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Riassunto "Il mestiere dell'editore", Bompiani

Marketing Del Prodotto Editoriale (Università Cattolica del Sacro Cuore)

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Il mestiere dell’editore, Valentino Bompiani


Parte I: editori ottocenteschi
Pomba il piemontese
Si pubblicano libri che si sarebbe voluto scrivere, per fare un discorso servendosi di chi lo sa fare
meglio di noi. Avvicinamento a una definizione dell’editore.
Giuseppe Pomba rimane orfano a 15 anni ed è costretto a lasciare gli studi per andare a lavorare
nella bottega di libraio del padre; inizia da poche stampe devozionali e di circostanza, libricini
prontuari di tariffe, passa da Omero a Shakespeare e si impegna nella ristampa di libri “pungenti”.
Pomba voleva aprire da solo le frontiere del Piemonte. L’editore è qualche cosa ma
subordinata, con una libertà d’azione illusoria, costretto a muoversi entro lo spazio che sta
tra l’opera e il tempo cui egli appartiene  il suo sguardo si abitua a vedere anche al buio,
modo di agire ignorando l’“infinito”.
Pomba era un uomo immaginoso ma realistico, fermo e volitivo, avido di successo ma esposto al
rischio per l’affermazione dei valori della cultura in cui credeva. Nei primi anni aveva imparato a
combattere lo spreco (fece sposare le sue tre figlie lo stesso giorno per risparmiare sulle nozze).
Nel 1814 re Vittorio Emanuele I riprende possesso dei suoi Stati e richiama all’antico regime 
decade il numero chiuso imposto alle imprese grafiche da Napoleone. Pomba ne approfitta e
compra una tipografia con tre torchi e un’idea di struttura verticale: tipografia, editoria e libreria.
Inizia la collectio latinorum cum notis, poi la collana di classici greci che non trova acquirenti, poi
trattati scientifici, altre opere contemporanee come Balbo, Silvio Pellico e Manzoni (I promessi
sposi). Escono poi volumi di pedagogia, statistica, geologia. Con la “Biblioteca popolare” escono
cento volumetti tascabili a 50 centesimi (Omero, Virgilio, Ariosto, Petrarca, ecc.). Inventa il sistema
dei fascicoli spediti per posta, per diffonderli di più.
Nel ’37 viene imprigionato per un mese per aver introdotto dalla Francia il libertario Assedio di
Firenze del Guerrazzi  cede poi la libreria ai suoi commessi e la tipografia agli operai perché
vuole essere libero. Aveva in mente due programmi:
- Una Grande storia di tutte le Nazioni: non più raccogliere e ordinare libri di tutti gli autori,
ma di uno solo, Cesare Cantù, giovane lombardo. L’operazione (dal ’38 al ’46) fu la più
lucrosa del secolo, con 25.000 copie vendute;
- Enciclopedia, che riuscì a pubblicare solo negli ultimi anni.
Nel 1849 cede la sua casa editrice ai suoi futuri generi, ma si pente e rientra nel ’58, quando però
la ditta si è fusa con altre imprese grafiche per costituire l’odierna UTET (Unione Tipografica
Editrice Torinese).
Pubblica anche il Tommaseo, il Dizionario della lingua italiana.

Le Monnier era francese?


Editore innamorato della libertà. Felice Le Monnier doveva recarsi ad Atene per raggiungere un
amico che aveva fondato una stamperia, ma l’amico muore, quindi ha due lettere di presentazione:
una con Vieusseux e una con Passigli, che lo fa assumere alla tipografia Borghi  diventa proto,
poi socio e infine titolare di Le Monnier & Co. La sua attività editoriale comincia sul classico della
pubblicazione di classici. A Firenze, il primo a chiedere un libro è il domestico del granduca, dopo
arriva l’incaricato dell’arcivescovo  la censura a Firenze era più liberale che altrove, ma il libro
viene subito sequestrato. Al processo, l’editore può dimostrare che il libro è stato stampato fuori,
he ne sono entrate poche copie (gli ultimi volumi erano nascosti in botti di caffè).
La grande Biblioteca Nazionale di Le Monnier è un programma di italianità culturale prima che
politica. Era un editore fedele all’autore, stampatore rigoroso, abolisce i fregi e i caratteri estrosi
dicendo di non potersi permettere quel lusso. Lui che aveva parlato sempre con gli accenti

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sbagliati diventa tutore della lingua italiana, cioè toscana, sino al punto di correggere le bozze
anche di mani insigne.
La gente Zanichella
Nicola Zanichelli vive di libri a Modena sotto il regime austroestense in una piccola libreria che ha
faticosamente acquistato nel 1843  uomo di principi conquistato dall’idea patriottica e figlio
dell’Italia liberale. Problema politico coinvolgeva quello economico. Nel 1849 la sua libreria viene
chiusa perché non si poteva parlare di politica e lui viene condannato ad alcuni mesi di carcere e
alla libertà vigilata perché ricettatore di libri proibiti. Nel ’49 l’attività clandestina si intensifica: la
libreria diventa un centro di smistamento dei volontari per l’esercito piemontese.
È il più moderno degli editori del suo tempo. Accetta di pubblicare i Documenti riguardanti il
governo degli Austro-Estensi in Modena dal 1814 al 1849, una sfida all’Austria. Esce poi L’origine
delle specie di Darwin, poi un libro di anatomia di Roncati  specchio dell’anima della casa
editrice, rivolta alla Scienza, al Paese e alla professionalità.
La libreria di Zanichelli è diventata luogo di incontro e di dialogo dell’intelligenza cittadina liberale e
cavouriana, aperta a tutte le correnti ideologiche. Zanichelli inizia anche i suoi rapporti di Giosuè
Carducci  è lui a parlare di “gente Zanichella”, sinonimo di conciliazione dei valori, luogo di
incontri di idee e feconda dialettica, molto attento anche alla grafica (carta, caratteri, inchiostro,
corpo)  attenzione che piacque molto anche a D’Annunzio.

Quando Salani vendeva i libri a peso


Adriano Salani inizia la sua casa editrice nel 1862, apprendista tipografo a 14 anni, poi arriva ad
essere proto di una delle principali tipografie fiorentine. La sua idea è stampare le canzoni e gli
inni che accendono gli animi, non autentico patriottismo ma marketing. Le canzoni cominciarono
infatti a diffondersi nelle campagne e il successo era travolgente per la sua tipografia. Aveva due
sogni: Roma per l’Italia e una monotype per la sua tipografia. Alle canzoni aggiunge anche fogli di
cronaca nera, trascurata dai giornali, più era tragico e più vendeva. “Le Storie” diventano prima
opuscoli, poi libri  si assicurava una clientela di quasi-analfabeti. Emerge il fenomeno di libri
popolari ma mai volgari, educativi con sentimenti di giustizia provvidenziale, che potevano essere
acquistati ad occhi chiusi perché non avrebbero turbato nessuno  contrassegnava i libri con
lettere per indicare la clientela: A per adulti, C cautela, S signorine, G giovani, T tutti. I librai a loro
volta non li sceglievano ma ad occhi chiusi compravano i libri a peso, pagato in anticipo.
Pubblicava libri più celebri accanto ai grandi classici italiani e stranieri e opere somme latine e
greche. Un’editoria educativa sarebbe potuta sembrare fuori tempo, ma il segreto per essere
editore è trovare il proprio pubblico, capire chi si vuole servire.

Emilio Treves “milanese”


Non era milanese (nasce a Trieste) ma lo diventa. Voleva fare il giornalista, aveva tentato anche il
teatro. Si trasferisce a Milano dove impianta una tipografia in via Durini e lancia una rivista, Museo
di famiglia, antenata di Illustrazione italiana; rileva poi una tipografia in via Solferino e fonda il
Corriere di Milano che anticipa quello della Sera. Pubblica diversi dizionari, una serie di guide, ma
soprattutto narrativa. Il libro è una scatola chiusa, non basta il nome dell’autore a rassicurare il
lettore anche se l’editore ci prova aggiungendo sottotitoli, altri nomi, tirature di stampa. L’editore
vuole servire la cultura ma anche l’ufficio commerciale, i mutamenti maggiori li provocano non i
fatti bensì le idee. Treves rappresenta il passaggio dall’editore “a spreco” e l’editore istruito 
libri di autentica qualità e di consumo. Si dice che tutta la letteratura italiana sia passata per Treves
 leggeva tutti i mss., i libri, i periodici che gli arrivavano, conosceva bene il francese e l’inglese
ma non il tedesco, che infatti è una letteratura quasi ignorata nel suo catalogo. Era un po’ avaro,
tanto che D’Annunzio chiede il 20% contro il 15% proposto dall’editore, ma egli rifiuta. La sua casa

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editrice fu rilevata nel 1938 da Aldo Garzanti. Un editore disprezza il successo ma lo pretende,
disdegna la letteratura di cui fa parte e nella quale si rispecchia.

Il cavalier Sansoni fiorentino


Il primo libro che pubblica fu Guardare e pensare di Guido Falorsi, destinato alle scuole. Poi
pubblicò Dialoghi e commedie da recitare negli istituiti femminili di Giuseppe Calendoli, con stessa
indicazione editoriale  a spese di alcuni amici, perché si rifaceva ai tipografi già affermati a
Firenze (Salani, Le Monnier). Il primo libro firmato Sansoni fu Belle arti, opuscoli descrittivi e
biografici di Cesare Guasti  occupava cariche appariscenti, come il Segretario dell’Accademia
della Crusca. Casa portante della sua casa editrice divenne l’italianistica. Nel 1876 collabora con
il grande filosofo Pio Rajna con Le fondi dell’Orlando Furioso e le Origini dell’epopea francese.
Il passaggio di capitale a Roma aveva mortificato i fiorentini, nipoti di Dante e Guicciardini, che
tuttavia potevano esaltare altre loro proprietà, come quella letteraria  altro modo per Firenze per
essere capitale.
Sansoni inizia poi la Raccolta di opere inedite e rare di ogni secolo di letteratura italiana e I primi
due secoli della storia di Firenze.
È difficile che un editore possa passare ai suoi successori il medesimo estro, ma può passare la
coscienza e così è stato per Sansoni  muore a 48 anni e lascia l’impresa alla vedova Albertina
Piroli, poi il figlio che all’epoca era minorenne.

La tribù Laterza
Vito Laterza fonda la ditta “Gius. Laterza & Figli”, ma il vero editore sarà il fratello Giovanni perché
aveva sposato una redattrice. Tipografia con ordinamento patriarcale in cui ognuno aveva diviso
oneri quotidiani e guadagni a fine anno. Il padre Giuseppe aveva infatti una famiglia con sette figli
 la scelta di mettere il nome del padre era forse stata dettata dalla volontà di coinvolgere tutta la
famiglia. I Laterza hanno europeizzato i contributi dell’ingegno italiano in ambito filosofico,
storico e critico. Si è ritenuto che i Laterza fossero una controfigura di Croce, ma non è così: il neo-
editore sa quello che vuole e sceglie i suoi interlocutori tra gli studiosi impegnati nei problemi
meridionali. Scrive infatti a Croce di voler portare consapevolezza dei problemi larghi strati
della società, nel grande proposito di combattere il “granduchismo culturale fiorentino”. Croce
aveva stilato il programma della casa: libri di cultura filosofica e storica, letteratura straniera e
grandi classici italiani  non aveva proposto alcun suo libro e questo aveva fatto specie a Laterza.
La grafica dei libri Laterza è solida e pacificante. Mussolini quando doveva stampare i suoi discorsi
fu indirizzato a due editori: Laterza e Hoepli, ma il primo fu scartato perché crociano.
Dopo la morte di Giovanni Laterza, l’indomani della caduta del Fascismo, subentrarono Franco e
Vito Laterza, oggi Giuseppe e Alessandro.

Ulrico Hoepli “milanese”


Svizzero e italiano, arriva a Milano nel 1870 dopo un soggiorno a Trieste, ispirato da un ardente
amore per l’Italia. All’inizio l’editore non ha un programma, ma al contrario degli editori del tempo
che si orientavano su una cultura storico-umanistica, Hoepli si rende conto che l’Italia deve
volgersi allo studio delle scienze positive  Milano aveva quattro istituti di scienza: la Biblioteca
Ambrosiana, Politecnico, Osservatorio di Brera e Accademia Scientifica Letteraria. Vicina anche
l’università di Pavia. Pubblicazioni brevi, semplici, limpide nei concetti e nella forma, a modico
prezzo  nascono così i famosi manuali Hoepli, enciclopedia monografica per i dotti e gli operai.
L’orizzonte si allarga a studi giuridici e alla biblioteca classica (Dante soprattutto, Manzoni,
Foscolo, Machiavelli, Alfieri, Petrarca). Pubblica poi opere “monumentali”, che fanno capo ai grandi

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istituti culturali. Hoepli prima di essere editore era un cittadino consapevole e i suoi successi
diventano un contributo per la società.
Nel 1942 le bombe distrussero i magazzini della casa editrice, lo stesso l’anno successivo accadde
libreria e uffici; i successori di Ulrico trovarono ospitalità da Piantanida e recuperarono un’ottantina
di titoli, ricominciando il lavoro di Hoepli.
Sonzogno o il gusto del successo
Ad essere colpito con le bombe del ’43 fu anche l’ufficio di Sonzogno, accanto al Duomo. La storia
della Sonzogno comincia con Giovanni Battista che nel 1818 stampa la Collana degli storici greci
volgarizzati  famiglia di imprenditori di rilievo, istruiti e di notevoli mezzi. Nell’Italia pre-
risorgimentale c’è l’idea dell’istruzione del figlio per avviarlo all’adempimento del suo dovere (De
Amicis, De Marchi). Nel 1861 l’erede colto e raffinato che era Edoardo Sonzogno trasforma la
tipografia in una casa editrice  resta scapolo, sposa il successo. Pubblica una serie di
almanacchi in versi e in prosa, ricchi di ornamenti, su base tematica: non gli basta la borghesia,
vuole nuovi lettori, e li troverà con i periodici. La sua grande ispiratrice è la Francia, che gli
suggeriva periodici illustrati (vignette satiriche, curiosità). Edoardo lancia quattro collane importanti:
Biblioteca classica, Biblioteca del Popolo, Biblioteca universale, Biblioteca romantica. Alle maggiori
collane facevano corona biblioteche minori. Sonzogno stampa anche La Gazzetta di Milano. Nel
1874 fonda la casa musicale antagonista con la Ricordi, che poi regala a un nipote e al proto
Matarelli; cederà poco dopo la casa editrice a un altro nipote  riteneva che il pubblico non fosse
più quello di prima.

Il ciclone Sommaruga
Protagonista è letteratura in un tempo tra analfabetismo e miseria che trova sostegno nella
mondanità. Arriva a Roma con una lettera di presentazione da Carducci per Ferdinando Martini,
arbitro del giornalismo italiano. Sommaruga si propone di fare di Roma il centro più importante
d’Italia. Fonda una rivista, La Cronaca Bizantina, dai versi di Carducci  programma editoriale
carducciano: moralismo, anticlericalismo, delusione e diffidenza nella politica ufficiale di sinistra. La
veste grafica era elegante. Sommaruga non leggeva i libri che pubblicava, gli bastava l’odore di
scandalo o polemica  D’Annunzio era il suo uomo. Stampando i versi di Carducci, invitava
anche un critico nemico del poeta per commentarli nello stesso fascicolo. Negli uffici della casa
editrice gli era riservata una stanza dove spesso alloggiava.
Autori tra cui D’Annunzio, Carducci e Capuana comunicano a un certo punto di non avere più nulla
a che fare con Sommaruga perché l’editore aveva distribuito il libro con una copertina con tre
donne discinte per Il libro delle vergini. Alla sua dichiarazione, però, tutti tornarono.
La debolezza del programma editoriale di Sommaruga apparve chiara molti anni dopo  il
giornale arrivata a tiratura di 150.000 copie e “turbava i sonni di molti uomini politici”.

Angelo Fortunato Formìggini editore in Campidoglio


Viveva a Roma, i suoi libri sono simulacri e memoria del passato. Ama l’Italia così com’è e vuole
essere “un cittadino come tutti gli altri”. La sua firma era “editore in Campidoglio”, molto enfatica e
provocatoria, volta ad avvertire i lettori che i libri con quella firma si riferiscono al Colle sacro.
Aveva tutte le qualità per essere un editore di spicco: intelligente, colto, aperto mentalmente,
simpatico. D’Annunzio e Fascismo gli “piacevano” come potevano piacere a un borghese di quei
tempi: Mussolini era l’ordine, D’Annunzio il disordine dell’estro poetico, marginale e inoffensivo.
Sua collana principale I Classici del ridere, 108 volumi aristocratici, illustrati e rilegati in pelle  un
ridere del tutto letterario. Si lasciava scivolare i fatti, parlando d’altro  era ebreo, aveva
premonizioni viscerali.
I libri pubblicati sono tessere del mosaico per comprendere l’operosità dell’editore.

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Dopo il delitto Matteotti, Formiggini dichiara che il Duce è “ignorante come una vacca spagnola”;
Mussolini lo venne a sapere e non lo perdonò mai.
Provvedimenti antisemitici 1938, prefigurazioni future  da Roma tornò a Modena, sua città natale
e prima di partire licenziò le bozze del suo “ultimo catalogo”. Poi si è suicidato, notizia taciuta dalla
stampa.

I numeri di Angelo Rizzoli


Imprenditore che si è fatto da sé  dal nonno ai nipoti Rizzoli, non sono mai stati troppo addosso
ai soldi, “altrimenti scappano”. La sua prima fortuna è essere nato povero perché questo gli ha
permesso di comprendere certi fatti della vita. L’eguaglianza è la prima forma della libertà e questa
è stata la sua forza anche quando con la ricchezza il rapporto si è rovesciato.
Stampava decine di riviste, perfino Mondadori gliene aveva vendute due. Rusca, lasciata la
Mondadori, era divenuto consulente di Rizzoli che voleva “stampare una collezione di libri” 
Rusca propose una collana universale di classici. Così nasceva la BUR, Biblioteca Universale
(di Sonzogno) Rizzoli (arte, classici, narrativa, saggistica).
Angelo Rizzoli aveva un sogno: possedere un suo quotidiano. Tentò di acquistare il Correre della
sera, ma fu respinto, allora decise di farselo da sé con Oggi, quotidiano di domani. Durò per circa
due anni, poi i conti non tornavano; la sua amministrazione era elementarizzata  scriveva tre
cifre: Debiti, Crediti, Liquidità  temeva che dopo di lui la sua casa sarebbe andata a rotoli ma il
figlio Andrea acquistò il Corriere, sbagliando però a fare i conti. L’impero Rizzoli così crollò.

Il grande Arnoldo
Dopo la Prima guerra mondiale, Mondadori era già un tipografo di spicco, quando tornò a Verona
 ancora provincia, quindi comincia a viaggiare. In cinque anni mette insieme un catalogo di
trecento rotoli. Viaggiare era diventato un ritmo di vita e un modo per salvare la propria
indipendenza. Lui ci credeva tantissimo, alla storia, alla politica, alla fama, alla finanza, alle
cariche, al successo.
Incontrò Ungaretti e capì cosa significasse fare poesia negli anni del fascismo (“cosa non siamo,
cosa non vogliamo”)  accettare la clandestinità delle riviste e dei cenacoli, un mondo non
industrializzabile e lontano dalla natura di Mondadori. Pubblica la Biblioteca romantica e Medusa.
Svolta nell’editoria italiana: passaggio dall’artigianato alla grande industria. Ha pubblicato
Mondadori l’opera omnia di D’Annunzio, forse l’unico modo per portarlo via ai suoi editori.
Altra invenzione, l’Accademia Mondadori, con riunioni formali e solenni. Arnoldo è stato un vero
genio nella vita, intelligenza, idee con sentimenti. Teneva all’azienda anche quando era dolorante e
vecchio, dava ordini anche a distanza con tante chiamate al giorno a figli e dirigenti. Bompiani
cerca di persuaderlo dicendogli di imparare a dare fiducia agli altri.

Parte II: vari tipi di editore


 Editore ideologico: sceglie i libri come tessere di mosaico, guarda alla società come un
parente che ha fatto fortuna all’estero.
 Editore letterario: non sceglie libri, ma aggettivi, con l’assicurazione di qualità.
 Editore Barnum: gli occorrono i best sellers e gli altri possono bruciare.
 Editore librario: libri sotto il segno di un servizio pubblico.
 Editore erede: infedele agli antenati.
 Editore enciclopedico: il mondo gli sta bene com’è, a condizione che si lasci incasellare in
ordine alfabetico.
 Editore popolare: consonanza elementare con la saggezza dei proverbi.

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 Editore di pronto intervento: non è ancora spendo l’incendio della cronaca, che pubblica i
suoi libri documentari.
 Editore protagonista: eccessi di valutazione a causa dell’entusiasmo, fiducia che precede
il libro, affidarsi all’intuizione invece che al marketing  punti di forza e insieme di
debolezza. Facile ripetitività. Riesce a trasferire nella scelta la propria natura, curiosità,
esigenze, insoddisfazioni e orgoglio, dubbi e speranza, condivise con lettori potenziali.
Quella editoria è destinata a scomparire tra i denti della macchina industriale.
Se l’editore è soltanto pieno di calcoli e studi, allora potrebbe essere un moltiplicatore, anonimo e
cieco.
Editore di New York parlava dell’editoria come una struttura tecnologica  tecnologia avanza
lasciando indietro chi non la segue, non gli piaceva  tecnologia ed estro possono convivere
accettando la diversità dei tempi che occorrono l’una e all’altro.
La vera vita editoriale non sta nei best sellers ma in quei libri di autori sconosciuti o quasi, da pochi
soldi, che costituiscono la quotidianità  non si tratta di privilegiare qualcuno, ma la validità
economica di un editore non può prescindere dalla validità culturale: i best sellers passano, i veri
scrittori durano. I libri scelti dieci anni prima del successo sono quelli che formeranno il vero
catalogo e patrimonio.

I falsi “Promessi sposi”


Bompiani si occupava della casa editrice in Galleria Vittorio Emanuele, Unitas. Si chiede quali libri
potessero interessare agli adulti  gli venivano in mente solo libri che interessavano a lui,
“euforico e infantile”.
I due proprietari con cui stava lavorando lo chiamarono d’urgenza dicendogli che avevano
concluso un grande affare: i Promessi sposi rifatti da Guido da Verona (“nel Manzoni manca il
poeta”). Bompiani disse che non si poteva stampare quel libro, ma i due se ne vanno in modo
brusco e lo licenziano. In questa impresa mancava un editore. Infatti, dopo la pubblicazione dei
Promessi sposi rifatti da Guido da Verona, la casa editrice fallì.

Sotto l’ala di don Bosco (1929)


Erano quasi tutti scrittori clandestini o appartati. Quelli dell’età di Bompiani cresciuti fuori dal
mondo letterario stavano a metà tra le idee ricevute e una educazione intellettuale che precedeva
di qualche decennio il proprio tempo storico  distacco, slittamento della vita. Questa apparente
solitudine faceva apparire il lavoro dell’editore necessario e urgente. L’editore resta però sempre in
ogni caso in una posizione storicamente nobile talvolta ma solo ricettiva. Tra i «Libri scelti per
servire al panorama del nostro tempo» il primo fu Don Bosco di Ernesto Vercesi, un suggerimento
dalla cronaca  si parlava di beatificarlo: un piccolo prete che da solo costruisce scuole e collegi,
sicuro dell’intervento della Provvidenza, che ignora il Duce. Bompiani gli chiese di scrivere una
biografia non agiografica ma politica del futuro Beato. Quando Mondadori gli chiese perché stava
preparando una biografia su don Bosco, si domanda cosa avesse a che fare con lui e la sua
santità  voleva sospendere il lavoro. Poi realizza che don Bosco e la sua biografia scritta da un
prete erano vita quotidiana.

Il mio teatro io non l’ho fatto apposta


Dopo una rappresentazione teatrale di Pirandello, dal suo almanacco letterario scrive: “il mio teatro
io non l’ho fatto apposta”. Similmente, un giorno, Pirandello disse a Bompiani: «La maggior parte di
quel che scrivo io non l’ho pensato, mi viene detto. Da chi poi?»

Gli americani (1938)

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Scoperta della letteratura americana tra anni ’30 e ’40, Steinbeck, Caldwell  libri parlavano
dell’uomo, della sua condizione e miseria. Se della guerra ancora non si parlava, era nell’aria. Ci
volevano due traduttori d’eccezione: rispettivamente Vittorini e Pavese. Volumi del “Pantheon”,
antologici che presentavano un determinato circolo letterario.

L’uomo ha gli occhi sulla fronte


La guerra sta per finire. Antonio Banfi dirige la collana “Idee Nuove”, nata col programma di far
conoscere le correnti di pensiero filosofico contemporaneo che Croce aveva escluso. Banfi chiede
a Bompiani cosa prepara per “dopo”, cioè dopo l’arrivo degli inglesi  risponde che non
predispone nulla. Banfi risponde che bisogna fondersi con la realtà. L’uomo ha gli occhi sulla fronte
perché ci vuole una certa cecità, un certo ignoto alle spalle.

Firenze ‘45
19 maggio 1945, parte per Firenze e Roma e vede i ponti distrutti ma i centri urbani salvi. Incontra
gli autori dopo la guerra: Montale fragile ma dentro una roccia; Landolfi corvino, elegante e colto;
Santi, vuole tradurre Stendhal; De Robertis prepara l’introduzione a La morale cattolica; Gadda
consegna il ms. di L’incendio di via Keplero, parla della guerra come un incidente ferroviario, fatica
a parlare e aprirsi, si ritrae e dà ragione a Bompiani; Luzi propone il suo programma; Chiappelli
idem; Bigongiari propone Conrad in traduzioni esemplari, filologicamente curate da lui; Pratolini
propone la ristampa di Via dei Magazzini; Borlenghi: raccolta di ambascerie dei primi secoli, dal
‘200 al ‘500.

L’operazione segnata sul notes


Maggio ’45, ritrova il dottor Raguzzi che ha retto la sede di Roma durante gli anni della linea
gotica. Bontempelli propone di stampare Vita e morte di Adria illustrata da Aligi Sassu. Gatto
propone una raccolta di poesie, un volume di prose e uno di critica  gli riesce a scrivere solo
quando è in famiglia. Landi sta lavorando a tre lunghi racconti.

Parigi 1946
Primo viaggio oltre confine dopo la guerra. Vede Sartre a un caffè che scrive con una pipa in
bocca, Simone de Beauvoir dall’altra parte. Incontra anche Albert Camus.

Postille a «Il nome della rosa»


Negli uffici di Bompiani arriva un nuovo impiegato, Umberto Eco  suo primo incarico con “Idee
Nuove” di Banfi. Pubblica Il nome della rosa che fa un successo mondiale. Eco voleva un lettore
che fosse suo complice, che stesse al gioco mentre scriveva: voleva diventare medievale e così
avrebbe dovuto volere il lettore. È un romanzo popolare, cerca di andare incontro ai desideri del
lettore. Eco vuole rivelare al pubblico non ciò che si attende, ma ciò che si dovrebbe volere,
anche se non lo sa. Rimane da scrivere un libro in cui l’assassino è il lettore e secondo Bompiani,
Il nome della rosa è quel libro. Nulla rosa est, solo la rosa: i colpevoli siamo noi.

L’arca di Noè della cultura


Luglio ’38, Congresso Internazionale degli Editori a Lipsia e Berlino, la guerra è nell’aria. Prima
idea del Dizionario delle opere, dei personaggi e degli autori di tutti i tempi e di tutte le letterature
 diviso in quattro categorie:
1. Tutte le opere comprese i frammenti tipo Platone, Omero, Dante…
2. Tutte le opere compiute tipo Milton, Tasso, Molière…
3. Tutte le opere maggiori tipo Bibbiena, Lawrence…

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4. Libri che anche se di poca qualità hanno una celebrità.


Dopo 10 anni, esce il Dizionario, che iniziarono a chiamare L’arca di Noè  avevano dato fondo a
qualsiasi risorsa e qualsiasi possibilità finanziaria. Se l’opera non avesse avuto fortuna, la casa
editrice sarebbe fallita. Il Dizionario però ebbe un grande successo e fu anche tradotto in altri
Paesi. L’opera era quasi compiuta quando vennero i bombardamenti a Milano  distrutte migliaia
di voci già impaginate. Cercarono di riparare.

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