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Eveline Green
di Federico Gigliotti
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CAPITOLO I
-Le cose come stanno-
CAPITOLO II
-Ricordi-
CAPITOLO III
-L’importanza del passato-
Quelle due ore di assenza dal lavoro, Eveline se le era prese come
pausa da tutto e da tutti, quegli incubi che la tormentavano la notte, la
tormentavano anche di giorno mandandole in tilt la testa. Non capiva
l’importanza di quelle parole. Cosa stava sognando? si chiedeva?
Perché vedeva quelle cose?. Un’altra giornata di lavoro era arrivata a
termine, fuori pioveva ancora.Tornò a casa con le scarpe fradice e con
die sacchetti della spesa in mano, anche quelli mezzi d’acqua. Dopo
essersi tolta le scarpe per non bagnare in casa, mise apposto
frettolosamente la spesa, per potersi godere una bella doccia calda dato
la giornata molto lunga. Fece tutto con calma si asciugò lentamente e si
mise degli abiti comodi, per cena aveva ordinato una pizza, non aveva
voglia di cucinare. Non fece in tempo a sedersi sul divano, che suonò il
campanello, era il fattorino con la pizza, “sono 8 euro signorina” chiese
timidamente il giovane fattorino, “ecco a lei, tenga il resto” disse Eveline
porgendo una banconota da 10 euro. Più tardi ricevette una chiamata,
era la dottoressa Susanne Mudy, Psicologa che tenne in cura Eveline.
“Buonasera Eveline, sono Susanne”, “Dottoressa, salve mi dica”, “Ti
ricordi di venire da me domani pomeriggio per la visita mensile?” “Certo,
alle 17.00 giusto?” “Esatto. Ci vediamo domani allora. Buonanotte.”
“Buonanotte dottoressa”. Poco dopo andò a dormire. ”Hai solo 16 anni
Eveline..” “Dottoressa, mi aiuti per favore perché l’ho fatto?io lo amavo.”
Disse piangendo Eveline. “Non è colpa tua, ti ho già spiegato, cerca di
ragionare.”,”Ma era mio figlio!”. La mattina seguente non ebbe particolari
problemi per alzarsi dal letto, forse sapendo di dover incontrare la
dottoressa Mudy. Si sentiva a suo agio con lei, le dava sicurezza.Quindi
uscita da lavoro si recò allo studio della dottoressa.
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CAPITOLO IV
-Verità non coscienti-
CAPITOLO V
-Rossana-
Rossana era una tipa curiosa, lei doveva sapere tutto di tutti, altrimenti
non era soddisfatta. Era nata 15 anni prima di Eveline in Inghilterra, in
una fredda città, nel Devon. Vissuta fino alla maggiore età in UK , si
trasferì nell'attuale città per dare una svolta alla sua vita. Dalle
sembianze non sembrava affatto del Regno Unito, anzi al contrario, la
sua carnagione abbronzata si intonava alla perfezione ad una spiaggia
della Malesia, di pallido aveva solo un piumino leggero grigio che
indossava tutti i giorni per uscire e per andare lavoro. Alta poco meno di
Eveline, aveva una corporatura un po' più robusta, ma non grassa. Si
era sposata a diciannove anni appena dopo il trasferimento, ma non
andò a buon fine, il marito la lascio per tornare in Inghilterra per
accettare un’allettante proposito di lavoro, si è giovani ed inconsapevoli,
e un irrefrenabile desiderio continuo di conquista. Così Rossana era
single, di tanto in tanto si frequentava con uomini che le facevano
battere il cuore, conosciuti su un app di incontri, ma niente di fisso o di
serio. Il suo sogno era sempre stato fare l'insegnante di fitness in una
sua palestra, ma troppo svogliata per cercare di coronare il suo sogno,
quindi venne assunta da Steven Das tuttora datore di lavoro e capo
ufficio dell’azienda in cui lavora. Quella sera si fermò fino a tardi a
parlare con Eveline; parlò solo lei in pratica. La padrona di casa si
limitava a dare risposte brevi, doveva impegnarsi a dialogare con gli
altri, lo diceva anche la dottoressa Mudy. “Io avevo un ragazzo tanto
tempo fa” “ahh! e perché non me ne hai mai parlato?” ”perché non è
che sia stata proprio una storia rose e fiori!” Si leggeva il disagio negli
occhi di Eveline, “capisco, sono capitate anche a me storie tese.”
Eveline rimase in silenzio per qualche istante, “non fu una storia con un
lieto fine, lui mi lasciò mentre io ero incinta, rimasi sola.. Per questo
motivo i…”, scoppiò a piangere. “Scusami non volevo essere così
irrompente”. “Non fa niente, devo sforzare a parlarne” disse
asciugandosi le lacrime. Rossana le prese la mano affermando che
poteva contare su di lei, in qualunque momento ce ne fosse stato
bisogno poi si alzò, saluto dopo aver ringraziato a dovere e se ne andò.
“Okay si é fatto tardi meglio se vado. Grazie per la cena, sei una brava
cuoca. E scusami ancora tanto per prima, ci vediamo a lavoro domani,
e tranquilla se ti servisse qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi.”
“Grazie a te della compagnia mi ha fatto piacere, ne avevo davvero
bisogno. Mi ha fatto bene. Ci vediamo domani, Buonanotte.”
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CAPITOLO VI
-L’effettiva lunghezza della notte-
Si diresse in camera da letto, subito dopo aver fatto una doccia calda e
mentre rimuginava su quello che le aveva detto Susan. Quella
chiacchierata le aveva scaturito tanti pensieri nella testa. Mentre si
lavava i denti la mente, stava macinando un sacco di cose, pensava a
Mark, pensava ai suoi incubi che ogni notte la tormentavano. Le parole
della dottoressa Mudy, le rimbombavano ossessivamente nel cervello.
Ma era stanca, anche quella giornata era stata lunga, si asciugò e si
sdraio sul letto, la pancia rivolta verso l’alto, poi lentamente si voltò su
un fianco, cadde in un sonno profondo. “Guardami negli occhi e dimmi
quello che vedi; credi che io ti ami?” Lei lo fissò, due pupille marrone
chiaro, ma che parlavano. Eveline sapeva interpretare molto bene il
linguaggio visivo.”Si.. mi ami” disse, ma mentì. Lo aveva visto
cambiato, non era più la stessa persona. “Signorina, lei è incinta.” ”No,
dottore cazzo, si deve essere sbagliato!” Con il terrore negli occhi
esclamò Eveline. ”No purtroppo, i suoi genitori dovranno essere avvertiti
ne è a conoscenza, vero? dato la sua età” Lei se ne andò di corsa,
tornò nella sua camera. Era un altro incubo. Il passato che si era
lasciata alle spalle stava riemergendo piano piano. La notte era ancora
lunga, eppure non aveva più sonno; si rigirò più volte tra le lenzuola,
cercando di trovare una posizione abbastanza comoda per
riaddormentarsi. Ma niente da fare, dunque si alzò e si mise sul divano
in salotto; c’era ancora l’odore del pesce cucinato per cena. Non
accese nemmeno la bajour. Dalla finestra entrava abbastanza luce
proiettata da una luna piena molto luminosa. Quando si è soli, si riesce
a scrutare dentro di se, a capirsi, e dialogare con i pensieri. La notte
aiuta molto questo meccanismo. Il pigiama di pile, la teneva al caldo ma
una coperta di un tessuto morbido le teneva compagnia. Faceva
abbastanza freddo, l’inverno non voleva passare. andava piano, piano,
adagio. Si gustava il tempo passare ora dopo ora. Guardando fuori,
quella luna piena così invitante la spinse ad affacciarsi alla finestra con
la coperta avvolta alle spalle, abitando in un appartamento situato in
alto, con le finestre molto grandi riusciva ad osservare tutto quello che
era sottostante a lei, nonostante la tarda notte, passavano molte
macchine, e nella sua testa sola più non era(non era più sola).
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CAPITOLO VII
-Il cervello umano-
La mente umana fa strani scherzi. Abbiamo di base incorporato
l'oggetto più evoluto mai esistito, eppure nella maggior parte dei casi,
non viene mai utilizzato a dovere. Certe volte si ferma tutto. Rimango
immobile, non penso a niente, mi guardo intorno e sono certa di essere
la più intelligente, di essere la persona più sapiente di tutti, passa il
momento e ritorno nell’attimo in cui era iniziato questo pensiero, ero
stordita. Compiaciuta.
Il cervello ha bisogno di un adeguato riposo, dormire poco di certo, non
aiuta. La mattina seguente fu il sole a svegliarla, alle 7 e 30 albeggiava e
iniziava a scaldare la città, non per molto però, perché avrebbe iniziato
a piovere poco dopo. La tv era ancora accesa e andava in onda un
vecchio telefilm comico degli anni 90’. Per colazione fette biscottate
con la marmellata ai frutti di bosco e un caffè al vetro alto. Una
colazione ordinaria, come sempre. Riecheggiava il rumore della notte
nella testa di Eveline, e i pensieri non se ne erano andati. La nostra testa
è una scatola nera, che contiene tutto quello che vediamo, che
sentiamo e durante il giorno archivia, a tradimento quando meno te lo
aspetti tira fuori quel ricordo che ti fa rabbrividire la pelle. Succedeva
spesso ad Eveline, essendo molto emozionale e talvolta poco razionale.
Pensava spesso a cosa potrebbe aver potuto cambiare del suo passato
e i rimorsi e i rimpianti erano spesso all’ordine del giorno. Restò a
fissare il soffitto per un pò, ma il dovere la chiamava, dunque dette una
rassettata alla casa, si preparò e alle 9 era puntualmente in ufficio.
Quella mattina il cervello stette per i fatti suoi, come se fosse un essere
distaccato dal corpo, macinava e macinava pensieri ed era un misto fra
ricordi ed immaginazione. Le venne in mente di quando aveva solo 8
anni i suoi genitori la portarono a cena fuori per il compleanno, in un
posto carino nella città dove abitava, frequentato da poche persone,
aveva aperto da poco, i proprietari erano amici di famiglia, si mangiava
bene ed i suoi genitori le volevano bene, ed avrebbero voluto il meglio
per la loro figlia più piccola. Eveline era la figlia minore, Giorgia era la
figlia maggiore, aveva 5 anni più di lei.
Scostò il ricordo il rumore delle nocche sulla porta, era Steven
“Signorina Green, le ricordo l’appuntamento con la società di computer
dopo pranzo per discutere del video promozionale del nuovo prodotto,
se ne ricordava vero?” Eve, alzo la testa dalle scartoffie e dalla mente
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CAPITOLO VIII
-La carriera-
che nel caso ce ne fosse stato bisogno, sarei stata una madre per te”,
esclamò Maria, scocciata a leggere il vittimismo sul volto di Eve. Anche
se molto autoritaria e ligia alle regole, era una donna sensibile e credeva
molto in ciò che faceva. “Si, Zia lo so… Adesso capisco a chi
assomiglio” si lascio sfuggire un timido sorriso la ragazza, Maria
Elisabeth sorrise a sua volta.
Gli anni dopo la Laurea furono difficili, per una ragazza di ventidue anni,
in cerca di un futuro.
L’ufficio era quasi vuoto, c’erano rimaste lei, Rossana e il signor Das,
impegnato a contenere l’emozione di aver ottenuto l’appalto. “Eveline,
ho saputo, complimenti. Non avevo dubbi, sei molto in gamba!” Si
lascio sfuggire una lista di complimenti Ross, “Grazie, è questione di
impegno, sapevo cosa il cliente volesse, e gli ho dato ciò che cercava.”
Si liberò cosi Eve. “Giusto, allora a Lunedì, buona serata” Chiudendo la
porta e togliendo la testa da dentro, Ross se ne andò.
Eveline Green, si guardo allo specchio, e si guardò fiera. Nonostante sia
una donna sicura di se, per qualche instante aveva dubitato della
riuscita di quel progetto. Sicuramente le cose che le stavano capitando
non le avevano semplificato il lavoro.
Chiuse la porta dell’ufficio e si sentì chiamare. “Signorina Green. Penso
sia il momento che le dia del tu, non crede?” Il signor Das, era l’ultimo
insieme ad Eveline ad uscire dallo studio, “Signore, non la facevo
ancora qua, pensavo fosse andato a festeggiare” - “c’è tempo per i
festeggiamenti, non credi Eveline?” Sulla faccia di Eve si notava il senso
di imbarazzo, nel trovarsi in quella situazione, e non aveva risposto alla
domanda del suo capo, se non con espressioni facciali involontarie.
“Penso sia l’ora che io vada, ho delle cose da sbrigare”. Così cercò di
dileguarsi la ragazza, “Ancora complimenti per oggi, sei stata molto
brillante”, disse con sguardo ammiccante Steven, lasciandole il braccio
che le aveva afferrato mentre stava per andarsene.
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CAPITOLO VIIII
-Una chiamata che non ti aspetti-
CAPITOLO X
-Un sabato-
La mattina del sabato, era una routine. Sveglia alle 8.30, colazione, un
caffè lungo al vetro un cornetto integrale e delle fette biscottate con la
marmellata e due ore dopo, palestra nella stanza apposta. Il suo
appartamento era moderno, la stanza dove teneva gli attrezzi era una
camera di 20 metri quadrati, aveva delle grandi porte finestre come in
tutta la casa, che venivano collegate da un terrazzo. Conteneva una tv,
un piccolo divano, un tapis roulant ed un tappetino per gli esercizi a
corpo libero. Giusto qualche esercizio mezzora di corsa, sistemava
casa e poi si faceva una doccia. Generalmente anche due al giorno.
Adorava stare sotto l’acqua calda. E come darle torto.
Dopo pranzo uscì per fare la spesa, nel profondo aveva sperato di
trovarci Samuele, ma non fu così. Si preparò per la serata. Un paio di
bottiglie di vino rosso, Italiano. Delle schifezze, e tante altre cose che le
sarebbero servite per i giorni successivi.