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Scuola delle Scienze Umane e del Patrimonio Culturale

CdL di Lingue e Letterature Moderne -- Studi Interculturali (L-12)

A.A. 2017/2018
Glottologia
Prof. Michele Longo

Viola Pitruzzella

RIFLESSIONI SULLE VALENZE DEI VERBI


INDICE

1. ABSTRACT

2. INTRODUZIONE

3. BACKGROUND

4. TESTO E METODO

5. RISULTATI

6. CONCLUSIONI

7. BIBLIOGRAFIA

1. ABSTRACT
La mia riflessione si muove nell'ambito della sintassi e in parte in quello della semantica,
focalizzandosi su un argomento: le valenze e le reggenze dei verbi. Ritengo che il
significato del verbo, e quindi della frase, sia contenuto nella valenza. La relazione fra un
verbo e i suoi argomenti concerne la semantica, il lessico e la sintassi e a mio avviso la
sua padronanza si può considerare un indice fondamentale di buona conoscenza di una
lingua. A questo proposito, ho chiesto ad alcuni amici di tradurre delle frasi in lingue di
cui hanno una conoscenza più o meno approfondita, per fare vedere come nel rendere lo
stesso significato in lingue diverse le valenze e le reggenze di un verbo possano cambiare
significativamente da lingua a lingua. Ho osservato come più alta sia la competenza,
maggiore sarà la coscienza di quali verbi reggano gli stessi complementi nelle diverse
lingue e quali no, quali richiedono preposizioni che prima non avevano e viceversa, etc.
E' quindi possibile considerare le competenze di traduzione nell'utilizzo delle valenze
come indice del livello di conoscenza di una lingua?
2. INTRODUZIONE
Quando vogliamo enunciare qualcosa sotto forma di frase, partiamo dalla selezione di un
verbo che rappresenta l'azione che vogliamo descrivere. Questo verbo è associato a delle
valenze, che sono gli altri elementi (argomenti o attanti) da lui implicati e necessari per
esprimere il suo o i suoi significati. Il verbo, quindi, si comporta come un elemento
chimico che richiama intorno a sé un certo numero e tipo di altri elementi: da qui il
concetto-immagine di valenza, ideato nella prima metà del ’900 dal linguista francese
Lucien Tesnière. La forma morfosintattica con cui il verbo si lega ai suoi argomenti è la
sua reggenza. All'interno della frase vi sono inoltre elementi esterni allo schema
valenziale, chiamati "circostanti", che incorniciano, contestualizzano o caratterizzano gli
eventi.
I tre principali tipi di valenze sono: il primo attante, corrispondente nella grammatica
tradizionale al soggetto, il quale è tradizionalmente definito come "colui che compie
l'azione"; il secondo attante, corrispondente al complemento oggetto, "chi subisce
l'azione"; e il terzo attante, corrispondente al complemento di termine o indiretto. Queste
definizioni di soggetto e complemento oggetto sono tuttavia abbastanza imprecise e
incomplete.
In base al numero di attanti che richiedono, i verbi si possono classificare in diverse
categorie: a) zerovalenti: verbi che non richiedono alcun attante, nemmeno il soggetto. In
molte lingue, essi sono i verbi meteorologici; in ogni caso, bisogna notare che anche nelle
lingue che richiedono sempre un soggetto, con i verbi atmosferici si tratta di un soggetto
fantoccio. b) monovalenti: richiedono soltanto il soggetto. c) bivalenti: richiedono due
attanti. In linea di massima si può far corrispondere i verbi monovalenti a quelli
intransitivi, e i verbi bivalenti a quelli transitivi (infatti, molto spesso i bivalenti
richiedono i primi due tipi di attante); questa corrispondenza ha comunque un certo
margine d'errore, in quanto vi sono alcuni verbi intransitivi ma decisamente bivalenti,
come nuocere, costare, etc. d) trivalenti: richiedono tre argomenti. Per Tesnière, sono
principalmente tutti quei verbi che esprimono il concetto di "dire" e "dare"; anche in
questo caso, però, non è una definizione del tutto esaustiva e vi sono molti casi che fanno
eccezione. e) tetravalenti: inizialmente non contemplati da Tesnière, che attribuiva questa
possibilità solo a costruzioni causative con verbi trivalenti (frasi come "Mario fa dare il
libro a Carlo da Lucia"). Molti ritengono invece che vi siano dei verbi inerentemente
tetravalenti, verbi come tradurre, trasportare, e altri formati con il prefisso latino tra-.
Non tutte le valenze devono essere sempre saturate, ma anche quando una non è espressa,
è "sottintesa" e verrà comunque utilizzata nell'interpretazione semantica della frase,.
E' importante rendersi conto che pur essendo la valenza intrinseca al verbo, lo schema
valenziale del verbo può variare al variare del suo significato. Ad esempio, il verbo
"andare" può essere trivalente in frasi come "Il treno va da Roma a Napoli", bivalente in
"Luigi va al mare tutti i weekend", e addirittura monovalente: "Quest'orologio non va" .
In questo senso, l'analisi valenziale è un modello che trascende la sintassi andando a
legarsi anche a semantica e lessico.

3. BACKGROUND
Facciamo un passo indietro per raccogliere ulteriori strumenti utili alla nostra riflessione.
Innanzitutto è necessario ricordare che la sintassi è il livello di analisi (della prima
articolazione) che studia la struttura delle frasi: il nome viene infatti da "syn" "insieme" e
"tàssein" "ordinare", quindi è interpretabile come "studio di come si combinano le
parole". L'elemento base di questa analisi, come già accennato, è la frase, che possiamo
considerare come un'unità minima di comunicazione dotata di senso compiuto, che ha la
caratteristica di affermare qualcosa riguardo a qualcos'altro o attribuirgli una qualità o un
modo d'essere. Tradizionalmente, a questo scopo si ritiene necessaria la presenza di
almeno un predicato nella forma di un verbo finito e (ad eccezione delle frasi
impersonali) un soggetto. Questa definizione, in ogni caso, lascia dei confini molto larghi
tra cosa è frase e cosa no, ed è possibile avere frasi sintatticamente/grammaticalmente
impeccabili che presentino incoerenze semantiche (ad es. "Verdi idee incolori dormono
furiosamente", Noam Chomsky), oppure frasi grammaticalmente incomplete ma
perfettamente interpretabili e comprensibili (ad esempio le frasi ellittiche).
Vi è inoltre un sottolivello di analisi, nonché sua unità minima: il sintagma, che
costituisce un'unità intermedia fra la parola e la frase, definito da Saussure come "la
combinazione di due o più elementi linguistici linearmente ordinati nella catena fonica".
L'apparente struttura lineare di frasi e sintagmi nasconde però una stuttura
diametralmente opposta, quella sintattica, che è di tipo gerarchico (struttura superficiale -
profonda). Per portarla allo scoperto si utilizza l'analisi in costituenti immediati, che
individua diversi sottolivelli, in cui ognuno costituisce il costituente del sottolivello di
analisi superiore. Essa può essere schematizzata in un grafo ad albero.
Il sintagma può assumere diversi ruoli funzionali, che sono necessari per l'interpretazione
semantica delle frasi e che determinano la gerarchia sintattica. I modi in cui i sintagmi si
combinano tra loro sono determinati, innanzitutto, dalle funzioni sintattiche, che sono
interne agli stessi verbi in quanto dipendono dalle loro reggenze. Di conseguenza, i
sintagmi nominali posso valere da soggetto o da complemento oggetto; quelli
preposizionali da oggetto indiretto o da qualsiasi altro complemento, quelli verbali da
predicato.

4. TESTO E METODO
Per vedere quanto l'interpretazione delle reggenze dei verbi sia influenzata dal livello di
competenza in una determinata lingua ho chiesto a persone con livelli di conoscenza
diversi di tradurre alcune frasi.
Le parole un po’ più complesse le ho fornite io stessa ai soggetti, in quanto non ci
interessa soffermarci sulla conoscenza del lessico.

ESEMPIO 1 - inglese

PARLANTE FRASE TRADUZIONE TRADUZIONE


ORIGINALE CORRETTA

Irene 1) Mi ha He ask me my He asked me my


L1: italiano chiesto le mie reason. reasons.
Livello in L2: motivazioni.
A1

2) Ho chiesto I’m ask a raise I’ve asked for a


un aumento raise.

3) Mi ha He asked of my He asked me
chiesto della
mia salute. health. about my health.

Andrea 1) Mi ha He asked me
L1: italiano chiesto le mie my reasons. “
Livello in L2: motivazioni.
B1

2) Ho chiesto I asked a raise “


un aumento.

3) Mi ha He asked me of “
chiesto della my health.
mia salute

Tanya 1) He asked me Me ha chiesto Mi ha chiesto le


L1: inglese my reasons. le mie mie motivazioni.
Livello in L2: motivazioni.
A2

2) I’ve asked Ho chiesto un Ho chiesto un


for a raise. aumento. aumento.

3) He asked me Mi ha chiesto Mi ha chiesto


about my del mio salute. della mia salute.
health.

ESEMPIO 2 - francese
PARLANTE FRASE TRADUZIONE TRADUZIONE
ORIGINALE CORRETTA

Gabriele 1) Abito in via J’habite en rue J’habite (dans la)


L1: italiano Victor Hugo. Victor Hugo. rue Victor Hugo.
Livello L2: A2
2) Mi ispiro a Je m’inspire à Je m’inspire de
mio padre. mon père. mon père.

Daniele 1) Abito in via J’habite dans la


L1: italiano Victor Hugo. rue Victor Hugo. “
Livello L2: B2
2) Mi ispiro a Je m’inspire à “
mio padre. mon père.

Louise 1) J’habite rue Vivo nella via Abito in via


L1: francese Victor Hugo. Victor Hugo Victor Hugo.
Livello L2: C1-
2) Je m’inspire Mi ispiro a mio Mi ispiro a mio
de mon père. padre. padre.

5. RISULTATI

ESEMPIO 1- FRASE 1 In questo caso il verbo “to ask” è da considerarsi trivalente, e


regge i tre primi tipi di attanti (soggetto, complemento oggetto, complemento di termine).
Tutti i parlanti dimostrano un corretto utilizzo del complemento oggetto, che non richiede
l’uso di alcuna preposizione; e anche del complemento di termine, nel caso di una
traduzione italiano-inglese, in quanto nella lingua di arrivo non si hanno differenze di
caso tra i pronomi personali: “me” può essere sia complemento diretto che indiretto. Nel
caso della traduzione inglese-italiano, invece, Tanya ha dimostrato più incertezze al
riguardo e infine ha optato per l’utilizzo di “me”, che costituisce il caso accusativo, ma in
forma tonica.

ESEMPIO 1- FRASE 2 In questa frase è la traduzione inglese-italiano a risultare più


semplice, in quanto nella lingua d’arrivo il secondo attante del verbo “chiedere” è sempre
un complemento oggetto. Negli altri due casi, infatti, i parlanti non si accorgono della
necessità di introdurre la preposizione “for”. Il verbo “to ask” resta comunque trivalente e
l’attante in questione un complemento oggetto, a mio avviso un complemento oggetto
preposizionale. La terza valenza non è saturata.

ESEMPIO 1 - FRASE 3 I parlanti italiani non sono stati in grado di scegliere la


preposizione adatta, poiché in italiano non esiste alcuna preposizione con lo scopo
specifico di introdurre il complemento di argomento. La traduzione italiano-inglese
invece è risultata più facile, perché si è ricorso ad una preposizione che introduce
un’ampia varietà di complementi. Tutte e tre le valenze sono saturate.

E’ degno di nota come, pur restando il verbo trivalente in tutte e tre le frasi, sono cambiati
sia i tipi di complemento da esso introdotti, sia il suo significato, influenzato dalla
valenza: nel primo caso, infatti, il verbo ha il valore di “porre una domanda”; nel
secondo, di “richiedere qualcosa di fisico”, nel terzo di “richiedere un’informazione”.

ESEMPIO 2 - FRASE 1 Nella traduzione italiano-francese, i parlanti hanno optato per


parole diverse, ma che esprimono lo stesso concetto di “dentro” (anche se soltanto
Daniele ha saputo scegliere quella grammaticalmente accettabile): la traduzione risulta
del tutto equivalente a quella italiana, legando ad “abitare” il complemento di stato in
luogo, suo secondo attante (e non circostante, come si potrebbe erroneamente supporre
vedendo un complemento di luogo). Nessuno ha però preso in considerazione la seconda
opzione di traduzione (J’habite rue Victore Hugo), che coinvolge una valenza specifica
del verbo “habiter”, che in questo caso non richiede alcuna preposizione e si comporta
come un complemento diretto. Nella traduzione francese-italiano, invece, Louise ha
tradotto con il tipo di preposizione appropriata (anche se ha inserito un determinante di
troppo). In tutti i casi il verbo è bivalente.

ESEMPIO 2 - FRASE 2 In entrambe le lingue il verbo è bivalente, con le stesse valenze,


ed è soltanto la reggenza a cambiare. Infatti, anche le traduzioni errate ci risultano
comunque abbastanza trasparenti. Soltanto il parlante che ha un livello più alto nella
lingua di arrivo riesce a scegliere correttamente la preposizione. Le preposizioni diverse
nelle due lingue sono dovute più all’etimo che ad un effettivo legame semantico più forte.

6. CONCLUSIONI
Con questi basilari esperimenti di traduzione abbiamo potuto vedere come quello delle
reggenze verbali, e delle preposizioni che ne conseguono, sia uno degli scalini più
traballanti nella scala della traduzione. E’ quindi ragionevole considerare la scelta dei
complementi e delle preposizioni come un utile indice di valutazione della competenza
in una lingua di un determinato parlante.

”La frase è un piccolo dramma, in cui gli attanti sono gli attori, il verbo l’evento
rappresentato, e i circostanti l’ambientazione”

7. BIBLIOGRAFIA
”Linguistica. Un corso introduttivo” di Massimo Cerruti e Gaetano Berruto - UTET
Università
”La conoscenza intuitiva della valenza verbale nei bambini delle scuola primaria” tesi di
laurea di Michela Caputo (Università degli studi di Padova)

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