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Seminario comunicazione e linguaggi politici

Lezione 1(29/09)

Manuale: la comunicazione politica capitoli 5 7 8 9 10.

La storia della comunicazione politica inizia nello stesso momento in cui la filosofia greca comincia a
riflettere sul potere.

Platone e aristotele non utilizzano il termine comunicazione ma nei loro scritti era presente u tema cruciale:
l’effetto del discorso persuasorio sul pubblico di cittadini.

La retorica era l’arte della persuasione ma le sue tecniche furono adottate soprattutto nella politica, viene
lo strumento per determinare la qualità del ceto politico e per comprendere la direzione dei rapporti di
forza per il potere nella società.

Nel mondo romano c’erano numerose elezioni, quindi c’era la necessità dei candidati di farsi conoscere con
i comizi.

La parola candidati e comizi sono termini derivanti dal mondo romano.

Il XIX è il secolo delle grandi passioni politiche, la democrazia fa fatica a affermarsi, ma le campagne
elettorali iniziano a strutturarsi come momenti importanti della vita pubblica.

È dal XX secolo che si può parlare di comunicazione politica in senso pieno perché nascono i mezzi di
comunicazione di massa(cinema, radio, televisione).

Dopo la seconda guerra mondiale si definisce una dialettica tra potere politico e potere dei media.

Oggi la comunicazione politica svolge un ruolo importante dal momento che la politica non può prescindere
dai media: videopolitica.

Leader, partiti, governi, politiche si confrontano in un nuovo spazio pubblico: spazio pubblico mediatizzato.

Per comprendere cos’è lo spazio pubblico mediatizzato è necessario analizzare cos’è lo spazio pubblico.

Arendt vede nei modelli dello spazio pubblico e di sfera pubblica, i quali nel pubblico dei cittadini le figure
che possono controllare e gestire il potere.

Da ciò emerge un aspetto fondante della comunicazione politica, cioè il suo legame con il contesto e le
regole della democrazia.

Quindi si può parlare di comunicazione politica esclusivamente all’interno di democrazia?

No, perché la comunicazione politica è presente e ancor maggiormente strutturata in quei paesi non
democratici proprio per tener saldo lo spazio pubblico, lo spazio dei cittadini e la loro influenza esercitata
sul potere.

Cos’è quindi lo spazio pubblico mediatizzato?

È lo spazio in cui i media vengono a occupare il ruolo di perno della comunicazione ascendente e
discendente tra pubblico dei cittadini e sistema della politica.

Per comprendere meglio sono da osservare due modelli:

-modello pubblicistico dialogico in cui ci sono 3 attori(sistema dei media, sistema politico e cittadini),
ognuno dei quali può interagire con un altro senza dover passare dal terzo.
Questo modello pone la comunicazione politica in un più ampio processo di interazioni discorsive tra tutte
le componenti dello spazio pubblico mediatizzato e società civile.

La comunicazione dei tre attori prende forma dalle loro interazioni.

In questo modello il ruolo..

Nel secondo modello, il modello mediatico, il sistema dei media assorbe e racchiude il sistema politico e
cittadini.

Gli attori comunicano tra di loro all’intero di un contesto mediale, all’interno dello spazio pubblico
mediatizzato.

I media si identificano con lo spazio pubblico, a differenza del modello precedente.

La comunicazione politica è il prodotto dell’interazione e della competizione tra i diversi attori nello spazio
pubblico mediatizzato.

Cosa si intende per sistema politico?

L’insieme delle istituzioni politiche che costituiscono l’ossatura della vita politica di un paese: il parlamento,
il governo, la magistratura, il capo di stato.

Promuovono una comunicazione tendenzialmente istituzionale.

Fanno parte del sistema politico anche l’area non istituzionale(partiti, movimenti) che promuovono una
comunicazione politico partitica.

Che cos’è il sistema dei media?

In un paese il sistema dei media è l’insieme delle istituzioni mediali che svolgono attività di produzione e di
distribuzione del sapere.

Tutti questi media si rapportano con il sistema della politica secondo le caratteristiche culturali del paese.

Che cosa si intende per cittadino elettore?

Il terzo attore non è identificabile come una struttura organizzata, anche se possono organizzarsi in
associazioni, comunità.

L’opinione pubblica non esiste di per sé, se non quando è rilevata attraverso i sondaggi utili nel breve
periodo ma non nel lungo.

Le forme della comunicazione politica si differenzia in relazione alla direzione dei flussi di interazione.

Dal sistema politico al sistema dei media:

-regolamentazione dei media(con la seconda repubblica e l’avvento di berlusconi titolare della mediaset è
stata introdotta una regolamentazione del sistema dei media).

-media e news management

-fonti di informazione(quanto un sistema politico democratico può influenzare il sistema dei media)

Dal sistema politico al cittadino elettore:

-comunicazione istituzionale

-propaganda pubblica
Dal cittadino elettore al sistema politico:

-il voto

-il dibattito pubblico

-l’interazione diretta(negli ultimi anni questo canale di comunicazione si è sviluppato e permette ai cittadini
elettori di comunicare direttamente con i leader attraverso i social media).

Dal sistema dei media al sistema politico:

-informazione

-vigilanza/critica

-partigianeria

-mediatizzazione

Dal sistema dei media al cittadino elettore:

-informazione

-informazione partigiana

-pubblicità

Dal cittadino elettore al sistema dei media:

-feedback

-partecipazione a talk show, trasmissioni

-forme indirette(guardare o meno un canale televisivo, comprare giornali.

Lo scambio e il confronto dei contenuti di interesse pubblico politico prodotti dal sistema politico, dal
sistema dei media e dal cittadino elettore al fine di conquistare, esercitare o condizionare il potere.

Questa definizione non mette in luce la complessità del fenomeno della comunicazione politica.

Cosa studia la comunicazione politica?

La retorica, l’analisi della propaganda, gli studi sul cambiamento degli atteggiamenti, gli studi sul voto.

Ci sono tre fasi della moderna comunicazione politica:

-dopoguerra e anni cinquanta

La comunicazione politica è subordinata a un sistema di istituzioni e fedi politiche molto salde.

-dagli anni sessanta agli anni ottanta

Si diffonde la televisione, sia attenua il meccanismo della selettività dei messaggi, aumentano le persone
raggiunte dai messaggi e i leader politici iniziano a utilizzare il mezzo della televisione.

-dagli anni novanta a oggi

Si osservano diverse modificazioni quali la professionalizzazione della comunicazione politica di un leader,


partito, l’aumento della competizione politica tra contenuti dei media e comunicazione politica, populismo,
comunicazione centrifuga.
Ci stiamo avviando verso una quarta fase?

Sono da osservare alcuni fattori:

-l’ubiquità delle ICT

-un minor peso della televisione come servizio pubblico ma ha la capacità di allargare lo spazio pubblico

-ridefinizione dell’idea di cittadinanza che comprende un nuovo rapporto tra pubblico e privato.

Lezione 2(05/10)

Possiamo definire comunicazione politica il prodotto dello scambio tra i tre attori dello spazio pubblico, cioè
sistema politico, sistema dei media e cittadini-elettori.

Noi vogliamo osservare il ruolo dei media che svolgono una funzione centrale, infatti attorno a questi ruota
il dibattito pubblico che caratterizza la democrazia.

Prima della mediatizzazione della politica è da osservar un altro fenomeno, la mediatizzazione della società
che è avvenuto prima rispetto alla politica.

Per definire cos’è mediatizzazione politica è utile introdurre un concetto: la logica dei media.

È un concetto antecedente a quello di mediatizzazione ma è importante perché mette alla luce un aspetto
cruciale, i mass media non si limitano a fare da tramite tra istituzioni e politici e la massa dei cittadini
elettori ma sono organizzazioni con finalità e regole proprie che non coincidono con quelle degli attori della
politica.

Altheide e Snow hanno collegato questo concetto non a quello di sfera pubblica ma alla sfera dell’industria
e dell’informazione.

Se dovessimo dare una definizione alla logica dei media è innanzitutto l’insieme dei formati narrativi e
espositivi attraverso i quali gli eventi vengono presi in considerazione e dotati di senso per arrivare a un tipo
di presentazione e comprensione compatibile con le esigenze organizzative, le finalità di intrattenimento e
le immagini del pubblico.

Dunque, la logica dei media è strettamente legata alla logica commerciale delle imprese di comunicazione.

Quindi, quando i media di intrattenimento e di informazione entrano in contatto con le istituzioni della
politica, sono soprattutto quest’ultime a..

Alcuni studiosi si sono posti la questione se i media rappresentino un quarto potere(dopo il potere
esecutivo, legislativo e giudiziario)?

È vero che i politici che vogliono comunicare con il pubblico dei cittadini devono negoziare con i media ma è
comunque vero che la politica non soccombe davanti ai media.

Quindi cos’è la mediatizzazione della politica?

È il processo che riguarda l’arena pubblica nella quale vengono importate e adottate dagli attori politici le
logiche mediatiche che possono confliggere con le logiche proprie dell’agire politica, ma che hanno finito
per condizionare la scena e spesso anche il retroscena della vita pubblica.

In ogni caso non si tratta di un processo che non vale per tutti i paesi o per i paesi nello stesso modo.

Come possiamo calcolare l’intensità della mediatizzazione politica?

Dobbiamo individuare dei criteri come:


-fonte di comunicazione più importante(interpersonale o attraverso i media

-dipendenza del sistema politico dai media(molto o poco)

-contenuto dei media governato dalla logica politica

-attori politici governati dai media

Ai media è attribuito un potere forte nella società e nella sfera politica, un potere capace di incider sul corso
degli eventi, personaggi, sull’agenda e decisioni pubbliche oltre che sull’opinione pubblica.

In questo senso, la mediatizzazione è l’insieme degli effetti empiricamente osservabili prodotti dai media sul
sistema politico.

Quali sono gli effetti dei media sulla politica?

Ci sono due tipi di effetti: mediatici e politici.

Tra gli effetti mediatici osserviamo:

-spettacolarizzazione(è una caratteristica della politica che la denotava già in passato ma la comunicazione
di massa e la culturale popolare hanno raccolto un’eredità narrativa plurisecolare e ne hanno enfatizzato i
caratteri soprattutto la drammatizzazione.

La nascita della spettacolarizzazione è da osservare negli Usa con Kennedy.

In italia questo processo, nel passato, è avvenuto in particolare con andreotti o la russa negli anni 80 e 90).

-costruzione dell’agenda politica(si deve distinguere in agenda setting cioè l’influenza dei media sulle
percezioni dei temi sociali e politici da parte del pubblico dei cittadini, si tratta di un’influenza negli effetti
cognitivi e psico sociali, agenda building che è di natura sistematica perché non si riferisce all’impatto sul
pubblico, ma sulla politica e sui politici, cioè si tratta del ruolo decisivo dei media nella selezione dei temi al
centro del dibattito pubblico e con il quale i politici sono quindi obbligati a misurarsi).

-frammentazione dell’agenda politica(cioè la riduzione del dibattito pubblico e politico imposta dalle
esigenze e vincoli produttivi dell’industria mediale, quindi la diminuzione del tempo concesso per esprimere
concetti politici che comporta una modifica del linguaggio e di ciò che si esprime.

Si parla di effetto clip quando frammenti di dichiarazioni e battute si inseriscono perfettamente al ritmo
incalzante delle news televisive).

Tra gli effetti politici osserviamo:

-personalizzazione(attraverso i media si è accentuato il processo di individualizzazione, infatti si è osservato


una progressiva perdita di centralità dei partiti mentre incrementa l’importanza degli individui).

-leaderizzazione(è un processo non solo spinto dai media ma anche da fattori costituzionali, cioè di
condizioni istituzionali che rendono possibile il governo del leader.

Certamente i media hanno rafforzato la tendenza alla leaderizzazione).

-selezione delle elite politiche(consiste nel trasferimento dei meccanismi di reclutamento del ceto politico
dalle macchine di partito a agenti esterni del sistema politico.

La selezione avviene attraverso alcuni criteri come essere persone telegenici, capacità nella dialettica,
pronti alla battuta in modo tale da valutare il profilo mediatico del candidato).

Ma siamo ancora nella fase della mediatizzazione o siamo nella fase della webizzazione?
Non è da considerare internet come un sostituto dei media tradizionali ma si aggiunge, infatti si parla di
mediatizzazione estesa.

Lezione 3(12/10)

Interdipendenza media e politica

L’inclusione dei media nel processo democratico è ormai un dato di fatto(ma non di diritto), i media sono
necessari alla politica e viceversa ma non necessariamente un attore predomina sull’altro.

Politica mediatizzata non è sinonimo di governo dei media.

Come si può studiare la relazione tra media e politica?

Si devono prendere in considerazione due parametri:

-sistemico-normativo

È basato su quattro diversi gradi di integrazione tra giornalismo e potere politico:

-grado di controllo statale sulle istituzioni mediali(per esempio la nomina dei vertici delle aziende
mediali da parte delle istituzioni statali, finanziamenti e agevolazioni fiscali e il contenuto dei media)

-grado di partisanship dei media(cioè la partigianeria, l’affinità politica dei media rispetto a un
partito politico)

-grado di integrazione nell’elite politico mediale

-grado di convincimento circa la funzione sociale e politica della professione giornalistica

-mass mediale

Si tratta dell’orientamento professionale dei news media, da un atteggiamento laico della professione
giornalistica(distacco totale) a una logica attenta alle esigenze della politica.

A questo proposito si possono differenziare due orientamenti:

-pragmatico(persegue finalità dei media)

-sacerdotale(sensibile ai bisogni del sistema politico).

Un ulteriore approccio è quello geografico.

Uno degli studi più importanti sul rapporto tra news media e politica è quello di Hallin e Mancini, i quali
propongono tre modelli basati sull’elaborazione di numerosi parametri sistemici che riguardano il sistema
dei media e sistema politico.

Il primo modello è quello mediterraneo o pluralista polarizzato è caratterizzato, per quanto riguarda la
struttura della stampa, di una bassa circolazione dei giornali cioè la stampa è tendenzialmente rivolta a un
elite, un elevato livello di parallelismo politico, giornalismo orientato al commento, debole
professionalizzazione e elevata strumentalizzazione, il ruolo dello stato è centrale infatti c’è un forte
intervento dello stato attraverso sussidi economici alla stampa e periodi di censura.

Il primo modello è tipico di quei paesi in cui è avvenuta una ritardata democratizzazione e un pluralismo
polarizzato, tipico d quei sistemi di governo consensuale o maggioritari, condizione di dirigismo in cui si
avverte un diffuso intervento dello stato e dei partiti nell’economia.

Il secondo(europeo centro settentrionale o democratico corporativo) caratterizzato dall’alta circolazione


dei giornali e da uno sviluppo precoce della stampa di massa.
Per quanto riguarda il parallelismo politico è caratterizzato da pluralismo esterno soprattutto nella stampa,
radicata tradizione della stampa di partito, una tendenza verso la stampa commerciale neutrale.

Si individua una forte professionalizzazione e una autoregolamentazione formalizzata.

Il ruolo dello stato è centrale con un elevata tutela della libertà di stampa.

Per quanto riguarda la storia politica è caratterizzata da una precoce democratizzazione, pluralismo
moderato, il sistema di governo è consensuale.

Il ruolo dello stato sociale è forte e si individua un significativo intervento dello stato nell’economia.

Il terzo modello(nord atlantico o liberale) differisce dai precedenti, c’è un livello medio di circolazione dei
giornali e uno sviluppo precoce della stampa di massa, stampa commerciale neutrale e giornalismo
d’informazione e un sistema professionale di gestione della televisione pubblica con autonomia formale.

Forte professionalizzazione e autoregolamentazione formalizzata.

Per quanto riguarda la storia politica e sistema politico abbiamo un sistema di governo maggioritario e
sistemi di rappresentanza individualizzata piuttosto che pluralismo organizzato, liberalismo e stato sociale
debole.

Andiamo a integrare questo modello di Hellin e Mancini per ovviare al suo limite, cioè la mancata analisi
delle dinamiche dei paesi occidentali avanzati per cui è utile integrare non solo attraverso un approccio
geografico ma anche politico mediatico.

Attraverso l’approccio politico mediatico si analizza in maniera più ampia e che mette sullo sfondo l’aspetto
geografico e in primo piano il rapporto tra sfera politica e media.

Tra i principali modelli derivanti dall’approccio politico mediale osserviamo:

-Nel modello avversario c’è una contrapposizione netta tra sfera politica e media, i media visti come
difensori dei diritti, della giustizia ma nonostante questo il sistema mediale deve comunque porsi in un
punto di equilibrio.

Questo modello vede contendersi il potere dell’informazione e il potere politico

Caratterizzato dalla tecnica dello spin cioè il tentativo da parte degli attori politici di imporre ai media la
propria agenda attraverso professionisti delle relazioni pubbliche e dello stesso giornalismo che conoscono
le logiche mediatiche e sanno come sfruttarle, i cosiddetti spin doctor.

-Nel modello del parallelismo è caratterizzato da una concordanza degli interessi e degli scopi tra media e
politica.

Il modello del parallelismo ha un rischio, se la sfera dei media è eccessivamente collaborativo con la sfera
politica si possono creare delle forme di collateralismo o a giornalismo dimezzato come definito da Pansa.

-Nel modello dello scambio c’è una interdipendenza tra media e politica, uno scambio di risorse tra le due
sfere.

Non vi è necessariamente la prevalenza di un attore sull’altro, è un modello normale, cioè prevede che
l’interdipendenza sia compatibile con la preservazione delle due distanze e nei diversi interessi dei due
sistemi.

-Nel modello della competizione l’idea di fondo è il confronto, sfida tra media e politica e se il modello è
competitivo uno dei due attori vuole prevalere sull’altro.
Se è il sistema politico a prevalere è maggiormente difficile comprendere il cambiamento a differenza
invece se è il modello dei media che prevale che è maggiormente visibile, in tal caso si parla di deriva
videocratica che si instaura come una nuova forma di potere, un’alternativa che trascina con se anche gli
altri giornali e gruppi editoriali che operano come se fossero partiti.

Nuove prospettive con i media digitali:

-participatory journalism: giornalismo dei media tradizionali che si aprono alla rete e cercano e accolgono i
contributi dagli elettori

-citizen journalism: è il giornalismo fatto direttamente dai cittadini senza la mediazione dei giornalisti
professionisti o dei media esistenti e liberi da controlli editoriali.

Lezione 4(19/10)

Linguaggi politici

Per linguaggio politico dobbiamo intendere una categoria analitica della comunicazione politica, in quanto
rappresenta e definisce una dimensione autonoma, con propri fondamenti teoretici, del più ampio
fenomeno della comunicazione politica.

Questa definizione, in questi termini, significa riflettere sul significato di linguaggio politico vuol dire andare
a toccare le grandi questioni di cosa sia la politica, della sua natura conflittuale o negoziale. E naturalmente
vuol dire anche interrogarsi sulla natura dei rapporti tra i tre attori della CP: sistema politico, sistema dei
media e cittadini.

Edelman dice che esistono diversi tipi di linguaggio politico tra cui osserviamo:

-linguaggio esortativo

È una categoria ampia perché è il linguaggio politico per eccellenza(riguarda le campagne elettorali,
pubblicità e marketing delle politiche)

-linguaggio giuridico

Indicato anche come linguaggio istituzionale perché riguarda il linguaggio politico di taglio
istituzionale(infatti viene utilizzato nello stilare le costituzioni, i trattati e norme), è flessibile cioè si presta a
interpretazioni.

Al tempo stesso questo tipo di linguaggio è quello più distante dal linguaggio dei media(se quello dei media
è immediato, diretto quello giuridico tende a essere più articolato e complesso)

-linguaggio amministrativo

Si tratta di un tipo di linguaggio che deriva dal precedente e spesso affiancato alla burocrazia.

Questo tipo di linguaggio è importante nell’economia della sfera politica ma quello a cui i cittadini sono
meno affezionati e talvolta può trasformarsi nel messaggio con cui i partiti fanno campagna elettorale
incitando l’insoddisfazione dei cittadini

-linguaggio della contrattazione

È tipico della comunicazione politica del “back stage”, quindi ha un carattere di riservatezza(per esempio
negoziati per la formazione di liste, intese tra deputati).

Un’altra tipologia di linguaggio politico è stata introdotta da Cedroni e dell’Era:

-linguaggi rivoluzionari
È un linguaggio che diviene un vero e proprio strumento di cambiamento sociale e politico

-linguaggi totalitari

Non solo denotano un cambiamento radicale ma hanno un’influenza diretta su di esso

-linguaggi della crisi

Quando una vera e propria costruzione linguistica che nel parlare della crisi la definisce e la crea, per
esempio per quanto riguarda l’italia il lessico del “nuovismo”, “rottamazione”.

La lingua dei politici e lingua della politica sono due concetti diversi, con lingua dei politici si indica una
lingua settoriale che presenta fattori di vicinanza con la lingua comune e è contigua a vari linguaggi
settoriali:

-lessico militaresco(politica di accerchiamento, mobilitazione, reclutamento, guadagnare terreno,


schieramento)

-lessico della medica(emorragia di voti, risanamento dell’economica, lo stato di salute della maggioranza)

-lessico marinaresco(virata, cambiamento di rotta).

Alcuni studiosi hanno analizzato le corrispondenze lessicali che permettono di mappare l’uso di determinati
termini così da rendere conformi le diverse strategie comunicative, cioè mappando i termini utilizzati da un
leader o partito si va anche a individuare qual è il messaggio che si intende trasmettere e che poi è
compreso dai cittadini.

Un altro strumento di analisi del linguaggio politico è quello della critical discourse analysis, cioè un’analisi
che considera il discorso non solo come insieme di retoriche ma anche come sistema di pratiche
linguistiche.

Non bisogna trascurare anche quello che è stato definito il processo di folclorizzazione dell’espressione
politica(inserimento di termini provenienti dal linguaggio volgare).

Rituali politici

Cos’è il rituale?

È un tipo di linguaggio politico, poiché è un modo di comunicare fortemente formalizzato e ordinato da


regole espressive che riflettono le strutture culturali di una data società o di un dato contesto politico.

Secondo alcuni studiosi il rituale come dispositivo politico ha quattro dimensioni:

-può essere impiegato per raccogliere solidarietà, cioè in funzione di integrazione sociale

-può essere impiegato per mostrare un potere per rendere tangibile la forza e lo status di chi esegue il
rituale

-può essere utilizzato per costruire il significato delle azioni che la collettività sta compiendo

-può venire utilizzato per distruggere l’immagine pubblica di un avversario.

Esempio di ciò il voto, la scheda elettorale è un oggetto carico di significati culturali e istituzionali,
l’apposizione di una croce sul simbolo di partito è un atto cognitivo e emotivo al tempo stesso, la
deposizione nell’urna è la suprema manifestazione della volontà del cittadino.

Simboli politici
Con questa espressione si fa riferimento alla fenomenologia e alla riflessione scientifica sulle dimensioni
simboliche della politica, alla trasmissione e allo scambio dei significati e dei valori, cioè delle risorse non
materiali della politica presenti in tutte le culture, arcaiche e moderne, religiose e laiche, occidentali e non.

Il potere dei simboli, non solo in ambito politico, è comunque universalmente riconosciuto come testimonia
la storia del genere umano, non è mai esistita azione politiche che non sia stata rappresentata, sostenuta e
implementata attraverso simboli.

I simboli sono la parte oggettiva del rituale, secondo Durkheim sono veri e propri oggetti, come i totem e le
bandiere, che materializzano l’idea astratta della sacralità dell’ordine sociale.

Ci sono due visioni opposte:

-lasswell interpreta i fenomeni della politica con un insieme di categorie, tra le quali quella simbolica ma
ritiene che la natura complessa del potere non si può esaurire nella categoria simbolica.

I simboli sono risorse di potere ma il potere ha a disposizione anche altre risorse

-edelman definisce una teoria simbolica della politica, definisce come simbolo qualsiasi cosa a patto che
produca gli effetti psicologici indicati.

I mass media in questo discorso dove si collocano?

I mass media costituiscono spesso il palcoscenico della dimensione simbolica e rituale della comunicazione
politica, offre riti, modelli e simboli nuovi.

L’ingegneria simbolica è una sorta di anello di congiunzione concettuale tra il campo dei linguaggi della
politica e quello della comunicazione di massa.

La televisione spettacolarizza la politica, mentre i sociale media hanno introdotto un linguaggio


nuovo(cliccare, scrollare, twittare, postare).

Lezione 5(26/10)

La cultura pop

Premessa

È necessario osservare che il termine pop ha un diverso significato in base alla lingua a cui si fa riferimento,
se inglese o italiano.

Pop è la contrazione dell’inglese popular e dell’italiano popolare.

Questo aggettivo può avere un’accezione quantitativa(un gran numero di persone) e una qualitativa(per
esempio una persona popolare).

Quando questo aggettivo è associato alla cultura viene contrapposto alla cultura alta, quindi considerata
come cultura bassa, cultura popolare.

Il termine popolare può generare anche confusione tra l’accezione inglese e quella italiana, quando in
italiano si parla di cultura popolare la si pone in antitesi a quella elitaria, ma riferendosi alla cultura legata
alla tradizione rurale, non colta e dunque a quello che in inglese corrisponde al termine folk.

In tal senso la cultura popolare gode di molto più credito rispetto alla cultura pop che viene vista come la
sua corruzione.

Cos’è a cultura popolare?


La cultura popolare quindi, nei termini di folk e come cultura popolare, è una costruzione dell’epoca
romantica quando nel pieno processo di costruzione di stati nazione era necessario identificare una identità
nazionale le quali rispecchiassero un patrimonio tradizionale autentico.

Dunque, la cultura del popolo è un insieme di forme e pratiche culturali dal basso prodotto da una non elite
in contrapposizione alle istanze di potere e controllo della cultura dominante.

Si tratterebbe di un fenomeno spontaneo e autenticamente comunitario, minacciato dall’emergere della


cultura di massa propria di una società di massa.

È a questa cultura di massa che ci si riferisce quando si parla di pop culture: una cultura mercificata e
massificata, propria della società industriale, che si contrappone tanto alla cultura d’elite quanto a forma
culturali non elitarie proprie delle società preindustriali alla cui edificazione ha contribuito direttamente il
popolo.

Oltre a questa premessa è necessario osservare un altro concetto, l’industria culturale.

Cosa si intende per industria culturale?

È un concetto importante che indica l’apparato che gestisce la produzione e la distribuzione dei prodotti
culturali di massa alla guisa di merci.

La fruizione dei prodotti di massa produce solo asservimento.

I cultural studies britannici, alla fine degli anni cinquanta, spostano l’attenzione dalla produzione al
consumo della cultura pop, si concentrano cioè su numerosi aspetti della cultura popolare, su come viene
veicolata dai media, riconoscendo ai pubblici un ruolo non passivo ma attivo.

Secondo le analisi di studiosi è necessaria una visione gerarchica della struttura sociale e del rapporto tra
questa e la strutturazione dei gusti: i detentori di un capitale culturale alto sarebbero nella posizione di
definire il gusto corretto, il cosiddetto buon gusto.

È davvero così o forse è opportuno di parlare di convivenza di gusti legittimi?

Sarebbe opportuno considerare la seconda ipotesi, la sofisticazione culturale di oggi è costituita da una

varietà di consumi culturali(stasera vado a teatro e domani a vedere la partita).

La cultura pop nonostante sia stata cacciata dalla distinzione sociale per i suoi contenuti bassi, nell’ultimo
trentennio è rientrata attraverso una legittimazione sociale che la affianca a tutta una varietà di beni e
prodotti diversificati.

Osservata la cultura pop è possibile analizzare la politica pop.

Cos’è la politica pop?

Abbiamo già visto come oggi nessun politico può fare a meno della comunicazione dei media che operano
secondo i codici dello spettacolo e dell’intrattenimento, quindi della popolar culture.

L’intreccio tra politica e cultura pop è un fenomeno per cui fatti e personaggi, storie e parole che
appartengono al territorio della politica, sinonimo di complessità e autorefenzialità, un modo distante dalla
vita quotidiana della gente, diventano grazie ai media e soprattutto alla televisione realtà familiari, soggetti
di curiosità e interesse, argomenti di discussione, fonti anche di divertimento, alla pari di altre storie e altri
personaggi che appartengono al mondo dello spettacolo.

Quella che in italia viene definitiva cultura pop nella letteratura straniera indica anche altri due fenomeni:
-infotainment: spettacolarizzazione della politica da parte dei media dell’informazione, secondo alcuni
autori, un’informazione più vicina ai codici della cultura popolare favorirebbe un avvicinamento della
cittadinanza ai tempi politici

-politainment: uso delle logiche dell’intrattenimento da parte degli attori politici, siamo in un campo che
riguarda esclusivamente la politica, cioè il connubio con i codici della cultura pop.

Politici come celebrità

Negli anni sessanta Alberoni distingueva le star dello schermo dalle altre personalità pubbliche, oggi questa
distinzione non è più valida infatti i leader politici sono diventati personaggi televisivi e mediatici.

Questo cambiamento lo si può osservare secondo due espressioni:

-la politica dell’intimità(un processo di intimizzazione, cioè la penetrazione fino agli aspetti più intimi e
personali del leader)

-celebrity politics(può essere intesa i due modi: l’utilizzo da parte dei politici di codici e linguaggi dello star
system ai fini di propaganda elettorale e per avvicinarsi agli elettori oppure le celebrità impegnate in altri
ambiti che, sfruttando la propria personalità, per sostenere cause politiche.

Dove si manifesta la politica pop?

La politica pop la si manifesta in diversi ambienti quali reality tv(esempio di ciò il reality vote for me in cui il
premio era la candidatura alle elezioni politiche nazionali), cinema, fumetti, satira, nella musica, teatro e
sport(per esempio forza italia che si identifica come gli “azzurri”).

Dalla politica pop si è passati alla politica pop online.

Per quanto riguarda la politica pop online sono da osservare due cambiamenti:

-il pubblico dei cittadini non è un destinatario passivo dei messaggi ma può creare contenuti e modificare
quelli esistenti

-le attività in rete hanno ampliato e trasformato l’ambito della cultura popolare.

Infatti, la cultura popolare digitale non è solo la trasposizione dei contenuti della precedente cultura pop,
ma vede svilupparsi al suo interno altri prodotti.

L’alleanza tra media e web si articola lungo tre dimensioni:

-il trattamento da parte dei media tradizionali di contenuti e storie che hanno a che fare con le dimensioni
digitali della politica

-saccheggio da parte dei media di materiali politici pop che diventano soggetti al centro di una produzione
televisiva

-appropriazione da parte della rete di contenuti diffusi dai media tradizionali.

La cultura del popolo di internet

La cultura del popolo di internet è cambiata sotto tre aspetti:

-funzione di mediazione degli algoritmi

-una delle caratteristiche è legata all’ambiguità e alla rozzezza di forme e contenuti

-uno degli elementi più significativi è il meme


-si assiste a una sorta di memizzazione della politica, cioè a un meccanismo progressivo di appropriazione e
riconfigurazione dei temi presenti nell’agenda pubblica da parte degli attori sociali che si sviluppa
attraverso il remix tra contenuti politici e elementi della cultura pop all’interno dell’ecosistema
comunicativo ibrido.

Lezione 6(2/11)
GENERI DELL’INFORMAZIONE TELEVISIVA → Quelli televisivi sono abbastanza omogenei
nel panorama editoriale internazionale:
TELEGIORNALI→ nel video interviene l’esponente del PD con una dichiarazione, poi l’allora
capo del movimento 5 stelle poi l’opposizione come Berlusconi, Salvini e meloni. → si vede
che in pochi minuti si cerca di far interloquire tutti i partiti politici presenti in parlamento
INTERVISTE→ intervista a Enrico Berlinguer in un programma della Rai (fine anni 70 e inizio
anni 80)
CONFERENZA STAMPA→ è un genere misto che può essere pubblicitario o informativo
DIBATTUTI→ lezioni 2006 Berlusconi contro Prodi→
TALK SHOW
Generi dell’informazione televisiva vengono create le versioni online dei giornali, tg, talk,
ecc. Esistono anche blog e social network.
Lezione 7(9/11)

Il terzo attore della comunicazione politica

Per quanto riguarda il sistema dei media e il sistema politico: abbiamo analizzatogli effetti dei sistemi
sistemici (legami di interdipendenza)Per analizzare il livello di influenze e i rapport tra politica, media e
cittadino-elettore, dobbiamo soffermarci sugli effetti psico sociali. Il cittadino-elettore è l’intestatario dei
messaggi prodotti dal sistema politico e da quello dei mass media; ma, con la moltiplicazione dei canali e
l’avvento di Internet, è anche fonte-emittente esso stesso di comunicazione. Il cittadino-elettore occupa un
posto centrale nella visione liberale della democrazia, è il perno attorno al quale ruotano e si sviluppano le
azioni e le interazioni dei soggetti politici e dei professionisti dei media: i primi, senza il consenso popolare,
non possono accedere alla gestone del potere, i secondi hanno bisogno del pubblico (audience dei cittadini)
per avere identità e legittimità (e sul pubblico fanno leva per rendere efficace la propria interazione con la
sfera politica).
Questo terzo attore non è immediatamente identificabile in una struttura organizzata (naturalmente i
cittadini possono organizzarsi in gruppi, associazioni). Si parla di cittadino all’interno delle sue
rappresentazioni «collette»: la cittadinanza, l’opinione pubblica, l’elettorato.

Per quanto riguarda la cittadinanza ha subito due cambiamenti:

-cambiamento del significato con la diffusione dei nuovi media

-cittadinanza conseguita che è differente da quella ricevuta(cioè formale che si ottiene con i diritti di
cittadino di partecipare alla vita sociale e politica), la cittadinanza è un progetto mai completamente
compiuto che implica la necessità di espanderne il carattere democratico.

Però osserviamo il cittadino elettore sotto il profilo dell’opinione pubblica.

Che cos’è l’opinione pubblica?

È un costrutto mentale oppure è un «soggetto importante perché consente di analizzare le sue dinamiche
all’interno della sfera sociale e politica?

Indubbiamente, non esiste nella realtà (non ha le caratteristiche di un gruppo organizzato), ma è una
«entità virtuale che, per esempio, è indispensabile per i politici, dal momento che misurano le proprie
fortune in base al «termometro» dell’opinione pubblica.

Tra le diverse definizioni osserviamo quella di Peters il quale ritiene che l’opinione pubblica è generata da
una sorta di «pubblico immaginario» formato da figurazioni. Invece che della concreta interazione tra
individui viene data una rappresentazione simbolica delle azioni sociali, primariamente attraverso i media –
che stimolano gli individui ad agire come un’entità collettiva.

Il punto da tenere a mente è che nella forma di democrazia liberale l’opinione pubblica nasce insieme alla
sfera pubblica borghese(Habermas), nella quale il pubblico dei cittadini ha un’opinione sugli affari pubblici,
la manifesta e la diffonde nel dibatto pubblico.

Quindi la comunicazione è un fattore primario della formazione, della esplicitazione(attraverso i sondaggi) e


della pubblicizzazione dell’opinione pubblica.

Come è possibile descrivere il nesso tra opinione pubblica e comunicazione?

L’opinione pubblica può essere vista come fenomeno individuale e come fenomeno collettivo.

Se si osserva l’opinione pubblica come fenomeno individuale è un aggregato di opinioni di un certo


segmento di popolazione.

Occorre distinguere:

-atteggiamenti: pulsioni affettivo-emotive, predisposizioni, orientamenti e tendenze non manifeste e


generalmente durature

-opinioni: di natura prevalente cognitiva, sono risposte osservabili a un problema o auna domanda, legate a
fattori a breve durata (appoggiare o meno un politico/partito)

-gli schemi: strutture cognitive che conservano e organizzano l’informazione su un determinato


evento e che condizionano la valutazione dei nuovi stimoli informativi

-i valori: credenze di natura valutativa e prescrittiva, che servono per giudicare la desiderabilità o
meno di situazioni, event, politiche
-l’identificazione di gruppo: guidano la costruzione del concetto di sé, dell’identità personale e
sociale del soggetto e condizionano le visioni del mondo.

Come si formano le opinioni di contenuto politico?

La gente reagisce criticamente agli stimoli nei quali si imbatte, i cittadini non mantengono nella loro mente
visioni rigide, su qualunque tema, al contrario rielaborano i loro schemi ogni volta che si confrontano con
una nuova issue, nel costruirsi un’opinione, le persone si appoggiano sulle idee che sono di maggiore
immediata salienza, cioè «sono in cima al loro pensiero.

Naturalmente, la valenza delle opinioni di natura individuale nel mercato politico non è automatica: se
rimangono un fatto personale, non hanno incidenza sul sistema politico.

Ecco perché la ricerca sull’opinione ha elaborato numerose tecniche di osservazione e misurazione delle
opinioni individuali.

Se si osserva l’opinione pubblica come fenomeno collettivo viene privilegiata la valutazione degli stimoli
comunicativi che attivano processi psicologici della formazione delle opinioni.

Ha un’importanza maggiore per lo studioso di comunicazione politica perché l’opinione come


comportamento collettivo evidenzia le opinioni che assumono una qualche rilevanza pubblica.

In questo modo, il concetto di opinione si collega sempre di più con quello di pubblico tanto da definire,
sotto questo profilo, l’opinione pubblica alla stregua di comportamento di un pubblico definito come un
gruppo temporaneo, dalla struttura fluida.

Possiamo individuare diversi tipi di pubblico:

-pubblico generale: determinata popolazione presa in considerazione dai pollsters.

È la somma delle opinioni di individui di una parte di popolazione definita tramite sondaggi, referendum ed
elezioni

-pubblico attento: cittadini veramente informati sugli affari pubblici («minoranza qualificata)

-pubblico attivo: ha un’opinione e partecipa di persona al dibatto pubblico, alla vita politica o di partito

-pubblico degli elettori: è quello più sondato in assoluto, le cui opinioni sono considerate come indicazioni
per una probabile decisione di voto

-opinione pubblica latente: forse la forma più importante: è quella vera, reale, di difficile misurazione

-maggioranza percepita: si identifica con le proiezioni dei news media.

Quali sono le fonti privilegiate dai cittadini italiani per informarsi sulle questioni politiche?

C’è stato il passaggio da un modello centripeto di comunicazione politica (la presunzione che vi sia un
pubblico ancora di massa che si espone a pochi e omogenei contenuti politici) a un modello centrifugo,
dove molti comunicatori utilizzano molti mezzi per rivolgersi a molti target di elettori che, a loro volta,
possono partecipare attivamente alla produzione e diffusione di molteplici contenuti politici.

Per analizzare l’influenza politica dei media, consideriamo quest’ultimi sotto tre profili:

-i media come fonti di conoscenze e di informazioni politiche

Sono ormai indispensabili per il cittadino di oggi per conoscere la realtà politica.

Possono essere:
-iniziatori: del processo di conoscenza individuale o di elaborazione(quando un organo di informazione dà
una notizia di un evento politico)

-fattori intervenienti: nella discussione avviata da un gruppo di persone su tematiche di contenuto politico,
oppure quando le informazioni prodotte dai media sono usate come riferimento o avviano nuove
discussioni

-fattori di potenziamento o di distorsione: della comunicazione prodotta dai politici (rendono più attraente
la campagna di un candidato).

-come fornitori di cornici interpretative (frames) della realtà politica

Come vengono costruite le notizie dai media? Questi, infatti, non sono mere fonti di informazioni, ma ciò
che trasmettono è profondamente intriso di significato, emozioni, stimoli, visioni del mondo.

Uno dei processi più noti di questo modellamento è il framing, cioè l’incorniciamento.

Secondo Entman il framing è il processo mediante il quale si selezionano alcuni aspetti della realtà
percepita, gli si dà importanza in un determinato contenuto informativo, in modo da evidenziare una
particolare definizione di un problema, una interpretazione causale, una valutazione morale, e/o una
proposta di soluzione.

La funzione di strutturazione del senso del framing è stata utilizzata anche nell’elaborazione della
cosiddetta teoria del prospetto che attribuisce agli stimoli esterni quali quelli dei media, e al loro potere di
framing, di presentazione, di contestualizzazione, una significativa influenza sulle percezioni, preferenze e
sulle decisioni delle persone.

In altre parole, il modo con cui i media prospettano le probabili soluzioni a un determinato problema
condiziona la decisione del soggetto.

-come strumenti di persuasione

È stata soprattutto la psicologia applicata a studiare le forme e le tecniche della comunicazione efficace.
Illustriamo brevemente solo le variabili principali che analizzano il peso delle caratteristiche della fonte e
del suo messaggio nei processi di persuasione.

Variabili relative alla fonte:

-credibilità: la televisione ne gode in maniera maggiore rispetto ad altri mezzi

-attrattività: della propria offerta, con la speranza di innescare meccanismi di fidelizzazione.

È importante anche la variabile del messaggio:

-salienza dei contenuti: grado di importanza o interesse che un determinato tema ha per un individuo

-intensità e frequenza dell’emissione: reiterazione di messaggi, appelli, informazioni, immagini,


generalmente all’interno di una campagna di comunicazione pubblicitaria o elettorale, obiettivo:
familiarizzazione del messaggio

-differenziazione del messaggio: riguarda i contenuti, cerca di intercettare nicchie di mercato (es. gadget
allegato oppure stile di scrittura)

-unilateralità/dialetticità: rispetto alle altre, riguardano la struttura logica e argomentativa, cioè la forza
interna del messaggio
-ordine di presentazione: il ricevente memorizza più facilmente la prima o l’ultima notizia? È più
impressionato dalla prima o dall’ultima?

Lezione 8 (16/11)

Le campagne elettorali

Le campagne elettorali rappresentano dei momenti simbolici forti, in grado di rafforzare i valori su cui si
regge il processo democratico.

Negli ultimi decenni, è stato elaborato il concetto di campagna elettorale permanente, che enfatizza il
carattere elettoralistico di tutta l’azione politica, sia dei partiti sia dei governi, anche nei normali periodi di
legislatura.

Possiamo fissare la seguente periodizzazione storica:

-campagne elettorali premoderne (da metà 1800 agli anni Cinquanta del Novecento)

-campagna elettorali moderne (dagli anni Sessanta, fino agli anni Ottanta)

-campagne elettorali postmoderne (dagli anni Novanta in poi).

La campagna elettorale è il momento cruciale del meccanismo della rappresentanza; è il tempo in


cui il candidato si presenta pubblicamente, espone le sue idee e i suoi programmi e dichiara in che
modo intende rappresentare, se eletto, la volontà popolare. Questo carattere di «pubblicità» è alla
base di tutta l’attività di comunicazione tra i partiti, i candidati e l’elettorato.
Possiamo distinguere due modelli teorici di campagna elettorale:

-campagna di posizione: modello del «noi contro loro»; presente in sistemi con una presenza
partitica forte e elettorato schierato e diviso secondo l’appartenenza partitica. Il partito o il
candidato si serve dei media più per affermare e difendere il proprio «territorio» che per ampliarlo

-campagna di conquista: lo schema prevede la «conquista di tutti», perché il sistema dei partiti è
debole (deboli identità e organizzazione). I media e le tecniche (sofisticate) di comunicazione
servono per imporre la propria presenza e far conoscere le proprie posizioni.

Un’altra classificazione è:

-campagna centrata sul partito


-campagna centrata sul candidato.

Si tratta di una distinzione basata sul sistema elettorale con il quale si vota o sul peso specifico di
un partito o candidato in un determinato momento storico.

Variabili indipendenti della modernizzazione delle campagne elettorali:

-secolarizzazione della politica: graduale perdita del peso specifico nella dinamica politica delle
ideologie e delle appartenenze subculturali.

Accelerazione post 1989; trasformazione in senso «commerciale» del sistema dei media e degli stili
di vita (dalla metà degli anni Settanta)

-moltiplicazione delle risorse mediali: aumento dei canali di comunicazione di massa e nuovi
media: allargamento del «mercato elettorale», ma complicazione delle dinamiche. Nascita di
movimenti di opinione e di single issue parties. Le campagne elettorali sono diventate sempre più
media campaigns, con conseguente aumento dei costi delle campagne

-professionalizzazione della politica: sempre più evidente un approccio sistematico e, dunque, una
pianificazione delle strategie della comunicazione che può offrire solo il professionista, al quale si
affida la gestione dell’intera campagna elettorale.

Proprio la necessità di professionalizzazione è alla base dello sviluppo e della diffusione del
marketing politico. Che cos’è?

È un insieme di tecniche aventi come obiettivo quello di favorire l’adeguamento di un candidato al


suo elettorato potenziale, di farlo conoscere al maggior numero di elettori e a ciascuno di essi in
particolare, di creare la differenza con i concorrenti e gli avversari, di ottimizzare il numero di voti
che occorre guadagnare nel corso della campagna.

Il candidato/partito viene considerato/trattato come un prodotto?

I critici enfatizzano questa condizione con l’equazione partito = saponetta per denotare una
svalutazione dell’impegno politico.

Altri studiosi, invece, hanno smentito l’idea che «vendere» un prodotto politico sia simile a un
«inganno» per l’elettore: il marketing politico corretto seduce informando.

Quali sono le fasi del marketing politico?

Prima: definizione di una strategia (conquista o mantenimento):candidato e staff

Seconda: attenta analisi dell’arena in cui il candidato giocherà la partita elettorale. Fase molto
importante (vedi approfondimento)

Terza: fase tattica; una volta definite le caratteristiche della «domanda», vengono messe a punto le
varie attività e modalità di comunicazione del «prodotto»

Quarta: fase operativa, è il momento della «discesa in campo» del candidato, che non coincide
necessariamente con l’inizio ufficiale della campagna elettorale.
Occorre riservare una particolare attenzione alla seconda fase, quella dell’analisi del contesto
competitivo:

-analisi del candidato, ma anche dell’avversario e degli avversari principali

-analisi degli elettori (caratteristiche sociodemografiche del collegio)

-analisi delle tematiche che possono risultare decisive nelle scelte di voto

-analisi dei media sia come strumenti, sia come attori in campo nelle dinamiche di comunicazione e
formazione dell’opinione pubblica.

Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto descrivono dettagliatamente il lavoro da compiere per la


definizione dello scenario competitivo, infatti bisogna analizzare cinque collegi:

Gli strumenti del marketing politico

Tecniche tradizionali:

-interattive: contatti diretti tra candidato e potenziali elettori (porta a porta; cene; comitati di
sostegno; incontri di gruppi; comizi, ecc.)
-unidirezionali: sono per lo più di natura scritta: la stampa a uso dei militanti, la stampa per la
propaganda esterna (giornali di partito, mailing list) manifesto, gadget

-tecniche audiovisive: legate prevalentemente al mezzo televisivo attraverso, con il suo uso diretto:
a pagamento (spot) o gratuito (tribune autogestite); oppure uso indiretto: partecipazioni a dibattiti,
talk show

-nuovi media: è possibile affinare il micro targeting; social network possono favorire un dialogo
interattivo; fundraising

-consulenti politici.

Le strategie di campagna elettorale sono basate su due elementi essenziali: l’immagine e lo


spettacolo.

Non a caso, infatti, alcuni studiosi definiscono le campagne elettorali come «battaglie delle
immagini».

Quale significato diamo al termine immagine?

L’immagine può essere di due tipi:

-immagine proiettata: è il profilo di un soggetto politico «costruito» e «confezionato» per essere


diffuso direttamente o attraverso i media, immagine che si divide in 3 tipi:

-immagine personale: la faccia, il look, i tic, sfera familiare

-immagine politica: contribuisce al posizionamento del candidato su certi temi o politiche


(Angela Merkel è l’austerity; Umberto Bossi è il federalismo, Beppe Grillo è l’antipolitica)

-immagine performativa: insieme di attributi politico-personali che permettono al cittadino


di «sentire» se quel candidato ha le carte in regola per essere il leader giusto da votare.

-immagine percepita: è un «costrutto mentale soggettivo» influenzato dai messaggi proiettati,


quindi dagli stimoli sensoriali suscitati dalla strategia di trasmissione dell’immagine, ma anche dagli
schemi mentali, dai livelli di conoscenza e di informazione.

Abbiamo visto che una delle tecniche più diffuse del marketing televisivo è lo spot.

Caratteristiche: breve durata (tra i 15 e i 60 secondi), asserisce, ma non discute, mostra prove
spesso in forma di esempio, personalizza e visualizza concetti astratti e favorisce la semplicità a
scapito della complessità.

Tipologie: «mezzobusto» (con il solo candidato che parla); «negativi»(contro i candidati


concorrenti: è una tecnica che paga?); «cinema-verità»(momenti di vita reale del candidato);
«documentario» (cosa ha fatto il candidato nella politica o nella professione); «intervista alla
gente»(dichiarazioni a sostegno del candidato); «testimonial» (personaggi celebri decantano le
qualità del candidato).

Ma le campagne elettorali hanno un impatto determinante sull’orientamento di voto.

Per i professionisti, contano moltissimo: il «grande gioco della battaglia sul campo» è vitale per i
risultati finali?
Se ben condotte, le campagne possono decidere la vittoria di un candidato.

Per la scienza politica tradizionale non contano: i risultati possono essere previsti molto prima sulla
base di un ristretto numero di variabili(appartenenza partitica, classe sociale).

Per altri politologi, le campagne elettorale contano, ma non per come sono condotte: durante la
campagna gli elettori confermano (grazie al grande flusso informativo) le loro convinzioni.

Le «conversioni» sono molto rare.

Per un’ulteriore fetta di politologici, le campagne contano e anche percome sono condotte: pur
rimanendo importanti delle variabili fondamentali, le campagne possono fare la differenza (specie
se si tratta di elezioni all’ultimo voto).

I nuovi media influenzano davvero la campagna elettorale?

Avere molti follower o molti like indica un grado di popolarità e di gradimento alto?

Alcuni studiosi (Towner e Dulio) hanno puntualizzato alcuni aspetto:

-occorre misurare l’effetto di uno o più tipi di nuovi media non separatamente(Facebook, Twitter,
Instagram), ma nel complesso della comunicazione tradizionale e online

-evitare di studiare solo le campagne presidenziali e parlamentari: i nuovi media a livello locale
rivelano molti aspetti dell’influenza che sfuggono alle campagne più ampie

-molte teorie degli effetti dei media tradizionali sono applicabili agli studi sugli effetti dei nuovi
media: sono possibili confronti tra dinamiche conosciute e nuovi modi di esposizione e consumo

-la ricerca comparata è la via migliore (tra diversi sistemi politici, mediali, di campagna).

Lezione 9(23/11)

Le determinanti delle scelte di voto

La struttura della scelta elettorale si basa su una serie di fattori che ne determinano l’espressione in
rapporto alle circostanze e agli stimoli ambientali e comunicativi in cui si viene a trovare il
cittadino-elettore.

Quali sono i fattori che influenzano le scelte elettorali?

-l’identificazione partitica

-le posizioni dei partiti e dei candidati sulle issues

-la preferenza politica negativa

-l’identificazione di area(cioè una sorta di autocollocazione attraverso ci l’elettore si colloca nel lato
della sinistra o destra)

-l’immagine del leader

-l’informazione.
Quando si parla di identificazione partitica ne nostro sistema politico è significativa la tabella, si
può osservare infatti una diminuzione elevata dell’identificazione partitica in particolare nel 1990
con tangentopoli per poi aumentare fino al 2008 in cui si osserva un’altra riduzione.

Quando si parla quindi di identificazione partitica in italia si parla di una tendenza in calo
dell’appartenenza politica.

Il secondo fattore da osservare è l’immagine del leader, come detto precedentemente, il «fattore»
leader è ormai cruciale nelle campagne elettorali e influenza generalmente i settori meno
politicizzati della popolazione (che si interessano meno della politica).

Ma sono queste fette di popolazione quelle che determinano il risultato finale.

Gli elettori non guardano tanto al partito, quanto al leader: lo spazio della rappresentanza coincide
con lo scambio fra leader e opinione pubblica.

Barisione individua dei momenti nei quali l’immagine del leader conta di più:

1. Contesto istituzionale (conta di più nei sistemi presidenziali)

2. Contesto politico (poco polarizzato)

3. Clima d’opinione

4. Crisi sistemica (Italia dopo-Tangentopoli)

5. Struttura del sistema dei media (oligopolio, giornalismo schierato, poca regolamentazione)

6. Tipo di campagna (in quelle ad alta intensità).

Elezioni 1994

Il risultato di queste elezioni ha determinato un cambiamento del sistema partitico talmente


radicale da spingere gli studiosi a parlare di «quarto sistema partitico».

Le diverse fasi del sistema partitico:

-primo sistema partitico: suffragio limitato (1861-1913), dominato dalla Destra storica e dalla
Sinistra storica

-secondo sistema partitico: estensione del suffragio maschile, la Grande Guerra, il sistema elettorale
proporzionale(elezioni 1919). Non si consolida: transizione verso il regime fascista(1922-1925)
-terzo sistema partitico: elezioni 1946-elezioni 1994

-quarto sistema partitico: 1994-2008, 2011-2020 si può parlare di una nuova fase?

Che peso ha avuto la televisione nelle elezioni del 1994, in particolare il video di berlusconi?

Uno studio di Luca Ricolfi sosteneva che circa 4 milioni di telespettatori elettori avevano cambiato
schieramento in seguito all’esposizione alla televisione.

In breve, la Rai e Fininvest avevano allocato il tempo di copertura informativa in modo asimmetrico
(più neutrale la prima, più faziosa la seconda) e queste differenze avevano riscontro negli
spostamenti di voto: maggiori quelli indotti dalla Fininvest perché maggiore è stato lo squilibrio fra
lo spazio concesso a Forza Italia e quello concesso ad altri partiti.

Dunque, sosteneva Ricolfi, l’elettore spettatore non è certamente passivo, sa rielaborare i messaggi
che riceve. Ma la sua rielaborazione è condizionata anche dal contenuto e dalla quantità dei
messaggi che riceve: se riceve più materiali informativi pro Forza Italia, la sua libertà di rielaborare
viene limitata.

L’analisi di Ricolfi viene criticata perché basata su una «fallacia metodologica», cioè il ritenere che si
possa attribuire un preciso effetto a un preciso stimolo: ritenere che la televisione nel suo
complesso possa influenzare in un determinato senso coloro che visi espongono.

Quando si parla di «televisione» a cosa ci si riferisce? Ai telegiornali, alle tribune, alle trasmissioni
elettorali?

Nella campagna del 1994 sono andati in onda un numero significato di trasmissioni nelle quali la
faziosità era distribuita.

Quali messaggi hanno «convito» una quota così ampia di telespettatori?

Qual è il «consumo» televisivo degli spettatori interpellati?

Quali evidenze dimostrano che l’esposizione a maggiori quantità di materiali limiti le capacità di
elaborazione dell’elettore?

Una proposta che cerca di analizzare con maggiore sistematicità la domanda «più televisione = più
voti»?

Giacomo Sani giunge a una serie di conclusioni:

-la molteplicità di variabili in gioco (volume dell’offerta televisiva, orientamento politico dei canali,
dimensioni dell’audience, orientamento degli elettori) rendono molto complessa la questione degli
effetti

-difficoltà a separare analiticamente gli effetti a lungo termine e quelli a breve termine: è la visione
di alcuni programmi durante la campagna elettorale oppure è la prolungata consuetudine di
fruizione di alcuni programmi a influenzare il voto?

-gli effetti della televisione non sono relativi solo ai «voti spostati», ma sono importanti anche altri
effetti (più probabili) come la spinta alla mobilitazione o smobilitazione, creare incertezza o fornire
certezza, trattenere o limitare l’erosione dei consensi
-la comunicazione politica veicolata dai media è fortemente condizionata dalla congiuntura
specifica in cui si svolge la competizione elettorale (strutturazione sistema politico, nuovi partiti).

Cos’è il modello dell’influenza e dell’incapsulamento?

-modello dell’influenza: le preferenze televisive causano le preferenze politico elettorali: i cittadini


mutano le proprie preferenze a seguito dell’esposizione all’una o all’atra fonte di informazione
televisiva (la visione di programmi Mediaset convincerebbe della bontà delle proposte di centro-
destra, mentre la visione delle reti Rai convincerebbe della bontà delle proposte di centro-sinistra)

-modello dell’incapsulamento: prospetta una relazione nella direzione opposta: le preferenze


televisive sono effetto delle preferenze politiche.

Gli elettori definiscono le proprie scelte di consumo televisivo in coerenza con le proprie simpatie
politiche, in un’ottica di rafforzamento delle proprie idee.

Lezione 10(30/11)

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