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SEMIOTICA

1) INTRODUZIONE
Alcuni oggetti o eventi possono avere un significato, ma non necessariamente lo comunicano: non
“vogliono” dire qualcosa, ma li si può “usare” per farlo.
Altri invece sono fatti apposta per DIRE qualcosa, e il loro valore comunicativo non diminuisce
nonostante il loro essere artificiali.
Esempio: Pipa di Magritte (le immagini comunicano, gli oggetti rappresentati non per forza).

La comunicazione presuppone qualcosa che significhi già (significare viene prima di comunicare).
Comunicare vuol dire (spesso) servirsi di qualcosa (con significato) per raggiungere uno scopo
specifico (persuadère, convincere, ingannare ecc.).
Tra i mezzi troviamo Immagini (foto, film, segnali), Parole (giornali, insegne, slogan), Oggetti
(sigarette, manichini, vestiti) o Eventi (spettacoli, concerti, manifestazioni).
Alcuni mezzi sono organizzati (come linguaggi) con regole, combinazioni e usi.

Modello postale di Shannon e Weaver (1949)


Sorgente -> Codificatore -> Segnale -> Decodificatore -> Destinazione
-È lineare, unidirezionale
-È meccanico, non si adatta a comunicazione umana/animale
-È troppo astratta (non tiene conto del contesto, delle mentalità o delle bugie)

Modello di Jakobson (1960)


Mittente -> Messaggio -> Destinatario (con Contesto, Codice, Canale)
Quando la comunicazione mette l’enfasi / si focalizza su:
Mittente -> Funzione Emotiva: Quando esprimiamo emozioni, sentimenti (fare complimenti,
auguri, condoglianze)
Codice -> F. Metalinguistica (“dopo la linguistica”): Qualcosa che ha per soggetto il linguaggio
stesso (La parola “uomo” ha due sillabe, vuol dire parlare di uomo non per il concetto, ma per la
parola; sto mettendo l’accento sul codice)
Messaggio -> F. Estetica: Focus sulle parole (La rima o la metrica)
Canale -> F. Fatica (Fàtica): Quando assicuriamo la costante apertura del canale (al telefono con
una persona che non risponde, esempio)
Contesto -> F. Referenziale: Come fanno i giornali, per esempio.
Destinatario -> F. Conativa: La funzione in cui il mittente cerca di far fare qualcosa (pubblicità,
dibattiti di opinioni, etc)

2) SEGNI, OGGETTI e INTERPRETANTI


Il segno: definizioni di Peirce
Un “Segno” è qualcosa che sta a Qualcuno per Qualcosa, sotto qualche aspetto.
Un “Segno”, è un primo che sta in una relazione con un secondo (il suo Oggetto), e un terzo,
l’Interpretante (che presuppone un interprete).
Un Segno sta a un Oggetto secondo un Interpretante (= La cicatrice sta alla ferita che l’ha
procurata), l’interpretante è l’effetto che il Segno ha nella mente dell’interprete.
Dividiamo i segni in tre classi (sovrapponibili), a seconda della loro relazione con i loro Oggetti:
Simboli: Ciò che sta alla base dei simboli è una legge, una norma, un’idea di carattere generale
(come semafori, banconote ecc).
Al simbolo viene interpretato come sempre riferentesi a quell’Oggetto (esso è un tipo generale di
legge, un Legisegno).
Indici: Un indice è un segno che determina la presenza del suo oggetto (spesso causa o
conseguenza), come il sintomo della malattia, un’orma di animale o un pronome relativo (questi
ultimi sono anche simboli, c’è sovrapposizione).
Icone: Segno e Oggetto sono legati da un rapporto di somiglianza (come dipinti, disegni o metafore
– per esempio la Venere di Botticelli)

Tipo: Entità generale


Occorrenza: Concretizzazione concreta e singolare

3) PARTI DEL DISCORSO


La parola è un’unità intuitivamente semplice da individuare, ma difficile da definire (poiché diverse
lingue individuano diverse unità come parole)
Prima definizione: sequenze di caratteri separate da spazi bianchi (non comprende però le parole
parlate, solo scritte)
Seconda definizione: le parole sono unità (foniche o grafiche) che non possono essere interrotte, o
al cui interno non è possibile inserire altro materiale linguistico.

Nozione fonologica: ciò che si raggruppa attorno a uno o più accenti primari : es - càpo stazìone
(quest’ultima è una sola solo dal punto di vista morfologico)
Nozione morfologica: ciò che non è costituito da più unità: es - capostazione

I dizionari non presentano tutte le parole di una lingua, ma solo quelle che si ritengono portatrici
di un significato autonomo.
Forme normali: singolare per i nomi, singolare maschile per agg. e infinito presente per verbi.
Nei dizionari troviamo quindi lemmi, non parole.
Tema dei verbi dipende dalla coniugazione; vocale tematica: -a- per quelli della prima, -e- per la
seconda, -i- la terza.
Il tema è costituito dalla radice + vocale tematica: ama di amare per esempio.

Parti del discorso o categorie lessicali sono 9 in italiano (variano da lingua a lingua).
Alcune son variabili (nomi, aggettivi, pronomi e articoli), altre invariabili (preposizioni,
congiunzioni, avverbi e interiezioni)
Alcune sono aperte, ovvero di possono aggiungere nuovi membri (nomi, verbi, aggettivi, avverbi);
altre sono chiuse, immodificabili (articoli, pronomi, preposizioni, congiunzioni - interiezioni sono
un caso a parte).
Immodificabili = nel dizionario non possono cambiare mai

Primo criterio per definirle è di tipo semantico (basato sul significato): i nomi significano oggetti
stabili, i verbi sono processi.
Limiti: controesempi (partenza, processo, essere, stare ecc); casi non definiti (di, per, e - non
indicano nulla di stabile, ma sono “nomi”)
Secondo criterio è distribuzionale: non tutte le parole sono intercambiabili in tutte le posizioni
(dopo l’articolo ci va nome e non avverbio ecc); appartengono alla stessa classe quelle che sono
intercambiabili in determinate posizioni

4) MORFEMI
Morfema: prima definizione
In italiano ci sono parole che consistono di più elementi: in cammina, camminatore, camminava
individuiamo cammin- come elemento comune e poi altri elementi.
Questi elementi sono Morfemi, “unità minime dotate di significato” (definizione minimalista).
L’operazione di identificazione dei morfemi è la segmentazione, e si avvale della procedura di
comparazione.

Le classi di morfemi più generali sono:


- Lessicali (che danno il significato, come batt- o corrutt-)
- Grammaticali (incentrati sulle sfumature di significato, come -ezza, -ibil- )
- Liberi (quasi tutti quelli già citati, che possono stare da soli)
- Legati (morfema che non può stare da solo)

Sottoclassi:
- Lessicali liberi: città, open, read, cow
- Lessicali legati: Quasi tutti i morfemi lessicali italiani (educ-, bell-)
- Grammaticali liberi (funzionale): Costituiscono una classe chiusa, sono articoli, pronomi
congiunzioni preposizioni (quando, perché, e)

- Grammaticali legati: Divisibili, a loro volta, in due sottogruppi


- Morfemi derivazionali: Servono alla formazione di nuove parole, attraverso infissi (forme
legate) che si aggiungono a forme libere, incidendo sulla categoria grammaticale
d’appartenenza (suffissi) o sul significato lessicale (prefissi e infissi)
Esempi: black + EN -> to blacken; Bell- di “bello” + -EZZ -> Bellezza (altri: -ità, -mente)

- Morfemi flessivi: non incidono su categoria lessicale o sul significato lessicale (generalmente
sono suffissi); aggiungono significati secondari (come plurale, passato, maschile ecc.).
Esempi: Cavall -o -i -a -e, Legg -o -evo -erò.

- Morfemi invisibili: ci sono alcune parole che non si prestano a comparazione e segmentazione
-Buono e migliore; in quest’ultima non si riesce a trovare ciò che corrisponde a “più”, né qualcosa
che corrisponda a buon-
-La -e di felice può indicare singolare; maschile e femminile

In questi casi abbiamo delle condensazioni di significati, per analizzarli morfologicamente si


distingue fra morfema e morfo: Il morfema è un’entità astratta che si realizza nel morfo.
Le parole sono scomponibili in morfi, che possono rappresentare più morfemi.

Un morfema, quindi, può essere rappresentato da più morfi: can-i e uom-ini  -i e -ini
rappresentano entrambi i morfemi grammaticali “plurale” e “maschile”, e si dicono quindi
allomorfi (diversi morfi che realizzano un morfema) di quei morfemi.
Nella derivazione giocano un ruolo centrale gli affissi (suffissi e prefissi in part.; infissi in italiano
sono pochi); Tipi di suffissi:
- Deverbali: formano nomi d’azione o di risultato (aranci-ata, costru-zione), nomi d’agente (bar-
ista) o di strumento (conta-tore)
- Valutativi: diminutivi, accrescitivi ecc

I primi modificano la categoria della parola di partenza, i secondi no.


Prefissi e infissi non modificano la categoria lessicale di partenza.

I prefissi formano soprattutto Nomi, meno Aggettivi e ancora meno Verbi


Non tutti sono ugualmente produttivi (meno CIRCUMNAVIGARE e più MINIABITO).
Composizione: forma nuove parole (principalmente N) a partire da due forme libere o parole già
esistenti (con possibili modificazioni); Esempi: Capo+stazione, Pelle+rossa ecc.
Tra i due componenti si dice testa quello da cui deriva l’assegnazione di una categoria principale:
- Composti subordinati: Uno è più importante dell’altro (“capo della stazione”, CAPOstazione;
lavavetri, nessuno determina la categoria Nome, non c’è testa)
- Composti coordinati: Sono sullo stesso livello (nave-traghetto, saliscendi)
- Composti attributivi/appositivi: Uno dei due dipende dall’altro (CASSAforte; DISCORSO-
fiume, dove fiume sta per “lungo”)

5) FONOLOGIA E FONETICA
Molte lingue sono fonetiche e non alfabetiche, nel senso che basano molto sull’intonazione e gli
accenti (fegato e fegàto si distinguono per sapere)

Punti di articolazione:
1) Corde Vocali:
- L’aria che passa attraverso le corde vocali separate non incontra ostacoli (SSS) - Suoni Sordi
- L’aria che passa con le corde vocali accostate le spinge ripetutamente da parte, nel passare, e
produce vibrazioni (ZZZ) - Suoni Sonori

2) Labbra:
- (p) Bilabiale, sorda: Pane, ePico, taPPo, stoP
- (b) Bilabiale, sonora: Bene, aBBastanza, kebaB
- (m)(w) Bilabiale, sonora: Mano, aMare, leMMa, Uomo (U che precede una vocale è una semi-
consonante, questa va trascritta come FONETICA W).
3) Denti e labbra:
- (f) Labiodentali, sorda: Faro, Afa, ceFFo
- (v) Labiodentale, sonora: Vene, eVanescente,
aVViso

5) Denti superiori
- (t) Dentale, sorda: Tana, eTerno, oTTo,
- (d) Dentale, sonora: Dente, aDorare, aDDosso

6) Arcata alveolare
- (t) (s) (ts) Alveolari, sorde: Top, aTTorney, Sano,
lapiS
- (d) (z) (dz) (l) (r) (n) Alveolari, sonore: Dip, aDore,
maD, smoDatoa, Zero, Luce, Ramo, Nano

Modi di articolazione:
1) Occlusione completa: suoni occlusivi
2) Blocco quasi completo: suoni fricativi
3) Breve occlusione: suoni affricati
4) Abbassamento del velo: suoni nasali
5) Chiusura laterale: suoni laterali
6) Chiusura mediante vibrazione: suoni vibranti e monovibranti
7) influenza della vocale seguente: suoni semivocali

Fonologia: descrive i sistemi e l’organizzazione dei suoni di una lingua.


Si occupa dell’aspetto astratto dei suoni di una lingua (fonemi) e non del modo in cui questi
vengono fisicamente articolati (foni).
- Definisce quali sono i fonemi di una lingua
- Studia come i suoni si combinano insieme (fonotassi)
- Studia come i suoni si modificano quando combinati (coarticolazione)

Fonema = Ciò che noi riconosciamo come suono, a discapito di chi lo pronuncia
Fono = Singole pronunce (sostanze dell’espressione di quella lingua), di base non significano nulla
(non sono segni)
I Fonemi sono modelli astratti, che presiedono all’articolazione dei suoni (Foni), che sono diversi
ad ogni occorrenza.
Il Fonema è il modello di un segmento fonico che A) non può essere segmentato ulteriormente e
B) svolge funzione distintiva: i foni (f) e (v) rappresentano i fonemi che distinguono FARO/VARO
Prova di commutazione (prima regola di Trubeckoj)
Quando due suoni ricorrono nelle medesime posizioni e non possono essere scambiati fra loro
senza con ciò mutare il significato delle parole o renderle irriconoscibili, allora questi due suoni
sono realizzazioni foniche (foni) di due diversi fonemi.

Sistemi fonologici: ogni lingua ha il proprio sistema di fonemi e può essere anche molto diverso da
quello di altre lingue.
Per esempio, in inglese sono distinti i fonemi vocalici lunghi e corti (fit e feet)
Allofoni: pronunce diverse di stesse parole (Rana, Wana, Rana francese); variante di un fonema
Variante libera rana wana
Variante combinatoria Naso aNcora
Allofoni

6) SINTAGMI
3 tipi di grammatica:
1) Mentale: Competenza inconscia (“so che non va bene, ma non riesco a dire perchè”)
2) Prescrittiva: Tradizionale concezione della grammatica come galateo linguistico
3) Descrittiva: Studio e analisi di come funziona una lingua
- U.Eco La bustina di Minerva 2000

Sintassi: parte rilevante della g.descrittiva che studia la struttura e l’ordinamento delle
componenti all’interno delle frasi, siano queste dotate di senso o meno.
Si distinguono “frasi” e “sintagmi” (o gruppi di parole) a partire da alcuni caratteri:
- I sintagmi possono avere relazioni di dipendenza unilaterale (testa e altri elementi)
- Gli elementi delle frasi possono avere dipendenza reciproca (soggetto/predicato)

Tipi di sintagma:
1) Preposizionale (SP): preposizione + SN (DI mia madre, PER ciascuno)
2) Nominale (SN): nome + (eventuali) articolo, aggettivo, SP (il bel FILM, il CANE di mia madre)
Enunciabilità in isolamento: un sintagma si riconosce perché può stare anche da solo, e prende il
nome dal suo elemento principale (testa)
3) Verbale (SV): verbo + altri elementi.
L’obbligatorietà degli altri elementi dipende dalla valenza del verbo:
La valenza consiste nel numero di argomenti che un verbo richiede per costituire un sintagma ben
formato (Es. Piove = valenza zero, in inglese It Rains è monovalente; io mangio qlc = bivalenza; io
do qlc a qcn = trivalenza)

Frase semplice: F = SN + SV
Frase complessa: F = F + SV; F + F
Diversi sono i modi di rappresentare la struttura di una frase:
1) Diagrammi orizzontali
L’analisi di una frase nei suoi costituenti immediati può essere illustrata così:
2) Frasi etichettate e parentesizzate

3) Diagrammi ad albero

Regole a struttura sintattica:


F  SN SV
SN  (Art)(Agg) N (Agg)(SP)
SV  (Avv) V (SN)(SP)(Avv)
SP  P SN
*()  Facoltativi

Con queste regole si possono formare frasi tecnicamente giuste, ma senza senso.
Questo approccio alla descrizione della sintassi è detta Grammatica Generativa (Chomsky),
proprio perché cerca di mostrare come, date determinate regole e un lessico, sia possibile
produrre tutte le frasi ben formate di una lingua.
Questa rende ragione di alcuni fenomeni linguistici:
- La ricorsività: consiste nella possibilità di costruire frasi nuove e sensate inserendo una frase di
partenza all’ interno di un’altra (Maria ama Nek  Loro sanno che Maria ama Nek)

- L’equivalenza tra forme diverse (attive e passive)


- L’ambiguità sintattica: Esistono in italiano, e in altre lingue, frasi che hanno una struttura
superficiale diversa, ma derivano dalla stessa struttura profonda: M ha aiutato G; G è stato
aiutato da M.
La grammatica generativa ha indicato attraverso quali regole di trasformazione (sintattica) si possa
generare la prima dalla seconda, cioè come la struttura di entrambe sia identica.
Esistono poi frasi che si presentano con la stessa struttura sintagmatica di superficie, ma che si
prestano a differenti interpretazioni: la vecchia porta la sbarra.

7) ESPRESSIONE E CONTENUTO
“Noi scegliamo cosa dire, in che ordine, seguendo determinate regole”
Sistema: Elementi di un repertorio (scelta da menù / guardaroba)
Processo: Elementi di una catena, congiunti (sequenza di portate / vestito)
Assi di un linguaggio: aspetti di Sistema e Processo

Esempio, in fonologia:
-Sistema (fonologico): fonemi o tipi di suono +
fonotassi
-Processo: foni o suoni concreti (successione o
processo fonico, regolata dalla fonotassi)

Duplicità costitutiva dei sensi: qualcosa si offre ai sensi e qualcosa d’altro viene compreso.
Distinzione tra piani di un linguaggio e dei segni che lo costituiscono: espressione e contenuto:
- Aspetto sensibile (sequenza di suoni articolati dall’apparato fonatorio)
- Aspetto intelligibile (la sequenza si suoni è collegata a un concetto)
Esempio, Fumo: colonna di fumo visibile; fuoco -non visibile- che la produce

Sostanza e forma dell’Espressione (/ del Contenuto)


Del semaforo abbiamo Sistema (le caratteristiche) e Processo (il semaforo fisico)
Il piano dell'espressione è ciò che tu percepisci con i sensi di uno stimolo (tipo vedi del fumo e
percepisci che è grigio, che ha un certo odore)
Il piano del contenuto è ciò che lo stimolo comunica effettivamente (quindi il fatto che perché ci
sia del fumo ci deve per forza essere del fuoco)

- La forma è tutto quell'insieme di caratteristiche di un semaforo che lo rende tale (quindi le 3 luci,
la forma delle luci..).
Tutti questi elementi sono astratti, perché sono in un ipotetico semaforo nella tua testa

- Il continuum rappresenta la materia da cui la forma estrae le sostanze che costituiscono i singoli
semafori; può essere sia quello dei colori (lo spettro di tutti i colori) sia quello del piano
geometrico (tondi, quadrati, triangoli...)

- La sostanza è composta invece da un semaforo reale che ha tutto ciò che un semaforo ipotetico
ha, ma questo esiste veramente
Quindi la forma (forma astratta dell'espressione) ritaglia dal continuum degli elementi per creare
la sostanza (che invece è determinata)

Assi = Sistema e Processo Piani = Espressione e contenuto


Sostanze = Occorrenze Forme = Tipi

8) LINGUE NATURALI
La catena sonora e i singoli suoni (sensibili) rappresentano la sostanza dell’espressione linguistica,
anche se ciascuno pronuncia quei suoni diversamente.
Quando li udiamo riconduciamo la loro varietà a un numero limitato di tipi di suoni, che
riconosciamo come simili o come il medesimo
I tipi di suoni sono i fonemi di una lingua, ovvero gli elementi minimi del piano dell’espressione di
quella lingua.
I singoli suoni emessi dal singolo parlante, i foni, sono le sostanze dell’espressione di quella lingua.
La materia dell’espressione è costituita a partire da un continuum sonoro.

- Non Conformità
Differenza tra lingue e altri sistemi/processi di significazione: doppia articolazione delle lingue
Le figure dell’espressione delle lingue sono prive di significato e sono in numero limitato, ma
combinate producono segni infiniti (morfemi o parole) (economicità/produttività)
La mancanza di corrispondenza biunivoca
tra elementi minimi del piano
dell’espressione e del contenuto è
chiamata non conformità
Gli altri sistemi di significazione (linguaggi
non linguistici) non condividono questa
caratteristica e sono quindi detti conformi

I linguaggi simbolici sono detti conformi per la parziale sovrapposizione tra espressione e
contenuto.
A ciascuna posizione o elemento sul piano dell’espressione (nel processo o sistema) corrisponde
una sola posizione o elemento del piano del contenuto.
I due elementi si possono scambiare il posto senza che quasi si avverta la metafora “Segnale rosso
in commissione”.

- Monoplanarità
Quando c’è corrispondenza "uno a uno” tra elementi del piano dell’espressione e del contenuto, la
distinzione tra i due tende a scomparire.
I sistemi a piani conformi, ovvero i cui elementi si corrispondono uno a uno, sono detti sistemi
monoplani o simbolici.
Linguaggi della logica e della programmazione.

- Biplanarità
Quando non c’è corrispondenza, la distinzione fra i due piani è rilevante; i sistemi a piani non-
conformi sono detti biplanari o semiotici.
Si applica la prova di commutazione

- Reggenza
E’ una relazione obbligatoria che si pone tra un elemento che non può stare da solo e un altro
elemento che è richiesto per ottenere un’espressione corretta.
In latino non è possibile trovare una preposizione senza che nel medesimo contesto linguistico ci
sia anche un elemento, dotato di caso, retto da una preposizione (sine + abl.; ad + acc.)
In italiano la reggenza si ha Reggenza con i verbi, che spesso vogliono determinate preposizioni.

- Combinazione
E’ una relazione non obbligatoria, nel senso che ciascuno degli elementi messi in relazione
potrebbe sussistere da solo: nessuno dei due esige l’altro per costituire un’espressione
indipendente

Caratteristiche dei linguaggi:


1) Distinzione tra i piani (espressione/contenuto)
2) Distinzione tra gli Assi (Sistema/Processo)
3) Relazioni di Commutabilità tra le forme dell’E/C hanno effetti sull’altro piano
4) Esistenza di relazioni di reggenza e combinazione
5) Relazioni di conformità e non- tra piani

Altri tipi di linguaggi


Denotativi: hanno un piano dell’E distinto da quello del C (tutti i linguaggi, anche il “semaforo”,
basta che abbiano un contenuto).
Connotativi: hanno per piano dell’E il piano del C di un altro linguaggio (tipo la “gamba” del tavolo,
o vestiti che non servono solo a coprirsi ma a comunicare qualcosa)

Metalinguistici: hanno per piano del C il piano dell’E di un altro linguaggio (quando si descrive un
quadro, applichiamo la lingua come metalinguaggio descrittivo).

9) CAMPO SEMANTICO
Se prendiamo due parole di uso comune: remunerare e finanziare, hanno qualcosa in comune con
pagare? Sono simili, ma non derivano da “pagare” (indicano due sfumature diverse).
Altre parole hanno lo stesso rapporto con “pagare”: tutti insieme queste parole costituiscono il
campo semantico lessicale dei “modi di pagamento”.
Esistono anche locuzioni più complesse (pagare in nero, a rate ecc.), dette unità polirematiche,
equivalenti a parole.
Queste entrano nello stesso campo semantico, non solo lessicale, dei modi di pagare.
Un campo semantico è quindi comprende anche le espressioni polirematiche.
Presenta delle strutture, ovvero un’organizzazione delle espressioni che dipende dalle relazioni
che esse hanno con altre e che sono dette relazioni semantiche paradigmatiche (sistema)

- Relazioni semantiche paradigmatiche


Sono relazioni che le parole hanno con altre parole sull’asse del sistema, parole con cui stanno in
alternanza sull’asse del processo:

- Iperonimi, iponomi (rel gerarchiche)


Ciascun nome di rango inferiore può avere a
sua volta nomi di rango inferiore (da cane a
segugio etc.).
Coi verbi è difficile andare oltre il primo
grado di subordinazione.
Chiamiamo il termine superiore iperonimo e il
termine inferiore iponimo

Potremmo pensare che subordinato a ciascuno dei verbi indicati si possano mettere i modi di dire,
ma questi sono al primo grado.
Da questo punto di vista il campo semantico può essere considerato come un contenitore di
gerarchie di espressioni: un insieme che include altri insiemi.
Le relazioni gerarchiche sono asimmetriche (il segugio è un cane ma un cane non è un segugio) e
transitive (se animale è iperonimo di cane, e cane di segugio, allora animale lo è di segugio);
(iponimo = troponimo, per i verbi)

Permettono o meno di trarre conclusioni: Se ogni rettile è un animale e ogni serpente un rettile,
allora ogni serpente è animale.
Presiedono infine alla categorizzazione: organizzazione dell’esperienza percettiva in forme
(Gestalten) che si staccano da uno sfondo, su diversi livelli (livello di base, sovraordinato e
subordinato)

Meno usati

Spesso usati

Meno usati

- Meronimi e olonimi (rel di inclusione)


Meronimi (nomi di parti) e Olonimi (nomi di interi): gamba/tavolo, marmo/statua, pecora/gregge,
cibo/banchetto (qualcosa di compreso in altro)

- Ambigui (rel differenziali)


Rapporto orizzontale fra le parole sottordine, le Coiponime.
Se un oggetto ricade in una classe coiponima, allora non entra in nessun’altra (se bolle non frigge).

Spesso in alcune lingue troviamo locuzioni in cui coiponomi sono messi in relazione per essere
avvertiti in opposizione (D’accordo come cani e gatti); co-concorrono (se c’è uno spesso anche
l’altro è presente).

-Relazioni di ambiguità
Relazioni semantiche paradigmatiche tra parole che sono ne opposte ne gerarchizzabli.
Sono uguali da un certo punto di vista e differenti da un altro, producendo fenomeni di ambiguità.
Si distinguono omografia, omofonia, omonimia, polisemia e sinonimia:
Omografia: parole uguale per la forma scritta ma distinte per il significato (es. boa come serpente
o galleggiante)
Omofonia: parole uguali per la forma scritta ma distinte per la pronuncia (es. ámbito e ambíto)
Omonimi: Relazione tra i sensi di una stessa forma dell’espressione che non abbiano alcuna altra
relazione reciproca e si trovano casualmente associati a una certa forma: riso o rombo.

- Antonimi (rel di opposizione)


Sono coppie di parole, soprattutto aggettivi, che costituiscono vere e proprie coppie oppositore.
Condizioni minime perché esistano:
-Binarietà: contestuale (cane/gatto) e non contestuale (sopra/sotto)
-Minima differenziazione: stanno sotto medesima categoria, ma si differenziano per un aspetto

Esistono vari tipi di termini opposti (antonimi, relazione di antonimia):


-Contrari (contrarietà): Caldo/freddo, lungo/corto
Possono essere intensificati o mitigati, formando comparativi o superlativi.
Indicano il grado di possesso di una certa proprietà su una scala.
Sono incompatibili, ma non suddividono perfettamente a metà il dominio (stanno agli estremi,
lasciando un’area mediana non sempre lessicalizzata)
*Gli aggettivi non hanno iperonimi, non sono gerarchizzabili (per dire caldo/freddo usiamo il nome
“temperatura”)*

I rispettivi stanno in una relazione di conversione (se A<B allora B>A), e l’affermazione di uno
implica la negazione dell’altro, ma non viceversa: Se A è caldo, allora non è freddo (ma se non è
freddo allora non è per forza caldo)
Si distinguono:
-Contrari polari (lungo/corto, pesante/leggero)
Sono mappati su una sola scala di valori (ciò che è corto si misura
comunque su una scala di lunghezze ecc.)
Il primo dei due termini è neutrale (ovvero non-marcato), nel
senso che può essere usato per porre domande: Quanto è pesante?

-Contrati equipollenti (caldo/freddo, amaro/dolce, allegro/triste)


Sono mappati su due scale di valori, che partono da un valore zero.
Nessuno dei due termini è imparziale o neutrale.

-Contrari sovrapposti (buono/cattivo, bello/brutto)


Sono mappabili su de scale diverse, parzialmente sovrapponibili.
Presentano una polarità valutativa intrinseca (solo uno può
essere usato in modo imparziale, il grado comparativo del
secondo indica sempre un giudizio negativo)

Antonimi complementari (complementarità):


Aggettivi, verbi o avverbi che dividono un campo o dominio a metà non sovrapponibili ed
esaustive (lo dividono in due classi di equivalenza), come moto/vivo, vero/falso.
Se uno dei due è affermato, l’altro è negato (e viceversa).
Questo però non vale per tutti i contesti, per esempio vivo/morto: ci sono gli Zombie, gli stati di
coma vegetativo e mitigazioni figurative (più morto che vivo)
Antonimi conversi (convertibilità):
Descrivono la medesima relazione, ma da due prospettive o con direzioni diverse (padre/figlio,
sopra/sotto, vendere/comprare)
Non sempre si producono espressioni equivalenti: “il vaso è sotto il tavolo” e “il tavolo è sotto le
rose” non sono uguali data la rilevanza che i diversi oggetti hanno nella nostra esperienza delle
relazioni spaziali.

Antonimi Reversivi (reversibilità):


Sono coppie di forme verbali, ma la relazione che intrattengono non è quella di convertibilità,
bensì quella di rovesciamento dell’azione (annodare/sciogliere, edificare/demolire), non possono
essere contemporanei

Termini polisemici:
Termini uguali fonicamente, che hanno un significato principale o più derivati: rombo (figura e
pesce), cane (animale e costellazione), bocca (parte del corpo, persona, apertura del recipiente)
Estensione per metafora: la costellazione è chiamata “cane” per somiglianza, in generale di forma
o funzione.
Estensione per metonimia: “vela” per nave, “mano” per aiuto
Contiguità dimenticate: vecchie associazioni con oggetti che non richiamano più tale relazione.

10) ANALISI
Esistono vari modelli alternativi, o parzialmente convergenti, di descrizione del significato: classici
(e strutturali), cognitivi.

 Caratteristiche dei modelli classici:


- L’idea che il significato delle parole possa essere scomposto in fattori
- L’idea che questi siano determinati, senza sfumature
- La centralità delle relazioni di opposizione
- Il binarismo, l’idea che le relazioni costitutive del significato coinvolgano due termini

Incertezze: le componenti semantiche di uccello sono “capacità di volare, cantare e deporre uova”,
anche se esistono uccelli che non presentano tali caratteristiche.
Il significato non è una lista di componenti necessarie e sufficienti, si adotta quindi un modello a
prototipi in cui alcuni membri di una categoria sono più centrali di altri (tipo il pettirosso rispetto
alla categoria uccelli).

 Caratteristiche della semantica cognitiva:


- Riconosce una gerarchia di tratti, alcuni più centrali di altri
- Ammette che l’appartenenza a una categoria non sia sinonimo di rappresentatività (uno struzzo,
uccello, non è il più rappresentativo)
- Accetta il fatto che i confini tra le categorie possono essere sfumati

Nel passaggio dal modello classico a quello a prototipi, rimane l’adozione di una semantica
componenziale, il cui significato (linguistico) è considerato analizzabile in tratti o componenti, detti
semi (sema al singolare).
Giocano un ruolo essenziale le relazioni di opposizione (specie la contrarietà)

Tra le componenti semantiche di una unità di contenuto da descrivere: tutti i termini associati a
quel significato in una delle relazioni semantiche viste prima:
- Gerarchico: cane  animale, mammifero
- Inclusione: cane  quadrupede, automobile  ruote, motore, carburante
- Opposizione: scapolo  maschio adulto non sposato
- Ambiguità: cognato  fratello del coniuge o marito della sorella

L’estrazione delle componenti semantiche consiste nell’elencazione di proprietà di vario genere,


distinguiamo:
- Componente tassica (classificatoria): individua semi distintivi e differenziali negli iperonimi (A)
- Componente configurativa: scompone l’oggetto significato in parti, individuando nei meronimi
della parola altri semi (B)
- Componente funzionale: ne specifica l’eventuale funzione rispetto a un agente o uno scopo (C)

Limiti dell’analisi: i semi individuali non sono sempre soddisfacenti per le nostre esigenze, visto che
si servono di semi che sono tutt’altro che semplici o primitivi.

Relazioni sintagmatiche
Parti del discorso: sono manifestazioni superficiali di realtà linguistiche più profonde (anche se
esiste una sola categoria sotto nomi, verbi e aggettivi).
Nomi e verbi sono più facilmente gerarchizzabili (e si prestano meglio all’individuazione di
componenti tassiche), mentre tra gli aggettivi è più facile trovare antonimi.

Limiti dell’analisi componenziale: l’uso di sinonimi, iperonimi, meronimi o di antonimi negati, come
componenti semantiche, non rende conto del significato delle parole, per vie di numerose
sfumature dette “aspetti” o “microsensi” (coltello= posata o svizzero).

Relazioni e regolarità sintagmatiche


Abbiamo raccolto le combinazioni tipiche e i modi di dire nelle schede, perché le parole si trovano
in contesti che ne modificano il senso e che sono appresi con l’uso: tipo il vino scuro detto “rosso”
e quello chiaro “bianco”; “dire” e “parlare”.

11) FRAMES
Frame = è uno schema cognitivo costituito da relazioni tra elementi, che sono organizzati in un
modello sintattico-lessicale sulla base di esperienze, credenze ecc.

L’analisi dei frame consiste nella ricostruzione della rete di relazioni che ogni parola ha con molte
altre sul piano sintagmatico.
Si propone di costruire un dizionario basato su queste relazioni (FrameNet).

Analisi componenziale
L’analisi delle relazioni sintagmatiche arricchisce l’analisi semantica di uno sfondo di default, la
scena prototipica, variamente articolato e rappresentato sul piano linguistico.
L’esplicitazione di elementi di contorno, non obbligatori: avviene per differenza: quando qualche
elemento della scena di riferimento mostra uno scarto rispetto alla norma, allora diviene
necessario specificarlo.

Il principio del default prototipico porta con se il fatto che, quando non vengono specificati gli
elementi facoltativi (il prezzo per “comprare”), valgono implicitamente i quattro elementi
essenziali, comuni in tutte le scene analoghe.

Le categorie individuate (elementi) costituiscono dei semi che sono desunti dalle relazioni
sintagmatiche: non si presentano in forma di lista, ma piuttosto come insieme strutturato di
relazioni tra componenti.
Se le componenti tassiche e configurative sono chiaramente di natura paradigmatica (gerarchiche
e oppositive / inclusione), quelle funzionali vanno già nella direzione dei frame.

Confronto tra le lingue


Lingue diverse presentano non solo parole simili con significati diversi, ma spesso articolazioni
diverse degli stessi campi semantici.
L’idea di fondo è che lingue diverse presentano solidarietà diverse tra il piano dell’espressione e
del contenuto.

Arbitrarietà: È il riconoscimento dell'assenza di motivazione nel rapporto tra piano


dell'espressione e piano del contenuto.
VERTICALE = Mancanza di articolazione
CONVENZIONALITÀ = accordo tra parlanti che giustifica il ricorso a forme dell’espressione diverse
nelle varie lingue
ORIZZONTALE = rapporto interno al piano del contenuto = lingue diverse ritagliano diversamente il
continuum del pensabile → Materia del contenuto

Le forme del contenuto non sono ciò che risulta dal confronto tra le lingue, ma sono la diversa
segmentazione della materia o continuum del contenuto che esse operano.
Le forme del contenuto sono le zone vuote della rete, che ogni lingua riempie di materiale
sonoro.
Ciò che conta non sono tanto le parole, o le sostanze del contenuto, ma le relazioni differenziali
che tra questi spazi si creano all’interno di una lingua: un contenuto si definisce prima di tutto in
quanto differente e distinto dagli altri contigui.

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