riconosce che il processo dell’unificazione è in crisi
[...]. Neppure sui partigiani della pace riusciam o a trovare una via d’uscita quando sap-
piam o che il m ovim ento è un aspetto della politica estera sovietica [...]. L’unità politica
della classe operaia non esiste. L’unità politica non c’è sui problem i internazionali. I co-
m unisti ci chiedono di rinunciare al nostro giudizio sull’Ungheria m a egli non si sente di
farlo.312 Possiam o rinunciare alla libertà che abbiam o conquistato? Questo è il significato
del superam ento del frontismo.313

La discussione sul tem a riprese nella successiva riunione della Direzione, il 5


m aggio, quando Vecchietti chiese esplicitamente a Nenni cosa intendesse dire
afferm ando che «coi fatti dell’anno scorso tutto è cambiato». Di fronte alla rispo-
sta del segretario («è cambiato nel senso che le soluzioni frontistiche non sono
più accettabili»), Vecchietti replicò a sua volta che non si trattava di una questio-
ne privata, bensì

se nell’attuale situazione la ripresa del partito si possa fare attorno a Nenni. Ma allora si
cade sul piano politico. Esiste un problem a di rapporti con l’Est e con l’Ovest, m a chi cre-
de a Mosca non può essere accusato di stalinism o e chi va a Parigi di una operazione alge-
rina. Non ritiene giusto che Nenni non abbia più rapporti con Togliatti mentre le cose non
vanno lasciate com e sono. Ci vuole un chiarim ento tra i due partiti. Il partito non può tor-
nare al frontism o, deve sviluppare la sua autonom ia, deve fare una politica. Lo stato
d’anim o di Nenni pesa sul partito.

Basso tentò invece, ancora una volta,di assum ere una posizione che si distin-
guesse sia da quella degli ‘autonom isti’ che da quella dei ‘carristi’:

Sarebbe non realistico non prendere atto che c’è in noi stessi e nel partito un notevole di-
sagio. L’interrogativo non è quello accennato da Nenni: facciam o la politica di Venezia o
torniam o al frontism o. In term ini un poco sem plicistici i fatti d’Ungheria hanno determ i-
nato un rovescio di posizioni. Riprende la sua tesi delle lunghe prospettive (la guida co-
m unista è insufficiente e inadeguata e il partito deve sostituirla e correggerla). Le due esi-
genze sono coesistenti: da una parte il partito che fa la sua battaglia storica contro il bloc-
co borghese, dall’altro lo sforzo di conquistare al partito una posizione di guida.314

Il 10 m aggio 1957 una risoluzione del Com itato centrale afferm ò com unque, a
m aggioranza (3 voti contrari e 10 astensioni) che il PSI non doveva ritenersi ulte-
riorm ente impegnato nel Movimento m ondiale della Pace, strumento orm ai ina-
deguato alle esigenze poste dalla nuova situazione dei rapporti tra i blocchi, pur

312 Nenni a questo punto interruppe De Martino: «Dell’Ungheria il fatto em otivo è in certa

m isura secondario di fronte al fatto politico: Stato, partito, sindacato, consigli degli operai, po-
lizia, vita democratica delle m asse. Tutto questo rimane e in form a financo aggravata» (ACS,
CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 16-17 aprile 1957, passim ).
313 Ibidem .
314 Ivi, riunione della Direzione del 4-5 m aggio 1957, passim .
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 253

riconoscendo la legittim ità della partecipazione individuale,315 che avvenne però


non più in un’ottica filosovietica, m a terzom ondista: «Il Movimento rappresenta
solo una parte dell’um anità. Ma questa parte non è il prolungam ento dell’Unione
Sovietica. Essa rappresenta l’insiem e del m ondo socialista – nazioni e partiti –
nelle sue varie configurazioni e sviluppi [...], l’insieme degli Stati neutrali il cui
peso si fa sem pre più sentire nella situazione internazionale, l’insiem e dei popoli
sino a ieri oggetto della storia e che da ieri hanno com inciato a presentarsi come
protagonisti».316
Era una decisione che certam ente pose dei problem i ai com unisti. Il 16 m ag-
gio Giancarlo Pajetta, a nom e della segreteria del PCI, scriveva quindi ai segreta-
ri delle federazioni:

La recente decisione del com itato centrale del PSI, se da un lato può rappresentare un in-
debolim ento dell’azione comune (e in questo senso esprim e preoccupazioni antiunitarie),
dall’altro lascia liberi i socialisti a titolo personale e anche le sezioni e le federazioni di
partecipare al m ovim ento dei partigiani della pace. Per sm entire le interpretazioni date
dagli avversari a questa decisione, per rafforzare il contributo dei socialisti al Movim ento,
il Com itato dei partigiani della pace sottolinea l’im portanza dell’esplicito rinnovarsi delle
adesioni socialiste [...]. Noi dobbiam o collaborare attivam ente perché questo m ovim ento
si estenda e si rafforzi. I nostri com pagni devono trovare in questo un elemento nuovo di
interesse e di più intensa attività per i Com itati dei Partigiani della Pace, devono preoccu-
parsi che in queste m anifestazioni, in questi com izi, parlino e portino la loro adesione, in-
siem e agli altri, anche i com pagni socialisti.317

La riunione del Consiglio nazionale del Movimento, svoltasi il 6 giugno, ven-


ne quindi dedicata principalm ente all’esam e della situazione determ inatasi a se-
guito delle decisioni prese dal Com itato centrale del PSI. Intervenne il parlam en-
tare socialista Lucio Luzzatto che, secondo una riservata della Questura di Roma
dell’8 giugno 1957, « a nom e anche degli altri socialisti aderenti al Movimento, ‘a
titolo personale’ ha dichiarato tuttora insostituibile la funzione del Movim ento
della pace, sostenendo che esso deve, nell’attuale situazione internazionale,

315 Cfr. l’«Avanti!», 11 maggio 1957. Una nota dell’Ufficio Affari Riservati così com m entò i

lavori del Comitato centrale socialista, soprattutto in riferimento a quella parte del docum ento
conclusivo che affermava il disim pegno del PSI dal movimento dei Partigiani della pace, giudi-
cato «inadeguato alle attuali esigenze della politica di superamento dei blocchi»: «Questa af-
ferm azione, così com e è, dovrebbe significare che le federazioni socialiste non parteciperanno
ulteriorm ente, in stretta collaborazione con quelle comuniste, alle agitazioni pacifiste ed alla
relativa propaganda: sarà bene, però, attendere la prova dei fatti. È certo, intanto, che tale pre-
sa di posizione non è stata affatto di gradimento com unista, e qualche federazione si è affretta-
ta ad avvertire i propri organizzati di non porla su un piano politico... e di non cercare il perico-
lo di nuove rotture nel fronte socialcomunista» (ACS, Min. Int., AA.RR., Controllo attività per-
m anenti, b. 27).
316 G. Pirelli, Il Consiglio della pace a Colom bo (una inform azione legittim a), «Mondo O-

peraio», giugno 1957, p. 13. Sull’internazionalismo di Pirelli cfr. la biografia di D. Weill-


Menard, Vita e tem pi di Giovanni Pirelli, Milano, Linea d’Ombra, 1994, pp. 147-157, che però
ne trascura l’attività svolta all’interno dei Partigiani della Pace e, più recentemente, C. Bermani,
Giovanni Pirelli: un autentico rivoluzionario, «L’Im pegno», dicem bre 20 0 8.
317 FG, FM, b. 253.
254 Capitolo II

vieppiù im pegnarsi nella lotta per la disten sione e contro il pericolo term on u-
cleare».318
Il 15 novembre 1957, aprendo i lavori del Consiglio Nazionale del Movim ento,
Celeste Negarville afferm ò quindi, con una certa dose di ottim ism o, che

PCI e PSI sono saldam ente uniti nei diversi Com itati provinciali della pace al fine di ope-
rare politicamente all’unisono ed in m odo di porre il governo Zoli (ed il m inistro Pella) in
sem pre più gravi difficoltà e confusione. Difficoltà e confusione che favoriranno gli errori
e la possibilità di dare ragione ai com unisti e socialisti nel prospettare la opportunità di
far assum ere all’Italia una posizione di neutralità, inserendola in una fascia cuscinetto del
genere, che com prenda gli stati scandinavi, la Germ ania (unificata), l’Austria, la Svizzera,
la J ugoslavia e la Turchia.319

In ogni caso, ancora nel maggio 1960 Francesco De Martino, nelle sue vesti di
vicesegretario del Partito, in una lettera a tutte le Federazioni, ribadì l’esigenza di
sostenere una politica che non identificasse la posizione del PSI con nessuna di
quelle dei due blocchi e, di conseguenza, la necessità di non associarsi alle inizia-
tive prom osse dai Partigiani della Pace, «le quali coincidono letteralm ente con la
posizione dell’Unione Sovietica».320

11. LA RISCOPERTA DELL’E UROPA

Il m utato atteggiam ento del PSI nei confronti dell’Europa ebbe, alla sua base,
la convinzione che il processo di distensione internazionale e la rafforzata pre-
senza della socialdem ocrazia aprissero m aggiori prospettive per la costruzione di
un’Europa meno legata alla politica statunitense e più aperta agli scambi con
l’Est europeo. Sul piano interno questa politica poteva essere sviluppata con
m aggiore convinzione da un PSI rafforzato piuttosto che dai vari governi centri-
sti, ottenebrati dall’anticom unism o viscerale e fautori di un’Europa vincolata
all’atlantism o.
Ma il punto decisivo, anche in questo caso, fu rappresentato dai fatti del ’56 e
dalla riacquistata autonomia del PSI. Così, se all’inizio del 1956, si possono leg-
gere, sul processo di integrazione europea e sull’Euratom , pareri non del tutto
coincidenti,321 De Martino iniziò a porre la questione legandola al tem a più am -

318 ACS, Min. Int., PS 1957, AA.GG., b. 1.


319 Ivi, nota del 20 novembre 1957 sull’Attività del m ovim ento italiano della pace.
320 Cfr. il testo della lettera in ACS, Min. Int., Gab. Partiti Politici 1944-1966, b. 64.
321 Mentre Ferdinando Vasetti denunciava Pericoli e contraddizioni dell’Europa («Mondo

Operaio», marzo 1956, pp. 177-179), Michele Giua, dopo aver sottolineato la «necessità che da
parte del governo si prendano rapidam ente iniziative per installare qualche reattore nucleare
necessario per avviare ricerche di carattere scientifico e pratico», invitava i parlamentari socia-
listi ad assum ere una «posizione neutra rispetto alla nuova iniziativa di Monnet, diversa da
quella a suo tem po da noi assunta verso la CECA, perché diverso è il problem a per l’Italia, in
quanto si tratta di creare ex-novo in questo campo e qualunque iniziativa, purché non destinata
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 255

pio del nuovo assetto delle relazioni internazionali: «Sulla politica internazionale
possiam o dire che siam o pronti a rivedere certe situazioni? C’è la questione
dell’Euratom. L’iniziativa nostra in questo cam po può contribuire a rafforzare la
nostra iniziativa».322
Al Com itato centrale del 9-10 aprile 1956 Nenni poté quindi afferm are che
«se un’iniziativa com e quella dell’Euratom risultasse contenibile e controllabile
nei lim iti dell’im piego civile e non m ilitare delle risorse nucleari dell’Europa, es-
sa m eriterebbe attenzione e studio. Nelle m utate condizioni è oggi possibile per il
nostro partito considerare la possibilità di un’azione all’interno delle stesse allean-
ze contratte dal paese per arrivare per altra via e con altri mezzi al superam ento
dei blocchi».323
Alla fine dello stesso anno Giovanni Pieraccini, dopo aver ribadito il rifiuto di
un’Europa atlantica, carolingia, tecnocratica, scrisse che «i socialisti possono, e a
m io avviso debbono, partecipare alla lotta per la creazione dell’Europa, m a par-
tendo dal loro terreno, che è quello della lotta per la pace e per il socialismo».324
Indicativo, poiché riassum eva tutti i tem i che abbiam o visto, è il fondo di
Guido Mazzali sull’«Avanti!» del 6 gennaio 1957:

Dal crollo delle opposte speranze fissate su Washington e su Mosca e dal m ancato pro-
nunciarsi così all’Est che all’Ovest di una idea, di una tesi, di una forza che si ponga a
leadership, si origina e prende consistenza il proposito di edificare una politica europea
che consenta al nostro vecchio continente di risorgere nella arm onia dei popoli che lo
com pongono e nella funzione m ediatrice e pacificatrice dei continenti con cui confina.
Non per vivere di sé e per sé, m a per servire i suoi interessi nell’adem pim ento dei suoi do-
veri verso l’Am erica, l’Asia, l’Africa. Ed è proprio per il dissolversi della fiducia di m ilioni
di italiani nella capacità della Dem ocrazia cristiana di porsi a strum ento di urgenze eco-

a scopi di guerra e non vincolante lo sviluppo ulteriore delle applicazioni nucleari, è senz’altro
da accettare» (L’energia atom ica e l’Euratom , «Mondo Operaio», febbraio 1956, p. 120 .
L’articolo era preceduto da una nota redazionale che lasciava all’autore la responsabilità delle
opin ioni m anifestate sull’atom o; cfr. an che i dubbi di L. Vism ara, L’Euratom com e la CED?,
«Avanti! , 20 aprile 1956). In generale, si può com unque affermare che, negli anni precedenti, i
socialisti avevano mostrato di essere sostanzialmente favorevoli all’uso civile dell’energia ato-
m ica, vista come fonte di progresso (cfr. F. Morigi, L’atom o ricchezza dei poveri, ivi, 20 luglio
1955; P. Nenni, Qualche cosa sta m utando, ivi, 21 agosto 1955; F. Morigi, Scegliere: o il reatto-
re o la bom ba, ivi, 18 settembre 1955; l’intervento di Riccardo Lombardi alla Cam era nella se-
duta del 21 febbraio 1955 in sede di ratifica delle convenzioni europee per la ricerca nucleare in
R. Lom bardi, Discorsi parlam entari, vol. II cit., pp. 60 5-611).
322 E Nenni sottolineò a m argine: m olto im portante (ACS, CN, b. 90 , fasc. 2215, riunione

della Direzione del 23 m arzo 1956, p. 3).


323 Cfr. «Avanti!», 10 aprile 1956.
324 G. Pieraccini, Internazionalism o, distensione, europeism o, «Mondo Operaio», novem -

bre 1956, p. 642. Pieraccini ribadì questa posizione anche in Direzione, il 17 aprile 1957: «Svi-
luppare una nostra politica per la pace anche se, come prevede Nenni, ciò ci conduce ad un
contrasto di fronte ai comunisti [...]. Il terreno della politica estera è per noi il più favorevole.
Mercato Comune ed EURATOM ci im pegnano e non possono risolversi con il no» (ACS, CN, b.
91, fasc. 2221). Il superam ento dei blocchi era com unque ancora pregiudiziale, in questa fase,
allo sviluppo dell’integrazione europea: cfr. G. Fenoaltea, Europeisti e no, «Mondo Operaio»,
gennaio 1957, pp. 17-21; P. Nenni, Dalla ‘giusta causa’ all’integrazione econom ica, «Avanti!»,
20 gennaio 1957.
256 Capitolo II

nom iche e sociali e non di precetti religiosi e per l’appannarsi in m igliaia di intellettuali e
operai della fede nelle possibilità risolutrici del Partito com unista, che ha preso avvio e va
guadagnando ragioni e posizioni la nostra politica di unità socialista, ieri enunciazione e
oggi azione.325

Nella relazione di Nenni a Venezia la politica europea del PSI assunse contor-
ni più delineati, ribadendo la funzione di m ediazione, di arbitrato, di riavvicina-
m ento tra i due blocchi che doveva essere svolta dall’Europa, favorendo così pure
l’evoluzione dem ocratica dei Paesi dell’Est europeo. L’Europa avrebbe così potu-
to considerare «i problemi della sua unità sul piano politico, econom ico, m ilitare
com e problem i di pace, di riavvicinam ento tra Occidente e Oriente».326
Venne quindi afferm ata la necessità, da parte del PSI, di assum ere, a differen-
za di quanto accaduto nel periodo della ricostruzione, concrete responsabilità
«perché la rivoluzione industriale e l’integrazione econom ica europea – m ercato
unico – EURATOM facendosi senza e contro di noi non si facciano, com e è avve-
nuto per la ricostruzione, nell’interesse dei m onopoli e della grossa borghesia a-
graria».327
Anche nei confronti dei federalisti il giudizio si è m odificato da quando, si af-
ferm a, «è m utato lo spirito con cui il m ovim ento pone i problem i dell’europei-
sm o socialista non già com e operazioni diplom atiche di vertice, m a com e inizia-
tiva socialista e azione di massa dei lavoratori».328
Questi tem i verranno sviluppati nei mesi successivi, quando fu riproposta
l’idea di un’Europa unita com e superamento dei vari nazionalism i «per trovare
un accordo degli opposti interessi ed attuare quella più alta form a di vita politica
che è la dem ocrazia e la libertà».329
Si fecero però ben presto strada anche le critiche ai m odi con i quali si era
giunti alla firm a del trattato istitutivo del MEC, «fredda e artificiosa costruzione
della diplom azia» 330 non sorretta da un più am pio m ovim ento di opinione pub-
blica o dall’esistenza di interessi com uni. Sorsero anche i prim i dubbi riguardo
alle conseguenze dell’attuazione delle norm e com unitarie in m ateria di libero
scam bio per un’econom ia com e quella italiana, bisognosa di am modernamento

325 G. Mazzali, Ragioni di una politica, ivi, 6 gennaio 1957.


326 Partito Socialista Italiano, 32° Congresso Nazionale cit., p. 132.
327 Ivi, pp. 10 0 -10 1.
328 Ivi, p. 127. Perm aneva comunque la diffidenza dei federalisti nei confronti delle nuove

posizioni del PSI (cfr. D. Pasquinucci, Europeism o e dem ocrazia cit., pp. 142-143; E. Decleva,
Dal frontism o alla riscoperta dell’Europa cit., pp. 35-36). Dopo la firma del Trattato di Rom a,
inoltre, Alberto J acom etti, che pure aveva sim patizzato, negli anni ’30 , per gli ideali federalisti-
ci, m a che se n’era staccato durante il confino trascorso a Ventotene (cfr. R. Fiam m etti, Alberto
Jacom etti dal prim o dopoguerra alla stagione del centrosinistra cit., pp. 723-724) avrebbe
sferrato un duro attacco a Spinelli, incapace di comprendere la realtà di classe che sottostava
alla creazione del MEC (Federalisti utopisti, «Mondo Operaio», luglio-agosto 1957).
329 L. Lavaggi, Attuali prospettive dell’europeism o, ivi, febbraio-m arzo 1957, p. 80 .
330 R. Am aduzzi, Lim iti della com unità econom ica, ivi, aprile 1957, p. 163.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 257

m a anche, in zone com e il Mezzogiorno, di tutela.331 Si pose quindi, per un giudi-


zio sul mercato comune, un problem a di ‘garanzie m inim e’, e cioè di salvaguar-
dia dei singoli interessi nazionali «in rapporto ai problem i del livello di vita e
dello stato dell’occupazione» 332 e di effettiva rappresentanza di tutti gli schiera-
m enti politici nei vari organism i com unitari.
La Direzione del PSI incaricò perciò una com m issione form ata da Lom bardi,
Basso e Vecchietti di esam inare i vari problem i posti dall’integrazione europea.
Lom bardi riferì una prim a volta sui lavori della comm issione nella Direzione del
4 m aggio 1957, esprim endo «un’opinione favorevole, largam ente m otivata» e di-
chiarandosi «personalmente orientato a votare a favore. La scelta fondamentale
va fatta sul criterio se sia o no un elemento di progresso» pur criticando l’im -
preparazione con cui il governo accedeva all’integrazione europea e accennando
all’eventualità di votare contro «se non ci daranno soddisfazione sul punto della
rappresentanza negli organi internazionali. Ma deve essere chiaro che non sarà
per conservare la situazione che esiste».333 Dopo un am pio dibattito nel quale
em ersero la posizione di attesa di Foa («Il solo beneficio è quello che non si vede:
che cioè si suscitano forze nuove» 334 ), De Martino, Vecchietti e le perplessità di
Basso («Il trattato rafforza la tecnocrazia che è il principale nem ico del m ovi-

331 Cfr. L. Lizzadri, Colonialism o sottobanco, ivi, m aggio 1957, p. 216: Lizzadri propose di

conseguenza una «politica estera m editerranea, di am icizia con i popoli arabi» come cardine
dell’alternativa neutralistica del PSI.
332 R. Uboldi, L’avvenire dell’Europa, ivi, aprile 1957, p. 162. Su questi punti la posizione

era assai simile a quella del PCI che «enfatizzava il giudizio sull’arretratezza strutturale del pa-
ese assai oltre i lim iti consentiti dalla realtà» (S. Galante, Alla ricerca della potenza perduta: la
politica internazionale della DC e del PCI negli anni ‘50 , Manduria, Lacaita, 1990 , p. 179; cfr.
anche G. Roverato, La linea econom ica del PCI negli anni Cinquanta, in B. Groppo - G. Ric-
camboni (a cura di), La sinistra e il ’56 in Italia e Francia cit., pp. 276-30 3). Alcuni anni dopo
Giorgio Amendola riconoscerà che «la nostra posizione, politicamente responsabile, di critica
al MEC, fu accom pagnata [...] da un’erronea sopravvalutazione delle difficoltà econom iche che
sarebbero state provocate dall’entrata in vigore del MEC e da una sottovalutazione delle possi-
bilità nuove offerte dalla iniziale form azione di un mercato europeo all’espansione econom ica
italiana» (Lotta di classe e sviluppo econom ico dopo la Liberazione, Roma, Ed. Riuniti, 1962,
p. 86).
333 Cfr. anche, per la posizione di Lombardi in questa fase, I veri problem i del Mercato co-

m une, «Sinistra europea», aprile 1957, pp. 8-9.


334 Foa era peraltro ben consapevole dei mutam enti economici in corso: «I principali ele-

menti dinamici su scala mondiale sono essenzialmente tre: l’emancipazione economica dei paesi
ex coloniali; l’adozione della nuova tecnologia nel cam po delle m aterie prim e, delle fonti ener-
getiche e dell’automazione nella produzione di beni e servizi; i processi di integrazione econo-
mica sopranazionali. Economicam ente l’Italia è im preparata per la sua debolezza strutturale,
per la sua profonda differenziazione interna, per la sua bassa produttività m edia. Essa non è
oggi in grado di sostenere efficacem ente il ritmo più rapido impresso al tem po dalle nuove vi-
cende mondiali. I fatti nuovi trovano in Italia un am biente ancora troppo vecchio e rigido.
Com pito del socialism o oggi è quello di fare dell’Italia un paese m oderno, un paese capace di
tenere il ritmo dei tem pi» (Il socialism o per un’Italia m oderna, «Mondo Operaio», febbraio-
m arzo 1957, pp. 69-70 ; cfr. anche Id., Il neocapitalism o è una realtà, ivi, aprile 1957, pp. 225-
226; Id., Com inciam o a discutere di Mercato Com une, «Lavoro», (1957), 6). In questi m esi
anche Nenni sem brò prendere m aggiore coscienza dei cam biamenti avvenuti, com e mostrano i
suoi appunti sulla situazione econom ica in ACS, CN, b. 125.
258 Capitolo II

m ento operaio»), Nenni concluse: «Accettato il principio che non si può votare
contro. Non possiam o votare a favore. È una di quelle situazioni in cui
l’astensione è la conclusione inevitabile»).335
Questa linea trovò un prim o riscontro nella risoluzione del Com itato centrale
del 10 m aggio 1957, con la quale il PSI «si pronuncia a favore dell’EURATOM e
riserva il suo giudizio sulla ratifica del m ercato com une europeo ad un riesame
del trattato da parte dei governi com petenti per un m igliore adeguam ento delle
strutture che esso prevede e per più serie garanzie politiche ed econom iche in
rapporto alla condizioni speciali del nostro Paese, specie per le sue aree sottosvi-
luppate».336
Fu quindi proposta l’attuazione di un piano quadriennale nei settori della
produzione e del credito per consentire all’econom ia italiana di ovviare al pro-
prio stato d’im preparazione tecnica e alle industrie non appartenenti ai gruppi
m aggiori di trarre dal MEC, al m omento dell’entrata in vigore delle riduzioni ta-
riffarie, m aggiori vantaggi econom ici e sociali;337 si reclam ò infine l’elezione de-
m ocratica e senza discrim inazioni della rappresentanza italiana negli organismi
com unitari.
L’andam ento del dibattito non soddisfece com unque Nenni che così com m en-
tò nei suoi Diari l’esito dei lavori del Com itato centrale:

Finito stasera il Com itato centrale. Pessim o [...]. Ho ottenuto il voto per l’EURATOM e un
im pegno per il Mercato Com une che salva l’adesione di principio. Poco o m olto a seconda
di chi è al volante. Anche stasera (com e la sera del voto a Venezia) il m io dovere sarebbe
quello di andarm ene. m a sono sem pre di fronte al solito angoscioso quesito: ho il diritto
di farlo? Il partito non m i ha dato nei dieci anni trascorsi bastanti soddisfazioni perché io
sopporti qualche m ese di amarezze? 338

Il vero scontro politico all’interno del PSI si svolse però al Com itato centrale
del 17-19 luglio 1957, appositam ente convocato per definire la linea del Partito in
vista dell’imm inente ratifica dei trattati MEC ed EURATOM. Il giorno preceden-
te l’inizio dei lavori, la Direzione aveva riafferm ato le decisioni prese durante il
precedente Com itato centrale; anche Foa, nonostante si dichiarasse preoccupato
«per le speculazioni cui può dar luogo il nostro voto diverso da quello com uni-
sta», invitò com unque a «prendere la nostra posizione con la coscienza delle no-
stre buone ragioni».339
Nella sua relazione al Com itato centrale Lom bardi, a nome della com m issio-
ne com posta da Basso e Vecchietti, sollecitò quindi il voto favorevole all’EURA-
TOM («lo stato di estrem a arretratezza dell’industria nucleare in Italia è tale che

335 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221.


336 Cfr. l’«Avanti!», 11 m aggio 1957.
337 Cfr. R. Lombardi, Perché un piano di 4 anni, ivi, 16 m aggio 1957.
338 P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra. Diari 1957-1966, Milano, Sugarco, 1982, pp. 13-

14. Cfr. anche E. Forcella, Nenni attaccato da m olti dirigenti vuole lasciare la segreteria del
PSI, «La Stam pa», 10 maggio 1957.
339 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 259

ogni possibilità di collaborazione con le industrie nucleari più avanzate di altri


stati rappresenta un vantaggio certo per il progresso scientifico, tecnico ed eco-
nom ico dell’Italia») e l’astensione sul MEC, m otivata con un parere positivo in
linea di m assim a su una organica collaborazione econom ica fra i Paesi europei,
che si concretizzava in un «serio elem ento di svincolo dalla direzione economica
statunitense», controbilanciato però dalla totale sfiducia nei confronti dell’im -
postazione conservatrice e liberistica alla quale sem brava ispirarsi: «Il PSI è riso-
lutam ente contrario alla costruzione di una sem plice unione doganale, favorevo-
le invece a una com unità econom ica. I m otivi dell’opposizione alla sem plice u-
nione doganale coincidono con la totale sfiducia verso un’econom ia ‘liberista’
nella quale gli ‘aggiustamenti’ sono affidati alle cosiddette ‘forze spontanee del
m ercato’».340
Dopo la relazione di Lombardi il dibattito registrò num erose critiche dei vari
esponenti della Sinistra (Libertini,341 Luzzatto, Targetti, lo stesso Pertini342 ),
quasi tutte incentrate sul MEC (solo Lussu attaccò anche l’EURATOM, giudican-
dolo inscindibile dal MEC) e che furono riassunte da Panzieri nel suo intervento:
il MEC rafforzava i trusts e i m onopoli, aggravando la situazione dei Paesi più
arretrati, delle zone più depresse del Mezzogiorno e della classe operaia nei vari
Paesi europei; il MEC inoltre, rim anendo nell’ambito della concezione che aveva
dato vita alla NATO e ai blocchi militari contrapposti, rendeva più difficoltosa la
soluzione del problem a tedesco ed aggravava lo stato dei rapporti Est-Ovest.343
A Panzieri risposero i sindacalisti Foa e Brodolini, sottolineando l’arretratez-
za dell’econom ia italiana e la necessità, per il m ovimento operaio italiano, di non
isolarsi e di partecipare alle lotte degli altri lavoratori europei per una politica di
sviluppo e di reale integrazione econom ica.344
Mentre la risoluzione del Com itato centrale recepiva le proposte della rela-
zione Lom bardi, Panzieri presentò, con Luzzatto, un em endamento (respinto con

340 Per la relazione di Lombardi cfr. l’«Avanti!», 18 luglio 1957.


341 Per la posizione di Libertini cfr. la lettera alla rubrica Arrivi e partenze sull’«Avanti!»
del 13 ottobre 1957.
342 «Non dobbiamo dare l’im pressione di essere in ansiosa cerca di biglietti da visita per in-

serirci nella politica occidentale. Questa im pressione noi darem m o se aderissim o, anche con
l’espediente dell’astensione, al Mercato comune» (cfr. l’«Avanti!», 20 luglio 1957 e le relazioni
della Questura di Roma in ACS, Min. Int., PS, AA.GG. 1957, b. 20 ).
343 Cfr. l’«Avanti!», 19 luglio 1957.
344 Ibidem (cfr. anche, su questo punto, F. De Martino, Una rinnovata azione socialista,

«Avanti!», 21 luglio 1957). Sull’atteggiam ento dei sindacalisti socialisti verso il MEC (che in-
fluenzò in maniera decisiva la risoluzione unitaria della CGIL sul tema: cfr. l’«Avanti!», 23 lu-
glio 1957) cfr. N. Kogan, La politica estera italiana, Milano, Lerici, 1965, pp. 138-139; F.R. Wil-
lis, Italy Chooses Europe, New York, Oxford University Press, 1971, pp. 221-251; S. Cruciani,
L’Europa delle sinistre cit., pp. 10 2-10 9, 20 1-20 2; G. Form igoni, I sindacati italiani e il proces-
so di integrazione europea, in A. Ciam pani (a cura di), L’altra via per l’Europa. Forze sociali e
organizzazione degli interessi nell’integrazione europea (1947-1957), Milano, Franco Angeli,
1995, pp. 33-41; P. Iuso, La dim ensione internazionale, in A. Pepe - P. Iuso - S. Misiani, La co-
struzione della dem ocrazia, Rom a, Ediesse, 20 0 8, pp. 20 1-215; I. Del Biondo, L’Europa possi-
bile. La CGT e la CGIL di fronte al processo di integrazione europeo (1957-1973), Rom a, E-
diesse 20 0 7.
260 Capitolo II

59 voti contrari, 2 astensioni e 13 voti favorevoli) con il quale si invitavano i


gruppi parlam entari ad esprim ere un voto contrario alla ratifica del trattato.345
Il 22 luglio Lom bardi espose quindi alla Cam era la posizione del gruppo par-
lam entare socialista, presentando inoltre due emendam enti, entram bi respinti,
ai fini del riconoscim ento del diritto delle opposizioni ad essere rappresentate
negli organism i com unitari e per im pedire la concessione al Governo della delega
dei poteri per l’attuazione della partecipazione italiana al MEC.
Mentre illustrava le differenze tra CED e MEC, e la conseguente diversa posi-
zione socialista, per la prim a volta da anni gli atti parlam entari registrarono le
interruzioni polem iche (anche di carattere personale) di un deputato com unista,
Giancarlo Pajetta, nei confronti di un collega socialista: 346 anche questo era un
segno del m utam ento dei rapporti a sinistra.
Peraltro, anche nello stesso Lombardi rimanevano alcune perplessità o, meglio,
l’idea che, pur nelle contraddizioni, fosse possibile costruire un’Europa socialista
diversa da quella che avevano in mente le destre politiche ed econom iche:

Com e è chiaro non soltanto dai discorsi dell’onorevole Malagodi, m a dai discorsi del si-
gnor De Micheli, presidente della Confindustria, vi sono due m odi di concepire il trattato
e vi sono due m odi di aver fiducia in esso e sono due m odi inconciliabili [...]. A priori la
situazione che il Mercato comune determ inerà può essere una situazione più vantaggiosa
per i ceti conservativi (sic), per la classe possidente, può determ inare un irrobustim ento
del vecchio ordinam ento proprietario. Ma può determ inare anche il contrario. Ciò dipen-
de dalla lotta politica che si svolgerà attorn o all’applicazione del m ercato com une [...]. Per
noi socialisti, il m ercato com une ha un senso, può avere un senso e potrebbe avere un
senso solo in quanto esso sia capace di evolvere verso una politica econom ica com unitaria

345 Cfr. l’«Avanti!» del 20 luglio 1957 e, su tutto il dibattito, I Socialisti di fronte al Mercato

Com une Europeo, Roma, SETI, 1957; D. Felisini, Il Partito Socialista Italiano e l’integrazione
europea cit., pp. 325-330 . Sul dibattito al Com itato centrale del PSI e sull’atteggiam ento del
PCI cfr. il resoconto della conversazione tra Velio Spano e l’am basciatore Kozyrev in V. Riva,
Oro da Mosca cit., pp. 679-68 0 . La sinistra socialista riprese le sue critiche con tono assai a-
spro nel corso del 1958, con una serie di articoli di Della Mea, Libertini, Valori, Vecchietti ap-
parsi sulle colonne dell’«Avanti!» e di «Mondo Operaio» e ripubblicati in G. Mughini (a cura
di), Il revisionism o socialista cit., pp. 88-125. Sui particolari caratteri dell’europeismo sociali-
sta in questi anni cfr. E. Decleva, Dal frontism o alla riscoperta dell’Europa cit., pp. 34-36; M.
Degl’Innocenti, Storia del PSI cit. pp. 235-241; K. Featherstone, Socialist Parties and Europe-
an Integration. A Com parative History , Manchester, Manchester University Press, 1988, pp.
214-240 ; la testim onianza di Mario Zagari in U. Intini (a cura di), Le due radici cit., pp. 190 -
198; G. Lauzi, I nuovi collegam enti internazionali del socialism o italiano, in A. Benzoni - R.
Gritti - A. Landolfi (a cura di), La dim ensione internazionale del socialism o italiano cit., pp.
276-283; C. Ripa di Meana, I socialisti e l’Europa, ivi, pp. 249-260 ; M. Zagari, N enni e l’unità
dell’Europa, «Affari esteri», prim avera 1991, pp. 229-241.
346 Camera dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Rom a 1957, pp. 34228-34229; cfr.

anche gli interventi di Pieraccini (ivi, pp. 34529-34537) e Basso (ivi, pp. 34789-34796) per il
quale il MEC, nonostante i lati negativi, rappresentava, come Marx aveva sottolineato cento
anni prima, a proposito del libero scambio, «un elem ento di rottura degli equilibri esistenti»,
modificando la situazione di sottosviluppo che aveva fino ad allora caratterizzato l’economia
italiana (cfr. anche, per la posizione di Basso su questo tema, Dopo il voto, «Avanti!», 1 agosto
1957).
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 261

che renda com patibili fra di loro i piani nazionali di sviluppo e che in prospettiva prefiguri
un vero e proprio piano econom ico di sviluppo collettivo com une ai sei paesi.347

In realtà, i m aggiori esponenti della corrente autonom ista del PSI avevano
com preso che non era più possibile inserire il processo d’integrazione europea
nel quadro della guerra fredda e che quindi le pregiudiziali posizioni anti-
am ericane assunte dal PCI a questo proposito erano orm ai anacronistiche.348 In
particolare, in Nenni349 si faceva strada la sostanziale, anche se non dichiarata,
accettazione dell’equilibrio bipolare così com e si era configurato dopo Suez, con
le im plicite conseguenze per la posizione italiana: «Quanto alla politica estera
italiana è evidente che essa non può prescindere dal dato di fatto geografico, e-
conomico, storico e culturale che l’Italia fa parte dell’Occidente».350 Se ciò signi-
ficava rinunciare all’ipotesi di un’Europa com e terza forza, sarebbe diventato pe-
rò un passaggio decisivo per legittim are il PSI com e forza di governo.351

12. L’I NTERNAZIONALE SOCIALISTA

Furono sem pre i fatti ungheresi ad influire anche sui rapporti tra il PSI e le
socialdem ocrazie occidentali. Nel luglio 1956, tracciando un bilancio dei rapporti

347 Cam era dei Deputati, Atti parlam entari. Discussioni, Roma 1957, p. 34240 . Cfr., a que-

sto proposito, P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Milano, TEA, 1996, p. 252 e, per un
com m ento in chiave federalistica del discorso di Lom bardi, A. Garosci, Lom bardi e l’Europa,
«Il Mondo», 30 luglio 1957.
348 Cfr. ad esem pio C. Negarville, I trattati ‘europeistici’ nel quadro dell’attuale politica

dell’im perialism o, «Rinascita», m arzo 1957, pp. 79-82; G. Berti, La posizione dei com unisti
contro i trattati per il Mercato Com une e per l’Euratom , ivi, luglio-agosto 1957; L’opinione del
PCI sul Mercato Com une, «l’Unità», 24 m aggio 1957. Sull’atteggiamento del PCI nei riguardi
del processo d’integrazione europea cfr. S. Galante, Il Partito com unista italiano e
l’integrazione europea. Il decennio del rifiuto 1947-1957, in B. Groppo - G. Riccam boni (a cura
di), La sinistra e il ’56 in Italia e Francia cit., pp. 323-350 ; S. Leonardi, L’Europa e il m ovi-
m ento socialista. Considerazioni sui processi com unitari: CEE e Com econ, Milano, Adelphi,
1977, pp. 157-160 , che pubblica anche in appendice, alle pp. 185-20 9, l’interessante documento
dell’Istituto per l’Economia m ondiale e le Relazioni internazionali dell’Accadem ia delle Scienze
dell’URSS «sulla creazione del Mercato comune e dell’EURATOM»; F.R. Willis, Italy Chooses
Europe cit., pp. 287-299; M. Maggiorani, L’Europa degli altri. Com unisti italiani e integrazio-
ne europea (1957-1969), Roma, Carocci,1998, pp. 48-67; S. Cruciani, L’Europa delle sinistre
cit., in particolare pp. 174-187. Sulle origini ideologiche di questa posizione cfr. A. Guerra, La
questione europea nella politica estera dell’URSS, «Critica m arxista», maggio-giugno 1982,
pp. 19-42; R. Monteleone, Le ragioni teoriche del rifiuto della parola d’ordine degli Stati Uniti
d’Europa nel m ovim ento com unista internazionale, in S. Pistone (a cura di), L’idea
dell’unificazione europea dalla prim a alla seconda guerra m ondiale cit., pp. 77-95.
349 Per la sua posizione sul MEC cfr. Europa econom ica e politica, «Avanti!», 28 luglio 1957.
350 ACS, CN, b. 90 , fasc. 2218, relazione presentata da Nenni alla Direzione in vista del Co-

m itato centrale del 27-29 novem bre 1956.


351 Nel m aggio 1957, in occasione della formazione del governo monocolore Zoli, iniziarono

così anche i primi sondaggi da parte democristiana (nella persona di Tambroni) per verificare
la possibilità di un’astensione socialista (cfr. A. Ricciardi, Riccardo Lom bardi e l’apertura a
sinistra cit., p. 69).
262 Capitolo II

tra il PSI e l’Internazionale, Giorgio Fenoaltea poteva ancora scrivere che, se le


grandi questioni erano dettate dai problem i dell’oggi più che da quelli di ieri «la
sola posizione costante rilevabile dagli atti dell’Internazionale è l’anticomuni-
sm o: non però l’anticom unism o legittim o di chi vuol discutere e contestare con
argom enti rispettabili, m a l’anticom unism o preconcetto e assoluto. Tale unica
conseguente posizione dell’Internazionale non offre, noi riteniam o, alcun ausilio
alla soluzione dei problem i odierni».352
Solo pochi mesi dopo, nel gennaio 1957, Francesco De Martino mostrava, in
preparazione del Congresso di Venezia, di accettare la realtà delle socialdem o-
crazie europee, sia pure, ancora una volta, con le opportune cautele:

La realtà storica è che la classe operaia in Inghilterra ed in m olti altri paesi dell’occidente
si esprim e nella socialdem ocrazia. Ciò non avviene per caso: può darsi che la via nazionale
per il socialism o in questi paesi passi per la socialdem ocrazia. In ogni caso, questa rappre-
senta la grande m aggioranza della classe operaia e dei lavoratori. Il nostro partito deve
avere una m aggiore coscienza di ciò, deve com prendere la funzione della socialdem ocra-
zia occidentale e deve quindi svolgere una politica generale che gli consenta di stabilire
dei rapporti con tali partiti [...]. Ciò non vuol dire, è appena necessario aggiungerlo, che
noi dobbiam o fare nostro il pensiero dei vari partiti socialdem ocratici su tutti i problem i,
né quello jugoslavo sulla costruzione del socialism o. Significa solo che un partito sociali-
sta, com e quello italiano, non può essere guidato da altro criterio che quello del m igliora-
m ento dei rapporti fra le varie correnti del m ovim ento operaio internazionale, anche nel
perm anere delle profonde divisioni ideologiche e politiche.353

Il congresso di Venezia, al quale parteciparono Aneurin Bevan, Richard Cros-


sm an e Morgan Phillips,354 sancì quindi il riavvicinam ento con l’Internazionale
socialista e in particolare con il Labour Party , anche in previsione dell’ipotesi
della riunificazione socialista. Nella sua relazione Nenni afferm ò: «Non si tratta
da parte nostra di nascondere o m inim izzare le divergenze e le differenze, anche
profonde, con le socialdem ocrazie europee [...]. Si tratta di cercare quali azioni
possiam o condurre per aiutare l’Europa e il m ondo a uscire dalla crisi». 355
Riflettendo parecchi anni dopo su quel periodo De Martino scriverà, in una
lettera a Craxi del m arzo 1982:

Il Congresso di Venezia del 1957 ha fissato in m odo chiaro caratteri distintivi e finalità del
socialism o italiano. La piena autonom ia dall’esperienza sovietica del com unism o e dai
partiti che ad essa si ricollegano, m a anche la perm anente volontà di lotta anticapitalistica
e di rifiuto di qualsiasi integrazione nel sistem a secondo schem i socialdem ocratici furono
i punti fondamentali di quel Congresso. Essi vanno aggiornati e rielaborati, non superati.

352 G. Fenoaltea, Il PSI e l’Internazionale, «Avanti!», 3 luglio 1956; cfr. anche, con toni più

m oderati, T. Vecchietti, I nostri e gli altrui doveri, ivi, 2 agosto 1956.


353 F. De Martino, Di fronte al congresso i problem i fondam entali del socialism o cit., p. 4.
354 Cfr. le rispettive interviste all’«Avanti!», 9 e 10 febbraio 1957 e, per il ruolo da loro svol-

to, I. Favretto, La nascita del centrosinistra e la Gran Bretagna cit., pp. 23-24; L. Nuti, Gli
Stati Uniti e l’apertura a sinistra cit., pp. 192-196, oltre al già citato rapporto riservato del Mi-
nistero dell’Interno (ACS, Min. Int., PS, AA.GG., b. 19).
355 Partito Socialista Italiano, 32° congresso nazionale cit., p. 128.
«La lezione dei fatti» (1956-1957) 263

In noi vi è l’intuizione di quella che oggi viene chiam ata la terza via. La terza via non è
qualcosa di m ezzo tra dem ocrazia e com unism o inteso com e dittatura, regim e collettivi-
stico autoritario. Essa è una concezione del socialism o che riafferm a i valori di questa dot-
trina, valori um anistici, di piena liberazione dell’uom o, di uguaglianza e di giustizia e per-
ciò stesso anticapitalista. Nel m ondo di oggi, tanto profondam ente m utato rispetto a quel-
lo ottocentesco, il socialism o è una sintesi tra i valori validi del collettivism o e della libertà
individuale. Form ulata nel 1957 nel PSI, la cosiddetta terza via è stata di volta in volta
proposta da partiti europei nel loro im pegno di rinnovam ento: così dal PS francese con la
guida m itterrandiana, dal partito greco con Papandreu, dallo stesso Soares nel 1972 per il
socialism o portoghese e da importanti correnti di altri partiti.356

Gli im previsti esiti del congresso ebbero però l’effetto di rallentare questo
riavvicinam ento, rafforzando le difficoltà già legate al tem a della riunificazione.
Il responsabile esteri del Partito, Vecchietti, riferì in Direzione, con una buona
dose di irrealismo, di aver «annunciato a Commin che se l’unificazione fallisse il
PSI potrebbe presentare una domanda di ammissione all’Internazionale».357 Ma
pochi m esi dopo Nenni fu costretto a prendere atto che non c’era nessuna possi-
bilità in tal senso: «Per ora non si può andare oltre la cortesia e la simpatia».358
Così, ad un lettore che non riusciva a com prendere com e, dopo Venezia, il PSI
non avesse ancora chiesto di entrare a far parte dell’Internazionale socialista,
Luciano Della Mea rispondeva con sincerità:

Allo stato attuale le divergenze fra PSI e Internazionale m i sem brano superiori alle con-
vergenze. In politica estera il PSI non può accettare, per esem pio, le posizioni della SFIO,
né tanto m eno quelle del PSDI. 359 Altra questione di fondo: il PSI non può accettare la
Carta di Francoforte, che contiene la dichiarazione dei princìpi con cui, nel 1951, fu rico-
stituita l’Internazionale e che non è stata ancora riveduta o aggiornata. In tale dichiara-
zione si dice che fascism o e com unism o «in sostanza si considerano la stessa identica co-
sa». Questo è inaccettabile per ogni persona di senso com une, figuriam oci per un sociali-
sta che si professa m arxista. Ma è anche politicam ente anacronistico ed è di rem ora al su-
peram ento della politica dei blocchi contrapposti, della distensione su cui il PSI ha punta-
to le proprie carte. Gli orizzonti dell’Internazionale socialista sono lim itati sia per quanto
riguarda il com unism o e i ferm enti relativi al XX Congresso del PCUS, sia per quanto ri-
guarda i partiti socialisti del Medio e dell’Estrem o Oriente.360

Non è quindi sorprendente l’im pressione suscitata, alla fine del 1957, dai col-
loqui che una delegazione del PSI inviata in Scandinavia ebbe con i socialdem o-

356 www.archivionline.senato.it, CCR, sezione 1, serie 2, sottoserie 4. Sull’intera questione

dei rapporti con l’Internazionale cfr. F. De Martino, Un’epoca del socialism o cit., pp. 20 1-20 4.
357 ACS, CN, b. 91, fasc. 2221, riunione della Direzione del 21 m arzo 1957, p. 11.
358 Ivi, riunione della Direzione del 22 ottobre 1957, p. 3.
359 Nella primavera del 1957 Nenni incontrò a Rom a il leader laburista Gaitskell, che così

gli scrisse il 3 maggio, prendendo atto della situazione: «Il problema della riunificazione è cer-
tam ente m olto più difficile di quanto io avessi im m aginato quando giunsi a Roma e penso che
occorrerà non poca pazienza e m olta tolleranza da ambo le parti prima che possa essere risol-
to» (ACS, CN, b. 26, fasc. 1379).
360 Cfr. la rubrica Arrivi e partenze sull’«Avanti!» del 20 agosto 1957.
264 Capitolo II

cratici locali.361 Scriveva (non senza una punta, più o m eno giustificata, di alteri-
gia) il segretario del Partito laburista norvegegese, Haakon Lie, al presidente
dell’Internazionale socialista, Albert Carthy: «L’im pressione che abbiam o avuto
è che queste persone siano in fondo dei socialisti secondo il significato che noi
attribuiam o a questa parola, e non dei ‘com pagni di strada’ o dei cripto-
com unisti. Parlano della lotta di classe e del m arxism o com e i socialisti norvegesi
erano soliti fare circa trent’anni fa – forse perché la loro attuale situazione eco-
nom ica e sociale corrisponde all’incirca alla nostra di allora».362

361 Cfr., sul viaggio della delegazione socialista e sulle im pressioni ricavate, gli articoli di G.

Tumiati sull’«Avanti!» del 19, 21, 24, 27, 31 dicem bre 1957 e del 4 (dedicato alla politica estera
di questi paesi) e 8 gennaio 1958: in particolare in quest’ultim o, alla domanda, che dava il titolo
all’articolo, Sono davvero socialisti i paesi scandinavi?, si rispondeva significativam ente:
«Non ancora, perché la borghesia ha tuttora am pi poteri econom ici; m a la loro avanzata sulla
via del socialism o è continua [...]. I partiti socialisti scandinavi hanno ritenuto necessario rive-
dere alcuni schem i del socialism o tradizionale. E stanno compiendo uno sforzo per sostituire
alla ‘politica operaia’ una politica dei w age-earners, cioè di tutti coloro che vivono di uno sala-
rio e di uno stipendio, com prendendo in questo term ine tanto gli operai quanto gli impiegati.
Com e si vede siam o di fronte a una situazione com pletam ente diversa da quella italiana e che
pertanto presenta problem i diversi e richiede diverse soluzioni. Resta da vedere se le nuove so-
luzioni che i socialisti scandinavi stanno studiando in questa delicata fase di trapasso siano le
più adatte a farli procedere rapidamente sulla loro via al socialismo. Ci sembra comunque che
sia lecito essere ottim isti dal mom ento che fino ad oggi, fra tutti i paesi dell’Europa occidentale,
sono stati proprio loro, gli Stati scandinavi, ad avvicinarsi maggiormente al traguardo del so-
cialism o». In ogni caso, erano passati dieci anni da quando il quotidiano del PSI aveva dedicato
attenzione analoga al socialismo scandinavo (cfr. G. Spini, Serenità e benessere sui fiordi, ivi, 4
ottobre 1947).
362 Cfr. L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra cit., p. 211. D’altra parte, le critiche del

PSI continuavano ad essere rivolte all’intera storia dell’Internazionale socialista, e in particola-


re dell’atteggiam ento della Seconda Internazionale di fronte alla guerra: cfr. D.P., Contro la
guerra soltanto a parole, «Avanti!», 7 maggio 1957; S. Colarizi, I socialisti italiani e l’Interna-
zionale socialista 1947-1958 cit., p. 3.
Indice dei nomi

Accolti Gil, Mario, 47 n., 156 n. Arfè, Gaetano, 13 n., 16 n., 18 n., 31 n., 40
Acheson, Dean, 121 n., 42 n., 47 n., 48 n., 55 e n., 101 n.,
Achilli, Fabrizio, 191 n. 105 n., 128 n., 130 n., 133 n., 156 n.,
Achilli, Michele, 224 n. 166, 168 n., 184 n., 195 n., 210 n., 227
Adams, John C., 28 n. n., 231 n., 233, 246
Adelfi, Nicola, 113 n. Armaroli, Silvano, 214 n.
Adenauer, Konrad, 135 Artieri, Giovanni, 182
Aga-Rossi, Elena, 25 n., 67 n., 86 n., 102 n. Asor Rosa, Alberto, 96 n., 244 n.
Agazzi, Emilio, 244 e n., 245 n. Attlee, Clement, 9, 22
Ago, Roberto, 74 n. Aureli, Romeo, 70 n.
Agosti, Aldo, 29 n., 31 n., 54 n., 92 n., 93 Avolio, Giuseppe, 140 n.
n., 99 n., 129 n., 170 n., 232 n. Avurre C., 52 n.
Ajello, Nello, 96 n., 97 n., 101 n., 245 n.
Alasia, Gianni, 196 Badoglio, Pietro, 34 n.
Albergamo, Francesco, 166 n. Baget-Bozzo, Gianni, 155 n., 200 n., 227 n.
Alberigo, Giuseppe, 242 n. Balay, Georges, 19 e n.
Albertoni, Ettore A., 165 n. Baldini, Nullo, 101
Alessandrini, Ada, 41, 99 n. Ballini, Pier Luigi, 26 n., 145 n., 226 n.
Alfassio Grimaldi, Ugoberto, 153 n. Balocchi, Enzo, 144 n.
Alfieri, Vittorio, 41 n. Balzamo, Vincenzo, 89
Alicata, Mario, 166 n., 167 n., 229 n., Banfi, Arialdo, 27 n., 123, 156 n.
238, 247 Baranelli, Luca, 244 n.
Amaduzzi, Ruggero, 117 n., 129, 149 n., Barié, Ottavio, 14 n.
156 n., 173 n., 256 n. Bartocci, Enzo, 64 n., 116 n.
Amato, Pasquale, 18 n., 36 n., 47 n., 54 Basso, Lelio, 15, 28 e n., 29, 32, 33 e n.,
n., 101 n., 105 n., 128 n., 156 n., 172 36 n., 45 e n., 46 e n., 52, 59, 60 n., 63
Amendola, Giorgio, 17, 37 e n., 180 n., n., 68 e n., 101, 114 n., 118 n., 129, 134
182, 193, 196, 199, 204 e n., 205-206, n., 135 n., 140 e n., 156 n., 170 n., 176,
212 e n., 221 n., 225 e n., 257 n. 187 e n., 202 n., 221, 230, 232, 233 e
Andreotti, Giulio, 32 n., 57 n., 140 n. n., 235, 241 n., 242 n., 243, 250, 251 e
Andreucci, Franco, 166 n. n., 252, 257, 258, 260 n.
Antonicelli, Franco, 112 n. Bazzarelli, Eridano, 223 n.
Antonini, Ezio, 165 n. Becchi, Bruno, 42 n., 190 n.
Apih, Elio, 87 n. Bechelloni, Giovanni, 98 n., 212 n.
Aragon, Louis, 124 Bedeschi Magrini, Anna, 227 n.
Ardia, Danilo, 19 n., 39 n., 48 n., 49 n., Bemporad, Carlo, 223 n.
52 n., 54 n., 68 n., 69 n. Benedetti, Arrigo, 170 n.
266 Indice dei nom i

Benzoni, Alberto, 43 n., 52 n., 60 n., 62 Brunello, Vincenzo, 212


n., 72 n., 82 n., 124 n., 151 n., 183 n., Brunori, Lorenzo, 123 n.
188 n., 210, 225 n., 232, 260 n. Bulganin, Nikolaj A., 115
Benzoni, Maria Matilde, 112 n., 135 n. Byrnes, James F., 86 n.
Bergamaschi, Myriam, 203 n.
Bergamini, Alberto, 58 n. Cacace, Paolo, 85 n.
Berija, Lavrentij P., 107, 115 n., 137 n. Cacciatore, Luigi, 13 n., 20, 30, 41
Berlinguer, Mario, 97, 98 Cafagna, Luciano, 190 n., 228
Bermani, Cesare, 101 n., 253 n. Caffi, Andrea, 126 e n., 127 n.
Bernardi, Adriano, 30 n. Calamandrei, Piero, 58 n., 112 n., 247
Bernardi, Guido, 28 n. Calloni, Marina, 167 n.
Bernari, Carlo, 112 n. Calvino, Italo, 97 n., 167 n.
Bertarelli, Franco, 108 n. Campus, Mauro, 132 n.
Bertelli, Sergio, 163 n., 183 n., 245 n. Canale Cama, Francesca, 16 n.
Berti, Giuseppe, 261 n. Canavero, Alfredo, 19 n., 21 n., 52 n., 71
Berto, Giuseppe, 120 n. n., 195 n.
Bertoldi, Luigi, 234 e n., 241 Canfora, Luciano, 181 n.
Bevan, Aneurin, 141 e n., 152 e n., 262 Cannata, Antonella, 149 n.
Bevin, Ernest, 9, 14 n., 27, 29 n., 60 n., Capitello, Arnaldo (pseudonimo di Aldo
66, 73, 76, 80 n. Colombo), 94 n.
Bianchi, Luisito, 25 Carandini, Niccolò, 9 e n., 15
Bianco, Gino, 127 n. Carcano, Sam, 106
Bidault, Georges, 19 n., 150 Carcaterra, Giovanni, 219, 245 n.
Bierut, Bolesław, 179 Cardini, Antonio, 144 n.
Bissolati, Leonida, 13 Caridi, Paola, 130 n.
Bobbio, Norberto, 112 n., 123 n., 127 n., Carli Ballola, Renato, 42 n., 51 n., 156 n.
186 n., 225 Carmagnola, Luigi, 58 n.
Boiardi, Erasmo, 112 n. Carpinelli, Sergio, 243 n.
Bolelli, Caterina, 218 Carthy, Albert, 264
Bonanate, Luigi, 93 n. Casati, Alessandro, 58 n.
Bonanni, Massimo, 49 n., 82 n., 98 n., Cases, Cesare, 118 n., 244 n.
212 n. Cassola, Carlo, 112 n., 246
Bonetti, Carlo, 98 n., 106 n., 109 n., 110 Castelli, Alberto, 127 n.
n., 146 n. Castronovo, Valerio, 132 n.
Bonfantini, Corrado, 58 n. Catalano, Franco, 59 n.
Boni, Piero, 203 n., 204 e n. Cataluccio, Francesco, 72 n., 78 n., 119 n.
Bonocore, Giuseppe, 58 n. Cattani, Venerio, 47, 124 e n., 179 n.
Bonomi, Ivanoe, 7 Catti De Gasperi, Maria Romana, 57 n.
Bontempelli, Massimo, 18 Cavallotti, Felice, 147
Booth Luce, Claire, 160 n., 175 n. Cavazza, Stefano, 26 n.
Borgoni, Antonio, 27 n., 45, 56 n., 60 n., Cavour, Camillo, 18, 74
61 n., 75 e n., 76 n., 80 n., 86 n., 87 n., Cazzola, Franco, 31 n., 38 n., 213 n.
116 n., 223 n. Cerchiai, Geri, 127 n.
Borsa, Mario, 74 Cesarini Sforza, Marco, 100 n.
Bosio, Gianni, 46 n., 101 n., 166, 167, 223 Chabod, Federico, 225
n. Charles, Noel, 60 n., 80 n.
Bottai, Giuseppe, 195 n. Chemotti, Saveria, 167 n.
Bracci, Mario, 143, 144 n. Chiang Kai-Scek, 114
Bresciani, Marco, 127 n. Chiaretti, Tommaso, 96 e n., 97 n.
Brodolini, Giacomo, 203, 204, 259 Chillé, Sergio, 122 n.
Brogi, Alessandro, 227 n. Chinello, Cesco, 36 n.
Brosio, Manlio, 55 e n. Chizzola, Giuseppe, 78 n.
Indice dei nom i 267

Churchill, Winston, 14 n., 22, 68 n., 104 Dagnino, Virgilio, 105 n., 117 n., 137 n.,
n., 137 e n., 139 e n. 146 n.
Cialdea, Basilio, 74 n. Dalmasso, Sergio, 191 n.
Ciampani, Andrea, 259 n. Dal Pra, Mario, 166 n.
Ciang, Kai-Scek, 121, 153 De Castro, Diego, 85 n.
Cingolani, Mario, 58 n. De Felice, Alessandro, 58 n.
Cingoli, Mario, 167 n. De Gasperi, Alcide, 14-15 n., 37, 49, 57,
Clarke, Ashley, 135 58, 78, 79, 86 n., 87, 88, 90, 103 n.,
Codignola, Tristano, 245 131, 132, 135, 139, 142, 144, 201
Coen, Federico, 36 n., 185 e n. De Gaulle, Charles, 129
Cofrancesco, Dino, 127 n., 128 n. De Leonardis, Massimo, 55 n., 226 n.
Colajanni, Napoleone, 147 De Lorenzo, Giovanni, 219, 245 n.
Colarizi, Simona, 21 n., 52 n., 92 n., 123 De Martino, Francesco, 32 n., 35 n., 39
n., 143 n., 153 e n., 183 n., 191 n., 264 n. n., 47 n., 53 n., 64 e n., 65, 92 e n., 110
Collotti, Enzo, 127 n. n., 116 e n., 140 n., 141-143, 168 n., 169
Colombi, Arturo, 37, 193, 205, 239 e n., 171 e n., 175, 186 e n., 187 n., 188,
Colombo, Arturo, 19 n. 197, 208, 210 n., 221, 222 e n., 228 e
Colombo, Carlo, 155 e n. n., 230, 233, 241 e n., 249-251, 252 n.,
Colorni, Eugenio, 127 e n., 128 n., 129 n. 254, 257, 259 n., 262 e n., 263 n.
Colummi, Cristiana, 167 n. De Micheli, Alighiero, 260
Comei, Marina, 71 n. De Mucci, Raffaele, 145 n., 174 n.
Commin, Pierre, 191 e n., 193 n., 224 n., 263 De Nicolò, Marco, 204 n.
Compagnone, Valentino, 127 n. De Rosa, Gabriele, 82
Conenna, Nadia, 152 n. De Sanctis, Francesco, 166, 167 n.
Conforto, Giorgio, 68 n. Decleva, Enrico, 13-14 n., 19 n., 118 n.,
Consiglio, Dario, 167 n. 260 n.
Contarini, Salvatore, 76 Degl’Innocenti, Maurizio, 31 n., 48 n.,
Contini, Annita, 206 104 n., 155 n., 167 n., 174 n., 183 n.,
Coppola, Aniello, 115 n. 188 n., 191 n., 232 n., 260 n.
Corallo, Salvatore, 176 Del Biondo, Ilaria, 259 n.
Corona, Achille, 105 n., 138, 248 Del Buono, Oreste, 97 n.
Corsini, Gianfranco, 96 n. Del Duca, Cino, 235 n.
Cortese, Guido, 89 Del Pero, Mario, 145
Costa, Andrea, 101 n. Dell’Erba, Nunzio, 128 n.
Crainz, Guido, 168 n. Della Giusta, Piero, 71 n.
Craveri, Piero, 96 n., 128 n., 143 n., 261 n. Della Mea, Luciano, 156 n., 165 n., 212 n.,
Craxi, Bettino, 239 n., 262 226 n., 243 n., 260 n., 263
Cremonesi, Lorenzo, 222 n Di Carlo R., 106 n.
Crispi, Francesco, 146 Di Loreto, Pietro, 25 n., 30 n., 191 n., 211
Croce, Benedetto, 166 e n. n., 236 n., 240 n., 244 n., 245 n.
Crossman, Richard, 152 n., 262 Di Nolfo, Ennio, 14 n., 17 n.-19 n., 22-23
Cruciani, Sante, 150 n., 191 n., 259 n., e n., 32 n., 51 n., 55 n., 68, 69 n., 93 n.,
261 n. 104 n., 123 n., 133 n., 143 n., 149 n.,
Cucchi, Aldo, 66 n., 114 222 n., 227 n.
Curie, Irène, 124 Di Nucci, Loreto, 99 n.
Cyrankiewicz, Józef, 180 e n. Di Pol, Bruno, 203 n.
Di Scala, Spencer, 156 n., 235 n., 240 n.
D’Agata, Raffaele, 86 n. Di Stefano, Mario, 103
D’Almeida, Fabrice, 101 n. Di Toro, Claudio, 166 n., 190 n.
D’Attorre, Pier Paolo, 97 n. Di Vittorio, Baldina, 206
D’Auria, Elio, 145 n. Di Vittorio, Giuseppe, 46, 133 n., 203,
D’Azeglio, Massimo, 74 204 e n., 205-207, 237
268 Indice dei nom i

Diaz, Augusto, 245 n. 133 n., 135, 145 n., 163, 164 n., 170, 171,
Diaz, Furio, 244, 245 n. 191 n., 195, 204 e n., 211 e n., 212, 214
Donno, Antonio, 225 n. n., 230 e n., 248, 257 e n., 258, 259
D’Onofrio, Edoardo, 30 n. Fogliaresi, Nino, 248
Dosio, Andrea, 111 n. Forbice, Aldo, 128 n.
Dotti, Lucia, 165 n. Forcella, Enzo, 18 n., 23, 154 n., 233, 258
Dozza, Giuseppe, 215 n. n.
Ducci, Roberto, 74 n. Forlenza, Rosario, 181 n.
Dulles, John Foster, 150, 197 n. Formigoni, Guido, 49 n., 259 n.
Dunn, James C., 25, 26 n., 57, 68 n., 131 n. Fortini, Franco, 59 n., 107, 112 n., 152,
163, 165 n., 166 n., 186 n., 225, 244 n.
Eden, Anthony, 150 Fossati, Luigi, 202 n.
Ehrenburg, Ilya, 123, 249 Franchetti, Giuseppe, 223 n.
Eisenhower, Dwight, 95, 96 n., 121, 137, Franza, Enea, 58 n.
226 Franzinelli, Mimmo, 38 n.
Engels, Friedrich, 103 Froio, Felice, 97 n.
Evangelisti, Valerio, 174 n. Fugazza, Maria Chiara, 166 n.

Facchi, Paolo, 144 n. Gabrielli, Gloria, 21 n., 29 n., 68 n., 93 n.,


Fadeev, Aleksandr, 97 n. 145 n.
Fanelli, Antonio, 101 n. Gaipa, Aurelio, 213, 215
Fanfani, Amintore, 152 n., 156, 157, 174, Gaitskell, Hugh, 263 n.
175 n., 200, 235 Galante, Severino, 51 n., 59 n., 71 n., 104
Fantini Leonardi, Cinzia, 165 n. n., 226 n., 257 n., 261 n.
Faravelli, Giuseppe, 40 n. Galeazzi, Marco, 44 n., 54 n., 85 n.
Favilli, Paolo, 164 n. Gallerano, Nicola, 168 n., 181 n.
Favretto, Ilaria, 135 n., 153 n., 155 n., 190 n. Galli, Giorgio, 25 n., 93 n., 231 n.
Featherstone, Kevin, 260 n. Gambino, Antonio, 85 n., 140 n.
Fedele, Santi, 25 n. Ganapini, Luigi, 87 n.
Felisini, Daniela, 127 n., 135 n., 260 n. Garibaldi, Giuseppe, 120
Fenoaltea, Giorgio, 88 n., 94 n., 95 n., Garosci, Aldo, 26 n., 261 n.
117 n.-119 n., 125 n., 126 n., 135 n., 137 Gatto, Vincenzo, 138, 241, 248, 249
n., 146 n.-149 n., 151 n., 153 n., 169 n., Gelsomini, Elena, 26 n.
223 n., 255 n., 262 e n. Gencarelli, Elvira, 128 n.
Ferrandi, Giuseppe, 70 e n. Gentili, Dino, 152 n., 235, 236
Ferrara, Maurizio, 200 n., 203 n. Geo, Italo, 95 n.
Ferraro, Antonio, 167 n. Gerardi, Franco, 200 n.
Ferrero, Guglielmo, 151 Gerli, Paolino, 159
Ferrero, Paolo, 188 n. Gerolymatos, Andre, 29 n., 37 n., 60 n.,
Ferri, Mauro, 64 n. 80 n.
Fiammetti, Renzo, 36 n., 256 n. Giacomini, Ruggiero, 123 n.
Filippone Thaulero, Giustino, 9 n. Giannantoni, Gabriele, 241 n., 244 e n.
Fincardi, Marco, 213 n. Giannini, Massimo Severo, 144
Fink, Guido, 97 n. Gibianskij, Leonid, 86 n.
Fioravanzo, Monica, 36 n., 40 n., 52 n., Ginsborg, Paul, 189 n.
234 n. Ginzburg, Carlo, 98 n., 124 n.
Fiume, Fabrizio, 104 n. Giolitti, Antonio, 145 n., 190 e n., 191 n.,
Fleming, Denna F., 121 n. 204 n.
Floccari, Francesco, 227 n. Giolitti, Giovanni, 171
Flores, Marcello, 103 n., 181 n. Giovagnoli, Agostino, 227 n.
Foa, Vittorio, 17 e n., 28 n., 32 n., 48 n., Giovannini, Alberto, 182
62, 63 e n., 98 e n., 124 n., 130, 132 n., Giovannini, Elio, 140 n.
Indice dei nom i 269

Girardet, Raoul, 107 n. Ingrao, Pietro, 17, 85 n., 97 n., 171 n.,
Giua, Michele, 99 n., 176, 254 n. 180, 181 n., 202 e n., 203 n., 205, 238 e
Giussani, Enrico, 93 n., 242
Gobbi, Romolo, 188 n. Intini, Ugo, 66 n., 167 n., 244 n., 248 n.,
Gomulka, Władisław, 202, 219 260 n.
Gonella, Guido, 123 n., 158 Isinelli, Alfonso, 216 n.
Gonzales, Enrico, 58 n. Iuso, Pasquale, 259 n.
Gori, Francesca, 86 n.
Gorresio, Vittorio, 31 n., 32 n., 41 n. Jacchia, Andrea, 152 n.
Gozzano, Francesco, 124-125 n., 148 n., Jacchia, Paolo, 114 n.
150 n., 151 n. Jacometti, Alberto, 8, 30, 32, 35, 36 e n.,
Gozzini, Giovanni, 29 n., 104 n., 166 n., 38 n., 40, 45 n., 48, 52 n., 59 n., 61-64,
175 n., 181 n., 213 n. 102 n., 256 n.
Graglia, Piero S., 35 n., 93 n., 126 n., 128 Joliot Curie, Frédéric, 124, 248 e n.
n., 129 n. Jones, John Wesley, 160
Gramsci, Antonio, 166, 167 n.
Granata, Ivano, 123 n. Karol, K.S., 152 n.
Grazia, Verenine, 214 n. Kennan, George F., 103, 118 n.
Graziani, Rodolfo, 73 Kogan, Norman, 259 n.
Greppi, Antonio, 156 Kolomiez, Vjaceslav, 100 n., 103 n.
Griffiths, Richard T., 133 n. Kostov, Traycho, 109 n.
Grignetti, Francesco, 68 n. Kostylev, Mikhail, 67
Gritti, Roberto, 43 n., 124 n., 183 n., 225 Kozyrev, Semion Pavlovic, 240 e n., 260 n.
n., 260 n. Krusciov, Nikita, 9, 115, 118, 165, 172,
Gromjko, Andrej, 81 178-180, 182, 200, 237, 238 n.
Gronchi, Giovanni, 142, 150, 157, 158,
159 e n., 174, 175, 234 Labriola, Antonio, 166
Groppo, Bruno, 145 n., 257 n., 261 n. Lacaita, Carlo G., 244 n.
Grottanelli De’ Santi, Giovanni, 144 n. Ladaga, Luigi, 82 n.
Gualtieri, Roberto, 17 n., 86 n., 181 n., Lama, Luciano, 204 n.
182 n. La Malfa, Ugo, 55, 70 n., 146 n., 153 n.,
Guerra, Adriano, 203 n., 261 n. 172 e n., 200 n.
Guerri, Giordano Bruno, 195 n. Landi, Gianpiero, 127 n.
Guerrieri, Sandro, 145 n., 226 n. Landolfi, Antonio, 38 n., 43 n., 124 n.,
Guiducci, Roberto, 165 n., 167 n., 243, 183 n., 225 n., 231 n., 260 n.
244 e n. Landuyt, Ariane, 146 n.
Guiso, Andrea, 17 n., 123 n., 133 e n. Laski, Harold, 63 e n.
Lauzi, Giorgio, 260 n.
Harriman, Averell, 159 n. Lavaggi, Luigi, 256 n.
Haslam, Jonathan, 181 n. Lazzari, Costantino, 20
Haupt, Georges, 16, 17 n. Ledda, Romano, 181 n.
Healey, Denis, 26 n. Legnani, Massimo, 78 n.
Hegedüs, Andras, 202 Leibniz, Gottfried Wilhelm, 127 n.
Hitler, Adolf, 79, 93 Lenin, Vladimir I., 41, 43, 48, 49, 94, 102,
Höbel, Alexander, 181 n. 103, 178, 187 n.
Hofstadter, Richard, 107 n. Leonardi, Silvio, 165 e n., 261 n.
Hollander, Paul, 99 n. Levi, Paolo, 108 n.
Horthy, Miklós, 203 n., 216 Libertini, Lucio, 129, 188 n., 190 n., 243,
259 e n., 260 e n.
Ilardi, Massimo, 168 n. Li Causi, Girolamo, 46
Illuminati, Augusto, 166 n., 190 n. Lie, Haakon, 264
Imbriani, Vittorio, 147 Lizzadri, Libero, 257 n.
270 Indice dei nom i

Lizzadri, Oreste, 20, 38 n., 41, 86, 122 e Manunza, Oreste, 30 n.


n., 135 e n., 175 e n., 179 n., 195, 203, Marchese, Salvatore, 211 n.
226 n., 248, 251 Marino, Giuseppe Carlo, 123 n.
Lombardi, Foscolo, 29 Marinotti, Franco, 235 e n.
Lombardi, Riccardo, 8, 9 e n., 16 e n., 17, Marras, Luigi Efisio, 51 e n.
21 e n., 29, 32 e n., 33 n., 34-35, 36 e Marshall, George C., 8, 26 e n., 27, 29 e
n., 37 n., 38 e n., 39, 40 e n.-42 e n., n., 31, 48, 70 e n., 96, 131 e n., 133, 218
43, 44, 53 e n.-55 e n., 59 e n., 61, 62, Martinelli, Renzo, 15 n., 25 n., 29 n., 86
63 n., 64, 65 e n., 66 e n., 67, 69 n., 70 n., 104 n., 166 n., 175 n., 181 n., 213 n.
e n., 74 e n., 75, 76 n., 98, 111 n., 122 n., Martinetti, Cesare, 239 n.
123, 124, 130 e n., 131 e n., 132 n., 134 Martinetti, Piero, 127 n.
n., 135 n., 137 e n., 145 n., 148 n., 149 Martini, Mauro, 225 n.
n., 156 n., 161 n., 165 e n., 170, 172, 176, Martino, Gaetano, 113, 226
179 n., 188, 189 e n., 190 e n., 220, 221, Marx, Karl, 94, 103, 107, 114 n., 260 n.
225, 229 n., 232, 240, 241, 246, 248 e Marzo, Biagio, 243 n.
n., 249 e n., 251, 255 n., 257 e n.-259 e Marzotto, Gaetano, 98 n.
n., 260, 261 n. Masella, Luigi, 167 n.
Lombardo, Ivan Matteo, 129 Masi, Edoarda, 112 n.
Lombroso, Cesare, 32, 52 e n., 53 n. Masini, Pier Carlo, 40 n., 126 n.
Longo, Luigi, 37, 42 e n., 67, 193, 203, Massarenti, Giuseppe, 101
237, 238 e n., 239 e n. Mastrolilli, Paolo, 29 n.
Lorenzini, Sara, 78 n. Matta, Tristano, 87 n.
Lussu, Emilio, 120 n., 131 n., 170 e n., Mattei, Enrico, 126 n.
171, 195, 196, 201, 208, 220, 230 e n., Matteotti, Giancarlo, 40 e n.
232, 248, 259 Matteotti, Matteo, 58 n., 129
Luxemburg, Rosa, 129 Mattera, Paolo, 39 n., 69 n., 230 n.
Luzzatto, Lucio, 64, 99 n., 120 n., 135 n., Mattioli, Raffaele, 235
195, 232, 241, 253, 259 Maurras, Charles, 17
Luzzatto Fegiz, Pier Paolo, 25 n., 29 n., Mazzali, Guido, 8, 20, 26 n., 28 n., 29 n.,
98 n., 104 n., 134 n., 138 n., 144, 156 n., 30, 36, 49, 73 n., 78 n., 116 n., 118 n.,
160 n., 169 n., 181 n., 202 n., 212 n. 134 n., 156, 171, 176, 201 e n., 230, 233,
255, 256 n.
MacArthur, Douglas, 120, 121 Mazzini, Giuseppe, 50, 84
Mack Smith, Denis, 225 n. Mazzolari, Primo, 155
Magagnoli, Stefano, 213 n. McCarthy, Joseph R., 95
Maggiolini, Giorgio, 30 n. Melles, Silvio, 114 n.
Maggiorani, Mauro, 261 n. Mendès-France, Pierre, 149 n., 150, 227
Magnani, Valdo, 66 n., 114 Mercuri, Lamberto, 145 n.
Magnanini, Claudia, 165 n. Merli, Stefano, 18 e n., 40 n., 46 n., 54 n.,
Maitan, Livio, 129 111 n., 128 e n., 129 n., 156 n., 165 n.,
Malagodi, Giovanni, 260 167 n., 242 n., 243 n.
Malagugini, Alcide, 196, 232 Messineo, Antonio, 156
Malandrino, Corrado, 127 n. Metternich, Klemens von, 120
Malenkov, Georgij M., 31 n., 47 n., 50, Mezza, Maria Vittoria, 111 n.
83, 110, 137 n., 160 Michelet, Jules, 120
Maléter, Pál, 97 n. Mieli, Renato, 226 n.
Malfatti di Montetretto, Franco, 15 Migliazza, Alessandro, 14 n.
Mallet, Victor, 29 n., 37 Miglioli, Guido, 41
Manacorda, Gastone, 40 n. Mignemi, Adolfo, 147 n.
Mancini, Sandro, 188 n. Mindszenty, Jószef, 107
Mangano, Attilio, 188 n., 243 n. Minuto, Pasquale, 47
Manoukian, Agopik, 123 n. Miotti, Carlo, 156 e n.
Indice dei nom i 271

Misiani, Simone, 259 n. 116, 118 e n., 119, 120 e n., 121 e n., 122
Mistry, Kaeten, 26 n. n., 123, 124, 129, 131, 132 e n., 135 e n.,
Mitrokhin, Vasili, 68 n. 137 n., 138 e n.-140 e n., 141, 142, 143 e
Modigliani, Giuseppe E., 13 n., 144, 145 e n., 146, 147 e n., 148, 149
Molinari, Henri, 73 n., 74 n. e n.-156 e n., 157, 158 e n.-161 e n., 163,
Molinari, Maurizio, 29 n. 164, 165 n., 166 n., 168 n., 169 e n., 170
Mollet, Guy, 63, 154, 224 e n., 239 e n., 171, 172 e n.-174 e n., 175, 176, 177
Molotov, Vjačeslav M., 19, 42, 150 e n.-180 e n., 181, 182, 183 e n., 184,
Mondolfo, Ugo Guido, 58 n., 128 e n. 185, 187 e n., 188, 190, 191 e n.-198 e
Monelli, Paolo, 63 n. n., 199, 200, 202 e n., 203 e n., 204 n.,
Monina, Giancarlo, 101 n., 140 n., 242 n. 206, 207 e n., 208, 209 n., 211, 215,
Monnet, Jean, 254 n. 216 e n., 217, 218, 219 e n., 220 e n.,
Montagnana, Mario, 85 n. 222 e n., 223 n., 224 n., 225 e n., 226
Montanelli, Indro, 182 n., 227 e n., 228, 229 e n., 230 e n.,
Monteleone, Renato, 261 n. 231-233, 234 e n.-236 e n., 237-240,
Montesi, Mario, 100 241 e n., 243, 246, 247, 248 n., 249 n.,
Montini, Giovan Battista, 155 n. 251 n., 252 e n., 255 e n., 256, 257 n.,
Morandi, Rodolfo, 21, 26 n., 30, 31 n., 32, 258 e n., 261 e n., 263 n.
33, 36 n., 41, 43 e n., 46 e n., 49, 53, 54 Neri Serneri, Simone, 17 n.
e n., 55 e n., 56, 59, 64, 66, 69, 70 n., Nietzsche, Friedrich, 97
92 e n., 103 n., 105 e n., 119 n., 128 e n., Nitti, Francesco Saverio, 58 n.
129 n., 140 e n., 142, 146 n., 149 e n., Nitti, Giuseppe, 58 n.
153 n., 155, 156 e n., 164, 166, 167, 185 Nogarol, Nadia, 14 n.
n., 188, 194 e n., 196, 198, 233 Novak, Bogdan C., 87 n.
Morigi, Franco, 255 n. Novella, Agostino, 29 n., 133 n.
Moro, Daniele, 224 n. Novelli, Edoardo, 26 n.
Mossadeq, Mohammed, 125 Nuti, Leopoldo, 23 n., 51 n., 144 n., 160
Mughini, Giampiero, 38 n., 54 n., 63 n., n., 174 n., 192 n., 224 n., 262 n., 264 n.
140 n., 260 n.
Musatti, Cesare, 185 e n. Ochab, Edward, 202
Musco, Arturo, 236 n. Olivetti, Adriano, 38 n.
Mussolini, Benito, 7, 56, 73, 93, 195 n. Onelli, Federica, 227 n.
Muzzi, Giuseppe, 32 n., 42 n., 44 n., 130 n. Onofri, Fabrizio, 100 n.
Nagy, Imre, 97 n., 202, 206, 208 Orsina, Giovanni, 23 n.
Nasser, Gamal Abdel, 222
Natoli, Aldo, 211 n., 238 n. Pacetti, Massimo, 93 n., 123 n.
Negarville, Celeste, 161 n., 179, 193, 254, Pahlevi, Reza, 125
261 n. Pajetta, Gian Carlo, 38 n., 44, 46, 179,
Nehru, Jawaharlal, 126, 222 182, 202 n., 204 n., 205, 206, 229 n.,
Nencioni, Tommaso, 187 n., 242 n. 232, 236, 237 n., 247, 253, 260
Nenni, Giuliana, 7 n. Paladini, Leo, 100 n.
Nenni, Pietro, 7 e n.-10 e n., 13 e n.-22 e Palmieri, Renato, 165 n.
n., 23, 25 n., 26 e n.-28 e n., 30 n., 31 e Panzieri, Raniero, 111 e n., 157 n., 165 n.,
n.-34 e n., 35 n., 36 n., 39 n., 42 n., 45 167, 168 n., 173, 188 e n., 189, 190 n.,
e n.-47 e n., 48, 49 e n.-52 e n., 55, 56 e 195, 207, 208, 210, 220, 233, 242 e n.,
n.-58 e n., 59, 61 e n., 62 e n., 63 n., 65- 243 e n., 244 n., 245 e n., 248, 259
67, 68 e n., 69 n., 71 e n.-73 e n., 74 n., Paolicchi, Luciano, 230 n., 246
75, 76 e n., 77, 78 n., 79 e n.-81 e n., 83 Papi, Fulvio, 244 n.
e n.-87 e n., 88, 89 e n., 90, 91, 92 e n., Papini, Massimo, 93 n., 123 n.
93, 94 n., 96 e n., 99 e n., 100 n., 101 e Papuzzi, Alberto, 112 n.
n.-105 e n., 106 n., 107, 108 e n.-110 e Parri, Ferruccio, 123 n., 161 n., 245
n., 111 n., 112, 113 e n., 114 n., 115 e n., Pasquino, Gianfranco, 22 n.
272 Indice dei nom i

Pasquinucci, Daniele, 146 n., 256 n. Prampolini, Camillo, 101


Pastore, Ottavio, 35 n. Pravedoni, Bruto, 223 n.
Pastorelli, Pietro, 147 n. Preti, Giulio, 244 e n.
Pavolini, Luca, 249 n. Procacci, Giuliano, 134 n.
Pazzi, Guido, 159 e n. Punzo, Maurizio, 130 n., 244 n.
Pedone, Franco, 33 n., 34 n., 35 n., 66 n.,
131 n. Quagliariello, Gaetano, 96 n., 128 n.
Pella, Giuseppe, 86, 88, 90, 147, 254 Quaroni, Pietro, 80 e n., 86
Pellegrini, Giacomo, 179 Quazza, Guido, 127 n.
Pelli, Mattia, 101 n.
Pepe, Adolfo, 259 n. Ragghianti, Carlo Ludovico, 123 n.
Pera, Giuseppe, 66 n. Ragionieri, Ernesto, 54 n.
Perrotti, Nicola, 32 Ragusa, Andrea, 130 n.
Persico, Giovanni, 58 n. Rainero, Romain H., 14 n., 19 n., 51 n., 55
Pertini, Sandro, 13 n., 29 n., 32 e n., 35 e n., 104 n., 149 n., 222 n., 227 n.
n., 36 n., 42, 43 n., 48. 49, 50 n., 61, Rajk, László, 107, 109 n., 115, 168 n.
64, 67, 103 n., 129, 142, 144, 171, 195, Rákosi, Mátyás, 221
196, 201 e n., 209 e n., 210 e n., 215 e Ranieri, Ruggero, 136 n.
n., 220, 230 e n., 232, 236 n., 240, 241, Rapelli, Giuseppe, 58 n.
248, 259 Ravelli, Aldo, 235
Petracchi, Giorgio, 104 n. Ribbentrop, Joachim von, 42
Petrangeli, Giulio, 123 n. Riccamboni, Gianni, 145 n., 257 n., 261 n.
Petricioli, Marta, 93 n., 132 n. Ricci, Aldo G., 79 n., 85 n.
Petrillo, Gianfranco, 123 n. Ricciardi, Andrea, 26 n., 124 n., 231 n.,
Petrini, Francesco, 136 n. 240 n., 261 n.
Petronio, Giuseppe, 94, 101 n., 103 e n., Ridolfi, Maurizio, 26 n.
122 n., 185 e n. Rienzi, Emanuele, 60 n.
Pettazzoni, Raffaele, 241 Righi, Maria Luisa, 15 n., 181 n.
Phillips, Morgan, 26 n., 52 n., 153 e n., Rinauro, Sandro, 25 n.
192, 262 Ripa di Meana, Carlo, 260 n.
Picasso, Pablo, 124 Risi, Nelo, 95 n.
Piccinini, Jacopo, 146 n. Risso, Linda, 148 n.
Pieraccini, Giovanni, 35, 36 n., 44 n., 55 Riva, Massimo, 204 n.
n., 117 n., 191 n., 230 n., 231 n., 250, Riva, Valerio, 235 n., 236 n., 239 n., 240
251, 255 e n., 260 n. n., 260 n.
Pietranera, Giulio, 60 n. Rizzo, Domenico, 135
Pineau, Christian, 226 Rizzoli, Angelo, 235
Pinto, Carmine, 132 n., 165 n. Roasio, Antonio, 43
Pinzani, Carlo, 54 n., 174 n., 180 n. Rocco, Emanuele, 65 n.
Pio XII, 156 Romano, Ruggiero, 164 n.
Pipes, Daniel, 107 n. Romita, Giuseppe, 8, 31, 32 e n., 33, 35,
Pirelli, Giovanni, 253 n. 36 e n., 45, 52 e n., 59, 65 e n., 67
Pistillo, Michele, 203 n. Roncagli, Leonida, 235 n.
Pistone, Sergio, 127 n., 261 n. Roncalli, Angelo, 156
Pizzigallo, Matteo, 227 n. Ronzitti, Natalino, 19
Poggiolini, Ilaria, 78 n. Roosevelt, Franklin D., 22, 82, 95, 104 n.
Pòlito, Saverio, 38 Rosenberg, Ethel e Julius, 109 e n.
Ponomariov, Boris, 179, 193 n. Rossanda, Rossana, 167 n.
Pons, Silvio, 86 n., 181 n. Rosselli, Carlo, 84 e n., 126 n., 227 n., 247
Popper, Karl R., 107 e n. Rossi, Cesare, 191 n.
Pospelov, Pyotr N., 179 Rossi, Edoardo, 82 e n., 117 n.
Potenza, Mario, 156 Rossi, Ernesto, 38 n., 98 n., 127 n.-129 n.
Indice dei nom i 273

Rossi, Gianluigi, 73 n., 78 e n. Settanni, Ettore, 106 n.


Rossi, Pietro, 44 Settembrini, Domenico, 145
Rossi-Doria, Manlio, 145 n. Severini, Marco, 13 n.
Rossini, Giuseppe, 18 n., 78 n. Sforza, Carlo, 14 e n., 49, 51 e n., 56, 57, 61,
Roveda, Giovanni, 205 75-77, 81, 86, 88, 90, 120, 135, 180 n.
Roverato, Giorgio, 257 n. Sgambati, Valeria, 128 n.
Ruffolo, Giorgio, 129 Silone, Ignazio, 126, 127 n., 129
Rupieper, Hermann-Josef, 103 n. Simic, Stanoje, 89 n.
Sivini, Giordano, 38 n., 213 n.
Sabbatucci, Giovanni, 30 n., 32 n., 49 n., Slánsky, Rudolf, 107, 109 n.
103 n., 145 n., 183 n., 184 n., 212 n., Smyth, Denis, 29 n., 37 n., 60 n., 80 n.
230 n. Soddu, Paolo, 200 n.
Sacerdote, Gustavo, 223 n. Solari, Leo, 127 n., 128 n, 129, 130 n.
Salandra, Antonio, 56 Spagnolo, Carlo, 132 n., 181 n., 182 n.
Salvadori, Massimo L., 139 n. Spano, Velio, 260 n.
Salvatorelli, Luigi, 29 n., 41 n., 225 Spataro, Giuseppe, 58 n.
Salvemini, Gaetano, 145 n., 225, 247 Spinelli, Altiero, 35 n., 69 n., 93, 127 n.,
Sansone, Luigi Renato, 58 n., 132 129 n., 256 n.
Santagata, Enzo, 176 n. Spini, Giorgio, 264 n.
Santarelli, Enzo, 16 n., 19 n., 31 n., 73 n., Spreafico, Sara, 127 n.
191 n. Spriano, Paolo, 25 n., 123 n., 187 n., 189
Santarone, Donatello, 112 n. n., 213 n.
Santi, Fernando, 28 n., 32, 61, 63 n., 64, Stalin, Josip V., 9-10, 22, 59 n., 102, 103
95 e n., 131 n., 133 n., 180 n., 204 e n., e n., 104 n., 105, 110, 115, 118, 137, 138,
214 n., 220, 230 n., 241, 248, 250 146 n., 165, 168 n., 169 e n., 171 n., 173,
Saracinelli, Marisa, 93 n., 123 n. 176-178, 184, 185
Saragat, Giuseppe, 10, 13 n., 14, 15 e n., Starita, Carla, 189 n.
36 n., 41 n., 128, 191, 192, 193 e n., 197, Steininger, Rolf, 132 n.
199, 200, 208, 219, 232 n., 235, 236, Sterpellone, Alfonso, 49 n., 76 n.
240 Strinati, Valerio, 72 n., 167 n., 243 n.,
Sbardella, Vittorio, 210 n. 244 n.
Scalpelli, Adolfo, 123 n., 203 n. Sturzo, Luigi, 141
Scelba, Mario, 90 Suslov, Mikhail, 83, 109 n., 160, 179 e n.,
Schiavi, Alessandro, 126 n. 181
Schuman, Robert, 51 e n., 135, 137 Syngman Rhee, 119
Scirocco, Giovanni, 112 n., 124 n., 240 n.,
244 n. Taddei, Francesca, 103 n., 130 n.
Scoccimarro, Mauro, 19 n., 234, 238 Tambroni, Fernando, 261 n.
Scoppola, Pietro, 18 n., 163 n., 190 n. Tamburini, Giuseppe, 122 n.
Scroccu, Gianluca, 32 n., 35 n. Tamburrano, Giuseppe, 14 n., 38 n., 92
Sebastiani, Pietro, 21 n. n., 179 n., 185 n., 186 e n., 209 n., 231 n.
Secchia, Pietro, 40, 145, 182, 193, 205 Tarchiani, Alberto, 72 e n., 79
Sechi, Mario, 244 n. Targetti, Ferdinando, 191 n., 259
Sechi, Salvatore, 174 n. Tarquini, Alessandra, 223 n., 224 n.
Segre, Sergio, 226 n. Tarsitani, Fausto, 223 n.
Segre, Umberto, 16 e n., 39 n., 177 n., 214 Tasca, Angelo, 14 n., 40 n., 195 n.
n., 231, 232 n. Taviani, Ermanno, 182 n.
Sella, Gaetano, 217 Tedesco, Viva, 135 n.
Sereni, Emilio, 237 Terracini, Umberto, 182
Sergio, Marialuisa-Lucia, 140 n. Timpanaro, Sebastiano, 244 n.
Servadei, Stefano, 215 Tito, Josip Broz, 83, 85 e n., 86, 88 e n.,
Servan-Schreiber, Jean-Jacques, 89, 114 n., 115-116, 176, 222, 223 n.
274 Indice dei nom i

Togliatti, Palmiro, 15, 29 n., 30 n., 36 n., Vander, Fabio, 36 n., 191 n., 230 n., 231 n.
37, 39, 40, 45, 46 n., 47 e n., 48, 49, 51, Vanoni, Ezio, 159
59 n., 84, 85 e n., 86 e n., 87-89, 102 e Varga, Evghenij, 59 e n.
n., 134 n., 135 n., 139, 149, 153 n., 171 e Varsori, Antonio, 14 n., 21 n., 78 n., 145
n., 177, 178, 180 e n., 181 e n., 182, 183, n., 226 n.
187 n., 196 e n., 198, 199, 201, 202 n., Vasconi, Luciano, 191 n.
204, 205, 206 e n., 207, 208, 212 e n., Vasetti, Ferdinando, 254 n.
219, 220 n., 230 n., 237, 239-241, 245 Vassalli, Giuliano, 18, 129
n., 252 Vecchietti, Tullio, 19 n., 33 n., 82 n., 87
Tolloy, Giusto, 66 n., 70, 88 n., 115, 116 n., 90 n,., 91 n., 96 n., 98 n., 103 n.,
n., 142, 170, 184 n., 189 n., 192 n., 193 109 n., 116 n., 117 n., 119 n., 121 e n.,
e n., 213 n. 124 n., 125 n., 129-130, 134 n., 137 n.,
Tomassi, Cesare, 209 n. 141 e n., 145-147 n., 149 n., 151 n., 153
Tondi, Ermanno, 214 n., 216, 217 n., 156 n., 158 n., 160 n., 170 n., 175 n.,
Tonetti, Giovanni, 36 n., 191 n., 212 e n., 176, 183, 191 n.-193 n., 195, 201, 202
229, 230 n. n., 203 n., 209 e n., 210, 220, 229 n.,
Torlontano, Giuliano, 246 n. 230 e n., 240, 245, 246, 249, 250, 252,
Tornielli, Andrea, 155 n. 257, 258, 260 n., 262 n., 263
Tortarolo, Edoardo, 63 n. Vecchio, Giorgio, 122 n., 123 e n., 144 n.
Tortoreto, Emanuele, 124 n., 130 n., 210 n. Venturi, Franco, 63 n., 101 n., 113 n., 168
Toscano, Mario, 223 n. n., 231 n.
Tosi, Luciano, 136 n. Veronesi, Giorgio, 43
Toynbee, Arnold J., 97 Verzelli, Silvano, 138
Trebbi, Alberto, 214 n. Vian, Francesca, 17 n.
Trentin, Bruno, 203 n., 204 n. Vigezzi, Brunello, 14 n., 19 n., 23 n., 51 n.,
Treves, Claudio, 7, 13, 49, 101 55 n., 79 n., 104 n., 112 n., 149 n., 222
Treves, Paolo, 121 n., 227 n.
Trotzky, Lev D., 114 e n., 129, 168 n. Vigorelli, Ezio, 58 n.
Truman, Harry, 27, 68 n., 95, 96, 121, 226 Villani, Claudia, 132 n.
Tumiati, Gaetano, 63 n., 90 n., 111 n., 112 Vismara, Luigi, 95 n., 125 n., 223 n., 225,
n., 118 e n., 120 n., 141 n., 223 n. 226 e n., 255 n.
Turati, Alberto, 224 n. Vittorelli, Paolo, 157, 191 n., 242 n., 245
Turati, Filippo, 7, 13, 73, 101 e n., 126 e Vittoria, Albertina, 166 n.
n., 171 Vodovar, Christine, 96 n.
Turbanti, Adolfo, 245 n.
Weill-Menard Diane, 253 n.
Ubertazzi, Giulio, 180 n. Willis, Frank Roy, 259 n., 261 n.
Uboldi, Raffaello, 110 e n., 111 n., 112 n., Wilson, Woodrow, 91
125 n., 134 n., 146 n., 154 n., 159 n., Wolfers, Arnold, 29 n.
168 n., 202 n., 223 n., 224 n., 257 Wollemborg, Leo, 227 n.
Uhrmacher, Catullo, 106 n., 115 n.
Urbinati, Nadia, 123 n. Zagari, Mario, 58 n., 74 n., 128 n., 130 e
n., 133 n., 260 n.
Vacca, Giuseppe, 167 n., 181 n., 244 n. Zanardi, Francesco, 58 n.
Valiani, Leo, 15 e n., 26 e n., 37 n., 63 n., Zaslavsky, Victor, 25 n., 31 n., 35 n., 47
101 n., 113 n., 130, 157, 168 n., 231 n. n., 50 n., 67 n., 86 n., 102 n., 236 n.
Vallauri, Carlo, 127 n., 155 n., 183 n., 210 n. Zellerbach, James D., 200 n.
Vallini, Edio 212 n. Zeno, Livio, 80 e n.
Valori, Dario, 55 n., 90 n., 116 n., 179 n., Zoli, Adone, 254, 261 n.
191 n., 195, 199, 207, 210, 213, 220 e n., Zucàro, Domenico, 7 n.
230 e n., 232 n., 234, 249, 251, 260 n.
Collana
Politica Estera e Opinione Pubblica
diretta da Brunello Vigezzi

Prim a serie
(disponibile presso J aca Book):

SILVIA M ARIA P IZZETTI (a cura di)


La storia delle relazioni internazionali nella Germ ania contem poranea

BRUNELLO VIGEZZI (a cura di)


La dim ensione atlantica e le relazioni internazionali nel dopoguerra

SERGIO R OMANO (a cura di)


Giornalism o italiano e vita internazionale

M AURIZIO BAZZOLI
Il piccolo stato nell'età m oderna

BRUNELLO VIGEZZI
Politica estera ed opinione pubblica in Italia dall'Unità ai giorni nostri

CLAUDIO VISENTIN
N el paese delle selve e delle idee.
Viaggiatori italiani in Germ ania 1866-1914

H EDLEY BULL, ADAM W ATSON (a cura di)


L'espansione della società internazionale
L'Europa e il m ondo dalla fine del Medioevo ai tem pi nostri

Nuova serie:

BRUNELLO VIGEZZI
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Dal Risorgim ento alla Repubblica

M AURIZIO BAZZOLI
L'equilibrio di potenza nell'età m oderna
Dal Rinascim ento al Congresso di Vienna

ANDREA SACCOMAN
Aristocrazia e politica nell'Italia liberale
Fortunato M arazzi m ilitare e deputato (1851-1921)

M ARIA M ATILDE BENZONI


La cultura italiana e il Messico
Storia di un'im m agine da Tem istitan all'Indipendenza (1519-18 21)
244

BRUNELLO VIGEZZI
The British Com m ittee on the Theory of International Politics (1954-1985)
The Rediscovery of History

BARBARA BALDI
Pio II e le trasform azioni dell’Europa cristiana (1457-1464)

M AURO E LLI
Politica estera e ingegneria nucleare
I rapporti del Regno Unito con l’Euratom (1957-1963)

LUCIO VALENT
L’Europa non è Europa senza Londra
Il Regno Unito tra CEE e m ondo (1964-1967)

SILVIA P IZZETTI (a cura di)


La storia e la teoria della vita internazionale
Interpretazioni e discussioni

BARBARA BALDI , M ARIA M ATILDE BENZONI (a cura di)


Lontano da dove
Sensazioni, aspirazioni, direzioni, spazi fra Quattrocento e Seicento

Opere in collaborazione

P IERRE SAVARD, BRUNELLO VIGEZZI (a cura di)


Le m ulticulturalism e et l’histoire des relations internationales
du XVIIIe siècle à nos jours
Multiculturalism and the History of International Relations
from the 18th Century up to the Present
In collaborazione con la Faculté des Arts de l'Université d'Ottawa
Coed. Edizioni Unicopli-Les Presses de l'Université d'Ottawa
Program m a di ricerca della Com m issione di Storia
delle Relazioni Internazionali (CHIR)

ALFREDO CANAVERO, J EAN -DOMINIQUE DURAND (a cura di)


Il fattore religioso nell’integrazione europea
In c0 llaborazion e con l’In stitut d’Histoire du Christianism e dell'Université J ean Moulin Lyon 3
e con il Centre André Latreille dell'Université Lum ière Lyon 2
Program m a di ricerca «Les identités européennes au XXe siècle»

M ARIA M ATILDE BENZONI , BRUNELLO VIGEZZI (a cura di)


Storia e storici d’Europa nel XX secolo
In collaborazione con l’Institut P. Renouvin (Université Paris I) e con il Departam ento de Historia
Medieval Moderna y Contem poranea de la Universidad de Salam anca
Program m a di ricerca «Les identités européennes au XXe siècle»
245

DANIELE F ORABOSCHI , SILVIA M ARIA P IZZETTI (a cura di)


La successione degli im peri e delle egem onie nelle relazioni internazionali
In collaborazione con il Dipartim ento di Scienze della Storia e della Docum entazione Storica
e il Dipartim ento di Scienze dell'Antichità dell'Università degli Studi di Milano
Program m a di ricerca «La storia delle relazioni internazionali dall'antichità ai nostri giorni»

J EAN BEAUMONT, ALFREDO CANAVERO (a cura di)


Globalization, Regionalisation and the History of International Relations
In collaborazione con la School of Australian and ln ternational Studies, Faculty of Arts, Deakin
University, Victoria e il Dipartim ento di Scienze della Storia e della Docum entazione Storica
dell'Università degli Studi di Milano.
Program m a di ricerca della Com m issione di Storia delle Relazioni Internazionali (CHIR)

M ARIA M ATILDE BENZONI , R OBERT F RANK, SILVIA M ARIA P IZZETTI (a cura di)
Im ages des peuples et histoire des relations internationales
du XVIe siècle à nos jours
In collaborazione con l’Université Paris I Panthéon -Sorbonne
Coed. Edizioni Unicopli-Publication de la Sorbonn e
Program m a di ricerca della Com m issione di Storia delle Relazioni Internazionali (CHIR)

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