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@MsKingBean89

ALL THE YOUNG


DUDES
Primo anno
Secondo anno
Terzo anno

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PRIMO ANNO

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INDICE
1. Estate 1971: St Edmund’s 7
2. Hogwarts Express 15
3. Lo smistamento 22
4. Luna piena 32
5. Pozioni 37
6. Vendetta 42
7. I Malandrini 52
8. Segreti 60
9. Cicatrici 68
10. Storia 74
11. Compleanni, libri e i Beatles 81
12. Natale 1971 88
13. Lectiuncula Magna 98
14. Lo scherzo 109
15. Le conseguenze 117
16. Astronomia 132
17. Dodici 139
18. Ripasso 147
19. La fine del semestre 155

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Estate 1971: St Edmund’s
Sabato 7 agosto 1971
Si svegliò al buio. Era troppo caldo nella stanza in cui lo avevano
messo, essendo agosto. Tuttavia pensò potesse essere per la
febbre, aveva sempre la temperatura alta il mattino dopo. Erano
soliti metterlo in una stanza con una finestra, ma un paio di mesi
fa era stato in grado di romperla e se non avesse avuto le grate
sarebbe scappato. Li aveva sentiti parlare di legarlo una volta
cresciuto. Provò a non pensarci.
Ricordava la sensazione della fame, così intensa che si era
trasformata in rabbia. Ricordava di aver ululato e di essersi
lamentato per ore, girando per la cella ancora e ancora. Forse
l’avrebbero lasciato saltare le lezioni oggi e forse avrebbe potuto
dormire. Erano le vacanze estive in ogni caso e non era giusto che
lui dovesse andare a lezione mentre agli altri ragazzi era permesso
di passare tutta la giornata a oziare, a giocare a calcio o a guardare
la televisione. Si sedette stiracchiandosi e facendo attenzione ad
ogni dolore e scricchiolio delle sue articolazioni. C’era un graffio
fresco dietro il suo orecchio sinistro e un profondo morso sulla
sua coscia destra. Passò la mano sul cuoio capelluto, dove i suoi
capelli erano tagliati corti vicino alla testa. Li odiava, ma ogni
bambino all’orfanotrofio aveva lo stesso taglio rasato, il che
significava che ogni volta che gli era permesso di andare a Londra
nel weekend, tutti riconoscevano che erano i ragazzi del St
Edmund’s. Probabilmente era proprio questo il punto: i negozianti
sapevano chi tenere d’occhio. Non che i ragazzi stessi facessero
qualcosa per disattendere le aspettative. Gli era stato detto così
tante volte di essere lo scarto della società, lasciati indietro e non
voluti, quindi perché non creare un po’ di caos?

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Remus sentì dei passi alla fine del corridoio: era la Direttrice,
poteva sentirne l’odore e sentire il battito del suo cuore. I suoi sensi
erano sempre amplificati dopo i suoi episodi. Si alzò, avvolgendosi
con una coperta nonostante il caldo e camminò di soppiatto verso
la porta per sentire meglio. Non era sola, c’era un uomo con lei.
L’uomo aveva odore di vecchio e in qualche modo di qualcosa di
diverso; un forte odore di ferro che ricordava a Remus di suo
padre. Era magia.
«È sicuro valga il suo tempo?» La Direttrice chiese allo
sconosciuto. «È davvero uno dei nostri casi peggiori.»
«Oh sì.» Rispose il vecchio. La sua voce era calda come la
cioccolata. «Siamo sicuri. Lo tenete qui durante...»
«I suoi episodi.» Concluse la Direttrice con la sua voce nasale. «Per
la sua sicurezza. Ha iniziato a mordere dal suo ultimo
compleanno.»
«Capisco.» L’uomo rispose sembrando più pensieroso che
preoccupato. «Posso chiedere, Direttrice, che cosa sa della
condizione del giovanotto?»
«Tutto ciò che devo sapere.» Rispose la Direttrice freddamente. «È
qui da quando ha 5 anni e ha sempre causato problemi, non solo
perché è uno della vostra specie.»
«Della mia specie?» Rispose l’uomo, calmo e imperturbabile.
La Direttrice abbassò la voce, riducendola quasi ad un sussurro,
ma Remus poteva comunque sentire.
«Mio fratello lo era. Non lo vedo da anni, ovviamente, ma mi
chiede occasionalmente dei favori. St Edmund’s è un istituto
incredibilmente speciale, siamo equipaggiati per i casi difficili.»
Remus sentì il tintinnio delle chiavi.
«Ora, deve lasciare che lo veda io per prima. Spesso gli serve
qualche rattoppo. Non so perché lo avete voluto vedere dopo una
luna piena in ogni caso, se sapevate.»
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Il vecchio uomo non rispose e la Direttrice si incamminò verso la
stanza di Remus. I suoi tacchetti premevano sul pavimento di
pietra. Bussò alla porta tre volte.
«Lupin? Sei sveglio?»
«Sì.» Rispose aggiustandosi la coperta. Gli portavano via i vestiti
per evitare che li riducesse in stracci.
«Sì, Signora.» Lo corresse la Direttrice attraverso la porta.
«Sì, Signora.» Borbottò Remus mentre la chiave girava nella
serratura, la porta si aprì cigolando.
La porta era di semplice legno, sapeva che avrebbe potuto buttarla
giù facilmente durante uno dei suoi episodi, ma era stata riempita
di placcature d’argento dopo l’incidente della finestra. Solo l’odore
del materiale gli faceva venire la nausea e mal di testa.
La porta si aprì. La luce entrò come acqua che scorre facendogli
sbattere le palpebre furiosamente. Non appena la Direttrice entrò,
Remus fece automaticamente un passo indietro.
Assomigliava ad un uccello, una donna dalla faccia spigolosa, con
un naso lungo e stretto e due scuri occhi brillanti. Lo guardò
accortamente.
«Ti servono delle bende, questa volta?»
Gli mostrò le sue ferite, non stavano più sanguinando. Aveva
notato che le ferite che si causava, nonostante fossero profonde,
guarivano più velocemente di qualunque altro taglio e graffio, non
aveva mai neanche avuto bisogno di punti. Le cicatrici però non
se ne andavano mai e gli lasciavano dei segni argentei ovunque sul
corpo. La Direttrice si inginocchiò di fronte a lui, tamponandolo
con dell’antisettico e avvolgendolo con una garza pruriginosa.
Fatto questo gli passò i vestiti e Remus si vestì velocemente di
fronte a lei.
«Hai una visita.» Disse lei infine, mentre lui si infilava la maglietta.
Era grigia, come tutti i loro vestiti.
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«Chi è?» Chiese guardandola negli occhi sapendo che non le
piaceva.
«Un insegnante. È qui per parlarti di scuola.»
«Non voglio.» Rispose. Odiava la scuola. «Gli dica di sparire.»
La Direttrice lo colpì dietro l’orecchio. Se lo aspettava e non
indietreggiò.
«Parla meno.» Scattò. «Farai quello che ti viene detto o ti lascerò
qui per il resto della giornata. Andiamo ora.» Gli afferrò il braccio
e lo spinse avanti.
Si emozionò al pensiero di reagire, di sfidarla, ma non ne vedeva
lo scopo. Avrebbe potuto davvero chiuderlo dentro di nuovo e
ormai era incuriosito dallo sconosciuto, soprattutto considerando
che l’odore di magia diventava sempre più forte man mano che si
muovevano per l’oscuro corridoio.
L’uomo che li stava aspettando era abbastanza alto e indossava
uno dei completi più insoliti che Remus avesse mai visto: era di
velluto marrone scuro con elaborati ricami dorati sui polsini e sul
bavero, la sua cravatta era di un blu intenso. Doveva essere molto
vecchio, i suoi capelli erano bianchi come la neve e aveva una
barba incredibilmente lunga che raggiungeva l’ombelico.
Nonostante avesse un aspetto strano, Remus non si sentì
intimidito come si sentiva con il resto degli adulti. L’uomo aveva
occhi gentili e sorrise a Remus da dietro le lenti a mezzaluna
mentre si avvicinava. Stese una mano.
«Signor Lupin.» Disse caldamente il vecchio uomo. «È un piacere
conoscerla.»
Remus lo fissò estasiato. Nessuno si era rivolto a lui con tanto
rispetto prima. Si sentì quasi imbarazzato. Strinse la mano
dell’uomo sentendo una bruciatura elettrica, come una batteria ad
acido.
«Salve.» Rispose fissandolo.
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«Sono il professor Silente. Mi chiedevo se le andasse di
accompagnarmi a fare una passeggiata per i giardini, è una
splendida giornata.»
Remus guardò su verso la Direttrice, che annuì. Anche solo per
questo valeva la pena parlare di scuola con uno sconosciuto
curiosamente vestito, lei non lo lasciava mai uscire durante una
luna piena, neanche con la supervisione.
Continuarono a camminare per un paio di corridoi, solo loro due.
Remus era sicuro di non aver mai visto Silente al St Edmund’s
prima, ma sembrava sapesse come muoversi. Una volta fuori,
Remus respirò profondamente, la calda luce dell’estate lo investì.
“I giardini”, come li aveva chiamati Silente non si estendevano per
molto, erano una zona di erba gialla dove i ragazzi giocavano a
calcio e un piccolo patio esterno con erbacce cresciute attraverso
le spaccature della pavimentazione.
«Come si sente, Signor Lupin?» Chiese il vecchio uomo.
Remus scrollò le spalle. Si sentiva come si sentiva sempre dopo:
dolorante e irrequieto. Silente non scattò alla sua insolenza, ma
continuò semplicemente a sorridergli dall’alto mentre
camminavano intorno alla staccionata.
«Che cosa vuole?» Remus chiese infine, calciando un sasso lontano
dal suo percorso.
«Sospetto tu ne abbia già un’idea.» Rispose Silente.
Mise la mano in tasca e ne tirò fuori una busta di carta marrone.
Remus sentì subito l’odore di sorbetto al limone, Silente gli offrì il
dolcetto. Lo prese e iniziò a succhiarlo.
«Sei magico.» Disse semplicemente. «Come mio padre. »
«Ti ricordi tuo padre, Remus? »
Scrollò di nuovo le spalle. Non lo ricordava molto bene. Tutto ciò
che riusciva a spremere dalla sua memoria era la forma di un uomo
alto e magro che indossava un lungo cappotto, incombente sopra
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di lui che piangeva. Supponeva si trattasse della notte in cui venne
morso. Quella se la ricordava abbastanza bene.
«Lui era magico.» Disse Remus. «Poteva far succedere cose,
mamma era normale”
Silente gli sorrise, gentilmente. «Questo è quello che la Direttrice
ti ha detto?”
«Alcune cose, altre le ricordo. Comunque è morto, si è
ammazzato.”
Silente sembrò preso alla sprovvista, il che fece piacere a Remus.
Era un orgoglio per lui avere una storia tragica. Non pensava
spesso a suo padre, se non per chiedersi se si sarebbe ucciso
comunque se lui non fosse stato morso. Continuò.
«Mamma però non è morta. Solo non mi voleva. Perciò sono qui.»
Si guardò intorno. Silente smise di camminare. Erano nel punto
più lontano dei giardini ora, vicino alla grande staccionata. C’era
una tavola fissata male in quel punto di cui nessuno sapeva niente.
Remus ci sarebbe potuto scivolare attraverso se avesse voluto e
sarebbe arrivato alla strada principale della città. Non era mai
andato da nessuna parte in particolare, aveva solo girato
aspettando che la polizia lo andasse a prendere e lo riportasse
indietro. Era meglio che non fare nulla.
«Ti piace qui?» Chiese Silente.
Remus inalò. «Maledizione, ovvio che no.»
Guardò Silente con la coda dell’occhio, non sembrava fosse nei
guai per aver detto una parolaccia.
«Come pensavo.» Il vecchio uomo osservò. «Ho sentito che sei un
combina guai, è vero?»
«Non peggio degli altri.» Disse Remus. «Siamo “ragazzi
problematici”.»
«Sì, capisco.» Silente accarezzò la barba come se Remus avesse
detto qualcosa denso di significato.
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«Ha un altro dolcetto?» Remus tirò fuori una mano, impaziente.
Silente gli diede l’intero sacchetto e Remus non poté credere alla
sua fortuna, il vecchio era proprio un pollo. Masticò la caramella
questa volta, sentendola spaccarsi come vetro sotto i suoi denti, il
sorbetto esplose sulla sua lingua come fuochi d’artificio.
«Dirigo una scuola, sai. La stessa scuola in cui andò tuo padre.»
Questo scombussolò Remus. Inghiottì il dolcetto e si grattò la
testa.
Silente continuò. «È un tipo di scuola molto speciale. Per maghi,
come me. E come te. Ti piacerebbe studiare e imparare a usare la
magia, Remus?»
Remus scosse la testa ferventemente.
«Sono troppo scemo.» Disse fermamente «Non entrerei.»
«Sono sicuro che questo non è affatto vero.»
«Chieda a lei.» Remus indicò con la testa l’edificio grigio dove la
Direttrice aspettava. «So a malapena leggere, sono stupido.»
Silente lo guardò per molto.
«Non hai avuto una vita molto facile per ora Signor Lupin, e a me
dispiace per questo. Conoscevo tuo padre, solo un po’, e sono
sicuro che non avrebbe voluto comunque. Sono qui per offrirti
qualcosa di diverso. Un posto tra quelli come te. Magari anche un
canale di espressione per tutta questa rabbia.”
Remus lo fissò. Che differenza faceva stare in una casa o in
un’altra? La Direttrice non gli aveva mai dato dei dolcetti, e non
profumava di magia. I ragazzini nella scuola di Silente non
potevano essere peggio di quelli del St Edmund’s, e se lo erano si
sarebbe potuto difendere in ogni caso. Ma, c’è sempre un ma.
«E riguardo i miei episodi?» Chiese, incrociando le braccia. «Sono
pericoloso sa.»

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«Sì Remus, lo so.» Silente disse tristemente. Mise una mano sulla
spalla di Remus, molto gentilmente. «Vedremo cosa possiamo
inventarci, lascia che ci pensi io.»
Remus se lo scrollò di dosso e masticò un altro sorbetto al limone.
Camminarono di nuovo dentro l’edificio, tutti e due soddisfatti di
essersi compresi.

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Hogwarts Express
Remus strofinò le mani sui capelli di nuovo, poi sul naso che
continuava a colare. Gli aveva dato problemi dalla cena della sera
prima quando un ragazzino gli aveva dato un pugno. A essere
onesti Remus lo aveva colpito per primo ma il ragazzo,Malcom
White, aveva 14 anni ed era il doppio di Remus che era appena un
undicenne. Malcom aveva fatto una qualche battuta sul fatto che
Remus sarebbe andato ad una “scuola per bambini ritardati” e lui
aveva dovuto reagire. Aveva un occhio nero ora, cosa di cui si
pentiva. Tutti alla nuova scuola avrebbero pensato fosse un
teppista, comunque lui supponeva di esserlo.
La Direttrice schiaffeggiò la sua mano lontana dalla testa e lui la
fulminò con lo sguardo. Erano fermi nell’enorme atrio della
stazione di King’s Cross e fissavano i numeri di due binari. Da una
parte c’era il 9 e dall’altra il 10. La Direttrice guardò di nuovo la
lettera che teneva tra le mani.
«Oh per l’amor del cielo.» Borbottò.
«Dobbiamo correre e andare contro al tornello.» Disse Remus.
«Gliel’ho detto.»
«Non essere ridicolo.» Rispose la Direttrice. «Io non corro contro
niente.»
«Andrò io, allora. Mi lasci qui.»
Remus aveva creduto solo per metà a ciò che Silente gli aveva
spiegato riguardo l’entrata al binario 9 ¾. Ma dopo dei pacchi
erano iniziati ad arrivare, consegnati da gufi e contenenti strani libri
e strambi vestiti e cianfrusaglie di tutti i tipi come penne e
pergamene. Silente era stato immancabilmente generoso durante
l’ultimo mese. Aveva sottoposto a Remus una lista di cose che gli
sarebbero servite per la nuova scuola, e aveva promesso di

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mandargli tutto ciò che poteva trovare tra il materiale di seconda
mano a Hogwarts. Ora Remus era disposto a credere a quasi tutto
quello che l’anziano uomo diceva. Non aveva mai posseduto così
tante cose prima, ed era stato grato alla Direttrice per aver chiuso
tutto nel suo ufficio per evitare che gli altri ragazzi fregassero tutto.
Ora era stato tutto ammassato dentro una valigia malconcia presa
in un negozio di beneficenza che Remus doveva tenere in un
particolare modo affinché non cadesse a pezzi.
«Non ti lascio da nessuna parte, Lupin. Aspetta qui finché non
trovo un controllore.» La Direttrice si incamminò verso la
biglietteria.
Remus si guardò intorno furtivamente, dopo si leccò le labbra.
Poteva essere la sua unica occasione. Corse verso il tornello a tutta
velocità, strizzando gli occhi chiusi. Ma non colpì niente.
L’atmosfera cambiò e una volta aperti gli occhi si ritrovò in un
binario completamente diverso, circondato da persone. Non
persone. Maghi.
Il treno stesso era enorme, splendido e vecchio stile. “The
Hogwarts Express”. Strinse la valigia con entrambe le mani
mordendosi le labbra. C’erano molti altri bambini della sua età e
anche più grandi, ma tutti erano accompagnati dalle loro famiglie.
Alcuni piangevano mentre venivano abbracciati e baciati dalle
amorevoli madri. Si sentì improvvisamente piccolo e molto solo,
pensò fosse meglio sbrigarsi a salire sul treno.
Una volta dentro si rese conto di non poter raggiungere lo
scompartimento dove stipare i suoi bagagli, quindi scelse una
carrozza vuota e mise la valigia sul posto accanto a lui. Guardò le
persone sulla banchina attraverso il finestrino, premendo la fronte
contro il vetro freddo. Si chiese se venivano tutti da famiglie di
maghi, si chiese se qualcuno di loro avesse i suoi stessi episodi.
Pensò che era improbabile, sembrava che nessuno avesse delle
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cicatrici. Molti di loro indossavano abiti normali, come i suoi (con
meno buchi e toppe), ma alcuni di loro indossavano lunghe
tuniche e alti cappelli a punta. Molti bambini avevano dei gufi, o
gatti portati in gabbie. Aveva perfino visto una ragazza con una
piccola lucertola appoggiata sulla spalla.
Remus iniziò a sentirsi ancora più nervoso, il suo stomaco andò in
subbuglio mentre pensava che nonostante tutto ciò che Silente gli
aveva detto sullo stare con quelli “della sua specie” si sarebbe
sentito fuori posto ad Hogwarts come in ogni altro luogo.
Solo a quel punto realizzò che qualcuno lo stava fissando a sua
volta dalla banchina: era un ragazzo della sua età. Era alto e magro,
ma non secco come Remus. Aveva i capelli scuri, molto più lunghi
di quelli di qualunque altro ragazzo che avesse mai visto,
formavano dei boccoli all’altezza delle spalle. Aveva degli alti
zigomi, delle labbra piene e sorprendenti occhi blu.
Quando vide Remus fissarlo l’altro ragazzo inarcò un sopracciglio
come per dire “e tu che cosa fissi?”
Remus infilò la lingua sotto il labbro inferiore facendo gonfiare il
mento, facendogli una boccaccia. L’altro ragazzo sorrise
leggermente, rispondendo con un gestaccio con la mano. Remus
quasi rise.
«Sirius cosa pensi di fare? Vieni subito qui!» Una strega dall’aspetto
piuttosto severo con le stesse sopracciglia del ragazzo entrato nel
campo visivo di Remus strattonò il figlio lontano dal finestrino. Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo ma ubbidì e sparirono dal binario.
Remus si appoggiò di nuovo allo schienale in pelle e sospirò. Gli
stava venendo fame, sperava che il viaggio non sarebbe stato
troppo lungo. La Direttrice gli aveva preparato dei sandwich con
formaggio e sottaceti ed una mela, ma non lo facevano impazzire.
Dopo un paio di minuti la porta della sua carrozza si aprì
improvvisamente ed una ragazza entrò. Ignorò Remus, lanciandosi
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verso il finestrino e premendo la mano contro il vetro agitandola
freneticamente alla sua famiglia sulla piattaforma. Era piccola e
pallida, con chiari capelli rossi tirati indietro in una treccia stretta.
Il suo viso era pieno di macchie a causa delle lacrime.
Continuò a salutare mentre il treno si allontanava e i suoi genitori
salutarono a loro volta mandando baci. Una ragazza dal viso acido
se ne stava ferma dietro di loro, con le braccia incrociate. Una volta
che il treno ebbe lasciato definitivamente la stazione, la ragazza dai
capelli rossi si sedette davanti a Remus, sbuffando profondamente.
Lo guardò con i suoi grandi occhi verdi, lucidi per le lacrime.
«È orribile dire addio, non è vero?» Aveva un accento da classe
medio-alta.
«Uh sì, suppongo.» Remus annuì, a disagio.
Non gli piacevano le ragazze, St Edmund’s era una scuola maschile
ed era stato a contatto solo con due donne, la Direttrice e
l’infermiera ed erano entrambe malefiche stronze.
La ragazza lo stava guardando curiosamente.
«Vieni da una famiglia di babbani anche tu? Il mio nome è Lily.»
«Remus.» Rispose, imbarazzato. «Mio padre era un mago, ma non
lo conosco... cioè sono cresciuto tra i babbani.»
«Non ci potevo credere quando mi è arrivata la lettera.» Sorrise
caldamente, rallegrandosi. «Ma non vedo l’ora di vedere com’è, e
tu?»
Remus non riuscì a pensare a come risponderle, ma non dovette.
La porta si aprì un’altra volta e un ragazzo infilò la testa dentro.
Aveva lunghi capelli neri come quelli del ragazzo a cui Remus
aveva fatto le boccacce, ma erano completamente lisci. Aveva un
lungo naso e un gran cipiglio.
«Eccoti Lily, ti ho cercato per secoli.» Disse, dando a Remus
un’occhiataccia. Il tipo a cui Remus era abituato.

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«Sev!» Lily saltò dal suo posto e gettò le braccia al collo dell’altro
ragazzo. «Sono così contenta di vederti!» Lui le accarezzò la spalla
timidamente, le sue guance si colorarono leggermente di rosa.
«Vieni a sederi nella mia carrozza, c’è tanto spazio.»
«Oh...» Lily guardò indietro. «Può venire anche Remus? È qui tutto
solo.»
«Non sono sicuro...» L’altro ragazzo, Sev, guardò Remus dall’alto
in basso. Il taglio di capelli da teppista, i jeans sfrangiati, la t-shirt
logora, la valigia di seconda mano. «Potrebbe non esserci così tanto
spazio.»
Remus si stravaccò sul suo posto, appoggiando i piedi sul sedile
davanti.
«Sparisci allora. Non voglio venire nella tua stupida carrozza.»
Guardò intenzionalmente fuori dal finestrino e Lily e l’altro
ragazzo andarono via.
Sbuffò. Era rumoroso fuori dal suo scompartimento. Poteva
sentire strillare e ridere, alcuni gufi gridare e qualche studente più
giovane stava ancora piangendo. Ancora una volta, si ritrovò
separato da tutti gli altri. Stava iniziando a pensare che quella fosse
solo la sua sorte nella vita. Forse una volta arrivato ad Hogwarts
l’avrebbero costretto a dormire in una cella tutto solo di nuovo.
Ci fu un improvviso colpo alla porta, una breve e allegra melodia,
e la porta si aprì ancora una volta. Remus si abbassò ancora di più
nel suo posto, quando un ragazzo dallo sguardo amichevole con
un sacco di capelli neri in disordine e con degli occhiali entrò
sghignazzando.
«Ciao.» Allungò una mano a Remus. «Primo anno? Anche io, sono
James.» Fece un cenno indietro con la testa ad un ragazzo basso
che lo aveva seguito dentro. «Lui è Peter.»

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Remus strinse la mano di James. Il tutto sembrò facile e gradevole.
Per la prima volta il garbuglio nel suo stomaco cominciò a
sciogliersi.
«Remus.»
«Possiamo sederci qui? È tutto pieno e Peter si sta sentendo male
per il treno.»
«Non è vero.» Borbottò Peter, sedendosi sul posto opposto a
Remus, guardandolo cautamente. In effetti era un po’ verde. Si
sfregò le mani sulle ginocchia e fissò il pavimento.
«Sai in quale casa sarai?» James chiese a Remus.
Remus scosse la testa. Non sapeva niente delle case. Era dove
avrebbero dormito?
«In quale erano i tuoi genitori?» Continuò James. «Sono andati ad
Hogwarts?»
Remus annuì, lentamente. «Mio padre sì. Ma non so in che casa
fosse. Mia madre no. Lei era norm- una babbana.»
Peter alzò lo sguardo improvvisamente. «Sei un mezzosangue?»
Remus scrollò le spalle.
«Sta’ zitto, Minus.» James rimproverò il ragazzo seduto vicino a lui.
«Come se importasse.»
Remus era sul punto di chiedere che cosa fosse un mezzosangue
quando la porta si aprì nuovamente. Era il bel ragazzo che gli aveva
fatto il gestaccio alla stazione.
Diede un’occhiata in giro, furtivamente.
«Nessuno di voi è imparentato con me, giusto?» Disse.
Aveva lo stesso accento di alta classe che avevamo James e Peter.
A Remus non piacquero all’improvviso, sapendo che avrebbero
pensato fosse un tipo comune o un mezzosangue, qualunque cosa
significasse.
«Non penso.» Rispose James, sorridendo. «James Potter.» Allungò
di nuovo la mano. L’altro ragazzo la strinse semplicemente.
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«Oh bene, un Potter. Mio padre mi ha detto di non parlarti.» Si
sedette accanto a Remus, sogghignando, «Sirius Black.»

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Lo smistamento
Remus era abbastanza sicuro di star sognando, o di essere
annegato attraversando quel terribile lago e adesso il suo cervello
inventava cose prima che morisse.
Era in un’enorme sala di pietra, grande come una cattedrale. Era
piena di studenti, tutti vestiti con la stessa veste nera ed la sala era
illuminata da candele. Non semplici candele: queste stavano
fluttuando. Di questo poteva farsene una ragione; poteva essere un
intelligente trucchetto con le luci, qualcosa a che fare con dei fili.
Ma quando alzò lo sguardo fu sul punto di urlare; non c’era il
soffitto. C’era solo il vasto cielo sospeso sopra di loro, nuvole
grigie e stelle splendenti.
Nessun altro sembrò interessato a parte per la ragazza dai capelli
rossi, Lily, e un altro paio di ragazzi i cui genitori dovevano essere
babbani pensò Remus. Adesso Remus aveva la sua uniforme
addosso e si sentiva un po’ meglio per essere vestito uguale a tutti
gli altri. Tutti gli altri studenti sedevano su lunghi tavoli da
banchetto sotto gli stendardi delle proprie case. James aveva
entusiasticamente spiegato la differenza da una casa all’altra, con
grande dispiacere di Sirus e Peter, i quali pensavano entrambi di
finire nella casa sbagliata. Remus non sapeva se essere nervoso o
meno. Non capiva come sarebbe potuto importare più di tanto,
sarebbe stato cacciato dopo la prima lezione in ogni caso. Più
tempo Remus passava con i maghi, più era convinto di non poter
essere uno di loro. La professoressa McGranitt, una donna magra
e dal viso severo, aveva condotto tutti gli studenti del primo anno
nella sala e ora era in piedi accanto ad uno sgabello tenendo in
mano un vecchio e malconcio cappello marrone.

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Quello era il test di cui gli aveva parlato James: ti mettevano il
cappello in testa e in qualche modo saresti stato smistato in una
delle case. Remus guardò ogni stendardo, sapeva già che non
sarebbe finito in Corvonero; non se dovevi essere intelligente. Non
pensò molto allo stendardo con il tasso; non erano esattamente
animali entusiasmanti, soprattutto a confronto dei serpenti. Gli
piaceva anche il colore verde, se avesse dovuto decidere per la
cravatta. Comunque James e Peters erano così entusiasti per
Grifondoro e considerato che fino a quel momento erano stati gli
unici amichevoli, non gli sarebbe dispiaciuto andare con loro.
Un ragazzo chiamato Simon Arnold fu il primo ad essere chiamato
avanti. Il cappello gli fu posizionato in testa coprendogli metà della
faccia. Remus si chiese se puzzava come sembrava, la Direttrice
era ossessionata dai pidocchi e sperò che nessuno dei ragazzi prima
di lui ce li avesse. Simon venne prontamente smistato in
Tassorosso sotto il suono di moltissimi applausi.
Sirius Black fu il primo del loro gruppo ad essere chiamato,
sembrava decisamente nauseato mentre camminava verso lo
sgabello. Ci fu qualche urlo dal tavolo dei Serpeverde, qualche
studente più grande lo stava chiamando: due giovani donne con
una massa di riccioli neri, degli alti zigomi e delle labbra piene come
quelle di Sirius, che adesso stava tremando seduto sullo sgabello.
La sala si acquietò per qualche istante mentre il cappello veniva
posato sulla testa di Black.
Il cappello gridò. «Grifondoro!»
Passarono alcuni istanti di silenzio sbalordito prima dell’applauso
questa volta. La McGranitt sollevò gentilmente il cappello dalla
testa di Sirius e concesse un breve, raro sorriso. Sirius sembrava
totalmente inorridito, mentre lanciava uno sguardo disperato al
tavolo dei Serpeverde, dove le due ragazze che prima gli stavano
urlando stavano sibilando con gli occhi stretti. Si alzò e camminò
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lentamente verso i Grifondoro, dove fu il primo nuovo studente a
sedersi sotto lo stendardo rosso e oro.
Lo smistamento continuò. Anche Lily fu messa in Grifondoro, e
si sedette sorridendo accanto ad un Sirius dallo sguardo
deprimente. Quando fu infine il suo turno, Remus non riuscì
ancora a capire da cosa dipendesse tutta quell’agitazione. Non gli
piaceva avere gli occhi di tutti puntati addosso mentre avanzava
ma fece del suo meglio per ignorare la cosa. Normalmente si
sarebbe infilato le mani nei jeans, ma in questa nuova strana
uniforme non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Si sedette sullo sgabello con la McGranitt che lo fissava dall’alto.
Gli ricordava un po’ la Direttrice, e a pensarci il disgusto gli salì in
gola. Gli mise il cappello in testa, tutto diventò buio. Non aveva
alcun odore, e a dir la verità la pace e il silenzio furono un sollievo.
«Mmmh.» Una bassa voce gli parlò nelle orecchie. Era il cappello.
Remus cercò di non rabbrividire quando fece le fusa.
«Sei un tipo singolare, giusto? Cosa potremmo fare con te... forse
Corvonero? C’è un buon cervello qui dentro.»
Remus trasalì, come se qualcuno lo stesse prendendo in giro.
Maledettamente improbabile.
«Ma tuttavia.» Considerò il cappello. «Puoi andare più lontano...
molto più lontano, se ti mettiamo in... GRIFONDORO!»
Remus si tolse il cappello non appena venne smistato, senza
aspettare che la McGranitt lo togliesse. Corse verso il tavolo dei
Grifondoro, sentendo a malapena gli applausi. Si sedette davanti a
Sirius e Lily. Lily gli sorrise ma lui continuò semplicemente a
guardare il suo piatto vuoto. Quando arrivò il turno di Peter
Remus si era ripreso ed era in grado di guardare Peter, un basso e
grassottello ragazzo raggiungere il cappello. Peter era il tipo di
bambino che non sarebbe durato 5 minuti al St Edmund’s; aveva
un costante aspetto nervoso e irrequieto che gli altri ragazzi
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avrebbero sicuramente preso di mira. Remus fu sorpreso che
James, che era l’opposto di Peter (rilassato e sicuro di sé), fosse
così gentile verso qualcuno chiaramente inferiore a lui.
Al cappello servì molto tempo per Peter, anche gli insegnanti
sembravano innervosirsi con il passare dei minuti. Alla fine fu
smistato nei Grifondoro e, molto più velocemente, anche James
che camminò verso il tavolo con un enorme ghigno sul volto.
«Non è fantastico?» Si rivolse agli altri tre ragazzi. «Ce l’abbiamo
tutti fatta!”
Sirius emise un gemito con la testa tra le mani sul tavolo.
«Parla per te.» Rispose in modo leggermente soffocato. «Mio padre
mi ucciderà.»
«Non ci posso credere.» Peter continuava a dire con gli occhi
spalancati. Nonostante avesse ovviamente avuto ciò che voleva
continuava a torcersi le mani e a guardare dietro la sua spalla come
se qualcuno potesse arrivare per dirgli di riprovare.
La McGranitt venne, ma mise la sua mano ossuta sulla spalla di
Remus.
«Mr. Lupin.» Disse a bassa voce, non così bassa che gli altri ragazzi
non potessero sentirla. «Potrebbe venire nel mio ufficio dopo
cena? È accanto alla Sala Comune dei Grifondoro, uno dei Prefetti
le mostrerà dove.»
Remus annuì, ammutolito e lei se ne andò.
«Di che si tratta?» James chiese. «Perché la McGranitt vuole già
vederti?»
Persino Sirius lo guardò incuriosito. Remus scrollò le spalle, come
se non gli importasse. Sapeva già a cosa stavano pensando: il
ragazzino rozzo è già nei guai. Sirius stava guardando il suo occhio
nero di nuovo. Fortunatamente comparse il cibo, distraendo tutti.
Era veramente “comparso”, i piatti precedentemente vuoti erano
stati riempiti da un vero e proprio banchetto: polli arrosto dorati,
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pile di patate al forno, piatti di carote fumanti, fagioli che
nuotavano nel burro e un enorme caraffa di una salsa scura. Se il
cibo sarebbe stato così tutti i giorni, Remus avrebbe potuto fare lo
sforzo di ignorare cappelli parlanti e compagni snob.
Prestò particolare attenzione quando uno dei Prefetti, che si era
presentato come Frank Paciock, aveva condotto i primi anni alla
loro Sala Comune in una delle torri. Remus odiava perdersi, e
provò a imprimersi il percorso nella mente. Si fece degli appunti
mentali sulla dimensione e sulla forma di ogni porta dalla quale
passavano, tutti i ritratti che superavano e quali scale muovevano.
Era così stanco e pieno di ottimo cibo che i dipinti parlanti e le
scale che si muovevano non gli erano sembrate niente di strano.
Quando raggiunsero il giusto corridoio Remus vide l’ufficio della
McGranitt segnato con una targhetta pulita di ottone e decise di
andare all’incontro. Si fermò fuori dalla porta e quando fu sul
punto di bussare apparve James.
«Vuoi che ti aspettiamo, amico?»
«Perché?» Remus guardò il ragazzo dai capelli scuri in modo
sospettoso, James alzò le spalle.
«Così non rimani da solo.»
Remus lo fissò per un momento prima di scuotere la testa.
«No, sto bene così.» Bussò.
«Avanti.» Disse una voce da dentro l’ufficio. Remus spinse la porta.
L’ufficio era piccolo, con un caminetto pulito e varie file di libri su
una parete. La McGranitt sedeva dietro una scrivania
perfettamente ordinata. Sorrise lievemente e fece a Remus un
gesto di sedersi sulla sedia davanti alla scrivania. Remus si sedette
tirando su col naso e strofinandoselo.
«È un piacere conoscerla, Signor Lupin.» Disse la professoressa
con un debole accento scozzese. I suoi capelli erano grigi, raccolti
in una severa crocchia e indossava una veste verde scuro tenuta
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insieme da una spilla d’oro con una testa di leone. «Sono ancora
più felice di averla tra i Grifondoro, della qual casa sono il capo.»
Remus non rispose nulla.
«Suo padre era in Corvonero, sa.»
Remus scrollò le spalle, l’insegnante serrò le labbra.
«Ho pensato sarebbe meglio parlare il prima possibile della sua...
condizione.» Disse a bassa voce. «Silente mi ha spiegato che non
le è molto familiare il modo magico e sento che è mio dovere farle
sapere che le persone con la sua condizione subiscono una forte
stigmatizzazione. Sa cosa vuol dire “stigmatizzazione”?»
Remus annuì, non sapeva scriverla ma conosceva bene la parola.
«Voglio che lei sappia che finché sarà nella mia casa non tollererò
che nessuno la tratti diversamente o in modo scortese. Questo vale
per tutti gli studenti sotto la mia tutela. Comunque.» Si schiarì la
voce. «Sarebbe saggio avere prudenza.»
«Non avevo intenzione di dirlo a nessuno.» Remus rispose. «Come
se volessi che qualcuno lo sapesse.»
«Bene.» Annuì la McGranitt guardandolo curiosamente. «Questo
mi porta al mio prossimo punto. Sono stati presi degli accordi per
la luna piena che cadrà la prossima domenica, mi pare. Se potesse
venire da me dopo cena, le mostrerò dove andare. Magari potrebbe
dire ai suoi amici che torna a casa?»
Remus sbuffò e si passò una mano tra i capelli. «Posso andare ora?»
La professoressa annuì con un’espressione vagamente corrucciata.
Fuori Remus trovò James in piedi da solo che ancora lo aspettava.
«Ti avevo detto sarei stato bene.» Disse Remus scocciato.
James sorrise.
«Sì, ma ti sei perso Paciock che ha dato la parola d’ordine, non
volevo restassi bloccato qui tutta la notte. Andiamo.»
James lo condusse alla fine del corridoio ad un dipinto con una
grassa donna vestita di rosa.
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«Widdershins.» Disse James e il quadro si spostò, come una porta.
Entrarono nella Sala Comune.
C’era una stanza ricreativa al St Edmund’s ma non c’entrava
proprio niente con questa, quella stanza era stata decorata con una
Tv in bianco e nero davvero troppo piccola e qualche gioco da
tavolo. I mazzi di carte non erano mai completi e le sedie quasi
tutte rotte. La Sala Comune dei Grifondoro era calda, confortevole
e accogliente. C’era un enorme morbido divano e varie poltrone,
uno spesso tappeto marrone davanti al fuoco scoppiettante e
ancora più dipinti sui muri.
«Noi siamo qui sopra.» Disse James portando Remus verso una
scala a chiocciola in un angolo.
In cima c’era un’altra porta che si apriva su una camera da letto.
Ancora una volta, non aveva niente a che fare con le strutture al St
Edmund’s. C’erano quattro letti, tutti enormi decorati con delle
spesse tende di velluto con delle finiture d’oro. C’era un altro
caminetto, e ogni ragazzo disponeva di un proprio baule e di
scaffali sopra il letto. Remus vide la sua triste valigia appoggiata su
uno dei bauli. Si spostò, immaginando dovesse trattarsi del suo
letto. Peter stava grufolando tra le sue cose tirando fuori vestiti,
riviste e libri facendo un terribile casino.
«Non riesco a trovare la mia bacchetta.» Miagnucolò «Mamma me
l’ha fatta mettere in valigia così da non perderla sul treno, ma qui
non c’è.»
«Pete.» James rise. «Tua madre ha chiesto a me di tenerla d’occhio,
ricordi?»
James e Peter, Remus aveva imparato in treno, erano cresciuti
insieme, ed essendo vicini di casa si conoscevano abbastanza bene.
Nonostante non potessero essere più diversi, Remus si chiese
ancora una volta perché James non volesse picchiare a sangue
Peter.
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Sirius stava seduto sul letto, con i bagagli ancora chiusi.
«Dai, sii un po’ felice amico.» Disse James sedendosi vicino a lui.
«Non volevi finire in Serpeverde comunque, sbaglio?»
«Cinquecento anni.» Sirius rispose freddamente. «Ogni Black ad
Hogwarts è stato smistato in Serpeverde per cinquecento anni.»
«Beh era ora qualcuno provasse ad essere diverso no?» James gli
diede uno schiaffo sulla schiena scherzosamente.
Remus aprì la sua valigia. Dentro c’era un grande calderone di
peltro, un’altra cosa che Silente gli aveva rimediato dal cassone
degli oggetti di seconda mano immaginò. C’era anche una scatola
sottile in fondo, con una nota.
Dispiegò la carta e fissò la scrittura arzigogolata ed elaborata a
lungo, cercando di capirci qualcosa. L’unica parola che riuscì a
leggere fu “padre”, e immaginò fosse sempre da Silente ma fosse
appartenuta a suo padre. Aprendola con entusiasmo trovò un
lungo e lucido bastoncino: era una bacchetta. Fin adesso non aveva
pensato alle bacchette, ma la prese in mano e strinse il legno
fermamente. Era calda al tatto, come fosse la sua stessa carne, ed
era morbida mentre si muoveva nella sua mano. Era piacevole.
Sirius aveva finalmente cominciato a disfare la valigia, tirando fuori
libro per libro dal baule. Quelli che non entravano sullo scaffale, li
impilava dietro al letto. James, dopo aver finito di appendere un
poster accanto al suo letto lo fissò. Mostrava tante piccole persone
che sfrecciavano su delle scope, e si tiravano palle. Remus pensò
che sembrasse solo vagamente più interessante del calcio, che lui
odiava.
«Sai.» Disse James a Sirius, che stava ancora impilando libri. «C’è
una libreria qui.»
Sirius sorrise.

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«Lo so, ma questi sono per la maggior parte libri babbani. Mio zio
Alphard me li ha lasciati e mamma li avrebbe bruciati se li avessi
lasciati a casa.»
A Remus pizzicarono le orecchie, cosa c’era ci sbagliato nei libri
babbani? Non che ne avesse qualcuno con lui. Odiava leggere più
di tutto al mondo. Non ci pensò per molto perché Sirius adesso
stava sollevando un vero e proprio giradischi, seguito da una
scatola di vinili nuovi. Andò lì per guardare subito.
«Ma quello è Abbey Road?!» Chiese, sbirciando nella scatola.
«Sì.» Sirius sorrise passandoglielo. Remus si passò le mani sulla
toga prima di prenderlo con attenzione. «Devi essere figlio di
babbani.» Disse Sirius. «Non ho mai incontrato un mago che
sapesse chi sono i Beatles, a parte mia cugina Andromeda. Me li
ha comprati lei.»
Remus annuì, scordandosi di sé stesso per un minuto.
«Io amo i Beatles, uno dei ragazzi nella mia stanza a casa aveva
almeno dieci singoli loro, ma non me li lasciava mai toccare.»
«Ragazzi a casa?» Sirius inarcò un sopracciglio. Remus pensò
sembrasse proprio un adulto. «Intendi tuo fratello?»
«No.» Remus scosse la testa, restituendo il disco e allontanandosi.
«Vivo in una casa per bambini.»
«Come un orfanotrofio?» Chiese Peter con gli occhi spalancati.
Remus sentì la rabbia salire, le orecchie diventargli calde.
«No.» Sputò. Sentì tutti gli occhi dei ragazzi tornare di nuovo sul
livido e si girò per finire di disfare le valige in silenzio.
Alla fine Potter e Black iniziarono una conversazione su qualcosa
chiamato Quidditch, che subito diventò il centro di un’accesa
discussione.
Remus salì sul suo letto e tirò le tende, godendosi la privacy. Era
buio, ma era abituato al buio.

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«Pensavo avrebbe provato di più a farsi degli amici.» Peter sussurrò
ad alta voce agli altri due ragazzi. «Soprattutto essendo
mezzosangue.»
«Sei sicuro che non fossi tu a dover finire in Serpeverde?» Disse
Sirius.
Peter smise di parlare.

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Luna piena
.
Domenica 5 settembre 1971
Remus passò il resto della settimana ignorando gli altri ragazzi più
che poteva. Era una tecnica che aveva imparato a St Edmund’s:
era meglio non essere notati, e ancora meglio che nessuno sapesse
niente di te. (Gli veniva comunque ficcata la testa nel cesso, ma nel
complesso nessuno lo disturbava più di tanto.) James, Sirius e
Peter non erano come i ragazzi a St Edmund’s, ovviamente. Erano
quel tipo di ragazzi che la Direttrice avrebbe chiamato “ben
educati”.
In particolare James e Sirius sembrava venissero da famiglie ricche,
poteva dirlo dal mondo in cui parlavano delle proprie case e anche
semplicemente dal modo in cui parlavano, ogni vocale e ogni
consonante veniva ben pronunciata e scandita. Remus ascoltò
attentamente e iniziò a smettere di strascicare le lettere.
Non era solo il modo di parlare ma anche quello che dicevano.
Remus era cresciuto da adulti che gli dicevano in continuazione di
stare zitto e con ragazzi che, credendoti un secchione, ti
prendevano di mira se parlavi troppo. James e Sirius parlavano
come dei personaggi di un qualche romanzo; il loro linguaggio
traboccava di metafore descrittive e di sarcasmo pungente. La loro
rapida arguzia intimidiva Remus molto più di un pugno in faccia,
Remus pensò che almeno il pugno durava poco.
Per ora aveva evitato i ragazzi facendo lunghe passeggiate
all’interno del castello. A St Edmund’s aveva poca libertà e passava
la maggior parte del suo tempo chiuso in una stanza. A Hogwarts
sembrava non ci fosse nessun posto in cui non si potesse andare e
Remus era deciso a scoprire ogni angolo del bizzarro castello.

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Gli erano state date delle mappe per trovare facilmente le aule, ma
Remus trovò fossero gravemente carenti e troppo semplificate.
Non segnalavano per esempio un passaggio segreto che aveva
trovato che portava dai sotterranei al bagno delle ragazze al primo
piano. Non capiva perché qualcuno volesse trovarsi nei due luoghi,
e la prima volta che usò il passaggio venne avvicinato da un
fantasma particolarmente irritante che gli schizzò addosso della
schiuma. Sarebbe stato comodo, pensò Remus, animare la mappa nello
stesso modo in cui i dipinti erano animati, se non altro per tenere traccia delle
ridicole scale che si muovevano. Era abbastanza sicuro che anche una
stanza si muovesse, sembrava non fosse mai nello stesso posto.
Quando arrivò la domenica pomeriggio Remus iniziò ad essere
terrorizzato dall’arrivo del lunedì, che non sarebbe stato solo il
giorno dopo la luna piena, ma anche il primo giorno di lezione.
Dopo cena, che Remus passò tutto solo un paio di posti più in là
di Sirius, James e Peter, andò velocemente verso l’ufficio della
McGranitt. Lei lo stava aspettando, insieme ad un’infermiera che
gli era già stata presentata. Era una donna gentile e piacevole, un
po’ pignola.
«Buona sera, Signor Lupin.» Sorrise l’insegnante. «Grazie per
essere stato così rapido, venga.»
Con sorpresa di Remus, le due donne non lo portarono nei
sotterranei come aveva pensato, ma fuori dal castello, verso un
grande albero ritorto.
Il Platano Picchiatore era stata un’aggiunta recente ai giardini,
aveva spiegato Silente all’inizio dell’anno, dicendo che era stato
donato da un ex-alunno. Remus pensò che chiunque l’avesse
donato doveva davvero odiare la scuola; non solo aveva un aspetto
terribile ma era anche incredibilmente violento.
Mentre si avvicinavano, la McGranitt fece qualcosa di così
sbalorditivo che Remus quasi scoppiò a piangere per lo shock.
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Sembrò scomparire, rimpicciolendosi all’improvviso, finché non si
vide più. Al suo posto si trovava un gatto tigrato con brillanti occhi
gialli. L’infermiera Chips non diede alcun segno di essere sorpresa,
mentre il gatto correva verso l’albero, che si stava agitando come
un bambino che fa i capricci. Remus e Madama Chips
continuarono camminando dentro una cavità sotto l’albero che
Remus non aveva mai notato prima. Dentro, l’insegnante li stava
aspettando, di nuovo umana.
«Eccoci qui.» La McGranitt cercò di sembrare tranquilla,
nonostante il posto fosse veramente lugubre. «Spero lei capisca che
non possiamo restare, ma se preferisce Madama Chips può
aspettare qui fuori finché la trasformazione non è completa.»
Remus scrollò le spalle.
«Starò bene. Come torno domani mattina?»
«Passerò non appena sorgerà il sole.» gli assicurò la Madama Chips.
«Ti rattopperò e sarai pronto per andare a lezione prima ancora
che qualcuno noti che non ci sei.» Sorrise, ma i suoi occhi
sembrarono molto tristi.
La cosa mise Remus a disagio. Ma comunque stava arrivando quel
momento della sera in cui qualunque cosa lo metteva a disagio, i
capelli gli prudevano, si sentiva la pelle tirare, la temperatura
alzarsi.
«Meglio che andiate.» Disse velocemente, ritirandosi nella stanza
buia. C’era un piccolo letto con lenzuola pulite. Sembrava fossero
state messe apposta per lui.
Le due donne lo lasciarono solo, chiudendo a chiave la porta. Sentì
la McGranitt bisbigliare e si chiese quale sorta di incantesimo
stesse facendo al posto, qualunque cosa fosse era sicuramente
meglio delle placche di argento.
Si sedette sul letto per un momento e dopo si rialzò, irrequieto.
Passeggiò per la stanza. A volte sembrava che il lupo prendesse
34
possesso della sua mente, prima che del suo corpo. Man mano che
calava il buio i suoi sensi diventavano più acuti e la fame iniziava a
crescere. Remus si tolse i vestiti velocemente non volendo
strapparli.
Tutte le sue articolazioni iniziarono a pulsare in modo fastidioso,
si stese sul letto. Questa era la parte peggiore. Il battito del suo
cuore gli martellava le orecchie e poteva giurare di sentire i suoi
tendini rompersi mentre tiravano. Le sue ossa e i suoi denti
sfregavano uno contro l’altro mentre si allungavano. Sentiva il suo
cranio rompersi e rimodellarsi.
Gemette e soffiò finché il dolore non divenne troppo forte, allora
urlò. Poteva solo sperare di essere abbastanza lontano dal castello
e che nessuno lo potesse sentire. In tutto, gli ci volevano circa venti
minuti, non che li avesse mai contati. Gli avvenimenti diventarono
confusi subito dopo, non poteva sempre ricordare cosa accadeva
una volta trasformato. La prima notte ad Hogwarts fu sfocata, e si
svegliò con meno ferite del solito. Suppose che fosse andato in
giro a annusare il territorio non familiare, cercandone i confini.
Doveva anche essersi buttato contro la porta o la finestra ad un
certo punto, ebbe un gran numero di lividi sulla parte sinistra del
braccio per tutti i giorni successivi.
Ritrasformarsi fu un’esperienza terribile allo stesso modo, ebbe la
sensazione di rompersi e stirarsi per tutto il corpo, sensazione che
lo lasciò senza respiro e dolorante. Spazzò via le lacrime dai suoi
occhi e si sistemò nel letto, grato di poter dormire un po’ prima
che il sole sorgesse.
Madama Chips tornò, come promesso. Parlando in modo dolce
appoggiò la sua fredda mano sulla fronte febbrile di Remus.
«Non mi piace come sei ridotto.» Disse quando Remus aprì i suoi
occhi assonnati. «È pura follia pensare di mandarti a scuola in
questo stato, sei esausto!»
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Nessuno era mai stato così preoccupato per lui, lo colpì
profondamente mettendolo a disagio. La spinse via, infilandosi i
vestiti.
«Sto bene. Voglio andare.»
Gli fece bere qualcosa prima di andare via, aveva un sapore freddo
e metallico ma si sentì meglio dopo. Corse verso la torre dei
Grifondoro per indossare l’uniforme il più velocemente possibile,
non voleva saltare la colazione, stava morendo di fame.
«Dove sei stato?!» James lo approcciò non appena entrò nella
stanza.
Tutti e tre gli altri ragazzi erano già vestiti, perfettamente in ordine,
a parte per i capelli di James che erano sempre scompigliati nella
parte dietro.
«Da nessuna parte.» Remus andò avanti per prendere le sue cose.
«Stai bene?» Chiese Sirius, distogliendo lo sguardo dallo specchio
con cui si stava sistemando i capelli.
«Già.» Aggiunse James, guardando Remus attentamente. «Sei un
po’ strano.»
Remus si accigliò. «Lasciatemi in pace cazzo.»
«Stiamo solo cercando di essere gentili.» Disse Peter, con le mani
sui fianchi. Tutti e tre fissarono Remus che stava per togliersi la
maglietta quando si ricordò dei suoi lividi.
«Beh?!» Ringhiò. «Starete qui a guardarmi mentre mi vesto? Voi
ragazzi snob siete tutti un branco di checche.» Andò verso il bagno
con i vestiti e sbattè la porta. Dopo pochi istanti sentì Peter
lamentarsi che aveva fame e se ne andarono tutti e tre.

36
Pozioni
Venerdì 10 settembre 1971
Alla fine della prima settimana Remus aveva fatto perdere 10 punti
alla sua casa, imparato un incantesimo e si era procurato un altro
livido, stavolta sul mento.
Le prime lezioni erano andate bene; erano di introduzione e
mentre Lily Evans passava ogni lezione a prendere pagine e pagine
di appunti nessun altro sembrava troppo preoccupato. Gli erano
stati dati alcuni semplici compiti, ma Remus pianificò di dire che
aveva scordato di segnarli se qualcuno glielo avesse chiesto.
Incantesimi era stata la lezione più eccitante: il piccolo professore
aveva lanciato un incantesimo su delle pigne e le aveva fatte volare
per la stanza, per la gioia di tutti. Dopo alcuni tentativi con
l’incantesimo, Lily fece levitare in aria la sua pigna almeno a un
metro dal pavimento e Sirius riuscì a far girare la sua come una
trottola, fin quando non perse il controllo e ruppe una finestra.
James, Peter e Remus ebbero meno fortuna, ma Remus era sicuro
la sua avesse saltato almeno una o due volte.
Trasfigurazione era ugualmente interessante, solo un po’ più seria,
in quanto era insegnata dalla McGranitt. Non ci sarebbero stati
esercizi pratici la prima settimana, aveva spiegato, ma aveva dato
una pila infinita di compiti per misurare il loro livello.
Storia della Magia era assolutamente terribile e meno se ne parlava
meglio era. Remus faceva fatica a non addormentarsi mentre lo
spettrale professor Rüf vagava su e giù per il corridoio elencando
date e nomi di battaglie. Anche lui aveva dato dei compiti: leggere
due capitoli dal libro di testo.
Sirius sollevò gli occhi e brontolò a James.

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«Sicuramente tutti hanno già finito Storia della Magia, è roba da
bambini.»
James annuì, sbadigliando. Remus si sentì male, non aveva ancora
nemmeno aperto uno dei libri nel suo baule, a eccezione del primo
capitolo del libro di pozioni in cui aveva sputato e accartocciato la
gomma da masticare.
In realtà aspettava ansiosamente Pozioni, sperando che di veder
qualcosa saltare in aria, come a Chimica. Ma venne fuori che anche
Pozioni richiedeva un bel po’ di lettura e in più dovevano dividere
l’aula con gli studenti del primo anno di Serpeverde. Il professore
di Pozioni era esageratamente allegro e passò metà dell’ora solo a
leggere l’elenco.
«Black Sirius... ah, eccoti! Sono abbastanza sorpreso dal sorteggio,
ragazzo mio. Ogni Black è stato smistato nella mia casa da quando
insegno. Non prenderla sul personale giovanotto, ma mi aspetto
grandi cose!»
Sembrò che Sirius volesse sotterrarsi. Lumacorno continuò con la
lista di nomi.
«Un Potter e un Minus, eh? Oltre a Black questa classe ha un certo
pedigree, eh? Vediamo... Lupin! Conoscevo tuo padre; non era uno
dei miei, ma era davvero un gran dualista. Ah, che brutto affare...»
Remus sbattè gli occhi, si chiese se Lumacorno sapesse che era un
lupo mannaro. Tutta la classe lo stava guardando; sapevano che
era stato cresciuto in un orfanotrofio e che suo padre era un mago
(Remus sospettava che Peter glielo avesse detto), ma nessun altro
gli aveva chiesto nulla. C’era anche un altro pettegolezzo sul suo
conto; dicevano fosse violento e facesse parte di una gang. Era
sicuro che il pettegolezzo fosse stato incoraggiato da James e
Sirius, tuttavia non gli dispiaceva poi tanto.
Fortunatamente, Lumacorno voleva fargli fare pratica il prima
possibile.
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«La cosa migliore è iniziare a sporcarsi le mani!» Sorrise. «Ora, se
lavorate in quattro su un calderone, potete darvi il cambio per
seguire le indicazioni...»
Tutti presero a raggrupparsi: James, Sirius e Peter immediatamente
presero possesso del calderone in fondo all’aula e a loro si unì
Nathaniel Quince, un serpeverde che conosceva James e Peter.
Remus decise di aspettare che tutti si fossero raggruppati per
vedere se sarebbe riuscito a gironzolare semplicemente in fondo
alla classe per il resto della lezione. Non ebbe molta fortuna.
«Remus! Puoi unirti a noi!» Lily Evans lo afferrò per il polso e lo
condusse verso il calderone che condivideva con Severus Piton, il
suo amico dal lungo naso che Remus aveva incontrato sul treno, e
Garrick Mulciber, un ragazzo con il naso all’insù di cui Remus
aveva un po’ paura.
Lily stava già chiacchierando, sistemando tutti gli ingredienti sul
tavolo e scaldando il calderone con attenzione. Stava guardando il
libro di Severus che aveva già tutti i margini pieni di appunti.
«Ecco i tentacoli essiccati di occhi di lumaca.» Lily prese in mano
un piccolo barattolo. «Ne servono circa otto grammi...»
«Puoi metterne quanto vuoi di quelli, Lily, non servono molto nel
complesso.» Biascicò Severus, sembrando annoiato.
Lily li pesò comunque e li fece scivolare dentro la miscela
gorgogliante. Successivamente toccò a Mulciber che prese il libro
e mescolò per cinque minuti, prendendo istruzioni da Severus sulla
velocità e la direzione in cui doveva girare. Dopo fu il turno di
Remus.
Lily gli diede il libro. Fissò la pagina. Poteva capire si trattassero di
istruzioni, ma riusciva a leggere a malapena metà delle parole. Ogni
volta che sembrava aver afferrato il significato, le lettere
sembravano cambiare posto e spostarsi sulla pagina, facendogli

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perdere tutto. Le sue guance iniziarono a scaldarsi e si sentì
leggermente male. Scrollò le spalle, guardando da un’altra parte.
«Oh, sbrigati...» Scattò Severus. «Non è così difficile.»
«Lascialo in pace, Sev.» Lo rimproverò Lily. «Il libro è ricoperto di
tuoi appunti, non mi meraviglio non riesca a trovare il segno. Qui,
Remus.»
Aprì il suo nuovo libro di pozioni ma la situazione non migliorò,
scrollò di nuovo le spalle.
«Perchè non lo fai tu se sei tanto intelligente.» Sputò a Severus.
«Oh, per Merlino...» Le labbra di Severus si incurvarono. «Sai
leggere, vero? Cioè, perfino le scuole babbane lo insegnano.»
«Severus!» Lily sussultò, ma l’arrogante ragazzo dai capelli neri non
ebbe il tempo di dire nient’altro, Remus si buttò addosso al ragazzo
sopra il banco prendendolo a pugni.
L’unico fattore a suo vantaggio era stato l’elemento sorpresa,
Mulciber prese il suo colletto e lo strappò via da Severus dandogli
un pugno in piena faccia in tre secondi netti.
«Smettetela!» Urlò il professore.
Tutti si fermarono. Il corpulento maestro di pozioni si precipitò
verso di loro.
«Alzatevi, entrambi!» Urlò ai ragazzi sul pavimento.
Remus e Severus si alzarono ansimanti. Severus sembrava quello
conciato peggio; aveva i capelli scompigliati e del sangue gli usciva
dal naso. Remus aveva il mento dolorante dove lo aveva colpito
Mulciber, ma a parte quello e l’uniforme sgualcita, stava bene.
«Esigo una spiegazione!» Urlò Lumacorno.
Entrambi si guardarono i piedi, Mulciber stava sghignazzando. Lily
piangeva.
«Molto bene.» Disse l’insegnante bruscamente. «Punizione per
entrambi: dieci punti in meno a Grifondoro e dieci in meno a
Serpeverde.»
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«Non è giusto!» Disse James improvvisamente dal fondo della
classe. «Dovrebbe essere il doppio per Serpeverde, erano due
contro uno.»
«Da dove mi trovavo io è stato il Signor Lupin a cominciare.»
Rispose Lumacorno, ma scosse la testa comunque. «Tuttavia, ha
ragione; Mulciber cinque punti in meno per aver dato un pugno a
Remus. La violenza non si risolve con la violenza sai, come ho
detto a tuo fratello in varie occasioni. Signorina Evans accompagni
il signor Piton in infermeria e tu Lupin pulisci il disastro che hai
fatto.»
Remus non conosceva nessun incantesimo per pulire, così dovette
passare lo straccio a mano. Lumacorno gli fece perfino pulire via
il sangue di Severus dalle mattonelle. Sfortunatamente, essendo
così poco dopo la luna piena, il ricco odore di ferro del sangue fece
brontolare il suo stomaco. James, Sirius e Peter aspettarono Remus
fuori dopo la fine della lezione.
«È stato maledettamente grandioso, amico.» Disse James dando un
leggero pugno sul braccio di Remus. «Il modo in cui ti sei buttato
addosso a Piton!»
«Mulciber era qui fuori a vantarsi prima, dicendo a tutti quello che
Piton ti ha detto.» Aggiunse Sirius. «Hai fatto bene, che cretino.»
«L’ha detto a tutti?» Remus si lamentò.
«Non preoccuparti, stanno tutti dalla tua parte.» Disse James. «Beh,
tranne i Serpeverde ovviamente.»
«Sì, ma a chi cavolo interessa dei Serpeverde?» Sirius sorrise.
«Andiamo, tra poco c’è la cena. Affamato?»
«Affamato.» Remus sorrise a sua volta.

41
Vendetta
«Quindi...» Disse James una domenica sera, «Come ci
vendichiamo?»
«Vendicarci con chi?» Peter chiese senza guardare su, cercando
qualcosa tra i suoi appunti.
Erano nella Sala Comune e stavano provando a fare i compiti
assegnati loro dalla McGranitt. Quattro pagine sulle leggi
fondamentali della Trasfigurazione. Sirius e James avevano già
finito, Peter ne aveva fatto almeno metà, Remus non aveva ancora
cominciato.
«Dei serpeverde.» Rispose James. «Stai al passo Pete!»
«Non tutti i serpeverde.» Chiese Peter sembrando preoccupato.
«Solo Piton e Mulcuber, giusto?»
«No, tutti.» Confermò Sirius. Era appena apparso da sotto la
scrivania che stavano condividendo con un pezzo di pergamena.
«Cercavi questa?»
«Grazie.» Peter la prese sollevato. «Ho quasi finito...»
«Tu l’hai fatto Lupin?» Sirius gli diede un’occhiata.
Remus aveva aperto il libro ma non lo aveva guardato più di tanto.
Aveva pensato di isolarsi un pomeriggio in biblioteca e provare a
leggere per bene; poteva leggere ma solo se riusciva davvero,
davvero a concentrarsi. Ma non si era presentata l’opportunità, e
se doveva essere totalmente onesto, non voleva. Dalla lezione di
Pozioni i quattro erano diventati amici e non voleva perdersi
niente.
«Nah.» Scrollò le spalle in risposta a Sirius. «Non mi interessa.»
«Facci sapere se ti serve aiuto.»
«Puoi copiare il mio se vuoi.» James spinse il suo compito
attraverso la scrivania.

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Remus lo spinse indietro, digrignando i denti.
«Non mi serve, non sono stupido.»
«Nessuno ha detto che lo sei.» James rispose, tranquillamente.
Sirius lo stava guardando. Remus voleva colpirlo, ma stava
cercando di evitare di prendersela tanto. James e Sirius ogni tanto
giocavano a wrestling, ma non provavano mai a farsi male sul serio,
come lui aveva fatto con Piton. Dopo aver costretto sé stesso a
mettere da parte il suo temperamento, Remus cercò di cambiare
argomento.
«Potremmo mettere una polvere pruriginosa nei loro letti.»
Propose. Qualcuno lo aveva fatto a lui una volta. Aveva avuto
un’eruzione cutanea per una settimana. «O nei loro vestiti... se
capissimo chi fa le lavatrici.»
Questo era stato motivo di grande preoccupazione per Remus, i
loro panni sporchi sembravano svanire e riapparire puliti e piegati
nei loro bauli. Ma non c’era mai nessuno nella stanza e non riusciva
a spiegarselo.
«Mi piace.» Replicò James masticando la sua penna. «Qualcuno ha
la polvere pruriginosa?»
I tre ragazzi scossero la testa.
«La potrei ordinare da Zonko.» Si inserì Sirius. «Se mi presti il tuo
gufo, James. Mia madre me lo ha confiscato dopo lo smistamento.»
«Certo.» James rispose. «Vorrei potessimo farlo prima però, sai
battere il ferro ancora caldo.»
«Non serve comprare la polvere pruriginosa.» Disse Remus,
improvvisamente, avendo un colpo di genio. «Pensate abbiano le
rose canine nella serra?»
«Sì.» Parlò Peter con la testa ancora tra i libri. «Per curare l’artrite
penso.»
«I semi ti fanno grattare, davvero molto.» Spiegò Remus,
entusiasta. «La Direttrice, la donna che gestisce la casa per bambini
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le coltiva, e se la fai arrabbiare ti fa togliere i semi senza i guanti.»
Gli iniziarono a prudere le punte delle dita solo a pensarci.
«Ma è terribile.» Disse James.
«È una buona idea però!» Sorrise Sirius. «Alla prossima pausa,
andiamo e ne prendiamo un bel po’. Poi le possiamo mettere nei
letti dei Serpeverde, con i guanti. Fantastico!»
«Come entriamo nei dormitori dei serpeverde?» Chiese Peter,
finendo finalmente il suo lavoro.
«Lasciate fare a me.» Sghignazzò James.

Prendere le rose canine fu facile. Mandarono Peter, l’unico che


non aveva ancora ricevuto una punizione ed era perciò sotto la
minore sorveglianza. Peter era piccolo e passava inosservato; era
sgattaiolato dentro la serra durante la pausa di metà mattina ed era
tornato con la faccia rossa e felice, con un barattolo pieno di rose
canine sotto la tunica.
Dopo si erano chiusi tutti in bagno per togliere i semi ai fiori. Sotto
le precise istruzioni di Remus avevano indossato i loro spessi
guanti e avevano fatto attenzione a non toccare nessun seme o
pelo.
«Non vedo l’ora di vedere la faccia che faranno.» Sirius stava
sorridendo seduto a gambe incrociate sul pavimento vicino a
James.
Remus guardò James e Sirius al lavoro mentre se ne stava seduto
sul bordo della vasca. Era un po’ geloso della loro amicizia.
Avevano così tanto in comune: entrambi cresciuti nel mondo
magico, entrambi ricchi, entrambi completamente fissati con il
Quidditch. In più, dopo solo tre settimane era chiaro che James e
Sirius si erano guadagnati una reputazione da re del primo anno.
Tutti li ascoltavano quando parlavano. Tutti ridevano alle loro

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battute. Nessuno sembrava disturbato quando facevano perdere
dei punti alla casa.
«Ancora non so come entreremo nei dormitori dei Serpeverde,
persino Peter non è così furtivo.» Sirius lanciò uno sguardo a
James. Aveva cercato di scoprire il piano da quando James l’aveva
nominato.
«Lascia che me ne preoccupi io.» Fu tutto quello che James disse.
I semi e i peli vennero tutti messi in un altro barattolo e i ragazzi
si mangiarono le rose rimanenti durante il resto della settimana.
Martedì sera ebbero finalmente la loro occasione. James decise che
dovevamo farlo prima che tutti andassero a letto. Aveva deciso
anche che si sarebbero dovuti recare ai dormitori dei Serpeverde
separati, per non essere visti insieme e scoperti. Remus
personalmente pensava fosse esagerato, ma acconsentì non
volendo rovinare il divertimento.
Mangiarono la cena molto più velocemente del solito prima di
alzarsi ad uno ad uno e lasciare la Sala Grande. Peter sembrava così
nervoso che Remus pensò che sarebbe andato nel panico e li
avrebbe traditi. Si assicurò di stare sempre vicino al ragazzo più
piccolo, nel caso avesse dovuto tappargli la bocca o trascinarlo via.
James e Sirius andarono per primi, ovviamente, dirigendosi verso
il bagno delle ragazze al secondo piano, che Remus gli aveva detto
li avrebbe portati alle segrete. Aveva pensato di tenere per se quel
passaggio segreto ma aveva già trovato un altro paio di posti dove
nascondersi e pensò che infondo rinunciare a quello non sarebbe
stato così tragico. Dopo tutto, quanto spesso poteva voler andare
nei sotterranei?
Il fantasma che viveva in bagno fortunatamente era silenzioso
quella sera, ma Remus la sentì piangere piano in uno degli ultimi
bagni.

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«Facci strada allora, Lupin” James mimò grandiosamente una volta
che Peter e Remus furono arrivati. Sirius prese il suo braccio,
«Dicci cosa hai pianificato, prima.”
James sorrise con quel ghigno irritante che aveva sulle labbra da
domenica.
«Okay... allora, tieni questo.» Diede il barattolo con i semi di rosa
a Sirius.
Tirò fuori un lungo, voluminoso mantello, fatto con un tessuto
strano che Remus non aveva mai visto: grigio argentato e
luccicante.
«No.» Boccheggiò Sirius. «Non è possibile Potter, non è
maledettamente possibile...»
James stava sghignazzando così ampiamente che Remus pensò gli
si sarebbe potuta dividere la faccia in due. Il ragazzo fece
l’occhiolino a tutti e tre e si infilò sotto il mantello, scomparendo
dalla testa ai piedi.
«Maledetto bastardo!» Lo colpì Sirius. «Perché non me lo hai mai
detto?»
«Non lo hai mai detto nemmeno a me!» Stridette Peter. «E ti
conosco da sempre. Dove lo hai preso?»
James si tirò giù il cappuccio del mantello, così che la sua testa
sembrasse fluttuare in aria, il che fece venire un po’ di nausea a
Remus.
«È della mia famiglia da anni.» Disse trionfante. «Papà me lo ha
lasciato portare, senza dirlo a mamma.»
«Idiota fortunato.» Disse Sirius afferrando il tessuto del mantello
tra le dita. «I miei genitori farebbero di tutto per un mantello
dell’invisibilità.»
«Penso ci entreremo tutti sotto.» James lo aprì come fossero le ali
di un pipistrello. «Dai, è comodo e accogliente...»

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Si infilarono tutti sotto il mantello e provarono ad andare avanti
indietro per la stanza un paio di volte finché non furono in grado
di camminare tutti insieme facilmente. Infine i quattro ragazzi si
incamminarono verso le segrete. Remus mostrò quale mattonella
schiacciare per far aprire il pavimento del terzo bagno da sinistra.
«Come l’hai trovato, Remus?» Sussurrò James. «È geniale.»
«Si esce fuori da uno di quei tappeti attaccati alle pareti, nei
sotterranei.» Rispose Remus. «Ho solo guardato dietro.»
«Intendi un arazzo?» Chiese Peter.
«Uhm... suppongo.» Remus fu grato che gli altri ragazzi non
potessero vedere la sua faccia.
«Sta’ zitto, Minus.» Scattò Sirius.
Remus sentì un calcio colpirlo dietro l’anca.
«Oh.» soffiò tornado un calcio il doppio più forte. «Vai al diavolo.»
«Scusa!» Guaì Sirius. «Volevo prendere Peter, non te.»
«Fate silenzio.» Scattò James. «Siamo quasi arrivati.»
Aspettarono silenziosamente dietro l’arazzo, sentendo dei passi
per il corridoio. Una volta che James fu completamente sicuro
fossero soli, uscirono tutti dal passaggio. I sotterranei erano freddi
e scarsamente illuminati, c’era uno strano rumore di gocce, forse
dalle tubature.
«Dov’è l’entrata?» Bisbigliò Sirius.
«Dietro quel muro.» Remus lo indicò sperando lo potessero
vedere, era un semplice muro di mattoni.
«Come lo sai?»
«Li ho visti entrare.» Disse Remus velocemente.
Non poteva dire loro che sentiva l’odore dei duecento Serpeverde
al di là de muro per via del sangue e della magia, così forte che la
poteva quasi sentire nella bocca.
«Sai la parola d’ordine?»
«No.»
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«Cavolo.»
«Non è ancora l’ora del coprifuoco, aspettiamo.»
E così fecero, nonostante il corridoio fosse umido e sotto il
mantello c’era un caldo esagerato, specialmente dal momento che
stavano tutti e quattro così vicini. Fortunatamente arrivarono due
del settimo anno, sfortunatamente Sirius le conosceva.
«Fammi vedere di nuovo l’anello, Bella!» Narcissa supplicò la
sorella più grande.
Remus sentì Sirius irrigidirsi e schiacciarsi contro il muro. Bellatrix
la accontentò stendendo il lungo braccio avorio; sul suo dito
scheletrico c’era un enorme, orribile anello di smeraldo e argento,
che aveva mostrato in giro dall’inizio del semestre. Tutti a scuola
sapevano che avrebbe sposato Rodolfo Lestrange, un qualche
mago in politica, non appena avesse finito i suoi esami. Sirius
doveva andare al matrimonio.
Narcissa strillò quando lo vide, nonostante probabilmente lo
avesse visto più di tutti gli altri.
«Fantastico!» Disse. «Oh, non vedo l’ora di sposarmi...»
«Aspetta il tuo turno.» Rispose Bellatrix con una voce simile a delle
unghie su una lavagna. «Una volta che Lucius avrà ottenuto una
migliore posizione nel Ministero sono sicura che mamma e papà
approveranno l’unione.»
Le due giovani donne erano ora davanti al muro. Bellatrix era la
più altra tra le due ma si somigliavano molto. Avevano capelli neri,
lunghi e ricci, come quelli di Sirius, e la stessa perfetta struttura
ossea tipica dei Black
«Mundus Sanguine.» Annunciò Bellatrix.
Il muro si spostò e i quattro corsero dentro dietro le due ragazze,
il più velocemente possibile.
Per la prima volta da quando si trovava ad Hogwarts Remus fu
grato di essere finito nei Grifondoro. La differenza tra la loro calda
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e accogliente Sala Comune e quella dei Serpeverde era incredibile.
Era costruita come un’enorme sala da banchetti più che un
soggiorno. I muri erano decorati riccamente da arazzi, il camino
era gigantesco e scolpito elegantemente, un macabro e pallido
verde ricopriva tutte le cose. Ma più che quello, la stanza sembrava
in qualche modo malvagia. Remus provò a non rabbrividire.
Gli altri ragazzi sembravano turbati quanto lui e si fermarono tutti
finché James non li spinse avanti verso una scalinata che speravano
portasse ai dormitori dei ragazzi. Camminando passarono accanto
a Severus, seduto da solo in un angolo, chino sul suo libro di
pozioni. In cima alle scale passarono per una porta aperta
trovando, fortunatamente, una camera da letto.
James tolse il mantello.
«Dai un’occhiata fuori Pete.» Disse correndo dentro la stanza.
«Pensate uno di questi sia il letto di Severus?»
«Questo potrebbe essere il suo.» Indicò Sirius. «Le lenzuola
sembrano unte abbastanza.» Tutti e quattro ridacchiarono.
«Allora veloci, mettetevi i guanti.» Sussurrò James aprendo il
barattolo.
Remus e Sirius si infilarono un guanto ciascuno e presero a
spargere i semi sotto le coperte.
«Così li vedranno!» Disse James, deluso. Era vero, i semi rossi delle
rose risaltavano chiaramente sotto il bianco delle lenzuola, perfino
con il buio.
«Beh... li toccheranno per toglierli.» Disse Sirius.
«Aspettate...» Remus ebbe improvvisamente un’idea. Non era
sicuro perché ci avesse pensato ma sapeva che avrebbe funzionato.
Tirò fuori la bacchetta, si morse le labbra e la agitò delicatamente
sopra le lenzuola. «Obfuscate.» Sussurrò.
E così, i semi sembrarono sparire.

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«Stupendo!» James lo fissò. «Come hai fatto? Vitious non ci ha
ancora insegnato quell’incantesimo, giusto? Era per compito?»
«Nah.» Remus scosse le spalle. «Ho visto una del quinto anno farlo
ieri per nascondere dei dolci che avevano comprato al villaggio.
Non è difficile da copiare.»
Sirius e James ci provarono subito. Non funzionò la prima volta
che lo fecero, né la seconda, ma dopo la terza James era riuscito a
far scomparire quasi metà dei suoi semi.
«È meglio lo faccia tu Lupin o staremo qui tutta la notte.» Decise.
«Sì, sbrigatevi per favore!» Peter sussurrò dalla porta, preso dalla
paura.
Sirius ci riprovò un paio di volte prima di abbandonare e lasciarlo
fare a Remus.
«Mi devi far vedere esattamente come lo fai una volta tornati in un
territorio neutrale.» Disse.
Remus annuì, anche se non era sicuro di riuscirlo a spiegare.
L’aveva fatto soltanto perché pensava di riuscirci.
«Prossima stanza.» Annunciò James tirandoli verso l’entrata.
«Dobbiamo proprio?» Chiese Peter saltando da un piede all’altro,
«Non credete sia abbastanza?»
«Neanche per sogno!» Rispose Sirius ridendo e scuotendo la testa.
«Magari non abbiamo ancora trovato il letto di Piton. Dobbiamo
farlo su tutti i letti, sei con noi Pete?»
«Tutti quelli dei ragazzi.» Rispose James entrando nella stanza
successiva. «Non penso dovremmo andare nelle stanze delle
ragazze. Ricordate cos’è successo a Dirk Creswell la scorsa
settimana?»
Lavorarono velocemente e riuscirono a finire tutte le stanze, anche
l’ultima in cui dormivano tre ragazzi del sesto anno. Persino Sirius
aveva preferito non entrare, ma Remus era così su di giri che si era

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infilato il mantello ed era entrato da solo. Aveva addirittura messo
dei semi sui cuscini dei ragazzi che dormivano.
Quando ebbero finito si era fatto tardi e sempre più Serpeverde si
stavano dirigendo al piano di sopra. A malapena in grado di
contenere la loro gioia i quattro Grifondoro si erano nascosti sotto
il mantello e lentamente erano scesi dalle scale schiacciandosi al
muro ogni volta che qualcuno passava, poi avevano attraversato la
Sala Comune e infine il muro di entrata.
Seguendo le istruzioni James erano rimasti tutti in silenzio fino alla
torre dei Grifondoro, luogo in cui si tolsero il mantello.
«Widdershins!» Dissero tutti insieme alla grassa signora del ritratto
che si aprì per loro.
Era un piacere essere tornati nella calda, luminosa Sala Comune
Grifondoro e si buttarono tutti sul divano più vicino sorridendo
insensatamente gli uni agli altri. Frank Paciock li chiamò dalla sua
scrivania, dove stava sistemando degli appunti.
«Giusto in tempo ragazzi, siete stati da qualche parte di
interessante?»
Peter sembrò incerto ma James sventolò semplicemente la mano.
«In libreria, ovviamente.»
Frank scosse la testa, sorridendo. «Sono sicuro che lo scoprirò
presto.»
«Vorrei potessimo essere lì quando farà effetto!» Bisbigliò Sirius
una volta arrivati al proprio dormitorio, con gli occhi scintillanti.
«Vorrei ancora di più l’avessimo fatto anche alle mie cugine.»
«È solo l’inizio amico.» Rispose James dando uno schiaffetto sul
ginocchio dell’amico. «Detto fra noi, penso potremmo fare ancora
meglio la prossima volta. Eccellente prima missione, uomini!»
Peter piagnucolò.
«Prima missione?!»

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I Malandrini
Mercoledì 15 settembre 1971
La mattina dopo James e Sirius potevano a malapena contenere
l’entusiasmo e trascinarono i loro compagni giù a colazione prima
di tutti gli altri Grifondoro. Furono i primi studenti ad arrivare
nella Sala Grande, oltre ad alcuni Corvonero intenti a ripassare per
i loro esami con enormi tazze di caffè nero.
«Perfetto.» Disse Sirius guardando alle panche vuote. «Posti in
prima fila!»
«Scommetto che nessuno si presenterà per ore.» Grugnì Peter
ancora mezzo addormentato con la testa appoggiata sul palmo
della mano.
«Oh tirati su!» James versò a tutti delle grandi tazze di tè. «Non
vuoi vedere i frutti del nostro lavoro?»
«Non alle 6 del mattino.» Peter rispose bevendo rumorosamente il
suo tè.
Sirius fece una smorfia al fastidioso suono e spinse un piatto verso
di lui. «Mangia dei toast e smettila di lamentarti.»
Anche Remus prese dei toast e li divise in quattro. Sparse la
marmellata su una delle quattro parti, un altro tipo di marmellata
sulla seconda, burro sulla terza e crema di limone sull’ultima.
Ignorò lo sguardo divertito di Sirius. Remus non aveva mai avuto
una così ampia scelta ed era determinato ad assaggiare tutto ciò
che poteva.
Fortunatamente non dovettero aspettare molto prima che altri
studenti si presentassero a colazione. I primi Serpeverde
arrivarono non appena Remus finì il toast: tre ragazzi e una ragazza
del terzo anno. Camminarono verso il loro tavolo, ignari dei
quattro impazienti Grifondoro che li stavano guardando

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attentamente. Per un po’ di tempo sembrò che niente fosse
diverso. Sirius sbuffò deluso, ma poi il ragazzo più alto si mosse
leggermente sulla sedia grattandosi il braccio. Un altro sembrava
stesse cercando qualcosa nella tasca ma da dove stava seduto
Remus si vedeva chiaramente che si stava grattando la gamba in
modo furioso. Il terzo continuava a grattarsi con la bacchetta
dietro l’orecchio.
«Ha funzionato!» Sussurrò James, senza respiro per l’eccitazione.
Perfino Peter sembrava rallegrato.
Più ragazzi di Serpeverde entravano, più il problema sembrava
ovvio e esilarante. Alle 7 il tavolo dei Serpeverde era pieno di
ragazzi che si agitavano, si contorcevano e si grattavano e di
ragazze disgustate. Amycus Carrow, un robusto ragazzo del sesto
anno alla fine si tolse la sua toga, il maglione di scuola e perfino la
cravatta per grattarsi il torace, Remus poteva vedere quanto fosse
già rosso. Gli dispiacque quasi per loro. Successivamente entrò
Severus... qualunque cosa fosse stata, karma o pura fortuna,
sembrava che Severus avesse reagito particolarmente male ai semi
delle rose. Entrò con la testa piegata, i capelli a coprirlo, ma il naso
si vedeva ancora, ed era chiaramente rosso.
«Oh merlino!» Sirius ansimò, ridendo così tanto da diversi tenere
la pancia. «Ditemi che l’abbiamo preso in faccia!»
«Oi, Mocciosus!» James gridò improvvisamente, per attirare
l’attenzione del ragazzo.
Piton si girò, guardando verso l’alto; i suoi capelli si separarono. Il
lato sinistro del suo volto era coperto da una violenta eruzione
cutanea, dalle tempie fino al collo, che scompariva sotto
l’uniforme. Anche l’occhio sinistro era rosso, la palpebra gonfia e
irritata.
«Hai un bell’aspetto!» Canticchiò Sirius, e tutti e quattro i ragazzi
cominciarono a ridere mentre Piton usciva dalla sala.
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Finita la colazione tutto il castello si era animato di pettegolezzi su
cosa fosse successo ai ragazzi Serpeverde. Per Sirius e James
sembrava fosse arrivato natale in anticipo e perfino Peter si era
rallegrato considerevolmente, ricordando in continuazione che era
lui ad aver fatto da palo rendendo il tutto possibile.
«Ma è stata un’idea di Lupin.» Sirius rispose, colpendo Remus sulla
schiena scherzosamente. «Cosa facciamo per festeggiare?
Sparaschiocco? Un assalto alla cucina?»
Remus si scrollò Sirius di dosso, sorridendo cortesemente.
«Beh qualunque cosa facciate, la dovrete fare senza di me.» Rispose
«Ho una doppia punizione.»
«Da Lumacorno?»
«Sì e dalla McGranitt. E da Vitious, ma quella domani. E la
punizione di erbologia nel weekend.»
«Accidenti amico.» Si accigliò James «Cerchi di battere un record
o qualcosa del genere?»
Remus scosse le spalle. Veniva punito in continuazione a St
Edmund’s, come tutti i bambini d’altronde, le punizioni non lo
disturbavano. Ma le sparaschiocco sembravano davvero divertenti.
«Forse dovresti cominciare a fare i compiti?» Chiese Sirius
gentilmente.
Remus roteò gli occhi, alzandosi da tavola. «Andiamo.» Disse. «C’è
Difesa Contro le Arti Oscure, pensavo fosse la vostra materia
preferita.»

Più tardi quel giorno Remus si stava presentando alla punizione


con Lumacorno quando incontrò Lily Evans. Remus voleva
continuare a camminare ma lei sorrise e si fermò davanti a lui.
«Hey Remus.»
«Hey.»
«Vai nei sotterranei?»
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Lui annuì.
«Anche io, devo dire a Lumacorno che Severus non può venire in
punizione.»
«Oh, giusto.»
«Hai sentito cosa è successo ai Serpeverde?»
«Sì.»
Tutti avevano saputo, non si parlava d’altro, perfino durante le
lezioni. Fortunatamente nessuno aveva idea di chi fosse stato. Era
stata una buona idea attaccare la casa intera tutta insieme. Chi
poteva sapere chi fosse l’obbiettivo?
«Assurdo, no?» Continuò Lily. «Povero Sev, era allergico a
qualunque cosa abbiano usato. La signora Chips gli ha dato un
sonnifero in attesa che il gonfiore sparisca.»
Remus ridacchiò senza pensare. Lanciò un’occhiata a Lily che lo
stava guardando con uno sguardo di rimprovero. Scosse la testa.
«Senti, so che non è stato molto carino con te l’altro giorno a
Pozioni o sul treno. È un po’... snob, sai.»
Remus sbuffò.
«Volevo dire che mi dispiace.» Riprese Lily. «Dovrei tenergli testa
di più, non lasciare che la passi liscia. In realtà è molto gentile
quando lo conosci.»
«Se lo dici tu.» Remus smise di camminare. Erano arrivati all’ufficio
di Lumacorno. La porta era chiusa e si sentiva parlare a voce alta
all’interno.
«Horace, chiunque sia stato, deve essere stato un Serpeverde!» Era
la professoressa McGranitt. «Chi altro ha la parola d’ordine?»
«Minerva, perché un Serpeverde attaccherebbe la sua stessa casa?!»
Il maestro di Pozioni sembrava molto frustrato.
«Hai detto che solo i ragazzi sono stati colpiti. Magari sarà stata
una delle ragazze.»
«Davvero!»
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«Beh chi altro? Peeves? Non entra mai nelle Sale Comuni e
neanche nei sotterranei, è troppo spaventato dal Barone
Sanguinario.»
«Dovremmo mettere al bando i prodotti di Zonko.»
«A detta di Poppy non hanno usato un prodotto di Zonko. Erano
rose canine, prese dalla serra.»
Lupin venne scosso da un brivido di paura. Se sapevano così tanto
sarebbero potuti risalire al colpevole?
«Rose canine, eh? Davvero intelligente.» Lumacorno sembrava
colpito.
La McGranitt sospirò. «Adesso non vorrai accusare i Corvonero
spero?»
«Vorrei solo sapere chi è il responsabile!» Sospirò pesantemente.
«Alla fine la verità salterà fuori, suppongo sia più probabile sia stata
una delle ragazze Serpeverde piuttosto che...»
«Una banda di Malandrini sgattaiolati nei sotterranei con il favore
delle tenebre con intenti maliziosi?»
Remus poté sentire Lumacorno ridere. «Sì, esatto.»
«Ora, devo andare.» Disse la McGranitt raggiungendo la porta. «Mi
farai sapere se dovessi capire chi è stato?»
La porta si aprì improvvisamente. Remus e Lily fecero un passo
indietro con sguardo colpevole. La McGranitt guardò giù verso di
loro attraverso gli occhiali. «Cosa ci fanno due Grifondoro così
lontani dalla loro torre?»
«Professoressa io e Remus stavamo solo-»
«Ah!» Lumacorno interruppe la nervosa parlantina di Lily. «Lupin,
ragazzo mio, e signorina Evans! È venuta per porgermi le scuse di
Piton? Non c’è bisogno cara ragazza, nessun bisogno. Con tutto
ciò che è successo direi possiamo annullare la punizione dei
ragazzi.» Raggiunse la porta e fulminò Remus con uno sguardo

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severo. «Sempre che sia chiaro che non ci dovranno essere più risse
nella mia classe? O in qualunque altra se è per questo.»
«Sì, professore.» Remus annuì solennemente cercando di non
sembrare troppo contento.
Remus e Lily avevano quasi raggiunto la fine del corridoio, quando
improvvisamente la McGranitt li richiamò.
«Signor Lupin?»
Il cuore di Remus sprofondò. «Sì, professoressa McGranitt?»
«Questo non vuol dire che la sua punizione con me sia annullata.
Venga, cominceremo un po’ in anticipo.»

La McGranitt gli diede da ricopiare delle frasi, non male


considerato a cosa era abituato a St Edmund’s. Non gli dispiaceva
copiare, era rilassante. Farò i compiti assegnati. Forse avrebbe messo
da parte l’orgoglio e avrebbe copiato quelli di James la prossima
volta o quelli di Peter, per non destare sospetti. Sapeva che James
avrebbe chiesto perché Remus non leggeva mai il libro di testo e
se glielo avesse detto sapeva anche che James e Sirius avrebbero
provato a spiegarlo alla McGranitt, entrambi i ragazzi avevano una
cieca fiducia nei confronti dei professori di Hogwarts. Remus,
d’altro canto, non aveva mai conosciuto un adulto di cui si potesse
fidare. L’avrebbero rimandato a St Edmund’s in un baleno, a chi
sarebbe servito un mago analfabeta?
Una volta finita la punizione sgusciò attraverso il buco lasciato dal
dipinto sul muro e trovò i suoi tre compagni di stanza che lo
aspettavano. James e Peter erano impegnati in quella che sembrava
una serissima partita di scacchi.
Chiaramente i pezzi si muovono da soli. Remus pensò. Tutto in questo
cazzo di castello si muove da solo.

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Mentre Sirius stava ascoltando uno dei suoi dischi con delle
nuovissime cuffie, Remus moriva dalla voglia di ascoltare qualcosa
ma non aveva ancora trovato il coraggio di chiederlo.
Si sedette silenziosamente vicino a Sirius. Il ragazzo dai lunghi
capelli si tolse le cuffie.
«Hai fatto presto!»
«Ho dovuto farne solo una alla fine.» Spiegò Remus. «Lumacorno
mi ha lasciato andare, era troppo impegnato a scervellarsi sulla
storia della polvere pruriginosa.»
Sirius sghignazzò ampiamente appoggiandosi indietro sul divano
con le braccia incrociate.
«Questo scherzo continua a dare soddisfazioni.»
«Piton è allergico e tutto il resto.» Remus sorrise. «La rossa ha detto
che è stato in infermeria tutto il giorno.»
Sirius rise ancora più forte. I suoi occhi brillavano quando rideva,
Remus non aveva mai visto nessuno esprimere tanta gioia. Ti
faceva venir voglia di dargli un pugno e di essere suo amico allo
stesso tempo.
«Quale rossa?» James alzò lo sguardo improvvisamente.
«SCACCO MATTO AMICO.» Disse Peter.
«Sai, quella fastidiosa. Evans.»
«Io non penso sia fastidiosa.»
«Okay.» Remus scosse le spalle.
«Non parliamo di ragazze.» Sirius roteò gli occhi al cielo. «Questo
potrebbe essere il giorno più importante delle nostre vite, il giorno
in cui diventiamo delle leggende. Il giorno in cui la nostra amicizia
viene forgiata nel fuoco della polvere orticante!»
«Non sanno che siamo stati noi vero?» Chiese Peter nervosamente,
rimettendo a posto il suo set di scacchi. Remus scosse la testa.
«Lumacorno pensa sia stata una ragazza Serpeverde. O una banda
di Malandrini.»
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«Malandrini!» Sirius si alzò in piedi, improvvisamente. «Trovato! In
alto i calici!»
«Non abbiamo dei calici.» Rispose James divertito.
«Beh, fate finta.» Sirius scosse la testa irritato. «Da oggi in poi
saremo i Malandrini!»
Lo disse con fare così drammatico che l’annuncio poté essere
accolto solo da un silenzio sbalordito.
James stava sorridendo, Peter lanciava occhiate nella sua direzione
non capendo cosa stesse succedendo. Remus scoppiò a ridere.
«Che razza di nome pomposo sarebbe per una banda?!»

59
Segreti
Martedì 5 ottobre 1971
La successiva luna piena passò più o meno come la prima. Questa
volta il lupo era stato particolarmente irrequieto, infatti Remus si
svegliò con ancora più ferite delle altre volte.
«Guariscono velocemente con un po’ di disinfettante.» Disse a
Madama Chips che si agitava nella fredda luce del mattino.
«E ancora più velocemente con un po’ di magia.» Sorrise,
muovendo leggiadramente la bacchetta. I tagli si chiusero quasi
immediatamente, Remus fissò stupito.
«Può liberarsi anche delle cicatrici?» Chiese impazientemente.
Lei scosse la testa, tristemente. «No Remus, con queste non si può
fare. Mi dispiace.»
«Ah va bene.» Sospirò, vestendosi per scuola.
Questa volta si era portato il cambio e lo aveva lasciato nel tunnel
subito fuori la rimessa per evitare di dover tornare alla torre a
cambiarsi. Avrebbe incontrato i ragazzi alla prima ora, lasciando
che si chiedessero dove fosse stato.
«Non devi andare a scuola oggi.» Stava dicendo Madama Chips.
«Non se sei troppo stanco, ti posso scrivere una giustificazione.»
«Voglio andare.» Rispose. «Non sto così male, davvero.»
L’infermiera lo fissò con occhi seri. «Non va così male, per adesso.
Ho paura che le trasformazioni possano peggiorare man mano che
cresci.»
«Si è presa cura di altri bambini come me, quindi?» Voleva
chiederlo da secoli, ma non era sicuro di come fare.
«No caro, tu sei il primo studente ad Hogwarts che conosco che
sia stato...»
«Morso?»

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«Che sia stato morso.» Accettò grata. «Ma ti prometto che so cosa
sto facendo. Ho letto abbondantemente sull’argomento.»
«Intende che ci sono dei libri? Su persone come me?»
«Beh, sì.» Sembrò sorpresa. Si sedette sul letto mentre Remus
finiva di vestirsi. «Potrei prestartene qualcuno, lo vorresti?»
Ci pensò, poi scosse la testa.

C’era Trasfigurazione alla prima ora, ma la McGranitt non lo


mandò in punizione per non aver fatto i compiti sta volta, aveva
ovviamente deciso di essere più tollerante nei giorni intorno alla
luna piena. Gli fece promettere di consegnarli la volta successiva,
e lui acconsentì, sperando di sembrare sincero.
James, Sirius e Peter passarono metà della lezione a cercare di
attirare la sua attenzione ma lui li ignorò fermamente fino a quando
la McGranitt non minacciò di separarli tutti e quattro.
Camminando per il corridoio verso Incantesimi, Remus sapeva di
non avere scampo. Erano 5 minuti buoni di camminata.
«Quindi? Dove sei stato?» Sbottò Sirius camminando alla sua
sinistra.
«Da nessuna parte.» Rispose cercando di aumentare il passo.
«Oh, andiamo.» Lo supplicò James, affiancandolo sul lato destro.
«Diccelo! È lo stesso posto in cui sei stato il mese scorso?»
«Può essere.»
«Eri di nuovo in punizione?» Chiese Peter, facendo fatica a tenere
il passo.
Remus si maledisse per non averci pensato, sarebbe stata una scusa
perfetta.
«No.»
«E allora dove-»
«Guarda dove cammini, mezzosangue.»

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Remus era stato troppo impegnato a evitare le domande per
guardare dove stesse andando ed era finito addosso a Piton, che
arrivava da dietro l’angolo. Già teso, Remus drizzò le spalle
cercando di superarlo.
«Stai attento, Mocciosus.»
Piton non si mosse, anzi lo spinse e Mulciber apparì alla sua sinistra
incombendo minacciosamente sul ragazzo più piccolo.
«So che siete stati voi a entrare nei nostri dormitori l’altra sera.»
Soffiò. «Tutti voi.»
«Ah si? Provalo.» James sogghignò incrociando le braccia.
Le labbra di Piton si incurvarono. «Non posso ancora, ma lo farò.
E mi vendicherò, lo giuro.»
«Stiamo tremando dalla paura.» Rispose Sirius appoggiandosi al
muro come fosse annoiato. «Ora ti potresti gentilmente toglierti di
mezzo?»
«È stata una tua idea, vero Black?» Biascicò Piton. «O è stata tua,
Potter? Deve essere stato uno di voi due, Minus non ne ha le palle
e Lupin chiaramente non ne ha il cervello...»
Remus strinse i pugni. Poteva vedere la mano di Piton sulla sua
bacchetta, Severus conosceva probabilmente ogni sorta di
maledizione e sortilegio. James ne aveva insegnati a Remus uno o
due ma era troppo arrabbiato per ricordarseli.
«Muovetevi, signori.» Una voce tagliente risuonò improvvisamente
nel corridoio. Era il professor Vitious, uscito dalla classe per
controllare cosa stesse succedendo. «Severus, stai impedendo il
passaggio, e voi quattro dovreste essere in classe, andate.»
Remus si sentì accaldato e agitato per tutta la lezione di
Incantesimi, che di solito era la sua preferita. Faceva affidamento
più sulla pratica con la bacchetta che sulla scrittura o la lettura e
spesso gli riusciva meglio che a James e a Sirius.

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Trovando difficile calmarsi, continuò a sparare cuscini per la
stanza come missili piuttosto che guidarli attentamente attraverso
i cerchi che Vitious aveva appeso al soffitto. Si stavano esercitando
sugli incantesimi di levitazione da un paio di settimane ormai, e
Peter era l’unico ad avere ancora difficoltà. Secondo l’opinione di
Remus, mancava di immaginazione. James e Sirius erano
perfettamente sicuri di loro stessi; Remus scoprì che la sicurezza
era tutto ciò che serviva per la maggior parte degli incantesimi più
semplici. Remus stesso pensava sempre di poter portare a termine
qualsiasi compito a patto fosse abbastanza semplice. Peter,
dall’altro lato, si preoccupava per tutto. Leggeva e rileggeva i libri
di testo, provando a copiare complicati diagrammi piuttosto che
cercare semplicemente di copiare ciò che gli aveva mostrato
Vitious.
«Mi aspetto siate tutti in grado di far levitare questo libro per la
fine della settimana.» Disse Vitious alla fine della lezione. Il libro
era enorme, quasi la metà del piccolo professore, e sembrava che
anche un uomo adulto avrebbe avuto dei problemi a portarlo in
giro. «Quindi venite preparati per un veloce test delle vostre
abilità.»
Peter sbuffò mettendo a posto le sue cose per lasciare la classe.
Remus riuscì a calmarsi per l’ora di pranzo, ma ebbe ancora
problemi a controllare la magia per il resto del pomeriggio e fu
grato avessero solo Erbologia e Storia della Magia rimaste da fare.
Si chiese se forse il suo temperamento era sempre stato irascibile,
o se fosse colpa della luna piena. Aveva sempre molta energia dopo
le trasformazioni, anche prima di Storia della Magia. La bacchetta
gli fremeva nella mano come se fosse percorsa da una scarica di
elettricità elettrostatica. Provò un veloce “Lumus” dopo essersi
nascosto in un bagno e si bruciò quasi le retine.

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Forse il libro che Madama Chips aveva menzionato lo avrebbe
aiutato a capire, ma non lo avrebbe mai saputo. Potevano esserci
altri libri in biblioteca, ma non aveva controllato. Conosceva la
parola e poteva scriverla se si concentrava abbastanza ma non
osava. Remus viveva nella paura che se lo avesse scritto o detto ad
alta voce, allora in qualche modo tutti avrebbero scoperto il suo
segreto ed era meglio tenere roba di questo tipo nella sua testa.

Giovedì 7 ottobre 1971


Era particolarmente importante mantenere i suoi segreti adesso,
perché Remus era costantemente osservato. Dalla McGranitt, che
ancora sollevava un sopracciglio ogni volta che lo vedeva non
prendere appunti, da Madama Chips, che provava sempre a
convincerlo a passare per l’infermiera per un veloce check up, e da
Piton, che era ancora furioso per non aver capito come fosse
capitato l’incidente della polvere orticante. Remus sarebbe stato in
grado di gestire tutte queste interferenze, se non fosse stato per
una quarta persona.
Questo osservatore era molto più discreto, molto meno diretto
nella sua sorveglianza, ma ciò nonostante piuttosto evidente.
Sirius.
All’inizio Remus aveva pensato il ragazzo fosse solo un
impiccione, un’altra caratteristica che condivideva con James.
Dovevamo sapere tutto di tutti. Continuavano a dire a Peter e a
Remus gli affari di tutti; il padre di quello era stato retrocesso al
Ministero e per questo il figlio aveva un complesso di inferiorità,
la zia di Miranda Thrup era stata indagata per uso illecito di una
pozione d’amore e adesso nessuno andava a prendere un tè a casa
dei Thrup, il professor Lumacorno ne sapeva più delle arti oscure

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di quanto dava a vedere e il suo club era famoso per l’influenza sui
maghi oscuri.
Certamente, nessuno dei due sapeva niente di Remus, e all’inizio
pensò che fosse per questo che Sirius lo teneva d’occhio. Ma non
faceva mai domande dirette, e se era curioso riguardo la famiglia
di Lupin e la sua infanzia allora era un interesse privato che non
condivideva con James. James raramente guardava altre persone,
preferiva che gli altri guardassero lui.
Nessun altro sembrò notarlo, fortunatamente. Sirius era furtivo.
Soltanto occasionalmente Remus riusciva a beccarlo mentre lo
fissava con quei suoi profondi occhi blu. Non si vergognava
abbastanza nemmeno per abbassare lo sguardo, semplicemente lo
addolciva con un sorriso amichevole che Remus era costretto a
ricambiare.
Quel giovedì stavano finendo i loro compiti nella Sala Comune,
beh... James stava finendo i compiti di Remus, dopo aver finito i
suoi. Si era offerto di farlo se Remus gli avesse insegnato
l’incantesimo Obfuscate e, mettendo da parte l’orgoglio, Remus
aveva accettato. Non voleva un’altra punizione dalla McGranitt, e
James era bravo a imitare la scrittura degli altri. Sirius stava finendo
il suo saggio, aveva già scritto tredici righe in più sull’uso delle
mosche crisopa nelle pozioni di trasformazione, più dei
diagrammi. C’erano libri sparsi per tutta la scrivania di cui si erano
appropriati, insieme a calamai e pergamene arrotolate. Peter stava
cercando di far levitare una mela e farla cadere in un secchio della
spazzatura distante qualche metro. Fin adesso era riuscito a
sollevarla ma senza riuscire a tenerla in aria per molto.
Esausto Peter si passò una mano tra i capelli e controllò di nuovo
il libro.
«C’è la farai Pete, non preoccuparti.» Mormorò James senza alzare
gli occhi dal compito di Remus. «Continua.»
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«Ci sto provando.» Piagnucolò Peter. «Sono sicuro stia sbagliando
il movimento... il libro dice di fare un movimento morbido e
serpentino, ma non sono sicuro...» Mosse la bacchetta per aria.
Remus fece un verso di disapprovazione.
«Non è così.» Disse diretto. «È come una S ripiegata su se stessa.
Guarda.» Fece l’incantesimo senza nessuno sforzo, sollevando la
mela e trasportandola dentro al cestino.
«A forma di S, sei sicuro?» Peter aggrottò la fronte. Sollevò la sua
bacchetta e la puntò ad una pallina di carta sul tavolo. «Wingardium
Leviosa.» Intonò, muovendo la bacchetta come Lupin aveva fatto.
Il foglio si alzò in volo tremando, volò verso il cestino e,
rimbalzando sui bordi prima di entrare, cadde vicino alla mela.
Peter lo fissò con occhi sorpresi.
«Ce l’ho fatta!» Ansimò. «Una forma di S, perché non era scritto
così sul libro?»
«Ben fatto, Pete.» Disse James guardando su e sorridendo. Si tolse
gli occhiali e si strofinò gli occhi. «Dovresti fare l’insegnante
Remus.»
Lupin sbuffò, distogliendo lo sguardo imbarazzato. James
continuò.
«Ho quasi finito, devo solo controllare una cosa. Puoi passarmi
Teoria Magica? Il libro di Waffling?»
Remus sentì un brivido attraversargli la schiena. Cercando di non
abbandonarsi al panico, guardò verso la pila di libri che James stava
indicando. Uno di quelli era sicuramente quello di pozioni, aveva
un calderone sulla copertina, ma gli altri non ne aveva idea. Le
lettere oro e argentate dei titoli dei libri sembravano scambiarsi e
rimescolarsi davanti ai suoi occhi. Era meglio prenderne uno a
caso, anche fosse quello sbagliato? Guardò di nuovo
disperatamente verso James che stava rileggendo quello che aveva
scritto, Peter era troppo impegnato a far levitare altre palline di
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carta per notare l’agitazione di Remus. Guardò giù di nuovo,
mordendosi il labbro. Sirius si schiarì la voce silenziosamente e si
chinò sul tavolo. Silenziosamente indicò con il dito un libro, senza
guardare Remus. Era un grande libro nero rilegato in pelle che
Remus riconosceva vagamente.
Con gratitudine, lo afferrò e lo passò a James.
«Grazie amico.» James disse assente, tornando al suo lavoro.
Sirius continuò come se non fosse successo niente. Remus si sentì
le guance andare a fuoco.

67
Cicatrici
Venerdì 15 ottobre 1971
Remus passò i giorni successivi ad evitare Sirius, o almeno a evitare
di restare solo con lui. Non era facile, i ragazzi stavano insieme
sempre, soprattutto durante i weekend.
Riuscirono a passare la lezione di incantesimi senza tanti problemi,
perfino Peter. Vitious fu entusiasta di vedere che tutta la classe era
riuscita a padroneggiare la levitazione così presto che li lasciò
andare a pranzo prima del solito.
La settimana dopo, durante la lezione di volo, Sirius fu impossibile
da evitare. Se Remus non avesse odiato Storia della Magia così
tanto, Volo sarebbe stata la sua ultima materia preferita. Dopo
venti minuti di lezione con Madama Bumb, Remus si rese conto
che soffriva di vertigini e il resto della classe provò pena per lui.
James era il migliore della classe, ovviamente. Perfino gli altri
Malandrini lo trovavano insopportabile mentre volteggiava sopra
il campo da Quidditch facendo giravolte e finte come fosse nato
su un manico di scopa. Anche Sirius era fenomenale e la maggior
parte degli altri ragazzi erano cresciuti su manici di scopa, persino
Peter. Aveva piovuto la notte prima, il che aveva reso il terreno
fangoso e morbido. Si tolsero le loro solite scarpe con i lacci e
indossarono degli spessi stivali e dei mantelli scarlatti prima di
andare sul campo. Presero le loro scope e aspettarono istruzioni.
Le scope erano fornite dalla scuola; i ragazzi del primo anno non
avevano il permesso di portare le proprie ma James non perdeva
occasione per dire a tutti che a casa aveva l’ultimo modello.
«Bene, salite sulle scope per favore signori e signore.» Tuonò
Madama Bumb. «C’è un bel vento forte oggi, quindi voglio che
facciate attenzione. Potter, niente esibizionismi!»

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Remus salì sulla sua scopa, inghiottendo rumorosamente. Se fosse
riuscito a non vomitare l’avrebbe considerata una vittoria.
«Vorrei faceste cinque giri di campo e poi voglio vedere un
bell’atterraggio da parte di ognuno di voi. State attenti al fango e
usate il vento a vostro favore se è possibile. Cinque punti a chi
arriva per primo.» E senza nessun avvertimento la professoressa
dai capelli argentati fischiò nel suo fischietto.
Remus e Lily, gli unici due figli di babbani nella classe, si alzarono
da terra per ultimi. Una volta che la ragazza dai capelli rossi fu in
aria, in ogni caso, si alzò in volo e avanzò facilmente.
«Un po’ più in alto Lupin, andiamo!» Gridò la Bumb da sotto,
attraverso il suo enorme megafono.
Voleva ignorarla ma non c’era scampo, almeno al St Edmund’s
quando c’era la corsa campestre potevi nasconderti dietro l’angolo
e bighellonare in città per il resto del pomeriggio.
Si spinse più in alto, cercando di guardare avanti e non in basso, e
cercando di ignorare lo spazio vuoto tra lui e il suolo. Poteva
vedere i chiari capelli di Lily svolazzare proprio davanti a lui, e
quelli biondi di Peter da qualche parte in mezzo al gruppo.
Nonostante non potesse vedere così lontano sapeva che James e
Sirius dovevano essere testa a testa. Remus procedette, non
osando andare più veloce. Non gli importava di arrivare primo ma
di riuscire a non rompersi l’osso del collo. Girando l’angolo alla
fine del campo, il vento lo colpì direttamente e cercò di non
rallentare troppo proseguendo in avanti. Era così freddo, il cielo
grigio gli sbatteva in faccia.
Il secondo giro fu brutto come il primo. Al terzo, notò che James
aveva preso a fare il giro delle torri attraversando gli spalti vuoti,
nonostante gli avvertimenti di Madama Bumb. Al quarto giro,
Remus ebbe compagnia.
«Ti diverti?» Sorrise Sirius affiancandolo.
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Sembrava così a suo agio, come se potesse alzare le mani e
mettersele dietro la testa, mettersi a testa in giù e volare all’indietro
senza alcun problema.
«Cosa stai facendo?» Si accigliò Remus, cercando di ignorarlo.
«Cerchi di perdere?»
«Vincerà James.» Sirius scosse le spalle. «A questo punto lascio che
si goda il suo momento. Ho pensato di venirti a fare compagnia.»
«Perché?!» Remus rispose digrignando i denti.
«Pensavo ti avrebbe fatto piacere stare in compagnia.» Remus non
ebbe bisogno di guardarlo per sapere che Sirius aveva quel suo
solito ghigno. «In più stiamo per atterrare, so quanto odi questa
parte.»
«Levati dalle palle.»
«No.»
«Ti avverto, Black...»
«Non puoi picchiarmi quassù, Lupin, a meno che tu non voglia
lasciare andare la scopa.»
«Dio, sei davvero fastidioso.»
«Sì.» Sirius volò davanti a lui, e poi intorno creando un’orbita
perfetta.
«Levati di mezzo.» Remus cercò di schivarlo, oscillando
pericolosamente.
«È ora di atterrare... ricordati di spingere le gambe in avanti e il
corpo all’indietro... poi piega le ginocchia prima di tocc- oh!»
Remus aveva afferrato la coda della scopa di Sirius e aveva
strattonato forte. Ridendo, Sirius si risistemò in sella, volò di
nuovo verso il fianco di Remus e gli diede una bella spinta. Remus
traballò, ma si resse forte, mentre procedeva con la discesa. La
seconda volta andò meglio, buttò il peso all’indietro e poi si girò
velocemente, cercando di dare un’altra spinta a Sirius.

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«Levati!» Urlò, prendendo velocità. «Puoi arrivare ultimo, per una
volta!»
«Non ci provare nemmeno!»
Questa volta fu il turno di Sirius di acciuffare Remus per la scopa
e trattenerlo, ridendo. Probabilmente stavano esagerando, visto
che erano entrambi molto vicini al suolo. Stavano ancora facendo
la lotta, quando le scope schizzarono via da sotto di loro e i due
ragazzi caddero a terra. Atterrarono di peso, dritti in una
pozzanghera, ruzzolando in avanti e infradiciando le divise.
«Black! Lupin!» Madama Bumb si avventò verso i due ragazzi stesi
nel fango.
Gli altri Grifondoro si sparpagliarono intorno a loro, ridendo e
indicandoli. Sirius si alzò con tutta la grazia della sua nobiltà e tirò
su Lupin afferrandogli la mano. Guardarono entrambi verso
l’insegnante sbattendo via l’acqua dalle ciglia.
«Cosa avevo detto sul fango?» Madama Bumb alzò un sopracciglio.
Era solita trovare sempre il lato comico delle situazioni. «Un punto
in meno per entrambi. È meglio che vi andiate a cambiare e a
ripulire. Andate.»
Si trascinarono entrambi verso gli spogliatoi, trasportando i loro
mantelli pesanti e bagnati.
«Maledetta ridicola divisa.» Brontolò Remus entrando nell’edificio
di pietra. «Come faremo ad asciugarla?»
«Ci penseranno gli elfi domestici.» Rispose Sirius togliendosela di
dosso e appallottolandola in un angolo.
Remus non si preoccupò di chiedere cosa diavolo fosse un elfo
domestico. Si tolse il mantello e calciò via i suoi stivali di gomma,
dopo entrò nel cubicolo della doccia per finire di spogliarsi.
C’erano già degli asciugamani puliti appesi fuori, e l’acqua era
deliziosamente calda. Si sporse verso il getto lasciando che l’acqua

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gli scaldasse il sangue, guardando il fango e pezzi di erba scivolare
via nello scarico.
Almeno avrebbe scampato i 40 minuti restanti di lezione. Strofinò
forte con le mani fra i capelli. Senza il taglio di capelli mensile della
Direttrice stavano diventando lunghi e morbidi, scompigliati come
quelli di James. Adesso poteva finalmente vederne il colore, ma ne
rimase deluso, sembrava un banale castano chiaro.
Remus finì di lavarsi prima di Sirius e uscì dal cubicolo, cercando
la sua uniforme velocemente. Era mezzo vestito quando Sirius
riemerse; i suoi capelli erano tirati indietro, bagnati e scintillanti
come fossero oliati. Era già completamente vestito e sembrava
incredibilmente tranquillo e adulto, pensò Remus dopo essersi
accorto di aver saltato un bottone della camicia ricominciando da
capo.
«Cos’è quella?!» Disse Sirius improvvisamente.
Remus guardò su e poi di nuovo in basso. Sirius stava indicando
una lunga striscia argentata che si estendeva dalla clavicola
diagonalmente verso il suo capezzolo destro. Armeggiò con i
bottoni, cercando di chiudersi la camicia velocemente.
«Una cicatrice.» Biascicò. Non aveva senso aggiungere nient’altro
ormai. Non le notava quasi più. Erano semplicemente lì, parte di
lui, come le lentiggini o la leggera peluria che aveva sulle braccia.
«Ti... ti è successo a casa? Lì dove vivevi?»
C’era qualcosa di insolito nella voce di Sirius. Remus si accorse di
non poter parlare, quindi annuì semplicemente. Sirius annuì a sua
volta.
«Anche io ho delle cicatrici.» Disse, così velocemente che Remus
pensò di aver capito male all’inizio.
Sirius si chinò, tirò su la gamba dei pantaloni, girando la caviglia
per mostrare a Remus il segno.

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Le sue cicatrici non erano come quelle di Remus, che erano grandi
e frastagliate, piene di rabbia. Le strisce sul retro della gamba di
Sirius erano sottili e dritte; uniformi nella loro crudeltà.
Remus le fissò per qualche secondo, prima che Sirius lasciasse
cadere la stoffa dei pantaloni per coprirle di nuovo. Si fissarono
per un minuto. Remus sentiva caldo, gli occhi di Sirius erano freddi
e calmi.
Spezzarono il silenzio.
«Andiamo a guardare James che si rende ridicolo?» Chiese Sirius.
Remus annuì di nuovo ed entrambi uscirono. Presero posto sulle
panche di legno e guardarono il resto della classe volare avanti e
indietro per il campo. Lily, nonostante mancasse della tecnica di
James, gli stava dando del filo da torcere sulla velocità, battendolo
due giri su tre.
«Remus?» Disse Sirius improvvisamente, mentre i loro compagni
iniziavano l’ultimo giro.
«Sì?»
«Non sai leggere vero?»
Remus sospirò. Aveva abbastanza segreti da mantenere e Sirius ne
aveva appena condiviso uno con lui.
«No.»
«Non lo dirò a nessuno.»
«Grazie.»
E di nuovo quel sorriso alla Sirius Black.

73
Storia
Sabato 23 ottobre 1971
«Non te lo hanno mai insegnato?»
Remus scrollò le spalle, stanco e frustrato. Era passata una
settimana dalla lezione di Volo e Sirius lo aveva beccato da solo di
nuovo. Era seduto felicemente sul suo letto, sfogliando le riviste
di Quidditch di James; gli piacevano le foto che si muovono, anche
se non aveva ancora capito come funzionassero, erano la cosa più
simile ad una televisione ad Hogwarts.
«Mi hanno insegnato.» Rispose girando la pagina e sperando che a
Sirius sarebbe così arrivato il messaggio e sarebbe andato via.
Non lo fece. Remus chiuse la rivista.
«Mi hanno insegnato.» Ripeté. «Semplicemente non ho imparato
come si deve. Quando guardo le parole, non penso di vedere
quello che vedono tutti gli altri. Non hanno senso; le lettere
continuano a saltare qua e là e a cambiare. Le maestre dicevano ero
solo scemo.»
Nessuno aveva mai fatto un dramma dei suoi problemi a scuola al
St Edmund’s. Avevano a malapena i compiti, considerando che
nessuno li faceva. Molti ragazzi avevano dei problemi; non
potevano o non volevano imparare. Non che nessuno si aspettasse
un granché.
«E come hai fatto?» Sirius si comportava come un cane con l’osso.
«Che cosa?!»
«Beh... tutto! Tutti i compiti, qui, ad Hogwarts.»
Remus lo guardò come fosse lui lo stupido.
«Sirius non li ho fatti. In caso non avessi notato, sono in punizione
tutte le sere.»

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«Beh sì, ovviamente.» Sirius agitò la mano. «Ma l’altro giorno a
Pozioni ti ho visto, non prendevi alcun appunto, non hai
nemmeno guardato il libro o la lavagna, e hai comunque preparato
il rimedio per i foruncoli perfettamente. Lumacorno ti ha dato
cinque punti!»
Remus arrossì al ricordo. Non era abituato ad essere premiato dagli
insegnanti.
«Oh, quello è stato facile.» Scosse la testa. «Lumacorno ci aveva
detto come farlo la lezione precedente, l’ho solo ricordato.»
«Cazzo, devi avere una memoria straordinaria, allora.»
Remus scosse le spalle. In effetti supponeva fosse vero. Le sue
maestre al St Edmund’s avevano sottolineato più volte che sapeva
un assurdo numero di parole per qualcuno così ottuso.
Sirius adesso fissava il vuoto chiaramente preso dai pensieri,
Remus poteva quasi vedere gli ingranaggi muoversi dentro il suo
cervello.
Qualche volta Sirius sembrava un libro chiuso. A volte era così
facile leggerlo che era quasi divertente.
«Se potessi leggere saresti bravo come me e James. Migliore,
probabilmente.»
Remus sbuffò. «Sei così modesto, Black.»
«Beh, lo saresti!» Sirius non afferrò affatto il sarcasmo, pensieroso.
«I tuoi movimenti della bacchetta sono molto più naturali, e se la
tua memoria è buona come dici...» Si rosicchiò le labbra.
«Scommetto che esiste un incantesimo per una cosa del genere.»
Remus rise. «Mi curerai con un incantesimo?»
«Perché no?»
Remus ci aveva già pensato, ovviamente, ma conosceva le
limitazioni della magia meglio di chiunque altro. Dopotutto aveva
delle cicatrici che non potevano essere guarite e un incubo mensile
che non poteva prevenire.
75
«La magia non può fare queste cose.» Rispose seccamente. «Sennò
perché James porterebbe gli occhiali?»
«Penso ci siano incantesimi per la vista.» Disse Sirius. «Magari non
valgono lo sforzo. Forse sono troppo pericolosi, o complicati o
qualcosa del genere.»
«Non è solo la lettura.» Replicò Remus. «Anche la mia scrittura fa
schifo; sono troppo lento e viene fuori un casino.»
«Ci sono sicuramente degli incantesimi per quello.» Disse Sirius
con fiducia. «Puoi stregare la penna... ho visto mio padre farlo per
i documenti ufficiali. La sua scrittura è illeggibile normalmente.»
Remus era in difficoltà. Chiaramente Sirius non si sarebbe perso
d’animo. Si morse il labbro.
«Perché sei così interessato alla cosa, in ogni caso?»
«Sei un mio compagno Malandrino! Non puoi essere in punizione
tutti i giorni. Se i Serpeverde si vendicassero? Ci serve la tua mente
malvagia per gli scherzi.» I suoi occhi brillarono. «A proposito,
suppongo tu non abbia fatto ancora i tuoi compiti di Storia?»
«No.»
«Okay, allora incominciamo.» Sirius saltò giù dal letto e iniziò a
frugare nel suo baule.
«No. Non farai i miei compiti al mio posto.» Remus si alzò
protestando e incrociando le braccia.
«Col cazzo che te li faccio.» Rispose Sirius, sollevando un libro
pesante. Era Storia della Magia; Remus lo riconobbe per la forma e
la grandezza. «Vorrei solo rinfrescarmi la memoria, ecco tutto.
Quindi, me ne starò qui e leggerò ad alta voce perché mi aiuta a
studiare, e se dovessi riuscire ad assorbire qualche informazione in
quell’enorme cervello, io non posso farci niente.»
Remus sbuffò. «Non hai qualcosa di meglio da fare? Dov’è James
in ogni caso?»

76
«Sta guardando gli allenamenti della squadra di Quidditch dei
Grifondoro.» Sirius si accomodò sul suo letto, aprendo il libro.
«Pensa di entrare nella squadra il prossimo anno, quindi sta
cercando di imparare qualche dritta. Ovviamente Peter è con lui.
Ora, stai in silenzio per favore. Sto cercando di studiare.» Si schiarì
la voce. «Storia della magia, scritto da Bathilda Bagshot. Capitolo uno,
Antico Egitto; i rituali di Imhotep...»
E continuò, ancora e ancora. Remus rimase in piedi per un po’,
cercando di decidere se uscire dalla stanza sbattendo la porta o no,
ma capí che non era veramente arrabbiato. Era difficile essere
arrabbiati con Sirius, non importava quanto fosse irritante. Quindi
Remus si sedette, e ascoltò. Scoprì che la storia non era così noiosa
dopo tutto, non quando capivi i fondamenti, in più Sirius era più
vivace del professor Rüf.
La sua voce era chiara e ferma, non inciampava mai sulle parole o
le frasi più complicate, come se avesse letto il libro un milione di
volte. Remus una volta lo aveva sentito dire a James che parlava
fluentemente Greco e Latino, evidentemente ne andava l’orgoglio
della famiglia Black.
Andò avanti, capitolo dopo capitolo, dagli scabrosi incantesimi
Egizi per la resurrezione ai criptici oracoli Greci, alle magiche
sacerdotesse della Mesopotamia. Il mondo antico si schiuse nella
mente di Remus e si ritrovò steso sul letto con le mani dietro la
testa a farsi trasportare nel tempo dalla voce di Sirius.
Alla fine, la voce del ragazzo diventò roca. Il pomeriggio si era
concluso e la Sala Comune era immersa nella luce dorata del
tramonto. A metà del capitolo cinque: Tiberio e l’avanzata delle tecniche
magiche in battaglia, Sirius si lasciò sfuggire un colpo di tosse e mise
giù il libro.
«Non penso di poter studiare ancora, oggi.» Gracchiò.
Gli occhi di Remus si aprirono e si sedette improvvisamente.
77
«Va bene.» Disse, piano. «È ora di cena. Andiamo, sto morendo di
fame.»
Si alzarono, stiracchiandosi e dirigendosi giù per le scale.
Peter e James li stavano già aspettando al loro solito posto al tavolo
dei Grifondoro.
«Com’è andato l’allenamento?» Chiese Sirius, dopo aver bevuto un
intero calice di succo di zucca.
«Benissimo.» James rispose allegramente, spingendo una salsiccia
alla fine della forchetta per prendere delle patate. «Perché non sei
venuto?»
«Compiti.» Rispose Sirius versando la salsa sul purè di patate.
Finita la cena James li intrattenne con una telecronaca minuto per
minuto dell’allenamento di Quidditch, facendo la lista di ogni
giocatore, delle forze e delle debolezze, delle tecniche e di come
potevano migliorare. Peter interrompeva a volte con delle sue
opinioni, che difficilmente differivano da quelle di James.
Come dessert c’era il pudding, che non piaceva né a James né a
Sirius. Remus pensava fossero matti e lo prese come prova del loro
snobismo. Avrebbe mangiato anche i loro, ma Peter era arrivato
per primo, facendosi una scorpacciata.
«Ho dei dolcetti.» Offrì il ragazzo più piccolo cercando nelle tasche
e tirandone fuori un sacchetto marrone. «Me li ha mandati
mamma, servitevi pure!»
«Grazie Pete!» Presero a rovistare tra gelatine tutti gusti più uno e
rane di cioccolato felicemente.
Remus ne mangiò qualcuna insieme agli altri.
«Che compiti stavi facendo?» Chiese James grattandosi il mento,
distrattamente. «Pensavo avessimo finito tutto per questa
settimana.»
«Sì, beh... ero indietro in Storia. Ho dovuto ricontrollare alcune
cose.» Anche Sirius iniziò a grattarsi, ma lui vicino alla clavicola.
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A guardarli Remus si sentì un prurito. Il dorso della mano
pizzicava come se un piccolo animale ci stesse camminando. Pensò
improvvisamente alla polvere orticante e guardò giù.
Quasi si mise ad urlare. Sul dorso della mano gli stavano crescendo
degli spessi peli neri ad una velocità allarmante. Si stava
trasformando! La luna piena non era vicina, come poteva essere
possibile? Si alzò così velocemente che cadette quasi indietro.
Doveva uscire velocemente.
«Che succede, Lupin?» James lo fissò, sorpreso.
Remus guardò verso di lui e poi verso Sirius. I peli stavano
crescendo anche a loro: dei lunghi ricci spuntavano dalle loro
facce, dalle loro mani, e dalle braccia.
Sussultò senza parole. Passò la lingua sui denti, non si stavano
allungando.
«Oh cazzo...» Disse James guardando giù alle sue braccia e verso
gli altri due ragazzi. «Che succede?!»
«Peter.» Urlò Sirius con la faccia quasi ricoperta completamente di
peli. «Sei sicuro fossero da parte di tua madre quei dolcetti?»
Peter, che non aveva mangiato alcun dolcetto, li guardò
diventando rosso.
«Beh, cioè... pensavo fossero da parte di mia madre... sono arrivati
sta mattina.»
«Pete!» Ruggì James.
Tutti ora li stavano guardando, girandosi e bisbigliando. Dopo
poco tutti stavano indicando i tre ragazzi pelosi al tavolo dei
Grifondoro. Tutti stavano anche ridacchiando, ma nessuno stava
ridendo più forte di Severus Piton, sulle panchine dei Serpeverde.
«Andiamo.» Sirius si alzò con la dignità di un aristocratico che ora
sembrava proprio ridicola. «Andiamo in infermeria, penseremo
alla vendetta più tardi.»

79
Mentre camminavano fuori Remus sentì uno scroscio di risate e si
coprì la faccia con le mani, pieno di vergogna. Non lo trovava
divertente come James e Sirius.
«Ti avevo detto si sarebbero vendicati.» Borbottò Sirius.

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Compleanni, libri e i Beatles
Fortunatamente Madama Chips riuscì a cancellare l’incantesimo
con qualche agitata di bacchetta ma li rimproverò comunque
sull’uso improprio della magia.
«Come se avessimo mai voluto assomigliare a Bigfoot!» Si lamentò
James uscendo dall’infermeria, con la pelle ancora tirata per la
crescita dei peli.
«Deve essere stato Severus. Ha intinto i dolcetti in una delle sue
pozioni, sono sicuro!» Ribollì Sirius.
«Sì, siamo tutti sicuri su questo, amico.» Rispose James. «Non
preoccuparti, ci rifaremo.»
«Mi dispiace, davvero!» Piagnucolò Peter, per circa la centesima
volta. «Pensavo sul serio che fossero da parte di mia madre!»
«Tranquillo, Pete.» James gli diede un colpetto sulla spalla. «Vorrei
solo ce li avessi dati lunedì mattina, così avremmo potuto saltare
Trasfigurazione!»
«Domando vendetta!» Urlò Sirius alzando drammaticamente la sua
bacchetta.
Remus rise, anche James.
«E l’avrai!» Rispose, spingendo gli occhiali sul naso. «La pazienza
è la virtù dei forti, Black. Una vendetta così richiede tempo.
Suppongo tu non abbia altre idee brillanti, Remus?»
«Mi dispiace.» Remus scosse la testa. Il suo cuore ancora esplodeva
di terrore. Se avesse incontrato ora Piton lo avrebbe strangolato,
altro che scherzi.
«Ti aiuterò io, James.» Parlò Peter. «Farò qualunque cosa, non avrò
paura sta volta...»
Avevano appena girato l’angolo verso la torre dei Grifondoro
quando qualcuno dietro di loro chiamò.

81
«Sirius.»
Tutti e quattro si girarono. Sirius fece un debole verso di shock.
Era Bellatrix Black.
«Che cosa vuoi?» Chiese, guardando giù e strisciando le scarpe sul
pavimento di pietra.
Era la postura più non-da-Sirius immaginabile, pensò Remus.
Notò anche che James fece un passo avanti per trovarsi spalla a
spalla con l’amico.
«Vieni qui e rivolgiti a me come si deve.» Sbottò la strega del
settimo anno.
Sirius non si mosse, Bellatrix tirò fuori la sua bacchetta, puntandola
contro il ragazzo. Remus era scioccato, per la prima volta da
quando si trovava ad Hogwarts era spaventato.
«Vieni qui.» Disse a bassa voce. «O ci penserò io. E non si tratterà
di un infantile incantesimo per la crescita dei peli.»
Sirius iniziò a camminare verso di lei, scuotendo la testa a James
che aveva provato ad andargli dietro.
Guardarono i due cugini parlare a bassa voce alla fine del corridoio
per quelli che sembrarono interminabili minuti imbarazzanti. Sirius
a mala pena alzò lo sguardo dal pavimento una volta. Alla fine, lei
gli diede uno schiaffetto sulla testa, poi si girò sui suoi tacchi e se
ne andò. Tutti lasciarono andare un sospiro, sollevati. Sirius tornò
verso di loro tremando.
In silenzio entrarono nella Sala Comune e si sedettero sul loro
solito divano.
«Tutto bene, Sirius?» James chiese per primo.
«Sì...» Annuì più pallido del solito. «Uhm, mi voleva invitare per un
tè. Il giorno del mio compleanno. Penso glielo abbia imposto mia
madre per cercare di riportarmi sulla retta via.»
«Solo perché sei finito in un’altra casa?»
«E per le mie discutibili compagnie.» Sorrise a tutti.
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«Quand’è il tuo compleanno?»
«Tra due settimane. Il tre. Ma devo andare a questo tè, Bella non
scherza quando dice di sapere delle maledizioni davvero terribili.»
«Faremo qualcosa dopo allora, qualcosa di bello, sì?»
Peter e Remus annuirono entusiasti, ma Remus nel profondo
sapeva che il tre ci sarebbe stata la luna piena.

Sirius compì dodici anni e Remus non fu lì per festeggiarlo, ma


non pensava che a nessuno fosse dispiaciuto.
Il migliore amico di Sirius era James dopo tutto, e a Peter piaceva
pensare che James appartenesse un po’ anche a lui. Remus sarebbe
stato di troppo in ogni caso, anche se non fosse dovuto stare
chiuso in una catapecchia a farsi a pezzi. Madama Chips aveva
provato a somministrargli un sonnifero prima della trasformazione
ma a quanto pare non aveva avuto nessun effetto. Quello che era
peggio era che si era procurato la sua cicatrice peggiore fino a quel
momento, proprio lungo la schiena.
Madama Chips lo aveva lasciato in infermeria tutto il giorno
successivo, il che era fortuito: poteva dire ai ragazzi che si era
sentito improvvisamente male. Erano comunque un po’ confusi
sul perché non avesse detto di stare male prima, ma in generale ci
cascarono. Probabilmente pensavano già fosse strambo e ormai
prendevano per vera qualunque cosa dicesse.
Non si sarebbe divertito al compleanno. James si era accordato
con Madama Bumb per una sessione di volo all’ora di pranzo solo
per loro tre. Dopo cena, prima che Sirius dovesse cambiarsi e
andare al tè con le cugine, James e Peter avevano condotto il coro
al tavolo dei Grifondoro cantando “Tanti auguri a te” seguito da
“Perchè è un bravo ragazzo”. Secondo gli studenti con cui Remus
aveva parlato dopo, avevano cantato “Nessun lo può negar”

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ancora e ancora, sempre più forte fino a quando la professoressa
McGranitt non aveva minacciato di metterli in punizione.
A novembre inoltrato, i giorni diventarono più brevi e il castello
più scuro. Trascorrevano meno tempo fuori, preferendo stare
rannicchiati davanti al fuoco nella Sala Comune a giocare a carte e
confabulare la vendetta contro Piton. Il primo semestre era agli
sgoccioli, e i professori sembravano dare più compiti di sempre.
Ogni volta che Sirius e Remus erano lontani da James e Peter, di
solito quando loro erano in biblioteca, Sirius leggeva per Remus.
Avevano finito Storia della Magia in poco meno di due settimane, e
adesso avrebbero alternato Una guida per principianti alla
Trasfigurazione a Infusi e Pozioni per il resto del semestre. Quando i
Malandrini studiavano in gruppo, Sirius prese addirittura a leggere
ad alta voce, dicendo lo aiutasse a studiare. Cosa che annoiava
estremamente James, che preferiva il silenzio.
Nonostante non potessero leggere tutti i libri del programma in
così poco tempo, con sorpresa di tutti (soprattutto la propria) i voti
di Remus migliorarono ad una velocità impressionante. Sirius
aveva avuto una grande idea; l’abilità di Remus di assorbire e
ricordare le informazioni era impressionante, e si trovò anche ad
alzare la mano a lezione per la prima volta nella sua vita.
I voti di Sirius, dall’altro lato, incominciarono a peggiorare, passava
così tanto tempo ad aiutare segretamente Remus che non faceva
più le letture extra di cui andava tanto fiero. Per questo i suoi
compiti diventarono nella media, passabili e venne sorpassato da
James per la prima volta. James ignaro, ovviamente pensò fosse
semplicemente lui ad essere migliorato.
«Ma stai così tanto in biblioteca!» Remus gli aveva sussurrato un
giorno, dopo che Sirius aveva ricevuto un “Accettabile” al suo
tema di Incantesimi. «Pensavo stessi studiando.» Remus ancora

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non aveva avuto il coraggio di entrare in biblioteca, il pensiero di
tutti quei libri lo terrorizzava.
«Sto studiando.» Aveva risposto Sirius allegramente, «Solo che non
studio questa roba.» Ripiegò il tema. «Sto leggendo riguardo degli
incantesimi cognitivi sai, così puoi leggere da solo. È molto
difficile, livello G.U.F.O, ma penso di avercela quasi fatta. Non ti
preoccupare Lupin, non è che mi bocceranno, e poi questo è molto
più interessante.»
Remus si sentì terribilmente in colpa, ovviamente, e provò anche
abbastanza vergogna vedendo che Sirius stava dedicando tanto del
suo tempo ad aiutarlo. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che
qualcuno si fosse preoccupato così tanto per lui. Lo fece sperare
di poter fare qualcosa in cambio, ma oltre ad avere una famiglia
difficile, Sirius Black sembrava non volere niente di niente.
Comunque c’era una cosa che Remus poteva dare a Sirius che
James non poteva, ma non era quasi degna di nota: qualcosa che
Sirius chiamava “comprensione babbana”.
Era cominciata quando Remus aveva finalmente trovato il
coraggio di chiedere a Sirius di vedere la sua collezione di dischi.
Sirius fu solo felice di poterli condividere; a parte la sua scopa, che
era ancora a casa, i suoi dischi erano i suoi oggetti più cari.
Remus poteva capire facilmente perché, aveva Introducing The
Beatles, A Hard Day’s Night e Help! insieme ad Abbey Road; Beggars
Banquet e Sticky Fingers («Mick Jagger è il babbano più fico che abbia
mai visto.» Aveva detto Sirius), due album dei Led Zeppelin
(Remus non lo aveva mai ascoltati ma i ragazzi più grandi a St
Edmund’s erano tutti fissati) e degli LP di Simon & Garfunkel
nascosti dietro.
I maghi, si scoprì, non impazzivano per la musica babbana. Tutti i
dischi di Sirius gli erano stati regalati da sua cugina Andromeda
che, a quanto pare, era stata la prima “pecora nera” della famiglia
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Black per aver lasciato scuola un paio di anni prima del diploma ed
aver sposato un babbano.
«Non la vedo quasi mai.» Aveva spiegato Sirius. «Non dal
matrimonio, ma mi manda dei dischi ogni tanto. Li manda via
posta babbana, così mamma non lo scopre... non capisce come
funzionino gli uffici postali.»
Quindi nonostante avesse una collezione di vinili impressionante
per un undicenne, la passione di Sirius vagava nel vuoto. Non
conosceva nessuna canzone dei Beatles che non fosse impressa su
uno dei suoi vinili. Non aveva mai ascoltato la radio, guardato Top
of the Pop o aperto una copia di NME prima, quindi trovava
infinitamente affascinante la conoscenza di Remus sulla cultura
musicale e babbana.
«Li hai visti, però!» Aveva detto intimorito. «Li hai visti cantare.»
«Non dal vivo o cose del genere.» Aveva risposto Remus a disagio.
«No, lo so, sul telefono.» Sirius aveva annuito saggiamente.
Remus aveva soffocato una risata. «In televisione.» Lo aveva
corretto. «È come quei vostri dipinti che si muovono, solo in
bianco e nero. E solo i Beatles, gli Stones una volta e la Direttrice
ci ha fatto spegnere la televisione, per via dei capelli.»
«Che avevano i loro capelli?»
«Troppo lunghi.» Remus scosse le spalle. «Diceva sembravano
sporchi.»
«I miei capelli sono molto più lunghi.» Sirius aveva detto
stringendo le sopracciglia.
«Sì è vero, ma i ragazzi babbani non portano i capelli lunghi
normalmente.»
«Non glielo dire!» Lo prese in giro Peter. «Si raserà a zero.»
Tirò un pezzo attraverso la scacchiera per terra, stavano giocando
pigramente a sacchi quando avevano tempo negli ultimi due giorni
per insegnare a Remus le regole. Fece rotolare uno dei pezzi di
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Sirius fuori dalla scacchiera, facendo schizzare immediatamente un
liquido dall’odore disgustoso che Sirius schivò appena in tempo.
Peter sorrise. «Ah prendi questo amante dei babbani!»
Sirius imprecò ad alta voce e se ne andò per cambiarsi i vestiti.

87
Natale 1971
«Lupin, magari mi può dire: quali sono le proprietà trasfigurative
della pietra filosofale?» Lo richiamò la McGranitt.
La professoressa gli lanciò uno sguardo appuntito, l’ultima volta
che gli aveva fatto una domanda davanti al resto della classe Remus
aveva scosso le spalle e guardato dall’altra parte.
«Uhm...» Remus spremette le meningi. «Beh, penso sia quella che
trasforma le cose in oro? Se la usi nel modo giusto... e Cleopatra
l’alchimista la usò per trasformare il piombo in argento, mi pare.»
«Giusto.» La McGranitt aveva tutta l’aria di chi cerca di nascondere
la sua sorpresa. «Cinque punti a Grifondoro. E altri cinque per aver
fatto il collegamento con Cleopatra l’alchimista, non è menzionata
nel libro di Trasfigurazione per principianti, lo hai letto nel libro di
storia?»
Remus annuì, conscio che tutti lo stessero guardando.
«Beh, eccellente. Alcuni dei miei studenti del terzo anno non sono
ancora in grado di fare riferimenti incrociati del genere, sono felice
che ti interessino queste cose.» Si rivolse alla classe. «Cominceremo
a parlare di Alchimia dopo Natale. Il che mi ricorda che con le
vacanze alle porte, vorrei che ogni studente con l’intenzione di
rimanere a Hogwarts durante le feste me lo facesse sapere per la
fine della prossima settimana. Grazie, potete andare.»
La classe si alzò per andare via. Un paio di persone diedero dei
colpetti sulla spalla di Remus mentre uscivano.
«Signor Lupin, ha un momento? Disse la McGranitt avvicinandosi
alla sua cattedra.
Lo stomaco gli andò in subbuglio. Era riuscito a evitare una
punizione per settimane, avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa

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che non andava. Restò in piedi fermo, infilando le mani nelle
tasche e fissandosi i piedi mentre il resto della classe usciva.
Quando infine la classe fu vuota, la professoressa andò a chiudere
la porta (proprio in faccia a James) e si girò.
«Ben fatto oggi, Remus.» Disse gentilmente la McGranitt. «Stai
andando molto bene ultimamente.»
Remus alzò lo sguardo verso di lei, incredulo.
Lei rise. «Non essere così sorpreso! Sono molto colpita, il
professor Lumacorno e Vitious hanno detto la stessa cosa. Volevo
parlare velocemente di Natale, ho parlato con la Signorina Orwell.»
«Chi?!»
«La donna che gestisce St Edmund’s.»
«Oh, la Direttrice.»
«Esatto. Come sai, la luna piena ci sarà due volte a dicembre: il due,
(che sarebbe stato la settimana successiva) e il trentuno.
Capodanno. La signorina Orwell sembra essere dell’opinione che
sarebbe meglio che tu rimanessi ad Hogwarts per questa ragione.
Spero tu non ne sia troppo deluso.»
Remus scosse le spalle. «È uguale.»
La professoressa annuì, seria. «Allora aggiungerò il tuo nome alla
lista. Ci vediamo la prossima settimana Remus.»

James aveva invitato Sirius e Remus a fargli visita durante le


vacanze, sapendo che nessuno dei due avrebbe passato un Natale
particolarmente gioioso. Remus fu costretto a declinare, anche se
non fosse stato troppo timido per andare a casa di James e
incontrare i suoi genitori era ancora in custodia delle autorità del
St Edmund’s (legalmente parlando), e gli sarebbe servito il
permesso scritto della Direttrice per lasciare Hogwarts.
Sirius, che avrebbe adorato passare due settimane a oziare con
James, a fare gare con le scope e mangiare cioccolata, dovette
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rifiutare ugualmente. La sua famiglia aveva messo in chiaro che
non avrebbe approvato in nessuna circostanza la visita di Sirius a
casa dei Potter.
«Quella stronza di Bellatrix ha passato un sacco di informazioni ai
miei.» Aveva spiegato arrabbiato. «A quanto pare li ho delusi già
abbastanza. Se vengo da te le cose peggioreranno ancora. Mi
dispiace amico.»
Remus andò fino al cancello per salutare tutti i Malandrini l’ultimo
giorno del semestre.
«Ti manderemo dei gufi!» Promise James, «Vedi se riesci a
inventarti un piano per vendicarci di Piton!»
Remus sorrise e promise che avrebbe tentato.
Sperava che le lettere di James non sarebbero state troppo lunghe.
Era l’unico Grifondoro che rimaneva per le vacanze e arrancò per
il lungo sentiero verso il castello tutto solo.
Il giorno dopo si godette lo stare a letto fino a tardi, qualcosa che
non avevano mai il permesso di fare a St Edmund’s. Dormì fino
alle dieci, fino a quando Frank Paciock infilò la testa nell’apertura
della porta.
«Andiamo Lupin, ti perderai la colazione così!»
A Remus piaceva Frank; aveva una larga faccia amichevole e
maniere affabili, sembrava disponibile e affidabile, come un
fratello maggiore. Aveva capito che Remus era abituato ad essere
un escluso, e cercava di includerlo il più possibile senza spingere
troppo.
Dopo colazione Frank sparì nella Guferia e Remus rimase seduto
tristemente nella Sala Comune, sentendo le successive due
settimane mostrarglisi davanti, vuote e solitarie. Pensò di fare una
passeggiata nei giardini ma iniziò a piovere pesantemente. Mise su
qualche vinile di Sirius e diede un’occhiata ad alcune riviste che dei
quarti anni avevano lasciato, guardando solo le figure. La maggior
90
parte ritraeva bellissime streghe e affascinati maghi, suppose si
trattasse di una rivista di moda.
I giorni successivi passarono allo stesso modo. Frank lo svegliava
la mattina, mangiava con gli altri studenti rimasti nella Sala Grande,
ma per il resto era lasciato al suo destino.
Era così annoiato che ad un certo punto pensò perfino di fare
alcuni dei compiti assegnati. Stava cercando di migliorare la
scrittura ma era quasi impossibile con le ridicole penne con cui
dovevano scrivere.
Nessuno gli sapeva dare una vera risposta quando chiedeva perché
non potevano usare semplici penne a sfera. Persino delle matite
sarebbero state meglio. Provò anche a leggere per un po’ ma dopo
il primo paragrafo del suo libro di Erbologia ci rinunciò; invece
copiò qualche diagramma, a Remus non dispiaceva disegnare, gli
piaceva la libertà.
Ogni giorno camminava in giro per il castello per un paio di ore,
con la sua mappa. Gli altri ragazzi si erano disfatti delle loro già da
un pezzo, dopo aver imparato i percorsi per le classi. Ma Remus
l’aveva tenuta, ancora infastidito dalla sua incompletezza.
Cominciò a segnarla da solo, aggiungendo posti interessanti,
nascosti, o passaggi segreti.
Passava il resto del tempo ad evitare gli insegnati preoccupati per
la quantità di tempo che passava solo. Non era l’unico studente
rimasto a scuola, ma la maggior parte erano del sesto o settimo
anno, che in generale stavano in biblioteca a ripassare per gli esami,
o a lavorare ai loro compiti. Lumacorno teneva delle lezioni
speciali di pozioni extra nei sotterranei, ma Remus non era stato
invitato e non sarebbe comunque andato.
Si allenò su un paio di incantesimi e si intrattenne per alcune ore a
vedere quanti oggetti nel loro dormitorio riusciva a far levitare. Ne

91
aveva fatto un gioco; lanciava vari oggetti in aria (libri, pezzi di
scacchi, carte) e provava a fermarli prima che toccassero il suolo.
Dovette smettere quando Frank bussò alla porta e irritato gli disse
di fare meno rumore.

Sabato 24 Dicembre 1971


Alla vigilia di Natale Remus fu svegliato prima del solito, era
ancora abbastanza buio. Pesante pioggia colpiva gli spessi vetri
delle finestre, il suono era abbastanza forte da fare eco nella stanza
vuota del dormitorio, ma non fu quello a disturbarlo.
La porta si spalancò e qualcuno entrò.
Sedendosi e guardando nella penombra, Remus si aspettava di
vedere Paciock, lì per svegliarlo per la colazione. Ma non era Frank.
Era un ragazzo fradicio e scompigliato, con lunghi capelli e una
faccia sprezzante.
«Sirius!» Remus si alzò immediatamente dal letto, entusiasta di
vedere il suo amico.
Sirius si tolse i capelli bagnati dagli occhi, era chiaramente stato
sotto la pioggia. Si tolse il mantello da viaggio, lasciandolo cadere
sul pavimento.
«Tutto bene, Lupin?» Sorrise. «Si congela, no?» Puntò la bacchetta
verso il camino. «Incendio.»
«Cosa ci fai qui?»
«Ne avevo abbastanza.» Disse semplicemente, togliendosi gli
stivali ricoperti di fango. «Ho iniziato a discutere con mio padre,
poi tutta la famiglia ha iniziato a darmi contro. La solita roba. Mi
hanno chiamato un traditore, la vergogna della famiglia, ecc...» Si
lasciò cadere sul suo letto. «Quindi me ne sono andato.»
«Wow.» Remus si strofinò gli occhi sbalordito. «Come sei arrivato
qui?»
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«Polvere volante.» Sirius alzò le spalle. «Fino al pub nel villaggio.
Poi ho camminato.»
«Wow.» Ripeté Remus.
«Sto morendo di fame, mi hanno mandato a letto senza cena ieri
sera. Andiamo vestiti! Colazione!»
La McGranitt non fu contenta di vedere Sirius quanto lo era stato
Remus. I due ragazzi provarono a sedersi al tavolo come se non ci
fosse nulla fuori dall’ordinario, ma la professoressa si presentò
accanto a loro quasi immediatamente.
«Signor Black.» Disse, con una nota di avvertimento nella voce,
che Remus riconosceva ormai dalle punizioni. «Cosa significa tutto
questo?»
«Mi è mancata anche lei, professoressa.» Gli sorrise.
L’angolo della bocca della vecchia strega di contrasse, ma lei
mantenne la compostezza.
«È stato visto camminare fino ai giardini da Hogsmeade alle sei di
questa mattina. Può dare una spiegazione un po’ più
soddisfacente?»
Sirius scosse la testa. «In verità no, professoressa. È praticamente
tutto qui.»
La McGranitt sospirò scuotendo leggermente la testa. Aveva lo
stesso sguardo impietosito che di solito riservava a Remus.
«Molto bene, signor Black. Dovrò contattare i suoi genitori,
ovviamente. Per fargli sapere dove si trova.»
«Non c’è n’è bisogno.» Rispose Sirius guardando lo stormo di gufi
che era appena piombato nella sala. Uno degli uccelli più grandi,
una specie di enorme aquila, lasciò cadere una spessa busta rossa
sul piatto di Sirius. La guardò e poi guardò di nuovo verso la
professoressa con un sorriso pieno di ironia.
«Penso sappiano perfettamente dove mi trovo.»

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Prese in mano l’infausta busta e senza rompere il contatto visivo
con la McGranitt, la aprì. Quasi immediatamente la busta cominciò
a strillare. La voce era così forte che riempì tutta la Sala Grande e
molte teste si girarono. La McGranitt trasalì sentendo l’acuta voce
della madre di Sirius.
«SIRIUS ORION BLACK.» Strillò. «COME TI PERMETTI DI
SFIDARE TUO PADRE IL QUESTA MANIERA!»
Remus si coprì le orecchie. Sirius rimase perfettamente composto,
guardando ancora la McGranitt.
«ACCOMPAGNANDOTI CON MEZZOSANGUE E
TRADITORI DELLA RAZZA PURA! VOLTANDO LE
SPALLE ALLA TUA FAMIGLIA! SE TUO NONNO FOSSE
VIVO TI AVREBBE DISEREDATO NEL MOMENTO IN
CUI SEI STATO SMISTATO! RIMARRAI A SCUOLA PER IL
RESTO DELL’ANNO A PENSARE ALLA VERGOGNA E
AL DISONORE CHE HAI PORTATO ALLA NOSTRA
NOBILE CASATA! NON PENSARE NON TI
DISEREDEREMO! NON SEI IL NOSTRO UNICO FIGLIO!»
E con questo la lettera bruciò nelle fiamme, arricciandosi e
avvizzendosi in un mucchio di cenere bianca come il gesso. Il
silenzio che seguì fu assordante. Tutti lo stavano fissando.
Sirius prese del pane tostato, lo mise sul suo piatto e iniziò a
buttarci sopra delle uova strapazzate, con nonchalance. Guardò
verso la McGranitt di nuovo.
«Può mandare un gufo a mia madre professoressa se crede, ma
dubito lo leggerà.»
«Molto bene, Sirius.» La McGranitt annuì. «Solo... cerca di stare
lontano dai guai, potresti?»
Con ciò si incamminò rigidamente verso il tavolo dei professori
alla fine della Sala Grande. Sirius mangiò la sua colazione in
silenzio.
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Anni dopo Remus si ricordò che in quel momento pensò che Sirius
Black doveva essere il ragazzo più coraggioso del mondo.

Il giorno di Natale a St Edmund’s di solito era un affare


estremamente rumoroso. Alcuni ragazzi ricevevano regali - quelli
con parenti lontani che si preoccupavano abbastanza da mandare
una nuova felpa ma non abbastanza da andarli a trovare, altri si
accontentavano della solita selezione di donazioni della gente del
posto che la Direttrice confezionava per loro. Lo scarto dei regali
era rapidamente seguito dallo scambio dei regali e spesso
passavano la mattinata a barattare
e scambiare il magro bottino che avevano ricevuto. Gli veniva
detto di mettersi in ordine, poi venivano condotti in una lunga fila
fino alla chiesa, dove si sedevano ad ascoltare la messa di Natale,
annoiati e trasandati.
La mattina di Natale a Hogwarts fu molto più piacevole. Remus fu
quasi commosso nello scoprire che la Direttrice non lo aveva
dimenticato; la posta era arrivata durante la notte e alla fine del suo
letto trovò un suo bigliettino, oltre a un pacco bitorzoluto che
conteneva un sacchetto di noci, un’arancia e una scatola di biscotti.
Con suo grande stupore, anche James gli aveva inviato un regalo:
il suo set di pietre gocciolanti. Persino Peter gli aveva spedito una
scatola di cioccorane.
«Buon Natale.» Sirius sbadigliò aprendo i suoi regali.
Non aveva ricevuto niente dai suoi genitori, per quanto aveva visto
Remus, ma non ne aveva parlato. James gli aveva mandato una
rivista della sua squadra di Quidditch preferita, i South End
Scorchers, e anche lui aveva ricevuto una scatola di cioccorane da
Peter.

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«Buon Natale.» Replicò Remus. «Non ho fatto nessun regalo a
nessuno.» Ammise colpevolmente. «Non sapevo che avremmo
dovuto...»
«Non preoccuparti.» Rispose Sirius, andando in bagno. «Nessuno
si aspettava che lo facessi.»
Questo turbò Remus, ma cercò di non pensarci.
Mentre Sirius era in bagno, un altro gufo volò dalla finestra e lasciò
cadere un grosso pacchetto piatto e quadrato sul letto.
Quando Sirius uscì e lo vide, i suoi occhi si illuminarono e lo aprì,
avidamente.
«È da Andromeda!» Spiegò tirando fuori il disco e mostrandolo a
Remus, che si affrettò a raggiungerlo eccitato.
Era un altro album babbano. La copertina era nera, stampata con
l’immagine stagliata di un uomo in piedi davanti a un enorme
amplificatore, che suonava una chitarra. Aveva capelli lunghi e
riccioluti, era in piedi con le gambe divaricate in una posizione di
forza. Electric Warrior, il titolo a tutto volume,T-Rex.
«Oh, i T-Rex, penso di averne sentito parlare.» Disse Remus
mentre Sirius lo girava per leggere l’elenco delle tracce. «Mettilo
su!» Lo incoraggiò Remus, impaziente.
A chi importava cosa diceva la copertina?
Sirius lo fece, facendo scorrere fuori il disco nero lucido e
sistemandolo sul suo giradischi.
Il disco iniziò a girare e la stanza si riempì di musica: un battito
regolare e scorrevole.

Beneath the bebop moon


I wanna croon
With you-ooo ...

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Si sedettero e ascoltarono estasiati, fermandosi solo per girare al
lato B. Una volta finito, Sirius lo rigirò senza parole e ricominciò
dall’inizio.
Si alternarono tra il sedersi sul letto ondeggiando leggermente al
ritmo della melodia, o annuendo con la testa mentre i battiti
aumentavano. Si scambiarono sorrisi ai riff più orecchiabili e si
sdraiarono a fissare il soffitto per i brani più lenti e sognanti.
Alla fine, a metà del secondo ascolto, Frank entrò.
«Buon Natale ragazzi, forza, colazione!»
Si vestirono in fretta e scesero in sala da pranzo. La Sala Grande
era stata decorata in modo vistoso dagli insegnanti: luccicanti
corde di orpelli in rosso, verde e oro scintillavano da ogni trave,
penzoloni come rampicanti festosi della giungla. Dodici enormi
alberi scintillavano di luci di tutti i colori immaginabili e da ogni
ramo pendevano palline grandi come palloni.
Dopo colazione i ragazzi corsero di sopra per riascoltare l’album.
«È la cosa più figa che abbia mai sentito.» Dichiarò Remus.
Sirius annuì, solennemente.
La canzone preferita di Sirius era Jeepster, adorava gli accordi
tintinnanti e il tonfo aggressivo. Remus preferiva Monolith; era
spaziale e liscia, le parole prive di senso e significative allo stesso
tempo. Lo faceva sentire come se stesse galleggiando. Per il resto
della giornata ascoltarono la musica nella Sala Comune,
mangiarono cioccorane, noci e biscotti giocarono turbolenti giochi
con gli schiocchi esplosivi. I pasti a Hogwarts erano sempre
spettacolari e la cena di Natale non fu diversa. Scesa la notte,
Remus aveva mangiato così tanto che pensava che non avrebbe
mai più avuto fame.
Anche se non lo disse a Sirius (che, dopotutto, era stato costretto
a scappare di casa per la prima, se non l’ultima, volta), per Remus
fu il miglior Natale di sempre.
97
Lectiuncula Magna
Martedì 27 dicembre 1971
Finito il giorno di Santo Stefano, Remus e Sirius si trovarono
incastrati in quegli strani giorni tra Natale e Capodanno, mentre
aspettavano il ritorno dei loro amici.
Sirius era ansioso di pianificare la loro vendetta su Piton, infatti
non era più interessato ad attaccare tutti i Serpeverde ma voleva
concentrare le sue energie su un solo nemico. Remus era incline ad
essere d’accordo. Era troppo furioso con Piton per pensare
chiaramente su quello che era successo nelle ultime settimane. Non
riusciva a scollarsi di dosso la sensazione che Severus avesse in
qualche modo indovinato l’esatto incantesimo con il quale far
arrabbiare Remus maggiormente. Non sapeva bene come avesse
fatto il ragazzo Serpeverde, probabilmente era solo stata
un’intuizione intelligentente, ma non gli importava.
«Dovremmo solo prendere il mantello di James, seguirlo finché
non è solo, poi picchiarlo a morte.» Ringhiò Remus, mentre si
sedevano nella Sala Comune vuota una sera.
Afferrò il braccio del divano mentre lo diceva, sentendo il cuoio
scricchiolare sotto la sua presa. La luna piena si stava avvicinando
e il suo brutto temperamento era più evidente del solito.
«Senti Lupin.» Lo rimproverò Sirius portando una pila di libri che
aveva preso in biblioteca. «Stai pensando come un babbano. Se
vogliamo vendicarci, lo faremo con la magia.»
«Uff, non ancora libri.» Remus piagnucolò mentre Sirius si lasciava
cadere accanto a lui con un enorme volume tra le braccia.
L’aprì, ed era così grande che la copertina si poggiava su entrambe
le sue gambe magre.

98
«Sì, ancora libri.» Sirius rispose disinvolto. «Li amerai una volta che
li avrai imparati a conoscere, te lo prometto.»
Remus non ne era così sicuro. Era vero, gli erano piaciute
abbastanza le loro sessioni di studio segrete ed era rimasto stupito
dalla quantità di informazioni che aveva appreso, ma ascoltare
Sirius era una cosa, sedersi da solo e fissare il testo di un libro era
un’altra. Tuttavia, Sirius continuava a promettergli che si stava
avvicinando alla soluzione.
«Allora, di cosa parla questo?» Chiese Remus, rassegnato al suo
destino.
Se Sirius voleva fare qualcosa, c’era ben poco da fare per fermarlo,
dovevi solo tenere duro finché non fosse finita.
«Maledizioni e malocchi. Molti sono davvero complessi, però.
Voglio dire... noi siamo messi bene (tu, io e James, comunque), ma
penso che in ogni caso dovremmo attenerci a quelli basilari. La
semplicità è la chiave.»
«Okay.» Rispose Remus pigramente. Preferiva ancora l’idea di un
pestaggio a sorpresa.
«Quindi ho pensato che potremmo farci un’idea su tutte le cose
che si possono fare e vedere se qualcosa si presta al nostro scopo.”
Sirius continuò imperterrito, nonostante la riluttanza di Remus,
«Allora, io sono davvero bravo a Trasfigurazione, ho ottenuto i
voti migliori anche dopo che te hai iniziato a recuperare.»
«Giusto.» Remus era d’accordo.
«James è un po’ meglio di me a Difesa contro le Arti Oscure, che
sarebbe utile avendo a che fare con un viscido stramboide come
Mocciosus, ma non abbiamo ancora imparato nessun buon
incantesimo a parte quelli disarmanti, che non servono.»
Masticò la punta della sua penna, riflettendo. Non era una penna
nuova e lasciò una macchia scura sul labbro inferiore di Sirius.
Remus non disse niente e Sirius continuò.
99
«James è anche bravo a volare, ovviamente, ma non so come
potrebbe esserci d’aiuto. Poi c’è Pete... bravo a sgattaiolare e a fare
lavori da soldatino, suppongo...»
Remus pensò che fosse piuttosto ingiusto, Peter non era mai stato
il primo della classe come Sirius e James, ma generalmente era
perfettamente competente e di solito si accontentava di un voto
soddisfacente. Gli mancava la competitività di James e Sirius, il
desiderio di affermarsi. Remus ci si ritrovò, a volte bastava essere
amico di persone più intelligenti e sicure di sé... hai un po’ del loro
splendore, senza tutta la pressione.
«Pete è bravo in Erbologia.» Fece notare Remus. «E in Pozioni.»
«Entrambi inutili.» Sirius alzò le spalle. «Sei stato tu a inventare la
storia delle rose canine e non riusciremo mai a battere Piton a
Pozioni. Odio ammetterlo ma il bastardo è troppo bravo. E poi ci
sei tu: probabilmente sei il migliore ad Incantesimi.»
«Non il migliore.» Disse Remus in fretta. «Sono bravo a far levitare,
suppongo, ma questo è tutto.»
«Oh stai zitto, non è il momento per la modestia, Lupin.» Sirius
agitò una mano impaziente. «Capisci gli incantesimi più
velocemente di chiunque altro. Se troviamo una maledizione
sufficientemente orribile qui, conto su di te per capire come farla.»
Remus si agitò. Odiava quando Sirius parlava in quel modo: come
se Remus fosse intelligente o dotato come lui e James. Sapeva non
fosse vero, e lo imbarazzava. Combatté l’impulso improvviso di
spingere via il grosso libro dalle ginocchia e andarsene.
Era solo la luna piena, si disse. Si sentiva irrequieto e aveva troppo
caldo vicino al camino ed era troppo vicino a Sirius, di cui poteva
sentire l’odore del sangue, mischiato all’odore unico della magia.
Sperava vagamente che la cena prevedesse della carne rossa,
qualcosa in cui poteva assaporare il ferro.

100
«Deve essere qualcosa di grosso.» Mormorò Sirius arrivando alle
ultime pagine del libro.
Remus si lasciò sfuggire un gemito quando tutto il peso del libro
gli cadde sulle cosce. Sirius lo ignorò, facendo scorrere un dito
sull’indice.
«Qualcosa di molto peggio dei peli.»
Remus rabbrividì al pensiero dello scherzo di Piton. La rabbia
aumentò di nuovo in lui. O era solo la fame? Scosse la testa,
spingendo via il libro e alzandosi, facendo finta di doversi solo
stiracchiare. Le articolazioni già gli facevano male mentre il suo
copro si preparava all’imminente trasformazione.
«Non so perché pensi che potrei essere d’aiuto.» Remus sospirò e
poi sbadigliò.
«Intuito babbano.» Sirius sorrise. «Come per la polvere
pruriginosa. Puoi tirare fuori cose che Piton non si aspetta.»
Remus si grattò la testa, spremendo le meningi.
«Non riesco a pensare a niente di abbastanza cattivo.» Disse. «Una
volta abbiamo preso un secchio d’acqua e l’abbiamo appoggiato
sopra una porta che avevamo lasciato socchiusa, sai, e la Direttrice
ci sarebbe dovuta passare e inzupparsi. Ma alla fine non è passata
la Direttrice, ma il cuoco, e ci hanno servito cibo di merda per una
settimana.» Il suo stomaco brontolò alla menzione del cibo. «È uno
scherzo piuttosto banale a essere onesti. Hai fame? Possiamo già
andare a cena?»
«Immagino di sì.» Sirius chiuse il libro. «Potremmo trovare un
secchio abbastanza facilmente, ma sembra ci sia troppo margine
d’errore. Poi non so se provocherebbe terrore come vogliamo.
Siamo Malandrini, dovremmo avere certi standard.»
Remus ridacchiò mentre si arrampicavano attraverso il buco del
ritratto.

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«Sì, te lo avevo detto faceva schifo. Peccato, perché a Mocciosus
servirebbe proprio una buona lavata.»
Sirius rise di rimando. Poi si bloccò e afferrò la spalla di Remus.
«Oh, genio! Maledetto genio!»
«Cosa?!» Rispose Remus, scioccato e un po’ infastidito dalla scossa
che Sirius gli aveva dato.
«Una buona lavata! È quello che faremo. È facile scommetto, sarà
in uno di quei libri... aspetta.» Disse Sirius, scomparendo dietro il
ritratto.
Remus sospirò e aspettò.

«Allora aspetta, spiegamelo di nuovo?» Sussurrò Remus mentre


finivano il loro cibo. Remus usò ciò che restava della sua patata
arrosto per assorbire la salsa rimanente. Avrebbe potuto fare il bis:
mangiava come un cavallo nelle notti prima della luna. «Sembra
complicato.»
«Non lo è.» Sirius scosse la testa. «Penso sia facile. Gli incantesimi
metereologici sono difficili su larga scala, ma questa deve essere
solo una nuvola della dimensione di questo piatto.»
«Sarebbe come il soffitto?» Chiese Remus, alzando di scatto la testa
verso le travi incantate.
Stava piovendo, come durante tutto il periodo Natalizio, ma le
gocce di acqua svanivano prima di raggiungerli.
«Un po’.» rispose Sirius, «Ma più in piccolo. E senza alcun
incantesimo che ci impedisca di bagnarci.»
«Ma... non potrà semplicemente allontanarsene?»
«Non se combiniamo il tutto con un incantesimo vincolante!»
«Ma... non possiamo mescolare più incantesimi. Beh, io non posso.
Tu puoi?»
Alzò lo sguardo verso Sirius, che stava annuendo vigorosamente.

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«Sì, ci ho provato per la tua lettura. In realtà non è così difficile,
devi solo concentrarti.»
«Esattamente quello che si dice sulla lettura.» Sospirò Remus.
«Faremo pratica.» Disse Sirius con fermezza. «Faremo tantissima
pratica, prima che James e Peter tornino. Saranno impressionati.»
Non ci fu tempo per fare il bis, quindi Remus dovette
accontentarsi dei suoi biscotti di Natale mentre Sirius cercava degli
incantesimi sul meteo, una volta trovato quello che voleva, si
alternarono a provare. Sirius dovette leggere le istruzioni diverse
volte prima che le capissero.
Era la prima volta che Remus provava un incantesimo senza una
dimostrazione prima. Scoraggiato all’inizio, capì rapidamente
come la bacchetta dovesse fluire e ruotare, mentre Sirius era
migliore nella pronuncia. Ci volle molta concentrazione ed era
quasi mezzanotte quando uno di due riuscì a produrre qualcosa.
Alla fine, Remus riuscì a creare una piccola nuvola grigia. Si riversò
dalla sua bacchetta come fumo, poi rimase sospesa tra di loro per
qualche istante prima di scoppiare come una bolla, lasciando solo
una vaga traccia di condensa.
Sirius sorrise, ampiamente.
«Funzionerà!»

Sabato 31 dicembre 1971


Fu difficile scollarsi di dosso Sirius la notte della luna piena. Remus
gli aveva persino detto di sentirsi male, ma poi l’altro ragazzo aveva
insistito sull’accompagnarlo in infermeria. Alla fine era riuscito a
convincerlo a restare in camera a provare l’incantesimo della
nuvola.
«Praticamente ce l’abbiamo fatta ormai.» Si lamentò Sirius.

103
Era vero, entrambi erano riusciti a produrre dei soddisfacenti
temporali in miniatura, il bagno si era quasi allagato nel processo,
ora era solo questione di mantenere la concentrazione e di
perfezionare l’aspetto vincolante.
«Trova qualcos’altro da fare, allora.» Remus scattò sulla porta, la
pelle che tirava, lo stomaco che brontolava.
«Ci vediamo domani.»
«Come fai a sapere che ti terrà per la notte... ?!»
Remus era scappato prima di dover rispondere ad altre domande.
Stava diventando distratto, pensò tra sé mentre bussava alla porta
dell’ufficio della McGranitt. Alla fine avrebbe dovuto pensare ad
una scusa decente per tutte le sue assenze. Era sicuro che
sarebbero riusciti a collegare le notti in cui era scomparso alla luna
piena prima o poi, dopotutto facevano astronomia tutti insieme.
La baracca era fredda, le pareti umide per la pioggia incessante.
Remus desiderò di aver portato la sua bacchetta; ormai aveva
imparato ad accendere un buon fuoco con un incantesimo. Ma
pensò che non sarebbe stato il caso avere un fuoco acceso una
volta trasformato. Avrebbe potuto bruciare l’intera baracca.
La trasformazione avvenne più improvvisamente del solito. Da
quando Madama Chips gli aveva detto che le trasformazioni
sarebbero peggiorate, sembrava sentirlo di più. Lottò per non
urlare, preoccupato che la McGranitt o Madama Chips potessero
sentirlo mentre uscivano dal tunnel. Non aveva bisogno di
ulteriore pietà.

Domenica 1 gennaio 1972


Il giorno dopo Remus riuscì a malapena ad alzarsi dopo essersi
ritrasformato, si avvolse in una coperta e si sdraiò sul pavimento
in attesa che arrivasse Madama Chips. Ogni centimetro del suo
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corpo gli faceva male più che mai. La sua testa martellava come se
un troll l’avesse calpestata. Ogni dente gli faceva male, i tendini
delle spalle sembrava fossero stati allungati così tanto da essersi
spezzati. Si era rotto quasi tutte le unghie. C’erano enormi segni di
artigli sulla carta da parati.
«Remus?» La voce dolce di Madama Chips giunse dalla porta. «Sto
entrando, caro.»
Chiuse gli occhi, incapace persino di gemere.
«Oh» Disse entrando nella stanza e vedendolo sul pavimento. «È
stata brutta, vero? Forse è il solstizio, dovrò consultare i miei libri.
Puoi alzarti Remus?» Gli toccò la fronte con il dorso della mano.
Aprì gli occhi e annuì debolmente, prendendole il braccio e
tirandosi su. Fu un errore. Non appena fu in piedi, la sua testa gli
girò e lo stomaco sussultò. Si chinò in avanti e vomitò sul
pavimento.
«Non importa.» Disse Madama Chips, gentilmente, un braccio
intorno alla sua spalla tremante. Puntò la bacchetta contro il
disordine e quest’ultimo svanì in un istante. «Nessun danno.
Adesso ti porto al caldo, si?»
Madama Chips voleva incantare una barella per riportarlo al
castello ma Remus non poteva sopportare la vergogna, non gli
importava quanto fosse presto. Tornarono indietro molto
lentamente e arrivarono in infermeria, dove Remus finalmente
crollò in un letto morbido e pulito.
L’infermiera continuò ad agitarsi intorno a lui, ma Remus si era già
addormentando.
Si svegliò sentendosi leggermente meglio. Il mal di testa lo aveva
abbandonato. Sbatté le palpebre annebbiato prendendo il
bicchiere d’acqua accanto a lui, qualcuno lo raccolse e glielo porse.
Bevve profondamente, poi lo mise giù alzando lo sguardo
aspettandosi di vedere Madama Chips. Sussultò.
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«Sirius!» Gridò, la gola ancora dolorante. Dio, aveva davvero
ululato durante la notte? Com’era imbarazzante.
«Felice anno nuovo.» Disse Sirius, allegramente. Era seduto sul
piccolo sgabello di legno messo lì per i visitatori, stringendo un
libro al petto.
«Ho pensato di venire a cercarti quando non ti ho visto a colazione.
Stai bene?»
«Bene.» Disse Remus sedendosi frettolosamente, massaggiandosi
la testa. «Io ehm... a volte ho l’emicrania. Mi sento meglio ora.»
«Bene.» Sirius annuì. «Perché ho qui il tuo regalo di Natale.»
«Il mio... cosa?» Remus fissò Sirius con diffidenza, i suoi occhi
azzurri erano luminosi e pieni di malizia.
«Scusa il ritardo.» Stava dicendo. «Ho dovuto apportare alcune
modifiche dell’ultimo minuto. Ecco.»
Gli consegnò il libro. Era la copia di Remus di Storia della Magia.
«Cosa...?» Remus non era sicuro se stesse solo facendo un sogno
molto strano. Perché Sirius gli stava dando il suo libro di Storia?
«Aprilo!»
Remus lo fece. Aveva a malapena aperto il libro tutto l’anno e le
pagine erano ancora rigide e immacolate, tranne la prima. Sotto il
titolo Sirius aveva scritto qualcosa con la sua precisa calligrafia in
corsivo. Remus lo guardò strizzando gli occhi, la bocca contorta
per lo sforzo. Era già esausto, non aveva l’energia per gli
indovinelli.
«Sirius.» Sospirò, «Sai che non posso-»
«Mettici sopra la mano!» Sirius disse con impazienza, facendo un
passo avanti. «Con un palmo contro la pagina... sì, così. Ora dammi
un momento...»
Prese la bacchetta dalla tasca e percorse con la punta la tempia di
Remus.

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«Sirius, cosa stai facendo?!» Remus era allarmato, non aveva mai
avuto una bacchetta puntata contro prima e aveva visto Sirius far
saltare in aria cose più grandi della sua testa.
«Fidati di me!» Sirius lo zittì.
Uno sguardo di concentrazione apparve sul suo viso. Prese un
respiro profondo. Remus chiuse gli occhi, preparandosi al peggio.
Almeno era già in infermeria.
«Lectiuncula Magna!» Sirius disse con forza.
Remus provò uno strano sussulto, come se avesse mancato
l’ultimo gradino di una scala. Non gli aveva fatto male, e almeno la
sua testa era ancora attaccata. Aprì gli occhi e guardò Sirius.
«Cos’era?»
«Guarda il libro!» Sirius lo indicò praticamente ballando sul posto
dall’eccitazione. «Dimmi cosa dice!»
Remus sospirò e guardò il libro che aveva in grembo. Era
esattamente lo stesso; una pagina bianca vuota con la grafia nera e
spessa leggermente inclinata di Sirius. Lo fissò, incerto su cosa
avrebbe dovuto fare.
«Leggilo!» Sirius suggerì.
«Io...» Remus abbassò lo sguardo e guardò la prima parola.
“Buon”
Disse una voce nella sua testa. Remus sbatté le palpebre scioccato;
non aveva mai sentito la voce prima, anche se sembrava la sua.
Suonava quasi come il cappello parlante, solo più familiare, meno
invasivo. Guardò di nuovo.
Buon Natale. Lesse. Adesso puoi fare i tuoi dannati compiti da solo. Dal
tuo caro Malandrino e amico, Sirius Black.
Remus rise. Guardò Sirius, poi di nuovo la pagina.
Aprì il libro in una pagina nel mezzo, guardando le parole scritte:
Durante la fine del XVI secolo, Cornelius Agrippa fece i suoi più grandi
progressi nel campo della magia naturale ...
107
«O mio Dio!» Esclamò Remus. Voltò di nuovo una pagina e lesse
di più. La voce continuò, sicura. Poteva leggere.
«O mio Dio!»
«Ha funzionato, allora?!» Chiese Sirius raggiante.
«Sirius! Questo è... tu!... Non posso... Come?!»
«Oh no.» Sirius ridacchiò. «Non dirmi che ti ho incasinato così
tanto il cervello che non riesci nemmeno a formare una frase
coerente?»
«Grazie.» Era tutto ciò che Remus poteva dire.
Poteva sentire i suoi occhi bruciare di lacrime e subito li strofinò
forte con i pugni. Sirius distolse lo sguardo, educatamente.
«Va bene.» Rispose. «Ora puoi aiutarmi a fare ricerche sul nostro
prossimo grande scherzo.»
«Non abbiamo fatto ancora il primo.» Replicò Remus tirando su
col naso e rimettendosi in sesto. «Devi farmi vedere come hai
fatto... è... voglio dire, deve essere davvero magia avanzata.»
«Più o meno.» Sirius scrollò le spalle. «Ho avuto l’idea dopo la
strillettera di mia madre, in realtà. Ho pensato che se riesci a far sì
che una lettera urli a qualcuno, allora puoi far sì che un libro legga
a qualcuno. Tenere la voce nella testa è stata la parte più difficile:
non riuscivo a capire se stesse funzionando su di me o se stessi
leggendo normalmente. Funziona su qualsiasi libro, però. Penso.
Non sono ancora sicuro di altre cose, come etichette o cartellini
delle pozioni, ma possiamo continua a lavorarci...»
Remus non riusciva a smettere di fissare quel libro, di leggere righe
a caso e di sorridere tra sé. Pensava di non essere mai stato così
felice in vita sua.

108
Lo scherzo
Domenica 2 gennaio 1971
«Brillante!» Esclamò James sbattendo la mano sul ripiano del
bagno. «Assolutamente brillante!»
«Sei così intelligente!» Disse Peter.
I quattro erano stipati nel piccolo bagno in comune. Sirius era in
piedi nella vasca da bagno, completamente vestito e con un
ombrello sopra la testa, mentre Remus aveva la bacchetta puntata
verso una nuvola grigia in tempesta che gli si librava proprio sopra.
Pioveva a dirotto. Sirius camminò avanti e indietro per la vasca,
ma la nuvola rimase saldamente sopra la sua testa seguendo ogni
sua mossa.
James e Peter erano tornati dalle vacanze di Natale solo due ore
prima, e appena finita la cena Remus e Sirius li avevano trascinati
di sopra per una dimostrazione.
«Lupin mi ha dato l’idea, ma io ho cercato gli incantesimi per
farlo.» Sirius sorrise fiero. «Non saprà cosa starà succedendo!»
«Quando possiamo farlo?!» James ora stava saltando su e giù,
pronto a esplodere per l’eccitazione. «Per prima cosa domani? A
colazione? A Pozioni?»
«A cena.» Sirius scosse la testa. «C’è più pubblico.»
«Sì, a cena.» Annuì James saggiamente, come se l’idea fosse stata
sua. «Seriamente, sono così dannatamente orgoglioso di voi due.»
«Grazie.» Sirius inarcò un sopracciglio ironico. Poi guardò Remus.
«Umm... Lupin? Probabilmente puoi fermarti ora. Mi si stanno
bagnando i piedi.»
«Oh!» Remus interruppe l’incantesimo, vedendo che aveva
prodotto più pioggia di quella che il vecchio tappo di scarico della

109
vasca poteva sopportare, e che Sirius era ora immerso fino alle
caviglie nell’acqua fredda, il fondo dei suoi vestiti inzuppati.
«Scusa.»
«Va tutto bene.» Rise Sirius uscendo dalla vasca e strizzandosi i
vestiti. «Assicurati solo di fare lo stesso con Piton.»
«Allora, Lupin farà l’incantesimo sta volta?» Chiese James.
Sirius alzò le spalle. «È più bravo. Ma posso farlo anche io, se
dovessero esserci interferenze.»

Lunedì 3 gennaio 1972


Il primo giorno di lezione dopo Natale fu molto strano.
James, Sirius e Peter erano pieni di energia nervosa in vista dello
scherzo. Anche Remus non vedeva l’ora, anche se era un po’
nervoso essendo lui a dover lanciare l’incantesimo, ma aveva un
altro motivo per essere eccitato. Sarebbe stato il primo giorno di
scuola in tutta la sua carriera accademica in cui avrebbe potuto
leggere.
Sirius gli aveva mostrato come eseguire l’incantesimo, era molto
difficile, ma alla fine Remus lo faceva fare all’altro ragazzo per lui
la maggior parte del tempo, avendo deciso di dedicare più tempo
ad imparare come farlo lui stesso in seguito. La sua magia era
ancora leggermente instabile dopo la luna piena, incline a
sbilanciarsi e a “esplodere” se si concentrava troppo. Non
sembrava una buona idea usare la bacchetta su sé stesso fino a
quando la luna non fosse calata abbastanza e lui avesse più
controllo.
La prima metà della giornata fu esattamente come aveva sperato
che fosse. Non poteva leggere la lavagna, ma Incantesimi era per
lo più basato sulla pratica, e Remus rimase stupito da quanto tutto
diventasse più facile quando poteva semplicemente consultare il
110
libro senza dover ricordare tutto ciò che Vitious aveva detto sugli
incantesimi ammorbidenti. Con grande costernazione di Lily
Evans, che di solito era la migliore studentessa di Incantesimi,
Remus fu il primo della classe a far rimbalzare il suo mattone.
Fu nel pomeriggio, durante Pozioni, che le cose iniziarono ad
andare storte. Tutto iniziò con la restituzione da parte di
Lumacorno dei loro saggi sui dodici usi del sangue di drago. Remus
aveva completato il suo prima di Natale con l’aiuto di Sirius, e tutti
i Malandrini erano andati abbastanza bene. Come al solito, Piton
ottenne il voto più alto e fece guadagnare cinque punti a
Serpeverde. Lily era seconda e fece ottenere un punto a
Grifondoro, aveva battuto Sirius solo di pochi voti.
Niente di tutto questo era affatto fuori dall’ordinario, ma a quanto
pare la tensione per lo scherzo era cresciuta troppo per Sirius, che
non poté resistere ad un tentativo.
«Mi chiedo se valga la pena avvicinarsi a Mocciosus solo per un
misero punto casa.» Borbottò abbastanza forte perché Lily e Piton
lo sentissero.
Lily si voltò, due chiazze rosa acceso sulle guance.
«Zitto Black.» Sibilò. «A nessuno piace un perdente irritato.»
«È difficile perdere quando il tuo ragazzo ti lascia copiare il suo
lavoro.» Sirius sussurrò in risposta, velenosamente.
«Non lo copio, e Severus non è il mio ragazzo!» Il viso di Lily stava
diventando sempre più rosso.
«Stai arrossendo, Evans.» Fece un sorrisetto Sirius, soddisfatto di
sé stesso. Diede una gomitata a James. «Non è dolce?»
James ridacchiò, annuendo.
«Ignorali Lily.» Sussurrò Piton, senza voltare la testa. «Sono solo
gelosi.»

111
«Gelosi di cosa, Mocciosus?» James intervenne, cercando di tenere
la voce bassa. «Geloso di un viscido e unto idiota come te?
Continua a sognare.»
Sirius rise, contento di aver trascinato anche James nella
discussione. Anche Peter rise, per non sentirsi escluso. Lumacorno
ancora ignaro, stava ora dando le spalle alla classe mentre
scarabocchiava le istruzioni sulla lavagna. Severus finalmente si
voltò con la sedia. Rivolse i suoi piccoli occhi neri a Sirius.
«Ho sentito che hai passato un Natale molto tranquillo, Black.»
Disse, la sua voce bassa e piena di cattiveria. «La tua famiglia non
poteva sopportare di averti intorno per qualche giorno in più
prima di rimandarti a scuola, giusto?» Le sue labbra si arricciarono,
crudelmente. «Tutte le famiglie purosangue ne parlano: la pecora
nera dei Black.»
Sirius strinse i pugni, Remus vide le sue nocche diventare bianche.
«Chiudi. Quella. Bocca.» Sirius ringhiò, a denti stretti.
«Sì, stai attento Piton.» James si accigliò. «Faresti meglio a badare
a quello che dici. Non si sa mai cosa potrebbe accadere.»
«È una minaccia, Potter?» Piton rispose sembrando annoiato.
«Perdonami se non sto tremando. Avete intenzione di scatenarmi
conto di nuovo Loony Lupin?»
Remus, che aveva ascoltato per metà la discussione e per metà le
istruzioni di Lumacorno, sussultò involontariamente. Aveva già
avuto quel soprannome. Era davvero impressionante che nessuno
a Hogwarts l’avesse ancora detto, specialmente quando sapeva di
avere la reputazione di essere un po’ strano. Tutti lo avevano
chiamato così alle sue spalle?
Di riflesso, Remus prese la sua bacchetta.
Piton lo vide, e il suo sorrisetto divenne ancora più cattivo.
«Oh mio Dio, hai seriamente imparato un po’ di incantesimi
Lupin? Sono impressionato. Intendiamoci, ho sentito che possono
112
addestrare alcune scimmie a eseguire trucchi basilari, quindi
suppongo che non sia un vero risultato.»
Remus alzò la bacchetta, ma Sirius gli afferrò il polso e lo spinse
giù sulla scrivania.
«Non ancora.» Mormorò.
Remus strinse la mascella e guardò di nuovo la lavagna, ribollendo
internamente. Anche Piton ridacchiò e si voltò.
Remus sentì Lily sussurrare con rabbia.
«Non c’è bisogno di essere così orribile con lui!»
Remus riuscì a malapena a concentrarsi sul resto della lezione.
Sapeva che non avrebbe dovuto preoccuparsi di quello che Piton
pensava di lui, o di chiunque altro, per quanto importasse. Ma le
frecciatine del ragazzo Serpeverde gli erano entrate dentro e non
c’era modo di farle uscire. Sirius non aiutò; continuava a
mormorare “gliela faremo vedere!” sottovoce, lanciando occhiate
cupe in direzione di Piton.
Quando finì la cena, Remus era incandescente per la rabbia e il
desiderio di mettersi alla prova. Mangiò a malapena un pezzetto di
pasticcio di carne, uno dei suoi preferiti. Lanciò un’occhiataccia a
Piton dall’altra parte della stanza. Non passò inosservato, e Severus
diede una gomitata ai ragazzi intorno a lui, indicando i Malandrini
e ridendo.
Remus pensava di essere riuscito a distinguere le parole “Loony
Lupin”. James e Sirius li guardarono accigliati. Anche Lily se ne
accorse.
«Lasciate stare Sev, okay?» Squittì. «Questa stupida faida
continuerà per sempre se nessuno di voi sarà abbastanza maturo
da-»
«Piantala Evans.» James roteò gli occhi. «È già abbastanza brutto
che tu sia amica di quel coglione, ora stai anche cercando di
difenderlo? Dov’è la lealtà per la tua casa, eh?»
113
«Questo non ha niente a che fare con le case.» Sbottò. «È un
ridicolo battibecco sul niente.»
«Ha insultato Remus!»
«Voi ve la prendete sempre con lui!»
«Ha iniziato lui!»
«Oh sì, quindi voi dovete finirla. Giusto Potter?!» Si alzò
improvvisamente, raccogliendo la sua borsa. «Dio, sei così pieno
di te!» Se ne andò, le sue scarpe di vernice ticchettavano
rabbiosamente sulle lastre di pietra.
«Quella adora bisticciare.» James sorrise.
Ci fu un urlo di risate dal tavolo dei Serpeverde e Remus decise
che ne aveva abbastanza. Anche lui si alzò, estrasse la bacchetta e
la puntò contro Severus.
«Ligare Pluviam!» Fu improvviso e perfetto.
La nuvola di pioggia schizzò dalla bacchetta di Remus con la
velocità di un proiettile, nessuno poté nemmeno vedere da dove
fosse partita. Si appoggiò sulla testa di Piton, spessa, grigia e
pesante. Ci fu un debole fragore di un tuono e poi iniziò
l’acquazzone.
All’inizio Piton non capiva cosa stesse succedendo, si coprì la testa
con le mani e guardò in alto. Gli studenti seduti vicino a Piton si
alzarono e indietreggiarono, non volendo bagnarsi. Poi Piton si
alzò cercando di schivare la nuvola, ma questa lo seguì fluttuando
insistentemente, con la pioggia che cadeva.
La gente ora rideva e indicava. Tutti si guardavano intorno,
cercando di capire chi fosse stato, ma nessuno aveva visto Remus
lanciare l’incantesimo, tranne i suoi amici. Si sedette, ma tenne la
bacchetta puntata su Severus, sorridendo mentre guardava il
ragazzo che cercava ancora di scappare dalla mini-tempesta.
«Sì!» Sirius sibilò nel suo orecchio. «Maledizione, sì Lupin, sei una
bellezza!»
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L’immensa soddisfazione che Remus provò fu ingigantita dalle
risate che echeggiavano intorno a lui. Piton era un ragazzo così
cattivo e dispettoso che persino alcuni dei Serpeverde sembravano
contenti di vederlo beccarsi ciò che si meritava. Più Remus ci
pensava, più voleva punirlo, e più pioveva. In effetti, la nuvola
sembrava scurirsi e gonfiarsi.
Piton era completamente fradicio ora, i suoi capelli attaccati alla
testa gli finivano negli occhi. La sua pelle era pallida e la sua
uniforme grondava d’acqua, una pozzanghera si era formata sotto
di lui. Remus sorrise mentre guardava Severus che cercava
disperatamente di scappare, assomigliando sempre di più a un topo
annegato.
«Smettila!» Lily stava urlando a James. «So che sei tu! Smettila
subito!»
James continuò a ridere e alzò le mani per mostrare che non stava
facendo nulla. Sembrava che Lily stesse per piangere.
Severus fece per correre, le braccia sopra la testa per evitare che la
pioggia lo colpisse, ma la sua tunica era così pesante e così
impregnata d’acqua che per metà inciampò, per metà scivolò e
cadde a terra. Remus avrebbe riso, ma era troppo concentrato.
La pioggia cadde ancora più forte, finché fu difficile persino vedere
Severus attraverso l’acqua. Anche la nuvola si era fatta più grande
e scoppiettante di tuoni e fulmini, non era mai successo quando si
era esercitato su Sirius, infondo non era così arrabbiato con Sirius.
«Smettetela! Per favore!» Lily adesso stava singhiozzando.
James aveva smesso di ridere e toccò il braccio di Remus.
«Ehm... Remus? Ne ha avuto abbastanza, amico...»
Piton non riusciva più ad alzarsi. Remus si rese conto che nessuno
rideva più, e alcune persone stavano urlando.
«FINITE.» Una voce rimbombò nella sala da pranzo ed
immediatamente smise di piovere.
115
Tutti tacquero. Silente era sull’ingresso, Remus non lo vedeva da
Halloween. Sembrava perfettamente calmo nonostante il caos che
si era appena concluso.
Il preside entrò di corsa nella stanza, facendo sparire tutta l’acqua
con un gesto della sua bacchetta e chinandosi su Severus.
Remus mise via la bacchetta e si raggomitolò sulla panca,
guardando Silente sussurrare sul corpo prono di Piton. Lily stava
ancora singhiozzando e corse a mettersi accanto a Silente,
tremante e spaventata.
«Tutti nei vostri dormitori, per favore.» Disse Silente a bassa voce,
ma in qualche modo fu sentito da tutti nell’enorme sala. «Signorina
Evans, per favore, chiami Madama Chips.»
Lily corse via dalla stanza e gli altri studenti iniziarono a sfilare,
obbedienti. James, Sirius e Remus si scambiarono uno sguardo
nervoso prima di affrettarsi a raggiungere il resto della loro casata.

116
Le conseguenze
La maggior parte dei Grifondoro gironzolava nella Sala Comune
spettegolando e chiacchierando, tutti si stavano chiedendo chi
poteva essere stato. I Malandrini, di solito desiderosi di essere al
centro di ogni discussione, si insinuarono tutti al piano di sopra,
pallidi di fronte al senso di colpa.
Remus si sedette sul letto, fissando il pavimento. Aveva esagerato,
lo sapeva. Si era sentito bene, per un po’, e niente poteva
convincerlo che Severus non se lo fosse meritato. Ma ora James lo
stava guardando in modo strano e sapeva che Silente l’avrebbe
scoperto in qualche modo, sempre che Lily non l’avesse detto già
a tutti.
«Che è successo?» Chiese James attento. «Hai perso il controllo?
Era magia davvero potente.»
«È stato stupefacente!» Disse Sirius all’improvviso. «Ci penserà due
volte prima di darci fastidio di nuovo!»
«Ma... voglio dire... non volevamo fargli del male, vero?» James si
accigliò.
«Sta bene, stava solo fingendo per metterci nei guai.»
«Finiremo nei guai?» Chiese Peter torcendosi le mani. «Non
l’abbiamo fatto tutti, no? Era solo...»
Sirius gli diede uno schiaffo dietro la testa,
«Ratto.» Disse. «Siamo Malandrini. Uno per tutti, tutti per uno.»
«Sì certo.» Mormorò Peter, massaggiandosi la testa e andando a
sedersi sul suo letto imbronciato.
«L’ho fatto io, voi non dovreste finire nei guai.» Disse Remus
piano, senza alzare lo sguardo.
«È stata una mia idea!» Sirius disse. «Ho fatto io le ricerche! Non
preoccuparti Lupin, scommetto che sta bene.»

117
«Se sta bene.» Disse Remus pesantemente. «Allora non è grazie a
me.» Alla fine incontrò gli occhi di James. Erano marrone scuro e
molto più seri del solito. «Volevo ferirlo.»
James sostenne il suo sguardo e annuì leggermente.
Qualcuno bussò alla porta attenuando la tensione: era Frank
Paciock.
«Voi quattro dovete andare nell’ufficio della McGranitt, adesso.»
Disse gravemente.
Seguirono Frank giù per le scale e attraverso la Sala Comune, dove
tutti li fissarono. Remus guardò i suoi piedi per tutto il tempo, ma
sentì le chiacchiere cessare mentre camminavano. Non importava
cosa sarebbe successo dopo, tutti avrebbero saputo che erano i
responsabili.
La McGranitt non era sola, Silente era in piedi accanto alla sua
scrivania, le mani giunte davanti a sé. Sorrise piacevolmente ai
quattro ragazzi in fila davanti a lui.
«Buonasera signori.» Disse.
«Buonasera, preside.» Risposero tutti.
«Potrebbe interessarvi sapere che il giovane Signor Piton sta
abbastanza bene, anche se il suo orgoglio è stato piuttosto ferito.»
Non dissero niente. Remus non guardò in alto.
«Sembra pensare che voi quattro abbiate qualcosa a che fare con
la sua cattiva sorte di sta sera.» Silente continuò piacevolmente,
come se stesse solo passando il tempo. «In particolare lei, signor
Potter.»
James alzò lo sguardo, aprì la bocca, poi la richiuse e guardò in
basso.
Remus non poteva sopportarlo. Aveva solo tre amici in tutto il
mondo e non li avrebbe persi ora. Fece un passo avanti.

118
«Sono stato io signore, l’ho fatto io. Mi ha detto alcune cose prima
ed ero arrabbiato con lui. Volevo dargli una lezione.» Si costrinse
a guardare in alto negli occhi azzurri di Silente.
Il vecchio annuì soddisfatto. «Capisco. Ha agito da solo?»
«Sì.» Remus estrasse la sua bacchetta. «Guardi, posso provarlo-»
«Non c’è bisogno!» Silente disse in fretta. «Le credo, Signor Lupin.»
«Non ha fatto tutto da solo, signore!» Sirius esplose. «Ho cercato
l’incantesimo, ho imparato anche a farlo, è altrettanto colpa mia.»
«Vuoi dire che hai pianificato questo, Black?» Disse la McGranitt
bruscamente. «Hai pianificato un attacco ad un altro allievo? Dieci
punti da Grifondoro. Per ognuno di voi.»
Sirius abbassò di nuovo lo sguardo.
«E punizione per tutti voi, per un mese.» Continuò. «Trovo molto
difficile credere che il signor Lupin abbia agito da solo.»
Tutti e quattro abbassarono la testa.
«Potete andare, signori.» Disse Silente piano. «Non ho dubbi che
troverete tutti il tempo per scusarvi con il signor Piton,
ovviamente.»
Sirius fece un rumore indignato e James gli diede una gomitata. Si
voltarono per andarsene.
«Signor Lupin, solo un momento.»
Remus si bloccò. Avrebbe dovuto sapere che non se la sarebbe
cavata così facilmente. Rimase fermo mentre gli altri lasciavano la
stanza seguiti dalla McGranitt.
Una volta chiusa la porta, cadde un silenzio immobile. Silente non
parlò immediatamente e alla fine Remus alzò la testa per incontrare
gli occhi del preside. Non sembrava arrabbiato o deluso. Aveva la
sua solita espressione piacevole, venata di curiosità, forse.
«Come ti trovi ad Hogwarts, Remus?»
Non era questa la domanda che si era aspettato.
«Ehm ... tutto okay.»
119
«Sembra che tu non abbia avuto problemi a farti degli amici.»
Questa non era affatto una domanda, quindi non rispose. Si
guardò i piedi, poi di nuovo in alto.
«Verrò espulso?» Chiese.
Silente sorrise. «No Remus, nessuno verrà espulso. Vedo che sei
dispiaciuto per quello che hai fatto. La cosa che mi preoccupa è
come l’hai fatto. È stato un incantesimo molto potente, non me lo
sarei aspettato da un primo anno... devi essere stato molto
arrabbiato.»
Remus annuì. Non voleva dire a Silente il perché; dei nomi con cui
Piton lo chiamava o di come lo faceva sentire stupido, inutile e
piccolo.
«La passione è una qualità importante in un mago, Remus.» Silente
stava dicendo. «Dirige la nostra magia, la rafforza. Ma come hai
imparato oggi, se non esercitiamo il controllo, mettiamo in
pericolo tutti quelli che ci circondano.» Sembrava molto serio, i
suoi occhi avevano perso il loro luccichio. «Non voglio spaventarti
Remus. Quando ci siamo incontrati per la prima volta, ti ho detto
che mi eri simpatico; il destino che ti è stato dato non la auguro a
nessuno. Ma devi stare più attento. Sei un mago dotato, non
sprecare l’occasione.»
Remus annuì, desiderando più di ogni altra cosa che la
conversazione finisse, preferiva le botte ad una ramanzina. La
parte peggiore era che Silente aveva ragione. Aveva lasciato che la
sua rabbia verso Severus influenzasse l’incantesimo che aveva
usato, semplicemente non era abituato ad avere quel tipo di forza.
«Mi dispiace, professore.» Disse. «Mocc- voglio dire... Severus sta
bene?»
«Sì, sta benissimo. Penso che sperasse che se avesse smesso di
lottare, chiunque stesse lanciando l’incantesimo si sarebbe

120
fermato. È stato asciugato e non subirà alcun effetto a lungo
termine.»
«Oh...» Remus annuì. «Bene.»
«Ora.» Silente sorrise. «Vai. Ti ho tenuto abbastanza a lungo e ho
la sensazione che il signor Potter stia aspettando fuori che tu gli
dica tutto.»

Silente gli aveva dato molto a cui pensare, e adesso aveva tutto il
tempo per farlo: la McGranitt era mortalmente seria riguardo alle
loro punizioni e arrivò persino al punto di dividerli tutti e quattro.
Sirius fu incaricato di pulire i calderoni nelle segrete, Peter di
lucidare i trofei nella Sala dei Premi e James di riconfigurare ogni
telescopio astronomico nella torre. A Remus fu affidato il peggior
compito di tutti; pulire la guferia. Naturalmente, a nessuno di loro
era permesso usare la magia e ogni notte dovevano ricominciare
tutto da capo.
«Crudele e insolito ecco quello che è.» Si lamentò Peter alla fine
della prima settimana mentre cadevano sul letto, sporchi ed esausti.
«Non so di cosa ti lamenti.» Borbottò Sirius. «Mi piacerebbe
lucidare i trofei. Chissà cosa mi sono preso a scrostare quei dannati
calderoni.»
James si limitò a gemere, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi
gli occhi.
Remus non si lamentò, perché non sentiva di meritarlo. Si sentiva
malissimo per aver messo nei guai tutti i suoi amici, ma ancora più
male per quello che aveva fatto. Il tutto era solo aggravato dalla
quantità di letture che stava facendo. L’incantesimo di Sirius era
difficile, meno intuitivo della magia a cui era abituato. Sirius fu il
primo ad ammettere che non era perfetto, svaniva dopo circa
un’ora e doveva essere ripetuto. Remus l’aveva imparato

121
abbastanza bene da poterselo fare da solo, anche se spesso gli ci
volevano più tentativi prima di farlo bene.
La prima cosa che aveva fatto era visitare la biblioteca e prendere
in prestito un libro dagli scaffali sulle creature magiche. Ogni notte,
dopo che avevano fatto i compiti e scontato la punizione, Remus
tirava le tende intorno al letto, faceva luce con la bacchetta e
leggeva lo stesso capitolo più e più volte. C’erano interi libri scritti
sul suo problema, ma era terrorizzato che qualcuno si sarebbe
insospettito se avesse iniziato a controllarli tutti. Inoltre non era
sicuro di voler saperne di più, le cose che aveva letto fino a quel
momento erano già abbastanza brutte.
Pensava al libro quasi costantemente: durante le lezioni, durante i
pasti, durante la punizione. Parole come “mostruoso”, “mortale”
e “la più oscura delle creature” gli balenavano in mente come
insegne al neon. Sapeva di essere pericoloso, ovviamente. Sapeva
di essere diverso. Non sapeva di essere odiato, persino cacciato. A
quanto pare, i suoi denti valevano tantissimo in alcune parti
dell’Europa orientale. La sua pelle valeva ancora di più.
C’erano anche dettagli legislativi; cose che non comprendeva
appieno, ma che suonavano orribili. Leggi e registri sul lavoro e
limitazioni di viaggio. Sembrava che, anche se avesse saputo
leggere, le sue prospettive di lavoro non sarebbero potute essere
migliori nel mondo magico di quanto lo fossero come babbano.
Capiva anche perché Silente gli aveva detto di stare attento. Era
chiaro ora che se qualcuno a Hogwarts avesse scoperto cosa fosse
Remus, allora sarebbe stato davvero nei guai, e l’espulsione
sarebbe stata l’ultima delle sue preoccupazioni.
Ma nulla di ciò che leggeva era davvero rilevante per le sue
esperienze. Non c’era alcun resoconto di un mago che conviveva
effettivamente con la condizione; come se la cavavano, cosa
aspettarsi, se erano stati in grado di mantenere un lavoro o anche
122
solo di evitare di ferire gli altri. Aveva pensato che fosse normale
sentire l’odore del sangue e sentire i battiti del cuore, ma come
poteva saperlo con certezza? Era normale che la sua magia fosse
più forte quando c’era la luna crescente? A volte pensava di
poterne sentire il potere puro, frizzante nelle sue vene come una
pozione; lo riempiva e traboccava, scoppiando dalla punta delle
sue dita. E poi c’era il suo carattere. Quanto di quello era lui, e
quanto era il mostro?
Rimaneva sveglio quasi tutte le notti, dopo che l’incantesimo della
lettura si era esaurito ed era troppo stanco per farlo di nuovo ma
troppo irrequieto per dormire. La sua mente vibrava di
preoccupazione e paura. Com’era semplice tutto a St Edmund’s;
niente magia, niente compiti a casa, niente angosciosi dilemmi
morali e, ovviamente, nessun amico. Se qualcosa impediva a
Remus di arrendersi, allora era quello.
Era James, che aveva un ego grande quanto un lago, ma un cuore
all’altezza. Peter che sì, era strano e un po’ incapace ma in realtà
aveva un gran senso dell’umorismo e poteva essere
immancabilmente generoso. E ovviamente Sirius. Sirius sapeva
mantenere i segreti, aveva una vena cattiva ma non l’aveva mai
rivolta ai suoi amici, era lo studente più dotato dell’anno ma
passava tutto il suo tempo inventando scherzi.
Remus non avrebbe rinunciato a niente di tutto ciò, non se avesse
potuto evitarlo. Anche se avesse dovuto essere lo studente più
gentile della scuola, se avesse dovuto sforzarsi di leggere ogni libro,
completare ogni compito, seguire ogni regola. Sarebbe stato così
bravo che avrebbero dovuto farlo Prefetto, avrebbe fatto tutto se
ciò avrebbe significato restare a Hogwarts e tenersi i suoi amici.
Non c’era nessuno con cui parlare di nessuna di queste cose,
nessuno che avrebbe capito, comunque. Per quanto ne sapeva
Remus, solo Silente, la McGranitt e Madama Chips sapevano della
123
sua condizione. La McGranitt era troppo severa per farle domande
del genere. Remus non era ancora sicuro che Silente fosse del tutto
sano di mente, e comunque non aveva idea di come fissare un
appuntamento con il preside. Quindi rimaneva Madama Chips, alla
fine.
Aspettò fino alla luna successiva, che arrivò alla fine di gennaio.
Era domenica, quindi dopo cena si separò dai Malandrini e si
diresse in infermeria prima del solito.
«Remus!» L’infermiera gli sorrise sorpresa. «Non ti aspettavo fino
al calar della notte.»
«Volevo chiederle alcune cose.» Disse timidamente, con gli occhi
che saettavano per la stanza.
C’erano alcuni studenti sdraiati sui letti, la maggior parte dormiva.
Per fortuna Madama Chips era molto discreta.
«Certamente, facciamo un salto nel mio ufficio?»
Era molto più carino di tutti gli uffici degli insegnanti in cui Remus
era stato fino a quel momento. Le pareti erano rivestite da
centinaia di bottiglie ordinate e di pozioni e tonici, era luminoso e
arioso, non aveva una scrivania e al posto delle seggiole di legno
c’erano comode poltrone ai lati di un caminetto.
«Come posso aiutarti, caro?» Chiese sistemandosi e facendogli
segno di sedersi.
«Ecco.» Deglutì, non sapendo come iniziare. «Solo... avevo alcune
domande sul mio... mio problema.»
Gli sorrise gentilmente. «Certo che ce le hai Remus, è
perfettamente naturale. C’è qualcosa di specifico che vorresti
sapere?»
«Sì. Ho letto qualcosa, so che non esiste una cura o altro.»
«Non ancora.» Disse rapidamente. «Ma progressi vengono fatti
continuamente.»

124
«Oh, bene. Ma, per ora, suppongo di voler solo sapere di più a
riguardo. Non ricordo niente quando mi sveglio, solo che mi viene
tanta fame.»
«Vorresti saperne di più sulla trasformazione?»
«No, non solo quello. Cose tipo... cambia chi sono, il resto del
tempo? Mi rende...» Abbassò lo sguardo sulle sue mani, perplesso.
Non era sicuro di cosa volesse dire e aveva un forte nodo alla gola.
«Remus.» Disse Madama Chips. «Questa è una condizione che hai,
non è quello che sei.»
«Mi arrabbio, a volte.» Disse fissando il fuoco invece di guardarla
in faccia. «Mi arrabbio davvero, davvero tanto.»
«Tutti hanno delle emozioni, sono perfettamente naturali.
Impariamo solo a controllarle, nel tempo.»
Lui annuì comprendendo. Non poteva dirle il resto. «La
trasformazione sta peggiorando. Diventa sempre più difficile.»
«Sì.» Rispose solenne. «Ho letto che può peggiorare con l’inizio
della pubertà.»
«Oh, va bene.» Remus annuì. Ci fu una lunga pausa. «Peggiorare
quanto?»
«Io... non saprei dire. Sei il primo che tratto con la tua condizione.»
Un altro silenzio. Remus non si sentiva meglio di prima; non meno
confuso.
«Vorresti prendere in prestito quel libro che ho citato?»
Annuì, costringendosi finalmente a guardarla.

Il libro di Madama Chips, Fur to Fangs: Occuparsi delle creature magiche


metà umane era moderatamente più utile di alcuni degli altri che
Remus aveva letto fino a quel momento. C’erano ancora molte
cose che non riusciva a capire; magia curativa avanzata e
complicate ricette di pozioni, maggiori dettagli sulla legislazione e
,ancora più terrificante; processi e persecuzioni. Ma comunque
125
sapeva già molto: era stato morso e non era permesso mordere
nessun altro durante la luna piena, l’argento lo feriva, non c’era
cura.
Il libro diceva infatti che con l’inizio della pubertà le sue
trasformazioni sarebbero aumentate di intensità e che in seguito
sarebbe diventato più pericoloso. Non menzionava i cambiamenti
nelle abilità, magiche o altro, e non c’era niente di solido che si
riferisse a cambiamenti di umore o temperamento.
Non considerava particolarmente interessante o importante sapere
che aveva un muso più corto dei veri lupi o che la sua coda aveva
un ciuffo (preferiva pensare di non avere nessuno dei due), ma era
curioso di scoprire che era solo una minaccia agli umani, in
particolare ai maghi. Apparentemente gli altri animali non
correvano nessun pericolo intorno a lui: si divertiva a pensare che
almeno Mrs Purr fosse al sicuro.
Non passò inosservato che Remus si fosse allontanato dai
Malandrini dopo l’attacco a Piton: “Dove sei stato?” chiedevano,
ogni sera mentre si vestivano per andare a letto.“Compiti.” faceva
spallucce, o talvolta “Punizione.” anche se non aveva avuto
un’altra punizione dopo lo scherzo.
La verità era che se ne stava sempre il più lontano possibile dalle
altre persone. Cercava deliberatamente di rimanere fuori dalla loro
stanza fino al momento di dormire e evitava anche la Sala Comune
se poteva evitarla. Pensava che finché non fosse riuscito a
controllare la sua magia, sarebbe stato meglio non farsi coinvolgere
in nessun altro degli scherzi di James e Sirius. E stavano tramando,
lo sapeva per certo. A volte di notte Remus poteva sentirli entrare
furtivamente nel letto dell’altro, poi sussurrare furtivamente prima
di lanciare un incantesimo silenziatore. Altre volte strisciavano
fuori con Peter, sotto il mantello. Cercavano sempre di svegliare
Remus, ma lui li ignorava.
126
Durante il giorno si nascondeva in fondo alla biblioteca, oppure in
uno dei suoi luoghi segreti. Aveva trovato dei posti in tutto il
castello che erano abbastanza piccoli da potervisi arrampicare e
non essere scoperti per ore e ore. Finestre che erano state a lungo
murate, ma mantenevano sporgenze alte e larghe; stanze piccole e
vuote nascoste dietro gli arazzi; il bagno delle ragazze del quinto
piano. Lì poteva raggomitolarsi e leggere per ore; a volte faceva
davvero i compiti, altre volte si costringeva a fare ricerche sulla sua
condizione.
Aveva un altro motivo per nascondersi. Dall’incidente l’odio di
Piton verso i Malandrini si era intensificato, prese ad andare
ovunque con Mulciber, usandolo come protezione personale. Se si
fossero incrociati nei corridoi, Remus doveva sempre essere
pronto con un incantesimo di difesa; Mulciber conosceva più
maledizioni di Sirius e James messi insieme.
Un pomeriggio Remus era immerso in un libro sull’antica magia
da battaglia; c’era un capitolo sugli Úlfhéðnar, guerrieri-lupi
germanici che combatterono i romani. Era seduto in alto sul suo
davanzale preferito e non poteva essere visto dalla terra a meno
che qualcuno non stesse guardando davvero. Si era arrampicato
usando un incantesimo che creava una corda che avevano
imparato poche settimane prima. Stava per scendere e andare a
cena, quando fece una mossa sbagliata e fece cadere il pesante libro
dal bordo. Fece una smorfia mentre precipitava sul duro
pavimento di pietra con un tonfo assordante.
«Chi è là?!» Una voce giunse, più in alto nel corridoio.
Sentì dei passi, e pensando di annegare Remus realizzò di sapere
chi fosse.
«È solo un libro.» Disse Mulciber, sembrando imbronciato.
«Sì, ma da dove viene?» Replicò Piton sospettoso.
Mulciber sbuffò.
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«La Biblioteca?»
Piton mormorò sottovoce sembrando esasperato mentre Remus
si schiacciava più forte che poteva contro il muro di pietra.
«Chi c’è lassù?» Gridò Piton con la sua voce nasale e dispettosa.
Silenzio. «Homenum Revelio.»
Remus provò una strana sensazione nello stomaco e prima che se
ne accorgesse, fu tirato giù dalla sporgenza da una forza invisibile.
Urlò, cercando qualcosa a cui aggrapparsi, e finì per penzolare dalla
sporgenza attaccato solo con la punta delle dita.
Piton e Mulciber risero di sotto.
«Bene, bene.» Piton fece le fusa. «Se non è Loony Lupin... dove
sono i tuoi piccoli amici, eh? Ti hanno messo lassù e ti hanno
dimenticato?»
«Vaffanculo, Piton.» Sibilò Remus, perdendo la presa sulla pietra,
sperando che non si sarebbe rotto le caviglie quando finalmente
sarebbe caduto.
«Igniscopum!» Piton sorrise puntando la bacchetta. Una sottile corda
di fuoco venne sparata verso Remus, costringendolo a staccarsi dal
muro, atterrando sulla schiena sul pavimento duro.
Sbatté le palpebre, senza fiato, ma si alzò rapidamente in piedi,
tirando fuori la sua bacchetta.
«Okay.» Disse, la schiena dolorante per la caduta. «Mi hai preso.
Adesso vai via.»
«Perché diavolo dovremmo farlo?» Severus rispose affrontandolo
e alzando la bacchetta.
«Expeli-»
«EXPELLIARMUS.» Ruggì Piton battendolo sul tempo. Strinse
la bacchetta di Remus allegramente, poi aggiunse. «Gelesco.»
Remus sentì i suoi piedi fondersi con il terreno, bloccandolo al suo
posto. Gemette: adesso era in trappola. Sarebbe potuta valere la
pena chiamare aiuto, ma il corridoio era silenzioso e non voleva
128
sembrare un codardo. Li fissò entrambi con aria di sfida, serrando
la mascella.
«Mulciber.» Piton si rivolse al suo compagno simile a un troll.
«Non stavamo dicendo solo l’altro giorno, che hai bisogno di
esercitarti ancora su qualche maledizione? Penso che questa
potrebbe essere l’occasione perfetta.»
Mulciber sorrise leccandosi le labbra. Alzò la sua bacchetta, non
così elegantemente come Severus, ma con lo stesso intento
malizioso.
«Lapidosus!»
Per un attimo non accadde nulla e Remus provò un’ondata di
sollievo; prima che improvvisamente, dal nulla, una nuvola di
minuscole pietre come ghiaia apparisse fluttuante a mezz’aria.
Rimase sospesa tra Remus e Mulciber per alcuni istanti, prima di
iniziare a volare in faccia a Remus, come un mucchio di api
arrabbiate. Remus alzò immediatamente le braccia per proteggersi,
ma Severus fu troppo veloce.
«Incarcerous.» Disse sbadigliando come se fosse annoiato.
Immediatamente Remus si ritrovò legato stretto da una fune, a
malapena in grado di muoversi. Le pietre continuavano a colpirlo
e tutto quello che poteva fare era chiudere gli occhi. Si dimenò,
sapendo che non sarebbe stato d’aiuto, ma doveva fare qualcosa.
Non voleva piangere, anche quando sentì un caldo rivolo di sangue
scivolargli lungo la tempia.
«Cosa sta succedendo, Severus?» La voce di una ragazza proveniva
dalla fine del corridoio.
«Finite Incantatum.» Sussurrò Piton in fretta.
Le pietre si fermarono immediatamente, la corda svanì e le gambe
di Remus si staccarono, tutto d’un colpo. Barcollò all’indietro,
appoggiandosi al muro.

129
Alzò lo sguardo in tempo per vedere Lily, la sua salvatrice, correre
verso di loro. Si fermò quando vide Remus, che stava cercando
velocemente di asciugargli il sangue dalla faccia. Guardò Piton e
aggrottò la fronte.
«Cosa stai facendo, Sev?»
«Niente.» Guardò a terra, strofinando la punta della scarpa sulle
lastre di pietra. «Stavamo solo chiacchierando con Lupin, vero
Mulciber?» Mulciber alzò le spalle, poco convincente.
Lily guardò Remus, che distolse lo sguardo, imbarazzato. Già era
brutto essere beccato da Severus, non aveva bisogno che anche lei
si sentisse dispiaciuta per lui. Prese velocemente la sua bacchetta
da Severus, si voltò e iniziò ad allontanarsi il più velocemente
possibile.
«Aspetta! Remus!» Lily gli corse dietro. Non si fermò, ma lei fu
abbastanza veloce da raggiungerlo. Stringeva il suo libro di magia
da battaglia in un braccio e lo afferrò con l’altro. «Per favore!» Lei
sbuffò.
Si fermò sospirando pesantemente; rivoleva indietro il suo libro.
«Cosa?» Si accigliò.
«Cosa ti stavano facendo? Sev non me lo dice e so che è stato
brutto.»
«Va tutto bene.» Remus scrollò le spalle, prendendo il suo libro.
«Stai sanguinando!»
«Smettila, Evans.» Remus la spinse via, cercando di andarsene di
nuovo. Lei continuò a correre al suo fianco.
«Gli ho detto di smetterla di prendersela con te, non so perché lo
fa... voglio dire, non vai nemmeno più in giro con Potter e Black,
gli ho detto che-»
«Perché dovrebbe importare con chi vado in giro?!»
«Sono loro che lui vuole davvero infastidire, se sa che anche tu ti
sei stufato di loro, allora...»
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«Aspetta.» Remus si fermò, Lily quasi andò a sbattere contro di lui.
«Stai dicendo che ti starebbe bene se Mulciber e Piton se la
prendessero con James e Sirius invece che con me?!»
«Beh.» Lily arrossì. «Voglio dire, almeno sarebbe una lotta alla pari.
E sai, se la cercano comportandosi in quel modo.»
Remus si sentiva ancora più a disagio ora. Lily pensava che James
e Sirius avessero attaccato Severus entrambe le volte, non aveva
idea che fosse stato lui. Questo confermò una delle sue peggiori
paure: Lily pensava che Remus andasse in giro con James e Sirius
solo perché era strano e perché glielo permettevano. Tutti nel
castello pensavano che fosse patetico come Peter?
«Hai torto.» Remus aggrottò la fronte. «Ora lasciami in pace, va
bene?»

131
Astronomia
«È fantastico riaverti Lupin.» Sirius sorrise, togliendo il mantello
dell’invisibilità mentre entravano nell’aula (precedentemente
chiusa) di Difesa contro le Arti Oscure.
«Cosa vuoi dire?» Remus rispose, guardando James salire sulla
scala nell’angolo della stanza per raggiungere lo scaffale più alto,
dove si trovava una gabbia di folletti addormentati. «Non sono
andato da nessuna parte.»
«Andiamo, amico.» Disse Peter tenendo la scala per James.
«Abbiamo notato che ci hai evitato come la peste.»
«Non l’ho fatto.» Remus storse la bocca. «Sono solo stato
occupato. Sai, studio e cose del genere.»
«Beh, spero che tu abbia superato quella fase ora.» Rise James
scendendo lentamente mentre stringeva l’enorme gabbia con
entrambe le mani. «Apprezzerei davvero se smettessi di lavorare
così duramente... fa lavorare me ancora più duramente, e non sono
abituato alla concorrenza.»
«Oh, piantala Potter.» Ringhiò Sirius frugando nei cassetti e
all’interno delle scrivanie.
Remus aveva deciso che questo scherzo non avrebbe fatto male a
nessuno, non gli serviva usare alcuna magia. Se doveva essere
completamente onesto con sé stesso, gli erano davvero mancati
tutti i loro misfatti. Essere un secchione andava benissimo, ma era
davvero noioso. Non c’era da sorprendersi che Evans fosse
sempre accigliata.
«Come faremo a portarli nella Sala Grande?» Chiese, chinandosi a
guardare le minuscole creature blu ancora addormentate che se ne
stavano in fondo alla gabbia. Dovevano essercene una cinquantina,
il che sembrava a Remus piuttosto crudele. Molto meglio liberarle.

132
«Sotto il mantello.» Rispose James allargandolo in modo che
potessero entrare tutti sotto. «Dai Sirius.» Alzò gli occhi al cielo al
ragazzo dai capelli lunghi che ora era in ginocchio sotto la cattedra
dell’insegnante.
«Cosa stai cercando?» Chiese Peter, avvolto nel mantello.
«Uno dei Corvonero mi ha detto che c’era una botola qui sotto.»
Sirius sospirò, alzandosi e spolverandosi le ginocchia. «Bugiardo.»
«Questa è la nuova ossessione di Black.» Spiegò James a Remus
mentre chiudeva il mantello e si dirigevano verso la porta. «Trovare
passaggi segreti.»
«Storia di Hogwarts dice che ci sono un sacco di passaggi da
scoprire!» Disse Sirius sulla difensiva. «Come quello che hai
trovato tu, Lupin. Ce ne sono sicuramente di più, voglio trovarne
almeno uno prima di partire.»
«Dovrebbe esserci anche un mostro nascosto da qualche parte nel
castello.» Sussurrò James in risposta, mentre si facevano strada
lungo i corridoi verso la torre di Grifondoro. Peter rabbrividì.
«Un rischio che sono disposto a correre.» Rispose Sirius, e Remus
poté sentire il ghigno nella sua voce. «La mia eredità è molto più
importante.»
«Tipico.» James rise.

La sera successiva, a cena, James sorrideva come un pazzo


cercando di dare l’impressione di non star nascondendo cinquanta
folletti addormentati sotto il tavolo e fallendo miseramente. Peter,
che era bravo in Astronomia, era impegnato a controllare i compiti
degli altri Malandrini, dovevano dare un nome ad ogni stella sulla
mappa astrale.
«Onestamento.» Gemette Peter, scarabocchiando qualcosa sui
compiti di Sirius «Pensavo che avresti indovinato almeno la tua di
stella...»
133
Sirius rise. «Cosa posso dire, sono senza speranza.»
«Hai una tua stella?» Remus aggrottò la fronte. Non era mai stato
attento ad Astronomia: conosceva le fasi lunari e questo era
abbastanza.
«“Sirius”.» Peter rispose. «Andiamo Lupin, l’abbiamo fatto. È la
stella più luminosa del cielo? La stella del cane...?» Sospirò,
guardando il lavoro di Remus ora. «Sì, l’hai mancata anche tu.»
Gemette.
Remus alzò le spalle. «Ho solo pensato che fosse il suo nome.»
«La nobile e antica casata dei Black è sempre stata un po’ snob con
le sue convenzioni sui nomi.» Rifletté Sirius. «Metà di noi ha nomi
astronomici: c’è Bellatrix ovviamente, Orione di mio padre,
Regulus di mio fratello... La mamma non è una stella, penso che
sia un asteroide... piuttosto azzeccato, se l’hai mai vista di cattivo
umore. Poi c’è il buon vecchio zio Alphard, zio Cygnus...
Andromeda prende il nome da un’intera galassia.»
«I maghi sono così strani.» Remus sospirò.
«Remus.» James ridacchiò. «Sai che anche Lupis è una
costellazione, vero? Il lupo.»
«Il cosa?!» Remus sentì il suo cuore saltare un battito e quasi
soffocò con la cena.
Sirius gli diede una forte pacca sulla schiena, cambiando abilmente
argomento. «Se hai quasi finito di dirci quanto siamo stupidi, Pete,
possiamo rilasciare i tu-sai-cosa? Le mie adorabili cugine hanno
appena iniziato a mangiare, definirei questo un tempismo
perfetto...»
Era davvero perfetto. James diede un forte calcio alla gabbia per
svegliare i folletti prima di spazzare via il mantello e sussurrare un
rapido incantesimo di sblocco sulla gabbia. Ci fu un’esplosione di
rumore, colore e caos.

134
Remus non sapeva davvero cosa aspettarsi dai folletti, erano
sembrati perfettamente innocui tutta la notte e il giorno rinchiusi
a dormire sotto il letto di James. Ma ora poteva capire esattamente
perché Sirius e James erano così eccitati. Mentre uscivano da sotto
il tavolo, le minuscole creature si sparpagliarono in tutte le
direzioni, urlando parole acute e senza senso e sfrecciando avanti
e indietro attraverso la Sala Grande.
Saltarono in piatti di purè di patate strillando di gioia, afferrarono
piatti e posate dalle mani degli studenti e li gettarono attraverso la
stanza, tirarono le code di cavallo e strapparono le pergamene.
«Presto!» James si infilò sotto il tavolo, dove tutti si accovacciarono
sotto il mantello dell’invisibilità, osservando l’anarchia che si
svolgeva intorno a loro.
«Brillante!» Sirius continuava a dire. «Brillante, brillante, brillante!»
«Dai.» Disse Remus, spingendo gli altri ragazzi in avanti.
Il loro piano era stato quello di osservare per un po’, poi
sgattaiolare fuori dalla sala il più rapidamente possibile senza essere
scoperti. Tutti e quattro uscirono goffamente da sotto il tavolo, il
che fu reso particolarmente difficile da molti altri studenti che
tentavano di tuffarsi al riparo. Fortunatamente, i folletti non
potevano vedere attraverso i mantelli dell’invisibilità e furono
lasciati in pace. Nel tumulto nessuno li notò. Le ragazze urlavano,
i ragazzi urlavano, tutti cercavano di coprirsi la testa per
proteggersi dai folletti che bombardavano in picchiata, oppure
lottavano per riprendere gli oggetti rubati.
«OH SÌ!» Sirius sussultò improvvisamente, scoppiando in una
risata irregolare.
Remus si voltò e vide Bellatrix che urlava a squarciagola, i suoi
capelli selvaggi tirati da una parte all’altra dai minuscoli parassiti
blu, un’altra fantina svolazzante aveva afferrato la sua bacchetta e
la stava agitando contro di lei, lanciando dei lampi blu.
135
«Levati di dosso! Tu schifoso... disgustoso... tu... Aargh!» Gemette.
Narcissa era rannicchiata sotto il tavolo e stringeva forte la propria
bacchetta.
Le cose peggiorarono ulteriormente quando Peeves il fantasma
entrò nella stanza, sfrecciando allegramente e causando altrettanto
caos. Sembrava dirigere i folletti, sollevare tovaglie e strillare.
«Qui sotto, fatine! Ci sono un sacco di piccoli primi anni quaggiù!»
Soffocando le risate, i Malandrini fuggirono dalla stanza quando
sentirono la voce acuta della McGranitt risuonare.
«Petrificus Totallus!»
«Sicuramente saprà che siamo stati noi.» Peter ansimò, mentre
tornavano alla torre ancora sotto il mantello.
«Nah.» Rispose James casualmente. «Scommetto che darà la colpa
ai Prewett, fanno sempre scherzi così grandi. Qualcosa a cui
aspirare.»

«Per favore.» Disse Sirius.


«No.» Rispose Remus.
«Per favooore!»
«No!»
«Perchè no?»
«Sarebbe semplicemente... strano! Non voglio che tu lo faccia.»
«Ma sarà divertente! Ti prometto che ti piacerà.»
«Aha.»
La conversazione era andata avanti più o meno allo stesso modo
per circa tre corridoi. Remus finì per provare ad andare avanti e
sentì James brontolare a Sirius dietro di lui.
«Lascia stare Lupin, va bene?»
«Non lo farò! È troppo importante!» Sirius era di umore irrequieto,
il che tendeva a renderlo più odioso, di solito James era l’unico che
lo sopportava.
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Avevano trascorso un lungo pomeriggio in biblioteca, a
completare le loro mappe astrali per il ripasso di Astronomia.
Mancavano ancora mesi agli esami, ma James insisteva per portarsi
avanti. Ovviamente Sirius doveva competere con James e Peter
doveva andare ovunque andasse James. Remus non voleva essere
escluso. Stavano riflettendo sui loro segni zodiacali, quando si era
scoperto che Remus era Pesci.
Sirius aveva subito dedotto che questo significava che il suo
compleanno si avvicinava. E così era iniziata la supplica.
«Ovviamente non è così importante per Remus.» Sibilò James a
Sirius. «Fai qualcosa per il mio compleanno, se devi, non è tra
molto.»
«Avrai il tuo turno.» Lo congedò Sirius. «Ma prima... Lupin.»
«Non mi interessa, davvero Sirius.» Sospirò Remus, mentre
raggiungevano il ritratto della Signora Grassa. «Non fare tante
storie.»
«Ma è il tuo compleanno!» Sirius rispose sinceramente. «Dovremmo
fare tante storie.»
Remus non capiva il perché: nessuno aveva mai fatto storie per il
suo compleanno prima. C’era la torta, ovviamente, ma condividere
una torta con altri cinquanta ragazzi non dava molta soddisfazione.
Inoltre tutti i bambini insistevano per avere la possibilità di
spegnere le candeline, quindi ci voleva un’eternità. La Direttrice
confezionava alcuni regali, ma di solito erano pratici: vestiti nuovi,
calzini, biancheria intima, penne e quaderni. A parte questo, non
c’era niente di speciale nella giornata. In realtà non vedeva l’ora di
essere lontano da St Edmund’s, perché pensava che Sirius, James
e Peter fossero probabilmente troppo ben educati per sapere delle
“botte del compleanno”: un pugno al braccio per ogni anno di età,
più uno porta fortuna, di solito il peggiore.

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«Perché è così importante?!» Remus sbuffò, scavalcando il buco
del ritratto.
Non sopportava quando Sirius faceva così: il testardo e il
persistente. Ma quando si voltò, fu sorpreso di vedere che Sirius si
stava massaggiando il braccio, apparendo insolitamente ferito.
«Voi avete fatto un sacco di cose per il mio compleanno e... beh, è
stato davvero carino. Non l’ho mai aspettato con ansia prima, ma...
beh, è stato fantastico, no?»
Remus si sentì improvvisamente in colpa. Si rese conto che Sirius
non voleva solo essere di nuovo al centro dell’attenzione, stava
cercando di rendere felice Remus. Come se questo potesse rendere
felice anche lui. Remus non aveva mai avuto molte opportunità di
dare a qualcuno quello che voleva veramente. Si arrese.
«Oh... okay, bene. Ma non una grande festa o altro, solo noi
Malandrini, giusto?»
«Giusto.» Sirius sorrise, subito il suo viso si trasformò, gli occhi
scintillanti come stelle.

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Dodici
Il dodicesimo compleanno di Remus cadde un venerdì di
quell’anno.
Di solito il venerdì dopo le lezioni James li costringeva tutti ad
andare a vedere l’allenamento di Quidditch dei Grifondoro,
mentre Remus leggeva tranquillamente. Sirius, tuttavia, era riuscito
a convincere James che poteva saltare un allenamento (soprattutto
perché non era ancora nemmeno nella squadra) e che Remus
poteva voler fare qualcosa di diverso per il suo compleanno.
Fu svegliato la mattina presto dai suoi tre compagni di stanza che
si buttarono sul letto gridando, “Buon compleanno, Lupin!”. Non
provarono a prenderlo a pugni, il che significava che la giornata
era già candidata ad essere il suo miglior compleanno di sempre. A
colazione James e Sirius marciarono avanti, spingendo da parte gli
altri studenti mentre si avvicinavano ai loro soliti posti,
annunciando ad alta voce, «Toglietevi di mezzo, per favore!»,
«Festeggiato in arrivo!», «Avanti, niente da vedere qui!».
Remus avrebbe voluto nascondersi sotto il tavolo quando lo
raggiunsero. I suoi tre amici fecero un grande spettacolo per
servirgli la colazione, piuttosto che lasciargliela prendere da solo.
Peter gli versò il tè, James riempì il piatto mentre Sirius imburrò il
suo toast.
«Dovete proprio?» Remus gemette, orribilmente imbarazzato.
«Assolutamente.» Disse James.
«Sicuramente.» Annuì Peter.
«Indiscutibilmente.» Concluse Sirius.
Remus scosse la testa, arrossendo fortemente e guardando il suo
cibo. Quando ebbe finito (cosa che impiegò un po’ di tempo,

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perché gli erano state servite doppie porzioni di quasi tutto) si
alzarono tutti in piedi, continuando a sorridergli ampiamente.
«Cosa?!» Chiese, contrandosi nervosamente.
Se stavano per fare i pugni del compleanno, allora sperava che
sarebbe finita rapidamente. Forse c’era una versione da maghi?
Dopo tutto era mancato al compleanno di Sirius, non sapeva cosa
aspettarsi. Peter e James gli misero una mano sulla spalla,
costringendolo a sedersi di nuovo. Sirius tirò fuori un’armonica
dalla tasca della divisa e suonò una lunga nota. Remus strinse gli
occhi chiusi. Oh no ...
«Taaaaanti auguuuuuri a teeeeeee!» I tre ragazzi urlarono a
squarciagola: «Taaanti auguuuuuri a teee! Taaaaanti auguriiii caro
Reeeeeeeeeee-muuus!»
Il resto della sala si unì e Remus si coprì la testa con le mani.
«Taaaanti auguuurri a teeeeeeeee!»
«Hip Hip!» Gridò James, in piedi sulla sedia.
«Urrà!» I grifondoro risposero in coro.
«Almeno adesso è bello che finito» Mormorò Remus, il viso in
fiamme mentre finivano di applaudire.
Peter lo guardò con pietà. «Mi dispiace amico, ma hanno
intenzione di fare lo stesso a pranzo e a cena.»

Dovevano ancora affrontare Pozioni come ultima lezione della


settimana, Remus aveva scoperto che anche quando faceva tutti i
compiti e capiva tutti i testi non aveva ancora talento per Pozioni.
Inoltre era un argomento noioso, e quando Lumacorno iniziò a
parlare dei cinque componenti chiave dei sonniferi Remus iniziò
ad assopirsi da solo.
Piton non gli dava fastidio in realtà, Piton non aveva nemmeno
guardato in direzione di Remus dall’incidente nel corridoio. Lily gli
fece un sorriso e gli augurò buon compleanno, prima di roteare i
140
suoi enormi occhi color smeraldo mentre James e Sirius cercavano
di convincere Lumacorno a non dare loro alcun compito per
rispetto dell’“occasione”.
A cena Remus sopportò quello che sperava fosse l’ultimo round
di “buon compleanno”, che fu il più rumoroso di sempre,
soprattutto perché Silente era presente e iniziò a dirigere l’intera
scuola. Ricevette anche alcuni bigliettini; uno da tutta la casa di
Grifondoro e l’altro dalla Direttrice insieme ad un nuovo paio di
calzini.
Dopo cena si sedettero nella Sala Comune e Sirius trascinò giù il
suo pesante giradischi e mise su Electric Warrior per la centesima
volta da Natale.
I was dancing when I was twelve...
Ad un certo punto fu tirata fuori una torta, con una glassa con i
colori di Grifondoro rossa e dorata e dodici candeline rosa.
Quando Remus la tagliò (per tutto il tempo fu incoraggiato ad
esprimere un desiderio, ma non riuscì a pensare a una sola cosa
che volesse) fu sorpreso di scoprire che era composta da quattro
gusti diversi: un quarto di cioccolato, un quarto di limone, un
quarto di Red Velvet e un quarto di caffè e noci.
«Come il tuo toast.» Sirius sorrise, guardando elettrizzato
l’espressione di sorpresa sul viso di Remus. «Pensavo che ti saresti
annoiato se fosse stato tutto un unico gusto.»
«Wow grazie!»
«Allora cosa vuoi fare per il resto della serata?» James chiese.
«Sembra ancora abbastanza luminoso se volessi andare a veder-»
«Non vuole, James! Maledizione, dovrai iniziare a sviluppare altri
interessi, amico, stai diventando noioso.»
«Non importa se volete andare a vedere l’allenamento di
Quidditch.» Remus disse in fretta. «Avete già fatto molto,

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onestamente. Tre canzoni in un giorno, cosa potrebbe chiedere di
più un dodicenne?»
«No.» James scosse la testa eroicamente. «Sirius ha ragione, è il tuo
compleanno, faremo qualcosa che ti piace.»
Rimasero tutti in silenzio per un po’, Rimasero tutti in silenzio per
un po’, prima che James si schiarisse la gola.
«Ehm, Lupin? Cosa ti piace fare?»
Remus pensò. Poteva facilmente fornire un elenco di cose che non
gli piaceva fare; calcio, compiti, Volo, Pozioni. Ma nessuno gli
aveva mai chiesto prima che genere di cose gli piacessero. Gli
piaceva guardare la televisione, ma fino a quel momento non aveva
trovato una TV a Hogwarts. Gli piaceva poter scegliere cosa
mangiare per colazione e cena. Gli piaceva ascoltare Marc Bolan
che cantava attraverso il giradischi di Sirius. Nessuna di queste cose
era davvero un hobby.
«Leggere?» Disse Peter, cercando di essere d’aiuto. «Leggi molto.»
«Davvero?!» Remus inarcò le sopracciglia. Non ci aveva pensato,
ma era vero. Da Natale comunque, aveva finito tutti i suoi libri di
testo per l’anno e anche alcuni libri presi in prestito dalla biblioteca.
«Oh sì, fantastico.» James alzò gli occhi al cielo. «Buon
compleanno Lupin, iniziamo un club del libro.»
Sirius ridacchiò. Pete sembrava infastidito.
«Beh, non lo so! Oltre a leggere, sembra che ti piacciano molto le
punizioni, Remus.»
Remus rise a questo, alzando le mani in segno di scusa.
«Scusate ragazzi, credo di essere davvero noioso.»
«E quando sparisci?» Chiese Sirius all’improvviso.
Remus esitò. «Cosa intendi?! Te l’ho detto, sono stato malato, vado
in infermeria.» Si affrettò.
Sirius agitò una mano.

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«No, non quello... a volte esci dopo le lezioni o mentre guardiamo
il Quidditch. Cosa fai?»
Remus si sentì arrossire. Ormai si allontanava da solo sempre di
meno, ma chiaramente i suoi amici lo notavano ancora. Tutti lo
guardarono, in attesa. Si morse il labbro
«Faccio solo... dei giri.» Disse debolmente.
«Ma dove?» Peter chiese. «Nei giardini?»
«Ovunque.» Remus scrollò le spalle. «Mi piace solo guardarmi
intorno. Così so dove sono i vari posti.» Tirò fuori la mappa dalla
tasca posteriore dei pantaloni. «È stupido, ho iniziato ad
aggiungere cose alla mappa che ci hanno dato all’inizio dell’anno e
ogni volta che vedo qualcosa di interessante lo metto.»
James prese la mappa e l’aprì. I tre ragazzi sbirciarono per vedere.
Rimasero in silenzio per un po’. Sirius lo guardò con soggezione,
«Hai aggiunto tutti i ritratti... e li hai etichettati e tutto il resto.»
«La mia ortografia fa schifo.» Remus arrossì più forte, volendo
riprenderla.
La faccia di James era concentrata.
«Cos’è quello?» Indicò un segno che Remus aveva fatto su una
delle scale.
«Uno di quegli scalini che ingannano.» Rispose Remus. «Questo è
quello in cui puoi affondare. Quello...» Indicò un segno su un
gradino diverso. «È quello che svanisce. Le scale con le frecce sono
quelle che si muovono. Ho un codice di colori in modo che si
possa vedere dove vanno a finire.»
«Merlino!» Peter sospirò. «Hai una vaga idea di quanto tempo mi
farebbe risparmiare?! Rimango intrappolato nel corridoio sbagliato
due volte a settimana a causa di quelle scale che si muovono.»
«Anche io.» Disse James.

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«Fanculo arrivare alle lezioni in orario!» Sirius esplose. «Per favore,
cercate di capire le implicazioni estremamente importanti di questa
mappa. Le possibilità a nostra disposizione per degli scherzi.»
Un sorriso si diffuse sul viso di James, poi su quello di Peter.
Remus riprese la mappa, piegandola.
«Non è ancora finita. C’è molto da fare. Volevo fare degli
incantesimi, una volta capito come.»
«Che tipo di incantesimi?» Chiese Sirius con entusiasmo.
Remus esitò. Non era che non apprezzasse l’interesse di Sirius, o
la sua eccitazione, ma Remus aveva davvero voluto creare la
mappa da solo per quanto sciocco potesse sembrare. Dopotutto,
Sirius aveva trovato l’incantesimo di lettura e l’incantesimo della
nuvola. Per ragioni che non riusciva a spiegare, Remus aveva un
forte desiderio di dimostrare che era altrettanto intelligente e
altrettanto capace per inventare qualcosa.
«Solo alcuni miglioramenti.» Disse con cautela. «Penserete che sia
stupido.»
«No, non lo pensiamo.» Rispose Peter sinceramente. «Ti possiamo
aiutare!»
«Sì, immagino... è la mia mappa, però.»
«Certo che è tua.» James sorrise in modo rassicurante. «Come il
mantello è mio, giusto? Ma al servizio delle malefatte...»
«È del Malandrino.» Sirius finì, i suoi occhi scintillanti.
«La Mappa del Malandrino.» Ripeté Remus, ancora non al cento
per cento a suo agio nel consegnare il suo progetto privato.
«È ancora tuo, Lupin.» Continuò Black. «Metteremo prima il tuo
nome e tutto!»
«Non sono sicuro di volere che ci siano i nostri nomi sopra...»
Disse Peter, nervosamente.
«Allora i nostri soprannomi.» Sirius si strinse nelle spalle.

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«Non abbiamo soprannomi.» Remus rispose, «Beh, io suppongo
di averlo, ma davvero non voglio che ci sia scritto “Loony Lupin”.»
Gli altri tre scoppiarono a ridere. Dopodiché Remus decise che
non era stato così male, rivelare loro il suo segreto. In realtà era
sollevato, stava iniziando a chiedersi se non fosse solo una sua
stranezza: rintracciare e registrare tutto nel castello, dargli un
senso. James, Sirius e Peter sembravano meno interessati alla
soddisfazione del compito e più desiderosi di pianificare il loro
prossimo scherzo con la Mappa.
Il resto della serata lo passarono sotto il mantello, vagando per i
corridoi. Il mantello, secondo Remus, non era strettamente
necessario, dato che avevano programmato di tornare prima del
coprifuoco, ma James e Sirius non perdevano mai l’opportunità di
trasformare anche il più piccolo spostamento in una missione su
vasta scala, e Peter si divertiva a sgattaiolare senza essere visto.
Tutto divenne chiaro quando Sirius tirò fuori cinque bombe di
letame con le quali si divertirono durante la passeggiata;
insinuandole dietro a coppie ignare che si sbaciucchiavano o
lasciandole cadere nelle tasche di studenti più grandi che si
affrettano in biblioteca.
Remus mostrò loro quello che aveva scoperto fino a quel
momento, i passaggi e le scorciatoie che aveva scoperto e anche
alcuni dei suoi posti nascosti (non tutti ovviamente, per ogni
evenienza). Disse loro anche il suo piano di mettere una sorta di
incantesimo di monitoraggio su Mrs Purr, il gatto di Gazza, in
modo che potesse vederla arrivare. Tutti amarono l’idea.
«Perché fermarsi qui?» Sirius sussurrò, mentre giravano un angolo
verso la Sala Comune al concludersi della notte. «Perché non
tracciare tutti?»
«Tutti?»

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«Sì, se potessimo sapere quando arriva qualcuno, potremmo farla
franca con qualsiasi cosa.»
«Non so.» Remus rispose a disagio con l’idea.
Cosa sarebbe successo quando i suoi amici lo avrebbero visto
andare ogni mese verso il Platano Picchiatore? Quanto ci sarebbe
voluto prima di decidere di seguirlo e di farsi ammazzare? Per la
prima volta, Remus realizzò che la Mappa non era così innocua
come aveva pensato inizialmente.
James e Peter, però, erano impegnati ad essere d’accordo con Sirius
dicendo che era un’idea eccellente; già immaginando di poter
vedere cosa stava combinando Silente o dove si nascondeva Piton.
Remus credeva fermamente che, con abbastanza tempo, Sirius
Black e James Potter potessero davvero cominciare a fare tutto ciò
che volevano. Sperava solo che sarebbe passato ancora molto
tempo.

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Ripasso
Il tempo sembrò accelerare dopo il compleanno di Remus. Le
giornate si allungarono e la primavera entrò precipitosamente nel
castello, inondandolo di luce solare e aria fresca dopo il lungo
inverno. Gli esami incombevano, e Remus finalmente superò la
sua ansia della lettura in pubblico, passando sempre più tempo in
biblioteca. Invece di pianificare nuovi scherzi, i Malandrini si
ritrovarono a dedicare le loro serate a esercitarsi con gli incantesimi
e interrogarsi a vicenda sugli ingredienti delle pozioni.
Sirius e James avevano preso gli esami molto seriamente; era una
competizione per loro. Sebbene tutti e due avrebbero negato con
veemenza, Remus sospettava che entrambi avessero il desiderio di
difendere il loro onore purosangue; era troppo radicato come
atteggiamento in tutta la scuola, anche tra gli insegnanti. Non dava
fastidio a Remus, anche se non stava ottenendo il massimo dei voti
in tutto stava comunque andando meglio di quanto avesse mai
fatto prima. In realtà era contento di non avere una famiglia che
gli facesse pressioni.
La pressione su Peter era fin troppo evidente. Non era affatto un
cattivo studente; era persino brillante in Erbologia e Astronomia
battendo spesso James, ma era nervoso e questo tendeva a
influenzare i suoi incantesimi, rendendoli difettosi. Peter non
parlava molto della sua famiglia ma riceveva da loro molte lettere,
e Remus notò che James faceva attenzione sull’argomento.
«Che voti ci servono per passare l’anno?» Il ragazzo dalla faccia
tonda chiedeva disperatamente, almeno quattro volte al giorno.
«Peter, calmati.» Diceva James. «Andrai bene... ormai conosci tutta
la teoria, è solo questione di metterla in pratica.»

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«Non lo biasimo per essere un po’ nervoso.» Sussurrò Sirius a
Remus quando gli altri due furono fuori portata d’orecchio. «Ci
sono stati almeno dodici magonò nella famiglia Minus.. e questo
solo questo secolo.»
«Magonò?»
«Maghi non magici.» Sirius spiegò pazientemente. «Sai come le
famiglie babbane a volte hanno bambini magici? Funziona anche
al contrario: a nessuno piace parlarne molto. Il mio pro zio in realtà
aveva questa folle teoria secondo cui i babbani stavano
scambiando i loro figli con i nostri in modo che potessero
infiltrarsi nel mondo magico. Tutte cazzate, ovviamente.»
«Giusto.» Remus rispose, sperando che sembrasse aver capito
tutto quello che Sirius aveva appena detto. «Quindi è per questo
che la magia di Peter è un po’... instabile?»
«Non lo so.» Sirius alzò le spalle. «Forse. Non so se possono
effettivamente dimostrare che la non-magia è ereditaria nelle
famiglie. Ma è il motivo per cui i Minus non sono tra i sacri
ventotto.»
Remus sospirò pesantemente, fissando Sirius con il suo sguardo
più avvizzito. «Sai che non so cosa siano.»
Sirius sorrise. «Be’, non so Lupin, con tutte le letture che fai in
questi giorni. È bello sapere che ci sono alcune cose che ti posso
ancora spiegare.»
Remus sbuffò in risposta, guardando di nuovo il suo lavoro.
Sirius proseguì velocemente, come se non volesse perdere
l’attenzione dell’altro ragazzo. «I sacri ventotto sono i più puri dei
purosangue. Le ultime famiglie “non contaminate” rimaste.»
Remus lanciò a Sirius un’altra occhiata cattiva.
Il ragazzo dai capelli scuri alzò le mani, affrettandosi a spiegare.
«Sono le loro parole, non le mie! Sai che non credo a nessuna di
quelle cazzate sulla purezza del sangue.»
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«Giusto.» Remus inarcò un sopracciglio. «Scommetto che i Black
sono in cima alla lista, però.»
«In realtà.» Rispose Sirius, gli occhi scintillanti di umorismo. «Gli
Abbot sono i primi. È in ordine alfabetico.»
Remus gemette e tornò alla sua revisione di Pozioni.

Gli esami per Remus non erano in cima alla lista delle cose di cui
preoccuparsi. Era relativamente sicuro che sarebbe andato bene:
aveva anche controllato il regolamento degli esami (lungo cinque
pagine di pergamena) per confermare che l’uso dell’incantesimo
Scriboclara per riordinare la calligrafia fosse accettabile.
Due cose preoccupavano Remus molto più che passare l’anno. In
primo luogo, c’era la triste consapevolezza che sarebbe dovuto
tornare a St Edmund’s a giugno. Sebbene fosse stato via solo per
pochi mesi, la differenza tra St Edmund’s e Hogwarts sembrava
enorme quanto la differenza tra monocromatico e technicolor.
Mentre gli altri studenti aspettavano allegramente una lunga e calda
estate piena di vacanze all’estero e relax, Remus si sentiva come se
stesse per affrontare un esilio.
Non avevano il permesso di eseguire alcuna magia al di fuori di
Hogwarts fino a quando non avrebbero avuto diciassette anni, ciò
significava che, oltre a perdere il contatto con i suoi amici, Remus
non sarebbe più stato in grado di leggere. Per lui l’estate si
protendeva, vuota e desolata, punteggiata da lunghe notti rabbiose
rinchiuso nella sua cella.
C’era il secondo problema di Remus, pronto come sempre a
sollevare il suo brutto muso peloso. Come aveva predetto Madama
Chips, da quando Remus aveva compiuto dodici anni le sue
trasformazioni erano diventate decisamente peggiori. Non ce n’era
spiegazione in nessuno dei libri che aveva letto, a parte alcuni vaghi
riferimenti all’adolescenza e alla pubertà. Mentre prima riusciva a
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ritrasformarsi con alcuni denti in meno e dei segni di artigli (il tipo
che avresti ricevuto da un cucciolo giocoso che non voleva farti
davvero del male) ora si svegliava con ferite profonde e furiose che
sanguinavano copiosamente fino a quando la Chips non arrivava a
fermare il sangue. L’agonia della trasformazione stessa raggiunse
livelli quasi intollerabili e spesso si sentiva nauseato per ore prima
che la luna spuntasse nel cielo.
A peggiorare le cose, Remus trascorreva periodi più lunghi in
infermeria e la cosa stava diventando sempre più difficile da
spiegare. I suoi amici avevano iniziato a chiedersi cosa diavolo lo
affliggesse; a volte suggerendo che stesse mentendo per scampare
le lezioni, altre volte prendendolo in giro come contagioso.
Almeno a St Edmund’s non aveva amici a cui importasse dove
andava ogni mese.
Sirius chiaramente non aspettava con ansia che arrivasse l’estate.
Diventava insolitamente silenzioso ogni volta che venivano
menzionate le vacanze imminenti, i suoi occhi si annebbiavano, il
colore lasciava il suo viso. James li invitò tutti a restare da lui per
tutto il tempo che volevano, ma Sirius rimase pessimista.
«Sai che non mi lasceranno mai venire.» Sospirò.
«Tirati su, amico.» James mise un braccio intorno al suo amico.
Si sedettero insieme sul grande divano nella Sala Comune, Peter
sulla poltrona concentrato a trasformare una banana in una
pantofola. Non funzionava. Remus era sdraiato sul tappeto
davanti al caminetto, sulla pancia. Aveva un taglio sulla schiena che
non si stava rimarginando bene, anche dopo le cure di Madama
Chips e aveva scoperto che quella era l’unica posizione in cui non
gli faceva male.
Sirius chiaramente non voleva rallegrarsi.
«Non lo faranno però. Il maledetto matrimonio di Bellatrix è a
giugno, puoi scommettere che dovrò esserci.»
150
«Abbiamo ricevuto l’invito al matrimonio.» Disse
improvvisamente Peter alzando lo sguardo dalla sua pantofola, che
era ancora di un giallo brillante e sembrava spiacevolmente soffice.
«Probabilmente ci vedremo lì.»
«Sì, grandioso.» Sirius sbuffò, espirando forte in modo che i suoi
lunghi capelli gli si gonfiassero sulla fronte. «Se non vengo
trasformato prima in un tritone. O bloccato in un ritratto per tutta
l’estate, in realtà l’hanno fatto ad Andromeda una volta. Non è
stata mai più la stessa, odia i dipinti dei maghi adesso.»
«Dopo il matrimonio.» Disse James, cercando con tatto di
allontanare la conversazione dalla famiglia Black. «Troveremo una
soluzione. Ti farò uscire di lì, se devo. Lo giuro.»
Sirius sorrise a James e James ricambiò il sorriso.
Il loro linguaggio del corpo si rispecchiava perfettamente e Remus
sentì una fitta di solitudine. Sapeva i problemi familiari di Sirius
andavano ben oltre il fatto che lui fosse la pecora nera: c’erano le
cicatrici che Sirius gli aveva mostrato a settembre, ma per quanto
ne sapeva Remus, erano perfettamente normali. La Direttrice lo
picchiava se si comportava male e spesso riceveva delle bacchettate
dai suoi insegnanti babbani, non c’era motivo per lui di sospettare
che la famiglia di Sirius fosse fuori dall’ordinario.
James ovviamente ne sapeva molto di più. Remus poteva dirlo,
perché era l’unica cosa su cui Potter non aveva mai preso in giro
Sirius: la famiglia. Parlavano molto di notte; Remus aveva sentito
Sirius piangere più di una volta. Gli faceva venire voglia di lanciare
un incantesimo di silenziamento lui stesso, odiava il suono delle
lacrime e raramente piangeva.
«Anche tu, Lupin.» Stava dicendo James.
«Mh?» Remus sollevò la testa dai suoi pensieri.
Inarcò attentamente la schiena e cercò di non fare una smorfia
quando il dolore gli squarciò la schiena come un fulmine.
151
«Dovresti venire e restare per l’estate. Abbiamo un sacco di spazio
e alla mamma non importa.»
«Non posso.» Remus scosse la testa, guardando di nuovo il suo
libro. La sua schiena era in fiamme. «La Direttrice non me lo
permetterà. Roba da tutore legale, legge babbana.»
«Ci sarà un modo per aggirarla.» Replicò James sicuro. «Venite
entrambi, giusto? Riuscirò a farlo succedere.»
Remus sorrise, ma sapeva che non c’era niente che James potesse
fare. Le lune piene erano alla fine di ogni mese come sempre, e
non c’era abbastanza distanza nemmeno per passare una settimana
dai Potter alla fine dell’estate. Inoltre, la Direttrice davvero non
glielo avrebbe permesso.
«Penso di avercela fatta!» Peter sussultò all’improvviso, tenendo in
alto la sua pantofola gialla brillante.
«Ben fatto, Pete.» Disse Sirius annoiato. «Provala per vedere se ti
calza.»
Remus si mise a sedere, la schiena era ora davvero molto
dolorante. Mentre si raddrizzava, sentì una calda striscia di sangue
scorrere lungo la sua spina dorsale e inzupparsi nella cintura dei
suoi pantaloni. Allarmato, si alzò velocemente.
«Eurgh!» Peter gridò, ritirando il piede nudo dalla pantofola,
coperto di melma appiccicosa di banana.
James scoppiò a ridere, i suoi occhiali caddero di traverso.
«Stava scherzando, Pete! Devi smetterla di fare cose solo perché te
lo diciamo.»
«Stai bene, Lupin?» Sirius alzò lo sguardo, all’improvviso.
Remus stava tremando sul tappeto. Doveva andare subito in
infermeria, ma non aveva idea di come allontanarsi dagli altri
Malandrini.
«Sì, solo... penso che andrò a fare una passeggiata.»

152
«Dove? È quasi il coprifuoco.» Il viso di Sirius si illuminò. «Cosa
stai progettando?»
«No no, niente... volevo solo...»
«Veniamo anche noi!» Anche James si alzò. «Prendo il mantello.»
«No!» Gridò Remus.
Si bloccarono tutti, persino Peter, che era intento a pulirsi la
banana tra le dita dei piedi.
«Io...» Balbettò Remus. «Non mi sento bene. Voglio solo andare
da Madama Chips, ecco tutto.»
«Va bene amico.» James alzò delicatamente le mani. «Calmati. Vuoi
che veniamo comunque con te?»
«Vengo io.» Disse Sirius velocemente.
Si alzò e prese Remus per il gomito, guidandolo verso il buco del
ritratto prima che gli altri due potessero dire qualcosa.
«Sirius...» Iniziò Remus, una volta che furono fuori nel corridoio
vuoto.
«Va tutto bene, Lupin. Ti sto solo accompagnando. Non entrerò
con te o cose del genere.»
Remus lo guardò confuso, poi annuì e iniziò a camminare, tanto
velocemente quanto glielo permetteva il mal di schiena. Conosceva
Sirius abbastanza bene adesso da sapere che non avrebbe cambiato
idea. Peter avrebbe lasciato che i suoi nervi avessero la meglio su
di lui e sarebbe tornato indietro. James avrebbe rispettato i suoi
desideri. Ma Sirius; Sirius doveva sempre spingerlo.
«Tutto bene?» Chiese Sirius guardandolo. «Stai camminando tutto
rigido.»
«Non mi sento bene.» Ripeté Remus, a denti stretti.
Sperava che Sirius pensasse che fosse arrabbiato con lui, e non si
rendesse conto che stava trattenendo un ringhio di dolore.
«Okay.» Sirius rispose, dolcemente.

153
Continuarono a camminare in silenzio. Quando finalmente
raggiunsero l’infermeria, rimasero fuori goffamente per qualche
minuto, i caldi occhi ambra di Remus fissarono il freddo sguardo
blu di Sirius come se lo sfidassero a fare una domanda.
«Spero ti sentirai meglio.» Era tutto quello che aveva detto Sirius.
«Possiamo venire a trovarti domani, se non sei già tornato?»
«Credo di sì.» Disse Remus, diffidente. Provò ad alzare le spalle,
poi sussultò. L’espressione di Sirius non cambiò.
«Prenditi cura di te, Lupin.» Disse piano prima di voltarsi e
affrettarsi a tornare da dove erano venuti.
Remus lo guardò allontanarsi, finché non girò l’angolo. Aveva la
strana sensazione che Sirius lo avrebbe guardato prima di
scomparire. Quando non lo fece, Remus non poté fare a meno di
sentirsi stranamente deluso, anche se avrebbe dovuto saperlo
ormai; Sirius Black non era mai prevedibile.
Rabbrividì leggermente, in parte a causa del dolore crescente e in
parte a causa di qualcos’altro, poi aprì la porta dell’ospedale.

154
La fine del semestre
Remus non l’avrebbe mai detto a nessuno, ma gli era piaciuto
molto il periodo degli esami ad Hogwarts. Non ci furono lezioni
per due settimane intere e mentre tutti gli altri correvano in giro,
Remus si sentiva molto rilassato per l’intera faccenda.
Lo stesso non si poteva dire per il resto dei suoi compagni di classe.
Lily Evans aveva iniziato a tendere delle imboscate ad altri studenti
nella biblioteca e nella Sala Comune chiedendo di interrogarla sulle
rivolte Goblin del XVIII secolo. Peter sembrava ripetere
continuamente tra sé e sé, torcendosi le mani. Marlene McKinnon
e Mary MacDonald, due Grifondoro del primo anno che di solito
Remus cercava di evitare, continuavano a scoppiare in risatine
isteriche dai nervi. James e Sirius sembravano più spavaldi che mai;
innescavano petardi senza fiamma nei corridoi e lanciavano
incantesimi per far scomparire gli zaini degli studenti ignari nella
biblioteca. Remus non capiva se questa fosse solo la loro risposta
all’atmosfera generale di ansia, o se stessero espellendo la propria
energia nervosa in questo modo.
Gli studenti più grandi non avevano simpatia per i loro colleghi
più giovani. Frank Paciock diede più punizioni durante l’ultima
settimana di semestre di quante ne avesse date durante tutto
l’anno, e minacciò persino di togliere cinquanta punti da
Grifondoro se James e Sirius non avessero smesso di far levitare
calamai nella Sala Comune. Remus pensava che se la fossero cavata
bene; Bellatrix Black una sera maledisse metà dei Serpeverde per
aver parlato a voce troppo alta mentre studiava per i suoi NEWT.
Non poterono parlare per tre giorni: Madama Chips dovette far
ricrescere loro la lingua.

155
Il loro primo esame fu Incantesimi, il che fece iniziare bene Remus.
Tutto ciò che dovevano fare era stregare una noce di cocco e farla
ballare una canzone irlandese, cosa che personalmente pensava
fosse molto facile. Lui, James e Sirius riuscirono senza problemi,
ma la noce di cocco di Peter all’inizio si rifiutò del tutto di
muoversi, poi perse il controllo una volta che finalmente si mise in
moto e finì per rotolare giù dalla scrivania, rompendo tutte le lastre
di pietra.
Trasfigurazione andò quasi altrettanto bene, anche se era un
argomento più complicato. Il loro compito era trasformare un
cervo volante in uno shaker per il pepe; Sirius lo completò in pochi
minuti, nascondendo a malapena il suo orgoglio mentre la
McGranitt commentava che era il miglior esempio di
trasfigurazione su piccola scala che avesse mai visto da un primo
anno. Lo shaker di Remus non era poi così male, anche se era
ancora lucido e nero, mentre Sirius era riuscito in qualche modo a
rendere il suo di vetro. James provò con la porcellana; sembrava
esserci riuscito fino a quando la McGranitt non cercò di scuotere
fuori un po’ di pepe e questa spiegò le ali e volò fuori dalla finestra,
facendo urlare Marlene e Mary. La pepiera di Peter aveva ancora
gambe e corna, anche dopo un’ora.
Erbologia e Storia della Magia erano entrambi esami scritti. Remus
si sorprese scrivendo il saggio di storia più lungo della classe;
dovette persino chiedere a Peter, che era seduto accanto a lui, una
pergamena extra. Apparentemente c’era molto da dire sulle rivolte
dei Goblin. Pozioni fu più facile di quanto si aspettasse: dovevano
preparare una cura per le verruche a memoria. Avendo un’ottima
memoria dopo anni di pratica, Remus sapeva di avere tutti gli
ingredienti e le quantità giuste, anche se le sue capacità di
preparazione mancavano di precisione.

156
Tra gli esami, Remus si godette le sue ultime settimane di libertà o
vagando per i corridoi e aggiornando la sua Mappa (quando era
solo) o mangiando un gelato fuori in riva al lago (quando gli altri
erano con lui). Di recente aveva trovato un corridoio che odorava
vagamente di cioccolato, ma non riusciva a capire da dove venisse:
non era neanche lontanamente vicino alle cucine.
Le giornate erano molto più calde adesso, e quando arrivò giugno
e gli esami giunsero al termine, le menti dei Malandrini si
orientavano ai misfatti.
«Deve essere grande.» Disse James deciso. Faceva sempre
dichiarazioni inutili come quelle, aspettando che qualcun altro
avesse un’idea da fargli approvare. «Il nostro ultimo urrà.»
«Non il nostro ultimo.» Rispose Sirius, staccando l’erba da terra.
«Torneremo tra due mesi.»
«Voi potreste.» Peter si preoccupò. «Io so di essere stato bocciato
in tutto.»
James agitò una mano, ignorando le paure di Peter. Era una
giornata troppo calda e pigra per passare molto tempo a
rassicurarlo.
Stavano oziando nel loro nuovo posto preferito, vicino a un albero
in riva al lago. Peter era seduto all’ombra dei rami perché aveva la
pelle chiara e si bruciava facilmente. James e Sirius si erano tolti le
tuniche e si erano rimboccati le maniche delle camicie bianche
brillanti dell’uniforme per combattere il caldo. Remus giaceva
semplicemente al sole, con ancora indosso la tunica per coprire le
sue ferite più fresche, godendosi il calore che affondava nelle sue
articolazioni doloranti. Gli piaceva il posto perché il Platano
Picchiatore era dietro di loro, quindi non dovevano guardarlo.
«Ci sono rimaste delle bombe di letame?» Chiese Remus strizzando
gli occhi al cielo blu, poi chiudendo gli occhi per guardare alle
forme bruciati nelle sue retine.
157
«Sì, alcune. Non abbastanza per un grande saluto, però.»
«Quanto grande?»
«Più grande delle bombe di letame.» Rispose James, pulendosi gli
occhiali, come faceva spesso quando pensava. «Abbastanza grande
in modo che tutti sappiano che siamo stati noi.»
«Sapranno che siamo noi. La McGranitt lo sa sempre.» Intervenne
Sirius, alzandosi in piedi e lanciando una pietra sul lago.
Rimbalzò cinque volte, Sirius era incredibile nel tirare le pietre.
Aveva questo tipo di grazia fluida che era più animale che umana.
Faceva impazzire Remus; dopotutto era lui quello non
strettamente umano, e aveva comunque la grazia naturale di un
verme.
«Potrebbero pensare che siano stati i Prewetts.» James ribatté. «Ci
hanno battuto tutto l’anno.»
«Niente batte i folletti!» Disse Sirius sulla difensiva. Lanciò un’altra
pietra. Questa volta, al quarto rimbalzo, un lungo tentacolo
argenteo si levò dall’acqua e lo respinse pigramente verso di lui.
Sirius sorrise.
«L’idea della polvere pruriginosa era piuttosto buona, dovete
ammetterlo.» Mormorò Remus, portandosi un braccio sul viso.
«Esatto.» Continuò Sirius con entusiasmo. «Dovrebbero darci
punti per l’ingegnosità.»
«E la nuvola di pioggia!» Peter gridò, ansioso di essere coinvolto.
Tacquero tutti. Remus si mise a sedere. Non avevano più parlato
di quell’incidente da gennaio. Peter si morse il labbro, rendendosi
conto di quello che aveva fatto.
Sirius scosse la testa, cambiando argomento.
«Comunque, il punto è che noi quattro abbiamo avuto più
punizioni rispetto al resto dei Grifondoro messi insieme
quest’anno. Cos’altro vuoi che facciamo, James? Firmare il nostro
lavoro?»
158
Tirò indietro il braccio per lanciare di nuovo la pietra nel lago, ma
James balzò in piedi e gli afferrò la spalla, facendola cadere.
«Oi!» Sirius aggrottò le sopracciglia infastidito. «Che stai facendo?»
«Ecco!» James sussultò eccitato. «Firmiamo il nostro lavoro!»
«Cosa?» Remus guardò entrambi gli occhi. Non avrebbe dovuto
fissare il sole per così tanto tempo, i suoi occhi erano annebbiati e
stava iniziando ad avere mal di testa.
«FIRMARE IL NOSTRO LAVORO.» Ripeté James, come se
avesse perfettamente senso e fossero tutti troppo ottusi per
capirlo. Sospirò, impaziente: «Lasciare il segno a Hogwarts,
letteralmente.»
«Stai parlando di deturpare la proprietà della scuola, Potter?» Sirius
inarcò un sopracciglio scuro, la gioia scritta su tutto il viso.
«Potrei, Black.» James agitò le sopracciglia in risposta, non riusciva
ad alzarne solo una come faceva Sirius.
«Bene, vecchio.» Sirius ghignò, adottando un accento ancora più
aristocratico del solito. «Che ne dici, vecchio mio?»
«Dico che è un’idea semplicemente stravagante.»
«Oh, che piacere!»
«Che spettacolo!»
«Alquanto!»
Entrambi si sciolsero in risatine, cadendo a terra e lottando. Remus
e Peter condivisero uno sguardo. Questo genere di cose
accadevano sempre più spesso; James e Sirius si fissavano su una
delle loro commedie e escludevano gli altri. Remus si alzò e andò
a sedersi con Peter.
«Hai idea di cosa stiano parlando?» Chiese al ragazzo più piccolo.
Peter era rosso in viso, la fronte corrugata. Stava chiaramente
pensando profondamente.
«Vogliono che scriviamo i nostri nomi da qualche parte. Sui muri?»
Disse lentamente.
159
«Cosa.» Chiese Remus. «Tipo... inciderlo nella pietra o qualcosa del
genere? È un po’ permanente, no?»
Sirius e James continuarono a lottare. James era più grosso e di
solito aveva il sopravvento, ma Sirius lottava sporco.
«È tutto quello che mi viene in mente.» Peter scrollò le spalle.
«James dice che deve essere grande... i muri sono i più grandi...
oh... OH!» Saltò in piedi. «Ragazzi!» Strillò. «Ho un’idea!»
«Accipicchia!» James e Sirius si fermarono immediatamente. James
aveva la testa di Sirius sotto il braccio e la caviglia di Sirius stava
girando intorno alla gamba di James, pronta a strattonarli e farli
cadere entrambi. «Ti senti bene, Minus?»
«Il prato!» Peter continuò, camminando avanti e indietro mentre
pensava ad alta voce. «È la tela più grande, e non dovrebbe essere
permanente, potrebbe essere... se usassimo una pozione rapida...»
Remus sospirò, profondamente. Perché tutti dicevano cose senza
senso oggi?

E così grazie al desiderio di notorietà di James e alla disperazione


di Peter di farsi notare i quattro si ritrovarono nei giardini dopo il
tramonto, l’ultimo giorno del semestre. Avevano avuto due
settimane per pianificare il tutto: accumulare provviste dalla serra
e imparare vari incantesimi per il cambio di colore. Nel frattempo
avevano appreso che avevano tutti superato gli esami, anche Peter.
Remus era arrivato primo in Storia della Magia, e secondo in
Incantesimi (dopo Lily Evans, ma cercò di non farsi disturbare
dalla cosa).
«Ahia! Quello era il mio piede!»
«Scusa!»
«Non riesco a vedere niente.»
«Fuori è buio, idiota.»
«Hey! Quello era il mio piede!»
160
«Possiamo toglierci il mantello adesso?»
«Si credo di sì...»
Avevano trascinato giù dalla torre un pesante sacco di semi di
ortensia. Beh, Remus e Peter l’avevano fatto. Sirius e James
avevano deciso che avrebbero aperto la strada.
«Bene.» James aveva detto, come se stesse supervisionando un
lavoro, con le mani sui fianchi. «Abbiamo deciso di scrivere “con
amore da” o “da”?»
«”Da”.» Peter disse.
«Preferisco “con amore da”.» Disse Sirius.
«Aw, certo che lo preferisci, Black.» James gli arruffò i capelli
scherzosamente, facendo abbassare Sirius e fare una smorfia.
«Allora “con amore da” sia. Forza signori, al lavoro!»
Un’ora dopo il sacco di semi era vuoto, e Remus stava seguendo
la traccia che gli altri avevano lasciato, versando la pozione per una
crescita veloce sul terreno.
«Siamo sicuri di aver scritto tutto bene?» James si grattò la testa,
scompigliandosi ancora di più i capelli.
«È troppo tardi ormai.» Rispose Sirius, asciugandosi il sudore dalla
fronte. «Guarda, è meglio che andiamo, il sole sta sorgendo.»
Indicò il cielo, che cominciava a brillare di rosa.
«L’incantesimo che cambia colore, veloce!»
«L’ho già fatto.» Disse Remus, finendo la pozione. «Mentre erano
ancora nella borsa.»
«Bella pensata, Lupin!» Sirius gli diede una pacca sulla spalla.
«Sapevo che eri tu quello logico.»
Da quando?! Remus pensò tra sé.
«Non rientriamo ancora.» Disse James. «Guarda, possiamo vedere
sorgere il sole.»
«Merlino.» Sirius rise. «Che grande checca.»

161
Guardarono in soggezione mentre il sole arancione brillante saliva
lentamente oltre l’orizzonte, inondando il grande lago di scintille
dorate, poi impallidendo mentre saliva più in alto nel cielo con il
colore della pergamena.
«L’anno prossimo andrà ancora meglio, ragazzi.» James sorrise, i
suoi occhiali riflettevano il nuovo sole mentre gettava un braccio
intorno a Peter e Sirius. Remus rimase leggermente di lato,
contento di stare con loro.
Tornarono al castello di umore strano e quasi dimenticarono di
rimettersi il mantello. Tornarono alla torre di Grifondoro e James
e Peter cercarono di dormire, ma Remus non ci riuscì. Per prima
cosa, Sirius aveva finalmente iniziato a fare i bagagli; stava
rimandando la cosa da una settimana ormai, iniziò a gettare le sue
cose con noncuranza e rumorosamente nel suo baule di mogano.
Aveva impresso sopra un serpente, come tante delle cose di Sirius.
Per un’altra ragione, Remus non voleva dormire. Le sue ultime ore
a Hogwarts si stavano esaurendo così in fretta e non voleva
perderne nessuna. Si sedette sul davanzale della finestra e guardò
il loro scherzo nell’erba sottostante. I semi stavano già mettendo
radici e crescendo molto rapidamente, torcendosi e contorcendosi
sotto come una creatura in un film di fantascienza.
«Sembra bello!» Disse Sirius, avvicinandosi a guardare.
Apparentemente aveva finito di fare le valigie, anche se il suo baule
non sembrava si sarebbe chiuso facilmente.
«Continuo a pensare che avrebbe dovuto essere “so”, non
“sono”.» Disse Remus.
«Pessima grammatica, Lupin.» Sirius sbadigliò. «Non avrei potuto
vivere con me stesso.» Si stirò assonnato e indietreggiò sul letto di
Remus, che era il più vicino, rannicchiandosi per dormire.
Remus lo guardò per un po’ dal davanzale della finestra. Con gli
occhi chiusi, nella dolce luce dell’alba, Sirius sembrava più dolce,
162
più giovane. Remus aveva passato tutto l’anno sentendosi in
soggezione di lui e di James; erano così invincibili, così audaci. Ma
erano tutti solo ragazzini alla fine. E non importava quanto fosse
grande il loro scherzo finale, non avrebbe fermato il treno che
sarebbe venuti a prenderli domani, per riportare Remus a St
Edmund’s e Sirius dove viveva, una casa dove i ritratti gridavano.
Alla sua famiglia non importava che fosse stato il primo della classe
in Trasfigurazione.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra, premendo la fronte contro il
vetro freddo e sospirando profondamente. Era davvero un bello
scherzo; dovevano andarne orgogliosi. La McGranitt si sarebbe
arrabbiata, a Silente probabilmente sarebbe piaciuto. Non c’era
alcun bisogno di sentirsi così tristi, erano solo due mesi.
Cinquanta metri più in basso, le ortensie finalmente sbocciarono,
e il cuore di Remus perse un battito. I fiori sgargianti balenavano
in basso nei colori di Grifondoro, rosso brillante e oro scintillante;
a tutto volume portarono il loro messaggio traballante.
I MALANDRINI SONO STATI QUI!

163
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165
166
SECONDO ANNO

167
INDICE
1. Estate 1972 169
2. Regulus Black 173
3. The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spi- 180
derman From Mars
4. Fratellanza 186
5. Pozioni, di nuovo 196
6. Le conseguenze 206
7. Quidditch 215
8. Il fidanzamento 223
9. Supposizioni 230
10. La luna di dicembre 237
11. Natale con i Potter 248
12. Il ritorno di Sirius 259
13. Grifondoro vs. Serpeverde 267
14. Scoperte 278
15. Tredici 286
16. Cos’è un nome? 295
17. Amore e matrimonio 304
18. Esami 312
19. Il lungo ultimo giorno; pt 1 320
20. Il lungo ultimo giorno; pt 2 337

168
Estate 1972
Caro Remus,
Com’è andata la tua estate finora? La mia ha fatto schifo.
La scorsa settimana c’è stato il matrimonio di Bellatrix, almeno non sarà a
Hogwarts l’anno prossimo. Regulus e io eravamo testimoni dello sposo e
dovevamo indossare abiti verdi. Sicuramente non è il mio colore. C’era tutta la
mia famiglia, è stato orribile. Avresti dovuto vedere cosa ha fatto Bella ai suoi
capelli, sembrava completamente fuori di testa. Anche Cissy si è tinta i capelli:
ora è bionda, e quindi assomiglia al suo fidanzato forzato, Malfoy. Non posso
credere che mia zia glielo abbia permesso, scommetto che mia madre non mi
lascerebbe tingere i capelli.
Vorrei che potessimo usare la magia fuori dalla scuola, ho fatto delle ricerche
sulle maledizioni nella biblioteca di papà - dovrei aver trovato roba fantastica
per Mocciosus l’anno prossimo.
James dice che i suoi genitori mi lasceranno stare con loro quest’estate. I miei
genitori non mi lasceranno andare dai Potter, ma potrebbero lasciarmi stare
con i Minus, quindi chiederò a Pete di invitarmi. James ha detto che avrebbe
invitato anche te, spero che tu possa venire. Sarà fantastico, proprio come a
scuola.
A presto,
Sirius O. Black

Caro Remus,
Spero che tu stia passando una buona estate e che i babbani non ti stiano
buttando giù.
Mamma e papà dicono che siete più che benvenuti a venire a trovarci. Sirius
sta cercando di ottenere il permesso per tutta l’estate, il che sarebbe fantastico.

169
Se puoi venire, rispondi a questo gufo il prima possibile. La mamma dice che
scriverà una lettera lei stessa se la tua Direttrice ne ha bisogno.
A presto,
James.

Caro Remus,
James e Sirius dicono di aver provato a mettersi in contatto con te, ma che tu
non hai risposto. Ho detto loro che forse non sapevi come funzionavano i gufi.
Devi solo legare la lettera al loro piede, come abbiamo fatto noi, poi lasciarla
andare. Di solito finiscono dove dovrebbero.
Spero che tu possa venire a trovarci.
Peter.

Caro Remus,
Va tutto bene? Non ti sentiamo da un pezzo, spero che tu non abbia provato
a usare la posta babbana. Adesso sono dai Potter, è fantastico. I suoi genitori
sono davvero gentili, al contrario dei miei.
James è un po’ una scocciatura. Pensa che quest’anno entreremo entrambi nella
squadra di Quidditch e continua a farmi alzare alle sei per allenarmi a volare.
Completamente pazzo. È abbastanza divertente però e se Grifondoro avesse
bisogno di un battitore, allora potrei provarci. Non vedo l’ora di mostrarti la
mia scopa, puoi provarla se vuoi... potresti voler volare più volentieri con un
equipaggiamento decente.
James pensa che la tua Direttrice non ti lascerà venire, pensi che se scrivessimo
a Silente o alla McGranitt potrebbero ottenere il permesso? Sei un mago
dopotutto, non dovresti rimanere bloccato con i babbani per tutta l’estate.
Se davvero non puoi venire, verrai a Diagon Alley per comprare le tue cose per
scuola? Forse potremmo incontrarci tutti lì ad agosto magari?

170
Spero tu stia bene.
Sirius O. Black.

Caro Remus,
Non siamo i Malandrini senza di te, per favore vieni! Abbiamo un sacco di
spazio e alla mamma non importa. Ho allenato Sirius e Pete per il Quidditch
il prossimo anno - credo che se ti aiutiamo a superare il tuo problema con
l’altezza, potresti diventare un battitore decente.
Ti piace colpire le cose, vero? E probabilmente sei il più forte di noi quattro,
quindi penso che abbia senso. Anche Sirius vuole essere un battitore, può
mostrarti come si fa. Vedrò anche se abbiamo la mia vecchia scopa ancora in
giro nel capannone, così puoi averla!
James.

Caro Remus,
Per favore, vieni a salvarci dal regno del terrore di James. Non voglio nemmeno
entrarci nella squadra di Quidditch.
Peter.

Caro Remus,
Spero tu stia ricevendo queste lettere. Stiamo iniziando a preoccuparci.
Siamo andati tutti insieme a Diagon Alley, è stato fantastico. La mamma di
James ci ha comprato dei gelati e ci ha lasciato andare dove volevamo.
Probabilmente abbiamo trascorso circa tre ore nel negozio delle attrezzature da
Quidditch. Volevo davvero andare nella Londra babbana e trovare un negozio
di dischi, ma non ci era permesso lasciare Diagon Alley.

171
Andromeda mi ha mandato questo nuovo album... Merlino, devi davvero
ascoltarlo, Lupin! È meglio di Electric Warrior. Meglio di QUALSIASI
COSA. Sono sicuro che il cantante sia in realtà un mago: hai sentito parlare
di David Bowie?
Stai passando una buona estate? Com’è essere tornato?
Scrivi presto!
Sirius O. Black.

Caro Sirus,
Per favore, non mandatemi altre lettere. Non riesco a leggerle e la Direttrice
inizia ad irritarsi per via dei gufi.
Ci vediamo sul treno.
Remus.

172
Regulus Black
Metal Guru, could it be?
You’re gonna bring my baby to me
She’ll be wild, y’know a rock n roll child...

Remus strinse le maniglie della sua vecchia valigia malconcia con


le nocche bianche, lo stomaco che si agitava in salti mortali mentre
osservava la folla in movimento. Questa volta la Direttrice lo aveva
lasciato correre verso la barriera, anche se all’ultimo minuto aveva
distolto lo sguardo, terrorizzata. Ora lei era dietro di lui, sul lato
babbano della stazione, e non avrebbe dovuto rivederla per dieci
mesi.
Aveva avuto un terribile incubo la notte prima: aveva sognato
arrivare a King’s Cross e non essere in grado di raggiungere il
binario 9 ¾, niente di tutto quello che era successo era reale; la
magia, le bacchette, i maghi, i suoi amici. Remus cercò di scacciare
questi pensieri dalla sua mente mentre si guardava attorno
attentamente, cercando un volto familiare.
«Ti hanno fatto tornare?» Una voce fredda interruppe la sua
ricerca. «Gli standard devono davvero essere scesi.»
Remus sentì le sue spalle tendersi. Perché la prima persona con cui
parlava doveva essere Piton?!
«Sparisci, Mocciosus.» Sputò. Si raddrizzò, voltandosi per
affrontare il ragazzo Serpeverde con il suo sguardo più meschino.
«Ugh, che diavolo è questo odore?» Strascicò Piton, arricciando il
naso troppo grande.
Remus arrossì; puzzava di antisettico, lo sapeva. La Direttrice ne
aveva messo troppo quella mattina.

173
«Ho detto sparisci!» Mormorò Remus, stringendo i denti e serrando
i pugni.
Vide Severus indietreggiare, leggermente. Remus sapeva che
aspetto aveva; aveva passato due mesi senza magia, circondato da
ragazzi più grandi e più duri di Piton... era ferito come un orso
chiuso stretto in una trappola ed era pronto a tirare un pugno alla
più piccola provocazione.
«Oi, testa pelata!» Un’altra voce risuonò sulla folla.
Un ragazzo con gli occhiali e i capelli neri corvini che spuntavano
da tutte le parti si sporgeva da uno dei finestrini delle carrozze,
salutando vigorosamente Remus.
Remus sorrise, dimenticando che stava cercando di spaventare
Severus, e rispose al saluto. Si strofinò la testa imbarazzato. I suoi
capelli erano cresciuti mentre era a Hogwarts, ma la Direttrice lo
aveva rasato non appena era tornato a St Edmund’s, facendolo
sembrare di nuovo un delinquente.
Lanciando uno sguardo torvo a Piton, Remus strinse la sua valigia
e corse sul treno, spingendo oltre gli altri studenti per raggiungere
la carrozza dove i suoi amici stavano aspettando.
«Lupin!» Peter balzò in piedi, eccitato.
Non sapeva bene cosa fare una volta che si era alzato in piedi; di
certo non si sarebbero abbracciati come delle ragazze, e
apparentemente non era il caso di darsi delle strette di mano.
Minus invece gli diede goffamente una pacca sul braccio e Remus
strinse il suo in risposta.
«Ciao ragazzi.» Remus sorrise, le guance doloranti di felicità mentre
si sedeva. «Com’è andata l’estate?»
«Dovremmo chiederlo noi a te!» James rise dandogli un pugno sul
braccio. «Non un gufo per tutta l’estate!»
Remus lanciò un’occhiata a Sirius, furtivamente. Quindi non aveva
menzionato la lettera che Remus gli aveva mandato.
174
«Sai che sono praticamente un babbano durante le vacanze.»
Rispose. «Non potevo nemmeno aprire il mio baule per fare i
compiti. L’hanno chiuso in una stanza.»
Non era del tutto vero, Remus aveva chiesto alla Direttrice di
chiudere a chiave le sue cose di scuola, terrorizzato che gli altri
ragazzi potessero rubargliele. Non aveva fatto i compiti perché
non era stato in grado. Ci fu un lieve rumore di disgusto
dall’angolo. Remus alzò lo sguardo, accigliato.
Seduto sul sedile accanto a Sirius c’era un altro ragazzo più
giovane, con gli stessi occhi blu scuri e lunghi capelli neri; gli stessi
inconfondibili lineamenti dei Black: labbra carnose e zigomi che
potrebbero tagliare il vetro.
«Questo è Reg.» Sirius annuì, disinvolto. «Saluta, Reggie.»
«È Regulus.» Il ragazzo rispose irritato, la sua voce alta, aristocratica
e indignata.
«Il mio caro fratellino.» Sirius alzò un sopracciglio verso gli altri
tre.
«Ciao Regulus.» James sorrise offrendo una mano amichevole.
«Sono James.»
«Potter.» Regulus gli guardò la mano come se fosse sporca.
Sirius gli diede uno schiaffo sulla testa. «Smettila di fare il
coglione.» Scattò. «Questi sono i miei amici.»
«Non volevo sedermi qui.» Rispose Regulus. «Mi hai obbligato tu.»
«Oh dai, vattene allora. Non so perché mi sono preoccupato.»
Regulus si alzò, impassibile, ed uscì dalla carrozza sbattendosi la
porta alle spalle.
«Wow, ha davvero quel fascino della famiglia Black.» James sorrise.
Sirius scosse la testa disperato, appoggiando un piede sulla panca
di fronte e appoggiando un gomito contro il vetro della finestra. Il
fischio suonò e il treno iniziò a ritirarsi dalla stazione.

175
«Non mi sarei dovuto aspettare altro.» Mormorò Sirius. «Gli hanno
fatto il lavaggio del cervello. È arrabbiato con me. Non avrei
dovuto stare via per tutta l’estate.»
«Pensi che sarà in Serpeverde, allora?» James chiese.
«Probabilmente.» Sirius lo guardò in cagnesco. «Sa che non gli
parlerò, se dovesse esserlo. Preferisco sia in Tassorosso.»
Remus pensava che Sirius fosse un po’ duro. Certamente, non gli
piacevano Piton e Mulciber e sì, avevano fatto degli scherzi alla
casa dei Serpeverde, ma Remus non aveva mai odiato Serpeverde
come pareva fare Sirius. Sicuramente non avrebbe rinnegato suo
fratello solo per un’uniforme leggermente diversa, vero? L’unica
cosa che Remus poteva vedere di sbagliato nei Serpeverde era che
la maggior parte di loro erano snob e anche Sirius, James e Peter
lo erano, anche se non se ne rendevano conto.
Questa linea di pensieri lo lasciò quando cominciarono a prendere
velocità fuori da Londra, e Remus poté finalmente rilassarsi all’idea
che stava davvero tornando a Hogwarts, la magia ora era
ufficialmente consentita. Aprì la valigia e afferrò la bacchetta per
la prima volta da mesi. Remus non aveva osato toccare nulla di
magico dalla fine del semestre, ma ora tirò fuori uno dei suoi libri
di seconda mano (erano arrivati la settimana prima da Silente), lo
aprì e disse rapidamente «Letiuncula Magna.»
Fece finta di grattarsi dietro l’orecchio con la bacchetta e mormorò
le parole sottovoce. Sirius doveva aver visto quello che stava
facendo, perché era balzato in piedi per tirare giù la sua scopa dal
portapacchi, distraendo James e Peter. Remus guardò il libro, il
cuore che batteva all’impazzata. Le parole gli riempirono la mente
come musica, e finalmente poté leggere di nuovo.
L’estate era stata incredibilmente noiosa. Aveva tentato di leggere
alcuni libri in giro a St Edmund’s, ma senza la magia era troppo
frustrante. Aveva letto molto lentamente ciascuna delle lettere dei
176
suoi amici, ma era troppo imbarazzato per tentare di riscrivere a
chiunque tranne Sirius. Aveva anche dovuto mentire molto.
Remus pensava che a volte avesse passato intere giornate senza
parlare con nessuno; agli altri ragazzi era stato detto che era stato
ad un collegio privato, pagato con l’eredità del padre. Questo
ovviamente lo aveva reso un bersaglio più che mai, e insieme alle
lune piene sempre più difficili, Remus aveva trascorso gran parte
dell’estate coperto di lividi. Le lune piene erano un altro motivo
per cui era sollevato di tornare a Hogwarts, dove Madama Chips,
la medi-strega della scuola, non solo era più comprensiva della
Direttrice ma anche meglio qualificata per gestire le peculiarità
della sua condizione. La Direttrice era inorridita nel vedere le
nuove ferite che Remus si infliggeva ogni mese e lo trattava come
se lo stesse facendo deliberatamente, solo per infastidirla. Era stato
molto peggio dell’estate prima, in cui se l’era cavata con qualche
graffio e livido a notte. Ora, sotto i suoi vestiti babbani, Remus era
quasi completamente coperto di bende e cerotti che tiravano e lo
irritavano ogni volta che si muoveva. Sperava di poter scivolare in
infermeria subito dopo il loro arrivo.
Sirius e James erano impegnati a raccontare a Remus della loro
estate, con Peter che si univa qua e là, ansioso di mettere in chiaro
che la maggior parte delle volte erano stati loro tre. Sembrava che
si fossero divertiti tutti in modo spettacolare, anche se c’era molto
Quidditch. I genitori di James avevano un cottage in riva al mare,
insieme a quella che James chiamava la loro “solita casa” vicino a
Londra. I tre ragazzi si erano accampati sulla spiaggia, avevano
pescato, fatto volare aquiloni e pianificato i loro scherzi per l’anno
successivo. Ne parlarono eccitati per così tanto tempo che ad un
certo punto Remus ebbe voglia di dirgli di stare zitti.
Si sentì un po’ meglio quando arrivò il carrello dei dolci, James e
Sirius misero insieme la paghetta e comprarono abbastanza cibo
177
per sfamare metà della casa di Grifondoro. Remus non si
lamentava e come al solito era molto affamato.

Remus fu immensamente grato di essersi riempito la pancia sul


treno, aveva dimenticato quanto lunga e noiosa fosse la cerimonia
di smistamento, specialmente quando non vi prendevi parte.
Regulus fu davvero smistato in Serpeverde, cosa che si rivelò una
sorpresa solo per Sirius, che Remus sentì espirare bruscamente
incredulo. Il fratello minore Black si precipitò verso i suoi coetanei
e verso Narcissa, che ora sfoggiava un distintivo d’argento da
Prefetto e una nuova elegante pettinatura platino.
Severus diede una pacca sulla spalla di Regulus, sorridendo al
tavolo di Grifondoro.
«Qual’è il suo problema?!» Peter sospirò quando finalmente
apparve il cibo. «Pensavo che ormai avesse superato qualche
stupido scherzo.»
«Avrebbe bisogno più di dimenticare la Evans.» Disse James,
suonando insolitamente pensieroso. Tutti lo guardarono confusi.
«Oh andiamo, è ovvio!» Sorrise. «Il vecchio Mocciosus è
chiaramente innamorato di una certa Grifondoro pel di carota.»
Fece l’occhiolino a Lily che gli lanciò uno sguardo disgustato e
ovviamente gli voltò le spalle per continuare la sua conversazione
con Marlene.
«Quindi, dato che la pollastrella che gli piace è in Grifondoro, sarà
un rompicoglioni per i prossimi sei anni?» Sirius rispose, incredulo.
Remus sbatté le palpebre. Pollastrella?! Sirius non era il tipo di
ragazzo che chiamava pollastrelle le ragazze, era decisamente
troppo di classe. Dove diavolo l’aveva sentito?
«Esattamente.» Confermò James, sembrando molto orgoglioso di
sé stesso.

178
«Nah.» Sirius scosse la testa. «A nessuno potrebbe importare così
tanto di una ragazza.»
Remus era silenziosamente d’accordo con lui. Tuttavia, a Potter
non sembrava importare che le sue teorie fossero messe in
discussione. Scrollò le spalle, scavando nelle sue patate arrosto,
«Se lo dici tu. Deve ancora essere seccato per quella volta che
Remus gli ha dato un pugno, allora.»
Sirius rise al ricordo di quello, finalmente rallegrandosi.

179
The Rise and Fall of Ziggy Stardust
and the Spiders From Mars
Madama Chips rimase inorridita dallo stato del corpo magro e
malconcio di Remus quando finalmente andò a trovarla.
«Cosa ti ha fatto quella donna?!» Ansimò con rabbia.
«Oh no, ho fatto tutto da solo.» Remus gesticolò seccamente al
suo petto nudo. L’infermiera staccò un’altra benda.
«Sì, ma ti ha a malapena curato... Non avevo idea che la medicina
babbana fosse così primitiva! Queste sono ferite magiche, hanno
bisogno di cure magiche!»
Remus annuì, stancamente. Si era abituato alla carneficina ora, il
dolore si era depositato sulle sue spalle come un pesante fardello,
un fardello che probabilmente avrebbe dovuto sopportare per
sempre. La vita era piena di limiti, semplicemente lui ne aveva più
degli altri. Forse era per questo che era così invidioso di James e
Sirius.
Madama Chips voleva farlo restare tutta la notte ma lui rifiutò
scontrosamente. Mancavano due settimane alla luna piena e voleva
dormire il più possibile nel suo letto.
Tornò lentamente nella Sala Comune, anche se si sentiva meglio
di quanto non si fosse sentito in un mese: Madama Chips gli aveva
dato una pozione che lo faceva sentire sciolto, a suo agio e
piacevolmente leggero. Non c’era possibilità in un pomeriggio
tranquillo, però, perché quando Remus arrivò al dormitorio trovò
Sirius seduto sul suo letto, il giradischi e gli album nuovi di zecca
sparsi intorno a lui.
«Lupin!» Sorrise eccitato. «Devi sentire questo!»

180
«Grazie a Merlino sei qui.» Gemette James dal suo letto dove stava
sfogliando una rivista di Quidditch. «Ha parlato di quel cantante
babbano per tutta l’estate.»
«Non è un babbano!» Sirius scattò, le mani sui fianchi. «Deve
essere un mago. Deve esserlo! Dovresti vedere i vestiti che
indossa...»
Remus attraversò la stanza e prese la copertina del disco. Sorrise,
leggermente sorpreso. «Oh, Bowie! Sì, mi piace. Non credo che sia
un mago, però.» Sirius sembrava un po’ deluso dal fatto che Remus
avesse sentito già parlare di lui, e Remus si affrettò a spiegare. «Ho
sentito Starman molte volte alla radio, ma nessuno al St Edmund’s
ha l’album!»
Placato, Sirius sistemò il disco nero che teneva sul giradischi e fissò
l’ago in posizione. James sospirò profondamente e si alzò, lasciò la
stanza con la rivista sotto il braccio. Sirius lo ignorò, guardando la
faccia di Remus con impazienza mentre iniziava il lento tamburo.
Remus si sedette sul bordo del letto e chiuse gli occhi per ascoltare.

Pushing through the market square


So many mothers sighing
News had just come over
We had five years left of crying...

Non era uguale ad Electric Warrior; era più scuro, più triste. A
Remus piaceva molto. Raccontava una storia, anche se Remus non
era ancora sicuro di aver capito tutte le parti. Mentre le battute
finali di Rock n Roll Suicide riverberarono, Sirius sollevò l’ago e lo
spostò indietro.
«Ascoltiamo di nuovo Suffragette City, è la mia preferita!»
Remus sorrise, avrebbe potuto immaginarlo. Era rumorosa e
brusca, e si poteva ballare.
181
This mellow thigh’d chick’s just put my spine outta place...
Remus pensava che la sua preferita fosse Moonage Daydream, perché
era strana e spaziale. O Lady Stardust, perché per qualche motivo
gli ricordava Sirius.
his long black hair, his animal grace; the boy in the bright blue jeans...
Remus respinse velocemente quel pensiero, sicuro che Sirius
l’avrebbe trovato istericamente divertente.
Una volta che ebbero ascoltato di nuovo l’album fino in fondo e
poi riascoltato i loro brani preferiti, era quasi ora di cena. Si
sedettero insieme a gambe incrociate sul letto.
«Forse è un mago.» Concesse Remus sognante. «Non può essere
un normale babbano.»
«Te l’avevo detto!» Sirius sorrise trionfante. «Comprerò tutti i suoi
album.»
«I T. Rex ne hanno fatto uno nuovo.» Disse Remus. «Slider.»
«Fico! Vorrei che la signora Potter ci avesse permesso di lasciare
Diagon Alley, ho anche ricevuto dei soldi babbani dalla Gringott.»
«Che cos’è Diagon Alley?» Chiese Remus, anche se pensava di
averne un’idea grazie alle lettere estive.
Gli occhi di Sirius si spalancarono, come facevano sempre quando
Remus dimostrava la sua scioccante mancanza di conoscenza
magica.
«Maledizione, Lupin.» Disse. «È la strada dei maghi, a Londra. I
Babbani non ci possono entrare.»
«Oh giusto.» Non sembrava così eccitante per Remus; lo shopping
era noioso.
«Dove prendi tutte le tue cose?!»
«Che cose?»
«Robe per la scuola: i tuoi libri, i tuoi vestiti...» Gli occhi di Sirius
saettarono sui polsini logori delle vesti scolastiche nere di Remus.

182
I suoi erano nuovi di zecca, perfettamente rifiniti e tagliati
leggermente meglio di tutti gli altri.
«Sono di seconda mano, penso.» Rispose Remus. «Me li manda
Silente. Non so come avrei fatto ad andare a Diagon Alley; non mi
è permesso andare a Londra da solo.»
«La prossima estate.» Sirius disse fermamente. «Devi venire a casa
di James e restare, possiamo portarti a Diagon Alley, lo adorerai.»
«Sai che non posso.» Disse Remus piano, senza guardarlo negli
occhi.
«Sistemeremo le cose.» Sirius disse con sicurezza. «Parleremo con
Silente, la McGranitt, persino con il Ministro della Magia, se è
necessario!»
Remus si sforzò di sorridere, fingendo di credere a Sirius.
«Sì grandioso. Grazie, Black.»

The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders From Mars divenne
la colonna sonora del dormitorio dei ragazzi Grifondoro per la
settimana successiva fino a quando persino James, che era stonato,
si ritrovò a canticchiare.
Remus non si era mai sentito così soddisfatto e a suo agio in tutta
la sua vita. Era lontano da St Edmund’s, lontano dalle camicie
grigie, dalla Direttrice, dalle stanze chiuse e dai ragazzi
problematici che volevano picchiarlo. Non era coperto di bende
(almeno per il momento), e fino a quando le lezioni non sarebbero
iniziate lunedì aveva tutto il tempo che voleva per leggere, ascoltare
musica e divertirsi con i Malandrini.
Trascorreva la maggior parte del tempo a leggere e a finire i
compiti estivi che gli erano stati assegnati. Come un uomo che
muore di fame, divorava ogni informazione che gli veniva
presentata e andava persino a prendere altri libri dalla biblioteca
per indagare ulteriormente.
183
Dovette anche avere una serie di conversazioni con James prima
di convincerlo che non aveva alcun desiderio di essere nella
squadra di Quidditch di Grifondoro. Remus si accontentava di
sedersi in platea con il suo libro, di tanto in tanto alzando lo
sguardo per guardare gli altri tre ragazzi che svolazzavano avanti e
indietro sulle loro scope. Erano tutti molto bravi, ma era ovvio
anche per Remus che James era il migliore di tutti e tre. Non
sembrava nemmeno che avesse bisogno della scopa; il ragazzo dai
capelli neri si librava come un gheppio, con le sue curve fluide, e i
suoi tuffi nauseanti. Remus non aveva guardato molte partite di
Quidditch il primo anno, ma era sicuro che James si sarebbe
guadagnato un posto nella squadra.
Sirius era molto più appariscente nella sua tecnica di volo, non gli
mancava tanto l’abilità di James quanto la sua disciplina. Black
sembrava annoiarsi facilmente, poteva anche andare abbastanza
veloce quando voleva, ma era più interessato a girare e sterzare
pericolosamente che a prendere le placche o respingere i bolidi.
Aveva bisogno che James gli gridasse contro ogni pochi minuti per
rimanere concentrato sul gioco. Peter era molto competente dopo
un’estate di allenamento, ma era piuttosto lento sulle lunghe
distanze, James decise che sarebbe stato meglio come portiere.
«Ti comporti come se dovessi scegliere a l’intera squadra.» Sirius
sbuffò mentre tornavano al castello dopo un allenamento.
«Dovrebbero permettermelo.» James si strinse nelle spalle, come
se fosse ovvio. «Sono meglio di almeno metà della squadra attuale,
e tu sei meglio di entrambi i battitori. E conosco le tattiche.»
«Cerca solo di non essere troppo scioccato quando non ti faranno
capitano.» Sirius alzò gli occhi al cielo. «Sei ancora un secondo
anno. L’anno scorso non ci sono stati secondi anni nella squadra.»
«Abbi un po’ di fede, Black.» James ammiccò, gettando il braccio
sopra la spalla dell’amico.
184
Andarono avanti insieme, scope in mano. Il sole stava
tramontando dietro di loro e gettava tutto in netto rilievo,
delineando i due ragazzi dai capelli scuri con colori eroici. Remus
li guardò, restando indietro appesantito dai suoi libri, pensando
che probabilmente sarebbero stati tutti piuttosto sorpresi se James
non avesse ottenuto esattamente quello che voleva.

185
Fratellanza
Remus non aveva un fratello, almeno per quanto sapesse.
Supponeva che sua madre potesse essersi sposata di nuovo e aver
messo al mondo alcuni bambini carini, non magici e non mostri.
Non sembravano proprio affari suoi; aveva accettato il suo destino
molto tempo fa.
Anche James era figlio unico e questo almeno in qualche modo
spiegava perché era così presuntuoso ed esigente. Sirius parlava dei
genitori di Potter come santi, ma avevano chiaramente viziato
parecchio loro figlio. Peter aveva una sorella che era molto più
grande di lui e aveva già lasciato Hogwarts. Era stata nei
Tassorosso, ma Peter non parlava molto di lei. Stava studiando in
un’università babbana, che a quanto pare era il massimo del cattivo
gusto.
Quindi forse nessuno di loro capiva davvero cosa stesse
succedendo tra i due fratelli Black, il che potrebbe essere stato il
motivo per cui non presero la cosa molto sul serio. Il tutto iniziò
la mattina dopo lo smistamento. Durante la colazione, Regulus
aveva ricevuto un regalo dai suoi genitori; un nuovissimo gufo
reale. Era la sua ricompensa per essere stato smistato nella casa
giusta, cosa che scoprirono perché Severus lesse allegramente la
lettera ad alta voce in modo che tutto il tavolo di Grifondoro
sentisse. Sirius fissò il suo porridge senza cedere alla provocazione,
ma Remus guardò Regulus e vide che stava arrossendo, cercando
di strappare la lettera a Piton.
«I tuoi genitori hanno confiscato di nuovo il tuo gufo?» Chiese
Peter, senza mezzi termini.
Sirius fece un cenno del capo.

186
«Hanno detto che posso riaverlo indietro quando mi sarò ricordato
del mio dovere verso la famiglia e inizierò a comportarmi come un
“vero Black”. Non mi interessa, non mi serve un gufo.»
«Qual’è esattamente il tuo dovere di famiglia, scusa?» James meditò
ad alta voce, in modo che i ridenti Serpeverde potessero sentirli.
«Andare in giro con mostri come Mocciosus e Mulciber? Sposare
tua cugina?»
Sirius finalmente alzò lo sguardo su James, la sua espressione metà
grata e metà maliziosa.
«Oh sì.» Rispose in modo colloquiale, ad alta voce quanto James.
Piton, Regulus e la maggior parte degli altri Serpeverde che stavano
ridendo ora avevano smesso, adocchiando i due ragazzi
Grifondoro. Peter si allontanò leggermente.
«La consanguineità e l’essere viscidi sono aspetti chiave della mia
nobile eredità. Anche prendermela con ragazzi più piccoli,
ovviamente, e barare, mentire e maledire la mia strada verso il
potere...»
«Be’ amico, mi dispiace dirtelo.» Replicò James giovialmente. «Ma
non sembra affatto che tu sia un Black.»
«Dio mio...» La mano di Sirius volò verso il suo viso con finta
sorpresa. «Cosa diavolo sono allora?»
«È ovvio.» James scrollò le spalle. «Sei un Malandrino.»
Sirius rise, come la maggior parte dei Grifondoro seduti nelle
vicinanze.
Remus vide la mano di Severus raggiungere la sua bacchetta e
rapidamente afferrò la sua per prepararsi, facendo un elenco di
incantesimi nella sua testa, cercando di trovarne uno che lo
fermasse velocemente. Ma Regulus diede una gomitata a Piton
borbottando un “Va tutto bene”. Remus era sicuro di essere
l’unico Grifondoro ad averlo sentito.

187
«Andiamo.» Sogghignò Piton. «È meglio che ci allontaniamo da
tutta questa spazzatura se non vogliamo vomitare la colazione.»
Questo fece solo ridere più forte Sirius e James, e Piton uscì dalla
stanza, seguito da Mulciber e da un nuovo ragazzo del primo anno
chiamato Barty Crouch.
Regulus si trattenne guardando nervosamente tra i suoi nuovi
amici e suo fratello. Il nuovo gufo sedeva appollaiato sul gomito
storto, osservando la scena con uno sguardo imperioso e
condiscendente. Si avvicinò a Sirius.
«Puoi prenderlo in prestito, se vuoi.» Disse Regulus a bassa voce.
«Non le ho mai chiesto di mandarmi niente, ma sai com’è.»
«Sì.» Sbuffò Sirius. «Lo so.»
Entrambi si guardarono l’un l’altro per un po’, e Remus non riuscì
a capire se si stavano fissando o se stavano cercando di trovare le
parole per dire qualcosa di molto difficile.
«Senti, mi dispiace, okay... sapevi che sarei finito in Serp-» Iniziò
Regulus, ma fu interrotto da Sirius che si alzò rapidamente in piedi.
«Non voglio il tuo gufo.» Disse rigido, guardando dritto vero suo
fratello. «Se avrò bisogno di mandare una lettera, prenderò in
prestito quello di James.»
Detto questo si spinse oltre Regulus e fece per andarsene. James,
Remus e Peter si alzarono in fretta e lo seguirono. Remus guardò
di nuovo Regulus, che sembrava molto pallido e molto triste.
Remus non pensò molto a Regulus dopo quell’episodio; la linea
era stata tracciata, ed era loro dovere di Malandrini sostenere Sirius,
inoltre erano tutti troppo occupati una volta iniziate le lezioni.
Remus si buttò nei suoi studi, al completo contrario del suo
comportamento del settembre precedente. Leggeva avidamente,
rispondeva alle domande in classe e faceva i compiti non appena
venivano dati. In tutto tranne che in pozioni, era uno studente
modello. Non aveva dimenticato quello che aveva letto l’anno
188
prima, sulle persone con il suo problema. Non avevano alcuna
possibilità, una volta lasciata la scuola. Quelli così stupidi da
registrarsi erano esclusi da quasi tutti i lavori tra i maghi. Avrebbe
dovuto essere il migliore e anche quello poteva non essere
abbastanza, ma aveva ancora sei anni per pensarci.
C’era un altro elemento oltre alle sue aspirazioni accademiche:
Sirius. Beh, Sirius e James in realtà, ma soprattutto Sirius. Remus
non dubitava che Sirius fosse suo amico, ma dubitava che Sirius lo
vedesse davvero alla pari. Inveiva contro le convinzioni della
famiglia Black sulla purezza del sangue, ma allo stesso tempo
faceva spesso commenti sprezzanti sui problemi della famiglia di
Peter. Tutto questo accadeva sempre alle spalle di Peter e Remus
aveva paura di pensare a quello che Sirius avrebbe potuto dire su
di lui quando non era presente.
Remus aveva imparato durante il suo primo anno ad Hogwarts che
essere un “mezzosangue” significava essere leggermente meno
fidato degli altri maghi. I Serpeverde, in particolare, prendevano di
mira studenti con qualsiasi tipo di eredità babbana: Marlene
McKinnon, il cui padre era un babbano, aveva perfezionato la
maledizione del pipistrello prima di chiunque altro nel loro gruppo,
come mezzo di difesa. Lily Evans era protetta dall’essere
tormentata ogni volta che Piton era nelle vicinanze, ma era chiaro
che molti degli studenti pensavano che fosse piuttosto piena di sé,
considerando le circostanze della sua nascita.
Sirius non aveva mai detto niente di così terribile, ma Remus aveva
la sensazione che il suo essere migliore di tutti gli altri in classe
fosse preso come prova che la sua magia era in qualche modo
migliore. Remus aveva un fortissimo desiderio di dimostrargli che
si sbagliava. Era stata una lieve sorpresa; non era mai stato molto
competitivo prima, ma infondo non gli erano mai stati forniti gli
strumenti per competere.
189
Ovviamente ci sarebbe sempre stato un ostacolo insormontabile
per Remus, e nel settembre del 1972 arrivò verso la fine del mese.
Remus aveva temuto quella notte come sempre e nei giorni
precedenti si ricordò di dire che non si sentiva bene per preparare
i suoi compagni di stanza alla sua imminente assenza.
Sinceramente, non si era mai sentito meglio. Sebbene le
trasformazioni fossero peggiorate, e i giorni necessari per
riprendersi si fossero allungati, Remus scoprì anche che mentre la
luna iniziava a crescere e ad accumulare forza, così faceva anche
lui.
Aveva una fame vorace, i suoi sensi erano più acuti, la sua magia
diventava densa e pesante come lo sciroppo sulla lingua e dormiva
a malapena, passando invece metà della notte a leggere
voracemente, cercando di ignorare i sussurri furtivi di Sirius e
James nel letto accanto.
Arrivò prontamente all’infermeria Madama Chips e la McGranitt
lo scortarono ancora una volta fino al Platano Picchiatore. Furono
molto silenziose mentre attraversavano i giardini, ma una volta che
Remus fu rinchiuso nella baracca per la notte, sentì le due donne
fermarsi e iniziare a parlare mentre tornavano indietro lungo il
corridoio. Non dovevano aver pensato che poteva sentirle, che il
suo udito era migliore di quello della maggior parte delle persone,
specialmente in una notte di luna piena. Madama Chips stava
lamentando del trattamento di Remus durante l’estate.
«È coperto di ferite! Non posso, in buona coscienza, permettergli
di tornare lì, Minerva! Va contro tutto ciò che sono come
guaritrice.»
«Capisco Poppy.» Rispose la McGranitt bruscamente mentre
attraversavano il giardino. «È una questione difficile: quando la
madre di Remus lo ha consegnato alle autorità babbane ha reso le

190
cose molto difficili... dobbiamo procedere con attenzione, molta
attenzione. Parlerò con Silente.»
«È un ragazzo così tranquillo... Non si lamenta mai, e sono sicura
che deve soffrire davvero tanto...»
Remus non sentì più niente, erano troppo lontane e le sue stesse
urla coprirono le loro voci.

Al mattino, Remus tornò nel suo corpo ansimando come se fosse


appena nato. Non c’era un centimetro del suo corpo che non gli
facesse male: la testa gli pulsava, sentiva degli aghi premergli dietro
gli occhi; il collo e le spalle sembravano un elastico spezzato, gli
faceva perfino male respirare. Ad ogni movimento del petto il
dolore lo attraversava, stava sudando molto nonostante l’aria
fresca. Aveva un profondo squarcio sulla pancia che gli fece venire
voglia di vomitare. Aveva già perso molto sangue e continuava a
perderne. Per metà strisciò, per metà si trascinò attraverso la stanza
fino a una scatola di forniture mediche di emergenza tenuta sotto
le assi del pavimento. Tirò fuori della garza, usò tutta l’energia che
gli era rimasta e premette più forte che poteva contro la ferita
scura. Gridò per il dolore, ma continuò a premere. Il suo respiro
si fece debole, ma gli faceva male comunque. Aveva le vertigini,
voleva rannicchiarsi e dormire.
Resta sveglio, si esortò furiosamente, resta sveglio o morirai, idiota.
Allora muori. Una vocina apparve nella sua mente, dal nulla.
Certamente renderebbe le cose più facili. Per te. Per tutti.
Remus scosse la testa, stordito. La voce era molto gentile e
morbida, come una madre.
Premette più forte, grugnendo per lo sforzo. Nella sua miseria, si
chiese se la voce avesse ragione. Si stava aggrappando a una vita
che non l’aveva mai voluto veramente; la sua vita valeva davvero?

191
E se fosse morto? E se avesse chiuso gli occhi? Sarebbe stata solo
questione di prima, piuttosto che poi.
Chiuse gli occhi, espirando dolcemente.
«Remus?» Il gentile bussare di Madama Chips arrivò puntuale
come sempre.
Lo ignorò; era troppo stanco. Appoggiò la testa sulle assi scure del
pavimento e lasciò andare la garza. Così stanco.
«Remus!» La porta si spalancò e all’improvviso lei era lì,
inginocchiata accanto a lui, che gli prendeva la testa in grembo.
«Vada via.» Mormorò senza aprire gli occhi. «Mi lasci andare.»
«Te lo puoi scordare, giovanotto.» Madama Chips disse, così
ferocemente che nonostante il suo stato confusionario Remus rise.
Poi sussultò, stringendosi istintivamente il petto. La strega puntò
la bacchetta sulla sua ferita aperta e la cucì insieme in pochi
secondi, poi appoggiò la mano sul suo petto, dove si era toccato.
«Costola rotta.» Mormorò. «Povero ragazzo.» Agitò la bacchetta
ancora una volta e Remus sentì uno strano *CLACK* nel suo
torace, improvvisamente respirare non faceva più male.
Aprì gli occhi e la guardò. Era impegnata a tirargli una coperta sulle
spalle per tenerlo al caldo.
«Allora.» Sussurrò dolcemente, sebbene fossero completamente
soli, «Cosa pensavi di fare facendomi spaventare in quel modo,
eh?» La sua voce era così calda e le sue dita così tenere. Con molta
attenzione, lo strinse in un abbraccio. «Non possiamo perderti,
Remus, non finché sarò ad Hogwarts.»
«Fa male.» Sussurrò Remus.
Lo strinse più forte. Per la prima volta da molto tempo, Remus
iniziò a piangere. Mentre la dolce e gentile infermiera lo teneva, lui
avvolse le proprie braccia intorno al suo corpo morbido e
singhiozzò come un bambino.

192
Dovette trascorrere due giorni interi in infermeria. La ferita allo
stomaco non era l’unica che si era inflitto quella notte, anche se era
la peggiore. L’incantesimo di Madama Chips era stato sufficiente a
fermare l’emorragia abbastanza a lungo da farlo uscire dalla
baracca, ma aveva bisogno di riposo e silenzio. Gli dava
regolarmente sonniferi e lui li beveva senza lamentarsi, preferendo
non essere sveglio. I Malandrini cercarono di vederlo, ma su
richiesta di Remus Madama Chips li aveva mandati via.
Era già venerdì mattina inoltrata quando finalmente lo lasciò
andare.
«Manderò una nota ai tuoi professori, per fargli sapere che non ti
dovrebbero aspettare. Devi andare direttamente al tuo dormitorio
e sdraiarti, capito?»
Si avviò lentamente, prendendo una strada diversa dal solito,
pensando alla Mappa; avrebbe dovuto ricominciare a lavorarci
sopra, aveva letto qualcosa di molto interessante su un incantesimo
di homunculus. Una volta raggiunto il dormitorio, Remus strisciò sul
letto, tirò le tende intorno e si sdraiò sulla schiena. Fasci di luce
scivolavano attraverso le giunture del tessuto evidenziando una
galassia di polvere.
Faceva ancora caldo per settembre, e qualcuno aveva lasciato le
finestre spalancate, riempiendo la stanza di aria fresca. La brezza
risucchiava le tende del letto di Remus, poi le spingeva fuori. Le
guardò sognante per un po’; dentro e fuori, come se fosse dentro
un polmone.
«Lupin!» Una voce tagliente spezzò la sua calma. Sirius aprì le tende
inondando il piccolo spazio di luce, bruciando le retine di Remus.
«Ugh, cosa?» Gemette, riparandosi gli occhi.
«Scusa.» Sirius si massaggiò nervosamente il braccio.
«Che c’è?»
«Remus, devo dirti una cosa.»
193
Rimasero in silenzio per alcuni lunghi momenti. Remus si piegò
all’indietro, troppo stanco per sedersi. Lui sospirò.
«Beh?»
«È James!» Sirius disse disperatamente. «Lui... lui vuole parlare con
te.»
«... Che cosa?»
«È... accidenti, è difficile da dire, Lupin...»
«Di cosa parli?»
«Lui lo sa! James lo sa! E vuole che ci confrontiamo con te.»
Remus si mise a sedere bruscamente, il suo stomaco ribaltato.
«Lui... lui cosa? Sa cosa?»
«Riguardo al tuo... sai. Dove vai. Ogni luna piena.»
Remus fissò Sirius. Non sapeva cosa fare.
«... Lo sapevi.»
«Lo sapevo.» Confermò Sirius.
«Da quanto?»
«Dallo scorso Natale. Io... non volevo dire niente. Non volevo
renderti le cose più difficili.»
Remus era senza parole.
Sirius scosse la testa, impaziente. «Ma anche James l’ha capito,
l’idiota allampanato, e ora ha deciso che dobbiamo parlarti. Mi
dispiace davvero, ho cercato di impedirglielo, ma sai com’è fatto
lo scemo.»
«Sì.» Remus gracchiò. Si tenne la testa tra le mani.
Ecco. Stava per perdere tutto; tutto ciò che gli stava a cuore.
«Va tutto bene... Penso che andrà tutto bene.» Disse Sirius.
«Come?» Remus alzò la testa accaldato dal terrore. «Tanto vale
iniziare a fare le valigie ora.»
«No! No. Guarda, vuole parlartene, non andrà direttamente da
Silente o altro, va bene no?»

194
Ma Remus si era già alzato, aveva aperto il baule e aveva
cominciato a buttarci le cose dentro. Potrebbe dover partire
subito; potrebbero anche non dargli il tempo di fare le valigie. Gli
avrebbero lasciato tenere la bacchetta? Gli era piaciuta molto, ed
era appartenuta a suo padre, quindi era legalmente sua. E se avesse
promesso di usarla solo per l’incantesimo di lettura?
«Remus!» Sirius lo prese per le spalle.
Sussultò, ma solo perché si aspettava che gli facesse male. Gli occhi
blu scuro di Sirius erano fissi nei suoi, cercò di distogliere lo
sguardo.
«Ascoltami.» Disse Black molto gentilmente. «Aspetta, okay?
Aspetta e vedi cosa dice James: è tuo amico. Siamo Malandrini, tutti
noi!»
«Sono stronzate.» Remus lo spinse via. «Sono tutte stronzate. Voi
due siete Malandrini, tu e lui. Io e Peter siamo solo i vostri casi di
beneficenza preferiti.» Afferrò il pigiama dall’estremità del letto e
lo gettò nel baule. «Non sono così stupido, Black. Probabilmente
è meglio che torni da dove vengo.»
Era la prima volta che Sirius era rimasto senza parole ma, in fondo,
era la prima volta che Remus gli aveva detto cose del genere. La
sua bocca si contrasse una o due volte, come se volesse parlare, ma
non ci riuscisse. Remus continuò a fare le valigie.
«Aspetta e basta.» Disse Sirius con voce roca, lasciando la stanza.
«Aspetta e vedi cosa dice.»

195
Pozioni, di nuovo
Nonostante tutti i suoi discorsi, Remus aspettò. Non aveva molte
opzioni, oltre a quella di andare direttamente da Silente e chiedere
di essere rimandato a St Edmund’s, in più non era esattamente
sicuro di dove fosse l’ufficio di Silente. Non c’era ancora arrivato
con la Mappa. La Mappa: sarebbe stato meglio lasciarla ad
Hogwarts. Sirius e James avrebbero potuto completarla.
Almeno non era più stanco. Si sedette sul baule agitandosi per
quelle che sembrarono ore. Pensò di andare a pranzo, ma se
avessero voluto parlargli proprio lì davanti a tutti? Rimase fermo.
Comunque non aveva fame. Provò a leggere, ma non riusciva a
rimanere concentrato abbastanza a lungo.
Ogni tanto la mente di Remus tornava alla sua conversazione, o
discussione, con Sirius. Non era sicuro di come si sentisse al
riguardo. Da un lato, una volta passato il terrore iniziale, poteva
vedere che Sirius stava cercando di essere gentile. Se lo sapeva
davvero dallo scorso Natale, probabilmente non aveva intenzione
di dirlo a nessun altro. E almeno aveva dato a Remus un
avvertimento. Ma d’altra parte, quello che aveva detto Remus era
vero. Solo perché James era il migliore amico di Sirius non
significava che avrebbe protetto Remus. Erano amici, certo, ma
solo perché erano compagni di stanza. Remus non giocava a
Quidditch, non veniva da una buona famiglia, non aveva soldi.
Oltre a tutto ciò, la perfetta reputazione dei Potter gli avrebbe
permesso di associarsi a una creatura oscura?
Per quanto riguardava Sirius, non poteva nemmeno perdonare suo
fratello per essere stato smistato in una casa diversa dalla sua. Se
non gli importava della famiglia, allora perché gli sarebbe dovuto
importare dell’amicizia?

196
Non appena l’orologio segnò le quattro Remus sentì tre serie di
passi che camminavano su per le scale. Si alzò, preparandosi.
James entrò per primo, sembrava molto serio e in qualche modo
più vecchio. Sirius entrò dietro di lui, la sua espressione era
imperscrutabile, e non c’era nessuna traccia dei sentimenti di quella
mattina. Peter era l’ultimo, sembrava (come al solito) molto a
disagio e un pesce fuor d’acqua.
«Ciao Remus.» Disse subito James.
Stavano tutti uno di fronte all’altro, la stanza sembrava
impprovvisamente molto piccola, anche con la finestra aperta.
«Ciao.» Remus rispose, cercando di tenere gli occhi su tutti e tre
contemporaneamente.
«Come ti senti?»
«Bene.»
«Senti amico, vado dritto al punto, okay?» James si passò le dita tra
i capelli, deglutendo nervosamente, Remus poté vedere il suo
pomo d’Adamo muoversi. «Abbiamo notato... beh non abbiamo
potuto non notare che spesso te ne vai, cioè che vai in infermeria.
Ogni mese, più o meno.»
Peter stava annuendo in modo servile dietro di lui e Remus sentì
un’ondata di odio arrivare dal nulla. La represse, concentrandosi
invece sul tenere lo sguardo su James. Pensavano già che fosse un
animale. Meglio non confermarlo.
«Okay.» Disse imbronciato.
«Sì.» Annuì James, come se stessero avendo una conversazione
perfettamente normale. «Ogni mese... intorno alla luna piena.»
Lo lasciò sospeso nell’aria. Remus divenne impaziente di farla
finita,
«Dillo e basta, James.»
«Sei-un-lupo-mannaro?» Venne fuori in fretta e lo sguardo di
James si abbassò, come se fosse imbarazzato per averlo chiesto.
197
Remus lanciò un’occhiata a Sirius, che lo stava ancora fissando con
uno sguardo determinato. Peter si stava rosicchiando il labbro
inferiore, i suoi occhi saettavano tra Remus e James.
Remus raddrizzò le spalle.
«Sì.» Sporse il mento in avanti, come se stesse sfidando James a
colpirlo. Qualunque cosa fosse successa; era pronto.
James sospirò.
«Bene.»
«Tutto qui?»
«Sì, voglio dire no, voglio dire... dannazione...» James si passò di
nuovo le mani tra i capelli, voltandosi verso gli altri in cerca di
sostegno, sembrando impotente.
«Va bene.» Remus disse, la sua voce dura. «Me ne vado. Lasciami
andare a parlare con la McGranitt.»
«Te ne vai? Dove?!»
«Torno a St. Edmund’s, suppongo.» Come se potesse andare da
qualunque altra parte!
«Non puoi lasciare Hogwarts!» James sembrava ancora più
preoccupato ora, gli occhiali gli erano scivolati lungo il naso e non
se n’era nemmeno accorto.
«Non posso restare se tutti lo sanno.» Spiegò Remus il più calmo
possibile.
«Non lo diremo a nessuno!» Peter squittì all’improvviso.
Remus lo guardò sorpreso, poi Sirius, poi James.
James stava annuendo ora. «Non lo faremo.» Confermò.
Remus scosse la testa, non permettendo a sé stesso di intrattenere
l’idea, nemmeno di sperarci. La speranza non ti portava mai da
nessuna parte; se sapeva qualcosa, sapeva questo. Era una regola
scritta sulla sua pelle con spesse linee argentate.

198
«Questo non è un gioco. “Mantieni il segreto” o una cosa del
genere. Se altre persone lo scoprono, dovrò andarmene. O anche
peggio, potrei dover...» Non lo disse. A cosa serviva dirlo?
«Non lasceremo che accada.» Sirius finalmente parlò, avanzando
esitante. «Giusto?» Si rivolse a Peter e James, ai suoi lati.
Sembravano entrambi molto seri e molto spaventati, ma entrambi
scossero la testa con decisione.
«Fidati di noi.» James disse. «Per favore?»

Remus aveva deciso di dare loro un mese. Oppure loro avevano


deciso di dargli un mese, non ne era sicuro. Non era chiaro chi
pensasse fosse più pericoloso chi. All’inizio fu un’agonia, ogni
momento era pieno di imbarazzo e di un nuovo tipo di timidezza
che non c’era mai stata prima.
Pensano che io sia un mostro, una voce nella testa di Remus ripeteva,
ancora e ancora, pensano che li ucciderò nei loro letti, pensano che io sia
cattivo.
E davvero, a pensarci bene, niente aveva ancora dimostrato che
non lo fosse. Era chiaro da tempo che la sua afflizione era soggetta
a cambiamenti man mano che avanzava l’adolescenza. Remus non
aveva idea di quanto peggiore sarebbe diventata. Forse un giorno
avrebbe attraversato il confine; forse era semplicemente così che
sarebbero dovute andare le cose.
Per un’intera settimana non ne parlarono. Nemmeno una parola,
nemmeno un sussurro. Remus era sicuro che tutti lo avrebbero
tormentato con delle domande, Sirius soprattutto, ma
evidentemente era stato così severo con loro quando lo scontro
era avvenuto che nessuno voleva parlarne di nuovo. Di fronte a
tutti gli altri si comportavano allo stesso modo: James era
rumoroso e troppo sicuro di sé, Sirius era arguto e arrogante, Peter
adorante e insicuro. Ma quando erano soli insieme, i quattro erano
199
silenziosi, premurosi e troppo educati. Le conferenze notturne di
Sirius e James divennero ancora più frequenti.
Inaspettatamente, ma forse non sorprendentemente, fu Severus
Piton a riunire i Malandrini.
Ovviamente successe durante una lezione di Pozioni. Questo
semestre, si erano imbarcati nelle pozioni per “sogni piacevoli”,
che richiedevano alcune settimane per essere preparate.
«Dovrete tornare regolarmente ogni sera a controllare i progressi
delle vostre pozioni, vi darò un voto sulla dedizione e l’attenzione.
A tal fine, penso che sia meglio se vi accoppiate tutti in modo da
poter fare a turno.» Annunciò Lumacorno.
Ci fu una agitazione generale e un gran chiacchiericcio quando gli
studenti iniziarono a scegliere i loro partner. Remus si rassegnò a
essere in coppia con Peter, come al solito. Ma al di sopra del
trambusto, Lumacorno alzò di nuovo la voce.
«No no, ho imparato la lezione.» Rivolse ai Malandrini uno
sguardo severo. «Non potete scegliere gli stessi partner dell’anno
scorso.» Sirius e James si guardarono l’un l’altro, poi guardarono
Peter e Remus, valutandoli. Remus si sentì molto piccolo.
«In effetti.» Continuò Lumacorno. «Penso che assegnerò io i
compagni...»
Fortunatamente Lumacorno fu abbastanza sveglio da non mettere
nessuno di loro con Piton, anche se Peter finì con Mulciber, che
torreggiava su di lui, il doppio della sua altezza. Il professore divise
Mary e Marlene, che erano inseparabili come James e Sirius,
mettendole in coppia con i ragazzi.
«Io voglio Sirius!» Mary strillò.
Marlene le diede un colpetto e si sciolsero in una risatina.
Sirius sembrò inorridito e James seccato, si passò le mani tra i
capelli e raddrizzò leggermente la schiena. A Remus fu chiesto di
fare coppia con Lily Evans, con suo disgusto. Non gli piaceva
200
davvero nessuna delle ragazze, ma meno di tutto voleva lavorare
con Lily. Era ficcanaso e si sforzava troppo di essere gentile.
Inoltre era la migliore amica di Piton, che ora lo stava fissando
dall’altra parte della stanza.
Remus non aveva dimenticato l’incidente del primo anno, in cui
Lily aveva impedito a Piton e Mulciber di attaccarlo, e il suo
generale disprezzo per i suoi amici. In effetti, ogni incontro che
Remus aveva avuto fino a quel momento con Lily si era rivelato
relativamente spiacevole.
La ragazza riconobbe la sua antipatia e gli sorrise nervosamente.
«Ciao Remus, ti senti meglio?» Lei squittì.
Remus grugnì in risposta, a testa bassa.
«Meglio stargli lontana, Lily.» Sibilò Piton dal tavolo che
condivideva con una ragazza Serpeverde. «Loony Lupin potrebbe
essere contagioso.»
«Zitto, Mocciosus.» Mormorò Remus in risposta, cercando di non
farsi sentire Lumacorno.
«Sì per favore, stai zitto Sev.» Disse Lily, lanciandogli uno sguardo
severo.
«Sto solo cercando di aiutare.» Rispose il ragazzo dai capelli unti
con le labbra arricciate. «Non vogliamo che nessun altro si ammali
del misterioso disturbo di Lupin, vero? Fammi sapere se hai
bisogno di qualcosa, Lily.»
«Remus ed io siamo abbastanza capaci di portare a termine il
compito da soli, grazie.» Scattò agitando la sua criniera di riccioli
rossi e aprendo il suo libro di testo con un gesto plateale. Guardò
Remus. «Abbiamo bisogno di otto code di ratto, tagliate a dadini.
Lo vuoi fare tu o lo faccio io?»
«Ehm. Lo posso fare io.» rispose Remus, colto alla sprovvista.
«Bene. Allora comincio a pesare le foglie di rosmarino.»

201
Lavorarono in silenzio per un po’, e sarebbe andato tutto bene se
fossero stati ad un altro banco, ma Piton stette vicino a loro per
tutto il tempo, lanciando occhiate dispettose a Remus e
mormorando,
«Certo, “Loony Lupin” è abbastanza appropriato.» Disse alla
ragazza con cui stava lavorando. «Perché è davvero
completamente pazzo - l’ho visto, vagare per il castello da solo,
nascosto in angoli bui. Forse ricorderai che mi ha aggredito l’anno
scorso. È chiaramente pericoloso, non so perché Silente gli
permette di restare.»
Remus si sentì le orecchie diventare rosse. Si voltò, tirando fuori
la bacchetta.
«Prova a dire ancora una parola.» Ringhiò.
Piton lo guardò dall’alto in basso, sorridendo. Lily afferrò il
braccio di Remus e lo tirò indietro.
«Ignoralo.» Sussurrò. «Sta passando un brutto momento a casa e
dà la colpa a tutti gli altri, tutto qui.»
«Okay.» Disse Remus, tornando alle sue code di topo. Il sangue gli
macchiava le dita.
Una volta preparati gli ingredienti, arrivò il momento di mescolare.
Remus stava iniziando ad andare abbastanza d’accordo con Lily.
Era paziente e non si comportava come se sapesse tutto, come
James e Sirius. Era un po’ una santarellina, ma Remus si ricordò
che stava cercando di esserlo anche lui, quindi era meglio che
imparasse a farsi piacere la cosa.
«Mescolo io.» Disse eroicamente; non si era mai offerto di fare
qualcosa per una ragazza prima, non aveva nemmeno mai tenuto
una porta aperta per una ragazza, i suoi contatti con il gentil sesso
erano stati molto limitati. Gli sembrò fosse un gesto da adulto e da
James.
Si rimboccò le maniche e afferrò il grande cucchiaio di legno.
202
«Eugh! Guardarlo!» La voce sgradevole e nauseante di Piton
risuonò abbastanza forte da farsi sentire da metà della classe.
Remus alzò lo sguardo e scoprì che tutti lo stavano guardando.
Guardavano alle sue braccia nude. Si affrettò a tirare giù le maniche
per coprire i segni, ma ormai tutti avevano visto.
«Che tipo di malattia fa una cosa del genere?!»
«Zitto, Severus!» Lily abbaiò. «Perché devi essere così orribile?!»
«Ma Lily, guarda!»
«Fatti gli affari tuoi!»
La mente di Remus stava correndo. Avrebbe voluto che il terreno
lo inghiottisse. Avrebbe voluto poter strisciare sotto il tavolo.
Avrebbe voluto sapere come smaterializzarsi. Avrebbe dato
qualsiasi cosa per tirare un altro pugno a Piton. Anche i Malandrini
avevano sentito, Sirius e James alzarono la testa dai calderoni.
«Oi, Mocciosus, cosa stai dicendo del nostro amico?»
«Oh, stanne fuori, Potter!» Lily gemette. «Peggiorerai solo le cose!»
«Silenzio per favore!» Tuonò Lumacorno. «Non siete più al primo
anno, penso che siate in grado di concentrarvi sul compito da
svolgere.»
Tutti tacquero. Remus stava afferrando il mestolo con tutte le sue
forze.
«Mi dispiace, Remus.» Sussurrò Lily sembrando sinceramente
turbata. «È un tale... oh, non lo so! Guarda, ho questi.» Tese la
mano, di nascosto.
Remus guardò in basso. Teneva due oggetti rotondi grigiastri che
sembravano proiettili o compresse.
«Cosa sono?» Chiese senza fiato.
«Mi ha dato fastidio la scorsa settimana, mettendosi in mostra su
quanto sia bravo in pozioni... So che è meschino da parte mia, ma
volevo dargli una lezione, quindi ho fatto queste. Poi è successa

203
questa cosa con sua madre e mi è dispiaciuto per lui, quindi non li
ho usati. Ma ora...»
«Evans.» Disse Remus esasperato. «Cosa sono?!»
«Solo qualcosa con cui mi stavo divertendo al Lumaclub.» Lily
sorrise enigmaticamente. Remus notò che in realtà era
straordinariamente carina. «Reagiranno con la sua pozione. Sarà
fantastico.»
La fissò sbalordito. «Ma tu sei una tale...»
«Cocca dei prof? Secchiona? Perfettina?» Sorrise di più, mostrando
tutti i suoi denti bianchi e puliti. «Alcuni di noi sanno come non
farsi beccare, signor Malandrino.»
Scosse la testa, perplesso.
«Tieni.» Gli mise in mano le pillole. «Fallo tu. Mettili dentro
quando non guarda. Oi, Potter!» Gridò attraverso la stanza.
La testa di James scattò in alto, gli occhiali appannati dal vapore
che emanava il suo calderone.
«Eh?»
Anche Piton aveva alzato lo sguardo e stava fissando James.
Remus si mosse velocemente, fingendo di sbadigliare e allungando
le braccia, la mano destra che si protendeva appena sopra il
calderone di Piton. Fece cadere le pastiglie, proprio come aveva
detto Lily.
«Oh, niente.» Disse molto dolcemente, prima di tornare al suo
lavoro.
Sia Piton che James la fissarono confusi. Remus era impressionato.
La sua ammirazione crebbe quando gli afferrò il braccio, tirandolo
indietro mentre il calderone di Piton esplodeva dietro di loro, una
magnifica massa di bolle viola spumeggianti che si riversavano
sull’orlo, su tutti i vestiti di Severus e della sua partner.
L’intera classe iniziò a ridere e Piton diventò rosso di rabbia, le
narici che si aprivano.
204
«Oh caro!» Lumacorno si agitò. «Un po’ troppo impaziente con i
gusci dello scarabeo, eh Severus?»
«Non sono stato io!» Piton fumava di rabbia, bolle viola che si
depositavano nei suoi capelli. «Ha fatto qualcosa!» Indicò Remus
che fece una smorfia. «È così!»
«Ha visto il signor Lupin manomettere la tua posizione?»
«No ma...»
«Andiamo ragazzo.» Gli sorrise Lumacorno, lanciandogli uno
strofinaccio verde. «Tutti commettiamo errori, perfino tu!»
Severus borbottò in modo incoerente e Lily lottò chiaramente per
mantenere una faccia seria, alla fine dovette voltarsi con le spalle
tremanti in una silenziosa isterica.
Dopo la lezione, i Malandrini si ammucchiarono accanto a Remus
nel corridoio, gridando e acclamando. «L’hai fatto tu, non è vero?»
«Brillante!»
«Come hai fatto? Fai schifo a pozioni.»
Remus sorrise di rimando, senza confermare né negare. Sopra la
spalla di James, vide Lily sorridergli velocemente, prima di correre
via su per le scale.
«Ve l’avevo detto, no?!» Sirius proclamò vivacemente, gettando un
braccio intorno a James e un altro intorno a Remus. «È ancora un
Malandrino!»

205
Le conseguenze
Venerdì 6 settembre 1972
Una volta che il ghiaccio iniziale si fu rotto, le domande arrivarono
in massa. Quella sera, dopo cena, tutti e quattro i ragazzi si
sedettero sul letto di Remus.
«Quando è successo?»
«Silente lo sa?!»
«Hai mai attaccato qualcuno?»
«Com’è?»
«Dove vai, quando succede?!»
Remus si morse il labbro inferiore. Non aveva mai parlato delle
sue condizioni prima, a nessuno, tranne che per la sua
conversazione con Madama Chips l’anno scorso. Nessuno dei
babbani con cui era cresciuto gli avrebbe creduto, ed era stato
portato a credere che i maghi lo avrebbero respinto.
«Ehm...» Cercò di capire da dove cominciare. «Avevo cinque anni,
quando è successo. Non ricordo molto prima di allora. Sì, Silente
lo sa. Non credo di aver mai fatto del male a nessuno. Penso che
probabilmente lo saprei, se l’avessi fatto.»
«Quindi quando ti trasformi, puoi ricordare com’è?» Sirius chiese
con impazienza. «Essere un lupo?»
«Ehm... non proprio.» Remus pensò intensamente. «Forse ricordo
di provare delle cose, ma non credo di avere un cervello umano
quando mi trasformo. È più come un brutto sogno.»
«Ho sempre pensato che i lupi mannari fossero più...» Peter lo
guardò pensieroso. «Non so, spaventosi?»
Remus scrollò le spalle.
«Allora è questo quello che è successo a tuo padre?» Sirius chiese
all’improvviso. «È stato ucciso dal lupo mannaro che ti ha morso?»

206
Remus sussultò.
Non a causa di suo padre, ma perché non era abituato a sentire
quella parola con la “L” così tanto. Lui non l’aveva mai detta.
«No.» Rispose. «Mio padre, lui... uh... beh, si è ucciso. Dopo che
sono stato morso, quindi suppongo che sia stato a causa mia. Mia
madre è una babbana, penso che probabilmente sia stato un po’
troppo per lei, quindi mi ha spedito a St Edmund’s.» Ci fu una
sorta di silenzio scomodo.
«Hai mai incontrat-» Iniziò Sirius, ma James gli lanciò uno sguardo
tagliente.
«Basta così Black, lascialo in pace.»
Alla fine si separarono per iniziare i compiti e James andò a correre
nei giardini prima che facesse buio. Le prove per la squadra di
Quidditch si stavano avvicinando e di giorno in giorno stava
diventando sempre più ossessionato dagli allenamenti e dalla
resistenza. Aveva cercato di convincere Peter e Sirius ad andare
con lui, ma entrambi avevano declinato l’invito.
«Maledetto schiavista.» Mormorò Peter mentre se ne andava. «Gli
ho già detto che non voglio neanche entrare nella squadra.»
«Io penso che ci proverò.» Disse Sirius casualmente. «Hanno
bisogno di un battitore, comunque.»
Alla fine i compiti furono messi da parte a favore di un gioco
particolarmente aggressivo di sparaschiocchi tra i tre, con in
sottofondo un disco che girava sotto l’ago: i Beatles, perché Peter
implorò una pausa da Bowie.
Più tardi, dopo che le luci si furono spente, Remus si sedette a
leggere un libro che Sirius gli aveva prestato. Era un tascabile
babbano di fantascienza. Aveva visto alcuni film simili al cinema
locale al St Edmund’s, ma non sapeva che ci fossero anche dei libri.
Si stava facendo interessante quando sentì il cigolio rivelatore delle
assi del pavimento che significava che Sirius stava facendo visita a
207
James. Udì le tende frusciare e sussurrare sommessamente, prima
di un’improvvisa e innaturale mancanza di suono che significava
che qualcuno aveva lanciato un incantesimo silenziatore.
Remus lo ignorò, accoccolandosi nel suo piumone e
concentrandosi sul suo libro. Venti minuti dopo sentì che
l’incantesimo del silenziamento veniva cancellato: era come se
fosse stato sordo da un orecchio e potesse improvvisamente
sentire di nuovo. Ascoltò di nuovo il fruscio della tenda, mentre
Sirius tornava al suo letto attraversando dolcemente la stanza.
Questa volta, tuttavia, i suoi passi si fecero più vicini, e con grande
sorpresa di Remus le tende del suo letto si aprirono. Il viso lungo
e pallido di Sirius lo scrutò.
«Ciao.» Sussurrò.
«Ciao...» Rispose Remus. «Che succede?»
«Ho visto la tua luce.» Annuì. «Posso entrare?»
«Ehm... okay?»
Sirius ghignò e scivolò dentro facilmente, inginocchiandosi sul
letto di fronte a Remus, che avvicinò le gambe al petto, mettendo
da parte il libro.
«Sonoro Quiescis.» Sussurrò Sirius, lanciando l’incantesimo di
isolamento acustico in modo che non disturbassero gli altri.
«Come è il libro?» Guardò il tascabile appoggiato sul cuscino
accanto a Remus.
«Bello.» Rispose Remus senza impegno. «Che cosa succede?»
Ripeté.
«Stavo solo parlando con James.» Disse sistemandosi e sedendosi
a gambe incrociate. «Dice che ti ho sconvolto, facendo domande
su tuo padre.»
«Oh.» Remus inclinò la testa sorpreso. «No, sto bene. Non mi
turba; ci sono abituato.»
«Questo è quello che ho detto a James.»
208
«Giusto.»
Sirius non se ne andò, continuò a guardare Remus. Lo stava
mettendo a disagio, indossava solo una maglietta sottile per
dormire, che mostrava una serie di segni rossi e argentati che gli
marcavano le braccia e le spalle nude. Sirius lo fissò, apertamente.
«Come ti sei fatto le cicatrici?» Chiese tranquillamente.
Remus aggrottò le sopracciglia, tirandosi le lenzuola fin sopra il
collo,
«Come ti sei fatto le tue?!» Scattò. Se ne pentì immediatamente;
Sirius smise di guardare la sua pelle e si ritrasse, gli occhi pieni di
dolore e sorpresa.
«Io... i miei genitori. La maledizione Lacero, è il loro modo per
impartirci la disciplina.» Disse, la sua voce un po’ robotica.
«Scusa.» Remus lasciò cadere il piumone. Sospirò, allungando le
braccia in modo che Sirius potesse vedere meglio. «Me li faccio da
solo, quando sono... quando mi trasformo, vedi?» Abbassò una
spalla della maglietta e si girò leggermente per mostrargli quattro
lunghi segni di artigli bianchi.
«Wow.» Sussurrò Sirius, di nuovo in ginocchio, sporgendosi in
avanti con la bacchetta a illuminare per vedere meglio. «Perché lo
fai?»
«Non lo so, non sono esattamente me stesso. Madama Chips dice
che è la frustrazione, perché è nella mia natura attaccare le persone
e non ho nessuno da attaccare.»
«Dove ti mettono?»
«C’è questa vecchia casa... la McGranitt e Madama Chips mi
portano lì ogni mese, c’è un passaggio sotto il Platano Picchiatore.»
«La McGranitt resta lì a guardare?!»
«No! È troppo pericoloso. Penso che usino degli incantesimi per
tenermi rinchiuso.»
«Sembra orribile.»
209
Remus alzò le spalle,
«No, non è peggio che a St Edmund’s... lì hanno una cella per me,
con una porta d’argento. Quando sono arrivato la prima volta, la
Direttrice pensa fossi troppo piccolo per ricordare, ma mi hanno
messo in una gabbia.»
Sirius lo guardò aspramente. «È disgustoso!»
«Non lo so.» Remus fu sorpreso dalla sua reazione. «Era per tenere
tutti gli altri al sicuro. E comunque sarò stato delle dimensioni di
un cucciolo.»
«Lupetto.» Disse Sirius prontamente.
«Eh?»
«Un cucciolo di lupo è un lupetto. I cani sono cuccioli.»
«Oh.»
«Allora dove sei stato morso?» Sirius aveva scambiato la
preoccupazione con la curiosità ancora una volta.
«Oh, ehm, qui.» Remus si indicò un punto sul lato sinistro del
corpo, appena sopra il fianco. Sirius lo guardò in attesa. Remus
sospirò di nuovo. «Lo vuoi vedere?»
Sirius annuì ansiosamente, piegandosi di nuovo in avanti mentre
Remus si sollevò l’orlo della camicia. Ormai notava a malapena il
segno del morso, anche se risaltava più che mai. Era un’enorme
cicatrice, prova di una mascella incredibilmente grande. Si riusciva
a contare ogni dente, e se avevi immaginazione potevi vedere
anche le profonde fossette che guastano la morbida carne di
Remus.
Sirius si era avvicinato molto adesso, così Remus dovette piegarsi
completamente all’indietro per impedire alle loro teste di sbattere.
«Oh wow...» Sospirò, perso nella sua osservazione come avesse
portato alla luce un grande tesoro archeologico.
Remus sentì i lunghi capelli di Sirius sfiorargli la pelle e il calore del
suo respiro, lo spinse via velocemente.
210
«Dio Black, sei così strano.»
Sirius si limitò a sorridere con quel sorriso alla Sirius Black.

Venerdì 13 ottobre 1972


«Allora cosa stiamo facendo esattamente qui?» Sussurrò James,
sembrando divertito.
«E perché abbiamo dovuto portare quello stupido mantello?»
Sirius disse, la voce leggermente ovattata sotto la stoffa. «Mancano
ore al coprifuoco.»
«Ho caldo.» Si lamentò Peter.
«Zitti tutti.» Remus comandò. «Sto cercando di concentrarmi.»
«Concentrati su cosa... ahi!» Remus calciò Sirius nello stinco.
«Ho detto di stare zitto.»
«Maledetto moccioso.» Mormorò Sirius, ma dopo questo rimase
zitto.
Remus annusò. Sicuramente odorava di cioccolato. L’intero
corridoio; solo una debole traccia quando giravi l’angolo, ma più
forte e dolce man mano ti avvicinavi a una statua vicino al centro.
Il profumo aveva fatto impazzire Remus per settimane, da quando
l’aveva notato alla fine dello scorso semestre. Aveva qualcosa a che
fare con la statua: una strega con la schiena curva e una benda
sull’occhio. Era un ritratto orribile, sperava che l’artista fosse stato
solo particolarmente scortese, e la povera donna non fosse
davvero così.
«Ci hai portato qui per incontrare la tua nuova ragazza, Lupin?»
Chiese James, sorridendo mentre Remus continuava a fissare la
strega con un occhio solo.
«Perché continui ad annusare così?» Sirius piagnucolò. «Non
voglio starti così vicino se stai prendendo il raffreddore.»
«Nessuno di voi lo sente?»
211
«Sente cosa?»
«...Cioccolato. Deve essere cioccolato.»
«Cioccolato? Dove?» Peter improvvisamente si rianimò.
«Non sento alcun odore.» Disse Sirius.
«Neanche io.» Confermò James.
«Viene dalla statua.» Continuò Remus, imperturbato dalla presa in
giro del suo amico. Allungò una mano e toccò con cura la pietra
attraverso il mantello.
«Cosa c’è? Pensi che la gobba della vecchia baldracca sia piena di
dolci o qualcosa del genere?» Sirius stava iniziando a sembrare
annoiato e irritabile.
A volte infastidiva Remus; lui e Peter venivano trascinati in ogni
sorta di stupide “missioni” dagli altri due, ma se lui e James non
erano al comando, Sirius diventava irritante.
«No.» Remus disse. «Penso che sia uno dei passaggi segreti di quel
tuo libro.»
«Veramente?!» Ora Sirius stava prestando attenzione. «Riesci
davvero a sentire l’odore del cioccolato? È una cosa... speciale che
puoi fare?»
«Sì.»
«Non porta alle cucine.» Disse Peter consapevolmente. «Sono al
piano terra, me lo ha detto un Tassorosso.»
«Come possiamo entrare?»
«Con una parola d’ordine?» James ha suggerito. «Come per la Sala
Comune.»
«Scallywag!» Peter gridò alla strega rapidamente. Non successe nulla.
«Non volevo dire che sarebbe stata la stessa identica password,
Peter.» Disse James. Stava facendo il gentile, ma Sirius e Remus
stavano già scoppiando a ridere.
«E Alohomora?» Suggerì Sirius, riprendendosi.
Remus ci provò, ma non successe niente.
212
«Quello è per le serrature, comunque.» Disse James. «Non c’è
qualcos’altro per rivelare ingressi invisibili?»
«O sì!» Sirius annuì eccitandosi. «Sì, c’è... uhm... Dissendium.» Batté
la bacchetta sulla gobba della strega.
Immediatamente la gobba si aprì, scivolando via lasciando uno
spazio abbastanza grande da consentire loro di entrarci, uno alla
volta. L’odore del cioccolato divenne ancora più forte, e ora
Remus poteva anche sentire l’odore della terra, dell’aria fresca e di
altre persone.
Non persero tempo a scivolare dentro e la gobba si chiuse dietro
di loro.
«Lumos!» Dissero tutti all’unisono, gettando via il mantello. James
lo ripiegò sotto il braccio e assunse immediatamente il comando.
«Dai allora.» Disse tenendo la bacchetta davanti a loro, illuminando
il passaggio buio. «Andiamo!»
Tutti lo seguirono. A Remus non importava, aveva fatto la sua
parte. Fu una lunga passeggiata, giù per una rampa di fredde scale
di pietra, attraverso un tunnel che era terroso e umido. Ma il
profumo si fece più forte e quando finalmente raggiunsero la fine,
c’era un’altra scala, che portava a una botola di legno. Si
guardarono l’un l’altro e concordarono silenziosamente che James
dovesse andare per primo. Lo guardarono salire, aprire la porta e
spingerci la testa attraverso.
Remus sentì che stavano tutti trattenendo il respiro, guardando il
torso di James scomparire nell’ignoto.
«Non ci credo!» Rise sopra di loro. «Venite a vedere!»
Si trascinò verso l’alto, svanendo del tutto. Sirius si precipitò dietro
di lui, non volendo perdersi nulla. Remus andò dopo, ma Peter
esitò dietro di loro.
«Dove siamo?» Chiese Sirius, fissando la piccola stanza buia.

213
Erano circondati da scatole e casse ordinatamente impilate.
L’odore di dolciumi ormai era opprimente.
«Penso che siamo effettivamente a Hogsmeade!» James disse,
eccitato. «Questo dev’essere il magazzino di Mielandia!»
«Il negozio di dolciumi?» Chiese Remus, nonostante fosse
abbastanza ovvio a questo punto, Sirius aveva aperto una scatola
che sembrava contenere almeno cinquecento scatole di
cioccorane.
Remus aveva sentito parlare di Hogsmeade dagli altri ragazzi, ci
erano già stati tutti; era uno dei pochi villaggi interamente magici
in Gran Bretagna. Gli studenti più grandi potevano andare nei fine
settimana e spesso riportavano sacchetti di carta pieni di dolci di
Mielandia. In piedi nella cantina in quel momento Remus non
avrebbe potuto essere più felice del risultato della missione.
Alla fine riuscirono a convincere Peter e trascorsero una buona ora
esplorando il negozio, meravigliandosi della propria genialità.
Avevano scelto un po’ di tutto, diretti da Remus, l’unico con
qualsiasi tipo di esperienza di taccheggio. James pensava che
Remus non lo avesse visto prendere un sacchetto di galeoni dalla
sua toga e metterlo sul bancone mentre se ne andavano.
I Malandrini tornarono nella Sala Comune dei Grifondoro con le
tasche pesanti e grandi sorrisi sui volti. Un Prefetto tolse punti per
non aver rispettato il coprifuoco, ma a loro non poteva importare
di meno.
Quando furono tutti a letto ore dopo, fingendo di non avere mal
di stomaco, Sirius gridò. «Questo va decisamente sulla Mappa.»

214
Quidditch
«Ne ho avuto abbastanza.» Disse Peter, cupo.
Remus sospirò, accanto a lui. Conosceva la sensazione, ma adesso
non aveva molto senso lamentarsene.
«Davvero!» Ripeté Peter, la sua voce leggermente acuta mentre
guardava Remus per conferma.
«Sì lo so.» Remus rispose, sperando di placarlo.
«Ci hanno trascinato in ogni sorta di stupidaggine, ci hanno fatto
finire in punizione e non mi sono mai lamentato.»
«Beh, un po’ lo hai fatto.» Remus inarcò un sopracciglio.
Peter annuì. «Okay, a volte l’ho fatto, ma ho sempre fatto come
diceva James. E Sirius, anche se è orribile con me.»
«Sirius è orribile con tutti.» Disse Remus annoiato.
«Beh, questa volta ne ho decisamente abbastanza.» Peter continuò.
«Sono andati troppo oltre.»
«Siamo solo di supporto.» Remus sbadigliò, sporgendosi in avanti
sulle tribune di legno degli spettatori. «Pensavo che ti piacesse
essere di supporto.»
«Non alle cinque del mattino!» Peter fece una smorfia.
Remus era incline ad essere d’accordo, anche se non se ne sarebbe
lamentato. Almeno a Peter piaceva davvero il Quidditch.
Si affacciarono sul campo tranquillo, l’erba folta e verde sotto un
velo di nebbia mattutina. James e Sirius erano presumibilmente
ancora negli spogliatoi con il resto delle speranze della squadra di
Quidditch di Grifondoro. Remus e Peter erano entrambi
rannicchiati sugli spalti, avvolti nelle loro sciarpe e cappelli, in
attesa dell’inizio delle prove. Erano lì già da almeno un’ora, troppo
presto anche per colazione, perché James aveva voluto fare pratica
prima. Avrebbero potuto dire di no e rimanere a dormire,

215
lasciando andare gli altri due presto se lo avessero voluto. Ma Peter
aveva ragione; facevano sempre come diceva James, era
semplicemente troppo bravo a convincerli.
Remus sbadigliò di nuovo.
«Oh, ciao Remus.» Lily Evans salì le scale sorridendogli
stancamente. «Ciao Peter.»
«Buongiorno.» Remus annuì in risposta.
«Ciao Lily.» Peter sbadigliò.
«Freddo, non è vero! Sei qui per guardare le prove di Quidditch?»
«Sì.»
«Avrei dovuto prevedere che James ci avrebbe provato.» Disse
Lily, stancamente. Il fanatismo di James per il quidditch non era
limitato alla stanza da letto dei Malandrini; tutti quelli che lo
avevano incontrato sapevano quanto fosse appassionato.
«Anche Sirius.» Disse Remus.
«Beh, mai separati quei due.» Rispose Lily.
«Chi stai guardando?» Chiese Peter.
«Marlene.» Lily indicò all’estremità del campo, dove la squadra di
Quidditch di Grifondoro e i nuovi candidati si stavano radunando
ai pali della porta. Remus riuscì a distinguere la bionda coda di
cavallo di Marlene McKinnon. «Vuole essere battitore.»
«Quello è il ruolo che vuole Sir-» Iniziò Peter, ma Remus gli diede
un rapido calcio alla gamba.
Lily li guardò perplessa, e decise di cambiare argomento.
«Remus, puoi controllare la pozione dei “sogni piacevoli” stasera?
Sono davvero indietro con astrologia e volevo parlare con il
professor Aster.»
«Non posso.» Rispose Remus sporgendosi in avanti sui gomiti.
«Siamo in punizione.»
«Oh. Per che cosa?»

216
«Levitazione di tutti i tavoli e le sedie nell’aula di Difesa Contro le
Arti Oscure.» Peter rispose.
«Veramente?» Lily sembrava sorpresa. «Non ne ho sentito parlare.»
«Non l’abbiamo ancora fatto.» Disse Remus. «Andremo più tardi
mentre tutti sono a pranzo. Ma immagino che sapranno che siamo
stati noi e che riceveremo comunque la punizione.»
Lily rise. «Cosa ti ho detto sul fatto di farsi beccare, Lupin?» Lei
sorrise maliziosamente.
Remus alzò le spalle, restituendole un piccolo sorriso.
Lily non era poi così male. Aveva quel dono che tutte le ragazze
hanno di farti sembrare stupido, ma almeno aveva il senso
dell’umorismo. Era particolarmente piacevole vederla senza Piton,
che di solito si profilava lì vicino come un vampiro, puzzando di
tristezza e disapprovazione.
Finalmente ci fu movimento sul campo di Quidditch quando tutti
gli speranzosi vennero messi alla prova. James non poteva non
impressionare; era in ottima forma quel giorno. Scese in picchiata,
si tuffò e si contorse a mezz’aria come se nulla fosse, come se
stesse nuotando, non volando. Remus sentì un fremito spaventato
di Lily mentre James tentava una svolta particolarmente stretta.
«Deve mettersi in mostra così?» Disse nervosamente. «Si farà
ammazzare.»
«Non lo farà.» Disse Peter. «Lo conosco da quando avevamo
cinque anni e non mai caduto da una scopa, nemmeno una volta.»
«Non c’è da stupirsi che pensi di essere intoccabile.» Borbottò Lily.
Il resto degli aspiranti cacciatori si alternarono, ma era ovvio che
James fosse la scelta migliore. Poi ci furono i battitori: a Sirius,
Marlene e un corpulento quinto anno furono date delle mazze e
volarono in cielo insieme a sei bolidi. Fu orribile da guardare; I
nervi di Remus si tesero quando le brutali palle di cannone rosse
vennero sparate verso la testa e il corpo del suo amico. Sirius evitò
217
abilmente i bolidi e ne colpì qualcuno, ma Marlene era
inarrestabile. Volò in cerchio intorno agli anelli, facendo oscillare
la mazza con la precisione di una macchina e facendo volare i
bolidi attraverso il campo ogni volta.
«Dannazione.» Esclamò Peter. «Non sapevo che McKinnon fosse
così brava.»
«Suo fratello gioca per i Cannon.» Spiegò Lily, apparendo
compiaciuta per conto di Marlene. «Si è allenata con lui tutta
l’estate.»
«Anche Sirius si è allenato.» Disse Peter difendendo il suo amico,
dimenticando tutte le offese precedenti. «Lui e James si sono dati
sempre da fare, vero Remus?»
Remus non rispose, nemmeno per ricordare a Peter che non aveva
passato l’estate con loro. Era troppo impegnato a essere
imbarazzato per Sirius, e a desiderare che Marlene McKinnon non
fosse così dannatamente brava a colpire i bolidi, o almeno a
desiderare che ci fossero due posizioni per il battitore. Non era
sicuro del motivo per cui gli importasse così tanto, odiava il
Quidditch e se Sirius e James erano entrambi in squadra, avrebbe
significato che avrebbe dovuto passare molto più tempo a tremare
sugli spalti. E aveva segretamente sperato che Sirius fallisse in
qualcosa per anni, aspettando la prova che Sirius Black non era del
tutto perfetto.
Ma ora che il momento era arrivato, Remus si sentiva in colpa per
averlo pensato. Sirius era sicuramente avvilito.
«Arrivano!» Lily balzò in piedi e corse giù per i gradini per
incontrare la sua amica. Remus e Peter la seguirono lentamente.
«Sono stata presa!» Marlene stava sorridendo, il suo viso roseo di
piacere. Lei e Lily si abbracciarono.
Anche James sembrava incredibilmente soddisfatto di sé stesso, i
suoi capelli disordinati selvaggiamente dal vento, i suoi occhiali
218
leggermente di traverso. Tuttavia, non stava sorridendo quanto
Marlene, ovviamente cercando di evitare per il bene di Sirius. Sirius
aveva una faccia scura come un temporale, Peter fece un passo
indietro solo alla sua vista.
«Sì, ben fatto, McKinnon.» Disse Sirius burbero, guardando per
terra.
«Grazie... ehm... anche tu sei stato davvero bravo, Sirius.» Disse,
nervosamente.
Sirius grugnì, continuando a non alzare lo sguardo. James lo
guardò di traverso e fece una faccia di scusa alle ragazze. Tese la
mano a Marlene.
«Ci vediamo la prossima settimana per il primo allenamento?»
«Sì grandioso!» Gli sorrise vivacemente. «Ci vediamo, Potter!» Le
due ragazze tornarono al castello a braccetto, chiacchierando
eccitate.
«Sirius amico, non è la fine del mondo.» James si voltò verso il suo
amico, sembrando preoccupato.
«Lo so.» Sirius scalciò un ciuffo d’erba.
«Avresti potuto far parte della squadra di riserva se lo avessi voluto,
Singh te lo ha offerto.»
«Lo so. Non voglio stare in panchina.»
«Andiamo a fare colazione?» James sospirò infine, guardando gli
altri due in cerca di supporto.
Peter annuì con entusiasmo. Remus non poté fare a meno di
sentirsi un po’ infastidito. Questo era tutto ciò di cui Potter aveva
parlato da quando erano arrivati ad Hogwarts e Sirius non aveva
nemmeno la decenza di essere felice per il suo migliore amico.
«Ben fatto, James.» Disse Remus piuttosto acutamente, guardando
Sirius mentre lo diceva. «Sei stato fantastico, congratulazioni.»

219
«Grazie, Lupin.» James sorrise. I suoi occhi si incresparono
leggermente quando sorrise e il suo viso si illuminò, come se quello
fosse lo stato naturale del suo viso.
«Sì.» Disse Peter, dandogli un pugno sul braccio. «Bravo, Potter.»
«Grazie!»
Tornarono insieme al castello in silenzio. Sirius non stava ancora
parlando, e stava camminando qualche passo avanti agli altri.
James corse per tenere il passo,
«Puoi riprovare l’anno prossimo, Ardal se ne sarà andato per allora,
mi ha detto che avrebbe abbandonato per concentrarsi sui suoi
NEWT.»
«Non mi interessa, va bene.» Sirius rispose, scrollandolo di dosso.
Iniziò a camminare ancora più velocemente, allontanandosi da
loro, con la scopa ancora sotto il braccio. James andò a
raggiungerlo, ma Remus gli afferrò il braccio.
«Lascialo.” Disse con rabbia. «Lascialo andare se vuole essere un
idiota lunatico.»
Sirius non si unì a loro per la colazione, né fu nella Sala Comune
dopo. James fu aggredito dalla maggior parte degli altri
Grifondoro, che ormai avevano sentito dalla squadra che era il
nuovo cercatore. Una banda di ragazzi del quarto anno lo
fermarono per parlare delle strategie di gioco e anche Peter si
fermò ad ascoltare, crogiolandosi nella gloria del suo amico. Non
è mai importato a James; ha sempre avuto molto splendore da
condividere.
Remus non era un fan dei riflettori e ne approfittò per cercare
Sirius. Non era nel loro dormitorio, ma era previsto: chiaramente
Black voleva deprimersi da qualche parte in privato. Ma Remus
aveva praticamente scritto il libro sui nascondigli e non passò
molto tempo prima che lo trovasse, rannicchiato in un’enclave
nascosta dietro un arazzo raffigurante una caccia all’unicorno.
220
«Vattene, Lupin.» Sirius si accigliò, voltandosi, le braccia intorno
alle ginocchia. La sua voce era roca, come se avesse pianto, anche
se il suo viso era asciutto. «Non puoi tirarmi su di morale, okay.»
Remus alzò gli occhi al cielo, arrampicandosi nell’enclave con lui,
costringendolo a muoversi.
«Alzati.» Disse con fermezza. «Non sono qui per tirarti su di
morale, idiota.»
«Che cosa?»
«Perchè stai seduto qui a deprimerti? Il tuo migliore amico ha
appena realizzato tutti i suoi sogni in una volta, vai e sii un buon
amico.»
Sirius fece un rumore indignato, cercando ancora di allontanarsi da
Remus, anche se ora non c’era molto spazio.
«Non capiresti.» Tirò su col naso.
«Immagino di no.» Confermò Remus calmo. «Ma capisco che
James voleva davvero, davvero far parte della squadra e ha lavorato
davvero duramente, e l’ha ottenuto. E Marlene voleva davvero
essere un battitore, e anche lei ha lavorato molto duramente, o così
ci ha detto Evans. Quindi ce l’ha fatta. Era semplicemente migliore
di te.»
«Levati dalle palle!» Sirius gli diede una spinta, ma Remus era
abituato a essere spinto e che a Sirius piacesse o no, Remus era più
forte.
«Non ti importava nemmeno più di tanto!» Continuò respingendo.
«Non tanto quanto Potter. Ci hai provato solo perché lo faceva lui,
ma non dovete sempre essere uguali in tutto. Lo hai battuto a
Trasfigurazione. Ottieni ancora i voti migliori della classe. Piaci a
tutti. Beh, tranne ai Serpeverde e uhmm... forse alla tua famiglia,
ma chi se ne frega. Neanche alla sua famiglia Peter piace.»
Sirius si lasciò sfuggire una debole risata, suo malgrado.

221
«Quindi smettila di comportarti come un bambino e vai a
congratularti.»
«Bene.»
«Bene.»
Entrambi saltellarono giù dalla sporgenza, spingendo via l’arazzo.
I minuscoli cavalieri ricamati agitarono i pugni contro i ragazzi per
aver interrotto la loro ricerca dell’unicorno d’argento, che nitrì e
galoppò in un fitto boschetto di alberi intrecciati.
Tornarono nella Sala Comune. Sirius si ficcò le mani nelle tasche.
«Avete già fatto colazione tutti?» Chiese imbronciato.
«Sì.» Rispose Remus. «James ti ha tenuto un po’ di pane tostato,
però.»
«È un buon amico.» Sirius sorrise.
«Sì.» Scattò Remus. «Lo è.»
Rimasero in silenzio per un po’ più a lungo. Appena prima di
raggiungere il ritratto della Signora Grassa, Sirius guardò Remus. I
suoi occhi erano ancora leggermente rossi, ma a parte questo
sembrava di nuovo sé stesso.
«Non cerco di copiare James.»
«Non ho detto che lo fai.» Disse Remus. «Siete sempre in
competizione, però.»
Sirius sembrò riconoscerlo. Alzò di nuovo lo sguardo.
«E non mi interessa cosa pensa la mia famiglia.» Lo disse così
ferocemente che i suoi occhi brillarono, luccicando leggermente, e
Remus si preoccupò che avrebbe ricominciato a piangere.
Allungò una mano e toccò la spalla di Sirius, diffidente, come per
cercare di calmare un cane ringhioso.
«Lo so, amico.» Disse dolcemente. «Lo so.»

222
Il fidanzamento
Venerdì 3 novembre 1978
Il tredicesimo compleanno di Sirius non coincideva con la luna
piena, come il suo dodicesimo. Non aveva detto agli altri del
discorso che gli aveva fatto Remus ma si era comportato in modo
leggermente diverso nei confronti dei suoi amici. Considerando
che prima a volte aveva trattato Remus come il suo piccolo
progetto preferito, stupito ogni volta che Lupin mostrava un
pensiero indipendente, Sirius almeno sembrava star sviluppando
una certa sensibilità verso i due Malandrini secondari. L’argomento
del Quidditch era ancora doloroso e così la mattina del suo
secondo compleanno a Hogwarts James ebbe abbastanza tatto da
non suggerire una sessione di volo all’ora di pranzo.
La colazione iniziò con un “buon compleanno” a squarciagola,
come ormai era diventata la tradizione dei Malandrini. I Potter
inviarono a Sirius un enorme cesto di cioccolatini, mentre James
aveva ordinato metà del catalogo di Zonko come regalo di
compleanno. Remus era un po’ imbarazzato a consegnare i propri
doni; alcune vecchie copie di Melody Maker e NME che aveva
raccattato durante l’estate, ma Sirius era elettrizzato; in uno c’era
un’intervista con Marc Bolan. Trascorsero la maggior parte della
colazione a sfogliare le pagine, i tre maghi purosangue che
ridevano per le statiche fotografie dei Babbani.
Remus continuava a lanciare occhiate furtive a Sirius chiedendosi
se avesse un aspetto diverso ora che era un adolescente. Remus
voleva compiere tredici anni da sempre; gli sembrava un’età molto
matura e grandiosa. Sapeva che era sciocco pensare di potersi
impregnare di una sorta di nuova saggezza dall’oggi al domani, ma
era certamente una pietra miliare importante, in qualunque modo

223
la si guardasse. Sirius si stava decisamente comportando in un
modo leggermente diverso; Remus era sicuro.
Purtroppo la mattinata spensierata finì lì. Quando finirono il loro
pasto e si prepararono ad alzarsi per la loro prima lezione (Storia
della Magia), il loro passaggio fuori dalla sala fu bloccato.
«Sirius.» Disse una voce severa.
Narcissa Black era davanti a loro. A quindici anni era più alta di
tutti e quattro i Malandrini. Era una ragazza abbastanza attraente,
pensò Remus; forse con una faccia un po’ schiacciata. Non aveva
lo sguardo folle della sorella maggiore e si era tinta e stirata i lunghi
capelli in modo che pendessero come uno splendido lenzuolo di
platino, che brillava quando riceveva luce.
Era in piedi davanti a loro con le braccia incrociate, Regulus
accucciato al suo fianco.
«Cissy.» Sirius annuì in segno di saluto. Lei sussultò, ma non lo
castigò.
«È il tuo compleanno.» Lei disse.
«Beh, lo sapevo.»
Alzò gli occhi al cielo. Sembrava che non avesse nemmeno il
carattere di sua sorella, cosa per cui Remus era contento.
«Questa sera mangerai con noi.»
«Venite a sederti al tavolo di Grifondoro se proprio volete.»
«No.» Lei strinse gli occhi grigi. «Tua madre ha dato istruzioni
rigorose. Mangeremo in privato, nella Sala Comune dei
Serpeverde, come l’anno scorso.»
«No!» Sirius perse la sua ritrovata maturità e improvvisamente
sembrò un bambino, praticamente battendo i piedi. «Voglio
mangiare con i miei amici.»
«Puoi mangiare con loro ogni volta che vuoi.» Narcissa scattò, le
mani sui fianchi adesso. «I compleanni sono occasioni di famiglia.»
Regulus si guardò i piedi, ancora in piedi dietro sua cugina.
224
Sirius era ancora infastidito, ma alla fine annuì in segno di assenso.
James gli mise una mano sulla spalla; un gesto innocuo, ma Regulus
alzò gli occhi e fissò intensamente, come se stessero facendo
qualcosa di brutto.
Una volta fissata l’ora per la cena, i due Serpeverde se ne andarono
e i Malandrini li seguirono con lo sguardo.
James guardò Sirius. «Che sfortuna... Vuoi saltare le lezioni?»
«Nah.» Sirius scosse la testa. «Porterò con me alcune bombe di
letame a cena.»
«Possiamo vedere se l’incantesimo della bomba a orologeria
funziona!»
«Perfetto.»

Sirius stette via a lungo dopo cena. James camminava su e giù per
la stanza del dormitorio controllando l’orologio ogni pochi minuti
e chiedendosi ad alta voce se doveva andare, mettersi fuori dai
sotterranei e gridare.
«Dobbiamo ricominciare a lavorare sulla tua Mappa, Lupin.» Disse
passandosi le mani tra i capelli (già catastrofici). «Segnare tutti, così
sappiamo dove sono in ogni momento.»
«Siamo ben lontani da questo.» Rispose Remus dal suo letto, dove
stava leggendo un libro. «Non ho ancora mappato nessuna parte
dell’ala est. Posso farne un po’ a Natale.»
«No.» James si fermò ancora in mezzo alla stanza. «Tu e Black
venite a casa mia per Natale.»
Remus lo fissò e deglutì goffamente. «James, non posso. Sai che
non posso.»
James agitò una mano, riprendendo a camminare. «Sistemerò tutto
con papà, non preoccuparti. La luna piena è il venti, ho controllato.
Possiamo restare tutti qui fino ad allora e andarcene il ventuno.»
Remus era senza parole, ma non importava.
225
James decise subito dopo di indossare il suo mantello e andare a
cercare Sirius. Peter, piuttosto prevedibilmente, lo seguì ma Remus
si stava godendo il suo libro e li lasciò andare. Si sdraiò sul letto e
pensò di mettere un disco. James e Peter avevano vietato Bowie
fino alla fine dell’anno, ma se non erano nella stanza...
All’inizio dell’anno Remus era stato così preso dall’eccitazione di
Sirius che non gli aveva detto che sapeva tutto di Ziggy Stardust; in
effetti tutti nel mondo babbano avevano parlato di lui per tutta
l’estate.
A metà luglio, Remus si era seduto nella stanza dei giochi dopo il
tè con alcuni dei ragazzi più grandi per guardare Top of the Pops. La
loro TV era ancora in bianco e nero, ma Remus si sentiva come se
avesse visto la performance a colori. David Bowie era diverso da
chiunque avesse mai visto prima, tutti erano rimasti a fissare con
la bocca spalancata mentre l’uomo snello e dall’aspetto alieno
saltellava sul palco in una tutina. Era pallido come la neve, i suoi
capelli erano lunghi fino alla schiena e sporgevano selvaggiamente
in cima, i suoi occhi erano sorprendenti; una pupilla più grande
dell’altra: era truccato. Remus aveva voluto subito conoscerlo ed
essere lui. Quando David aveva messo un braccio intorno al
chitarrista alto e biondo, lo stomaco di Remus aveva fatto una
strana specie di giravolta e mentre i due uomini cantavano nello
stesso microfono, le loro guance premute l’una contro l’altra, uno
degli assistenti di St Edmund’s era andato e aveva spento il
televisore.
Brutti omosessuali. Aveva detto. È disgustoso mettere quel genere di cose in
televisione quando i bambini possono vedere.
Remus ci pensò più di quanto volesse.
Quando gli altri due ragazzi tornarono erano con un Sirius dalla
faccia pallida, aveva un aspetto peggiore del solito dopo un
incontro con la sua famiglia; chiuso e del tutto privo di gioia.
226
Persino i suoi occhi sembravano un po’ meno luminosi, tendenti
al grigio.
«Che cosa succede?» Remus si alzò, preoccupato.
«È terribile.» Disse Sirius. «Davvero, davvero terribile. Vile. Il
peggiore, il più impensabile... Orribile.» Si gettò sul letto, a faccia
in giù.
«È così da quando l’abbiamo trovato nei sotterranei.» Ha spiegato
James. «Nient’altro che aggettivi.»
«Aggettivi superlativi.» Lo corresse Sirius, leggermente attutito dal
cuscino.
«Sì sì, stai facendo il drammatico.» Sospirò James. Si passò di
nuovo le dita tra i capelli. Sarebbe stato calvo prima di aver visto
trent’anni, pensò Remus. «Vuoi dirci perché?»
Sirius rotolò sulla schiena, fissando il baldacchino del suo letto.
«Mi sto per sposare.»
«Che cosa?!» James e Peter sembravano scioccati quanto Remus,
quindi almeno capì che non era una normale cosa da maghi.
«Me l’ha detto Narcissa.» Annuì, continuando a fissare con lo
sguardo vuoto verso l’alto. «Di solito non ti accoppiano fino a
quando non hai raggiungi la maggiore età, come con Bellatrix, ma
Cissy dice che hanno deciso di modificare le regole nel mio caso.»
«Accoppiano?!» James sembrava sbalordito. «I Black non hanno
ancora matrimoni combinati, vero?!»
«Certo che li abbiamo.» Sirius emise un sospiro. «Nobile e
antichissima, eccetera, eccetera... Vogliono festeggiare la cerimonia
del fidanzamento la prossima estate. Dovrei “mettere insieme le
mie idee” in tempo. Poi il matrimonio avverrà non appena avrò
finito Hogwarts. Dubito che sarete invitati.»
«È pazzesco! È medievale! È...»
«Mia madre.» Sirius finì.

227
«Ehm...» Remus si sentì scortese a interromperlo, ma la sua
curiosità ebbe la meglio. «Chi dovresti sposare?»
Sirius si mise a sedere.
«Questa è la torsione nella coda del drago, non è vero.» Disse,
arrabbiato. «Questa è la pièce de résistance di mia madre.» Pronunciò
il francese magnificamente, con un accento perfetto. Anche nelle
sue furie più oscure Sirius Black era elegante.
«Chi?!»
«Cissy.»
«Che cosa?!»
«Narcissa?!»
«Tua cugina?!»
«Narcissa Black?!»
Sirius annuì. La sua spalla si rilassò. Lo sguardo tornò sul suo viso
e si sdraiò.
«Apparentemente stanno cercando di mettere in riga anche lei.
Andromeda (sua sorella, sai, l’unica normale) è incinta, secondo
Cissy. Stanno chiudendo i ranghi, cercando di impedire che entri
altro sangue sporco.»
«Ma ci devono essere altre ragazze purosangue là fuori.» Ragionò
James. «E io pensavo che lei e quello stramboide di Malfoy stessero
uscendo...»
«Infatti.» Sirius annuì. «È incazzata quanto me, credimi. Parlando
di felicità coniugale...»
«E Regulus?» Chiese James. Sembrava che la sua mente stesse
correndo migliaia di chilometri al minuto.
«Cosa?» Sirius disse amaramente. «Pensi che a lui possa piacere
lei?»
«È piuttosto carina.» Disse Peter docilmente, ma Sirius gli lanciò
uno sguardo che poteva frantumare il vetro.
«È mia cugina, stupido.»
228
«Va bene.» James alzò una mano autorevole. «Non c’è bisogno di
insultarci, stiamo solo cercando di aiutare.»
Remus non poteva vedere come esattamente Peter stesse aiutando,
ma si morse la lingua e lasciò che James continuasse.
«Volevo dire, Regulus ha detto qualcosa? Lui era lì, vero?»
«Non. Una. Parola.» Sirius lo guardò in cagnesco, e nessuno
menzionò più suo fratello.
«Bene, bene.» James si infilò gli occhiali nel naso. «Abbiamo tempo
fino alla prossima estate e abbiamo Narcissa dalla nostra parte, che
tu ci creda o no. Quindi, direi che la cosa non è senza speranza.»
«Non sai cosa sia la disperazione finché non hai incontrato mia
madre.» Disse Sirius.
«E lei non sa cosa possono fare i Malandrini.» Disse James con
fermezza. «Signori...» Li guardò a turno. Remus aveva capito
esattamente cosa stava per dire. «Abbiamo una nuova missione.»

229
Supposizioni
Come diavolo ti tiri fuori da un fidanzamento? Remus si chiese tra sé,
mentre scendeva nei sotterranei domenica sera. Era solo; Lily gli
aveva chiesto di controllare ancora una volta la pozione su cui
stavano lavorando prima di consegnarla il giorno successivo.
Personalmente pensava che fosse eccessivo, ma era anche
colpevolmente consapevole che fino a quel momento Evans aveva
fatto gran parte del lavoro.
Il problema di Sirius era rimasto nella sua mente tutto il giorno.
James li aveva incaricati di trovare una soluzione entro Natale, ma
Remus non riusciva a pensare cosa si sarebbe potuto fare. Non
aveva mai pensato prima al fidanzamento, al matrimonio o
all’onore della famiglia. Quelle erano tutte cose da adulti. I ragazzi
di tredici anni non dovevano certo preoccuparsi di cose del genere.
Ma infondo, pensò, svoltando l’ultima curva delle scale, i ragazzi
di dodici anni non dovevano preoccuparsi di trasformarsi in mostri
una volta al mese. Sospirò pesantemente aprendo la porta dell’aula
di Pozioni. Con suo disgusto Severus Piton era già lì a mescolare
la sua stessa pozione. I loro occhi si incontrarono e Remus si
bloccò per un momento, poi di raddrizzò le spalle, sollevò il mento
e si diresse dritto verso il suo calderone, scegliendo di ignorare
l’altro ragazzo.
Non poté fare a meno di notare che la sua pozione era di un colore
leggermente diverso da quello di Piton, il che non poteva essere un
buon segno. Il loro era un audace blu, molto più scuro di quanto
avrebbe dovuto essere. Ovviamente anche Piton l’aveva notato.
«Devi aggiungere altra lavanda.» Disse nasalmente, senza alzare lo
sguardo dal suo calderone. «Almeno un altro cucchiaino.»

230
«Sì, come no.» Remus aggrottò le sopracciglia. «Non ho certo
intenzione di seguire uno dei tuoi consigli.»
«Difficilmente proverei a rovinare la pozione di Lily, no?!» Piton
ribatté.
Remus ci pensò su. Era vero che nonostante il comportamento
generalmente sgradevole di Severus, l’unica altra cosa che i
Malandrini sapevano di lui era che avrebbe fatto quasi qualsiasi
cosa per Lily Evans. Era strano, ma Remus non era il tipo che
giudicava nessuno per essere strano.
Versò altra lavanda e mescolò. Immediatamente, la pozione
assunse una tonalità più pallida, azzurro cielo, e da essa emerse un
delizioso aroma sognante.
Piton fece un suono compiaciuto con la lingua e chiuse il
coperchio del suo calderone, preparandosi ad andarsene.
«Ei Sev!» Una voce proveniva dalla porta. «Oh, Remus...» Era Lily,
sembrava un po’ imbarazzata.
Remus aggrottò la fronte. «Pensavo fossimo d’accordo che sarei
venuto io stasera.»
«Ehm sì, infatti... stavo solo... ricontrollando.» Le sue guance
solitamente pallide erano di un rosso vivo.
«Non pensavi che mi sarei fatto vivo?»
Piton sbuffò deridendolo, mentre usciva. Remus lottò contro
l’impulso di lanciare un cucchiaio dietro la sua testa unta. Lily non
se ne accorse, aveva già attraversato la stanza e stava guardando
nel calderone.
«Be’, hai un sacco di punizioni.» Disse diplomaticamente mentre
Severus usciva dalla stanza. «Oh wow, sembra molto meglio di
stamattina. Hai fatto qualcosa?»
«Aggiunto altra lavanda.»
«Veramente? Bene, sembra esattamente del colore giusto adesso.»

231
«Beh...» Si strofinò la nuca, lanciando un’occhiata alla porta, Piton
era fuori portata d’orecchio. «Sì, pensavo solo che ne servisse un
po’, suppongo.»
«Non resta niente da fare, allora. Stai tornando alla Sala Comune?»
«Sì.»
Camminarono insieme. Lily era di buon umore.
«Lavoriamo abbastanza bene insieme, no?» Gli sorrise. «È un bel
cambiamento rispetto a Sev, comunque, sei molto più alla mano.»
Remus non aveva mai pensato a sé stesso come uno alla mano
prima. Era una cosa carina da dire, ma in confronto a Piton
chiunque poteva sembrare rilassato.
«Cosa c’è tra te e lui comunque?» Chiese.
«Lui è il mio migliore amico.» Lily rispose prontamente, come se
avesse dovuto giustificarlo tutto il tempo. «Ci conosciamo da
secoli.»
«Oh giusto.»
«Non è così cattivo come credi.» Disse guardandolo di traverso.
«Può essere davvero gentile. E divertente.»
«Allora perché frequenta Mulciber e il gruppo di purosangue?»
«Beh, se vogliamo basare le nostre opinioni sulle persone
basandoci sui loro amici.» Lily lo guardò pungentemente.
«Cosa c’è che non va con i miei amici?!» Remus era scioccato. Tutti
amavano James e Sirius.
Lily alzò gli occhi al cielo. «Sono tutti eredi di case purosangue,
non è così?» Lanciò indietro i suoi riccioli ramati. «Inoltre sono
enormi esibizioni. Potter pensa di essere un dono divino e Black
è... beh, è un Black, non è vero? Anche io li conosco e sono nata
babbana. Suppongo che Peter sia a posto, ma è triste il modo in
cui li segue ovunque.»
«Anch’io li seguo.»
«Sì, lo fai.» Lo guardò di nuovo, sfacciata.
232
«Ti sbagli su di loro.» Remus disse. «Voglio dire... okay, hai ragione
sul fatto che si mettono in mostra, ma non sono solo... c’è di più
in loro.»
«Bene, allora dovrai solo accettare che anche in Severus ci sia di
più, no?»
Era più difficile discutere con lei che con Sirius. Remus si strinse
nelle spalle, senza impegno. Gli venne in mente che Lily poteva
essere in grado di aiutarlo con il suo attuale enigma. Dopotutto, i
matrimoni e i fidanzamenti erano cose da ragazze, no? Almeno
avrebbe potuto offrire un’altra prospettiva.
«Evans?» Disse pensieroso. «Sei abbastanza intelligente...»
«Oh, grazie molte.»
«Scusa... Voglio dire, sei più intelligente di me.»
«Molto meglio.»
Sorrise, massaggiandosi la nuca.
«Cosa faresti se la tua famiglia ti facesse sposare con qualcuno con
cui non vuoi sposarti?»
Si accigliò, come se non fosse affatto quello che si aspettava.
«Come un matrimonio combinato? Pensavo vivessi in un
orfanotrofio...»
«Una casa per bambini.» La corresse. «Sono diversi. Comunque,
non sono io, è... qualcun altro.»
«Uhm...» Sembrava perplessa, il che non dava a Remus molte
speranze. «Accidenti... Voglio dire, non è qualcosa che i miei
genitori farebbero mai. Ma se lo dovessero fare sarei veramente
arrabbiata e ferita.»
«Ferita?» Chiese perplesso.
«Beh, ovviamente. I tuoi genitori dovrebbero amarti e desiderare
ciò che è meglio per te... prendere una decisione del genere per tuo
conto è l’esatto contrario.»

233
«Giusto.» Annuì, anche se non capiva davvero. «Beh, questa
persona ehm... non va d’accordo con i suoi genitori comunque.»
«Anche se fosse così.» Lily alzò le spalle. «Questo non significa che
non ne sia ferita. Dovresti essere in grado di fidarti delle persone
che ti hanno cresciuto.»
«Oh va bene.» Remus non sapeva cosa rispondere. Aveva
un’orribile sensazione di agitazione allo stomaco; la stessa
sensazione che provava quando veniva chiamato a leggere ad alta
voce. Lily non se n’era accorta. Adesso erano quasi nella Sala
Comune.
«Ancora non so cosa potrebbe fare.» Sospirò. «È come se l’unica
opzione fosse sfidarli: i genitori. Ma questo causerà altri tipi di
problemi... Di chi si tratta? Avanti, dimmi!»
Remus scosse la testa. «Non posso. Scusa.»
Lily annuì capendo e Remus le sorrise, aveva una presenza
immensamente rassicurante.
«Flibbertigibbet» Disse Lily al ritratto, che si aprì per farli passare.
James non era tornato da molto tempo dagli allenamenti di
Quidditch ed era ancora nella sua veste rossa. Si sedette su uno dei
divani a lanciare i fagioli scoppiettanti di Zonko nel camino, dove
scoppiarono in un tripudio di colori come fuochi d’artificio in
miniatura. Sirius giaceva sul tappeto sotto di lui e leggeva un libro
sulle maledizioni che si era portato da casa.
«Tutto bene, Lupin?» James sorrise.
Remus fece un cenno a Lily e si avvicinò ai suoi amici. La rossa
andò dritta su per le scale fino al dormitorio delle ragazze.
«Ci hai abbandonati per Evans?» Chiese James, sorridendo.
«Pozioni.» Rispose Remus.
«Giusto. Siete amici adesso?»
«Più o meno.» Remus alzò le spalle. «È a posto. Vi odia.»
«Che cosa?!» Entrambi si sedettero, con aria offesa.
234
«Ma se piacciamo a tutti!» Sirius disse. «Siamo adorabili
mascalzoni!»
«Pensa che siate degli esibizionisti.»
James rimase a bocca aperta, drammaticamente. «Come osa!
Dovremo conquistarla.»
«Perché scomodarsi.» Sirius si girò, tornando al suo libro. «È amica
di Mocciosus, chiaramente non ha gusto.»
«L’ha detto davvero?» James chiese a Remus.
Lui annuì. «Ha detto che pensi di essere un dono divino.»
«Che cosa significa-»
«È un’espressione babbana.» Spiegò Remus. «Significa che pensa
che tu sia pieno di te.»
«Lo pensa?»
«Beh...» Remus lo guardò. «In un certo senso lo sei, ad essere
onesti.»
James rise e Remus si sedette accanto a lui afferrando lui stesso
una manciata di fagioli Zonko e gettandoli nel fuoco. Lui e James
ne fecero subito un gioco, sfidandosi su chi potesse creare le più
grandi esplosioni colpendo le braci nel modo giusto.
«Mi sono dimenticato di dirvelo.» Disse James, una volta che il
sacco di fagioli fu vuoto. «Oggi ho ricevuto un gufo da papà: ha
parlato con la McGranitt e ci ha dato il permesso di farti venire per
Natale.»
«Che cosa? Veramente?!» Remus era affascinato.
Perché un adulto che non l’aveva mai incontrato prima avrebbe
voluto intervenire in suo favore? Prese mentalmente nota di non
sottovalutare mai più il potere della volontà di James.
«Sì, però non credo che tu possa venire anche per l’estate. Scusa.»
Remus scosse la testa, senza parole. Avrebbe dovuto ringraziarlo,
ma non sapeva come.

235
«Aspettiamo solo te ora, amico.» James diede un calcio a Sirius con
il piede. «Hai risolto la questione con tua madre? Dì che andrai di
nuovo dai Minus.»
«Non preoccuparti.» Rispose Sirius continuando a leggere. «Vengo
da te senza dire niente.»
Sirius era raramente in contatto con i suoi genitori, ma dalla storia
di Narcissa aveva ignorato del tutto i loro gufi. Remus non era
sicuro che il silenzio fosse il modo migliore di Sirius per esprimere
il suo scontento, ma come Lily gli aveva appena ricordato, Remus
sapeva molto poco delle famiglie.
«Alla mamma non piacerà.» James si morse il labbro.
«Non dirglielo, allora.» Sirius voltò pagina.
James e Remus si scambiarono uno sguardo. Dovevano escogitare
presto qualcosa per il fidanzamento; il pensiero che Sirius fosse in
questo stato d’animo per altri cinque anni era davvero molto cupo.

236
La luna di dicembre
L’Hogwarts Express lasciò la stazione di Hogsmeade per Natale
sabato 16 dicembre, il che significava che una volta che la luna
piena fosse passata, James, Sirius e Remus avrebbero dovuto
trovare altri mezzi per raggiungere la casa della famiglia dei Potter.
La McGranitt, dopo aver fatto la ramanzina a Remus sul non
permettere ad altri studenti di conoscere il suo segreto, fu
rispettosa dei desideri dei Malandrini e permise loro di usare la
polvere volante nel suo ufficio “solo questa volta”. A Remus non
importava così tanto della ramanzina, ma era terrorizzato all’idea
di usare la polvere volante per la prima volta. Aveva sentito tutti i
tipi di storie dell’orrore da altri studenti, e il fatto che di solito era
nauseato per alcuni giorni dopo la luna piena non aiutava.
Sirius ricevette una strillettera ogni mattina dopo il 16 che gli
chiedeva di tornare a casa subito, ma gettava semplicemente le
buste scarlatte nel caminetto, dove le urla di Walpurga Black
echeggiavano tra le ciminiere. James era chiaramente innervosito
da questo comportamento, ma non disse nulla. Sirius era sempre
pronto a litigare ultimamente, ed era meglio evitarlo.
Sfortunatamente, mentre la luna piena si avvicinava, anche Remus
perdeva facilmente la pazienza. I due ragazzi litigavano su qualsiasi
cosa, e il povero James dovette mettersi tra di loro più di una volta.
«Rispondile per l’amor di Dio.» Remus gemette la mattina del 20,
lanciando un cuscino a Sirius dal suo letto. Era stato svegliato
presto per la terza mattina consecutiva da una strillettera,
«SE PENSI DI POTER SCAPPARE DAL TUO TITOLO DI
NASCITA IN QUESTO MODO CODARDO VEDRAI COSA
SUCCEDERÀ!» Gemette echeggiando attraverso la torre di
Grifondoro come una banshee.

237
«Stanne fuori Lupin.» Sirius gli lanciò indietro il cuscino.
«Come faccio a starne fuori quando ci sono urla nella nostra
dannata camera da letto ogni mattina?!» Remus ringhiò, alzandosi
in piedi.
«Mi dispiace tanto disturbarti!» Ribatté Sirius, grondante di
sarcasmo. Sembrava scontroso, come se non avesse dormito
affatto bene, ma Remus era troppo di cattivo umore per
preoccuparsene e la sua trasformazione era a poche ore di distanza.
«Che ne dici di non comportarti come un moccioso viziato per
cinque minuti?!» Scattò. «Sei così dannatamente egoista.»
«Non le sto chiedendo io di mandarmele! Almeno io ricevo posta,
almeno le persone si preoccupano abbastanza di me da-»
Remus si gettò sopra Sirius e iniziò a picchiarlo più forte che
poteva, incandescente di rabbia.
«STA. ZITTO.» Grugnì, sferrando un pugno decente proprio sulla
guancia sinistra di Sirius.
Sirius, sebbene estremamente abile negli insulti caustici, non era
un gran combattente. Ansimò e cercò di spingere via Remus, alla
fine afferrò la sua bacchetta.
«Mordeo!» Sibilò puntandola al viso di Remus.
Subito, Remus lo lasciò andare, cadendo all’indietro sul letto,
tenendosi la fronte. Un’orribile sensazione di bruciore irradiata dal
punto in cui Sirius aveva lanciato la maledizione.
«Stronzo!» Urlò, sentendosi il viso irrigidirsi e gonfiarsi.
«Te lo sei meritato!»
«Sirius!» James era sceso dal letto troppo tardi. «Gli hai lanciato
una maledizione?! Lo hai fottutamente maledetto?!»
Sirius sembrava meno sicuro di sé adesso. «Ha iniziato lui!»
«Non aveva nemmeno la bacchetta!”
Remus era sceso dal letto e si stava fissando nello specchio
dell’armadio. Sembrava che si fosse rotolato su un cespuglio di
238
ortiche. La sua pelle era rossa, lucente, tesa e si gonfiava a un ritmo
preoccupante.
«Fa male?» Chiese James, esitante.
Remus scosse la testa, anche se faceva male... molto.
«Vado in infermeria.» Disse. «Non venire con me.» Scattò,
vedendo James che si infilava la vestaglia.
Mentre usciva dalla stanza ancora in pigiama, sentì James
mormorare. «Attaccare qualcuno che è disarmato è davvero un
colpo fottutamente basso, Black.»

Madama Chips lo aveva guarito rapidamente usando un


controincantesimo ma fu molto seccata a riguardo.
«Chi te l’ha fatto?» Gli chiese. «Se è stato Potter o Black allora
voglio saperlo, ho detto a Minerva che era una cattiva idea lasciarti
andare per Natale.»
«Perché non dovrei andare.» Remus chiese scandalizzato. «Sirius ci
va!»
«Il signor Black non ha i tuoi limiti.»
«Ma non andremo fino a domani, è subito dopo la luna piena,
questo è il modo più sicuro...»
«Sto pensando alla tua salute, Remus! Sei molto fragile...»
«Non sono fragile!» Remus ribollì.
«Certo che no caro.» Disse senza ascoltarlo veramente. «Adesso
stai un po’ qui, eh? Hai fatto colazione?»
Madama Chips lo costrinse a rimanere tutto il giorno in infermeria
in pigiama. La medi-strega stava lavorando ad una nuova pozione
che sperava potesse rendere più tranquilla la sua trasformazione.
Gli lasciò prendere in prestito alcuni dei suoi libri, quindi non fu
poi così male ma si sentiva ugualmente un invalido. La sua faccia
era ancora un po’ formicolante per la maledizione di Sirius, anche
se il gonfiore era sostanzialmente diminuito.
239
Potrebbe essere un buon incantesimo da usare contro Piton, prese
mentalmente nota di ricordarsi di chiedere a Sirius esattamente
come aveva fatto.
Verso l’una, subito dopo pranzo, James e Sirius vennero a trovarlo.
Prima di tutto Madama Chips fece loro un discorsetto di
rimprovero.
«Maledire un tuo compagno di casa! Maledire il tuo compagno di
dormitorio, per l’amor del cielo! Ai miei tempi saresti stato
frustato! E la professoressa McGranitt mi ha informato che
conoscete le sue circostanze speciali! Avrei pensato che aveste più
buon senso!»
James si scusò mille volte e Sirius, che a malapena sussultava di
fronte agli osceni castighi di sua madre, chinò la testa con aria
completamente vergognata. Alla fine, Remus pensò che questo
doveva essere stato sufficiente per soddisfare l’infermiera della
scuola, che gli aveva permesso di vederlo. Erano in piedi in fondo
al letto come persone in lutto, incontravano a malapena il suo
sguardo.
«Siamo davvero dispiaciuti, Remus.» Iniziò James.
Remus fece schioccare la lingua. «Tu non mi hai fatto niente.»
James diede un calcio a Sirius, che guardò anche lui.
«Mi dispiace davvero, Remus.» Aveva un livido scuro e pesante in
alto sulla guancia sinistra e gli occhi sembravano un po’ più lucidi,
Remus si chiese se Sirius avesse pianto. Il pensiero lo fece sentire
strano. Scosse la testa, non più arrabbiato,
«Ho iniziato io. Scusa se ti ho colpito.»
«Mi dispiace per la strillettera.»
«Mi dispiace che tua madre sia un incubo.»
«Mi dispiace che tu sia un lupo mannaro.» Risero entrambi e tutto
fu perdonato.

240
«Ti farà uscire adesso?» James chiese. «Mancano ancora ore alla
luna.»
Remus scosse la testa. «Non credo... vuole provare qualche nuova
pozione.»
«Non sapevo ci fosse una cura!»
«Non c’è.» Disse Remus velocemente. «Questo è solo un... penso
che sia per rendere la trasformazione, sai... più facile.»
Entrambi lo guardarono perplessi. Si mosse a disagio.
«Come un antidolorifico, credo. Quelli babbani non funzionano.»
«Ti fa male, allora?» Chiese Sirius, inclinando la testa.
Ora che la tempesta era passata, era tornato a vedere Remus come
un interessante esemplare.
«Beh sì.» Remus aggrottò la fronte. Aveva pensato che sapessero
molto più di lui, essendo cresciuti nel mondo dei maghi, quindi fu
sorpreso che non sapessero del dolore. Per molto tempo, il dolore
era stata l’unica cosa che aveva conosciuto.
Con sua sorpresa e gioia, James e Sirius decisero di rimanere in
infermeria con Remus per il resto del pomeriggio. Giocarono ad
alcuni giochi con le sparaschiocco prima che Madama Chips
dicesse loro severamente di calmarsi, così passarono agli scacchi.
Mentre la sera si avvicinava James e Sirius non scesero a cena, ma
mangiarono lo stesso cibo dell’ospedale che doveva mangiare
Remus.
Non era una gran cosa per loro, James e Sirius si comportavano
come in un qualsiasi altro pomeriggio; il letto d’ospedale era solo
un’estensione del loro dormitorio. Per Remus era molto
importante, altrimenti avrebbe passato il tempo solo e ansioso. Era
la cosa più vicina ad una famiglia che potesse immaginare.
La McGranitt arrivò e li cacciò via, pronta a condurre Remus alla
baracca. Se ne andò pacificamente, con un lieve sorriso sulle labbra
e una risata che ancora riecheggiava nelle sue orecchie. La pozione
241
antidolorifica di Madama Chips non ebbe effetto, ma Remus trovò
la trasformazione leggermente più tollerabile lo stesso.

James e Sirius arrivarono per prima cosa la mattina dopo. Remus


stava sonnecchiando nel suo letto, essendo tornato nel castello
all’alba. La faccia gli faceva male e sapeva che non era più per la
maledizione. Madama Chips aveva lasciato uno specchio sul
comodino, con il vetro verso il legno, ma era ancora troppo stanco
per guardare. Fu svegliato dal respiro affannoso che proveniva da
James o da Sirius, non era sicuro di chi tra i due. Quando riaprì gli
occhi, entrambi avevano riorganizzato le loro espressioni in una
stoica allegria.
«Tutto bene amico?» Disse James con un mezzo sorriso, come per
rivolgersi ad un bambino.
«Tutto a posto.» Remus gracchiò, tirandosi su. Doveva essere
brutto. Sollevò il pesante specchio e lo girò verso il viso. Ah.
Il taglio sembrava già metà guarito, grazie alle cure di Madama
Chips, ma fu comunque uno shock. La crosta era dura e nera,
orlata di tenera pelle rossa. Si estendeva dall’angolo interno di un
occhio, su oltre il ponte del naso in diagonale verso il centro della
sua guancia opposta. Non ricordava molto, ma sembrava che si
fosse quasi aperto la faccia in due.
«Il mio bel viso.» Disse debolmente cercando di essere sarcastico,
ma sentendosi malissimo.
Ora tutti lo avrebbero scoperto. Finora era stato in grado di
nascondere le peggiori cicatrici sotto i vestiti, ma ora sapeva che
era stata solo una questione di tempo prima che la sua fortuna
finisse.
«Non è così male.» Disse James rapidamente. «Scommetto che
guarirà molto velocemente...»

242
«Come hai fatto-» Iniziò Sirius, ma fu interrotto da Madama Chips
che arrivò precipitosamente.
«Di nuovo voi due!» Fecero un passo indietro bruscamente, come
se avessero paura di lei, mostrando un ossequio che non avevano
mai mostrato per la McGranitt. L’infermiera tirò la tenda intorno
al letto di Remus, chiudendogliela in faccia.
«Ah, hai dato un’occhiata, vero?» Si rivolse a Remus ora, in un tono
molto più morbido. «So che sembra brutto, ma diventerà pallido
proprio come gli altri. Dovrebbe vedersi appena entro il nuovo
anno.»
Remus per qualche motivo non le credeva, anche le sue cicatrici
più sbiadite erano ancora molto evidenti. Diede un’occhiata più da
vicino, poi spalmò un unguento chiaro sul taglio.
«Portati via questo.» Gli disse porgendogli il barattolo. «Mettilo
ogni mattina e sera. Fa ancora male?»
Lui scosse la testa. Lei fece schioccare la lingua con scetticismo.
«Be’ potrebbe prudere un po’ mentre guarisce. Forse potremmo
provare a tagliare le unghie il mese prossimo? Anche se suppongo
che gli artigli spuntino comunque.» Sospirò sembrando frustrata.
«Il tuo viso doveva essere ancora irritato anche dopo che abbiamo
ridotto il gonfiore.»
«Va tutto bene.» Remus la scrollò di dosso. Era perfettamente
consapevole dei suoi amici dall’altra parte della tenda e voleva che
se ne andasse. «Posso andare ora? Mi sento bene.»
«Non preferiresti dormire un po’ di più?»
«No.» Scosse la testa con veemenza. «Ho fame, voglio andare a
fare colazione.» Sapeva che avrebbe funzionato; lei era sempre
d’accordo a farlo mangiare di più.
«Bene bene. Vestiti e vai.»
Sirius fu molto silenzioso durante la colazione, lasciando che James
e Remus portassero avanti la conversazione, qualcosa in cui
243
nessuno dei due era molto pratico. Una volta nutriti, andarono di
sopra a fare i bagagli perché Sirius e Remus li avevano lasciati da
fare all’ultimo minuto. James, frustrato dalla loro mancanza di
lungimiranza, marciò verso l’ufficio della McGranitt per vedere se
tutto era pronto per il loro viaggio, lasciandoli fare.
Remus prese un paio di cose, non aveva fatto nessun regalo agli
altri e aveva fatto promettere a tutti di non regalargli niente. Non
era giusto. La Direttrice gli aveva spedito un piccolo pacco. Gettò
in valigia alcuni vestiti; gli altri probabilmente avrebbero portato
abiti a casa, ma gli unici abiti che Remus possedeva erano la sua
uniforme scolastica (e non sapeva se era effettivamente sua o se
era solo in prestito), quindi si limitò a prendere i suoi vestiti
babbani.
Finito di preparare la valigia, Remus si voltò e vide Sirius in piedi
proprio dietro di lui, con un aspetto persino peggiore di quello che
aveva il giorno prima.
«Che cosa succede?» Chiese Remus, sorpreso.
«È colpa mia.» Sirius rispose, la sua voce stranamente piatta. «Ho
sentito Madama Chips dirlo.»
«Eh?»
«La tua faccia... l’ho maledetta, poi quando ti sei trasformato te la
sei graffiata...»
«Oh.» Remus si portò le dita al viso imbarazzato, Sirius distolse lo
sguardo. «Non è davvero colpa tua.» Disse Remus goffamente.
«Voglio dire, mi graffio ovunque. Doveva succedere prima o poi.»
«Perché lo fai?»
Sirius l’aveva chiesto già una volta, guardando le sue vecchie
cicatrici. Questa volta Remus poté dire che aveva veramente capito
quello che stava chiedendo. Ma Remus ancora non aveva una
risposta.
«Non so. Non me lo ricordo.»
244
«Non ricordi proprio niente?»
«Non proprio. So di essere sempre affamato, come se non avessi
mangiato per tutta la vita... e arrabbiato.»
«Riguardo a cosa?»
Remus scosse la testa. «Solo arrabbiato.»
«Mi dispiace così tanto Remus.» Sirius sembrava di nuovo triste.
Remus non poteva sopportarlo.
«Oh sta zitto.» Disse, quasi scherzando. «Non ci penseresti due
volte a maledire James o Peter.»
«Sì, ma tu sei...»
«Non dirlo.» Aveva avuto paura che potesse accadere. «Per favore,
non trattarmi come se fossi malato o diverso, o qualsiasi altra cosa.
È una notte al mese. Se ti prendo a pugni puoi maledirmi, okay?»
Sirius sembrava che volesse ridere.
«Stai dicendo che hai intenzione di darmi un pugno di nuovo?»
Remus gli lanciò un calzino.
«Se non risolvi la situazione con quelle diavolo di strillettere,
forse.»

Viaggiare con la polvere non era niente in confronto a sentire la


propria colonna vertebrale allungarsi ogni mese e Remus non
capiva perché era stato così agitato al rigurdo. Fu il secondo ad
uscire dal caminetto nel salotto del Potter, dopo James.
Spazzolandosi la fuliggine dalle spalle saltò velocemente giù dal
caminetto per fare spazio a Sirius e guardò James venire
abbracciato calorosamente da entrambi i suoi genitori.
Il signore e la signora Potter erano un po’ più grandi di quanto
Remus avesse immaginato, ma entrambi avevano facce gentili e
allegre, tratti familiari che condividevano con loro figlio. I capelli
del signor Potter erano bianchi come la neve, ma sparati da ogni
parte esattamente come quelli di James. La signora Potter aveva un
245
sorriso accattivante e dei caldi occhi nocciola. Entrambi
abbracciarono anche Sirius mentre Remus si ritrasse, sentendosi
orribilmente fuori posto. Alla fine la signora Potter rivolse a
Remus il suo sorriso solare. Per fortuna non fece per abbracciarlo,
forse intuendo che si sentisse a disagio, emplicemente gli annuì
gentilmente.
«Ciao Remus, abbiamo sentito tanto parlare di te, sono così felice
che trascorrerai il Natale con noi.»
Remus sorrise timidamente, ma non riuscì a parlare. Non
importava; James e Sirius stavano raccontando della scuola al
signor Potter, che sembrava lui stesso uno scolaro, gli occhi
scintillanti di divertimento e malizia.
Il soggiorno (Remus supponeva fosse un salotto, dato che aveva
tre divani) era il più grande in cui fosse mai stato, con finestre
ampie e alte che lasciavano entrare la morbida luce solare invernale
che si riversava sui pavimenti di legno duro lucido. Un gigantesco
albero di Natale stava in un angolo, era luccicante di polvere
d’argento e circondato da una montagna di regali incartati dai
colori vivaci. Catene di carta e stelle filanti erano drappeggiate sul
soffitto e lungo le cornici dei quadri, e persino i ritratti magici
avevano le cornici con le lucine.
Mentre venivano condotti per la casa («Per l’amor del cielo,
Fleamont, lascia che i ragazzi mettano via le loro cose prima di
iniziare a pianificare qualunque cosa so che stai pianificando.»),
Remus scoprì che ogni stanza e i corridoi erano decorati con luci,
orpelli e centinaia e centinaia di bigliettini di auguri. I Potter
dovevano essere davvero dei maghi molto popolari. Erano
certamente ricchi: la scalinata di mogano continuava su per altre
tre rampe.
La camera da letto di James era abbastanza grande per tutti e tre;
più grande del loro dormitorio a Hogwarts, con un letto a
246
baldacchino matrimoniale, ma Remus fu sorpreso di scoprire che
c’erano quattro camere da letto ugualmente grandi che non erano
occupate. Sirius aveva già reclamato quella accanto a James, quindi
Remus mise la sua borsa nella terza stanza, chiedendosi come
sarebbe stato dormire da solo per la prima volta.
«Forza, ragazzi!» Il signor Potter gridò su per le scale con voce
tonante. «Ha nevicato tutto il pomeriggio e ho preparato gli
scivoli!»

247
Natale con i Potter
Remus aveva pensato che niente potesse essere meglio del Natale
a Hogwarts, che era (letteralmente) magico. Il Natale dai Potter
tuttavia, fu un’esperienza completamente diversa che sembrava
solo andare di bene in meglio.
Prima c’era stato lo slittino lungo i pendii innevati nel giardino sul
retro, anche se qualcosa di più grande di cinquecento acri non
poteva davvero essere chiamato giardino. Peter, che viveva più in
giù nel villaggio vicino, uscì per unirsi a loro non appena seppe che
erano arrivati e trascorsero un pomeriggio estremamente
rumoroso e violento scendendo lungo le colline e giocando a
complessi giochi di guerra con munizioni a palle di neve. Anche il
signor Potter si unì; vivace per la sua età e con il notevole vantaggio
di poter usare la magia.
La signora Potter chiamò tutti a pranzo e fece loro cambiare i
vestiti bagnati gelati. Si sedettero accanto al caminetto, caldi e
asciutti, mangiando pasticcini caldi tostati spalmati di burro giallo
intenso. Nel pomeriggio volevano uscire di nuovo, ma il signor
Potter era andato a sdraiarsi e la signora Potter non voleva che
uscissero così vicino al tramonto. Invece la aiutarono a decorare
un’enorme torta di Natale con glassa bianca e minuscole figurine
magiche, poi a incartare i regali per i vicini e i loro elfi domestici.
«Non abbiamo mai regalato niente all’elfo domestico.» Disse Sirius
in modo pratico, le sue dita irrimediabilmente legate in qualche
nastro incantato. «Badate, Kreacher è un idiota lunatico; dubito
che voglia qualcosa.»
«Accettano regali purché sia qualcosa di commestibile, ho
scoperto.» Rispose la signora Potter sorridendo. «Niente vestiti,
ovviamente, quello li turba solamente.»

248
«Dì a mamma cosa fate agli elfi domestici Sirius.» James sorrise,
legando ancora di più le mani del suo amico.
Sirius rise leggermente. «Imbalsamano le loro teste.» Disse. «Una
volta che sono morti. Almeno, penso che aspettino finché non
sono morti... Kreacher è l’unico elfo domestico di cui ricordo.»
«Dio...» Disse la signora Potter. «Pensavo che questa tradizione si
fosse estinta.»
«Non per i Black.» Sospirò Sirius. Remus poteva intuire che stava
pensando di nuovo al fidanzamento.
«Stai facendo un ottimo lavoro Remus.» Osservò la signora Potter
guardando il libro che stava confezionando per la signora Minus.
«A differenza di alcuni ragazzi birichini che potrei menzionare...»
Rivolse uno sguardo severo a suo figlio e al suo migliore amico,
che ora stavano tentando di incollarsi le mani al piano del tavolo.
Remus le sorrise educatamente, sentendo il taglio fresco sul suo
viso tirargli la pelle. Non aveva ancora detto niente ai genitori di
James. Gli era sempre stato detto di non farsi sentire in presenza
di persone adulte e non era mai stato a casa di un amico prima.
Sirius al contrario era completamente a suo agio, Remus non lo
aveva mai visto più felice. Adorava la signora Potter come se fosse
sua madre, se sua madre gli fosse piaciuta, ovviamente.
Remus sbadigliò, più ampiamente di quanto volesse, cercando di
nascondersi dietro le sue mani, abbassando la testa imbarazzato.
Aveva dormito solo poche ore quella mattina dopo la luna, e il
pomeriggio di giochi con le palle di neve lo aveva lasciato esausto.
«Faresti meglio ad andare a letto caro.» Disse la signora Potter,
ignorando il fatto che fossero solo le tre del pomeriggio.
Remus si chiese se James avesse detto di lui ai suoi genitori;
dovevano saperlo, la McGranitt non l’avrebbe mai lasciato andare
altrimenti.

249
«Oh, va tutto bene. Non è vero Lupin?» Sirius lo blandì. «Peter
tornerà tra un po’, possiamo uscire di nuovo.»
Remus sbatté le palpebre, poi guardò James per chiedere aiuto.
«Lascialo in pace Sirius» Lo rimproverò la signora Potter. «Il
povero ragazzo muore di sonno. Andiamo caro, vai.»
Con gratitudine, Remus si alzò dal tavolo della cucina e si avviò a
letto. Mentre si metteva il pigiama non poté fare a meno di lanciare
un’altra occhiata a sé stesso nello specchio, ora che era veramente
solo. Forse era perché era stato fuori al freddo, ma la cicatrice
sembrava peggiore di quella mattina; il contrasto più aspro con la
sua pelle pallida. La sua faccia lo avrebbe sempre scioccato, d’ora
in poi? Avrebbe sempre intravisto sé stesso in uno specchio o una
superficie splendente e sarebbe saltato per lo spavento? Le altre
persone avrebbero avuto paura di lui?
Ci fu un leggero colpetto alla porta, proprio mentre Remus stava
per mettere l’unguento che Madama Chips gli aveva dato. Era
Sirius, Remus percepì il suo odore prima ancora che bussasse.
«Tutto a posto?» Il ragazzo dai capelli scuri si insinuò all’interno,
parlando a bassa voce. Teneva in mano un calice di peltro. «La
mamma di James ti ha mandato questo. È una pozione curativa,
credo.»
«Oh, grazie.» Remus annuì stancamente.
Sirius lo mise sul comodino. «Tutto okay?»
«Bene. Sono solo stanco, amico.»
«Ci siamo andati un po’ troppo... sai, pesante o qualcosa del
genere?»
«No!» Disse Remus molto fermamente, probabilmente suonando
più arrabbiato di quanto volesse. «Non ha niente a che fare con voi
due. Il fatto è che sono stato sveglio tutta la notte ad ululare alla
luna e a cercare di strapparmi la faccia. Sono solo stanco.»
Remus dovette sedersi, lo sforzo dello sfogo lo fece girare la testa.
250
«Scusa.» Disse Sirius, ancora più piano. Era la seconda volta che si
scusava quel giorno, e Remus odiava quel suono. «Ti lascio.»
Chiuse la porta.
Remus non riuscì a convincersi a essere preoccupato per aver
ferito i sentimenti di Sirius. Spalmò un po’ dell’unguento, poi
annusò il calice che gli aveva mandato la signora Potter. Lo
riconobbe come qualcosa che aveva bevuto prima a Hogwarts, che
avrebbe innescato il sonno istantaneo.
Entrando a letto, lo bevve velocemente e chiuse gli occhi.

I giorni rimanenti prima di Natale passarono velocemente e Remus


fu in grado di sperimentare la vita familiare per la prima volta. Il
signore e la signora Potter dovevano essere i genitori perfetti:
erano gentili e sicuri, sempre sorridenti e divertenti. Remus non
sapeva che gli adulti potessero essere così. Non sapeva che le
persone potessero crescere in quel modo. Era più chiaro che mai
il motivo per cui James fosse così com’era; pieno di amore e cieca
fiducia quanto Remus era pieno di rabbia. Era anche ovvio perché
Sirius fosse così attratto dalla sua famiglia. Aveva un’inesauribile
sete d’amore e i Potter ne avevano una scorta infinita.
I quattro ragazzi vagavano per tutta la campagna circostante nella
neve avvolti nelle loro calde sciarpe, cappelli e guanti di
Grifondoro. La sera giocavano a carte, aiutavano la signora Potter
a preparare la cena e ascoltavano il signor Potter raccontare storie
di fantasmi intorno al camino. Preparavano pasticci di carne e
festoni di carta, costruivano pupazzi di neve e igloo, e di notte
dormivano così profondamente nei loro letti che nemmeno una
strillettera avrebbe potuto svegliarli.
Sfortunatamente, non era destinato a durare. Anche se i Black
avevano smesso di inviare strillettere, non avevano dimenticato il

251
loro figlio ribelle e provarono una nuova tattica durante vigilia di
Natale, con conseguenze devastanti per i Malandrini.
Stavano bevendo burrobirra calda seduti sul tappeto davanti al
camino. James e Sirius stavano giocando a gobbiglie, molto
rumorosamente e il signor Potter stava insegnando a Remus a
giocare a scacchi. Il vecchio era stato inorridito dal fatto che
Remus non sapesse giocare, e Remus fu sorpreso di trovarsi
davvero a divertirsi.
L’intera stanza era calda e sicura, le pesanti tende tirate contro il
freddo e l’oscurità, le luci dell’albero che scintillavano dolcemente
e il fuoco che scoppiettava accanto a loro. L’orologio aveva appena
suonato le nove e la signora Potter era ansiosa di mandarli tutti a
letto, quando ci fu un forte *CRACK* appena fuori dalla finestra.
Il signore e la signora Potter si scambiarono una rapida occhiata, e
le orecchie di Remus si drizzarono come un cane. L’odore della
magia usata permeava l’aria, come pane tostato bruciato. Qualcosa
di oscuro e sgradevole. Ci fu un colpo deciso e sordo alla porta.
«Non aspettavamo nessuno, vero Effie?» Il signor Potter si accigliò
leggermente verso sua moglie. Lei scosse la testa e ascoltarono
entrambi.
L’elfo domestico dei Potter, Gully, corse verso la porta d’ingresso
per rispondere. Si sentirono delle voci formali all’ingresso e Gully
entrò di corsa.
«Oh, signora Potter, signor Potter, è venuta per il giovane padron
Black, mi sta dicendo che è sua madre! Ho detto di aspettare lì.»
L’elfo si torceva le mani ansiosamente, chiaramente molto confuso
dalla svolta degli eventi.
Sirius e James si guardarono l’un l’altro. La faccia di Sirius era
bianca, sembrava stesse per vomitare.
«Lei non ha...» Sussurrò.

252
Il signor Potter era già in piedi e fuori dalla porta. Adesso c’erano
voci nel corridoio, Remus riconobbe il tono tagliente della signora
Black dalle sue orribili lettere.
«Sirius.» Disse la signora Potter gentilmente. «I tuoi genitori ti
hanno dato il permesso di farci visita, caro?»
Guardò il pavimento. Fece schioccare la lingua.
«Oh, tesoro.» Disse suonando molto triste.
«Non farlo andare, mamma!» James si alzò. «Li odia!»
«Sono i suoi genitori, James.»
«Sirius!» Il signor Potter chiamò dalla sala.
Sirius si alzò, anche James. Remus non voleva, voleva restare
accanto al fuoco dove erano stati tutti così felici pochi istanti
prima. Ma anche la signora Potter si era alzata, e questa era una di
quelle volte in cui i Malandrini dovevano presentare un fronte
unito, non importava quanto fosse spaventosa la madre di Sirius.
Uscirono tutti nell’atrio. Remus aveva già visto la signora Black
una volta, la prima volta che era salito sull’Hogwarts Express.
Allora aveva semplicemente pensato che fosse molto severa e che
somigliasse a Sirius. Sembrava ancora severa: i suoi capelli erano
pettinati all’indietro e raccolti in una crocchia alta che si
attorcigliava come un serpente sulla sommità della sua testa, fissata
con uno spillo di smeraldo. I suoi occhi erano scuri, non blu come
quelli di Sirius, ma aveva la struttura ossea della famiglia Black e
uno sguardo sprezzante. Era più bassa del signor Potter, ma riuscì
comunque a guardarlo come se fosse della sporcizia sui suoi stivali.
Il suo sguardo si acuì quando vide apparire James e Remus.
«Sirius.» Disse freddamente, stringendo gli occhi sul figlio
maggiore. «Verrai subito con me. Kreacher!» Schioccò le dita e un
vecchio elfo domestico dall’aspetto avvizzito emerse da dietro le
sue vesti. «Vai di sopra e prendi le cose del padron Black.»

253
L’elfo domestico si inchinò profondamente, baciando le punte
argentate degli stivali a punta della signora Black.
«Buonasera Walpurga.» Disse piacevolmente la signora Potter,
come se non ci fosse alcuna tensione. «Posso offrirle da bere?
Stavamo proprio per mangiare il pasticcio di carne. Vero, ragazzi?»
La signora Black la ignorò, guardando dritto verso Sirius.
«Mettiti il mantello. Andiamo adesso.»
«Ma madre, io...»
«Non osare parlare.» Sibilò, gli occhi lampeggianti.
Remus voleva scappare; era cento volte peggio della Direttrice. Era
peggio di Bellatrix e Piton e di ogni persona cattiva che avesse mai
incontrato. Il pensiero di lasciare che Sirius andasse con lei gli fece
contorcere le viscere. Il signore e la signora Potter sembravano
soffrire della stessa crisi.
«Walpurga, perché non lasciarlo restare?» Provò la signora Potter.
«So che è stato un po’ birichino, ma non ha fatto nulla di male.
Possiamo tenerlo a pranzo e rimandarlo indietro prima di cena
domani. Si sono divertiti così tanto insieme.»
La signora Black si lasciò sfuggire una breve risata scoppiettante,
come se il divertimento di suo figlio fosse l’ultima delle sue
preoccupazioni. Guardò James, il suo sguardo scrutò i suoi capelli,
poi Remus, fissando chiaramente la sua nuova cicatrice. Remus si
guardò i piedi, terrorizzato. Lei lo sapeva. Lo avrebbe scoperto
subito.
Kreacher tornò precipitosamente giù per le scale, seguito da un
Gully dall’aria molto offesa. Il baule di Sirius era sospeso dietro di
loro, apparentemente imballato e pronto per partire.
Walpurga si voltò. «Vieni Sirius.»
«No.» Disse, piano ma con fermezza.

254
Remus voleva dirgli di stare zitto, non poteva vedere in quanti guai
si era cacciato?! Ma Sirius strinse i pugni, guardando sua madre.
«Voglio restare qui, con i Potter. Non puoi costringermi-»
«SILENCIO!» Walpurga si voltò, colpendo Sirius con la sua
bacchetta. Sirius smise subito di parlare, anche se non
volontariamente. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza che
ne uscisse nulla. Gli aveva rubato la voce.
«Walpurga, davvero!» Il signor Potter sussultò, mentre la signora
Potter si lasciò sfuggire un piccolo urlo e si inginocchiò accanto a
Sirius, avvolgendolo con le braccia in modo protettivo. «È solo un
ragazzo!»
«È mio figlio.» Walpurga fece le fusa, guardando aspramente la
signora Potter. «Ed è l’erede della più importante casata in Gran
Bretagna. Imparerà a stare al suo posto. Vieni, Sirius.»
Sirius sembrava completamente sconfitto, la sua bocca una linea
retta di rassegnazione. Abbracciò la signora Potter, poi si allontanò
da lei. Fece un piccolo cenno di saluto a James e Remus, prima di
seguire sua madre fuori dalla porta.
I quattro rimasero in silenzio dopo che la porta d’ingresso fu
sbattuta. Remus si chiese se James si vergognasse come lui;
avrebbero dovuto difendere il loro amico in qualche modo? Cosa
gli sarebbe successo adesso? Il signor Potter sembrava furioso.
«Usare un incantesimo di silenziamento su suo figlio! Su un mago
minorenne! È moralmente riprovevole!»
«Ha fatto cose peggiori.» Disse James, tranquillamente.
Remus annuì d’accordo, sentendosi come se qualcuno avesse
rubato anche la sua capacità di parlare.
«Dobbiamo rendere la casa non individuabile, Fleamont.» Disse
improvvisamente la signora Potter. «Fai in modo che non
possiamo essere trovati... hai detto che ci stavi pensando dopo le

255
ultime elezioni. Non voglio mai più quella terribile donna a casa
mia.»
Il signor Potter annuì, cupamente.
«Ci penserò dopo l’anno nuovo. Alastor Moody mi deve un
favore.»
«È ora di andare a letto, ragazzi.» Disse la signora Potter, con la
voce tremante. «Cerca di non preoccuparti troppo.»
Abbracciò James ferocemente, baciandolo su ogni guancia. Remus
cercò di schivarla ma lei lo prese, tirandolo in un forte abbraccio.
Odorava di arancia e chiodi di garofano.

«Psst. Remus.»
Remus aveva appena finito di lavarsi i denti e stava percorrendo il
corridoio verso la sua stanza, quando James sporse fuori la testa e
lo fece entrare nella sua camera da letto. Si inginocchiarono
insieme sul letto. James tirò fuori un biglietto dalla tasca del
pigiama.
«Regulus ha inviato questo.»
«Cosa dice?» Chiese velocemente Remus, prima che James potesse
darglielo da leggere.
«Oh uhmm, dice “Sirius è a casa, non provate a contattarlo.” »
«È tutto?»
«È tutto.» James annuì, cupo.
«Gentile da parte di Regulus.» Osservò Remus guardando il
biglietto che era evidentemente molto frettolosamente
scarabocchiato. «Pensavo che si odiassero a vicenda.»
«Sì, beh... sono comunque fratelli, no?» James rispose scrollando
le spalle. «Legami familiari e tutto il resto.»
«Pensi che starà bene?»

256
«Non lo so.» James si mordicchiò il labbro. «Non ho avuto modo
di dargli il suo regalo. Ha detto che non riceve mai nulla di natalizio
dalla sua famiglia, solo cimeli di famiglia e cose del genere.»
«Forse sono stato un po’ brusco l’altro giorno.» Remus sospirò
tristemente. «Riguardo a... sai, il mio piccolo problema peloso.»
James ridacchiò. «Non preoccuparti. Voi due vi punzecchiate
sempre a vicenda per qualcosa. Siete fatti così.»
«Oh. Credi?» Remus era un po’ seccato da quell’osservazione,
Sirius si arrabbiava con Peter molto più spesso.
James sorrise. «Te l’ho detto, non preoccuparti. Black ama le
discussioni.»
La mattina di Natale fu piuttosto tranquilla, anche se i Potter erano
ansiosi di renderla allegra, se non altro per Remus. Fu imbarazzato
nel trovare una calza piena ai piedi del letto quando si svegliò e
decise di rifarsi in qualche modo l’anno successivo.
C’erano le solite calze e mutande dalla Direttrice, più una scatola
di pasta frolla. Alcune rane di cioccolato da Peter e un grande libro
di Incantesimi Avanzati da Sirius. Anche James gli aveva comprato
un libro: Conjurers Cartography: Una guida alle carte magiche. Il signore
e la signora Potter, tuttavia, erano andati ben oltre. Sotto l’albero
trovò dolci, un bellissimo set di penne, che cercò di restituire
(«L’abbiamo preso anche per James e Sirius, caro, non essere
sciocco.»), e un paio di pigiami nuovi di zecca.
La famiglia allargata dei Potter iniziò ad arrivare per il pranzo di
Natale verso mezzogiorno, così come i Minus, che portarono con
sé la sorella maggiore di Peter, Philomena, e il suo fidanzato
babbano che aveva portato dall’università. Remus fu presentato a
tutti come un amico di James e generalmente ignorato, tranne che
da un minuscolo e vecchio mago che aveva già il naso rosso e
allegro per tutte le bevande che Gully stava passando.
«Lupin, dici? Non sei il figlio di Lyall Lupin?»
257
Remus rimase a bocca aperta, incapace di rispondere. Aveva
sentito pronunciare il nome di suo padre solo una o due volte.
«Ehm... sì.» Disse infine, arrossendo violentemente.
«Lui è qui?!» Il mago sorrise guardandosi intorno. «Eccellente
amico, non lo vedo da anni.»
«Ehm... è morto.» Remus rispose, con un’alzata di spalle di scusa.
«Dannazione!» Il mago gridò, versando un po’ del suo drink.
«Bravo duellante; mi ha insegnato tutto quello che so sui mollicci.
Il temperamento però tendeva a metterlo nei guai, gli ho detto di
non scherzare con quel Greyback... maledetti lupi mannari,
dovrebbero sterminarli tutti!»
Remus sbatté le palpebre e James lo guardò incuriosito.
Fortunatamente il signor Potter intervenne.
«Darius? Bevi un altro bicchiere, vecchio. Lascia i giovani ai loro
giochi, eh?»
Remus deglutì a fatica e tornò al torneo di gobbiglie come se nulla
fosse successo.

258
Il ritorno di Sirius
Sabato 6 gennaio 1973
Peter, James e Remus arrivarono prontamente a King’s Cross per
tornare a Hogwarts il sabato prima dell’inizio del semestre. Tutti si
guardarono intorno cercando il loro quarto, ma Sirius non era lì e
nemmeno Regulus c’era. Mentre il treno usciva dalla stazione,
James andò alla ricerca di qualcuno a cui chiedere. Tornò con le
mani sul naso, dove stava cominciando a formarsi un grosso
foruncolo.
«Narcissa ha detto che non sono affari miei.» Spiegò, sedendosi
pesantemente.
«Forse useranno la polvere.» Immaginò Peter. «Forse sua madre
non si fidava di farlo salire sul treno con noi.»
«Può essere.» James guardò fuori dalla finestra, massaggiandosi il
naso dolorante.
Remus non l’aveva mai visto così infelice. A James mancava Sirius
più che a chiunque altro, ed era stato così eccitato all’idea di
vederlo una volta arrivati a Londra. Remus e Peter fecero del loro
meglio per tirarlo su di morale, ma era come se gli mancasse il
braccio destro.
Prima di andarsene, il signore e la signora Potter dissero che
avrebbero visto cosa potevano fare per avere Remus con loro
anche durante l’estate, e li ringraziò abbondantemente. Non era
probabile, però, quindi non ci sperò troppo. Invece cercò di essere
grato di essere tornato a scuola per qualche altro mese con i suoi
amici. La maggior parte di loro, comunque.
Sirius non si fece vedere a cena quella sera, né si presentò quando
si stavano preparando per andare a letto. James e Remus gli
avevano riportato i regali di Natale e li avevano ammucchiati sul

259
cuscino, ancora avvolti in carta lucida e nastro. Tre dei pacchetti
provenivano da Andromeda, e Remus sapeva che erano album.
Sirius aveva chiesto tutto di David Bowie.

Domenica 7 gennaio 1973


La domenica mattina, il letto era ancora vuoto e i tre Malandrini
cercarono di distrarsi con i compiti. Remus aveva finito i suoi e
approfittò per iniziare i suoi libri di Natale, ora che poteva invocare
ancora una volta il suo incantesimo di lettura. James iniziò a
camminare su e giù per la stanza, andò a chiedere alla McGranitt
dove fosse Sirius (non lo sapeva) e provò anche ad andare da
Narcissa una seconda volta (lo maledì di nuovo). Alla fine, uscì per
fare alcuni giri del campo di Quidditch sulla scopa.
Andò anche Peter, con una scatola di biscotti da sgranocchiare
mentre guardava. Remus rimase nella Sala Comune dove faceva
caldo a leggere, o almeno fingeva di farlo. Ora che era finalmente
solo, iniziò a pensare alle cose che l’amico del signor Potter,
Darius, gli aveva detto su suo padre rigirando le nuove
informazioni nella sua mente come una moneta. Suo padre era
bravo a duellare; l’aveva già sentito. Ovviamente anche Lyall Lupin
aveva un carattere irascibile; questa era una nuova informazione, e
una cosa strana da sapere, dopo così tanto tempo senza sapere
nulla. Per la prima volta, Remus considerò che i suoi attacchi di
rabbia potessero non avere nulla a che fare con le sue condizioni.
E chi era Greyback? Solo il nome lo faceva sentire arrabbiato e a
disagio. Desiderava più di ogni altra cosa che James e Peter non
fossero stati lì ad ascoltare tutto.
Remus sedeva vicino alla finestra nella torre di Grifondoro, il libro
in grembo, fissando il vuoto e cercando di dare un senso a un
puzzle di cui non aveva tutti i pezzi. Di tanto in tanto guardava
260
fuori dalla finestra per scorgere James che si comportava ancora
più sconsideratamente del solito.
«Che diavolo sta facendo?!» Una voce stridette sopra la spalla di
Remus: era Lily Evans. Stava sorseggiando una tazza di tè, fissando
James sulla sua scopa.
«È nervoso.» Remus scrollò le spalle, senza voltarsi a guardarla. La
luce della finestra avrebbe fatto vedere il suo volto chiaramente e
la sua cicatrice, sebbene non fosse più rossa e gonfia, era ancora
molto evidente.
«James Potter, nervoso?!» Lily si fece beffe. «Non avevo idea che
fosse capace di provare emozioni così complesse.»
«Oi!» Obiettò Remus, continuando a guardare fuori dalla finestra.
«Non è stato un gran Natale per lui, okay?»
«Okay okay, mi dispiace, so che è tuo amico. » Lo diceva sempre
subito dopo aver insultato uno dei Malandrini. «Com’è stato il tuo
Natale?»
«Bello grazie. Il tuo?»
«Fantastico.» Poteva sentire il sorriso nella sua voce. «Mamma e
papà finalmente mi hanno permesso di prendermi un gufo.»
«Oh, bene.»
«E tu?»
«Ho ricevuto dei libri.»
«Dalle tue... ehm, dalle persone con cui vivi?»
Alla fine la guardò, ancora più irritato. Perché non spariva
semplicemente? «No, dai miei amici.»
«Oh... certo, sì.» Lily stava coscientemente guardando altrove,
nello spazio appena a sinistra della testa di Remus.
Sospirò, pesantemente, tutti l’avrebbero visto comunque. Almeno
Lily era stata così gentile da non fare domande scortesi.
Remus alla fine salì le scale, le tende del letto e si mise a leggere
della Cartografia. Alla fine anche gli altri tornarono per andare a
261
letto, parlavano a bassa voce pensando che Remus dormisse. Gli
esercizi non avevano per nulla calmato James, Remus poteva
sentire il suo battito cardiaco accelerato e riusciva ad annusare
l’odore sgradevole dell’ansia. Fu forse un’ora dopo lo spegnimento
delle luci che la porta si aprì di nuovo cigolando.
Sirius era tornato; non c’erano dubbi che quello fosse il suo passo
familiare. Remus sentì un’ondata di sollievo inondarlo, un nodo
allo stomaco che non si era reso conto che stava cominciando a
sciogliersi. James e Peter continuarono a dormire mentre Sirius
cercava di mantenere i suoi movimenti silenziosi, strisciando nella
stanza e andando verso il suo letto, salendo velocemente e tirando
le tende. Remus giaceva immobile, ascoltando anche Sirius
immobile. C’era qualcosa di diverso nel suo respiro. Alla fine la
curiosità ebbe la meglio su e si alzò dal letto.
Non volendo intromettersi, Remus si avvicinò alle tende di Sirius
quanto poteva e sussurrò.
«Sirius?»
«James?» Rispose rapidamente.
«Remus.»
«Oh...» Ci fu un momento di silenzio imbarazzante. «...Voglio solo
dormire, Lupin. Parliamo domani, okay?»
«Okay.» Remus tornò al suo letto e chiuse gli occhi, non sentendosi
meno preoccupato.

La mattina dopo Sirius era già uscito prima che si svegliassero. I


suoi regali, ancora chiusi, erano stati spinti in fondo al letto. Il suo
baule era arrivato a un certo punto e la sua scopa era di nuovo sullo
scaffale. James gli aveva riservato un posto a colazione ma non si
era presentato e non lo videro affatto fino alla loro prima lezione.
«Non mancherà alla lezione della McGranitt.» Disse James con
sicurezza, mentre si avvicinavano all’aula. «Ama Trasfigurazione.»
262
Quando entrarono nella stanza, tuttavia, furono tutti presi da uno
shock. C’era un altro ragazzo seduto al posto di Sirius. Era piccolo
e curvo, con lineamenti pallidi e appuntiti e grandi occhi azzurri. I
suoi capelli erano tagliati vicino al suo cuoio capelluto nello stesso
modo in cui la Direttrice radeva la testa di Remus ogni estate.
«Chi è quello?!» Sussurrò Peter, un po’ troppo forte. Il ragazzo si
voltò a guardarli.
«Sirius!» James rimase a bocca aperta.
Sirius arrossì leggermente e guardò dritto davanti a sé come se non
li avesse visti affatto, James scivolò sulla sedia accanto a lui.
«Che è successo? Dove sei stato? Cosa ti ha fatto?»
Sirius scosse la testa. «Più tardi.» Mormorò.
L’aula si riempì e tutti sembravano sussurrare alle loro spalle.
Remus non poteva biasimarli, nemmeno lui poteva smettere di
fissarlo. Non era solo la mancanza di capelli, anche se era
incredibilmente sconcertante; Sirius semplicemente non era Sirius
senza i suoi capelli, aveva anche delle ombre scure sotto gli occhi
e non c’era traccia di umorismo sulle sue labbra.
«Va bene, sistematevi per favore!» La McGranitt entrò nella stanza.
Lanciò un’occhiata a Sirius. I suoi occhi si spalancarono per un
millisecondo quando lo riconobbe, ma non disse nulla e si rivolse
alla classe. «I vostri esami di fine anno iniziano tra tre mesi,
vediamo chi ha prestato attenzione...»
La McGranitt non chiamò Sirius neanche una volta per rispondere
a nessuna domanda, anche se di solito era l’unico modo per
convincerlo a prestare attenzione. Né diede fastidio a nessuno
degli altri Malandrini, che passarono l’intera lezione a sparare
sguardi preoccupati al loro amico.
Quando Trasfigurazione finì, fecero lo zaino e seguirono Sirius in
fretta fuori dalla porta.

263
«Che è successo?!» Chiese James, cercando di tenere il passo con
la veloce camminata di Black.
«Ho detto più tardi.» Rispose Sirius. «Aspetta fino alla pausa,
okay?»
«Ma tu... cosa ha fatto...?»
«Sto bene.»
La lezione successiva, Storia della magia, fu un’agonia.
James era fuori di sé e prese a passare bigliettini a Sirius che li
ignorò fermamente. Sedeva rigido, schiena dritta, gli occhi sulla
lavagna. Per la prima volta in due anni, Remus lo vide
effettivamente leggere il suo libro di Storia in classe. C’era davvero
qualcosa che non andava.
Non fecero neanche in tempo ad uscire dall’aula, James afferrò il
braccio di Sirius e praticamente lo portò fuori verso il cortile più
vicino, dove cacciarono via un gruppo di ragazze del primo anno
che stavano facendo le verticali contro un muro, le gonne infilate
nelle mutande. Fuori faceva un freddo gelido, anche se non era
ancora caduta la neve, il cielo era bianco come la carta ed era in
arrivo un temporale. Una volta che la zona fu libera, James fissò
Sirius; gli occhi pieni di tristezza, profonde rughe sulla fronte.
«Che è successo?!»
Sirius sospirò pesantemente. «È molto brutta?» Si indicò la testa.
Remus aveva la strana sensazione che a nessuno dei due
importasse che lui e Peter fossero lì; questa sembrava essere una
questione tra loro due, come le loro chiacchiere notturne.
«Te lo ha fatto tua madre?»
«Beh, di certo non me lo sono fatto da solo, no?!» Scattò
rabbiosamente.
James non reagì e continuò a guardare il suo amico. Quello era il
segreto di James, realizzò Remus all’improvviso, era sempre
paziente e non prendeva mai nulla sul personale. In quale altro
264
modo potresti essere il migliore amico di qualcuno come Sirius
Black? Sirius frugò nella sua borsa e tirò fuori il suo cappello rosso
di Grifondoro, che fino a quel momento non era mai stato
indossato. Se lo ficcò sopra la testa rasata.
«Si gela.» Borbottò. «Non so come fai, Lupin.»
Remus alzò le spalle e sorrise, felice di essere stato preso in
considerazione. Sirius si appoggiò pesantemente al muro,
guardandosi i piedi.
«Mi hanno lasciato tornare.» Disse con calma. «Per un momento
non volevano farlo, una mossa sbagliata e hanno promesso di
mandarmi a Durmstrang.»
James e Peter rimasero senza fiato, Remus prese un appunto
mentale di chiedere più tardi.
Sirius continuò.
«Non mi ha restituito la voce fino alla cena di Natale. Ho dovuto
fare la mia parte per quella ovviamente; c’erano tutti, tutti i sacri
ventotto (tranne i Weasley, ovviamente). Lucius Malfoy mi odia
davvero tanto adesso, ma è stato obbligato a essere gentile con me
e Reg, viscido. Me la sono cavata a indossare la mia cravatta di
Grifondoro finché la mamma non l’ha notata e l’ha fatta svanire.
Poi io... io ehm... potrei aver fatto esplodere alcune bombe di
letame durante una portata...»
Peter, Remus e James trasalirono tutti insieme.
«Ecco perché... i capelli...?» Chiese ancora James timidamente.
Sirius alzò lo sguardo.
«Ha detto che visto che le solite punizioni non stavano avendo
alcun effetto, avrebbe provato qualcosa di diverso... Ho cercato di
convincere la Chips a farmeli ricrescere, ma la vecchia cagna ha
detto che non è un’estetista. Pensava me lo fossi fatto per caso o
qualcosa del genere.»

265
«Potresti dirglielo-» Iniziò Remus, sentendo il bisogno di difendere
l’infermiera.
Sirius scosse la testa. «Non ne vale la pena.»
«Regulus?» James chiese all’improvviso. «È tornato anche lui? Ci
ha inviato un messaggio per farci sapere che eri tornato a casa, ma
non ha detto nient’altro.»
Sirius annuì. «Sì, è tornato. Si è tenuto i suoi capelli, ovviamente.
Papà ha trovato una passaporta a Hogsmeade. È ancora... sai, un
po’ un coglione, ma... nemmeno lui ha scelto di essere Black.
Semplicemente gioca a questo gioco meglio di me.» Li guardò tutti,
i suoi occhi spalancati e disperati.
Remus sentì un terribile dolore al petto.
«Vorrei solo...» Disse Sirius.
Ma niente di più. La campanella suonò e dovettero tornare alle
lezioni.

266
Grifondoro vs. Serpeverde
Tutti a scuola sapevano del nuovo, drastico look di Sirius alla fine
del loro primo giorno. James e Peter presero a camminare a
entrambi i lati attraverso i corridoi, come guardie del corpo,
lanciando occhiate a chiunque osasse ridacchiare o sussurrare
mentre passavano.
«Non è così male.» Lo rassicurò James, guardando Sirius fissarsi
allo specchio.
Durante il pranzo si erano nascosti nel bagno vuoto delle ragazze
del secondo piano per evitare di essere fissati.
James stava mentendo, pensò Remus, e probabilmente Sirius lo
sapeva. Sembrava davvero brutto, sembrava molto più piccolo.
Senza i capelli scuri che incorniciavano il viso di Sirius, i suoi occhi
erano più grandi che mai, facendolo sembrare giovane e ansioso.
Gli zigomi alti e le sopracciglia appuntite risaltavano più che mai,
conferendogli un aspetto meschino e scarno. Non c’era da
meravigliarsi che tutti lo fissassero, in effetti qualcuno a malapena
guardò il volto sfregiato di Remus a causa di questa distrazione.
Eppure, pensò Remus tristemente, i capelli sarebbero ricresciuti.
Sirius si massaggiò la testa, continuando a guardare il suo riflesso.
Peter rise nervosamente. «Sembri Lupin.»
James annuì, gli occhi che saettavano tra i due. «Sì, un po’.»
Sirius guardò Remus e per la prima volta dalla vigilia di Natale,
Remus lo vide sorridere.
Quel sorriso alla Sirius Black, niente potrà mai rovinarlo.
«Oh sì, penso di vederlo.» Disse Sirius massaggiandosi ancora la
testa, allungò una mano e tirò Remus nella cornice dello specchio,
in modo che stessero fianco a fianco. «Potremmo essere fratelli.»
Anche Remus rise, suo malgrado.

267
Il vero fratello di Sirius stava aspettando fuori dalla Sala Comune
di Grifondoro più tardi quella sera. Era seduto sul pavimento con
le ginocchia sollevate e fissava il vuoto. I suoi capelli erano ancora
abbastanza lunghi da toccargli le spalle. Il suo amico, Barty
Crouch, era appoggiato alla parete opposta con aria annoiata.
Aveva costruito un aeroplano di carta e lo stava dirigendo
pigramente su e giù per il corridoio con la sua bacchetta. Crouch e
Regulus erano inseparabili quanto James e Sirius; Barty era biondo
e con una vena meschina più terribile di quella di Piton, Remus già
lo riconosceva per la sua crudele risata.
Regulus si alzò piano mentre i Malandrini si avvicinavano. Remus
si tastò la tasca in cerca della bacchetta, per ogni evenienza.
«Eccoti.» Disse il ragazzo più giovane, un tremito di nervosismo
nel suo tono altrimenti arrogante. I suoi occhi continuavano a
scorrere su James. L’aereo di carta di Barty gli iniziò a girare
intorno.
«Che cosa vuoi?» Chiese Sirius.
«Sto solo vedendo se stai... vedendo come stai.»
«Non diversamente da ieri sera.» Sirius si strinse nelle spalle.
«Non ti ho visto a cena.»
«Non ero a cena.» Sirius rispose inutilmente.
Avevano mandato Peter in cucina a rubare dei panini e si erano
seduti in uno dei nascondigli di Remus a mangiare. Remus si stava
divertendo molto a giocare a questo gioco; evitare il resto degli
studenti, anche i Grifondoro. Di solito James e Sirius facevano
tutto ciò che era in loro potere per essere notati, Remus preferiva
di gran lunga volare sotto il radar.
«Posso parlarti?» Regulus si rivolse a suo fratello maggiore.
Sirius allargò le braccia, come se stesse dando la parola a Regulus.
Regulus alzò gli occhi al cielo, irritato. Non aveva proprio la stessa

268
bocca di Sirius, notò Remus. Aveva una mascella più debole,
labbra più piccole.
«Voglio dire da solo.» Disse guardando James, Peter e Remus.
«No.» Disse Sirius, semplicemente.
Regulus sospirò, chiaramente conosceva Sirius troppo bene per
provare a discutere.
L’aereo di carta di Barty Crouch iniziò a girare più velocemente
sopra le loro teste. Peter osservava i suoi progressi con ansia.
«Bene.» Disse Regulus, incrociando le braccia. «Volevo solo farti
sapere che mamma e papà hanno chiesto a me e Narcissa di
controllarti. E fare loro rapporto.»
Sirius fece un rumore di disgusto. Regulus continuò, senza
abbassare lo sguardo,
«E non lo faremo. Ne restiamo entrambi fuori, okay?»
«Come siete nobili.» Sirius rispose.
A questa risposta James sorrise e Regulus roteò di nuovo gli occhi.
«Ti sto dicendo che non sono tuo nemico, idiota. Nemmeno
Narcissa. Puoi fare quello che vuoi, la cosa è tra te e i nostri
genitori.»
«Bene.»
«Bene.»
I due fratelli continuarono a fissarsi l’un l’altro. Se fosse stato
James, sarebbe scoppiato in un sorriso o avrebbe dato una pacca
sulla spalla a Sirius e tutto sarebbe stato dimenticato, ma Regulus
era chiaramente testardo quanto Sirius e non capiva quando porre
fine ad uno scontro.
«Ow!» Peter lanciò un gemito come un cucciolo frustato,
accovacciandosi all’improvviso.
Barty Crouch si era ovviamente stufato del dramma familiare e
aveva deciso di bombardare in picchiata il più piccolo dei
Malandrini con il suo affilato aeroplano di carta. Crouch stava
269
ridacchiando in modo meschino mentre l’aereo indietreggiava e si
preparava per il suo secondo attacco, quando James estrasse la sua
stessa bacchetta,
«Incendio.» Disse pigramente muovendo il polso in direzione di
Crouch.
L’aereo, con le ali ora in fiamme, volò verso il bambino del primo
anno con una velocità spaventosa. Crouch lanciò un grido di
angoscia, coprendosi il viso con le braccia mentre il proiettile
fiammeggiante volava dritto verso di lui solo per sfrecciare a
mezz’aria, sgretolandosi in un mucchio di cenere a pochi
centimetri dal naso di Crouch.
«Andiamo.» Regulus mormorò al suo amico, che era impallidito e
stava fissando James con diffidenza. Entrambi si avviarono verso
i sotterranei. «Narcissa ha detto di dirti buona fortuna per sabato,
Potter.» Regulus si girò sopra la sua spalla mentre girava l’angolo.
James lo ignorò, seguendo Sirius attraverso il buco del ritratto. Una
volta che furono tutti nella Sala Comune, Remus chiese.
«Che cosa c’è sabato?”
«Partita di Quidditch. Grifondoro contro Serpeverde.» James
rispose prontamente.
Ah. Remus non era bravo a tenere il passo con il programma di
Quidditch; andava solo alle partite di Grifondoro, e l’ultima c’era
stata il giorno dopo la luna piena, quindi se l’era persa comunque.
Tendeva a dissociarsi quando gli altri cominciavano a parlare di
tattiche e classifiche, seppellendo il naso più a fondo nel suo libro.
«Spero che tu li batta, amico.» Sirius ringhiò, gettandosi nella
poltrona più vicina.
«Questo è il piano.» Disse James giovialmente, sedendosi sul
bracciolo della poltrona. «Finché non si prende il boccino troppo
presto... Marlene è la migliore battitrice che abbiamo avuto da anni,
quindi...»
270
James si fermò di colpo, realizzando quello che aveva detto.
Guardò Sirius. Sirius gemette e si alzò.
«Vado a letto.» Disse Sirius.

Sabato 13 gennaio 1973


Aveva nevicato durante la notte. Se Hogwarts fosse stata una
scuola normale, pensò Remus scontroso, avrebbero annullato lo
stupido incontro. Ma no... invece la Sala Comune di Grifondoro
era piena di eccitazione, con discorsi su come queste fossero
“condizioni di volo perfette”. Peter e Remus avevano passato metà
della mattinata a cercare di lanciare incantesimi di riscaldamento
duraturi sulla divisa di James. Sirius aveva fatto uno delle sue fughe
mattutine, e non si vedeva da nessuna parte.
Adil Deshmakh, il capitano della squadra di Grifondoro, aveva
fatto mangiare la squadra insieme a colazione, piuttosto che con i
loro amici. Stettero tutti seduti lì pallidi e stanchi, mangiando
ciotole uniformi di porridge e frutta. James era l’unico di buon
umore, anche se l’incantesimo del calore non aveva funzionato.
«Dov’è Sirius?» Lily sbadigliò mentre si sedeva accanto a Remus,
addentando una fetta di pane tostato ben imburrato.
«Non lo so.» Rispose Remus sbadigliando a sua volta,
abbracciando la sua tazza di tè caldo come se la sua vita dipendesse
da questo.
«Se ne starà imbronciato da qualche parte, probabilmente.» Disse
Peter amaramente.
Remus gli lanciò uno sguardo tagliente.
«Cosa?!» Il ragazzo dai capelli biondi aggrottò la fronte, indignato.
«Mi chiama piagnucolone tutto il tempo.»
«Verrà.» Disse Remus, ignorando Peter. «Vuole vederci distruggere
i Serpeverde.»
271
A questo punto perfino Lily sorrise; nonostante le sue solite
suppliche per l’unità tra le case, oggi era vestita di rosso e oro dalla
testa ai piedi, proprio come tutti gli altri. Dopo colazione
camminarono insieme verso il campo di Quidditch. Il quarto di
Grifondoro del campo era adornato di bandiere e stelle filanti
rosse e dorate, oltre a quattro grandi striscioni che mostravano il
leone dorato di Grifondoro. Per fortuna qualcuno aveva tolto la
neve dalle panchine.
Lily e Peter vollero prendere i posti migliori in cima alle tribune
degli spettatori, e Remus stava già tremando nonostante avesse
indossato due maglioni sotto il mantello.
«Freddo Remus?» Lily lo guardò, mentre cercava di soffiare aria
calda nelle sue mani guantate.
«Solo un po’.» Rispose sarcastico, troppo di cattivo umore per
essere gentile.
«Vieni.» Lily estrasse la bacchetta e gli afferrò i polsi, indicandogli
i palmi. «Calidum Vestimenta.»
Immediatamente, un delizioso calore si diffuse attraverso le sue
mani, fino alla punta delle sue dita congelate.
«Come hai fatto?!» Chiese. «Ci abbiamo provato tutta la mattina!»
«Penso che sia per la pronuncia.» Lily alzò le spalle. Applicò
rapidamente lo stesso incantesimo al mantello di Remus, poi a
quello di Peter.
Quando ebbe finito, le due squadre di Quidditch si stavano
radunando sul campo, che era stato pulito abbastanza da
permettere loro di attraversarlo almeno dagli spogliatoi. Erano in
due file ordinate: una scarlatta, l’altra smeraldo. Remus riusciva a
distinguere chiaramente alcuni dei giocatori; l’inconfondibile
ciuffo di capelli nero corvino di James, la soffice coda di cavallo
biondo sabbia di Marlene. Poteva anche vedere Narcissa Black,

272
nella squadra avversaria; alta e slanciata, i suoi capelli platino
intrecciati in due trecce ordinate che le arrivavano lungo la schiena.
Ancora niente Sirius.
«Certo.» Stava blaterando Peter a Lily. «Non abbiamo davvero
bisogno di vincere questa partita, dobbiamo solo mantenere i
nostri punti fintanto che finiamo con almeno sei gol, allora
restiamo in cima alla classifica. Black è una brillante cercatrice, ma
i Serpeverde in generale sono piuttosto scarsi. Soprattutto quando
consideri che noi abbiamo James, averlo è come avere tre
cacciatori in uno.»
Lily annuiva educatamente: la gente ascoltava così raramente Peter
quando si trattava di sport. Remus certamente no. Aveva tentato
di leggere la copia del Quidditch nel corso dei secoli di Sirius, ma niente
poteva aiutarlo a dare un senso al ridicolo sistema di punti.
Madama Bumb suonò il fischietto sotto di loro, e i giocatori
montarono sulle scope, accovacciati pronti per il calcio d’inizio.
Ancora niente Sirius.
Remus allungò il collo guardandosi intorno sugli spalti, ma anche
con la sua vista eccellente non riusciva a individuare il suo amico
da nessuna parte. Sicuramente Peter aveva torto: non poteva stare
a tenere il broncio da qualche parte... Avevano pensato che avesse
superato il rifiuto dalla squadra di Quidditch, era stato a ogni
partita quell’anno per sostenere James. Solo perché questa partita
in particolare era contro Serpeverde...
Madama Bumb suonò di nuovo il fischietto e liberò il boccino. I
giocatori spararono in aria come palle di cannone rosse e verdi.
Ancora niente Sirius.
Peter e Lily erano in piedi a fare il tifo con tutti gli altri, quindi
anche Remus si alzò e cercò di sembrare coinvolto nel gioco.
James ebbe il possesso della pluffa pochi secondi dopo essere
salito in aria, e la fece passare attraverso uno dei cerchi in meno di
273
un minuto. La folla rossa esplose di trionfo, ma fu rapidamente
oscurata da un rumore assordante come un tuono.
«Rrrrrroooooaaaaar!»
«Che cos’era?!» Lily si guardò intorno con gli occhi spalancati,
insieme a tutti gli altri.
Anche i giocatori in campo sembravano sorpresi. Remus guardò
in alto e vide che i leoni sugli stendardi di Grifondoro sopra di loro
sembravano aver preso vita, e ora si aggiravano avanti e indietro
sul materiale rosso, ringhiando e agitando la testa animatamente.
«È normale?» Chiese indicando.
Lily e Peter scossero la testa, senza parole, mentre gli enormi leoni
ruggivano sopra di loro.
Remus sorrise all’improvviso. Aveva riconosciuto quella magia;
giocosa e vagamente spaventosa.
«Guarda!» Indicò di nuovo.
In fondo alle tribune degli spettatori, più vicino al terreno, anche
un giovane Grifondoro in vesti rosso vivo stava camminando
avanti e indietro, agitando la sua bacchetta come il bastone di un
direttore d’orchestra. Era senza dubbio Sirius; chi altri aveva
quell’andatura così sicura di sé? Non era più calvo, aveva indossato
un’enorme parrucca dorata, come la criniera di un leone. Remus
pensò di poter persino vedere una coda d’oro trascinarsi dietro da
sotto le sue vesti.
Una volta che tutti lo ebbero visto, la folla rise, persino Corvonero
e Tassorosso. Ma Serpeverde non lo fece: la parte di colore verde
della folla si limitò a fissare lo spettacolo sgargiante orgoglio della
casa. James chiaramente non fu distratto dalle nuove mascotte, ma
piuttosto incoraggiato, che doveva essere l’intenzione di Sirius.
Segnò almeno altri tre gol facendo scoppiare altri tre ruggiti
assordanti mentre i Serpeverde lottavano per riprendersi dalla
sorpresa.
274
«Siamo Grifondoro!» Sirius stava cantando, la sua voce
magicamente amplificata.
«Valorosi Grifondoro!» La folla urlò di rimando.
Una volta abituato a tutto il rumore, Remus iniziò a godersi una
partita di Quidditch per la prima volta. James era come una
macchia rossa in campo, che sfrecciava da una parte e dall’altra;
anche gli altri cacciatori furono molto bravi, riuscirono a tenere il
passo con le sue complicate azioni e passaggi. Marlene, con la
mazza in mano, stava facendo un lavoro straordinario non solo nel
proteggere i cacciatori e il cercatore, ma anche nel mandare i bolidi
contro l’altra squadra, Narcissa in particolare.
Narcissa Black, tuttavia, era una fuori classe. Aveva uno stile di
volo elegante e fluido che Remus riconobbe dai tentativi di Sirius
di insegnargli il volo formale. Era veloce e sempre in movimento,
come l’acqua. Il cercatore di Grifondoro stava seguendo i suoi
movimenti sperando che lo portasse al boccino, ma lei continuava
a schivare e fare false svolte per confonderlo; mandandolo due
volte direttamente sulla traiettoria di un bolide. Non era
appariscente come James: era efficiente e spietata.
Grifondoro aveva cento punti di vantaggio quando Narcissa
finalmente vide il boccino, Remus se ne accorse nel momento in
cui lo vide. La sua postura cambiò; non distolse lo sguardo
nemmeno una volta. Rimase sospesa per alcuni istanti,
guardandosi alle spalle per vedere dove fosse il cercatore di
Grifondoro. Era rimasto indietro, incerto su cosa stesse
pianificando.
In quel preciso momento, Maisy Jackson, una delle cacciatrici di
Grifondoro, segnò un altro gol, portando il punteggio di
Grifondoro a 130 contro il 20 di Serpeverde. I Grifondoro
impazzirono e Sirius agitò la bacchetta ancora più entusiasta.
Questa volta i leoni non solo ruggirono, ma balzarono oltre gli
275
stendardi nell’aria invernale, dove divennero strane ombre dorate
che si muovevano a grandi passi sul campo. Il cercatore di
Grifondoro si tuffò per schivarli, chiaramente terrorizzato,
sebbene svanissero appena sopra la sua testa.
«No, idiota!» La voce di Sirius echeggiò sull’applauso.
Era troppo tardi; Narcissa aveva approfittato della distrazione del
suo avversario e aveva raccolto il boccino. Volò sopra la folla,
tenendolo in alto trionfante.
La folla di Serpeverde scoppiò finalmente in un applauso,
lanciando scintille verdi e argentee, esultando. «Black, Black,
Black!»
Naturalmente tutto era molto confuso, poiché anche i Grifondoro
stavano cantando. «Black, Black, Black!» Mentre Sirius si inchinava
davanti alla folla.
James si precipitò verso il basso per atterrare accanto a lui e arruffò
la ridicola criniera del suo amico, mentre la folla ora cantava.
«Potter! Potter! Potter!»
«Oh beh...» Peter sorrise a Remus. «Abbiamo perso ma siamo
ancora sopra Corvonero nella classifica, andremo comunque in
finale!» A Remus non poteva importare di meno.
Successivamente si precipitarono in campo per congratularsi con
la loro squadra. Remus e Peter presero a pugni Sirius
scherzosamente.
«Non ce l’hai detto!»
«Avremmo potuto aiutarti!»
Sirius fece un sorrisetto e scosse i suoi gloriosi capelli dorati.
«Sirius!» Una voce sottile e fredda irruppe tra la folla. Si voltarono
tutti. Narcissa stava avanzando verso di loro, ancora nelle sue
ondeggianti vesti color smeraldo, una medaglia d’argento brillante
appesa al collo che fece indietreggiare Remus dietro Peter.
Sirius si alzò per affrontarla.
276
Gli fece un sorriso inaspettato. «Togliti quella parrucca oscena.»
Disse bruscamente.
Lui obbedì, massaggiandosi la testa nuda con imbarazzo.
Narcissa estrasse la bacchetta con un movimento ampio e gli
picchiettò la testa. «Crescere.»
I Malandrini e la folla di Grifondoro intorno a loro rimasero a
bocca aperta. I capelli di Sirius iniziarono a crescere, come se acqua
nera gli sgorgasse dalla testa, finché non furono tornati alla loro
lunghezza normale.
«Ma che?!» Sirius si toccò la testa e Narcissa gli sorrise, mostrando
file di denti perlacei.
«Questo è per il tuo aiuto nell’assicurare la vittoria di Serpeverde.»
Detto questo si voltò, trecce d’argento che sferzavano e balzò via
verso la sua squadra.
James tirò i capelli di Sirius appena ricresciuti.
«Non capirò mai la tua famiglia di pazzi, amico.»

277
Scoperte
Dopo la storica partita Grifondoro contro Serpeverde a Remus il
tempo sembrò accelerare. In parte era dovuto al fatto che
l’equilibrio all’interno del loro dormitorio era stato ripristinato;
James era ancora una volta l’eroe, la vena ribelle di Sirius era
tornata a pieno regime, Peter non sembrava più camminare su
gusci d’uovo intorno a nessuno di loro e Remus non trovava pace
e tranquillità, anche se non poteva lamentarsene.
Come se cercassero di recuperare il tempo perduto, James e Sirius
avevano passato le ultime settimane dell’inverno con un rinnovato
entusiasmo per gli scherzi e i misfatti. Trascorsero metà del loro
tempo sotto il mantello dell’invisibilità lanciando incantesimi
contro ignari studenti nelle aule, facendo irruzione nelle cucine e
provocando turbamento nella Sala Grande. Almeno tre o quattro
sere a settimana strisciavano fuori insieme alla Mappa di Remus
per esplorare il castello, anche se la maggior parte delle volte
tornavano invece con le tasche piene di dolci di Mielandia. Peter
spesso cercava di seguirli, ma Remus aveva bisogno di tutto il
sonno che poteva ottenere.
Le sue lune piene di gennaio e febbraio non andarono bene.
Nessuna delle due fu così brutta come la luna di dicembre che lo
aveva lasciato chiaramente sfregiato, ma nessuna delle due fu
affatto piacevole. Madama Chips era stata implacabile nella sua
ricerca di una soluzione: a gennaio aveva provato a fargli sparire le
unghie («Solo temporaneamente, capisci, le riavrai domani
mattina.») ma ciò non aveva impedito ai suoi artigli di crescere una
volta iniziata la trasformazione. Remus fu un po’ sollevato, dato
che aveva intenzione di fargli sparire i denti la prossima volta.

278
A febbraio aveva cercato di bloccargli braccia e gambe con
manette magiche per impedirgli di farsi del male. Si scusò
moltissimo per queste misure, ancora di più quando tornata la
mattina scoprì che si era lussato entrambe le spalle per liberarsene.
Era troppo stanco per preoccuparsene.
Facendo meno scherzi di quelli che aveva fatto l’anno prima,
Remus decise di buttarsi nello studio. Segretamente Remus
sperava di poter approfittare della determinazione di Sirius e James
di non concentrarsi sui compiti, voleva essere il primo della classe
in Storia della Magia e sapeva di avere buone possibilità e non solo
in quella; i suoi voti stavano migliorando sempre di più in
Trasfigurazione, Erbologia e Astrologia, e lì almeno avrebbe avuto
la possibilità di essere tra i primi tre.
Incantesimi e Pozioni appartenevano ancora a Lily Evans, ma
voleva colmare il più possibile il divario tra di loro, per questo
superò finalmente la sua paura della biblioteca e trascorse quasi
tutte le ore libere che aveva lì, completando saggi e ripassando. La
sua lettura era migliorata un po’, era ancora lento se non usava
l’incantesimo ma scoprì che la sua pratica costante lo aiutava a
riconoscere molto più velocemente le lettere.
Anche Lily era spesso in biblioteca, e dopo alcuni giorni passati ad
annuire educatamente l’un l’altra attraverso le scrivanie, Lily
raccolse le sue cose e andò a sedersi accanto a lui. Andavano molto
d’accordo, leggendo in silenzio o interrogandosi a vicenda su vari
punti.
Inevitabilmente Lily fu la seconda persona dopo Sirius a scoprire
il segreto di Remus.
«Perché lo fai?» Chiese guardandolo con curiosità.
«Fare cosa?»
«Ogni volta che apri un nuovo libro... ci metti una mano sopra e ti
gratti la testa con la bacchetta.»
279
«No, non lo faccio.» Remus posò la bacchetta, colpevole.
«Sì.» Lily disse con calma, un piccolo sorriso sulle sue labbra.
«Mormori anche qualcosa. È un incantesimo?»
«Uhm.»
«Oh dai, dimmelo... Ha qualcosa a che fare con i libri? È così che
riesci a capire tutto più velocemente di me?!»
Remus fu così contento di questo complimento che per una volta
abbassò la guardia.
«Prometti che non lo dirai a nessuno?»
«Prometto.»
«È per aiutarmi a leggere. Non sono... non posso... ehm... beh, lo
trovo più difficile di chiunque altro. Leggere nel modo normale.»
«Wow! Come funziona?!» I suoi occhi si spalancarono, come
facevano sempre quando era eccitata per qualcosa.
Remus era sorpreso; non sembrava affatto interessata a sentire che
non sapeva leggere normalmente.
«Così.» Le mostrò.
Lo copiò ma rimase delusa. «Non ha funzionato.»
«È davvero difficile da fare.» Spiegò. «Mi ci sono voluti anni per
farlo bene.»
«Dove l’hai trovato? È roba davvero, davvero avanzata!»
«Non l’ho trovato io... l’ha fatto Sirius. Non credo che sia scritto
da nessuna parte, sembrava più come se avesse mescolato insieme
diversi incantesimi. Probabilmente per questo è un po’ difettoso.»
«Veramente?!» Se gli occhi di Lily si fossero allargati ancora
avrebbero rischiato di caderle dalla testa. «Sapevo che era più
intelligente di come sembra durante le lezioni! Oh, che idiota!
Mostramelo di nuovo!»
Oltre a Lily, Remus spesso venne raggiunto dalle sue amiche; Mary
e Marlene. All’inizio non era sicuro di questa soluzione: di solito
cercava di evitare le altre ragazze nel suo anno per puro istinto.
280
Inoltre le due M si trovavano generalmente a ridacchiare in fondo
alla classe o ad adulare qualche celebrità magica nella Sala Comune.
Tuttavia fu stato piacevolmente sorpreso di scoprire che entrambe
le ragazze avevano preso i loro studi seriamente come lui, e in
effetti il loro interesse per le pop star magiche non era molto
diverso dall’ossessione di Sirius e James per le loro squadre di
Quidditch preferite.
Parlare con Mary era particolarmente piacevole: era di origine
babbana e veniva dal sud di Londra (il suo accento faceva sentire
Remus stranamente a casa), era senza pretese e aveva un ampio
sorriso e una risata forte e contagiosa. Marlene era leggermente più
tranquilla ma istericamente divertente e in grado di imitare quasi
chiunque a scuola, compresi gli insegnanti; la sua McGranitt era
spettacolare (Remus in verità pianse dalle risate la prima volta che
fece l’imitazione).
Le tre ragazze erano eccezionalmente gentili con Remus, e sapeva
che questo era principalmente perché pensavano che fosse malato.
Non gli importava però, perché da loro stava imparando molte
cose interessanti. Per prima cosa, Mary gli aveva insegnato un
incantesimo per coprire le imperfezioni, il che non fece svanire
completamente le sue cicatrici ma ne ridusse notevolmente
l’aspetto. Non aveva mai nemmeno pensato di cercare una
soluzione in una rivista di bellezza. Lo introdussero a varie altre
cose femminili: Mary aveva una cotta per Sirius e Marlene per
James. Remus pensava che fossero entrambe completamente
matte e si chiedeva se si sarebbero sentite allo stesso modo se
avessero dovuto condividere il bagno con Potter e Black.
In cambio, Remus le aiutò con Storia della Magia, dato che
apparentemente era l’unico studente in tutta la scuola che trovava
davvero interessante il professor Rüf. Marlene era eccellente in

281
Astronomia e gli mostrò come tracciare le costellazioni usando
alcuni intelligenti sistemi mnemonici.
«Sei così gentile Remus.» Disse Mary con il suo solito modo brusco
una sera mentre tornavano insieme nella Sala Comune. «Marlene e
Lily avevano davvero paura di te al primo anno.»
«Che cosa?!» Remus quasi lasciò cadere i suoi libri sorpreso.
«Mary, non essere così scortese!» Sibilò Marlene.
«Eri piuttosto aggressivo.» Spiegò Lily. «E James aveva iniziato a
dire a tutti che eri davvero duro e che eri in una banda.»
Remus sbuffò dalle risate.
Quando entrarono nella Sala Comune vide Sirius, James e Peter
rannicchiati in un angolo, riversati su un libro molto grande e
spesso. Marlene e Mary scoppiarono a ridere quando li videro e
corsero di sopra, Lily condivise uno sguardo consapevole con
Remus prima di seguirle.
I Malandrini guardarono in alto quando il loro amico si avvicinò e
Peter coprì in modo molto evidente il libro che stavano leggendo
con alcuni fogli di pergamena.
«Tutto bene ragazzi?» Remus disse allungando il collo. «Cosa state
facendo?»
«Niente!» James disse allegramente. «Dove sei stato?»
«In biblioteca.» Disse Sirius, prima che Remus potesse anche solo
aprire bocca. «Con il suo fan club.»
Remus sorrise. «Vaffanculo Black, so quando sei geloso.»
Aveva deciso di non dire ai suoi amici che Marlene e Mary li
adoravano. Il loro ego non era in grado di sopportare altre
adulazioni. Ad ogni modo, non voleva cambiare argomento.
«Seriamente, cosa nascondete lì?»
Tutti e tre si guardarono colpevolmente e Remus sentì una fitta di
dolore; stavano tutti tramando qualcosa senza di lui, avrebbe
dovuto saperlo. Supponeva che fosse giusto: si era rifiutato di
282
prendere parte a qualsiasi scherzo per così tanto tempo che ora
non volevano affatto includerlo.
«Il tuo compleanno!» Peter scoppiò all’improvviso. «Sta
arrivando.»
«Sì.» Remus si grattò la testa. «La prossima settimana.»
«Stiamo programmando una sorpresa!» Disse Peter sorridendo
ampiamente, chiaramente molto soddisfatto di sé stesso.
Remus sentì lo sguardo irritato di James, e capì subito che Peter
stava mentendo. Bene.
«Oh giusto.» Deglutì, sforzandosi di sorrider. «Beh, è meglio che
non abbiate intenzione di mettermi in imbarazzo come l’anno
scorso.»
«Oh no, mai!» Sirius sorrise alzandosi e raccogliendo il libro al
petto tenendo il titolo ancora nascosto. «Siamo il tipo di amici che
vorrebbero metterti in imbarazzo, Lupin?»
«Sì, lo siete.» Remus annuì lentamente, socchiudendo gli occhi.
«Non cantate. Niente grandi feste. Niente che possa-»
«Metterti nei guai, lo sappiamo.» Finì James alzandosi anche lui.
«Ehi, perché non invitiamo le tue nuove amiche, eh? Siamo bravi
a mescolarci con il gentil sesso, non credi?»
«Giusto.» Sirius scosse i capelli. «Sembra più tu voglia una scusa di
beccare Evans sola.»
«Come osi.» Rispose James, le guance leggermente più rosee del
solito.

«Quindi, se non sei in una banda...» Meditò Mary pochi giorni


dopo. Si stavano controllando i saggi di Erbologia l’un l’altro e
Mary era la lettrice più veloce, quindi aveva già finito. «Dove ti sei
fatto tutti i tagli e le cicatrici?»
«Coniglio domestico.» Rispose Remus, ancora leggendo il saggio
di Marlene.
283
«Carattere rissoso.» Lily gli sorrise.
«A sì? Pensavo vivessi in una casa per bambini.»
«Infatti.» Disse freddamente. «Sono ammessi animali domestici.»
In qualche modo era vero: c’erano stati pesci rossi per un po’,
finché la vasca non era stata rovesciata da uno dei ragazzi più
grandi in preda alla rabbia.
«Oh, in una casa per bambini?» Mary alzò lo sguardo. «Anche tu
sei babbano?»
«No.» Disse Marlene prontamente. «“Lupin” è un nome da mago,
tuo padre?» Lo guardò per avere conferma.
Annuì, turbato. «Sì, come lo sapevi?»
«Ho visto il nome su un trofeo.»
«Un... trofeo?»
«Sì. Non ricordo per cosa, penso fosse fuori dalla Sala Comune di
Corvonero.»
«Oh giusto.»
Non aveva mai dato un’occhiata a nessuno dei trofei, tranne la
Coppa di Quidditch a cui James si fermava per rendere omaggio
almeno una volta alla settimana. Fu improvvisamente preso da
un’irrefrenabile voglia di correre fino al corridoio di Corvonero e
lasciò cadere il saggio che stava leggendo.
Lily lo stava guardando.
«Vai Remus.» Disse dolcemente prendendogli la pergamena.
Anche le altre due ragazze lo guardavano, un po’ impietosite.
Annuirono e lui praticamente balzò in piedi.
Non sapeva esattamente cosa si aspettava, era così senza fiato per
aver corso su tre rampe di scale che riuscì a malapena a vederci per
qualche istante. La cassa era in mogano e vetro, regolarmente
lucidata da Gazza, o dagli elfi domestici, suppose. Era pieno zeppo
di trofei e premi per un centinaio di cose diverse. Campione di

284
scacchi magici, Vincitore Torneo Tremaghi, Miglior Finalista per
il Bubble Gum Blowing.
Ed eccolo lì: un’enorme statuetta dorata raffigurante un mago che
alza la bacchetta in una posizione sciocca, come se stesse per
lanciare una pallina da tennis. Lyall Lupin, campione di duelli di
Hogwarts, 1946.
Lo fissò a lungo, leggendo e rileggendo. Cercò di pensare in modo
logico. Questo aveva solo confermato le cose che già sapeva: suo
padre era a Corvonero (glielo aveva detto la McGranitt durante il
suo primo anno); era bravo a duellare, eccezionalmente bravo a
quanto pare (glielo avevano detto sia Lumacorno che il vecchio
ubriaco Darius). In realtà, tutto ciò che aveva fatto era stato
confermare che suo padre era stato a Hogwarts, era appartenuto a
Hogwarts, robabilmente aveva toccato proprio quel trofeo.
Remus premette le sue dita contro il vetro come se potesse
sfondarlo e afferrarlo.

285
Tredici
Sabato 10 marzo 1973
I Malandrini non avrebbero potuto essere più felici di scoprire che
il compleanno di Remus sarebbe stato un sabato quell’anno.
Questo, secondo loro, aveva aperto la giornata a tutti i tipi di
emozionanti attività che semplicemente non sarebbero state
possibili in un giorno non feriale.
Mentre il giorno si avvicinava, Remus cercò di ignorare i loro
accenni stuzzicanti e pesanti su quello che c’era in serbo. Non gli
importava di quello che avrebbero fatto, si fidava abbastanza di
loro: si poteva fare affidamento su di loro per rendersi ridicoli, ma
fino a quel momento non avevano mai reso lui l’oggetto principale
delle prese in giro. James aveva ricevuto strani pacchetti bitorzoluti
rilegati in carta marrone la settimana precedente e l’unica speranza
di Remus era che non fossero regali per lui, non sarebbe mai stato
in grado di ricambiare il favore.
Remus pensò molto all’essere tredicenne, in particolare all’essere
un mago di tredici anni con un piccolo problema peloso. La
scoperta dei trofei di Corvonero aveva creato a Remus delle
reazioni molto strane, aveva sempre pensato di avere un’idea
abbastanza chiara di chi fosse: un bambino di un orfanotrofio,
povero, un po’ magro, arrabbiato, cattivo, sfregiato, tonto quando
si trattava di faccende scolastiche, ma abbastanza intelligente
quando contava. Venire a Hogwarts aveva portato alcuni
cambiamenti ovviamente; forse non era così scemo, anche se era
ancora sicuro di tutto il resto.
Suo padre era davvero intelligente, era Corvonero dopotutto. Il
cappello aveva preso in considerazione anche Remus per
Corvonero, ma aveva cambiato idea. All’epoca non aveva

286
significato molto per lui, ma ora ci pensava e ci ripensava. E se
fosse stato smistato in Corvonero? Avrebbe saputo di più, ora su
suo padre? Su chi era?
E se suo padre non si fosse ucciso? E se non fosse mai stato
morso? “E se” era un gioco pericoloso.
Mentre si addormentava la notte prima del suo compleanno,
Remus fece in un sogno che non faceva da molto tempo.
È sdraiato su un letto in una piccola stanza azzurra. È estate e la finestra è
spalancata; tende ondeggianti. La finestra è enorme, abbastanza grande per
essere attraversata da un uomo adulto. Remus è molto piccolo e molto
spaventato.
C’è qualcuno nella stanza con lui e sa che gli faranno del male. È un mostro:
sua madre aveva promesso che non erano reali, ma oh! Oh, è una bugiarda,
un’orrenda bugiarda, perché c’è un mostro, e sta attraversando la stanza ora;
sta venendo verso di lui e lo divorerà!
«Chi ha paura del lupo cattivo?»
Chiude gli occhi e si infila sotto le coperte e trema e singhiozza, Allora ...
allora non c’è niente - niente di solido, niente di reale. Sta soffrendo, c’è così
tanto sangue e così tante lacrime e un sacco di rumore. Vuole solo dormire. Un
altro uomo incombe su di lui, alto, snello e preoccupato. «Papà.»
«LUMOS MAXIMA!»
Remus si svegliò di soprassalto, quasi gridando. La stanza del
dormitorio si era riempita di una luce brillante e innaturale, che
filtrava attraverso le tende del suo letto, facendolo socchiudere gli
occhi. Ebbe appena il tempo di asciugarsi le lacrime dalle guance
prima che Sirius e James scansassero le pesanti tende, cantando.
«Buon compleanno, Lupin!»
«È ancora buio fuori, stronzi.» Strizzò gli occhi, stropicciandoseli
e sedendosi. Cercò di costringere il suo cuore a smettere di battere
così forte.

287
«È esattamente un minuto dopo mezzanotte.» Disse Sirius. «E
quindi è ufficialmente il tuo tredicesimo compleanno.»
«Dov’è Pete?» Remus si alzò dal letto, entrando nella stanza.
L’avevano decorata a casaccio con delle stelle filanti che, era sicuro,
di solito addobbavano il campo di Quidditch nei giorni delle
partite, e fili di lucine lasciate da Natale.
«In missione.» Disse James con gli occhi che brillavano. «Dai, alzati
e vestiti.»
«Dove stiamo andando?»
«Da nessuna parte.» Rispose Sirius disinvolto. «Ma vorrai essere
adeguatamente vestito quando i tuoi ospiti arriveranno.»
«I miei ospiti?!»
«Certo.» Ghignò Sirius. «Abbiamo cercato di tenerlo solo per i
Malandrini, ma così tante persone volevano festeggiare con te,
capisci.»
Remus non poteva dire se Sirius fosse sarcastico, così scelse di non
rispondere, infilandosi invece un paio di jeans e una maglietta a
maniche lunghe che sembravano abbastanza puliti. Quando si fu
vestito, ci fu un forte colpo alla porta.
«Entrate!» Tuonò James allegramente.
Sirius vide Remus sussultare e spiegò. «Tranquillo, abbiamo messo
un incantesimo di silenziamento su tutta stanza.»
Remus si accigliò. «Quindi... chiunque ci sia dall’altra parte di quella
porta non può sentirci?»
James si portò la mano alla fronte.
«Siamo degli idioti completi.» Gemette a Sirius, aprendo la porta.
Peter era fuori circondato da Lily, Marlene e Mary. Remus rimase
a bocca aperta quando entrarono nella stanza, tutti sorridendo
ampiamente e chiaramente entusiasti di averlo sorpreso.
Tutti stringevano bigliettini e anche piccoli pacchi.
«Non pensavo che alle ragazze fosse permesso entrare qui?»
288
«L’adorabile Mary l’ha testato per noi la scorsa settimana, sembra
che non sia successo niente.» Spiegò James.
«Un giorno leggerete tutti Storia di Hogwarts e finalmente potrò
riposarmi.» Sirius sospirò, scuotendo tragicamente la testa.
James aveva iniziato a tirare fuori i pacchi da sotto il letto,
aprendoli. Sembrava che avessero razziato di nuovo Mielandia:
montagne di dolciumi erano stati dissotterrati; Gelatine tutti i gusti
più uno, Cioccorane, Fizzing Whizzbees, Droobles Best Blowing
gum, sorbetto al limone, torte calderone,... per non parlare del
bottino che Peter aveva portato dalla cucina; panini al prosciutto,
maionese, faraona, formaggio e sottaceti, pacchetti delle patatine
aromatiche preferite di Remus, uova, involtini di salsiccia, torte di
maiale, formaggio e bastoncini di ananas, più un po’ di frutta.
Sirius, nel frattempo, stava stendendo coperte sulle assi del
pavimento e sparpagliando alcuni morbidi cuscini di velluto,
«Lupin.» Disse con un ampio sorriso. «Benvenuto al tuo banchetto
di mezzanotte!»
«Buon compleanno Remus!» Le ragazze cantarono, all’unisono.
Si sedettero tutti insieme e Sirius mise un disco sul giradischi; alla
fine aveva aperto i regali da parte Andromeda e, come richiesto,
aveva ricevuto due album di Bowie: Hunky Dory e The Man Who
Sold the World.
«Siediti accanto a me, Sirius.» Disse Mary velocemente,
guadagnandosi uno sguardo di rimprovero da Marlene.
Sirius si strinse nelle spalle e acconsentì, ma si chinò per porgere a
Remus un pacco.
«Apri prima questo!» Era lungo e cilindrico, molto leggero e mal
confezionato.
«Non dovevi prendermi niente.» Remus borbottò, sciogliendo le
estremità.

289
«Un poster?» Lily aggrottò la fronte, guardando Remus che
spiegava la spessa carta lucida.
Era un’enorme stampa in A2 di David Bowie in bianco e nero, che
indossava un costume d’argento scintillante e dava un calcio in alto
leggermente a scatti.
«Ho fatto in modo che Andromeda me lo mandasse a Natale.»
Disse Sirius incapace di trattenersi. «Ma gli ho fatto un incantesimo
per farlo muovere!»
«Wow!» Remus ricambiò il sorriso sinceramente. «Grazie! È
fantastico.»
Tutte le ragazze gli avevano regalato pacchetti di dolci e torte e Lily
gli diede un libro di Pozioni. La guardò scettico e lei sorrise.
«Non posso continuare a dare a Severus un motivo per
signoreggiare su di te.»
«Per favore, non menzionare Mocciosus in questa sacra
occasione.» Disse James con finto orrore.
Lily alzò gli occhi al cielo e tornò alla sua crostata, ignorandolo
vistosamente. James sembrò a malapena notarlo, si limitò a
schiarirsi la gola e guardò Remus, i suoi occhi scuri pieni di
malvagità.
«Il mio regalo arriverà più tardi... una volta che ci saremo riempiti
tutti fino a scoppiare.»
«Oh Merlino, Potter.» Marlene ridacchiò. «Cosa hai in
programma?»
Non l’avrebbe detto.
Remus dovette ammettere che si stava divertendo; aveva sperato
che James e Sirius avrebbero rispettato i suoi desideri e avrebbero
tenuto i festeggiamenti solo per i Malandrini, ma invitare le ragazze
non era stata poi una così pessima idea. Le conosceva tutte
abbastanza bene ora, e in realtà gli piaceva molto la loro
compagnia. Mary poteva dare a Sirius una pista quando si trattava
290
di essere spudorati e, come Remus aveva predetto, le imitazioni di
Marlene sui membri del corpo docenti avevano messo a dura
prova i Malandrini (Peter dovette persino andare a cambiarsi la
camicia dopo essersi sputato addosso del succo di zucca).
«Sto iniziando a capire perché Remus ci ha abbandonati per voi.»
Disse James verso l’una e mezza, asciugandosi lacrime di risate
dagli angoli degli occhi.
«Sì, non siete male per essere delle ragazze.» Sirius fece l’occhiolino
a Mary, che lo schernì e gli diede una spinta scherzosa.
«Sì, non ha niente a che fare con il fatto che io abbia voglia fare i
compiti.» Remus rispose seccamente, chiedendosi se sarebbe
riuscito a mangiare un’altra rana di cioccolato.
«Oh, come sono cambiati i tempi.» Disse Sirius arrogante.
«Non riderete più quando Remus ci batterà tutti agli esami.»
Scherzò Lily.
«Puah!» James si alzò, stiracchiandosi in modo elaborato come se
stesse per compiere una grande impresa. «Esami! Noi Malandrini
abbiamo preoccupazioni più grandi. Mio caro Signor Black, Signor
Minus.» Fece un ampio gesto verso la finestra del dormitorio.
«Possiamo?»
«Per George!» Sirius si alzò, bruscamente. «È ora?!»
James chiuse gli occhi solennemente e annuì. «Certo che lo è.»
«Allora muoviamoci!» Gridò Peter, alzandosi anche lui.
Le ragazze si scambiarono occhiate nervose guardando poi Remus,
che poté solo alzare le spalle per mostrare loro che non sapeva
cosa sarebbe successo. Sirius, Peter e James andarono alla finestra,
aprendola. Si stavano agitando per l’eccitazione, forse era dovuto
anche alla mancanza di sonno e troppo zucchero, ma
continuavano a ridacchiare come bambini cattivi.
«Dai!» Peter fece un cenno agli altri, in fretta. «Vorrete vedere!»

291
James aveva in mano una collezione di oggetti rosso vivo che
sembravano un incrocio tra razzi spaziali e candelotti di dinamite.
Le sue braccia erano piene, e lo erano anche quelle di Sirius.
«Quelli sono...» Marlene arricciò il naso. «Il dottor Filibuster?!»
James fece un sorriso maniacale.
«Oh no!» Lily disse. «Non dovremmo! Sveglierai l’intero castello!»
«Vattene se non ti piace, Evans.» Scattò Sirius porgendo alcuni
razzi a Peter. «Hai promesso di non rovinare nulla.»
«Remus.» Lily si voltò verso di lui. «Digli qualcosa, ti ascolteranno!»
«No, non lo faranno.» Rispose Remus. «Comunque, voglio vedere!
Non ho mai visto dei fuochi d’artificio magici.»
«Preparati per una sorpresa!» Sirius fece l’occhiolino.
«Quanti te ne servono?!» Mary lo fissò, sembrando colpita.
«Tredici, ovviamente.»
«Vi metterete tutti così tanto nei guai...»
«Oh, smettila di fare la santarellina, Lil!» Marlene gettò il braccio
intorno alla rossa.
«Non permetteremo a nessuna di voi ragazze di mettersi nei guai.»
James disse sinceramente, gli occhiali che gli scivolavano sul naso
mentre lottava per mantenere il controllo del suo carico. «Non
preoccuparti.»
«Non sono preoccupata.» Lily incrociò le braccia con aria di sfida.
«Penso solo che stiate tutti...»
«Ops!»
*BANG*
«Peter!»
Si sporsero tutti dalla finestra per vedere il razzo che era caduto a
Peter precipitare a terra in un torrente di scintille verdi e dorate.
«Scusate...» Peter sembrava imbarazzato, Sirius rise.

292
«No, ottimo lavoro... ora che abbiamo iniziato possiamo anche
continuare, eh?» E cominciò a lanciare i suoi fuochi d’artificio fuori
dalla finestra, limpidi nell’aria notturna.
James e Peter seguirono rapidamente l’esempio e abbastanza
presto anche Lily si dimenticò di essere infastidita mentre tutti
fissavano con soggezione lo spettacolo che illuminava il cielo
stellato.
I fuochi d’artificio durarono molto più a lungo di quelli babbani,
alcuni scoppiarono dieci o dodici volte prima di spegnersi.
Cambiarono colori dal rosso al verde, dal viola all’arancio,
torcendosi e arricciandosi in varie forme, fino a pronunciare
“BUON COMPLEANNO REMU”.
Sirius sospirò, irritato per questo. «Sapevo che c’erano troppe
lettere.»
Oltre allo spettacolo di luci abbaglianti, i fuochi d’artificio erano
abbastanza rumorosi, tanto che Remus poteva già sentire gli altri
Grifondoro nella torre aprire le loro finestre per vedere se il
castello fosse sotto attacco. Era sicuro di aver sentito chiunque
fosse nella stanza sopra la loro borbottare.
«Quei maledetti Malandrini fanno di nuovo casino.»
Inevitabilmente, qualcuno iniziò a bussare alla loro porta e la voce
stridula della McGranitt si poteva sentire dall’altra parte.
«Potter! Black! Non pensate che non sappia che ci siete voi dietro,
APRITE QUESTA PORTA!»
«Oh merda!» James fece una smorfia. «Meglio mettersi sotto i letti,
signore...»
Una volta che furono tutti completamente rimproverati, che gli
furono assegnati due mesi di punizione e lettere a casa a tutti i loro
genitori, la McGranitt (che era uno spettacolo da vedere nella sua
camicia da notte scozzese rossa) li lasciò e Marlene, Lily e Mary

293
tornarono a malincuore al loro dormitorio. Erano le due del
mattino e i ragazzi decisero che era finalmente ora di andare a letto.
«Buon compleanno Remus.» Gridò Peter, seguito da un forte
sbadiglio.
Remus sorrise tra sé nell’oscurità, le guance quasi doloranti.
«Sì.» Sirius sbadigliò in risposta. «Buon compleanno, Remu.»

294
Cos’è un nome?
Lunedì 19 marzo 1973
«Ho una buona notizia.» Madama Chips sorrise calorosamente.
«Non volevo parlarne nel caso non avessimo potuto sistemare le
cose in tempo, ma mi vedrai durante l’estate.»
Per un momento, Remus osò sperare che questo significasse che
non sarebbe tornato a St Edmund’s, ma la medi-strega continuò.
«La signora Orwell, la Direttrice alla casa dei bambini, mi ha
gentilmente permesso di materializzarmi a St Edmund’s all’alba
seguendo entrambe lune piene dell’estate.» Sorrise ampiamente.
Ah bene, era meglio di niente. Lui sorrise debolmente.
«Grande!» Gracchiò.
Le sue braccia e le sue gambe erano pesanti come il piombo,
riusciva a malapena a sollevare la testa per bere la pozione che gli
stava offrendo.
Erano circa le quattro del pomeriggio e Remus aveva perso le sue
lezioni, aveva dormito quasi tutto il giorno. Il sonno era ancora
l’unico rimedio che sembrava funzionare davvero.
«Ho detto a Silente che l’avrei fatto con o senza il suo permesso,
non avrei potuto vivere con me stessa se fossi arrivato qui a
settembre nello stesso stato in cui eri tornato l’anno scorso.»
«Potrei stare a casa di un mago quest’estate, sarebbe ancora più
sicuro.» Provò Remus. «Il mio amico James-»
«Mi dispiace, caro.» Madama Chips scosse la testa. «Non è
abbastanza sicuro. I Potter ci hanno contattato, ma dobbiamo
preservare il tuo anonimato il più a lungo possibile: so che non è
molto divertente per te, ma è meglio che tu stia con i babbani.»
Remus chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Sarebbero
stati solo due mesi e l’estate era ancora lontana.

295
Sii positivo, rimani positivo.
Un improvviso rumore sferragliante alla fine dell’infermeria
strappò Remus dalla sua meditazione. Madama Chips aggrottò la
fronte e si voltò a guardare intorno alla tenda del letto di Remus.
«Signor Minus!» Gridò. «Cosa pensi di fare?!»
«Mi dispiace Madama Chips, stavamo solo...»
«Raccogli subito quelle padelle e rimettile nell’armadio! E puoi
cancellare quel sorrisetto dalla tua faccia, Signor Black, dagli una
mano.»
«Ciao, Remu.» James sbirciò dietro la tenda. «Scusa per tutto il
rumore.»
Remus sorrise, cercando di mettersi a sedere. «È okay.»
«Sdraiati!» Madama Chips lo rimproverò. «Avevi tre ossa rotte,
sciocco ragazzo.»
«Mi sento molto meglio!»
*CRASH*
«SIGNOR MINUS, COSA HO DETTO?!» Madama Chips
scomparve, sembrando molto arrabbiata.
James si accasciò sulla sedia accanto al letto di Remus. «Pronto ad
andare?» Chiese casualmente.
Remus poteva sempre contare sul fatto che James non lo trattasse
come un invalido.
«Se me lo permette sì.» Remus fece cenno alla tenda dietro cui la
Chips era svanita. «Com’è andata la partita?»
«Abbiamo stra vinto.» James annuì entusiasta, lasciando cadere il
boccino in grembo a Remus. Si passò le dita tra i capelli come per
ritrovare la sensazione di essere appena atterrato. «Ho fatto
piangere uno dei battitori Corvonero.»
«Che carino.»
«Com’è stata... sai, la tua serata?»
«Tutto okay.» Remus rispose seccamente, storcendo la bocca.
296
Non parlavano spesso delle lune piene e Remus ne era piuttosto
contento. Non gli piaceva l’idea che sapessero troppo, il dolore era
una cosa personale.
«Tre ossa rotte, ha detto?»
«Sì. Adesso però è tutto sistemato, è fantastica, gli ci vuole solo un
incantesimo. I babbani devono indossare calchi in gesso per
settimane e settimane.»
«Strano!»
«REMU!» Sirius tirò la tenda rumorosamente. «SEI VIVO!» Cadde
drammaticamente ai piedi del letto. «Ero convinto che stesse
cercando di coprire qualcosa, la vecchia strega non ci stava lasciava
entrare.»
«Non chiamarla così.» Rispose Remus irritato. «E non chiamarmi
così!»
«Eri tu che volevi un soprannome.» Disse Sirius sembrando offeso
mentre si rimetteva in piedi.
Apparve Peter, imbronciato con le mani in tasca.
«No, non è vero.» Remus aggrottò la fronte. «Quando mai ho detto
che-»
«L’anno scorso.» Sirius disse velocemente. «Quasi esattamente un
anno fa, hai detto che non ti sarebbe dispiaciuto essere chiamato
in qualsiasi modo purché non fosse Loony Lupin.»
«Dio, hai la memoria di un elefante.» Remus alzò gli occhi al cielo.
«Comunque.» Abbassò la voce nel caso Madama Chips fosse in
agguato. «Il punto di avere un soprannome era che nessuno
scoprisse chi avesse scritto la Mappa. Non credo che “Remu”
ingannerà nessuno.»
«Ha ragione, ecco.» James disse saggiamente. «È stato bello finché
è durato.»
«Giusto.» Sirius sospirò. «Ma possiamo chiamarti Remu finché non
troveremo qualcosa di meglio?»
297
«No.»
«Che noioso.» Sirius cercò qualcos’altro da dire, evitando
vistosamente di guardare le bende di Remus. «Allora ce ne
andiamo di qui o devo accontentarmi di una travolgente partita di
schiocco?»
«Non va da nessuna parte.» Intervenne Madama Chips. «Terrò il
signor Lupin in osservazione per la notte.»
«No!» Remus protestò. «Mi sento molto meglio.»
Lo diceva sempre; di solito non era vero ma sapeva che alla fine
avrebbe cominciato a sentirsi meglio e non importava se fosse o
meno in infermeria.
«Non sono deliberatamente scortese Remus.» Sospirò l’infermiera.
«È per la tua salute.»
«Vado subito a letto!»
«Ci occuperemo di lui!» Disse James sinceramente, alzandosi.
Remus aspettò per vedere se funzionasse; James era bravo con gli
adulti, specialmente con le streghe. Era anche noto per aver
ammorbidito la McGranitt una o due volte (anche se questo
potrebbe avere più a che fare con le sue abilità di Quidditch).
Madama Chips era impassibile.
«Mi dispiace, signor Potter, ma no.»
«Bene.» Disse Peter, insolitamente deciso. «Allora resteremo qui.»
«Sì.» Sirius e James dissero, tutti insieme.
«Vi perderete la cena!» Disse Remus.
«Sono sicura che possiamo organizzare qualcosa solo per questa
volta.» Disse Madama Chips, cercando di non sorridere. «Va bene,
ragazzi, ma dovete tacere. E andare avanti con i compiti, non vi
permetterò di usare il signor Lupin qui come scusa per non
consegnare nulla.»
Con un gesto della sua bacchetta apparvero dal nulla altre tre sedie,
insieme a una lunga scrivania in legno di pino, completa di calamai
298
per le loro penne. Remus aprì la bocca per parlare, ma Madama
Chips era apparentemente sensitiva.
«E no, Remus, niente compiti per te. Riposati.»
Remus chiuse la bocca e si sdraiò. Come avrebbe potuto tenersi al
passo con Sirius e James se l’infermiera non gli avesse permesso di
studiare?
«Posso leggere il mio libro?» Chiese docilmente.
«Finché non ti affatichi gli occhi.»
Se ne andò e gli altri tre ragazzi tirarono fuori diligentemente i
compiti e iniziarono a scarabocchiare. Remus allungò il collo per
cercare di vedere a cosa stavano lavorando, era in pari con tutto
ma aveva fatto qualche lettura extra in Incantesimi nel tentativo di
sconfiggere Lily nei loro imminenti esami.
«Ah ah ah.» James coprì il suo lavoro con la manica. «Non guardare
Remu, riposa e basta.»
«Ugh, chiamami Loony!» Remus gemette. «Qualsiasi cosa tranne
Remu!»
«Ma ti sta bene!» Sirius disse sopra la sua penna. «Reeeeemuuuuu.»
«Smettila o ti mordo.»
«Reeeeemuuuu.»
«Reeeemuuu!» Peter si unì, tutti e tre i ragazzi ridacchiarono.
«Odio il mio nome.» Remus si coprì la faccia con il libro che stava
leggendo.
Non era giusto: James Potter era così rassicurantemente ordinario,
Peter Minus era perfettamente rispettabile e Sirius Fottuto Black
era il nome più figo di sempre, da qualunque parte lo guardassi.
«Tanto vale che mi chiamiate come preferite, non so cosa potrebbe
essere peggio.»
«Loony Remu?» Suggerì James utilmente. «Remoony?»
Sirius riusciva a malapena a respirare dalle risate ora.
«REMOONY!» Sbuffò crollando sulla scrivania, le spalle tremanti.
299
«Moony è abbastanza carino.» Disse all’improvviso Peter, molto
sobrio.
«Eh?»
«Moony. Come soprannome.»
Remus lo fissò, non abituato a prestare molta attenzione a
qualunque cosa Peter dicesse. Ci pensò su, facendo rotolare il
nome nella sua testa. Sembrava Loony, ma non era neanche
lontanamente così orribile.
«Non lo odio.» Disse finalmente.
«Lo adoro.» James disse. «Moony. Ti sta bene.»
«Le persone non... sai, capiranno?» Si preoccupò, mordendosi il
labbro.
«Nah.» Sirius agitò una mano. «Gli diremo che è il babbano negli
The Who.»
«Sono tutti babbani negli Who.» Remus rispose. «Ma io non suono
la batteria.»
«Ti piace colpire le cose.» Sirius si strinse nelle spalle.
«Grazie.»
«Nessun problema, Moony.»

Alcune ore dopo, dopo che Madama Chips aveva portato loro la
cena, James era andato agli allenamenti di Quidditch e Peter ad una
punizione. Sirius aveva rinunciato a fare i suoi compiti molto
tempo prima e stava invece tentando di perfezionare un
incantesimo su sé stesso.
Remus ignorò ostinatamente quello che stava facendo; sapeva che
Sirius stava pronunciando l’incantesimo in modo sbagliato, con
l’accento nel punto sbagliato ma non glielo avrebbe detto perché
non era sicuro del perché Sirius volesse un braccio tentacolare così
tanto, e non poteva essere per nessuna buona ragione.

300
Alla fine, annoiato, Sirius si appoggiò allo schienale della sedia, i
piedi appoggiati sul letto di Remus.
«Cosa stai leggendo, comunque?»
«L’epopea di Gilgamesh.» Disse Remus voltando pagina.
Era quasi alla fine, e il suo incantesimo di lettura stava svanendo,
se Sirius lo avesse lasciato in pace per altri cinque minuti...
«Di cosa parla?»
«È tuo!» Disse sorpreso. «L’ho preso dal tuo scaffale!»
«Oh, uno di quelli babbani? Non ne ho letti molti a dire il vero.
Erano di mio zio Alphard.»
«Giusto.»
«Quindi?»
«Quindi cosa, Black?!»
«Di cosa parla?»
«Di un uomo di nome Gilgamesh.»
«Okay, devi ammettere che è un nome peggiore di Remus Lupin.»
Remus ridacchiò. «Sì è vero. Potrebbe sempre andare peggio.»
«Allora parlami di questo tipo gulasch.»
«Gilgamesh. Era un re. Tanto tempo fa.»
«Vedi, ora sono appassionato, è così che iniziano tutte le belle
storie.» Sirius prese la testa tra le mani, fissando Remus come se
fosse l’insegnante della sua materia preferita.
«No, stai solo rimandando il tuo saggio di astrologia.»
«Pfft, copierò quello di James.» Sirius agitò una mano distratta.
«Dimmi di più, o custode della conoscenza. Io ti ho letto molte
volte.»
Remus sospirò, posando il libro. Non c’era modo di uscirne
quando Sirius era di questo umore.
«Gilgamesh era un re.»
«Sì, molto tempo fa, l’hai già stabilito.»
«Senti, stai zitto o vattene.»
301
«Okay okay!» Sirius alzò le mani in segno di resa. «Continua.»
«Quindi era un re, ma non buono. Non era completamente umano;
era un dio per due terzi quindi era più forte di tutti gli altri e la sua
gente aveva paura di lui. Era pericoloso. Quindi, il suo popolo ha
pregato, ehm... è quando chiedi aiuto agli dei, e gli dei hanno
inviato un altro uomo a controllare Gilgamesh.»
«Era ancora più forte?»
«No, ma era in parte animale.»
«Quindi questo uomo-bestia ha ucciso Gilgamesh?»
«No. Si sono combattuti per molto tempo, ma Gilgamesh ha
comunque vinto. Non ha ucciso Enkidu, però... lui ha quasi
riconosciuto che erano alla pari. E diventano amici, migliori amici.
Fanno tutte queste avventure insieme, combattono altri mostri e
cose del genere. È fantastico.»
«Voglio saperne di più sull’uomo-bestia.»
«Enkidu. Era il padrone degli animali ed era felice di vivere allo
stato brado ma poi, dopo essere stato mandato a controllare
Gilgamesh, non può più tornare nella natura. Quindi non
appartiene mai a nessun luogo veramente.»
«Ma ha il suo amico, giusto?»
«Sì, ma... beh, non voglio rovinarti la fine.»
«Tranquillo, non leggo quasi mai roba babbana.»
«Non sai cosa ti perdi!» Remus esclamò. «Bene, okay allora. Enkidu
muore.»
«Che cosa?!»
«Sì, è un po’ triste. Era anche il mio personaggio preferito.»
«Ma perché?»
«Per insegnare a Gilgamesh cos’è la morte, credo. Prima di Enkidu
era troppo arrogante per credere che qualcosa potesse ferirlo.
Dopo averlo perso si rende conto di non essere il padrone di tutto.
Nessuno può controllare la morte.»
302
«È un pensiero davvero deprimente, Moony.»
Remus scrollò le spalle. Gli era sembrato tutto abbastanza
semplice.

303
Amore e matrimonio
Still don’t know what I was waiting for
And my time was running wild
A million dead end streets - and
Every time I thought I’d got it made
It seemed the taste was not so sweet
So I turned myself to face me
But I’ve never caught a glimpse
Of how the others must see the faker
I’m much too fast to take that test.

Venerdì 20 aprile 1973


Remus amava Hunky Dory più di ogni altra cosa. Era luminoso e
felice, poi oscuro e introspettivo. Pensava che David Bowie
dovesse aver visto dentro la sua anima. Anche se non sempre
capiva appieno i testi, si sentiva come se in qualche modo avessero
un senso.
Canticchiava a bassa voce la melodia di Changes mentre camminava
su e giù per gli scaffali bui della biblioteca con la bacchetta accesa
per vedere meglio. Avrebbe davvero dovuto recuperare Pozioni,
ma Lily si era offerta di aiutarlo durante il fine settimana e aveva
già ripassato Trasfigurazione tutto il giorno. Ci era voluto così
tanto tempo per trasformare un vecchio cappello a cilindro in un
coniglio e viceversa. Remus finalmente trovò lo scaffale che stava
cercando: La Guida Britannica dei Maghi alle Leggi Nuziali 1700-1950.
Sperava che fosse abbastanza recente. Era enorme, e per
raggiungerlo dovette salire su una scala a pioli. Allungandosi,
Remus aveva quasi preso la vecchia copertina di pelle polverosa e

304
stava per tirarla verso di lui, quando un’altra mano si alzò e gli
afferrò il polso.
Urlando, Remus ritrasse la mano e quasi cadde dalla scala,
trovandosi faccia a faccia con Narcissa Black.
«Ugh, sei tu.» Disse disgustata. Era almeno 10 centimetri più alta
di lui, quindi ora erano alla stessa altezza finché manteneva
l’equilibrio. Non gli lasciò la mano. «Dammelo.»
«No, l’ho preso per primo.» Rispose, cercando ancora di
allontanarsi. Aveva una presa di ferro.
«Vattene, ragazzino. A cosa ti potrebbe servire?» Gli diede una
forte spinta e lui cadde all’indietro, atterrando dolorosamente sul
sedere. Narcissa gli sorrise, vittoriosa, tenendo in mano il pesante
volume.
Si accigliò. «A cosa ti serve?»
«Non sono affari tuoi.» Disse con disinvoltura, scostandosi i capelli
chiari dagli occhi in un modo stranamente simile a Sirius.
Si voltò e iniziò ad allontanarsi, tra i cupi cumuli.
Remus balzò in piedi.
«Aspetta.» Disse cercando di mantenere la voce bassa in modo che
Madama Pince non lo buttasse fuori di nuovo. «Oi Narcissa,
aspetta!» Le tirò la veste.
Si voltò con occhi furiosi, la sua bacchetta alzata.
Remus afferrò istintivamente la sua bacchetta appena in tempo.
Entrambi rimasero in piedi come statue per alcuni istanti. Sapeva
che aveva maledetto James e Sirius in diverse occasioni, e che
l’intera famiglia Black conosceva ogni sorta di magia oscura. Ma
allo stesso tempo, Remus non aveva mai maledetto una ragazza
prima, e sentiva che era sbagliato.
«Volevo solo sapere.» Disse con attenzione, scegliendo bene le
parole. «Se aveva qualcosa a che fare con te e Sirius... la cosa del
fidanzamento.»
305
Abbassò la bacchetta, lentamente, guardandolo con sospetto
interesse.
«Quindi te l’ha detto, vero?» Sollevò un sopracciglio ancora nero
come l’inchiostro, del suo colore naturale dei capelli. «Sì, ragazzino,
è esattamente quello per cui ne ho bisogno. Non credi che io voglia
sposare quel piccolo e piagnucoloso traditore, vero?»
Remus si limitò a scrollare le spalle. La verità era che in realtà non
gli era venuto in mente come si sentisse Narcissa al riguardo. Era
così concentrato nell’aiutare Sirius che non aveva considerato se
qualcun altro potesse lavorare esattamente sullo stesso problema.
Narcissa sospirò con impazienza. «Beh, non voglio. E non mi
aspetto che il mio monello di cugino trovi presto una soluzione,
quindi eccomi qui.»
Non sembrava più arrabbiata, solo amareggiata. Adesso che era
più vicino a lei, Remus poteva vedere che aveva anelli scuri sotto
gli occhi.
«Io voglio trovare una soluzione.» Disse, inclinando il mento verso
l’alto per incontrare il suo sguardo, desiderando di non essere più
basso di lei. «Comunque ci sto provando.»
«Ah.» Narcissa rise senza allegria. «Un secondo anno?! E cosa ti sei
inventato, eh?» Batté il suo tacco di vernice nera sulle assi scure del
pavimento.
«Beh...» Remus deglutì. «Non molto, ancora niente di abbastanza
buono. A meno che... beh, a meno che tu non ti sposassi prima.»
«Ci ho pensato.» Narcissa sbottò. «Non sono ancora maggiorenne,
non posso. Sarei fuggita con Lucius nel momento in cui mi
avevano proposto questo ridicolo fidanzamento, ma non ho
diciassette anni fino a ottobre.»
«Giusto.» Annuì Remus, sorpreso di sentirlo. «E... non può
aspettare, a causa della cerimonia di fidanzamento di quest’estate,
giusto?»
306
«Giusto.» Lo stava guardando con un po’ meno veleno ora, come
se trovasse la conversazione divertente piuttosto che irritante.
«Ma stavo pensando: che cos’è in realtà la cerimonia?» Chiese,
sentendosi più coraggioso. «Cosa dovete fare tu e Sirius?»
«Oh, la solita spazzatura della famiglia Black.» Rispose. «Un
banchetto, carte astrologiche, probabilmente un ritratto
commemorativo di noi due. La mamma ha ancora Bella appesa in
sala da pranzo.»
Il pensiero di un ritratto che ritraesse Sirius tredicenne con sua
cugina sedicenne era ripugnante per Remus. Narcissa nemmeno
sembrava apprezzare l’idea.
«È tutta colpa sua, sai.» Disse. «Comportandosi come se fosse un
caso speciale. Se avesse semplicemente seguito la tradizione come
il resto di noi, rispettato le regole fino a quando non fosse stato
abbastanza grande per andarsene...» Si interruppe, gli occhi lucidi
di lacrime di rabbia che si asciugò rapidamente. «Comunque, non
importa. Sposerò Lucius e questo è tutto. Grazie al cielo mi è stato
accanto durante tutto questo, chiunque altro se ne sarebbe
andato.»
A Remus non piaceva commentare. Cosa ne sapeva delle relazioni?
Non ne aveva nemmeno mai vista una da vicino. Rimasero in
silenzio per alcuni minuti, mentre Narcissa si ricomponeva. Una
volta che lo ebbe fatto, tirò su col naso e guardò di nuovo Remus.
«Non ti maledico.» Disse, magnanima. «Ma ti avverto: ne ho
abbastanza di persone che si intromettono nel mio futuro. Quindi
tieni il naso fuori da questa storia d’ora in poi.»
Detto questo, si voltò e se ne andò, lasciando Remus con molte
cose a cui pensare.

307
Lunedì 30 aprile 1973
«Moony, a cosa servono tutti questi libri?» Chiese James,
inciampando in una pila che Remus aveva accuratamente
accatastato vicino all’ingresso del dormitorio; erano inutili e aveva
intenzione di restituirli quel pomeriggio.
«Solo qualche ricerca.» Rispose, senza alzare lo sguardo dal suo
libro attuale, «Dove sei stato?»
«A tramare.» Sirius lo seguì, scavalcando i libri sparsi che il suo
amico stava cercando di mettere a posto.
Remus inarcò un sopracciglio. «A tramare? Mappa o misfatti?”
«Un po’ di entrambi.» Sirius ghignò, gettandosi sul letto di Remus.
Prese un libro. «Rituali di nozze magiche?!» Rise. «Chi stai per
sposare, Moony? Non sarà mica Evans... James dovrà sfidarti a
duello.»
«NON mi piace Evans.» James sputò, da dove si era accovacciato
sul pavimento. «Matrimoni magici.» Lesse, prendendo l’ultimo
libro e mettendolo in cima alla pila. «Sul serio, Remus, di cosa si
tratta?»
Remus sospirò, posando il libro e stropicciandosi gli occhi. «Sto
cercando di aiutarti.» Diede un gentile calcio a Sirius con il piede.
«Qualcuno deve tirarti fuori da questo stupido fidanzamento.»
«Oi!” Sirius si accigliò, «Sto facendo tutto quello che posso.»
«Cosa stai facendo?»
«Non ho avuto più punizioni di chiunque altro quest’anno? Devo
ricevere un strillettera alla settimana. E i miei leoni, non
dimenticate i miei leoni alla partita di Quidditch.»
Remus lo fissò, sbalordito. «Queste cose come dovrebbero
aiutare?»
«Sto dimostrando che non sono il tipo da matrimonio.»

308
«Senza offesa, amico.» Aggiunse James, venendo a sedersi sul letto
con loro. «Ma non credo che ai tuoi importi davvero che tu non
sia un tipo da matrimonio.»
«Esatto.» Remus annuì. «Sei l’erede. Devi sposare un altro
purosangue. E la famiglia Black ha una lunga storia di matrimoni
nella stessa famiglia, anche i tuoi genitori sono cugini.»
«Ehm... come fai a saperlo?» Sirius sembrava a disagio.
«L’ho letto.» Remus indicò tutti i libri. «Ci sono un sacco di cose
nella biblioteca sulla tua famiglia. Una delle più antiche case dei
maghi in Gran Bretagna, risalente al Medioevo, quando la sede
della famiglia era a Inverness, in Scozia...»
«So tutto questo.» Sirius agitò una mano.
«Sì, ma lo sapevi che non sei il primo Black che voleva uscire da
un matrimonio?»
«Beh, ovviamente Andromeda... anche se era più lei che si voleva
sposare, solo Ted era il tipo sbagliato.»
«Non solo lei: Lyra Black sfidò i desideri della famiglia nel 1901
per sposarsi con un Crabbe, e Delphinus Black avrebbe dovuto
sposare sua nipote nel 1750, ma la lasciò all’altare e sposò Fidelia
Bulstrode. E nemmeno tuo zio Alphard si sposò mai, anche se non
ci sono spiegazioni...»
«Sì, non dovremmo parlare di lui.» Rispose Sirius nervoso. «Ho
sentito mia madre che si lamentava di lui e sono abbastanza sicuro
che fosse un omosessuale.»
Ci fu un silenzio imbarazzante.
«Mio padre conosceva Alphard.» Disse James. «Ha detto che era
un tipo a posto.»
«È sempre stato gentile con me.» Sirius scrollò le spalle. «Mi ha
lasciato i suoi soldi e tutto il resto, si è assicurato che nessun altro
possa toccarli fino a quando non sono maggiorenne. Rende furiosi
i miei genitori, sai, che non ha restituito tutti i suoi soldi al caveau
309
di famiglia, quindi devo dargli credito per questo, anche se era...
beh, chissene.»
La gola di Remus era molto secca e si schiarì la voce, volendo
andare avanti.
«Quindi, comunque, questo dimostra che puoi uscire da questo
genere di cose. L’unico problema è che non riesco a trovare nessun
buon dettaglio su come ne siano usciti.»
«Non preoccuparti.» Disse Sirius cupo. «Anche se lo scoprissi
nessuno di loro aveva mia madre con cui fare i conti. Sai com’è.
Probabilmente ci farà fare il voto infrangibile.»
«Non lo farebbe!» Disse James, sbalordito.
«Lei farebbe qualsiasi cosa.» Sirius annuì.
Remus si masticò il labbro, pensieroso. Non sapeva cosa fosse il
voto infrangibile: sembrava magia oscura. Da quello che aveva già
letto sulla Casa dei Black, sapeva che la sezione riservata della
biblioteca avrebbe probabilmente dovuto essere la sua prossima
tappa. Avrebbe dovuto prendere in prestito il mantello di James e
andarci di notte. Non importava. Si rifiutava di farsi scoraggiare.
Lo doveva a Sirius.
Remus non aveva detto una volta a Sirius che il suo problema era
senza speranza, inevitabile? E Sirius non aveva lavorato
instancabilmente, imparato a eseguire complicate magie standard
NEWT, solo per aiutarlo? Non era diverso. Doveva solo lavorare
di più. Sapere che anche Narcissa stava lavorando al problema era
stranamente confortante. Remus sapeva dalle sue maledizioni che
doveva essere una strega molto abile e intelligente, e non c’erano
dubbi che lei di solito otteneva ciò che voleva.
Sposerò Lucius e questo è tutto. Ricordava che Vitious gli aveva detto
che l’amore (l’amore naturale, quotidiano, umano) era uno dei tipi
più potenti di magia. Anche se Remus personalmente non pensava
che l’accoppiamento tra Lucius e Narcissa fosse naturale,
310
esattamente, sapeva che era molto più potente dell’onore della
famiglia. Doveva esserlo.

311
Esami
Maggio 1973
Il periodo degli esami iniziò nel momento peggiore possibile per
Remus, verso la metà di maggio, proprio quando era prevista la
luna piena. La luna stessa cadeva di venerdì, il che significava che
quella mattina poteva fare il suo test di Pozioni, ma perse l’intero
fine settimana a dormire, quando avrebbe davvero preferito
ripassare. Inoltre, la luna aveva indebolito completamente la sua
magia.
Aveva pensato che stesse accadendo meno durante il secondo
anno ma mentre i loro esami si avvicinavano, che fosse per i nervi
o l’allungamento delle giornate, Remus scoprì che la sua magia
diventava più forte, più selvaggia e più difficile da controllare. Il
minimo movimento della bacchetta causava i risultati più fantastici
e a volte aveva appena finito di pronunciare l’incantesimo prima
che la luce uscisse dalla sua punta, facendogli formicolare le dita
per lo shock.
James aveva cominciato a dire «Calmati, Moony!» almeno tre o
quattro volte al giorno, quando Remus cercava di fare pratica su
vari incantesimi e trasfigurazioni di base che inevitabilmente
andavano troppo oltre. Aveva pensato che fare semplici
incantesimi avrebbe potuto aiutarlo a ottenere un po’ di controllo,
ma a quanto pare non era così dato che sfondò la finestra del
dormitorio una terza volta nel tentativo di far levitare il suo set di
gobbobiglie.
«Reparo.» Mormorò Sirius, alzando lo sguardo dai suoi libri di
astronomia.
La finestra si riparò immediatamente. Remus sospirò.

312
«Hai davvero bisogno di rilassarti, amico.» James sorrise.
«Comunque non abbiamo esami pratici fino alla prossima
settimana.»
«Sono così indietro, però!» Remus borbottò, raccogliendo i suoi
gobbobiglie e rimettendoli nella scatola.
«Se tu sei indietro allora io cosa sono?!» Peter gemette dal
pavimento, dove aveva cinque testi sparsi davanti a sé, tutte
materie diverse. «So che farò schifo in Trasfigurazione, il mio
coniglio non si è trasformato per niente quest’anno, e so che ci farà
fare qualcosa di veramente difficile.»
«Almeno sei bravo in Pozioni.» Remus ribatté. «Ed Erbologia, non
ricordo mai quali foglie significano cosa...»
«Mi hai battuto al nostro ultimo quiz di Erbologia.» Gli ricordò
James. «E ci batti tutti quando si tratta di Storia della Magia, ho
copiato i tuoi compiti tutto l’anno.»
«Ma tu sei il migliore a Transfigur-» Iniziò Remus, ma fu interrotto
da un forte tonfo quando Sirius gettò a terra il suo libro di
Astronomia.
«State zitti tutti?! Sto cercando di ripassare!» Urlò alzandosi. «Siete
come un gruppo di vecchie che chiacchierano. Vado in biblioteca.»
Si tirò la borsa sulla spalla e si precipitò fuori dalla stanza.
Rimasero in silenzio per un po’: Peter, rosicchiandosi il labbro,
sembrava sull’orlo delle lacrime e James sospirò.
«Ignoralo, è solo di pessimo umore perché deve tornare a casa
presto. Non che lo biasimi.» Aggiunse subito. «Con i suoi genitori,
e tutto il resto.»
«Suppongo tu abbia ragione.» Remus scrollò le spalle, anche se non
pensava che fosse una scusa abbastanza buona, davvero.
Non è che nemmeno Remus, aspettasse con ansia le vacanze
estive. Va bene, non doveva sposare sua cugina o partecipare a
strani banchetti soffocanti, ma nemmeno Sirius doveva essere
313
rinchiuso in una cella una volta al mese, o nascondersi da ragazzi
molto più grandi e cattivi la cui più grande gioia era spingere la tua
testa nel gabinetto.
«Allora non starà più con te, James?» Chiese Peter nervosamente,
probabilmente non vedeva l’ora di un’estate senza Sirius, perché
significava che avrebbe avuto James tutto per sé.
«Nah.» Rispose James suonando molto meno allegro alla
prospettiva. «L’invito è ancora valido, ovviamente... per tutti.»
Osservò Remus. «Ma non pensiamo che verrà dopo il fiasco di
Natale. Pensa che sarà rinchiuso completamente fino alla
cerimonia di fidanzamento.»
Remus sentì una fitta di colpa nel petto. Non aveva ancora trovato
una soluzione praticabile, e tra il ripasso e la luna piena non ci
aveva nemmeno pensato bene in due settimane. A giudicare dal
comportamento di Narcissa nei corridoi, maledire chiunque la
guardasse di traverso, non le era andata molto meglio.
«Be’, se continua a comportarsi in quel modo, la prossima volta
perderà più dei suoi capelli.» Disse Peter duramente, sfogliando i
suoi appunti.
«Cosa vuoi dire?» James si accigliò, mettendosi a sedere. «Stai
dicendo che è tutta colpa sua?!»
«No!» Peter sembrava allarmato dal tono di James. «No, voglio dire
solo... beh, sai che l’altro giorno ha messo tutti quegli striscioni
della casa di Grifondoro nel suo baule. Vuole metterli in camera
sua per infastidire i suoi genitori. Cose come queste sono
esattamente ciò che lo mette nei guai.»
«Non c’è niente di sbagliato in un po’ di orgoglio per la propria
casa.» James tirò su col naso sulla difensiva, anche se lanciò uno
sguardo nervoso al baule di Sirius.
Remus non volle essere coinvolto. Personalmente, era d’accordo
con Peter e Narcissa: Sirius era il suo peggior nemico, la maggior
314
parte delle volte. Per qualcuno così intelligente e dotato, mancava
completamente di sottigliezza, o addirittura di previdenza. Se non
avesse parlato in ogni occasione, forse non si sarebbe ritrovato
fidanzato a tredici anni. Remus sapeva meglio di chiunque altro
l’importanza di mantenere un profilo basso, specialmente quando
eri diverso da tutti quelli che ti circondavano.
James, che era più simile a Sirius che a Peter o Remus, era in totale
disaccordo. Nella sua mente la cosa più importante era reagire
sempre ma se tutto era una battaglia, inevitabilmente qualcuno
doveva perdere. E finché non fosse stato maggiorenne, sarebbe
stato sempre Sirius.

«Eccellente, signor Potter!» La McGranitt esplose in modo


insolito, mentre James trasformava i suoi conigli in un perfetto
paio di pantofole di velluto rosso con un bordo di pelliccia.
Remus prese un respiro profondo, cercando di comporsi per
provare. Era trascorsa una settimana e mezza dalla luna piena e
finalmente aveva ripreso il controllo, anche se a volte i suoi nervi
avevano ancora la meglio su di lui. Guardò Sirius agitare
pigramente la sua bacchetta sui suoi conigli e anche loro si
trasformarono in un adorabile paio di stivaletti di lana nera.
Le pantofole di Peter avevano ancora orecchie e coda anche dopo
tre tentativi e lasciarono escrementi sulla scrivania. Quando fu il
turno di Remus, chiuse gli occhi, sentendosi stordito, prima di
pronunciare finalmente l’incantesimo.
Le pantofole non erano così belle come quelle di James e Sirius,
ma erano indossabili e almeno non avevano più tratti leporini,
anche se rimanevano di un marrone opaco. Almeno sapeva di aver
fatto del suo meglio sui test di teoria, su tutti i test di teoria. Era
soddisfatto di aver ricordato tutto ciò che doveva ricordare per le

315
sue materie preferite, e di non aver fatto troppo orribilmente in
Pozioni, Erbologia o Astronomia.
Alla fine dell’esame di Trasfigurazione, la McGranitt riportò tutti i
conigli al loro stato originale e li rimandò saltellando nella loro
conigliera in fondo alla stanza pronti per il prossimo esame. Iniziò
quindi a distribuire fogli di pergamena che sembravano orari vuoti.
«Sarete consapevoli...» Disse, in modo molto formale. «Che nel
vostro terzo anno potrete scegliere un minimo di due ulteriori
materie da seguire al livello ordinario di magia. Ecco i fogli di
domanda. Se volete pensarci con molta attenzione, esaminando i
meriti di ogni materia, quindi completare il modulo e restituirlo al
mio ufficio entro e non oltre l’ultimo giorno del semestre.»
La classe cominciò a mormorare eccitata e Remus abbassò lo
sguardo sugli argomenti elencati, con grande trepidazione.
Mentre uscivano tutti dalla stanza, Peter iniziò immediatamente a
tormentare James per scoprire quali materie avrebbe preso, in
modo che potesse selezionare esattamente gli stessi.
«Babbanologia.» Sirius disse, mentre si dirigevano fuori nel sole
estivo. «Sicuramente farò Babbanologia.»
Remus alzò gli occhi al cielo. Non c’era da sorprendersi: se una
materia poteva provocare la generale disapprovazione della
famiglia Black, allora era quella.
«Pensi che Evans lo farà?» James si grattò il mento.
Sirius sorrise. «Ne dubito amico, è nata babbana. Potresti
impressionarla con la tua conoscenza, però.»
«Sì... sì, forse...» James abbassò lo sguardo, pensieroso.
«Allora lo fai, James?» Peter chiese ansioso. «Pensi che sarà
difficile? Immagino che potremmo chiedere aiuto a Remus... lo
farai, Moony?»
«Nah.» Remus scosse la testa. «Quale sarebbe il punto? Voi fatelo,
però, così la smettete di chiedermi cose.»
316
Desiderava segretamente che ci fosse una materia di “Studi
Magici” che potesse fare, cosi non doveva sentirsi fuori posto tutto
il tempo. Ma, supponeva, fosse per via dell’arroganza dei maghi.
«Divinazione... è come predire il futuro, giusto?» James si sedette
sull’erba, togliendosi la toga.
Sirius lo seguì, rimboccandosi le maniche della camicia. «Penso di
sì. Sfere di cristallo e foglie di tè.»
«Sembra una figata. Facciamolo.»
Tutti e tre scarabocchiarono i loro fogli. Remus no. Non gli
piaceva l’idea di conoscere il futuro: qualunque cosa gli fosse
riservata, era sicuro che non sarebbe stata piacevole.
Si batté velocemente la tempia con la bacchetta e sussurrò.
«Lectiuncula Magna.» cominciando a leggere le sue opzioni.
«Aritmanzia.» Mormorò. «È come l’aritmetica?»
«Numeri, comunque.» Rispose Sirius. «Dovrebbe essere davvero
difficile.»
«Cura delle Creature Magiche... non lo so.» James sbuffò. «Hai
visto l’insegnante? Ha più cicatrici di Moony.»
«Oi.» Remus gli diede un calcio alla caviglia.
In realtà, Cura delle Creature Magiche gli era sembrato piuttosto
interessante. Dopotutto, lui stesso era una creatura magica.
«Penso che farò Aritmanzia, se la fate anche voi.» Disse Sirius,
ancora leggendo il suo foglio.
«Sarà davvero difficile?» Peter era preoccupato.
«Ti aiuteremo Pete, non preoccuparti.» James disse. «Comunque,
ci sono cose migliori del terzo anno che delle materie extra:
Hogsmeade!»
«Vai da Mielandia tre volte a settimana.» Remus rispose,
rimuginando sulla possibilità di rune antiche.
«Sì, ma c’è Zonko!»
Remus gli sorrise.
317
In realtà era piuttosto eccitato per le uscite a Hogsmeade: non era
mai stato in nessuna delle aree magiche protette oltre a Hogwarts,
ed era stufo di sentire quanto fosse stupenda Diagon Alley. Sospirò
e si sdraiò, guardando le nuvole. Avrebbe pensato alle materie del
terzo anno più tardi, non c’era fretta. Per ora, voleva godersi la fine
degli esami e godersi il pensiero che avevano ancora quasi un mese
intero prima della fine della scuola.
«Oi, Evans!» James si mise a sedere all’improvviso.
Remus sospirò, interiormente. James si era comportato sempre più
come un idiota per quanto riguardava Lily, sin dal banchetto di
mezzanotte.
«Non sono un cane, Potter.» La sua voce echeggiò attraverso i
giardini. «Non urlarmi addosso come se lo fossi.»
«Ciao Sirius.» La voce di Mary ora.
Remus si mise a sedere, sbattendo le palpebre.
Marlene fece un timido cenno di saluto, che lui ricambiò.
«Tutto bene, MacDonald?» Sirius annuì spazzandosi casualmente i
capelli dietro un orecchio; aveva iniziato a farlo ogni volta che
c’erano ragazze in giro. Remus lo odiava.
Tutte e tre le ragazze avevano un gelato, che sembrava un’ottima
idea considerando il clima insolitamente caldo. Lily aveva persino
incantato un ventaglio a seguirle in giro, creando una fresca brezza
ovunque andassero le tre ragazze.
«Facci dare una leccata, allora.» James le fece l’occhiolino, lascivo.
Marlene diventò rossa come una barbabietola e si dissolse in una
risatina ma Lily rimase calma, inarcando un sopracciglio rosso.
«Sembra che tu abbia bisogno di rinfrescarti. Aguamente!» Detto
questo, puntò la sua bacchetta contro i Malandrini e li spruzzò tutti
con acqua gelida.
Remus balzò via, ma lei non stava cercando di prenderlo
comunque. James e Sirius ebbero la peggio e gridarono sgomenti
318
mentre i loro capelli e le loro camicie si inzuppavano. Mary,
Marlene e Lily ridacchiarono di gioia.
«Perché l’hai fatto?» Sirius ringhiò separando i suoi capelli
gocciolanti per guardarle, sembrava un topo annegato.
«Pensavo che vi piacessero gli scherzi?» Lily gli fece l’occhiolino,
prima di voltarsi e dirigersi verso il lago.
«Un incubo completo, quella.» Sirius gemette provando un
incantesimo d’aria calda sui suoi capelli.
«Stai parlando della mia futura moglie.» Replicò James sognante
guardandola allontanarsi. I suoi occhiali si erano appannati
comicamente. «Oh smettila di essere così drammatico, ti
asciugherai in mezz’ora con questo caldo.»
«Dove pensi che abbiano preso il gelato?» Chiese Peter, distante.
Remus sorrise, sdraiandosi di nuovo. Non importava tornare a
casa, fidanzamenti o nuove materie. Per ora, tutto era proprio
come doveva essere.

319
Il lungo ultimo giorno; pt1
Venerdì 29 giugno 1973
Remus era in ritardo e c’era ancora così tanto da fare. Come al
solito aveva dormito più del resto dei Malandrini, e quando si era
svegliato Peter era l’unico rimasto, affrettandosi fuori dalla porta
con un rapido. «Buongiorno Lupin! In bocca al lupo!»
Controllando l’orologio, Remus era balzato fuori dal letto ed era
corso nella doccia in preda al panico. Mentre si pettinava i capelli
allo specchio, pensando cupamente che quella poteva essere
l’ultima volta dato che la Direttrice lo avrebbe reso calvo non
appena fosse tornato a St Edmund’s l’indomani, passò in rassegna
l’elenco nella sua testa.
Prima colazione, ovviamente, non poteva mancare. Se si fosse dato
una mossa, allora avrebbe potuto beccare James e Peter prima che
partissero per le loro missioni. Probabilmente sarebbe stata la sua
unica possibilità di vederli perché oggi, l’ultimo giorno del
semestre, i Malandrini solitamente uniti sarebbero stati nettamente
separati fino alla festa.
Dopo colazione sarebbe dovuto tornare di corsa di sopra a fare i
bagagli, Remus era abbastanza sicuro che avrebbero avuto una
punizione quella sera e forse non avrebbe avuto abbastanza tempo
la mattina dopo prima di prendere il treno. Una volta fatte le valigie
doveva restituire i suoi libri della biblioteca, questo lo riempì di
senso di colpa, non aveva ancora trovato nulla per aiutare Sirius,
nonostante le diverse settimane di ricerche. La loro unica speranza
ora era che i cugini Black sarebbero stati in grado di trovare una
via d’uscita dal fidanzamento dopo che la cerimonia del
fidanzamento si fosse svolta.

320
Mentre si recava in biblioteca avrebbe potuto consegnare il
modulo per le nuove materie all’ufficio della McGranitt, lo aveva
già rimandato troppo a lungo. Poi, restituiti i libri e consegnato il
modulo, Remus pensò che avrebbe dovuto avere tutto il tempo
per incontrare Peter fuori dalle serre alle undici, dove avrebbe
preso il mantello dell’invisibilità.
Se tutto fosse andato come previsto, Remus avrebbe dovuto essere
in grado di prendere gli ombrelli di cui aveva bisogno dalla rimessa
del guardiacaccia, e portarli di nascosto nella loro stanza del
dormitorio. Poi sarebbe stata l’ora di pranzo, Remus sperava di
usare quell’ora per finire di leggere il suo libro in pace, l’aveva
preso in prestito da Sirius e gli era rimasto solo un capitolo, quindi
voleva davvero finirlo prima di andare a casa. Soprattutto perché
dubitava sinceramente che la McGranitt gli avrebbe permesso di
leggere durante la sua inevitabile punizione quella sera.
Poco dopo pranzo, sarebbe cominciata la prima fase del piano di
fine anno dei Malandrini. Avrebbe evitato il caos e avrebbe
ricontrollato di aver imballato tutto, forse anche facendo un po’
dei bagagli di Sirius perché l’altro ragazzo non l’aveva ancora fatto
e Remus sospettava che lo stesse lasciando all’ultimo minuto. Poi
sarebbero iniziati i preparativi per la festa; tutto quello che doveva
fare era presentarsi abbastanza presto per aiutare James e Sirius
con gli incantesimi finali. Ciò era previsto, ovviamente, se nessuno
di loro fosse stato catturato prima di allora.
Ci fu un colpo improvviso alla porta del bagno, proprio mentre
Remus si stava tirando su i jeans.
«Ti ho preso dei toast, Moony.» Disse la voce di Sirius. «Pensavo
di farti risparmiare un po’ di tempo.»
«Oh fantastico, ciao!» Remus richiamò, infilandosi velocemente la
maglietta, come se Sirius potesse vederlo attraverso il legno.
«In bocca al lupo! Ci vediamo questo pomeriggio!»
321
«Sì anche a te!»
Remus sentì i passi di Sirius ritirarsi e scomparire giù per le scale.
Bene, almeno quella era una cosa in meno di cui preoccuparsi.
Emerse dal bagno pieno di vapore e vide il piatto di pane tostato
appoggiato sul suo baule. Quattro fette, Sirius non era stato avaro,
e ciascuna abbondantemente ricoperta con una marmellata
diversa. Remus sorrise e rinnovò la sua promessa di aiutare Sirius
a fare i bagagli più tardi.
Trascorse un’ora piacevole sgranocchiando il pane tostato e
raccogliendo i vari effetti personali che si erano sparsi in lungo e
in largo dal suo letto agli scaffali dei suoi amici, fino alla Sala
Comune. Aveva colto l’occasione per ascoltare Hunky Dory
un’ultima volta, dicendo un affettuoso addio al giradischi per
alcuni mesi.
Il poster di David Bowie che Sirius gli aveva dato per il suo
compleanno non si muoveva più, cosa di cui Remus era piuttosto
contento perché almeno poteva riportarlo a St Edmund’s senza
destare sospetti. Il suo baule non sembrava chiudersi così
facilmente come alla fine dell’estate scorsa e dovette riorganizzare
gli oggetti più volte prima che tutto si schiacciasse all’interno.
Remus si lavò i denti e andò a raccogliere i libri della biblioteca,
ficcandoli nella sua logora borsa. Si chiedeva se la Direttrice
potesse procurargli una nuova cartella per la scuola; badate,
l’ultima volta che ne aveva chiesta una lei aveva colto l’occasione
per insegnargli a cucire. Un’abilità di vita aveva detto. Non si prese
la briga di dirle che l’incantesimo riparatore funzionava molto
meglio, ma anche quello non era più molto utile.
Con la sua lista di materie scelte in mano, si diresse verso la Sala
Comune, dove sembrava che anche ogni altro Grifondoro facesse
le valigie dell’ultimo minuto. Lo spazio solitamente accogliente era
in subbuglio, con grida che imploravano la restituzione di libri e
322
giochi mancanti, studenti che strisciavano sotto i tavoli e
sollevavano divani a caccia di oggetti persi da tempo, gruppi di
ragazze del settimo anno in lacrime che si abbracciano salutando
tutti e gufi che piombavano qua e là.
«Remus!» Mary lo fermò mentre usciva. «Sei tutto solo?»
«Sì.» Annuì, con un sorriso malizioso.
Lei sorrise di rimando. «Oooh, cosa stai pianificando? Io e Marlene
stavamo proprio dicendo come siete stati tranquilli nelle ultime
settimane...»
«Non farmi domande e non ti dirò bugie.» Rispose. «Mi dispiace,
ma devo andare a restituire i miei libri...»
«Lily ti sta cercando.» Disse velocemente.
«Oh, ehm... sarò nella Sala Grande per pranzo. Ma sono un po’
impegnato fino ad allora, dille scusa da parte mia!»
Detto questo, si affrettò attraverso il ritratto e uscì nel corridoio,
altrettanto pieno di studenti che si precipitavano avanti e indietro,
dicendo i loro addii dell’ultimo minuto. Peeves, preso
dall’eccitazione, aveva ovviamente scoperto dove Gazza riponeva
il rotolo di carta igienica e stava lanciando mazzette di carta igienica
a chiunque gli si fosse avvicinato abbastanza.
Con le braccia sopra la testa, Remus corse verso l’ufficio della
McGranitt proprio mentre Peeves sparava alla porta. Remus si
abbassò appena in tempo e Pevees scoppiò a ridere maniacalmente
mentre la McGranitt, avendo sentito il fortissimo *SPLAT*, aprì
la porta del suo ufficio. Guardò Remus, ancora accovacciato
coprirsi la testa.
«Signor Lupin.»
«È stato Peeves!» Si alzò velocemente. «Veramente professoressa!»
«Ti credo.» Fece un piccolo sorriso. «L’umore è sempre alto
l’ultimo giorno del semestre. Hai qualcosa per me?» La vecchia
insegnante guardò la pergamena che stava stringendo.
323
«Oh sì!» Allungò la mano.
«Eccellente, entra Lupin.»
«Ehm...»
Ma difficilmente potevi dire “no” alla McGranitt, o chiederle se
poteva aspettare più tardi. Si chiese cosa diavolo volesse, era
impossibile che Sirius e James erano già stati catturati. Sarebbe
stato abbastanza ovvio non appena fosse stata avviata la prima fase
del piano e non avesse sentito nulla...
«Siediti, signor Lupin. Tè?»
«Ehm... sì, okay.» Si sedette, a disagio.
La McGranitt agitò la bacchetta e la piccola teiera scozzese sulla
sua scrivania iniziò a versare il suo contenuto in due tazze uguali.
«Si serva pure con il latte.» Disse la professoressa distrattamente,
mentre esaminava il pezzo di pergamena che le aveva dato.
«Divinazione.» Disse. «Babbanologia e Aritmanzia.» Non disse
niente. Infine alzò lo sguardo, osservandolo al di sopra dei suoi
occhiali quadrati. «Queste sono le stesse materie che il signor
Potter e il signor Black hanno scelto, se non mi sbaglio? Anche il
signor Minus, eh?»
Remus si limitò ad annuire.
In realtà Peter avrebbe frequentato Divinazione e Babbanologia;
aveva scoperto che dovevi selezionare solo un minimo di due
nuove materie e aveva deciso di non spingersi oltre il necessario.
Remus avrebbe preferito morire piuttosto che accettare meno
lavoro di James o Sirius.
«Mi interessa sapere cosa ti ha spinto a selezionare Babbanologia,
in particolare? Stai pensando a un futuro nell’Ufficio dei Rapporti
tra Babbani, forse?»
«Ehm...» Balbettò Remus.
Non aveva idea di cosa fosse l’Ufficio dei Babbani, ma non
sembrava molto interessante.
324
«Pensavo che avevi avuto una conoscenza sufficiente del mondo
babbano, avendo trascorso gran parte della tua vita in esso.»
«Sì, ma... beh...»
«Non è necessario che tu prenda delle materie semplicemente
perché lo fanno i tuoi amici, Signor Lupin.» Disse la professoressa
McGranitt, più gentilmente di quanto si aspettasse. «Dopotutto,
continuerete a seguire le stesse lezioni di base.»
Remus alzò le spalle. Non sapeva cos’altro fare. Davvero, tutte le
materie lo avevano interessato... okay, forse non Studi Babbani, su
quello aveva ragione... ma alla fine non gli era piaciuta molto l’idea
di perdersi le lezioni con gli altri Malandrini.
«Una delle cose più meravigliose della scuola, signor Lupin.» Iniziò
la McGranitt con tatto. «Sono gli amici; connessioni e relazioni che
durano una vita. So che ti sei fatto dei carissimi amici ad
Hogwarts.»
Remus combatté una smorfia. Doveva farlo sembrare così
femminile?!
Si schiarì la gola, chiaramente divertita dalla sua reazione. «Alcuni
carissimi amici. Ma la scuola è anche il luogo per sfidare noi stessi,
per mettere alla prova il nostro coraggio. Capisci?»
Annuì, perplesso. Sospirò, sorseggiando il suo tè.
«I risultati dei tuoi esami quest’anno sono stati eccellenti, Remus.»
A questo punto si raddrizzò un po’. Lui stesso era piuttosto
soddisfatto dei risultati. Non aveva battuto James a
Trasfigurazione, o Piton e Lily a Pozioni, ma in tutto il resto aveva
alcuni dei voti più alti della sua classe.
«Perciò...» Continuò la McGranitt. «Non mi preoccupo di
permetterti di studiare Aritmanzia che, devo dirti, è uno dei corsi
più impegnativi che offriamo a Hogwarts. Ma mi chiedo se
Babbanologia sia un uso appropriato del tuo tempo futuro.

325
Potresti trovarlo molto noioso, temo. Hai considerato, ad
esempio, Rune Antiche?»
Remus si torse le mani in grembo. Sembrava piuttosto
interessante. Ma aveva passato così tanto tempo a lottare per
leggere l’inglese e mettersi al passo con il resto degli studenti, che
si rifiutava di imparare un’altra lingua. La McGranitt sembrava
capire le sue preoccupazioni, almeno in parte.
«Non lo troveresti difficile come pensi, sai. Sei uno studente
immensamente dotato e un gran lavoratore. Inoltre, i tuoi
compagni Grifondoro la signorina MacDonald e la signorina
McKinnon saranno nella stessa classe.»
Non suonava poi così male, in realtà. Adesso era molto affezionato
alle due M e sarebbe stato divertente passare un po’ più di tempo
con loro. Quanto sarebbe stato bello passare una lezione in cui
non c’era Sirius a mettersi in mostra, nessun Peter che cercava di
copiare i suoi appunti e nessun James che si comportava come un
idiota per attirare l’attenzione di Lily.
«Okay.» Disse. «Ci proverò.»
«Eccellente.» La McGranitt sorrise ampiamente, sembrando
sinceramente soddisfatta. Agitò la bacchetta sopra il modulo per
modificarlo.
«Ehm... professoressa?» Chiese all’improvviso, di nuovo
leggermente nervoso.
«Sì, Lupin?»
«Io... beh, stavo pensando anche ad un’altra materia. Forse... forse
invece di Divinazione?»
Il sorriso della McGranitt si fece ironico.
«Beh, non posso fingere di aver mai visto molto uso della
Divinazione io stessa... a meno che la strega o il mago in questione
non sia veramente dotato della vista.»

326
Remus annuì, supponendo che questo significasse che non era così
dotato.
«Ho pensato, forse... voglio dire, probabilmente è sciocco...» James
aveva detto che era sciocco. Una materia da ragazze. «Uhm... Cura
delle Creature Magiche.» Disse, tutto in fretta.
La McGranitt sembrava sinceramente sorpresa.
«Ti interessa?»
«Ehm... sì, suppongo di sì. Non solo perché sono... sa. Ma... sì, lo
propongo principalmente per quello.»
«Be’, è un argomento molto interessante.» La McGranitt sorseggiò
di nuovo il suo tè. «Dovrei dire che se sei più interessato a questo
che alla Divinazione, allora dovresti cambiare.»
«Fantastico, okay, lo cambi per favore.» Annuì, sentendosi un po’
imbarazzato ma anche abbastanza soddisfatto di sé stesso.
La McGranitt agitò di nuovo la bacchetta. «Tuo padre era piuttosto
dotato quando si trattava di creature magiche, sai.» Lei disse.
Remus inarcò le sopracciglia. «Non lo sapevo.»
«Oh sì.» Annuì. «Un esperto nel suo campo.»
«Il suo... campo?»
«Apparizioni spirituali non umane. Mollicci e fantasmi sai, anche
Dissennatori. Tutti piuttosto malvagi, temo. Cura delle creature
magiche si concentra principalmente sul corpo, vale a dire sulle
creature mortali, ma potresti anche condividere i suoi talenti.»
«Oh giusto. Grazie, professoressa.» Remus si alzò, velocemente.
Adesso non aveva tempo per pensare a suo padre. Aveva così
tanto da fare. «Devo andare in biblioteca.» Indicò la sua borsa
pesante, che si spaccava sulle cuciture.
«Sì, sì, assolutamente.» Annuì la McGranitt. «Grazie Remus. Ci
vediamo stasera al banchetto.»
«Sì, arrivederci!»

327
Quando finalmente uscì dall’ufficio della McGranitt, Remus
guardò l’orologio. Erano le undici meno dieci. Dannazione. Non
c’era tempo per la biblioteca ora, doveva incontrare Peter ai
giardini e di solito ci volevano almeno quindici minuti per uscire
dal castello, a condizione che nessuna delle scale ti costringesse a
uscire dai binari. Sollevando la sua borsa di libri irragionevolmente
pesante, Remus sospirò e si avviò per la sua strada.
Quando raggiunse le serre, sudando e sentendo troppo caldo sotto
il sole splendente, Peter aveva ovviamente aspettato un po’ di
tempo e si stava torcendo le mani.
«Eccoti!» Disse. «Pensavo fosse successo qualcosa.»
«Scusa.» Ansimò Remus, asciugandosi la fronte con la manica. «La
McGranitt voleva fare due chiacchiere. Va tutto bene?»
«Sì.» Annuì Peter, gli occhi che saettavano intorno. «Proprio come
mi ha detto James. Li hai visti?»
«No.»
«Allora dovrebbe andare tutto bene. Ecco.» Peter porse a Remus
il mantello dell’invisibilità.
«Ciao. Oi, torni al dormitorio?»
«Sì, ho ancora bisogno di fare i bagagli...»
«Fantastico, ti dispiace portare i miei libri? Volevo andare a
restituirli alla biblioteca, ma la McGranitt...»
«Okay.» Peter prese la borsa. «Maledizione, Moony!» Gemette,
cedendo sotto il suo peso.
«Ci vediamo a pranzo?»
«Probabilmente. In bocca al lupo!» Peter se ne andò di corsa verso
il castello, lasciando Remus di nuovo solo.
Guardandosi intorno per assicurarsi che la zona fosse sgombra,
Remus non perse tempo ad avvicinarsi al capanno degli attrezzi.
Ci era già stato una volta per una punizione nel primo anno; era
molto più grande all’interno di quanto sembrasse e pieno di vari
328
strumenti per mantenere i vasti terreni di Hogwarts. La serratura
non rispondeva al solito incantesimo di Alohomora, ma si aprì ad
alcuni rapidi colpi con una delle forcine di Lily Evans. Gli aveva
dato la forcina la sera prima con uno sguardo interrogativo, ma
non gli aveva chiesto perché ne avesse bisogno.
Una volta dentro, Remus agì rapidamente trovando il grande baule
nero pieno di ombrelli. Non era del tutto sicuro del motivo per cui
i maghi usassero ancora gli ombrelli; sicuramente c’erano
incantesimi per proteggersi dalla pioggia... Ma, tuttavia, non voleva
che nessuno li ritirasse e rovinasse loro il divertimento. Remus
coprì il baule con il mantello dell’invisibilità e lanciò un
incantesimo dell’assenza di gravità su di esso, prima di far levitare
l’intera scatola fuori dal capanno.
Tornò a piedi fino alla scuola con calma, cercando di non dare
l’impressione di avere in mente niente, nascondendo la bacchetta
sotto le vesti in modo che nessuno potesse vedere che stava
guidando un baule invisibile. Ci volle una buona mezz’ora per
portare sé stesso e il baule attraverso il castello inosservato e senza
incontrare altri studenti. Diverse volte lo dovette far levitare sopra
la sua testa, il che gli richiese molto sforzo e concentrazione.
Tuttavia lo fece, raggiungendo la sua destinazione con un enorme
senso di realizzazione. Lasciò il baule nella stanza del dormitorio e
eseguì un incantesimo sulla serratura. Se qualcuno avesse provato
a evocarli, sperava che non sarebbe stato in grado di aprire la
serratura in tempo per salvarsi. Ripiegò ordinatamente il mantello
e lo lasciò sul cuscino di James.
Peter aveva lasciato cadere la borsa dei libri di Remus ai piedi del
letto, e Remus sospirò tra sé, rendendosi conto che avrebbe
dovuto restituire i libri prima di poter andare a pranzo.
Sollevandola sulla schiena, scese ancora una volta le scale nella Sala
Comune dei Grifondoro.
329
Ancora una volta fu aggredito, questa volta da Lily, che sembrava
estremamente agitata ed estremamente contenta di vederlo.
«Eccoti!» Lei strillò afferrandogli le spalle. «Ti ho cercato
ovunque!»
«Ciao Lily.» Sorrisee educatamente. «Scusa, puoi aspettare? Devo
andare al-»
«Assolutamente no!» Scosse la testa con veemenza. «Possiamo
salire nella tua stanza? Gli altri non ci sono, vero?»
«No.» Sospirò.
Poteva andare in biblioteca più tardi, se avesse saltato il tentativo
di finire il suo libro, o se la sua visita a Madama Chips non fosse
durata troppo a lungo. Seguì Lily su per le scale.
«Di cosa si tratta.» Disse, guardando il grosso baule nero.
«È un baule pieno di ombrelli.» Disse, prontamente.
Lei inarcò un sopracciglio, ma non lo interrogò ulteriormente.
«Ho qualcosa per te.» Posò la borsa sopra il baule, frugandoci
dentro e prese un oggetto molto strano.
Sembrava un foglio di plastica trasparente. Remus aggrottò la
fronte, mentre lei glielo porgeva. Lo rigirò.
«Ehm... Lily...?»
«Mi dispiace che ci sia voluto così tanto tempo, ho dovuto
aspettare un’eternità per l’acetato. Mia madre l’ha avuto da una sua
amica che è un’insegnante. Li usano per i proiettori nelle scuole
babbane. Beh, lo sai, ovviamente.»
Remus annuì, perplesso. C’era stato una un proiettore a St
Edmund’s, ma aveva bisogno di sostituire la lampadina da circa tre
anni e per quanto ne sapeva nessuno era ancora riuscito a farlo.
«Hai un libro?» Lily indicò la sua borsa. «Tirane fuori uno, te lo
mostro.»

330
Obbedì, curioso di vedere dove voleva andare a parare. Aprì il
testo in una pagina a caso, lo mise sul baule, poi vi appoggiò sopra
l’acetato.
«Guarda.» Lei disse.
Remus guardò, in procinto di ritirare la sua bacchetta nel caso
volesse che leggesse qualcosa.
Lei scosse la testa, spingendo via la sua mano. «Guarda.» Gli disse.
Guardò di nuovo, massaggiandosi il collo.
“Ci sono tre elementi chiave per eseguire un voto infrangibile di successo. In
primo luogo...”
«Cosa?!» Esclamò Remus, prendendo il libro e fissandolo.
«Ha funzionato?!» Lily lo guardò con impazienza. «Puoi leggerlo?»
«Io... sì... io... dannazione, Evans!» Voltò di nuovo la pagina,
sostituendo l’acetato. Funzionava. Era molto meno complicato
dell’incantesimo di Sirius.
«Dovrebbe funzionare anche al di fuori di Hogwarts.» Disse, i suoi
occhi verdi scintillanti. «Ho giocherellato un po’ con l’incantesimo,
e c’è un po’ di lavoro con le pozioni, ma dovrebbe durare molto a
lungo.»
«Sei incredibile!» Disse Remus, ancora leggendo. «Grazie mille!»
Di punto in bianco Lily balzò su Remus, gettandogli le braccia al
collo e abbracciandolo. Colto un po’ di sorpresa, Remus si sentì
arrossire.
Non era mai stato abbracciato molto spesso prima, figuriamoci da
una ragazza. Era morbida e i suoi capelli profumavano di mele.
«Volevo farlo in tempo per il tuo compleanno.» Disse facendo un
passo indietro, continuando a sorridere. «Ma ho continuato a fare
casino. Grazie al cielo ha funzionato! Avresti pensato che fossi
pazza se non avesse funzionato!»

331
«Sì, probabile.» Rise nervosamente, ancora riprendendosi
dall’abbraccio a sorpresa. «Grazie Lily, questa è... è semplicemente
una cosa così incredibile.»
«Te lo meriti, Remus.» Disse sinceramente. «Onestamente, lavori
così duramente e stai al passo con Potter e Black.»
Remus alzò le spalle. Ci fu un silenzio leggermente imbarazzante.
«Guarda, ti lascio andare.» Lily disse, alla fine. «Scusa se ti ho
intercettato in quel modo. Ci vediamo alla festa?»
«Sì... sì sicuramente.» Remus guardò di nuovo il libro. «Oh merda,
aspetta. Evans, hai un ombrello?»
«Ehm... penso di sì? Potrei averlo già messo via.»
«Beh tiralo fuori.» Disse, con fermezza. «E portalo alla festa,
okay?»
«...Okay?»
Una volta che se ne fu andata, Remus si concesse un momento per
sedersi. Non poteva credere che l’avesse fatto. Non poteva credere
di non averci pensato! Era così semplice, così elegante. Avrebbe
potuto leggere tutta l’estate! Passò a un’altra pagina.
“È importante notare che il voto infrangibile, una volta fatto, non può essere
sostituito da nessun altro tipo di voto, giuramento o promessa fatta
successivamente, indipendentemente da qualsiasi preoccupazione legale o morale
riguardo al mantenimento di tale voto. È quindi fondamentale che...”
«Oh!» Remus sussultò, all’improvviso. Era come se ci fosse stato
un *CLICK* nel suo cervello e tutto fosse andato a posto. «OH!»
Balzò in piedi.
La biblioteca avrebbe dovuto essere rimandata ancora un po’.

In momenti come questo, pensò Remus, mentre camminava su e


giù per il corridoio buio, gli sarebbe davvero servita la Mappa del
Malandrino completa. Sfortunatamente, fino a quel momento

332
erano riusciti a mappare solo tre quarti del castello ed erano ancora
molto lontani dal taggare ogni studente.
Remus stava aspettando fuori dalla Sala Comune dei Serpeverde
ormai da venti minuti, senza alcuna fortuna. Gli studenti in tunica
verde che gli passarono accanto ignorarono le sue suppliche di
aiuto, e persino il Barone Sanguinario aveva proseguito per la sua
strada con un’annusata sdegnosa. Stava diventando senza
speranza. Avrebbe saltato il pranzo in questo modo. Guardò
l’orologio più vicino. Erano le dodici e mezza. La prima fase del
piano era imminente.
Quando il muro della Sala Comune si aprì di nuovo, il suo cuore
sprofondò ancora di più.
«Bene bene bene.» Piton sorrise. «Avevano detto che c’era un
Grifondoro pazzo in libertà, ma non pensavo che fossi tu, Loony
Lupin.»
Remus sospirò.
«Sparisci, Mocciosus.»
«Non essere così scortese.» Piton alzò la bacchetta. «Dovrei lavarti
la bocca con il sapone.»
«Non pensavo sapessi lavarti.» Remus rispose, asciutto.
«Perché tu-»
«Possiamo evitare?» Remus disse irritato. «È l’ultimo giorno del
semestre e ci sono un sacco di cose che preferirei fare. Puoi solo...
non so, farmi entrare o qualcosa del genere?»
«Lasciarti entrare?!» Gli occhi neri di Piton brillavano di
divertimento. «Perché diavolo dovrei farti entrare?!”
«Ho bisogno di parlare con-»
«Togliti di mezzo, Piton, viscido idiota.» Una voce venne dal muro
dietro Severus; Barty Crouch Jr. uscì, seguito da Regulus.
Remus provò una piccola misura di sollievo. «Regulus! Puoi
trovare Narcissa per m-»
333
«Mordeo!» Senza preavviso, Crouch lanciò una maledizione contro
Remus, che schivò appena in tempo, tirando fuori la sua stessa
bacchetta.
«Expelli-» Iniziò ma era troppo tardi; Crouch lo maledì una
seconda volta e il dolore aumentò vertiginosamente nel cranio di
Remus, la sua testa che gli risuonava.
Era orribile, ma non sussultò. Fece male solo per un po’ e infondo
conosceva il dolore come un vecchio amico. Se pensavano che
qualcosa di così banale lo avrebbe fermato, si sbagliavano di
grosso.
«Cosa vuoi, mezzosangue?» Chiese Crouch sorridendo follemente.
«O sei solo stupido, in giro qui tutto solo?»
«È stupido.» Disse Severus.
«Zitto, Piton.» Disse Crouch, puntando la bacchetta su Severus,
ora.
Remus strinse gli occhi, prestando attenzione. Apparentemente,
Piton non era bravo a farsi degli amici ovunque andasse.
«Zittite tutti e due.» Disse infine Regulus, sembrando annoiato.
Aveva guardato in faccia Remus per tutto il tempo. «Cosa vuoi,
Lupin? È meglio che me lo dica prima che a Barty venga voglia di
fare pratica con uno dei suoi imperdonabili su di te.»
«Ho bisogno di parlare con Narcissa.» Disse Remus, molto
chiaramente e con la massima calma possibile. «È urgente. Si tratta
di... sai, cose della famiglia Black.»
Regulus lo guardò ancora per qualche istante, senza parlare. Era
così simile a Sirius, solo senza gioia o umorismo. Se Remus non lo
avesse saputo, avrebbe detto che Regulus era il fratello maggiore.
«Piton, vai a chiamare mia cugina, va bene?» Disse bruscamente,
senza nemmeno muovere la testa.
Piton sembrava furioso, ma obbedì. Tutti facevano quello che i
Black dicevano? James spesso prendeva in giro Sirius perché si
334
comportava come se fosse un re, ma forse stava solo interpretando
il ruolo per cui era stato cresciuto.
Ben presto Crouch si annoiò e se ne andò, lasciando Regulus e
Remus ancora uno di fronte all’altro in un silenzio tombale. Remus
fu davvero contento di vedere la faccia acida di Narcissa, quando
finalmente attraversò il muro.
«Oh Merlino.» Sospirò fissando Remus. «E adesso cosa c’è?»
«Ci sono arrivato!» Disse velocemente. «Il... il problema. Ho una
soluzione.»
«Oh sì?» Incrociò le braccia, sembrando poco convinta.
«Il voto infrangibile.» Si affrettò, desideroso di tirare fuori tutto in
modo da poter andare. «Non può essere rotto, mai.»
Lei sbuffò «Sì, questo è certamente implicito.»
Remus alzò gli occhi al cielo con impazienza. «Voglio dire.» Disse
più lentamente, il suo coraggio aumentando. «Che se fai un voto
infrangibile, allora non puoi fare altre promesse che lo
contraddicano. Non puoi nemmeno essere costretto a fare altre
promesse. O voti.» Sottolineò l’ultima parola, in modo significativo.
La luce si accese quasi immediatamente negli occhi di Narcissa. Per
un secondo, le sue belle labbra rosa formarono lo stesso “oh” che
Remus aveva fatto solo un’ora prima quando gli era venuto in
mente.
Non ebbe il tempo di parlare, però, perché nello stesso momento
ci fu uno strillo da qualche parte in fondo al corridoio, che fece
voltare tutti loro. Una ragazza Serpeverde uscì di corsa dal bagno
di una ragazza in fondo al corridoio, lamentandosi.
«Sono semplicemente... esplosi!» Disse, svenendo disturbata.
Sicuramente, si potevano vedere attraverso la porta oscillante del
bagno dietro di lei che onde di schiuma rosa stavano fuoriuscendo
dai lavabi e dai servizi igienici. Era davvero magnifico: splendidi

335
grandi cumuli di morbide bolle di sapone fuoriuscivano da ogni
rubinetto e scarico.
«Io ehm... devo andare!» Remus sorrise, facendo l’occhiolino a
Narcissa, poi si mise a correre.

336
Il lungo ultimo giorno; pt2
Il resto del pomeriggio fu a dir poco caotico e Remus sapeva che
Sirius e James, ovunque si trovassero, si stavano divertendo come
matti. Ogni singolo bagno del castello era stato misteriosamente
colpito da un’inondazione di schiuma e nessuno sembrava essere
in grado di fermarla a lungo. Enormi cumuli di bolle intasavano i
corridoi come neve rosa, e quegli studenti che non volevano
giocarci non sembravano preoccuparsi di essere costretti a
ciondolare sull’erba e trascorrere il loro ultimo giorno sotto il sole.
Remus, che aveva già dovuto sacrificare il suo pranzo, aveva
ancora bisogno di andare in biblioteca e restituire i suoi libri,
aiutare Sirius a fare i bagagli (anche se in realtà, si disse, mentre
saliva le scale verso la torre di Grifondoro, aveva fatto abbastanza
per aiutare Sirius in un giorno) e vedere Madama Chips per un
controllo di fine anno. Doveva anche arrivare presto nella Sala
Grande per aiutare James e Sirius con la fase finale del loro piano.
Non era una magia complessa, ma era forte e idealmente aveva
bisogno di quante più bacchette possibile.
Prima la biblioteca, pensò tra sé deciso mentre entrava nell’ormai
desolata Sala Comune. Almeno adesso non c’era nessuno a
trattenerlo. Uno degli altri era stato nella stanza del dormitorio
dall’ultima volta che Remus l’aveva lasciata, perché era ancora più
disordinata di prima e il mantello dell’invisibilità ora era
scomparso.
James, che probabilmente era il più ordinato di tutti e quattro,
aveva preparato tutte le sue cose la sera prima e aveva rifatto il
letto con cura. Lo spazio di Remus era in ordine solo perché ora
era completamente vuoto tranne che per il suo pigiama e il libro
vicino al comodino. Apparentemente Peter aveva cercato di fare

337
le valigie ma era stato interrotto a metà: il suo baule era aperto, vari
capi di abbigliamento appesi fuori, una pila di libri di testo sul letto
e la cravatta rossa appesa al telaio. Il letto di Sirius era di gran lunga
il peggiore. Ad un certo punto doveva essere venuto a cercare
qualcosa, perché ogni cassetto del mobile era aperto, le sue
lenzuola erano state strappate e il suo baule era completamente
vuoto.
Remus afferrò la sua borsa dei libri e se ne andò subito, ci avrebbe
pensato più tardi. Avrebbe voluto avere ancora il mantello
dell’invisibilità mentre schivava Peeves ancora una volta. Il
fantasma era nel suo elemento, si tuffava tra i mucchi di schiuma,
poi si lanciava contro ignari studenti e insegnanti. Remus ricordò
brevemente quello che la McGrannit aveva detto quella mattina a
proposito di suo padre “mollicci, fantasmi...” si chiedeva cosa avesse
pensato suo padre - il campione di duelli, il padre Corvonero con
un bel caratterino - di Peeves.
«Buon pomeriggio, signora Pince.» Disse Remus, calmo e
rispettoso mentre entrava in biblioteca.
Era quasi completamente vuota e la vecchia bibliotecaria dalla
faccia schiacciata stava smistando con la sua bacchetta
un’imponente pila di libri restituiti di recente, riportandoli sui loro
scaffali con grande piacere.
«Lupin.» Disse, senza nemmeno voltare la testa per salutarlo.
Posò con cura i suoi libri sul bancone più lontano da lei.
Anche se la biblioteca non lo spaventava più, esattamente, Remus
era ancora piuttosto nervoso con Madama Pince, che avrebbe
chiaramente preferito che a nessuno studente fosse permesso di
toccare i suoi preziosi libri.
«Sono tutti?» Disse, bruscamente. «Lo saprò, se non lo sono.»
«Sicuramente sono tutti.» Disse, indietreggiando lentamente.

338
«Il signor Minus non ha restituito Piante velenose delle isole britanniche,
e il maggiore Signor Black ha tre libri sulla trasfigurazione che non
ha ancora restituito.»
«Oh, okay... ehm... glielo farò sapere quando li vedrò.»
«Scriverò ai loro genitori se non li avrò entro le cinque.»
«Glielo dirò.» Ripeté, quasi fuori dalla porta.
Sospirando di sollievo, si diresse verso l’infermeria a passo lento,
combattendo l’impulso di buttarsi a capofitto in una battaglia a
palle di neve che i Tassorosso stavano facendo contro i Serpeverde
con la schiuma.
Sembrava che l’incantesimo stesse ancora andando forte: ancora
più bolle stavano uscendo dai bagni accanto cui passava e, se non
si sbagliava, stavano diventando più grandi. Non aveva idea di
dove fossero Sirius, James e Peter in quel momento, ma sapeva
che dovevano divertirsi immensamente.
«Remus, caro!» Madama Chips sorrise mentre entrava
nell’infermeria. «Grazie per essere passato, so che preferiresti di
gran lunga divertirti con i tuoi amici oggi.»
Alzò le spalle con un piccolo sorriso. «Non mi dispiace.»
«Solo poche cose prima dell’inizio dell’estate... Andiamo nel mio
ufficio?»
La seguì dentro e accettò il piatto di biscotti che lei gli offrì con
gratitudine: il suo stomaco brontolava per aver saltato il pranzo.
«Ora.» Madama Chips si sedette, tirando fuori dal nulla i suoi
appunti sui pazienti. «Ho provato a contattare la tua Direttrice a St
Edmund’s alcune volte... sembra che non capisca come funziona
la posta. Continua a cercare di convincermi a parlarle in qualche
congegno babbano. Le ho detto che non abbiamo un telefono a
Hogwarts, ma non credo che mi creda...»
«No.» Remus soffocò una risata. «Non penso che ci crederebbe.»

339
«Ad ogni modo, tra di noi siamo riusciti a concordare che sarò
presente prima e dopo la tua reclusione per entrambe le lune piene.
Le ho spiegato che le tue condizioni sono diventate... più difficili
nell’ultimo anno, ma che non dovrebbero esserci rischi per nessun
altro a scuola.»
«Giusto.» Remus annuì.
Ora che si era abituato all’idea, era abbastanza contento che
Madama Chips sarebbe stata lì, per quanto brevemente, durante le
vacanze. In ogni caso, avrebbe reso le lune piene leggermente
meno cupe.
«Voglio che tu ti assicuri di prenderti cura di te lo stesso nel
frattempo. Mangia pasti completi e mantieni un buon equilibrio tra
riposo ed esercizio.»
Remus non ebbe il coraggio di dire a Madama Chips che aveva ben
poca voce in capitolo su quando gli era permesso di riposare e
quanto spesso si esercitava mentre viveva a St. Edmund’s.
Nessuno a Hogwarts sembrava capire che tipo di istituzione fosse.
Dopodiché, controllò alcune delle sue ferite della luna precedente
per assicurarsi che stessero guarendo correttamente, quindi eseguì
alcuni incantesimi diagnostici. Erano quasi le quattro quando
tornò alla torre Grifondoro per quella che sembrava la centesima
volta quel giorno.
Gazza non era ancora riuscito a domare la schiuma, ma almeno
aveva smesso di schizzare da ogni rubinetto e scarico del castello.
Gli altri dovevano essersi annoiati e essere passati a qualcos’altro.
Mentre Remus saliva sulla torre, vide alcuni studenti che volavano
oltre le finestre sulle loro scope. Era una splendida giornata fuori,
probabilmente anche gli altri Malandrini erano là fuori a sfruttarla
al meglio.
Ebbe uno shock quando raggiunse il dormitorio.

340
«Ciao Moony.» James gli sorrise. Era solo, dalla parte di Sirius della
stanza. Stava facendo i bagagli. «Bel lavoro a prendere gli
ombrelli.»
«Sì, ben fatto con la schiuma. Gazza è furioso.» Si strofinò la nuca,
sentendosi a disagio. «Dov’è Sirius?»
«A fare qualcosa di stupido sulla sua scopa, credo. Pensavo di
sistemare le cose per lui.»
«Vuoi una mano?»
«Nah, non preoccuparti. Non volevi leggere un libro o qualcosa
del genere?»
Remus alzò le spalle. Adesso si sentiva un po’ imbarazzato.
Sembrava giusto che James lo facesse; dopotutto era James il
miglior migliore amico di Sirius.
«Okay, ti aiuterò.» Disse casualmente, come se in ogni caso non
importasse molto. «Sai che odio volare.»
«Gentile da parte tua.» James sorrise facilmente, raccogliendo un
po’ del disordine di Sirius e sistemandolo velocemente. Remus
iniziò a mettere in ordine i dischi, impilandoli in ordine alfabetico
perché a Sirius piaceva così.
«Mettili nel mio bagagliaio.» Disse James facendo cenno alla
scatola dei dischi. «Anche i libri babbani. Ha detto di prendermene
cura per lui. Sai, come stanno le cose con sua madre e suo padre.»
Remus annuì, portandoli al letto di James.
«Sarà un’estate di merda, senza voi due.» Osservò James,
sembrando sinceramente dispiaciuto.
«Sì.» Remus rispose, non proprio sicuro di cos’altro dire.
«Sirius pensa... pensa che potrebbe non tornare a settembre.»
«Che cosa?!» Remus alzò lo sguardo all’improvviso, allarmato.
James si accigliò. «Sì, pensa che con questa cosa del fidanzamento
... potrebbero mandarlo a Durmstrang. Per tenerlo fuori dai guai

341
finché non riescono a farlo sposare. Abbastanza drastico penso,
ma non lo escluderei.»
«La cerimonia del fidanzamento potrebbe non accadere, però...»
Disse Remus velocemente. «Ho la sensazione... mi sento come se
Narcissa non lo lascerà succedere.»
Non voleva ancora dire niente a James... James lo avrebbe detto a
Sirius, e Sirius avrebbe potuto essere infastidito dal fatto che
Remus era andato alle sue spalle a parlare con la sua famiglia. E se
non avesse nemmeno funzionato? Meglio non far sperare nessuno.
«Narcissa?» James lo guardò con curiosità. «Di cosa stai parlando?»
«So solo che lei non vuole sposare Sirius più di quanto lui voglia
sposarla, ecco tutto.» Remus scosse la testa. «Devo mettere anche
le sue riviste babbane nel tuo baule?»

«Che anno meraviglioso è stato.» Disse Silente raggiante nella Sala


Grande mentre gli ultimi frammenti della festa di fine anno
svanivano dai loro piatti. A Remus sarebbe mancato il cibo più di
ogni altra cosa, e aveva preso tre porzioni di pudding. Corvonero
aveva vinto la Coppa della Casa quell’anno e la sala era addobbata
con stendardi di seta blu e bronzo. Ogni volta che il tavolo di
Corvonero aveva esultato durante il pasto, Remus aveva sentito
uno strattone dietro il suo ombelico e aveva pensato a suo padre.
Il discorso di Silente continuò. «Sono immensamente orgoglioso
di tutti voi, ovviamente. Ora che siamo tutti ben nutriti, ho poche
parole che vorrei dire...»
«Pronti ragazzi?» Sussurrò Sirius sottovoce, così piano che solo i
Malandrini poterono sentire.
Silente continuò. «...Congratulazioni ancora una volta a
Corvonero...»
«Adesso!»
«...Vincere la casa di quest’anno-»
342
Ci fu un urlo dall’estremità opposta del corridoio e tutti si
voltarono a guardare ogni singolo calice sul tavolo di Corvonero
che sgorgava all’improvviso bolle rosse e dorate. Spararono verso
l’alto in grandi geyser, colpendo il soffitto e scoppiando in una
pioggia di gocce luminose, che caddero come pioggia sugli studenti
sottostanti, macchiando le loro vesti con strisce cremisi di
Grifondoro.
«Continuate così!» Sussurrò Sirius, la sua voce alta per l’eccitazione,
mentre i Malandrini azionavano le loro bacchette usando ogni
grammo di concentrazione.
Immediatamente, anche i calici su ogni altro tavolo esplosero,
provocando lo stesso effetto mentre gli studenti urlavano e
cominciavano ad accovacciarsi per ripararsi i capelli, la pelle e gli
abiti macchiati di rosso e oro vibranti.
Nemmeno il tavolo dei Grifondoro si salvò; non volendo perdere
il divertimento, James aveva insistito per farlo. Lily Evans aveva
portato il suo ombrello e sorrise maliziosamente a Remus mentre
Mary e Marlene lottavano per stiparsi sotto con lei. Nell’angolo più
lontano della sala, Remus vide una furiosa Narcissa nascosta sotto
il tavolo, i suoi lunghi capelli bianchi striati di rosso e oro che
cozzavano terribilmente con la sua carnagione di porcellana.
Stava fissando suo cugino ribelle così male che Remus si chiese
come Sirius non fosse morto sul posto. Ma si consolò pensando
che quell’incidente non poteva che aver cementato nella sua mente
l’idea che doveva sfuggire al matrimonio con Sirius a tutti i costi.
«Omnistratum!» Disse Silente calmo, puntando la bacchetta al
soffitto. Immediatamente, le bolle scoppiarono ed evaporarono
nel nulla, come se un grande campo di forza fosse
improvvisamente apparso sopra le loro teste. «Scourgify!» Il preside
sorrise piacevolmente, ora agitando la bacchetta per tutta la sala.

343
Istantaneamente, la vernice rossa e dorata scomparve dai tavoli,
dal pavimento e dagli studenti.
L’ordine fu stato ripristinato.
«Aw.» James sospirò, deluso.
«Un modo eccellente per celebrare la vittoria di Grifondoro sul
campo di Quidditch quest’anno.» Silente si schiarì la gola, mentre
gli studenti si arrampicavano sui loro posti, guardando
nervosamente i loro calici. «E mentre accolgo con favore e
incoraggio le manifestazioni di orgoglio della casa, vorrei che tutti
ricordassero che la vera sportività risiede nella capacità di cedere
con grazia la vittoria. Per favore, unitevi a me per alzare i bicchieri
a Corvonero, i vincitori della Coppa delle Case di Hogwarts 1973.»
Remus aveva la spiacevole sensazione che sebbene Silente non
guardasse nella direzione dei Malandrini, erano assolutamente il
pubblico previsto per questo ammonimento. Si vergognava un po’,
ma solo un po’. Era difficile dispiacersi troppo quando non era
stato fatto del male, ed era così pieno di cibo eccellente.
James e Sirius stavano già programmando il finale del prossimo
anno, Peter sorrideva e annuiva come un sempliciotto. Lily fece
l’occhiolino a Remus mentre sollevavano i loro calici, e lui sperava
che nulla sarebbe mai cambiato.

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TERZO ANNO

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INDICE
1. Estate 1973 349
2. Di nuovo a casa 357
3. Animali fantastici 366
4. Il mercato nero di Hogwarts 375
5. Hogsmade 385
6. I più nobili e antichi 395
7. Il Lumaclub 405
8. James Potter e lo sterco di elefante grumoso 413
9. Sirius compie 14 anni 422
10. Conosci te stesso 432
11. Filomena Minus 442
12. L’uomo che gridò al lupo 454
13. Fiducia 465
14. Davey Gudgeon 473
15. Marlene 482
16. Greyback 490

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Estate 1973

Sabato 30 giugno 1973

Caro Remus,
Sono tornato a casa dei miei genitori solo da mezz’ora e mi è stato detto già
che sto portando vergogna alla mia famiglia cinque volte. Cinque. Tre di quelle
volte nemmeno da persone viventi: i ritratti dei nostri antenati hanno deciso di
provarci.
Sto per iniziare ad attaccare la mia roba di Grifondoro adesso, penso.
Spero il tuo ritorno sia stato okay.
Sirius O. Black

Caro Sirius,
Il tuo gufo è arrivato prima ancora che io tornassi: abbiamo dovuto prendere
due metropolitane e un autobus, ci sono voluti anni. Mi dispiace per la storia
della tua famiglia. Stai attento. Vorrei che tornassimo tutti a scuola.
Remus.

Venerdì 13 luglio 1973

Caro Moony,
Vieni a trovarci presto, io e Peter moriamo di noia!
Non inviare a Sirius nessun gufo: sua madre ha intercettato il mio e li ha
restituiti tutti con maledizioni allegate! Fortunatamente papà l’ha notato
prima che causassero problemi, ma dannazione! Potrei provare a contattare
sua cugina Andromeda per capire come manda la posta. Penso che sia il modo

349
dei babbani, ma Godrick sa come dovremmo capirlo... non ho ancora nemmeno
aperto i miei libri di Babbanologia.
Fammi sapere se puoi venire a trovarci. Ricorda che mamma ha detto puoi
venire in qualsiasi momento. Possiamo parlare con la tua Direttrice e Madama
Chips, il Ministro della Magia, se necessario!
James.

Caro James,
So come funziona la posta, ma dovrei trovare alcuni francobolli. E non so qual
è l’indirizzo di Sirius.
Ho chiesto a Chips dopo l’ultima luna... lei ha detto di no. Ha detto che il
mondo magico è troppo pericoloso per me. Non so se intende dire che sono io
quello pericoloso.
Scusa amico.
Moony.

Domenica 5 agosto 1973

Caro Moony,
Non crederai a quello che è successo... sul serio. La cerimonia era pronta per
iniziare, ero nel mio orribile abito verde (con polsini di pizzo nero.. PIZZO,
Moony. Immaginati solo quello. Avresti pensato che sembrassi un vero idiota).
Poi arriva Narcissa, con indosso qualcosa che sembrava appartenere a mia
nonna. E non sembrava felice, quindi ho pensato... beh, abbastanza giusto,
non sono esattamente entusiasta neanche io. Ma poi si alza in piedi, davanti
a tutti e dice: «Dobbiamo fermarci subito». Quindi, tutti si fermano, e mia
madre sembra che stia per iniziare a sputare maledizioni, e mio zio sta
chiedendo a Narcissa «a che gioco stai giocando” e Regulus mi sta sorridendo
e anche Bellatrix sta sorridendo, solo che sembra una un po’ più pazza di Reg.
Poi Narcissa sussurra qualcosa ai suoi genitori e mia zia
350
LETTERALMENTE SVIENE. Non ti prendo in giro. E tutti
mormorano e sussurrano, e mia madre non ce la fa più e chiede di sapere cosa
sta succedendo, così Narcissa si alza, GUARDA MIA MADRE
NEGLI OCCHI e glielo dice.
Ha fatto un voto infrangibile per sposare Lucius Malfoy non appena avrà
finito i suoi NEWT.
Non ricordo se ti ho detto cos’è un voto infrangibile, ma fondamentalmente non
può non sposare Malfoy ora; altrimenti moriranno entrambi. Non so se dovrei
essere un po’ offeso a questo punto, ad essere onesto. Voglio dire, cosa dice di
te quando una ragazza preferirebbe morire piuttosto che sposarti, anche se è
tua cugina?
Comunque, come probabilmente puoi immaginare, tutta la famiglia Black è
in guerra, nessuno si parla perché mio padre e mio zio sono finiti per lanciarsi
alcune maledizioni.Non posso credere a quello che Narcissa fa fatto. Scherzi
a parte, ho pensato mi piacesse per un secondo prima di ricordarmi che è ancora
Black e una Serpeverde, e tra tutte le persone vuole sposare quel viscido idiota
di Lucius Malfoy.
Ma sembra che io sia fuori dai guai. Non mi sono rimaste altre cugine da
sposare adesso. Tutti sono furios, ovviamente, ma per una volta nessuno è
furioso con me. Penso che probabilmente tornerò a Hogwarts a settembre, ho
sentito la mamma parlare invece di fare di Reg l’erede. Ma non me ne potrebbe
fregare di meno di ereditare questa sporca casa o la loro disgraziata fortuna.
Preferisco piuttosto mi lascino in pace e continuino a ignorarmi per sempre.
Spero che la tua estate stia andando bene come la mia (anche se non riesco a
vedere come possa essere perché... onestamente, che fottuto risultato, eh Moony
??)
Ci vediamo tra qualche settimana.
Sirius O. Black

Lunedì 6 agosto 1973


351
Caro Moony,
Scommetto che Sirius ti ha già detto la bella notizia, ma nel caso non l’abbia
fatto... IL FIDANZAMENTO NON SI FARÀ! Avevi ragione, alla
fine è toccato a Narcissa. Hai delle abilità prodigiose, amico Remu, non ti va
di darmi delle quote per la coppa del mondo di Quidditch del prossimo anno,
vero?
Sto passando davvero un’estate noiosa da solo. Pete e tutta la sua famiglia
sono andanti a trovare i loro parenti francesi, quindi non ho nemmeno nessuno
che mi aiuti a esercitarmi nel Quidditch. Spero che la tua estate non vada poi
così male. Ho pensato che forse potresti chiedere a Madama Chips di portarti
a Diagon Alley in agosto? O forse potremmo incontrarci e riportarti indietro
dopo? La mamma continua a chiedere di te, le piacerebbe vederti di nuovo.
Mettiti in contatto se puoi.
Tuo nella noia eterna,
James

Lunedì 13 agosto 1973

[Cartolina raffigurante la Torre Eiffel in primavera]


Caro Remus,
Bonjour da Parigi!
Spero che le tue vacanze stiano andando bene. Vorrei che foste qui.
Peter.

Remus rispose a ciascuna di queste comunicazioni con vigore,


molto più di quanto avesse fatto l’anno prima. I Malandrini
avevano visto abbastanza della sua calligrafia per sapere quanto

352
fosse traballante, e non pensava che si sarebbero preoccupati di
qualche errore di ortografia. Disse a James che era molto
dispiaciuto, ma non poteva venire a Diagon Alley (Madama Chips
aveva detto che neanche quello era sicuro e non gli avrebbe detto
il perché) e si era congratulato con Sirius per il suo status di scapolo
riconquistato a fatica, ma non gli disse che lui, Remus, aveva
qualcosa a che fare con la questione. Sarebbe stato troppo come
vantarsi, e non voleva che Sirius si sentisse come se gli dovesse
qualcosa.
L’estate di Remus fu forse noiosa quanto quella di James e Sirius,
ma più piena di buone intenzioni di qualsiasi estate precedente.
Madama Chips era stata fedele alla sua promessa ed era arrivata la
sera prima e la mattina dopo ogni luna piena. Perciò, trascorse
meno tempo coperto di bende e ebbe più tempo per leggere e
pianificare il suo anno a venire.
Quando i suoi libri arrivarono per gentile concessione di Silente e
del cestino dei materiali di seconda mano di Hogwarts, Remus era
entusiasta di essere in grado di leggere. Aritmanzia era molto
difficile, ma la sfida era eccitante e Cura delle Creature Magiche era
assolutamente coinvolgente, se non altro per le fantastiche
illustrazioni a colori.
Perfino la Direttrice commentò, un po’ sospettosamente, che
Remus era cambiato molto dopo due anni di assenza a scuola.
«È bello vedere che ti stai tenendo fuori dai guai.» Disse una
mattina, quando lo trovò seduto in fondo al giardino che leggeva
un pesante libro di testo usando il suo magico foglio di acetato.
In quel momento, Remus la guardò semplicemente strizzando gli
occhi e sorrise benevolmente. Naturalmente lei non aveva idea che
prima della fine dell’estate avrebbe commesso il suo primo grave
crimine.

353
Sin dal suo Natale con i Potter, Remus era stato afflitto da un
problema in particolare, e non era sicuro del modo migliore con
cui affrontarlo. I soldi. Non ne aveva; babbani o magici, Remus
era il più povero possibile. Questo non aveva mai avuto molta
importanza: St Edmund’s provvedeva ai suoi bisogni primari e
Hogwarts gli dava tutto il resto.
Ma gli sarebbe piaciuto, come minimo, poter ricambiare la
generosità che i suoi amici gli avevano dimostrato. Gli avevano
comprato innumerevoli dolci e regali; Sirius gli aveva dato la
capacità di leggere, per carità, e Lily da sola aveva salvato la sua
estate. Da un po’ di tempo, Remus aveva deciso di accettare la
prima offerta che gli avrebbe portato del denaro in tasca.
Fortunatamente per Remus, questa opportunità si presentò in un
caldo pomeriggio di giugno. Stava leggendo di nuovo,
naturalmente, seduto fuori su una panchina all’ombra di un
vecchio ombrellone da pub che doveva essere stato donato a un
certo punto nel suo primo anno. Ora aveva tredici anni, mentre
Remus non era tra i ragazzi più grandi a St Edmund’s, non era più
in fondo alla pila, e in genere poteva sfuggire dall’essere pestato
malamente.
Un’ombra cadde sul suo libro e lui alzò lo sguardo. Craig Newman,
uno skinhead di sedici anni, lo fissò. La banda di Craig era in cima
alla gerarchia al St Edmund’s. Tutti ascoltavano il reggae,
indossavano stivali di pelle e jeans stretti sostenuti da delle bretelle.
Alcuni di loro avevano tatuaggi e tutti avevano dei lividi.
«Tutto bene, Lupin?» Craig gli grugnì.
Remus sbatté le palpebre, chiudendo lentamente il suo libro e
chiedendosi se fosse adatto come arma. Comunque era pesante.
«Tutto a posto, Newman.» Annuì, cercando di non sembrare
piccolo e spaventato.

354
Durante l’estate tornò naturalmente al suo vecchio accento,
biascicando parole e lasciando cadere le consonanti. Era più sicuro.
«Stai leggendo?» Craig guardò il libro con aria sospettosa.
Remus si chiese se Craig sapesse leggere.
Si strinse nelle spalle, con nonchalance. «Roba per scuola.»
«Sì.» Annuì Craig.
Remus non mosse un muscolo. Non riusciva a capire cosa stesse
succedendo: Craig voleva davvero solo chiacchierare?
«Sei intelligente, vero?» Il ragazzo più grande disse, all’improvviso.
Remus non sapeva quale risposta fosse più probabile lo facesse
picchiare, quindi non rispose affatto. Non importava, a Craig non
sembrava importare. Si era solo grattato il mento, poi aveva tirato
fuori un pacchetto di sigarette dalla manica della camicia.
«Sì, sei intelligente. Leggi sempre e tutto il resto.» Accese la
sigaretta con un fiammifero di hit boot, poi offrì a Remus il
pacchetto.
Remus allungò la mano e ne prese una. Non aveva mai fumato
prima, ma la maggior parte dei ragazzi di St Edmund’s lo faceva.
Craig gliela accese e Remus inspirò. I suoi occhi si riempirono
subito di lacrime e cercò disperatamente di non tossire e sputare.
Era disgustoso.
Craig lo guardò divertito e continuò. «Sei anche piccolo. Magro,
tipo.»
«Suppongo.» Remus rispose tossendo, guardando Craig inalare e
poi provando a copiarlo.
«Hai voglia di lavorare?»
«Lavorare?»
Craig annuì, i suoi minuscoli occhi fissi su Remus.
«Sì, saresti bravo. Vado in città. Domani notte. Non ho nessuna
sicurezza. Non ho niente. Prenderò qualcosa dalla cassa e

355
dell’alcol. Posso dartene una parte. Devi solo entrare dalla finestra
sul retro.»
«Giusto.» Annuì Remus, come se la prospettiva non lo
terrorizzasse del tutto.
Aspirò di nuovo la sigaretta, questa volta per abitudine. Poteva in
qualche modo vederne il fascino, una volta superato il gusto.
Considerò il suggerimento di Craig.
Da un lato, era dannatamente pericoloso. La banda di Newman
non era nota per la sua finezza e alcuni di loro erano già in libertà
vigilata.
D’altra parte, non sembrava che avesse molta scelta. Quando Craig
Newman voleva che tu facessi qualcosa, in un certo senso dovevi
semplicemente farlo. Inoltre, avrebbe potuto sicuramente trarne
beneficio. I soldi dei babbani erano del tutto inutili per lui,
ovviamente, ma poteva esserci un modo...
Remus guardò Craig Newman nei suoi piccoli occhi da porcellino.
«Voglio solo delle sigarette.»
Craig sorrise e annuì.
E così, Remus iniziò la sua breve carriera come ladro.

356
Di nuovo a casa
In the corner of the morning in the past
I would sit and blame the master first and last
All the roads were straight and narrow
And the prayers were small and yellow
And the rumour spread that I was aging fast
Then I ran across a monster who was sleeping By a tree
And I looked and frowned and the monster was me

Sabato 1 settembre 1973


Dopo il primo lavoro, Craig e la sua banda erano stati così contenti
di Remus che lo avevano portato con sé altre quattro sere, in case
e piccole imprese nelle città circostanti. Anche senza un mantello
dell’invisibilità, Remus scoprì di avere un dono naturale per entrare
in posti in cui non avrebbe dovuto. O almeno questo era quello
che aveva detto Craig comunque. «Ha un talento naturale, questo
ragazzo.»
La natura era una cosa divertente, si ritrovò a pensare Remus, sulla
strada per King’s Cross. Ricordava che James lasciava dietro di sé
una borsa di monete ogni volta che facevano irruzione a Mielandia.
Non era nella natura di James rubare, a quanto pareva. Ma Remus
non pensava che questa fosse una valutazione particolarmente
giusta, quando James non aveva mai avuto bisogno di rubare. Era
l’erede di un’enorme fortuna, proprio come Sirius. E la verità era
che non sai mai di cosa sei capace finché non lo provi. Deve essere
molto facile essere bravi quando non hai motivo di non esserlo.
Tuttavia, Remus aveva deciso di non dire mai agli altri Malandrini
cosa aveva combinato quell’estate, e trascorse il resto del suo
viaggio sognando ad occhi aperti tutti i regali di Natale e di

357
compleanno che avrebbe finalmente potuto comprare ai suoi
amici.
Il baule di Hogwarts di Remus quest’anno era pieno di scatole di
sigarette e sacchetti di tabacco. Tutto il necessario per avviare e far
funzionare un piccolo business: se fosse stato abbastanza bravo,
avrebbe potuto sbarazzarsi della maggior parte della merce prima
di Natale. Quell’anno avevano il permesso di andare a Hogsmeade,
e la Direttrice aveva firmato il suo modulo di autorizzazione senza
troppe storie, anche Madama Chips pensava che probabilmente
fosse abbastanza sicuro per lui andare.
La Direttrice, a quanto pareva, aveva imparato la lezione.
Accompagnò Remus fino a King’s Cross, poi lo lasciò lì, con un
brusco arrivederci. Con il cuore che batteva forte come due anni
prima, Remus volò contro la barriera ed espirò solo una volta
arrivato sano e salvo dall’altra parte. Era di nuovo a casa.
Non gli ci volle molto per trovare Sirius, che era accasciato contro
un pilastro della stazione accanto alla sua famiglia. La signora Black
si stava preoccupando per Regulus, che sembrava più pallido del
solito ed era in piedi con la schiena molto dritta mentre Walpurga
gli pettinava i capelli e gli sibilava nell’orecchio. Stava ovviamente
ignorando il figlio maggiore, i cui capelli sembravano
deliberatamente disordinati e i cui vestiti erano arruffati ad arte e
fuori posto. Remus pensò che fosse meglio non avvicinarsi.
«Ciao Moony.» Qualcuno gli diede una pacca sulla schiena e si
voltò per vedere James e Peter che gli sorridevano.
James era cresciuto di qualche centimetro e il suo viso sembrava
leggermente più magro, ma aveva gli stessi occhi castani luminosi
e la stessa ciocca di capelli neri. Peter era sempre uguale, anche se
sembrava che si stesse riprendendo da una scottatura piuttosto
dolorosa.

358
«Ciao.» Remus sorrise loro in risposta, il suo cuore sobbalzò per
l’eccitazione. Era tutto come avrebbe dovuto essere.
Il fischietto suonò e salirono sul treno per trovare uno
scompartimento vuoto e aspettare Sirius. Gli fu finalmente
permesso di unirsi a loro in quello che sembrò l’ultimo minuto, ed
entrò nella carrozza borbottando cupamente tra sé e sé.
«Mantenere le apparenze un cazzo.»
«Nessun cambiamento su questo, allora.» James fece l’occhiolino
a Remus. Sirius li guardò tutti e il suo viso si aprì in un sorriso.
Quel sorriso alla Sirius Black.
«Pensavo che non vi avrei rivisti mai più!»
«Godrick, devi sempre essere così drammatico.» James gli diede un
pugno sulla spalla, mentre tutti si alzavano per salutarlo.
«Non sai com’è mia madre.» Piagnucolò Sirius, stringendo la mano
di James in una calda e fraterna stretta di mano. Poi vide Remus e
sorrise maliziosamente. «Sei tu Moony?!» Allungò il collo, alzando
una mano come per schermarsi gli occhi e guardando in alto. «Mi
senti da lassù??»
«Ah.» Remus rispose, spostandosi a disagio. «Sono alto come
James.»
«Non più.» Replicò James, avvicinandosi a Remus in modo che
potesse vedere che era davvero più alto del ragazzo dai capelli
scuri.
«Sì, come ho fatto a finire amico con due stangoni, eh?» Sirius
ghignò, dando una pacca sulla schiena a Remus scherzosamente.
«Fortuna che ho te, eh Petey?»
«Mh?» Peter alzò lo sguardo dal suo pasticcino, confuso.
Peter Minus non sembrava più alto di quando aveva undici anni,
sebbene fosse considerevolmente più largo.
Sirius sembrava crescere con grazia e in proporzioni perfette, il che
era tipico. Era un po’ più alto, ma non allampanato come James,
359
snello, ma non smilzo come Remus. Anche la sua mascella si era
allargata durante l’estate, l’ombra della virilità si innalzava nei suoi
lineamenti.
«Giusto.» James si sfregò le mani mentre si sedevano tutti. «Adesso
che è tutto passato direi che è il momento di passare a nuovi affari.
Piani per il nuovo anno?»
«Dobbiamo finire la Mappa.» Disse Remus velocemente. Ci aveva
pensato spesso durante l’estate. «Manca poco e scommetto che
possiamo capire come funziona quell’incantesimo homunculus se ci
impegniamo davvero.»
«Sicuramente.» Disse James. «La Mappa è fondamentalmente la
nostra eredità, giusto? Ci lavoreremo, lo prometto.»
«E quell’altra cosa.» Disse Sirius all’improvviso molto
bruscamente, James e Peter si scambiarono un’occhiata e Remus
sentì un nodo stringersi allo stomaco.
«Quale “altra” cosa?» Chiese, accigliato.
James lo guardò negli occhi, sembrando molto serio. «Solo una
cosa di cui stavamo parlando l’anno scorso. Ti ehm... ti faremo
sapere se decidiamo di andare fino in fondo.»
«Non vogliamo metterti nei guai, Moony.» Peter rise,
nervosamente. «Meno ne sai e meglio è, eh?»
Remus si sentì offeso.
Non era riuscito a cavarsela partecipando alla maggior parte degli
scherzi dell’anno scorso e aveva comunque avuto il minor numero
di punizioni possibili? E non era stato l’unico che avesse nemmeno
tentato di parlare con Narcissa dei problemi familiari di Sirius?
Naturalmente, gli altri non lo sapevano: se avevano avuto un
segreto, avrebbe potuto averne uno anche lui. Guardò fuori dalla
finestra irritato, ignorando il resto della conversazione.
Alla fine, Peter sospirò profondamente. «Dov’è il carrello dei
dolci? Ho fame.»
360
«Ti ho appena visto finire un pasticcino.» James rispose,
leggermente infastidito perché era stato interrotto a metà della
spiegazione del suo piano per stregare tutte le scope della squadra
di Quidditch di Serpeverde durante il loro prossimo allenamento.
«Sì, ma ho voglia di qualcosa di dolce.» Peter fece il broncio,
svuotandosi le tasche e tirando fuori solo involucri vuoti.
Remus colse la sua occasione e alla fine si rallegrò un po’.
«Ci penso io, Pete.» Frugò nella valigia e tirò fuori una manciata di
barrette di cioccolato, scaricandole sul sedile vuoto accanto a lui.
Gli altri tre ragazzi fissarono il mucchio.
«Cosa sono?» Sirius prese una barretta di Mars, sembrando
sospettoso.
«Cioccolato babbano.» Disse Remus. «È buono! Avanti, non
morde mica.»
Peter aveva già scartato e addentato un Milky Way, e sorrideva
incoraggiando gli altri. Remus scelse per sé un pacchetto di
Maltesers, soddisfatto di sapere che per una volta aveva portato lui
gli snack sul treno.

Remus notò che quest’anno erano seduti più lontani dal tavolo
degli insegnanti quando presero posto per il banchetto. Il primo e
il secondo anno ormai erano davanti a loro, i Malandrini non si
trovavano più tra gli studenti più giovani, il che dava loro un inutile
senso di orgoglio e realizzazione.
«Fai Rune, non è vero Remus?» Chiese Lily, lasciandosi cadere
accanto a lui. Si era tagliata i capelli durante l’estate e aveva una
frangia morbida che la faceva assomigliare un po’ a Jane Asher.
«Sì.» Annuì.
«Moony ci abbandoni!» Sirius gemette comicamente, fingendo di
cadere sulla spalla di James, singhiozzando inconsolabilmente.

361
«Su, su.» James diede una pacca sulla spalla del suo amico, in modo
solenne. «Spero che tu sia felice, Remus.» Lo rimproverò. «Deve
essere bello per te passare a cose più grandi e migliori, ma pensa a
noi piccoli che lasci dietro.»
«Non lascio nessuno indietro.» Mormorò Remus, le sue orecchie
diventarono rosse. «Non mi piaceva Divinazione.»
«Ignorali.» Disse Lily rigidamente, lanciando uno sguardo di
disapprovazione a Sirius e James, che ora si stavano tenendo l’un
l’altro, fingendo ancora di piangere istericamente come se i loro
cuori fossero irrimediabilmente spezzati. Lily balbettò, vedendo
che non l’avevano ascoltata, e si voltò di nuovo verso Remus,
«Non dovete stare per forza insieme tutto il tempo. Comunque,
anche io faccio Rune, hai fatto la pre-lettura?»
Remus annuì con entusiasmo. «Sì, sembra davvero interessante.»
«Aha!» Sirius alzò lo sguardo, furbo. «Adesso capisco.»
«Che cosa?» Chiese Remus, nervosamente.
Sirius aveva quello sguardo malvagio e imprevedibile nei suoi
occhi. «Non credo che abbia nulla a che fare con il progresso della
tua carriera accademica.» Si grattò il mento saggiamente. «Penso
che il nostro caro Moony abbia scelto la materia più stupida di tutte
attirato dal gentil sesso!»
«Zitto.» Remus arrossì ancora di più, cercando di non guardare
Lily.
Sirius sapeva sempre esattamente la cosa più imbarazzante da dire.
«Sì, stai zitto, Black.» Lily sospirò. «Onestamente non riuscite
nemmeno essere gentili gli uni con gli altri. Solo perché nessuna
ragazza ti toccherebbe neanche con una pertica di cinque metri...»
«Voglio che tu sappia che recentemente mi stavo per fidanzare e
sposare.» Rispose Sirius, muovendo i capelli scuri.
James stava sbuffando dalle risate ora, le spalle tremanti.

362
«Cos’altro fai Remus?» Chiese Lily, ignorando intenzionalmente gli
altri malandrini.
«Cura delle Creature Magiche.» sospirò Remus.
Si era già beccato abbastanza prese in giro su quest’ultima da James
e Sirius.
«Oooh!» Marlene si voltò improvvisamente. «Io e Mary la
facciamo!»
«A-HA!» Disse Sirius ancora più forte e James crollò
completamente.
Fortunatamente, lo smistamento iniziò e la sala tacque. La
cerimonia era estremamente noiosa a meno che tu non fossi
coinvolto, scoprì Remus, e lottò per trattenere uno sbadiglio
mentre la fila dei primi anni spaventati si accorciava gradualmente
e gli spazi in cima al tavolo di Grifondoro si riempivano di nuovi
studenti. La sua attenzione vagò e guardò il tavolo di Serpeverde,
dove Narcissa era seduta in fondo, regale come una regina e con
un’aria molto più allegra di quando l’aveva vista l’ultima volta.
Regulus, ora al secondo anno, sedeva all’altro capo rispetto alla
cugina, annoiato come si sentiva Remus. Poi c’era Piton, tra i
Serpeverde del terzo anno, che fissava Lily, come al solito.
Incrociò il suo sguardo una o due volte e Remus la vide sorridergli
nel suo solito modo amichevole, ma non sembrò illuminare per
niente l’umore di Severus. Solo Lily poteva restare amica di
qualcuno così miserabile, pensò Remus tra sé.
Il banchetto, quando apparve, fu delizioso e gradito come sempre.
Remus prese le sue solite due porzioni di tutto, compreso il
pudding e una volta finito il pasto, Silente fece il suo solito
discorso. Negli ultimi due anni, Remus disconnetteva il cervello in
questa parte della serata, troppo pieno di buon cibo e troppo
assonnato dalla lunga giornata per prestare molta attenzione. Ma
qualcosa nel tono serio dell’orazione solitamente giocosa del
363
preside lo fece ascoltare. Vide che non era l’unico. Ci fu un
mormorio basso e minaccioso dal tavolo Serpeverde, in particolare
quelli degli anni superiori. Anche i Grifondoro intorno a Remus
sembravano raddrizzarsi un po’ di più.
«Di parlava?» Chiese Remus, mentre lasciavano la sala per i loro
dormitori, i confusi avvertimenti di Silente risuonavano nelle sue
orecchie. «“Unità di fronte all’oscurità,” e tutto il resto?»
«Oh giusto, non lo sai...» Disse James, piano. Guardò Sirius, che
stava strisciando i piedi, le mani in tasca. «Te lo dico quando siamo
soli, okay?»
Aspettarono di ottenere la password di quell’anno (“Codswallop”) e
si diressero dritti su per le scale verso la loro solita camera. Tutti i
loro letti erano rifatti, i loro bauli appoggiati accanto, e Remus
entrando sentì un’ondata di felicità. Sirius iniziò subito a disfare i
bagagli, tirando fuori i suoi amati dischi e libri babbani dal baule di
James. James si limitò a prendere la scopa e iniziò a lucidarla
amorevolmente, sedendosi a gambe incrociate sul letto.
«Quindi?» Remus chiese con impazienza. «Il discorso strano?»
«Oh, sì.» James deglutì. Lanciò di nuovo un’occhiata a Sirius, che
sembrava ignorarli. James sospirò, passandosi le mani tra i capelli.
«È tutta politica.»
«Politica?» Remus gemette interiormente.
Non sapeva molto di politica babbana, per non parlare di tutto ciò
che accadeva nel mondo magico, a parte lo statuto di segretezza di
cui avevano parlato nel primo anno a Storia. C’era in arrivo un
referendum sull’adesione della Gran Bretagna alla Comunità
Europea ma sarebbe stato tra anni, se Remus aveva capito
correttamente i discorsi del primo Ministro e non poteva vedere
come ciò potesse influenzare molto i maghi.
«Beh, sai che ci sono... ehm... beh, maghi oscuri?»

364
«Sì...» Remus cercò di sembrare esperto. Ricordava di aver letto
qualcosa brevemente su Grindelwald, ma non lo avrebbero
studiato fino ai loro GUFO.
«Ultimamente c’è stata un’ondata di magia oscura, ecco tutto. E
mio padre mi ha detto... stanno succedendo delle cose al Ministero.
I capi dipartimento spingono per riforme più rigorose contro i
maghi nati babbani e... le persone che sono diverse. Papà ha detto
che non c’era nulla di cui preoccuparsi, solo i soliti vecchi
pregiudizi. Ma suppongo che Silente pensi che dobbiamo stare in
guardia.»
«Mia madre e mio padre hanno convocato una riunione.» Disse
Sirius, all’improvviso. Si voltarono entrambi a guardarlo. Sembrava
tormentato, pieno di vergogna e non incrociava i loro occhi.
«Ovviamente non mi hanno fatto entrare, ma Reg è andato.
Continuano a parlare di questo Signore Oscuro... non so, forse un
politico che vogliono sostenere alle prossime elezioni. Tutto quello
che so è che se i Black lo supportano, allora non può essere una
brava persona.»
Anche James non ebbe nulla di positivo da dire alla luce di questo
annuncio, rimasero tutti in silenzio finché Peter non parlò.
«Siamo a Hogwarts.» Disse. «Mia madre dice sempre che Hogwarts
è il posto più sicuro in Gran Bretagna. E abbiamo Silente.» Disse
con fermezza, risolvendo la questione. «Dai Black, scommetto che
hai un altro orribile disco babbano con cui non vedi l’ora di farci
sanguinare le orecchie.»
Tutti guardarono Peter con lieve sorpresa, poi Sirius sorrise.
«In effetti.» Disse, rispolverando il suo giradischi. «Ce l’ho.»

365
Animali fantastici
Venerdì 7 settembre 1973
Alla fine della sua prima settimana del terzo anno, Remus si sentiva
già come se avesse bisogno di altri due mesi solo per riprendersi e
non c’era nemmeno stata ancora la luna piena. Si sentiva sciocco
per non aver considerato che l’aggiunta di tre materie in più al suo
programma avrebbe anche aumentato il suo carico di lavoro. Ma
ovviamente lo fece, e quando arrivò il venerdì si sentì appesantito
dalla quantità di compiti da completare durante il fine settimana.
«Non è giusto.» Piagnucolò Peter. «Quest’anno doveva essere di-
vertente, con Hogsmeade e tutto il resto.»
«Andremo ancora a Hogsmeade, Peter.» Mormorò James sopra
una mappa stellare dall’aspetto complicato.
«Sono d’accordo con Pete.» Gemette Sirius, scarabocchiando il suo
diario dei sogni di Divinazione. «Lasciamo perdere questa roba e
usiamo il campo di Quidditch finché c’è ancora luce.»
James alzò lo sguardo avidamente. «Sì, allora andiamo.» Tutti e tre
si alzarono.
«No grazie.» Disse Remus distrattamente.
In realtà si stava divertendo molto a fare i suoi compiti di Trasfi-
gurazione; un saggio sulle trasformazioni corporee. Adesso era ab-
bastanza bravo con le modifiche di base, per coprire le cicatrici, ed
era in grado di rispondere alle domande con lunghi paragrafi.
«Non ti va di controllare i miei compiti di Babbanologia, vero
Moony?» Chiese Sirius.
Remus inarcò le sopracciglia. «Se ho tempo. James, Pete, volete
controlli anche i vostri?»
«Grazie Remus!» Peter sorrise, allacciandosi i lacci delle scarpe.

366
«No.» James rifiutò. «Ho pensato che potrei chiedere a Evans un
po’ di aiuto più tardi.»
«È una battaglia persa, amico.» Consigliò Sirius. «Non so perché
sei così fissato con lei.»
James si limitò ad alzare le spalle, senza sembrare per niente sco-
raggiato.
Remus trascorse una o due ore soddisfacenti da solo, completando
il resto del suo lavoro per la settimana. Aveva iniziato con Pozioni,
ma pensava che avrebbe potuto rimandarli ancora un po’; Peter
poteva dargli una mano in cambio dei compiti di Babbanologia.
Per prima cosa avevano due volte Pozioni lunedì, ma fortunata-
mente non più con i Serpeverde. In effetti, l’unica classe che con-
dividevano con Serpeverde adesso era Aritmanzia, e quella non era
una materia pratica, quindi c’era molto meno spazio per la guerra
a porte aperte.
Aritmanzia fu una vera sorpresa per Remus; si era aspettato di re-
stare indietro rispetto a Sirius e James, almeno all’inizio, ma sem-
brava che la materia richiedesse logica piuttosto che abilità magica,
e Remus trovò la prima lezione incredibilmente semplice. Il com-
pito, che sapeva che Sirius e James non avevano ancora comin-
ciato, era calcolare il proprio cuore e il numero di caratteri usando
il metodo Agrippa. In realtà lo trovava piuttosto rassicurante, an-
che se sapeva che non l’avrebbe mai ammesso con nessuno.
In Erbologia arrancava al suo solito ritmo; Remus non poteva fin-
gere di esserne così interessato, ma almeno non era difficile. Anche
in Astronomia non andava tanto forte, ma fortunatamente Peter
era generalmente così entusiasta di essere l’unico a sapere qualcosa
che dava a Remus la maggior parte delle risposte senza volere
niente in cambio.
Poi c’era la sua nuova materia preferita: Cura delle Creature Magi-
che, il mercoledì e il giovedì. Non aveva intenzione di dirlo agli
367
altri, lo avevano già preso in giro perché gli piaceva così tanto la
Storia e per aver scelto Rune, lo facevano in modo scherzoso ov-
viamente; lui li prendeva in giro in continuazione per aver fatto
Divinazione che a quanto pare era piuttosto terribile.
Aveva letto la sua copia di Animali fantastici e dove trovarli due volte
durante l’estate: era stata la sua lettura preferita prima di coricarsi.
Le immagini e le descrizioni erano così vivide che riempivano i
suoi sogni con le immagini più spettacolari. Non c’era niente nel
suo libro di testo, Remus si assicurò, sui lupi mannari. Fortunata-
mente, non erano considerati nella stessa categoria delle “creature
magiche” e sembrava che non avrebbero studiato i “mezzi umani”
fino al prossimo anno in Difesa Contro le Arti Oscure.
«Spero faremo gli unicorni.» Sospirò Marlene, appoggiandosi al
muro mentre facevano la fila fuori dall’aula per la loro prima le-
zione. «O qualcosa di veramente carino, come loro.»
Mary inarcò un sopracciglio. «Io preferirei fare i draghi. Qualcosa
di un po’ eccitante!»
«Sono solo contenta che non abbiamo Kettleburn.» Marlene ri-
spose.
Questo fece sì che Remus prestasse attenzione. «Non ce l’ab-
biamo? Chi abbiamo, allora?»
«Non hai sentito Silente al banchetto?» Marlene lo guardò con di-
sapprovazione. «Kettleburn è in Romania o Bulgaria o qualcosa
del genere, sta facendo qualche lavoro per il Ministero. Non so
quanto sia util però, non è esattamente tutto intero...»
«Allora, chi abbiamo?»
«Chiunque sia non era al banchetto.» Marlene alzò le spalle. «Ma il
mio orario dice ‘professor L. Ferox’.»
Mentre diceva questo, la porta dell’aula si aprì e il quinto anno da-
vanti a loro uscì in fila, chiacchierando animatamente. Il terzo anno
di Grifondoro entrò e Remus prese posto in una scrivania vicino
368
alla finestra, accanto a Marlene. Quando l’insegnante uscì dal suo
ufficio, sia Mary che Marlene (e in realtà ogni altra ragazza della
classe) si sedettero un po’ più dritte.
Era molto più giovane di Kettleburn, che era stato un po’ brizzo-
lato, nonostante la mezza età. Se Remus avesse dovuto indovinare
avrebbe detto che questo insegnante doveva avere poco più di
trent’anni. Aveva anche ancora tutti gli arti, il che era un vantaggio
decisivo. I suoi capelli erano folti e biondo sabbia, abbastanza lun-
ghi da raggiungergli la schiena. Non indossava abiti come la mag-
gior parte degli insegnanti; ma vestiti pratici e aperti e pesanti stivali
di pelle marrone. Aveva una faccia leggermente segnata dalle in-
temperie, il che serviva a conferire ai suoi lineamenti forti una sorta
di fascino aspro. I suoi occhi erano di un blu brillante e scintilla-
vano mentre sorrideva calorosamente alla classe.
«Buon pomeriggio!» Tuonò, con un burbero accento di Liverpool.
Batté le sue grandi mani callose insieme. «Benvenuti al primo anno
di Cura delle Creature Magiche. Sono il professor Ferox. Avete
tutti il libro di Scamander, spero?»
La classe tirò immediatamente fuori le loro copie di Animali fanta-
stici insieme a pergamena e penne, poi lo guardò attentamente.
«Eccellente!» Continuò. «Una lettura incisiva, come sono sicuro
che alcuni di voi avranno già scoperto. Offre una guida simpatica
e completa per identificare e studiare la maggior parte delle ben
note creature magiche, ma ciò che non può darvi (e ciò di cui
avrete bisogno per eccellere in questa classe) è il pensiero veloce,
la calma, e nervi d’acciaio.»
Alcune delle ragazze ridacchiarono a questo, e Remus sentì un fre-
mito di eccitazione. Vedi James, pensò mestamente, non è un argo-
mento da femmine. Tuttavia, non era sicuro di avere i requisiti. Forse
aveva abbastanza coraggio, doveva averlo dopo l’estate che aveva-
passato, ma la freddezza non era certo uno dei suoi tratti distintivi.
369
«Adesso.» Ferox batté le mani, come se fosse ansioso di iniziare. Si
chinò sotto la scrivania. «Guardate cosa ho per voi...» Quando si
strofinò i palmi la pelle ruvida emise un leggero suono “shh”; ov-
viamente non passava molto tempo dentro casa, pensò Remus... il
professor Ferox era chiaramente un uomo d’azione.
L’insegnante stava ora sollevando un grande cesto di vimini, po-
sandolo delicatamente sulla sua scrivania. L’aprì, e una grande crea-
tura pelosa uscì a grandi passi. Era il gatto più grande che Remus
avesse mai visto; con una folta pelliccia argentata decorata con
macchie scure, orecchie alte e appuntite e una strana coda a spaz-
zola come un leone. Miagolò piuttosto scontroso, poi saltò su per
sedersi in cima al cesto in modo che fosse quasi all’altezza degli
occhi di Ferox. Fissò imperiosamente la classe, muovendo la coda
avanti e indietro.
Il professor Ferox accarezzò con un lungo dito la schiena dell’ani-
male, che sembrò tollerarlo sbattendo le palpebre lentamente.
«Qualcuno può dirmi che tipo di creatura è Achille?»
«È un gatto.» Disse Mary senza mezzi termini e senza alzare la
mano.
Ferox rise allegramente. «Un errore comune, signorina...?»
«MacDonald. Mary MacDonald.»
«Signorina MacDonald. No, Achille non è un gatto, anche se
spesso viene confuso come tale.»
«Ooh!» Un ragazzo Corvonero in fondo alla stanza alzò la mano.
«Sì, signor...?»
«Stan Brooks, signore. È un kneazle, signore?»
«Cinque punti a Corvonero!» Ferox annuì con entusiasmo. «Achille
è un kneazle.»
Remus sospirò, interiormente. Lo sapeva... avrebbe dovuto sa-
perlo, comunque; ricordava di aver letto della coda. Mentalmente
cancellò il “pensiero rapido” dalla lista dei requisiti di Ferox.
370
Sperando di mostrare al professore che era almeno ansioso di im-
parare, Remus iniziò a prendere appunti mentre Ferox parlava, ac-
carezzando ancora Achille distrattamente.
«Potete sempre identificare un kneazle dal suo aspetto simile a un
gatto, alto livello di intelligenza, pelliccia maculata e coda piumata.»
disse l’insegnante indicando queste caratteristiche amorevolmente.
«Sono classificati XXX dal Ministero della Magia, qualcuno può
dirmi cosa significa?»
La mano di Remus si alzò, questa volta, ma anche quella di Mar-
lene. Ferox la scelse, chiedendole il nome mentre lo faceva.
«Marlene McKinnon, signore.» Gli sorrise. «Le creature classificate
XXX non sono consigliate per l’addomesticamento, ma non do-
vrebbero rivelarsi difficili da gestire per un mago qualificato.»
«Eccellente. Cinque punti a Grifondoro.» Ferox inclinò la testa.
Remus si arrabbiò, silenziosamente. L’aveva letto direttamente dal
libro.
Ferox proseguì. «Ci concentreremo sulle creature classificate XXX
per il resto dell’anno. Ora, anche se è vero che i kneazle non sono
raccomandati come animali domestici, questo non è perché sono
pericolosi. In effetti, chiunque dica che sono pericolosi li ha infa-
stiditi e non ci si dovrebbe fidare. Qualcuno può dirmi perché?»
La mano di Remus si alzò di nuovo; gli stava tornando tutto in
mente ora, ma Ferox scelse un altro Corvonero.
«Perché possono rilevare persone sospette.» Davy Kirk disse, gua-
dagnando altri cinque punti per Corvonero.
«Assolutamente.» Il professore sorrise. «I kneazle sono ottimi giu-
dici e reagiranno con ferocia a chiunque non sia degno di fiducia.
In quanto tale, il Ministero richiede che i proprietari di kneazle
siano in possesso della licenza appropriata e siano stati sottoposti
a determinati test di competenza. Ma come potete vedere.» Acca-
rezzò ancora Achille. Il gatto d’argento aveva mosso a malapena
371
un muscolo, tranne che per esaminare la classe. «Sono animali me-
ravigliosi, a patto che gli venga mostrato il dovuto rispetto e cura.»
«Allora è suo, professore?» Chiese Mary, sbattendo le ciglia in
modo civettuolo. «È adorabile.»
«Lo è davvero.» Rispose Ferox. «Se state tutti attenti, Achille pro-
babilmente lascerà che lo accarezziate. Mettetevi in fila, classe.»
Ci fu un mormorio generale e un raschiare di sedie mentre tutti si
alzavano in piedi e facevano la fila. Remus si assicurò di essere in
fondo, così che forse la lezione sarebbe finita prima che lui fosse
arrivato in prima linea. Achille lo avrebbe odiato sicuramente: i li-
cantropi erano la definizione stessa di inaffidabile.
«Avvicinati lentamente e non evitare il contatto visivo. Se cerca di
graffiarti, userà i suoi artigli, quindi stai attento... eccoci, si lascerà
accarezzare ora, gentilmente...»
Mentre la coda si accorciava, il professore continuò a parlare
dando loro incoraggiamento e dicendo fatti interessanti, intrecciati
con i suoi stessi aneddoti. Remus non sapeva cosa avesse fatto Fe-
rox prima di diventare un insegnante, ma di certo aveva avuto delle
avventure e viaggiato ovunque, o almeno così sembrava.
Alla fine, Remus arrivò davanti al kneazle. Si sentì congelato sul
posto, guardando nervosamente l’animale dagli occhi gialli.
«Andiamo, allora come ti chiami?» Il professor Ferox gli fece
cenno di avvicinarsi.
Remus non si mosse. «Remus Lupin. Non sono... ehm... ai gatti
non piaccio.» Borbottò.
«Achille non è un gatto.» L’insegnante disse, ancora sorridendo.
«Andiamo Lupin, vieni su.»
Remus sospirò pesantemente e si avvicinò. Non voleva che qual-
cuno così forte come Ferox pensasse che fosse un fifone.
Achille lo guardò avanzare. Sembrava molto intelligente, c’era
qualcosa nei suoi occhi, anche se aveva un brutto naso camuso.
372
Allungò la mano, permettendo al kneazle di annusarlo. I suoi artigli
non erano fuori, ma Remus era pronto a scommettere che erano
molto lunghi e molto affilati. In passato era stato graffiato dai gatti
e non gli erano mai piaciuti.
«Molto bene.» Disse il professor Ferox. «Ora, avvicinati un po’ e
accarezzalo, vai.»
Ingoiando forte Remus obbedì, pronto a saltare indietro se avesse
dovuto. Ma Achille evidentemente non pensò che fosse un lupo
mannaro. Invece, iniziò effettivamente a fare le fusa quando Re-
mus lo accarezzò dietro l’orecchio, chiudendo gli occhi e sem-
brando completamente docile.
«Ci siamo!» Il professor Ferox applaudì, felicissimo. «Eccellenti
giudici, i kneazle. Ora non è rimasto molto tempo, quindi limitatevi
a prendere nota dei compiti...»
Remus accarezzò Achille ancora un po’. La creatura sembrava di-
vertirsi così tanto che si sentì male per essersi fermato.
«È stato fantastico, vero?» Marlene disse, mentre lasciavano la loro
prima lezione. «Spero che ci porti sempre degli animaletti.»
«Non sarà molto pratico quando arriveremo alle creature
XXXXX.» Disse Remus.
«Forse porterà di nuovo Achille, però.» Rispose Marlene speran-
zosa.
«Chi se ne frega del suo gatto!» Mary le diede una gomitata. «È
dannatamente stupendo.»
«Sì.» Marlene ridacchiò. «Mi chiedo se sia single.»
Remus sospirò e iniziò a restare indietro rispetto alle ragazze.
Erano un incubo quando parlavano di ragazzi, ed era meglio stare
alla larga prima che iniziassero a tessere le lodi su James e Sirius.
Iniziò a sognare ad occhi aperti mentre serpeggiavano verso la Sala
Grande per il pranzo.

373
Era stata una lezione migliore di quanto si fosse aspettato, e anche
se Ferox non gli aveva dato punti casa, essenzialmente aveva detto
che Remus aveva un carattere affidabile. Nessuno aveva mai detto
niente del genere prima, e questo lo fece sentire insolitamente sod-
disfatto di sé stesso, una sensazione di pace che continuò per tutto
il pranzo, nella lezione di Pozioni più tardi quel giorno, e quella
notte mentre si addormentava. Sognò i leoni.

374
Il mercato nero di Hogwarts
Mercoledì 12 settembre 1973
«Uffa, torna a letto, Lupin!» Sirius gli lanciò una scarpa dal letto.
«Scusate!» Remus rabbrividì colpevole, mentre chiudeva veloce-
mente le tende, gettando di nuovo la stanza nell’oscurità.
Erano le 5 del mattino ed era sveglio. Più sveglio di quanto si fosse
mai sentito in vita sua.
Scivolò al piano di sotto, non volendo disturbare nessun altro,
stringendo una scatola da scarpe sotto il braccio. Con un libro
nuovo di zecca da leggere, Remus si accampò sulla poltrona più
comoda della Sala Comune deserta. Spesso scendeva presto in
mattine come questa, quando il suo corpo si rifiutava semplice-
mente di dormire e aveva così tanta energia che pensava di poter
correre per il castello intero senza sudare. Remus non ci aveva mai
provato; cercava di respingere lo strano impulso, rinchiuderlo e
concentrarsi invece sulla sua mente.
Tuttavia lottò per concentrarsi sul suo libro. Pensò di andare a fare
una passeggiata, ma non era permesso loro di uscire dai dormitori
fino a quando la colazione non fosse iniziata alle sei. Ugh, doveva
cercare di non pensare alla colazione, altrimenti il suo stomaco
avrebbe iniziato a brontolare. Non importava se la sera prima
aveva mangiato tre porzioni di purè di patate con il suo spezzatino
di manzo. Persino Peter era sembrato colpito.
Anche se era ora di colazione, Remus si era detto che sarebbe stato
nella Sala Comune per un’altra ora dalle sei e mezza in poi. Questo
era il momento ideale, decise: nessuno si aspetta che tu faccia qual-
cosa di nefasto di prima mattina, e gli altri Malandrini di solito non
si alzavano prima delle sette e mezzo nei giorni feriali. Sirius sa-
rebbe rimasto a letto più a lungo se avesse potuto. James a volte si

375
alzava per un allenamento mattutino con la scopa, ma di solito non
prima delle sette.
Remus guardò la scatola da scarpe che aveva in grembo. Poteva
lanciare un rapido incantesimo di sviamento se James fosse sceso
prima del previsto, non sarebbe stato troppo difficile. Intendia-
moci, con lo stato in cui si trovava la sua magia in quel momento
sarebbe stato meglio non farlo con la scatola ancora in grembo,
altrimenti avrebbe corso il rischio di far svanire qualcosa di molto
più vitale. Era già stato da Madama Chips una volta questo seme-
stre, per aver cercato di farsi crescere i capelli per Trasfigurazione.
Aveva avuto bisogno che Peter e James lo aiutassero a portare i
suoi riccioli in rapida crescita in infermeria, Sirius rideva troppo
per essere utile in qualche modo.
Remus provò a far levitare il suo libro ma schizzò fino al soffitto,
sbattendo forte prima di precipitare verso il pavimento. Sospirò.
Non poteva fare altro che restare fermo e aspettare. Avrebbe vo-
luto accendere il giradischi; Sirius l’aveva lasciato nella Sala Co-
mune insieme ai suoi ultimi album di Andromeda (Aladdin Sane e
Led Zeppelin IV). Sirius ascoltava “Black Dog” ripetutamente da
settimane ormai.
Remus aprì la scatola delle scarpe e fece un rapido inventario, seb-
bene non fosse necessario; questa sarebbe stata la sua prima ven-
dita. Se qualcuno fosse venuto.
Aveva parlato con alcuni quinti anni che aveva visto fumare l’anno
prima e li aveva attratti. Sembravano avere l’impressione che le
“cicche babbane” fossero in qualche modo più potenti, o forse
solo più esotiche di quelle dei maghi. Non fece nulla per scorag-
giare l’idea e aveva detto loro di spargere la voce.
Sirius una volta aveva trovato un elenco esaustivo di tutte le regole
della scuola di Hogwarts, suggerendo che tentassero di infrangerle
tutte prima di raggiungere il settimo anno. Remus l’aveva letto e
376
non aveva trovato nulla che menzionasse il traffico di tabacco.
Non se prendevi ciò che c’era scritto alla lettera, comunque. Inol-
tre, non sarebbe diventata un’abitudine: aveva solo la quantità che
aveva portato con sé.
Aveva programmato di rifletterci un po’ di più, di aspettare fino a
dopo la luna piena, ma poi aveva scoperto che il loro primo fine
settimana a Hogsmeade era il 15 e aveva deciso che doveva darsi
una mossa.
Sirius e James avevano già programmato la gita per intero, senza
consultare Peter o Remus, che erano semplicemente felici di se-
guirli come al solito. Mielandia, ovviamente, e Zonko per fare
scorta di bombe letame. Poi la Stamberga Strillante, perché il padre
di James non credeva che fosse infestata, il che significava che
nemmeno James ci credeva, e Sirius voleva dimostrare che en-
trambi si sbagliavano. Erano anche molto entusiasti di far provare
a Remus qualcosa chiamata Burrobirra.
Remus aveva i suoi piani. Avrebbe detto loro che una zia perduta
da tempo era morta e gli aveva lasciato una piccola somma di de-
naro. Sperava che questa sarebbe stata una spiegazione sufficiente
per soddisfare James, che sicuramente avrebbe chiesto dove Re-
mus avesse acquisito la sua ritrovata ricchezza. Remus era sicuro
che, anche nel mondo babbano, James non avrebbe preso alla leg-
gera il suo piccolo crimine. Avrebbe potuto dire la verità a Sirius,
avendo lui poco riguardo per le regole in qualsiasi contesto, ma
probabilmente avrebbe anche provato a prestare a Remus alcuni
dei suoi soldi, il che avrebbe vanificato l’intero punto.
«Lupin? Sei tu?»
Un sesto anno era sceso dalle scale dai dormitori dei ragazzi, con
gli occhi ancora annebbiati, stringendo un libro di testo dei
NEWT.

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«Sì?» Remus si raddrizzò sulla poltrona, destandosi dal suo sogno
ad occhi aperti.
«Fantastico, ehm... hai detto cinque falci per un pacchetto da
venti?»
«Giusto.» Remus aprì la sua scatola, velocemente, indicando i pac-
chetti al sesto anno.
Fecero lo scambio e il sesto anno si precipitò fuori dal buco del
ritratto, probabilmente per una sigaretta mattutina davanti alla bi-
blioteca. Le piccole monete d’argento tintinnarono pesantemente
nella mano di Remus e lui sorrise tra sé. Vendeva tutto per il dop-
pio del prezzo di mercato, ma se le persone erano disposte a pa-
gare...
Fece altre due vendite a un quinto anno e ad una ragazza del set-
timo anno che acquistò un pacchetto di tabacco sfuso e gli chiese
se vendeva qualcosa di “più divertente”. Era un po’ confuso su ciò
che intendesse. E ripeté che aveva solo sigarette già girate e ta-
bacco sfuso. Lei scrollò le spalle.
«Chiederò a Martha Ebhurst dei Tassorosso, di solito ha roba
buona.»
Remus annuì, ancora non sicuro di cosa volesse dire. Ad ogni
modo, sembrava che non fosse l’unico studente a scuola con una
mente imprenditoriale.
Alle sette e un quarto la scatola da scarpe di Remus era mezza
vuota e le sue tasche tintinnavano. Profondamente soddisfatto,
mise via tutto mentre la Sala Comune si riempiva di studenti che
cominciavano le loro giornate.
«Ei Remu.» James scese di corsa le scale con la scopa in mano,
proprio mentre Remus si stava dirigendo verso di loro. «Ti sei al-
zato presto.»
«Sì, non riuscivo a dormire.» Remus rispose evasivamente.

378
Fortunatamente, James era ansioso di uscire al campo di Quidditch
e non prestò attenzione alla scatola da scarpe, o allo strano suono
tintinnante che le tasche di Remus stavano facendo.
«Ci vediamo a pranzo?» Urlò, già nel corridoio dall’altra parte della
stanza.
«Sì.» Remus annuì, affrettandosi per tornare al piano di sopra.
Nella stanza del dormitorio, Peter era sotto la doccia e Sirius stava
ancora dormendo, le coperte gettate sopra la testa, l’unica parte
visibile erano i suoi capelli neri che cadevano sul cuscino bianco.
Remus si avvicinò silenziosamente al suo letto e depositò i suoi
soldi e le sue merci, prima di raccogliere insieme i suoi libri per la
giornata. James aveva ovviamente aperto le tende prima di andar-
sene e, pensò Remus con un certo fastidio, non aveva ricevuto da
Sirius lo stesso rimprovero che aveva fatto a lui. C’era abbastanza
luce per riordinare i compiti e riporli con cura nella borsa. Aveva
svolto tutto i compiti che erano previsti per i prossimi giorni, non
sapendo per quanto tempo Madama Chips gli avrebbe fatto rinun-
ciare alle lezioni. Sperava non troppo a lungo: aveva chiesto a Ja-
mes di prendere nota dei compiti per le loro classi condivise, ma
avrebbe perso comunque Cura delle creature magiche e Rune An-
tiche. Non poteva chiedere a nessuna delle ragazze di procurargli
gli appunti, non senza che gli chiedessero dove sarebbe stato.
Il suo stomaco brontolò di nuovo. Si chiese se James stesse fa-
cendo colazione in quel momento. Potter spesso mangiava in giro,
correndo sempre in un posto o nell’altro. La porta del bagno si aprì
cigolando e Peter spuntò da dietro, i capelli ancora bagnati e le
guance rosee per la doccia. Salutò con la mano e mormorò
«Buongiorno, Moony.»
Remus alzò una mano in risposta.
Peter guardò Sirius, che era ancora solo un nodulo nel piumone,
con ansia prima di andare in punta di piedi al suo letto per prendere
379
la cravatta. Remus guardò divertito mentre Peter cercava di racco-
gliere le sue cose senza emettere nemmeno un suono. C’era una
linea sottile, pensò Remus, tra il mostrare rispetto per le abitudini
di sonno dei tuoi compagni di dormitorio e l’essere solo un com-
pleto e totale fifone.
Era cattivo da parte sua, ma Remus si sentiva particolarmente mal-
vagio quella mattina. Dava la colpa alla luna. Estrasse lentamente
la bacchetta dalla tasca e la agitò leggermente, sussurrando sotto-
voce.
In un istante, la borsa dei libri di Peter scivolò giù dalla fine del
letto, atterrando con un forte tonfo che si riverberò sui muri di
pietra della camera da letto, facendo tintinnare i vetri delle finestre.
Con gli occhi spalancati, Peter si bloccò, diventando pallido. Lan-
ciò un’occhiata a Sirius che si stava muovendo, e praticamente
fuggì dalla stanza, lasciandosi dietro la cravatta.
Remus ansimò dalle risate, dovendosi sedere sul suo letto, strin-
gendosi lo stomaco. Quando aprì gli occhi, riprendendo fiato, Si-
rius era completamente sveglio; ancora sdraiato sul letto, appog-
giato su un gomito, fissava Remus come se fosse pazzo.
«L’hai fatto apposta, vero?»
Remus scrollò le spalle e annuì, alzandosi di nuovo e tornando alla
sua pila di compiti.
Sirius gli lanciò un cuscino. «Stronzo.»
«Cosa c’è? Pete sembrava un tale idiota a camminarti intorno in
punta di piedi, non ho potuto trattenermi.»
«Non molto galante da parte tua prendertela con i deboli, Moony.»
Sirius sbadigliò e si stiracchiò.
«Sta bene.» Remus agitò una mano sprezzante. «Gli prendo la cra-
vatta. Comunque, qualcuno doveva svegliarti. Dai, è ora di cola-
zione.»
Sirius sbadigliò di nuovo. «Portami qualcosa su.»
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«No.»
«James lo farebbe.» Piagnucolò Sirius.
«James non è qui.»
«Peter lo farebbe.»
«Come abbiamo stabilito.» Disse Remus, sollevando la borsa dei
libri sulla spalla. «Peter è un codardo.»
Sirius gemette e si appoggiò allo schienale. «Bene, mi alzo. Mi
aspetti?»
«Ho fame.» Si lamentò Remus.
«Non ci vorrà molto! È la tua punizione per avermi svegliato.»
«Mi hai lanciato una scarpa, sta mattina.»
«Ti ho colpito?»
«No.»
«E allora.» Sirius si alzò dal letto, afferrando la sua uniforme. «Ti
sta bene comunque, non puoi alzarti a quell’ora.»
«Non riuscivo a dormire.» Remus disse. «Penso che sia la luna.»
Sirius si fermò davanti alla porta del bagno e guardò Remus con
uno sguardo che poteva celare un po’ di pietà. Se Sirius Black riu-
sciva ad essere dispiaciuto, era per chiunque tranne che per sé
stesso.
Remus si pentì di averlo detto; non voleva pietà, raramente nomi-
nava la luna piena proprio per quella ragione.
«Scusa, Lupin.» Sirius disse. «È... voglio dire, sei preoccupato?»
«No, non è così.» Disse Remus in fretta. «Divento solo irrequieto.
Anche affamato, quindi sbrigati.» Rise leggermente, per mostrare
che andava tutto bene.
Sirius sorrise, scomparendo nel bagno.
«Dovresti essere grato, Moony.» Gridò dall’interno, aprendo la
doccia. «Non molti Grifondoro sarebbero in grado di dormire sa-
pendo che stanno condividendo la stanza con un lupo mannaro
irrequieto.»
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«Coglione.» Remus gli gridò.

Giovedì 13 settembre 1973


Si svegliò al piano di sopra, il che era insolito. C’erano topi in casa,
lo sapeva perché li vedeva spesso prima di trasformarsi. Forse una
volta trasformato li inseguiva, ma non pensava di averli mai cattu-
rati. Tre dita erano rotte, ma almeno le spalle non si erano lussate;
era già successo due volte quest’anno.
Prima di muoversi, Remus fece una serie di controlli mentali dalla
testa ai piedi: che cosa gli faceva male? Quanto faceva male? Aveva
perso la sensibilità in qualche punto? Tutti i suoi arti si muovevano
quando voleva si muovessero? Sembrava tutto a posto. Qualche
graffio, nessuno troppo profondo. Se l’era cavata facilmente. Forse
anche il lupo era felice di essere tornato a Hogwarts.
Si alzò da terra e andò zoppicando alla finestra. A volte le ginocchia
si storcevano un po’, ma quella mattina erano solo doloranti. Cercò
di strizzare gli occhi attraverso le fessure delle assi, ma non servì a
niente. La casa era ben sigillata.
«Remus, caro?» La voce di Madama Chips salì le scale.
«Arrivo.» Gracchiò di rimando, con voce roca.
I suoi vestiti erano al piano di sotto, quindi strappò una vecchia
coperta dal letto con la mano buona e se la avvolse attorno al
corpo. Odorava di muffa e cose morte.

«Cosa vi ho detto ragazzi? Non può avere visitatori il primo


giorno!» I rimproveri di Madama Chips interruppero i suoi sogni.
Remus sbatté le palpebre, sbadigliando.
L’ospedale era scarsamente illuminato, le tende abbassate. Doveva
essere già sera. Il suo stomaco brontolò. Si chiedeva se avesse man-
giato qualcosa o se l’infermiera lo avesse lasciato dormire. Perdeva
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così tanto tempo, dopo una trasformazione... come le sue ossa,
niente sembrava combaciare perfettamente.
«È passato quasi un giorno.» Ora la voce di Peter. «Gli abbiamo
portato del cioccolato.»
«Be’, è molto gentile da parte tua, caro.» La voce di Madama Chips
si addolcì un po’. Non era una donna di natura severa. «Ma il signor
Lupin sta dormendo...»
«Mi andrebbe un po’ di cioccolato.» Gridò, sperando che potessero
sentirlo. La sua gola era irritata.
Le tende si aprirono per rivelare Peter, James e Sirius lì in piedi,
con aria trionfante.
«Ei, Moony!» James e Sirius dissero in coro, gettandosi in fondo al
letto, ai lati delle sue caviglie.
«Ecco qua.» Peter lasciò cadere tre rane di cioccolato in grembo.
«Grazie!»
«Be’, se sei sveglio in ogni caso.» Sospirò Madama Chips. «Vado a
prenderti del cibo adeguato. Mezz’ora ragazzi, ecco tutto.»
«Ecco i tuoi compiti, strambo.» James tirò fuori la pergamena dalla
borsa, consegnandogliela.
«Grazie James, sei un amico.» Remus la mise sul comodino per
dopo.
«Ed ecco il resto.» Sirius gliene diede un’altra «Ho dovuto sprecare
metà dell’ora di pranzo fuori dalla classe di Cura delle Creature
magiche, quindi farai meglio a ottenere il massimo dei voti.»
«Davvero?!» Remus fissò Sirius stupito.
Sirius annuì, imperiosamente. «Sì e devo dire anche che sono un
po’ geloso. Sembra un argomento davvero interessante, vorrei non
essere bloccato con loro a fare Divinazione.»
«Ma?!» Disse James, ansimando drammaticamente.
«Già vi vedo abbastanza.» Ribatté Sirius, dandogli una spinta.

383
«Hai un cuore così volubile.» James sospirò, facendo gli occhioni
a Sirius, Peter iniziò a ridacchiare in modo incontrollabile.
Sirius spinse di nuovo James, e James gli saltò addosso, prenden-
dogli la testa sotto il braccio e scompigliandogli i capelli.
«Oi, Moony.» Disse Peter all’improvviso. «Arbella Fenchurch mi
ha dato questo per te.» Mise giù una manciata di falci. «Ha detto
che tu avresti capito.»
«Ehm... sì, grazie Pete.» Remus cercò in fretta di raccogliere le mo-
nete e nasconderle sotto il cuscino. «Io ehm... avevo questa carta
delle cioccorane che voleva. Aglaonike di Tessaglia.»
«Oh, la volevo io quella!» Peter sembrava ferito.
Remus alzò le spalle. «Scusa amico. Il denaro parla.»

384
Hogsmade
Sabato 15 settembre 1973
«Prepara il mantello, James.»
«Perché?»
«Non si sa mai, no?»
«Va bene, ma dubito che lo useremo.»
«Non dimenticare che mi devi un galeone su quella scommessa che
avevamo fatto.»
«Non l’ho dimenticato.» Replicò James pazientemente. «Rilassati
per un minuto, va bene?»
«Mai.» Sirius sorrise in risposta. «Ti rendi conto che questa è la cosa
più emozionante per me da mesi? Non mi è stato nemmeno per-
messo di andare a Diagon Alley quest’estate.»
«Hai avuto più cose da fare di me.» Replicò James risentito.
«Almeno hai avuto tutto quel dramma del fidanzamento. La mia
famiglia è così noiosa.»
«Zitto Potter, la tua famiglia è fantastica e lo sai. Ho avuto sicura-
mente un’estate peggiore della tua.»
«Io mi sono divertito molto in Francia.» Peter intervenne, ma nes-
suno gli prestò molta attenzione.
«E tu, Moony?» Chiese James mentre scendevano le scale verso la
Sala Comune.
Una banda di entusiasti del terzo anno stava aspettando, pronta
per la loro gita al villaggio. Vennero guardati con una sorta di af-
fettuosa nostalgia dagli studenti più grandi.
«Io cosa?» Chiese Remus, respingendo i flashback dell’estate, ri-
cordando di essersi dimenato attraverso una minuscola finestra del
bagno e di essere atterrato duramente in ginocchio sul pavimento
sottostante.

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«Come è stata la tua estate? Non ci hai detto niente.»
«Niente da dire.» Disse Remus. «Più noiosa di quella di tutti e due,
niente magia. Ho a malapena letto.»
«Be’, verrete tutti da me per Natale.» Disse James, allegramente.
Cominciarono a sfilare fuori dalla Sala Comune e si diressero verso
l’ingresso principale. «Come l’anno scorso, vero? La luna è il 10
dicembre, quindi non dobbiamo nemmeno preoccuparci di que-
sto.»
Remus rimase a bocca aperta. «Come fai a sapere quando è?» Nem-
meno lui aveva ancora controllato così in là.
«Te l’avevo detto, ci siamo annoiati per tutta l’estate.» Sirius gli
diede una gomitata. «Abbiamo controllato, per tutti prossimi anni.»
«Ma perché?!» Remus era combattuto tra il sentirsi commosso e un
po’ violato. Non spettava a loro preoccuparsi. Era un suo pro-
blema privato, e lo era sempre stato.
«È come il Quidditch.» James disse, ogni volta che qualcosa era
importante per lui lo confrontava con il Quidditch. «Devi cono-
scere i punti deboli della tua squadra per lavorare sui loro punti di
forza.»
«Se lo dici tu.» Remus rispose cupo, non volendo parlarne molto
di più.
Aveva sperato che una volta saputo delle sue condizioni non ci
sarebbero state più ricerche alle sue spalle. Che avrebbero sempli-
cemente continuato trattando la cosa come lui preferiva, ovvero
ignorandola completamente.
Il problema era che nulla era privato quando si trattava di James e
Sirius, tutta la loro vita era a disposizione. Remus non era ancora
abituato a questo e, per quanto cercasse di tenere il passo, c’erano
alcune cose che non avrebbe mai voluto condividere. Andava tutto
bene se eri James e avevi dei genitori aperti che ti parlavano e ti

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ascoltavano. O Sirius, che era così estroverso e quasi del tutto spu-
dorato.
«Guarda chi c’è.» Sirius diede una gomitata a James, indicando una
figura scura che aspettava all’ingresso dell’arco.
Lily si spinse oltre i Malandrini e gli andò incontro. Piton.
«Perché sono amici?!» James si passò distrattamente le mani tra i
capelli.
«Sono cresciuti nella stessa città.» Disse Remus, mentre continua-
vano, guardando la coppia avanti e parlando animatamente; una
testa rossa, una nera.
«Come fai a saperlo?» James si voltò verso di lui, sembrando of-
feso.
«Me lo ha detto.»
«Ti piace, quindi?» Chiese James, chiaramente agitandosi per capire
come reagire.
Remus alzò gli occhi al cielo. «No. Chiacchieriamo e basta.» Disse
con fermezza. «E se ti piace, allora potresti provarci.»
Ultimamente aveva notato che questo genere di discorsi si insinua-
vano sempre più spesso nelle loro conversazioni. A volte doveva
controllare che stesse parlando con i Malandrini e non con Mar-
lene e Mary: “gli piace”, “a lei piace tal dei tali” e così via. A peggiorare
le cose c’era Avni Chaudhry, una Grifondoro del terzo anno che
ora usciva con un Corvonero del quarto anno, Matthew Studt, e
nessuno parlava d’altro da giorni; tutti sembravano avere un’opi-
nione al riguardo. Era roba incredibilmente noiosa per Remus, per
il quale (a parte poche eccezioni) le ragazze erano ancora general-
mente incomprensibili.
«Le piaci, però.» James rispose. «Avete ripassato tutto insieme lo
scorso semestre.»
«Solo perché voi tutti non c’eravate mai.» Disse Remus sulla difen-
siva. Adesso si stavano avvicinando alla città, un gruppo di graziosi
387
edifici in pietra si trovava proprio sotto di loro. «E non è che era-
vamo soli, c’erano anche Mary e Marlene.»
«Dobbiamo tutti prendere appunti da Moony.» Lo prese in giro
Sirius. «Le ragazze lo seguono ovunque. Come fai, Lupin? Sono
quei tuoi grandi occhi marroni?»
James e Peter ridacchiarono ma Remus lo ignorò, camminando un
po’ più avanti, le mani in tasca e ancora zoppicante dalla sua ultima
trasformazione.
Era un suggerimento assolutamente ridicolo, specialmente quando
era ovvio a chiunque avesse gli occhi che Sirius era il ragazzo più
bello dell’anno.
Era più chiaro che mai, ora che stavano diventando tutti più alti,
passando dall’infanzia all’adolescenza. James aveva una certa spa-
valderia; che era accompagnata da ricchezza e abilità sul campo di
Quidditch, ma Sirius sarebbe sempre stato tutta un’altra storia. Re-
mus non aveva deciso se essere geloso o meno, e cercava di non
pensarci troppo.
Quando finalmente raggiunsero Hogsmeade, Remus non poteva
essere più sollevato. Il villaggio sembrava il tipo di posto che Re-
mus aveva pensato che esistesse solo nei libri per bambini: le strade
acciottolate brillavano al sole di metà settembre, e le file di cottage
Tudor dalle travi nere avrebbero anche potuto essere fatte di pan
di zenzero e zucchero filato.
«Mielandia?» James ha detto.
«Mielandia.» Gli altri risposero, all’unisono.
Remus non era mai entrato nella pasticceria dalla porta principale
prima, né era mai stato fuori dal magazzino. Era pieno zeppo di
scatole, barattoli e sacchetti di ogni tipo di confezione immagina-
bile. Grandi alberi di lecca-lecca dai colori sgargianti, grandi come
girandole, lastre di cioccolato grandi come pietre per lastricati; pile
e pile di scintillanti topolini di zucchero.
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Il negozio era anche pieno di studenti di Hogwarts, e i Malandrini
dovettero spingere e spingere anche solo per avvicinarsi alla merce.
Riempirono il cesto di dolci almeno da durare fino a Natale, prima
di fare la fila per la cassa, presidiati da un mago dall’aria molto tor-
mentata con i capelli bianchi. Remus si rese conto che quello era
probabilmente il signor Honeyduke, e si chiese se il negoziante sa-
pesse che c’era un tunnel segreto nella sua cantina.
Dopodiché, la loro tappa successiva fu Zonko, il negozio di giochi,
che era affollato quanto quello di Mielandia, e uno dei posti più
rumorosi in cui Remus fosse mai stato. Ogni pochi istanti qualcosa
sembrava esplodere, scoppiare o iniziare a fischiare da qualche
parte nel negozio, accompagnato dalle risate deliziate o dalle urla
inorridite degli studenti. James e Sirius erano chiaramente esperti
nello shopping e ripulirono efficientemente tutto il negozio, sop-
pesando i vantaggi e gli svantaggi di ogni aggeggio come una cop-
pia di banchieri in borsa. Mezz’ora dopo finalmente se ne stavano
andando, appesantiti da sacchi pieni di bombe di letame, calamai
che esplodevano, caramelle a singhiozzo e saponette di rane.
Remus pensò che forse fossero stati un po’ poco previdenti a fare
tutti i loro acquisti, perché dopo James e Sirius vollero visitare la
Stamberga Strillante, il che significava lasciare la strada principale
e affrontare una ripida salita, borse al seguito.
«Allora... cos’è questo posto, di nuovo?» Remus sbuffò mentre cer-
cava di salire su per la collina, il ginocchio e il fianco ancora lo
infastidivano.
«Una casa infestata.» Replicò James, prendendo due delle borse più
pesanti di Remus senza una parola. «Il posto più infestato dalla
Gran Bretagna, dice papà.»
«Non è infestato!» Sirius chiamò da sopra. «Voi Potter siete solo
superstiziosi.»

389
«Ho sentito che i fantasmi lì sono davvero cattivi.» Disse Peter an-
siosamente, lottando quasi quanto Remus con la ripida pendenza.
«Peggio di Peeves.»
«Allora sono poltergeist?» Chiese Remus curioso; aveva intenzione
di leggere delle apparizioni spirituali quando ne avesse avuto la
possibilità, dopo aver appreso che quella era stata la principale area
di studio di suo padre.
«Penso di sì.» Disse James. «La gente del posto dice di sentire delle
urla provenire dalla casa alcune notti.»
«Solo da pochi anni, però.» Replicò Sirius. «I poltergeist non si tra-
sferiscono. Ci dovrebbero essere decenni e decenni di disturbi e
accumulo di energia negativa fino a...»
«Oh mio dio.»
Lupin si fermò e quasi lasciò cadere le borse che aveva ancora in
mano. Guardò la casa per la prima volta e un brivido gli colpì la
bocca dello stomaco.
«Che succede Moony? Vuoi che prenda le tue altre buste?» Chiese
James.
Remus scosse la testa, senza parole; non riusciva a staccare gli oc-
chi da quella casa. Non l’aveva mai vista prima dall’esterno; passa-
vano sempre attraverso il tunnel. Ma riconosceva l’ombra del le-
gno, sapeva che aspetto avevano le finestre.
«Maledizione, se è infestata allora penso che Moony sia stato pos-
seduto.» Disse Sirius, come se stesse scherzando solo in parte. «Oi,
Lupin. Ti stai comportando in modo strano, smettila.»
«Questa è...» Remus lottò per trovare le parole. Chiuse gli occhi e
cercò di prendere qualche respiro. «Questa è la casa. Dove mi chiu-
dono.»
James sembrò capire subito e mise una mano sulla spalla di Remus
in modo fraterno.
«Okay, andiamo. È ora di tornare.» Disse.
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Nessuno disse nulla mentre tornavano a fatica in discesa, verso la
città. Remus guardò a terra davanti a sé per tutto il tempo, concen-
trandosi sul mettere un piede davanti all’altro e allontanarsi il più
possibile dalla baracca.
La Stamberga Strillante. Strillante. Si sentiva male.
James li guidò in direzione di un pub dall’aspetto pittoresco. Den-
tro c’erano molti tavoli e comode sedie, non molto diversi da quelli
dalla Sala Comune di Grifondoro. Trovarono posto a sedere in un
angolo tranquillo e Remus si sedette, con gratitudine, le sue artico-
lazioni molto doloranti ora. James andò al bar mentre Sirius e Peter
si sedettero in silenzio ai lati di Remus.
«Allora... con la luna piena, è lì che vai?» Chiese Peter.
Remus annuì, giocherellando con una striscia di birra umida sul
tavolo.
«Non è infestata, allora?» Peter disse.
«No. Sono solo io.»
«Allora, aspetta... quindi le urla sono...»
«Le mie.»
«Ma perché-»
«Stai zitto, Minus.» Sirius ringhiò, all’improvviso.
Remus lo guardò, colto di sorpresa.
James tornò con quattro bicchieri di liquido ambrato e le posò,
prendendo posto. «Burrobirra!» Disse allegramente, spingendone
uno verso Remus. «Provala Moony, ti piacerà.»
Remus si portò il bicchiere alle labbra. Si sentiva ancora un po’
nauseato e la miscela nel bicchiere aveva un odore molto scirop-
poso, ma aveva scoperto che le cose dolci di solito aiutavano se
era sotto shock. Ne bevve un sorso e si sentì immediatamente ri-
scaldato dal delizioso liquido. Sorrise a James, sperando che non
facessero altre domande.

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Non le fecero. Invece trascorsero un pomeriggio molto piacevole
bevendo Burrobirra e pianificando come utilizzare al meglio il loro
nuovo arsenale di scherzi. Peter ebbe l’idea insolitamente brillante
di lanciare un incantesimo di timer remoto sulle bombe di letame,
in modo che potessero essere attivate in qualsiasi momento da
qualsiasi punto del castello.
«Ottima tattica diversiva.» Esclamò James eccitato. «Pensate a cosa
potremmo fare se Gazza stesse inseguendo delle bombe letame nel
lato opposto dell’edificio!»
«Ci darebbe anche il tempo di lavorare un po’ di più sulla Mappa.»
Remus aggiunse.
«Non vedi il quadro generale.» Sirius incrociò le braccia, appog-
giandosi allo schienale della sedia. «Potremmo farle scattare tutti
nello stesso momento. Immaginate! Probabilmente ne abbiamo
abbastanza qui per nasconderne una in ogni classe: il caos totale!»
Sirius sembrava così estasiato dicendolo, che gli altri tre furono
completamente presi, annuendo furiosamente.
«Oh, non sediamoci qui, Lily. Non sembra molto pulito.» Una
voce sgradevole e amara li interruppe. «Fanno chiaramente entrare
cani e porci.»
Sirius scattò in avanti sulla sedia, fissando Piton, che stava accanto
a un tavolo vicino.
«Non essere sciocco, Sev. Va bene.» Lily scosse la testa, tirando
fuori una sedia.
«Tutto bene, Evans?» James la salutò, compulsivamente, quello
sguardo stupido sul viso.
«Lasciaci in pace. Va bene, Potter?» Lily scosse i capelli. «Ciao, Re-
mus.»
«Ciao.» Le fece un cenno con la mano, sorridendo.
Non poteva fare a meno di godersi il modo in cui trattava i Malan-
drini, era l’unica che non li adulava.
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«Ew.» Disse Sirius, tenendosi il naso, guardando Piton. «Cos’è que-
sto odore? Potter, hai qualcosa sotto la scarpa?»
James ridacchiò. «Puzza come se fosse esplosa una bomba di le-
tame.»
«Disgustoso.» Sirius sorrise. «Forse dovremmo aprire una fine-
stra.»
Piton era diventato bianco di rabbia e Lily gli mise una mano sul
braccio. «Ignorali e basta, Sev. Sono degli idioti.»
Ma Severus non avrebbe lasciato che Sirius avesse l’ultima parola.
«Come sta la tua famiglia, Black?» Chiese, la sua voce suonava in-
sidiosa. La bocca di Sirius formò una linea dura e Piton continuò.
«Regulus stava dicendo a tutti che hai avuto un’estate piuttosto ec-
citante. Così eccitante, infatti, che non sei più il benvenuto, eh?»
«Non sai di cosa stai parlando, Mocciosus.» Sirius sputò.
Remus sapeva che era troppo tardi adesso; Sirius era partito e non
si sarebbe fermato.
«No?» Piton inarcò un sopracciglio, chiaramente elettrizzato dalla
reazione che aveva suscitato. «Hai ricevuto della posta dalla
mamma quest’anno, Black? Qualcuno dei tuoi parenti si è fatto
sentire?»
Sirius aveva un’espressione molto strana sul viso, Remus aveva
l’impressione che stesse realizzando qualcosa per la prima volta e
che stesse cercando di non farlo vedere a Severus. James sembrava
preoccupato, non rideva più.
«Ignoralo, amico.» Disse piano. «È un coglione, ignoralo.»
«Ho ragione, allora.» Le labbra sottili di Severus si curvarono in un
sorriso sgradevole. «Non c’è da stupirsi che tu segua Potter in giro
come una ragazza innamorata, quando la tua stessa famiglia non
vuole avere niente a che fare con te. Quando sei stato rinnegato in
quel modo, suppongo che tutto ciò che resta è associarsi alla feccia
della società...» Lanciò uno sguardo a Peter e Remus.
393
Sirius si alzò, spingendo la sedia. Aveva la bacchetta in mano; do-
veva averla presa mentre Piton stava parlando. Anche Remus si
alzò, dimenticandosi delle sue ossa doloranti mentre stringeva i
pugni, pronto a picchiare Severus a morte, se Sirius glielo avesse
chiesto.
«Sirius, no!» James andò a strappargli la bacchetta: non gli era per-
messo fare incantesimi a Hogsmeade.
«Dai, Severus... Andiamo.» Lily si era alzata anche lei e stava ti-
rando la manica del suo amico. Sembrava furiosa con lui, il che fu
un piccolo conforto per Remus.
«No.» Disse Sirius, la sua voce inquietantemente ferma e autore-
vole. «Andiamocene. Forza ragazzi, non posso sopportare questo
fetore ancora per molto.»
Fecero quanto ordinato, anche James, che lanciò solo uno sguardo
a Lily mentre uscivano.
«È stato... molto maturo.» Disse Potter, grattandosi la testa mentre
uscivano dal pub nella calda luce della sera.
Sirius sbuffò, tornando a Hogwarts.
«Non è finita.» Disse ferocemente, gli altri che corsero per stare
dietro ai suoi passi decisi. «Gliela farò vedere. Lo distruggo, cazzo!»
I Malandrini erano entrati in guerra.

394
I più nobili e antichi
Cold fire, you’ve got everything but cold fire
You will be my rest and peace, child
I moved up to take a place
Near you
So tired, it’s the sky that makes you feel tried
It’s a trick to make you see wide It can all
but break your heart.

Sabato 15 settembre 1973


*Toc Toc*
«Sirius.» Niente.
*TOC TOC TOC*
«Sirius?» Silenzio.
«Oh, per amor di... Sirius Orion Black Terzo, so che sei lì!» James
bussò alla porta.
«Vattene, Potter.»
James fece un passo indietro dalla porta del bagno e si sedette sul
letto, con aria abbattuta. Sirius non si era unito a loro per la cena,
ed era chiuso in bagno ormai da due ore, senza dire nulla.
«Lascialo in pace.» Disse Remus, voltando la pagina del suo libro.
Si sdraiò a pancia in giù sul suo letto, fingendo di non essere affatto
preoccupato. «Verrà fuori quando sarà pronto.»
Era qualcosa che aveva sentito dire spesso alla Direttrice. Almeno
una volta alla settimana; uno dei ragazzi di St Edmund’s, di solito
un nuovo ragazzo, faceva i capricci e si chiudeva in una stanza o
strisciava in un piccolo spazio in modo che nessuno potesse rag-
giungerlo. La risposta del personale era sempre la stessa; ignoralo
finché non si rende conto che a nessuno importa; finché non si rende conto che

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niente di quello che può fare farà la differenza. Aveva sempre funzionato,
Remus lo sapeva in prima persona.
«Non è da lui.» Disse James, ovviamente ignorando la tattica dra-
coniana di Remus. «Potrei uccidere Piton, sai. Per aver detto quella
roba.»
Remus alzò le spalle. «Black odia già la sua famiglia. Non so perché
si lasci disturbare da Mocciosus.»
James fissò Remus sbalordito, come se avesse appena detto qual-
cosa di inimmaginabilmente crudele.
«Sono sempre la sua famiglia, Moony.»
«Sono orribili con lui.»
«Non significa che non gli importi di quello che pensano.» James
sospirò. «Senti Lupin, forse faresti meglio ad andare prima che
esca. Vai a trovare Pete in biblioteca o qualcosa del genere.»
«Sono anche amico di Sirius!» Remus si mise a sedere, indignato.
«Sì sì, certo che lo sei.» James agitò una mano. «Ma beh... se ha
pianto, penso che preferirebbe che nessun altro lo vedesse.»
«Non mi interessa se sta piangendo. Voglio aiutare.»
Questa era un po’ una bugia. Remus si era sempre sentito a disagio
con le persone che piangevano, non sapeva mai cosa fare. Ma lui
voleva davvero aiutare. Non aveva sempre cercato di aiutare? Ora
più che mai Remus avrebbe voluto essere sincero sull’aver spinto
Narcissa al voto infrangibile, solo per vedere la faccia di James. Ma
si calmò. Non era una competizione e, anche se lo fosse stata, non
sarebbe stato lui a vincere.
«Okay.» Disse James. «Ma devi essere comprensivo. Non puoi ini-
ziare a litigarci.»
«Di cosa stai parlando?» Remus era mortalmente offeso, non aveva
mai iniziato a litigare.
«Voi due! Battibeccate sempre, davvero.»
«Non battibecchiamo.» Remus scattò.
396
James si limitò ad alzare le sopracciglia, il che era esasperante.
Il ragazzo dai capelli scuri saltò giù dal letto ancora una volta e
tornò alla porta del bagno.
«Sirius?» Bussò. «Per favore, vieni fuori e parla con noi.»
«Vattene Potter. Lasciami in pace.»
James sospirò di nuovo. Remus, infastidito con James ora tanto
quanto era seccato con Sirius, si alzò anche lui e andò alla porta.
Indicando a James di muoversi, picchiò anche lui forte sul legno.
«Ho detto vattene...»
«Sirius, sono io.» Disse Remus, la sua voce dura e fredda, come
quella della Direttrice. «Senti, se hai intenzione di deprimerti come
una femminuccia, almeno lasciaci entrare così possiamo iniziare a
pianificare la nostra vendetta.» Silenzio. Remus fece un balzo.
«Bene, fai il broncio. Ma sei un idiota egoista. Sai, non sei l’unico
odiato dalla propria famiglia.»
«Remus!» Esclamò James, scandalizzato.
Remus alzò le spalle. Valeva la pena di tentare.
Ci fu un rumore strascicato all’interno del bagno. Remus premette
l’orecchio contro la porta, poi barcollò all’indietro quando si aprì.
La faccia cupa di Sirius sbirciò fuori.
«Finalmente.» Disse James sollevato. «Guarda, vieni fuori e-»
«Moony può entrare.» Disse Sirius, aprendo la porta abbastanza da
permettere a Remus di entrare, poi sbattendola indietro e chiu-
dendo la serratura.
Dentro era buio.
«Lumos.» Mormorò Remus.
La punta della sua bacchetta si illuminò, proiettando un pallido ba-
gliore sulla piccola stanza bianca e sul viso pallido di Sirius. Aveva
pianto, i suoi occhi erano rossi e lucidi.
Remus distolse velocemente lo sguardo, alzando lo sguardo verso
le luci. Le lampadine erano rotte.
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«Tu e il tuo caratteraccio, eh?» Disse. «Reparo.»
Le luci si aggiustarono e si riaccesero. Remus spense la luce della
sua bacchetta.
«Non l’ho fatto apposta.» Sirius tirò su col naso, pulendoselo con
il dorso della mano. Era un gesto cupo e infantile, in qualche modo
inappropriato per Sirius che, anche a tredici anni, di solito era l’epi-
tome di grazia e compostezza. «A volte spacco cose, quando sono
arrabbiato, la mia magia va fuori controllo.»
«Oh giusto.» Remus annuì, anche se non ne aveva mai sentito par-
lare prima.
«Allora, vendetta?» Chiese Sirius, sedendosi sul coperchio del wa-
ter e guardando Remus in attesa.
«Vendetta.» Remus acconsentì. «Cosa vorresti fargli?»
«Non solo a lui.» Sirius lo guardò in cagnesco. «A tutti loro. Ogni
singolo Serpeverde della scuola.»
Remus annuì con entusiasmo; sembrava un po’ folle, ma era un
inizio. Ci sarebbe stato tempo per parlarne più tardi, quando si sa-
rebbe calmato e non correva il rischio di far esplodere altre lampa-
dine.
«Sì, ci rifaremo su tutti, Black. Adesso usciamo e...»
«Non voglio ancora uscire.» Disse Sirius imbronciato, incrociando
le braccia.
Remus sospirò. Si sedette per terra, appoggiandosi alla porta.
«Okay bene. Vuoi parlarne? Perché James è probabilmente la per-
sona migliore per...»
«Lo pensi quello che mi hai detto prima?» Sirius lo interruppe di
nuovo. «Pensi che la mia famiglia mi odi?»
«Oh Dio, non lo so. No? Non sono esattamente una cima quando
si parla di famiglie.» Remus si strofinò la nuca. «Stavo solo cer-
cando di farti aprire la porta, ad essere onesto.»

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Lo aveva inteso come uno scherzo, ma Sirius non sorrise. Guardò
Remus attraverso una cortina di capelli scuri.
«Hai detto che la tua famiglia ti odia.»
«Beh, suppongo lo facciano.» Spiegò Remus. «Altrimenti non sa-
rebbero... beh, non sarei stato mandato a St Edmund’s, no?»
«Non significa che ti odiavano.»
«No.» Remus rifletté. «Ma non credo che gli piacevo molto, lo
stesso.»
«Non sei... voglio dire, non ti dà fastidio?»
Remus alzò le spalle. «A volte, ovviamente. Ma sai, nessuno ti deve
una vita felice.»
La Direttrice glielo aveva detto molte volte. Per la prima volta, di-
cendolo ad alta voce, Remus si chiese se avesse ragione.
«Accidenti, Lupin, sei proprio deprimente, lo sai?»
«Sei tu che mi hai fatto entrare.» Remus prese leggermente a calci
Sirius sullo stinco con la punta delle scarpe. «Se vuoi che qualcuno
ti tiri su di morale, allora meglio chiamare Potter.»
«Nah.» Sirius scrollò le spalle, sorridendo debolmente. «Tu vai
bene.»
Remus rise. «James non voleva che entrassi. Ha detto che
avremmo litigato.»
«Cosa?!» Sirius scosse la testa. «Noi non litighiamo.»
«È quello che gli ho detto.» Lo rassicurò Remus.
«La mia famiglia...» Disse Sirius all’improvviso. «Non credo che mi
odino. Penso che ci provino a non odiarmi, davvero. Ma continuo
a deludere tutti. È divertente la maggior parte del tempo, ma... beh,
non lo è oggi.»
Remus non sapeva cosa rispondere, quindi rimase zitto.
Pensò a Narcissa, che aveva giurato di affrontare la morte se non
avesse potuto sposare Lucius. Pensò a Regulus, che spesso fissava
suo fratello maggiore dall’altra parte della Sala Grande durante il
399
pranzo, con gli occhi verdi di gelosia. Le famiglie erano un casino.
Forse avrebbe dovuto essere grato a Lyall Lupin per aver concluso
tutto in un colpo solo, dopotutto Remus non si sarebbe mai preoc-
cupato di rendere orgoglioso suo padre o se di essere una delu-
sione.

Venerdì 5 ottobre 1973


«Ho capito. Questa volta ho capito davvero.»
«Bene, Pete.» Remus rispose allegramente, leggendo il suo libro di
testo di Aritmanzia.
«Dovremmo tingere le loro uniformi di rosa.»
«Le ritingerebbero, è troppo semplice. E poi da dove gli prende-
remmo le uniformi?» Remus voltò pagina e riprese a leggere.
«Ahia! Maledizione, c’è qualcosa che non va in quel bolide!» Gridò
Sirius, alzandosi. «Andiamo, McKinnon, sposta il tuo maledetto
culo!»
«Ti dispiace lasciare il suo culo fuori?» Scattò Mary, da poche file
più in su.
Stavano guardando l’allenamento di Quidditch di Grifondoro.
Beh... Sirius, Peter e Mary lo stavano guardando. Remus voleva
solo continuare con la sua lettura.
«Gelosa, MacDonald?» Rispose Sirius sfacciatamente.
«Tingigli i capelli di rosa, allora.» Insistette Peter, scuotendo il brac-
cio di Remus per attirare l’attenzione. «Ho imparato gli incantesimi
che cambiano colore, posso farlo.»
«Anche lui può.» Disse Remus, riportando indietro il braccio e cer-
cando il segno sulla pagina.
«Sai, Moony, potresti mostrare un po’ più di interesse.» Disse Si-
rius.
«Nel Quidditch? O nello sconfiggere il tuo arcinemico?»
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«Tutti e due.»
«Sono qui, no?» Remus voltò un’altra pagina.
«Chi è il tuo arcinemico?» Chiese Mary, alzandosi e scendendo a
sedersi accanto a Sirius.
«Se te lo dicessi, dovrei ucciderti.» Disse Sirius, seccato.
Mary alzò gli occhi al cielo. «È Piton?»
Tutti e tre i ragazzi guardarono Mary sorpresi.
Lei rise. «Andiamo, non è esattamente un segreto... bisticciate dal
primo anno. Inoltre, Lily è una delle mie migliori amiche.»
«Non parlarmi di Evans.» Sirius gemette. «Ne sento parlare già ab-
bastanza.»
«Penso che sia un’idiota, ad andare in giro con quel coglione.»
Disse Mary, massaggiandosi le braccia come se il solo pensiero di
Severus le facesse accapponare la pelle. «Sai che ha fatto piangere
Marlene l’altro giorno? Ha chiamato suo padre in un modo dav-
vero orribile. Non ha nemmeno senso, perché Lily dice che è mez-
zosangue, Severus... comunque, qualcuno deve dargli una lezione.»
«Ah!» Sirius abbaiò. «È mezzosangue?! Fantastico.»
«Sì.» Disse Mary freddamente. «Anche Remus. E io sono nata bab-
bana. E allora?»
Remus finalmente alzò lo sguardo dal suo libro per fare un sorri-
setto a Sirius, alzando un sopracciglio verso di lui. Sirius guardò in
basso, poi di nuovo verso il campo Quidditch.
«Niente.» Mormorò. «Non la penso in quel modo.»
«Bene.» Mary disse. «Sento abbastanza di quella merda dai Serpe-
verde.»
Remus era contento che Mary, che aveva più spina dorsale di lui,
avesse messo Sirius al suo posto in quel modo.
Gli insulti dei Serpeverde erano decisamente aumentati questo se-
mestre, anche se era evidente solo agli studenti di sangue non puro.
Remus aveva iniziato a preoccuparsi a camminare tra le classi da
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solo, anche se raramente doveva farlo. In ogni caso, aveva avuto
qualche incidente ed era stato chiamato mezzosangue due volte.
Non lo aveva detto a James o Sirius, gli sembrava fosse un’inutile
lamentela. Inoltre, per quanto riguardava gli insulti, era stato chia-
mato in modi peggiori rispetto a “mezzosangue”.
Tuttavia, non gli piaceva l’idea che qualcuno avesse fatto piangere
Marlene. Andava bene che Remus veniva preso di mira da Piton e
Mulciber, o anche dal piccolo e sadico Barty Crouch, ma far pian-
gere le ragazze era un’altra cosa. Remus sentì un’ondata di prote-
zione e cavalleria verso la sua amica. Strinse i pugni, poi li aprì.
Il problema era che Piton non era il tipo da attaccare con maledi-
zioni e grossi scherzi. Poteva fare entrambe le cose, era abile
quanto i Malandrini. Ma Piton faceva affidamento sulle parole per
ferire le persone, e quelle erano molto più difficili da contrastare.
A meno che non si cambiano le parole.
«Oh.» Remus mise giù il libro, all’improvviso. Afferrò il braccio di
Sirius, «Oh!»
«Che cosa?» Sirius lo guardò accigliato, era assorbito a guardare
l’allenamento mentre la mente di Remus vagava.
C’era stata un’altra opportunità per Sirius di unirsi alla squadra di
Quidditch quest’anno, ma aveva rifiutato. Forse perché aveva cam-
biato idea. Forse perché non voleva sentirsi di nuovo in imbarazzo
nel provarci.
«Cambiamo le parole!» Remus balbettò. «Cambiamo quello che
dice.»
«Di cosa parli?» Sirius fece schioccare la lingua. «Mocciosus?»
«Sì! Ci sono incantesimi per impedire a qualcuno di parlare, giu-
sto?» Sirius si colorò leggermente, guardando Remus.
«Sì...» Disse, cautamente.
«Okay, quindi quanto può essere più difficile... distorcere le loro
parole? Potremmo impostare una parola chiave o anche di più:
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mezzosangue, traditore del sangue, sanguesporco, amante dei bab-
bani o... qualunque cosa. E invece gli facciamo dire qualcosa di
veramente carino. O qualcosa di stupido. Qualunque cosa ci va.»
«Moony, dove hai sentito tutte quelle...»
James segnò un goal e Peter balzò in piedi, battendo le mani all’im-
pazzata. Potter fece alcuni giri sulla sua scopa, mettendosi in mo-
stra. Sirius sorrise al suo amico. Il ginocchio di Mary stava toc-
cando quello di Sirius, notò Remus. Erano seduti molto vicini, in
realtà.
«Quindi?» Remus afferrò di nuovo la spalla di Sirius, cercando di
farlo concentrare. «Cosa ne pensi?»
«Lo adoro.» Sirius disse, semplicemente. «Dovremmo fargli dire
qualcosa di veramente ridicolo, come... non so... “coniglietti di pe-
luche” o qualcosa del genere. Finito l’allenamento andiamo in bi-
blioteca, sì?»
«Posso venire?» Chiese Mary.
Sirius sbuffò. «Se vuoi. È una faccenda seria però, seria da Malan-
drini.»
Mary ridacchiò.
Remus si chiese se Sirius lo trovasse fastidioso quanto lui. Prese il
suo libro e tornò ad Artimanzia.

Venti minuti dopo, la sessione di addestramento era terminata e i


Malandrini stavano camminando verso il castello, Mary e Marlene
al seguito, Sirius e Remus balbettavano entrambi eccitati a James
del loro brillante piano (era diventato in qualche modo il “loro”
piano, nella mente di Sirius).
«Dovevate essere fuori dal campo per le cinque.» Qualcuno grugnì,
davanti a loro.
Remus guardò in alto e vide la squadra di Quidditch di Serpeverde
che camminava verso di loro, con le scope in mano, i kit in spalla.
403
«Ce ne andiamo ora Bulstrode, cazzo.» Disse James infastidito.
Il capitano Serpeverde dalla faccia da carlino lo guardò accigliato e
si spinse oltre, colpendo deliberatamente James con la spalla men-
tre passava.
«Oi!» Sirius estrasse la sua bacchetta ma James lo trattenne.
«Che te ne frega, Black?» Bulstrode sogghignò. «Se è ancora il tuo
nome.»
I Serpeverde risero tutti. Incluso il loro membro più piccolo e più
recente, che era stato dietro gli altri fino ad adesso. Regulus Black.
Ci vollero James e Remus per tirare via Sirius, mentre i Serpeverde
ridacchiavano e sussurravano.
«Ricorda il piano.» Sussurrò Remus.
Sirius si rilassò, poi annuì. «Promettimi che gliela faremo pagare, a
tutti.» Ringhiò.

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Il Lumaclub
Lunedì 8 ottobre 1973
«Sirius, faresti meglio a inventare tu le parole sostitutive, sei il più...
ehm...»
«Prolisso?» Fornì Sirius, sbadigliando. «Loquace? Garrulo?»
«Esattamente.» Remus sorrise. «Io cercherò di capire di quale in-
cantesimo avremo bisogno e James, tu puoi capire come possiamo
lanciarlo su tutta la casa... sarà davvero difficile, penso... Peter, farai
meglio ad aiutarlo con quello.»
«Udite udite!» James rise, imburrando il suo toast. «Adesso Moony
da gli ordini.»
«I Malandrini sono un’utopia socialista.» Sirius sbadigliò di nuovo,
«Non abbiamo leader.»
«Ti piace Babbanologia, vero?» Remus inarcò un sopracciglio.
Sirius appoggiò la testa sul tavolo da pranzo, chiudendo gli occhi
e facendo un gestaccio a Remus.
Un gufo atterrò sul tavolo della colazione: era di James. Il gufo di
Sirius era stato confiscato dai suoi genitori così tante volte che or-
mai non ne aveva uno, Peter tipicamente faceva affidamento sui
gufi della scuola e Remus non riceveva comunque posta.
«Ma che diavolo?» James aprì la lettera offerta dall’uccello con un
cipiglio. «Il... Lumaclub?!»
«Oh sì.» Sirius aprì un occhio assonnato. «Ne ho avuta una anch’io.
Apparentemente al vecchio pigro piacciono gli studenti che hanno
qualità da star. Quindi, io, ovviamente. E suppongo anche tu.»
Né Peter né Remus avevano ricevuto un invito; ma questa non fu
una grande sorpresa. Peter era abbastanza bravo in Pozioni ma
mancava di attitudine per quasi tutto il resto, quanto a Remus
aveva cercato di volare sotto il radar del professor Lumacorno.

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«Allora non andremo.» Disse James, piegando decisamente la let-
tera. «Tutti per uno e uno per tutti, siamo Malandrini.»
«Non mi interessa.» Remus alzò le spalle. «Vai se vuoi. Scommetto
che Lily ci va.»
«Dici?! Sì è davvero brava in Pozioni, non è vero?» James disse,
con quello sguardo buffo sul viso. «È davvero brava in tutto, pro-
babilmente la più intelligente dell’anno...»
«Oi!» Dissero Remus e Sirius, all’unisono.
James inarcò un sopracciglio. «La ragazza più intelligente, allora.»
Sirius chiuse gli occhi ancora una volta, soddisfatto, e cercò di son-
necchiare per il resto della colazione.

Giovedì 11 ottobre 1973


La festa si svolse più tardi quella settimana. James, ancora a disagio
per l’esclusione dei due Malandrini minori, cercò di convincere Pe-
ter e Remus a indossare il mantello dell’invisibilità e venire comun-
que. Sirius pensava che sarebbe stato divertente, ma Remus perso-
nalmente la pensava diversamente. Non aveva alcun desiderio di
essere tra i pochi eletti. Alla fine, anche Peter rifiutò, sebbene fosse
chiaramente sul punto di accettare il ridicolo piano.
Il giovedì era il giorno preferito di Remus della settimana scola-
stica... in particolare il giovedì dalle 14:00 alle 16:00; la fascia oraria
assegnata a Cura delle Creature Magiche. Le loro lezioni del mer-
coledì erano sempre teoriche e a Remus piacevano anche quelle,
non aveva mai sentito nessuno parlare di biologia come il profes-
sor Ferox. Ma il giovedì era dedicato alle lezioni pratiche e la classe
usciva nei giardini, oppure arrivava in classe e trovava una nuova
creatura che li aspettava, Ferox pieno di eccitazione di mostrar-
gliela.

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Dopo i kneazle, avevano visto i doxies e i crup. Questa settimana
c’erano i murtlaps. Mary e Marlene gridarono alle creature che Fe-
rox presentò in una grande gabbia simile a una conigliera in fondo
alla classe. Remus non poteva biasimarle; i murtlaps erano estre-
mamente sgradevoli. Erano creature simili a topi, con masse di ten-
tacoli contorti che spuntavano dalla schiena come vermi.
«Non possiamo fare crups e kneazle ogni settimana.» Sorrise Fe-
rox, facendo cenno a tutti di riunirsi. «Non tutte le creature magi-
che che studiamo saranno carine. Ma la diversità è il sale della vita,
eh?»
«Spero che non dovremo toccarli.» Sussurrò Marlene, rabbrivi-
dendo.
A Remus non importava; erano disgustosi, ma non era infastidito
dalle cose disgustose. Aveva uno stomaco piuttosto forte; Il pro-
fessor Ferox glielo aveva già detto la settimana scorsa, mentre
guardavano le uova di doxy schiudersi. Remus fu raggiante d’or-
goglio tutto il giorno.
Ferox stava guardando Remus ora.
«Signor Lupin, sono sicuro di poter contare su di lei per dirmi le
proprietà benefiche dei tentacoli di murtlap?»
Remus cercò di non sorridere troppo apertamente, o di sembrare
troppo un perfettino.
«Vanno bene per lenire i tagli superficiali e le abrasioni.» Disse
prontamente. «E se li mangi, ti rendono immune ai malanni più
comuni.»
«Eccellente, cinque punti a Grifondoro.»
Remus non poté fare a meno di sorridere un po’... a chi importava
dello stupido Lumaclub, Lumacorno non era neanche lontana-
mente fico come Ferox. Ferox era intelligente, senza pretese e di-
vertente e faceva cose pericolose. Remus non aveva mai pensato
molto ad avere una carriera, ma da alcune settimane ormai era
407
preso dall’idea che qualunque cosa avesse fatto una volta cresciuto,
gli sarebbe piaciuto essere proprio come il professor Ferox.
Intendiamoci, avrebbe dovuto iniziare a mangiare di più, o alle-
narsi con i pesi o qualcosa del genere, perché se Ferox era qualcosa,
era largo. E Remus, sebbene ora fosse alto pochi centimetri in più
degli altri Malandrini, rimaneva eternamente secco.
«È il tuo metabolismo.» Gli disse Madama Chips, quando l’aveva
chiesto una mattina dopo la luna. «Potresti mangiare di più, o ri-
posare di più, ma potrebbe essere solo una di quelle cose che non
si possono cambiare, temo. Non dovresti preoccuparti caro, sei
sano come ci si può aspettare.»
Non sembrava poi così rassicurante, ma lo accettò. Anche suo pa-
dre era magro, ne era certo. Almeno non era grassoccio, come Pe-
ter, che sembrava ancora un ragazzino in confronto al resto di loro.
Questo fatto fu reso ancora più chiaro più tardi quella sera, quando
Sirius e James furono completamente vestiti nei loro abiti formali,
sembrando dei giovani signori in tutto e per tutto e Peter sedeva
fissandoli con invidia dal suo letto, già in pigiama.
«Pensi che si dovrà ballare?» Chiese Sirius ansioso, raddrizzandosi
la cravatta.
«Nah.» Rispose James, cercando disperatamente di pettinarsi i ca-
pelli. «Ci era stato detto di portare dei partner o qualcosa del ge-
nere.»
Sirius si accasciò sul letto. «Odio cose come questa. Moony, vai al
posto mio, scommetto che il vecchio Luma non se ne accorge-
rebbe nemmeno.»
«Sicuramente.» Sbuffò Remus da dietro la sua copia di Assalto ver-
bale: scioglilingua difensivo. «Lumacorno non riesce nemmeno a
ricordare il mio nome la metà delle volte. E si sentirebbe un po’
turbato se al posto di un Black purosangue si trovasse il ragazzo
mezzosangue che continua a chiamare Linchpin.»
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«Ugh. È un vecchio coglione viscido. Come una vera lumaca.» Si-
rius sorrise tra sé e sé e diede una gomitata a Remus con il gomito.
«Hehe, una vera lumaca, Moony.»
Remus ricambiò il sorriso, alzando lo sguardo dal suo libro.
«Sei pronto, allora?» James sospirò gettando via il pettine, apparen-
temente accettando che il suo tentativo fosse inutile.
«Sì Sì...» Sirius grugnì, alzandosi faticosamente.
«Vengo con voi.» Disse Remus. «Tanto vale che vada in biblioteca.
Vuoi venire, Pete?»
Peter lo guardò come se fosse pazzo e scosse la testa.
James, Sirius e Remus si diressero verso la Sala Comune dove, con
grande gioia di James, Lily li stava aspettando in un grazioso vestito
turchese. Sfortunatamente per James, tuttavia, quando i tre Malan-
drini si avvicinarono diventò chiaro che non era lui che stava aspet-
tando.
«Remus!» Disse alzandosi.
«Sei carina Evans.» Disse James, speranzoso.
Sirius sospirò rumorosamente.
«Volevo parlare con Remus.» Disse Lily, ignorando James. «Verrai
con me alla festa?»
«Non ci vengo.» Remus scrollò le spalle. «Non sono stato invitato.»
«Oh...» Lily arrossì un po’, sembrando imbarazzata. «Scusa, ho solo
pensato...»
«Di cosa volevi parlare?» Chiese Remus, impaziente.
Il suo libro era pesante e venerdì era prevista la luna piena, cosa
che lo rendeva più agitato del solito.
Lily guardò James e Sirius, chiaramente non volendo dire niente di
fronte a loro.
Remus sospirò. «Vado in biblioteca. Se vuoi camminare con me,
allora va bene.»

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Avrebbe portato Lily fuori strada, ma Remus decise che non gli
importava. Uscì attraverso il buco del ritratto e la sentì correre die-
tro di lui, le sue scarpe nere laccate che ticchettavano sulle pietre.
«Su cosa è il libro?» Lily ansimò, lottando per tenere il lungo passo
di Remus.
«Niente.» Disse, coprendo deliberatamente il titolo con il braccio:
«Solo qualche ricerca.»
«Non è qualcosa di brutto, vero?» Lily chiese con disapprovazione.
«Non è un’altra cosa orribile da fare a Severus?»
«Sapevo che era quello di cui volevi parlare.» Remus alzò gli occhi
al cielo, continuando a camminare.
«Be’, devi ammetterlo... è stato Sirius a iniziare quella volta a
Hogsmeade, voglio dire, ha chiamato Sev-»
«Non mi interessa, Lily.» Remus scattò, girando un angolo. «Non
doveva essere così cattivo, Sirius e James stavano solo ridendo, e
Piton ha dovuto renderla una cosa personale.»
«Oh!» Lily batté il piede. «Siete tutti cattivi allo stesso modo!»
«Sai che lui odia anche le persone come te, vero?» Replicò Remus,
fermandosi ora che erano fuori dalla biblioteca. «Sai che la gente
come lui odia la nostra specie.»
«“La nostra specie”.» Disse Lily. «Onestamente, questa faccenda
della purezza del sangue sta diventando ridicola, e non giustifica...»
«Ha fatto piangere Marlene.» Insistette Remus. «Ce lo ha detto
Mary. Cosa pensi che dica alle tue spalle?»
Le guance di Lily erano di nuovo rosse. «Sev non direbbe mai
niente del genere su di me! Lui è il mio migliore amico!»
«A te va bene, ma il resto di noi non è così fortunato.» Remus
sputò.
Lily lo fissò, sbattendo le palpebre per qualche istante, stordita in
silenzio. Sembrava che stesse per piangere, e Remus provò un lieve

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senso di colpa. Quando parlò di nuovo, la sua voce era mite e de-
bole.
«Cosa avete intenzione di fargli?»
Remus sospirò. Avrebbe potuto tranquillamente dirglielo.
«Non solo a lui. A tutti loro.» Disse, abbassando la voce e chinan-
dosi leggermente nel caso fossero stati sentiti: «E niente di male.
Se smette di chiamare gli altri con certi aggettivi.»
Lo guardò scettica. Si raddrizzò.
«Questo è tutto quello che dirò. Farai tardi per la tua festa, dai.»

Più tardi quella sera, Remus pensò di esserci arrivato. Era seduto
nella Sala Comune e aveva finito di appuntarsi tutto. Ora tutto ciò
di cui aveva bisogno era l’elenco delle parole sostitutive di Sirius e
avrebbero potuto iniziare a lavorare sullo scherzo. Erano quasi le
undici quando il buco del ritratto si aprì e Lily Evans entrò con
una faccia rossa di rabbia. C’erano strani segni argentati sul suo
vestito che catturarono la luce mentre entrava.
«Che succede, Evans?» Chiese Remus gentilmente, sentendosi an-
cora un po’ dispiaciuto per essere stato così cattivo con lei fuori
dalla biblioteca.
«Chiedilo a loro.» Sibilò furiosa. «Vado a farmi una doccia.»
Non si chiedeva a chi si stesse riferendo, ma se l’avesse fatto, gli
sarebbe stata data una risposta in pochi istanti, quando Sirius e Ja-
mes uscirono dal buco del ritratto, ridendo istericamente.
Remus non poté fare a meno di sorridere, la loro gioia era conta-
giosa. «Che cosa avete fatto?»
«Ha fatto tutto Sirius, amico.» James diede una pacca sulla schiena
all’amico, poi si inchinò a lui in modo elaborato agitando la mano.
Sirius fece lo stesso di rimando. «Non avrei potuto farlo senza di
te, mio caro ragazzo.»

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«Fare cosa?» Chiese Remus, cercando di tenere a bada la sua irrita-
zione che era balzata fuori dal nulla.
«Lumache.» James ha detto. «Fottute lumache... ovunque. C’erano
questi dolcetti di gelatina e lumache pronti da mangiare.»
«Incantesimo di trasfigurazione abbastanza semplice.» Sirius
scrollò le spalle con falsa modestia, gettandosi su una poltrona e
mettendo una gamba sul braccio.
«Ma poi...» James si sedette accanto a Remus, con gli occhi illumi-
nati. «Poi hanno iniziato a moltiplicarsi...»
«Ed è per questo che Evans è incazzata con te?»
«Be’... hai visto i pezzetti viscidi sul suo vestito? E uhm... anche nei
capelli, credo. Erano lumache che si muovevano molto veloce-
mente, sono arrivate dappertutto...»
«Non ha nessun senso dell’umorismo, quella.» Sirius sbadigliò.
«Dovrebbe ringraziarci per aver ravvivato un po’ le cose.»
«La sfacciataggine di alcune persone.» Disse Remus, asciutto.
«Vedi, hai capito Moony.» Sirius ghignò. «Ci avresti lasciato tirarti
delle lumache, vero?»
Remus pensò che fosse meglio ignorarlo, e invece si rivolse a Ja-
mes.
«Allora Lumacorno ha capito che siete stati voi, vero?»
«Sì, era abbastanza ovvio. Eravamo gli unici a non urlare.»
«Punizione?»
«Tre settimane. Pulizia dei calderoni. Va bene, mi aiuta a rafforzare
i muscoli.» James fletté le braccia che, va detto, non sembravano
particolarmente muscolose.
«Buone notizie, però.» Disse Sirius, «Niente più feste per noi:
siamo fuori dal Lumaclub.»
«E nei libri di storia!» James cantò, facendo sciogliere tutti e tre in
scoppi di risa.

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James Potter e lo sterco di elefante
grumoso
Martedì 30 ottobre 1973
Con Halloween e la tradizionale festa di Hogwarts all’orizzonte,
Remus desiderava perfezionare l’incantesimo di scambio di parole
in tempo affinché avesse la massima portata.
«Va tutto bene Moony, sappiamo cosa stiamo facendo.» Disse Ja-
mes, tornando dall’allenamento del Quidditch coperto di fango e
fradicio.
Le serate stavano diventando più buie e Remus non andava quasi
mai a guardare la squadra che si allenava ormai, anche se Sirius e
Peter di solito lo facevano. Anche Mary andava sempre a vedere
Marlene. Li seguiva ovunque, in questi giorni.
«Penso solo che dovremmo provarlo.» Remus si morse il labbro,
guardando Sirius lanciare un incantesimo di essiccazione su James.
«Oh no.» Peter disse, incrociando le braccia. «Questa volta non
sarò la tua cavia. L’ultima volta non sono riuscito a sbarazzarmi di
quella macchia viola per settimane!»
«Me ne ero dimenticato.» Disse Sirius sognante. «Aveva funzio-
nato davvero bene, una volta aggiustate le imperfezioni.» «Fallo su
di lui.» Peter indicò Sirius. «È il suo turno.»
«Non lamentarti Pete.» Gemette Sirius. Si lasciò cadere sul letto.
«Fallo su di me, Moony, non sono un codardo.»
«Okay, va bene.» Remus tirò fuori la sua bacchetta.
Sirius balzò in piedi. «Aspetta, vuoi farlo adesso?!»
«Beh, prima è, meglio è...»
«E il controincantesimo?!»

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«Sì, sono abbastanza sicuro di aver risolto il problema.» Remus la-
sciò che un sorriso si insinuasse sul suo viso. Sapeva per certo che
il controincantesimo funzionava, ma era troppo divertente vedere
Sirius agitarsi.
«Oh per l’amor del cielo.» James sospirò, togliendosi la sua attrez-
zatura da Quidditch. «Fallo a me Lupin, non mi dispiace. Solo che
non voglio dire nessuna delle parole di quella tua orribile lista. Puoi
farlo su qualcos’altro?»
«Se vuoi.» Rispose Remus.
«Sì, riguardo a questa lista, Moony... » Disse Sirius raccogliendola
dal comodino.
«Che cosa?»
«Beh... è davvero lunga...»
«Sì.» Remus inarcò un sopracciglio. «Qual è il punto? Sono tutti
insulti per non purosangue, non è vero?»
«Sì.» Disse Sirius grattandosi il mento. «Sì, lo sono, ma... uhm ...
beh, non pensavo che ce ne fossero così tanti. Non li ho mai visti
scritti tutti così. E comunque, dove hai sentito tutto questa roba?!»
«Tu che pensi?» Remus incontrò gli occhi di Sirius, deliberata-
mente. Stava aspettando qualcosa del genere. «Non fare la femmi-
nuccia, Black, non mi dà fastidio. Ora, James, quale parola vuoi
scambiare?»
«Evans.» Sirius disse all’improvviso. «Sono stanco di sentirlo uscire
dalla sua bocca.»
«Okay.» Remus sorrise. «Allora lo cambiamo con cosa?»
«Non dirmelo!» James disse. «Faremo un test alla ceca, così sap-
piamo che funziona. Scegli qualcosa che Black non ha ancora in-
ventato.»
Remus annuì, scarabocchiò qualcosa su un pezzo di pergamena,
poi alzò la bacchetta concentrandosi. Agitò bruscamente la bac-
chetta su James e pronunciò l’incantesimo.
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Tutti e quattro rimasero in silenzio, a guardare.
«Ehm...» Disse Remus. «Hai sentito qualcosa?»
«No.» James si guardò, come se si aspettasse di vedere qualcosa di
diverso.
«Bene. Dillo, allora!» Esortò Sirius.
«Il suo nome completo.» Aggiunse Remus.
James si schiarì teatralmente la gola, raddrizzando le spalle. Al-
lungò un braccio e si mise una mano sul petto come se stesse per
fare un grande annuncio.
«STERCO DI ELEFANTE GRUMOSO.» Proclamò.
Peter scoppiò in un accesso di risatine così forti che quasi cadde
dal letto. Sirius scoppiò a ridere e James diventò rosso vivo.
«Non sapevo che avresti scelto qualcosa del genere!» Disse.
«Questa è la mia futura moglie!»
«Chi è la tua futura moglie?» Sirius chiese velocemente.
«Sterco di elefante grumoso.» James rispose, poi si portò le mani
alla bocca. «Lupin!»
«Hai detto che non ti dispiaceva.» Rispose Remus in modo profes-
sionale. «Ora, prova a dire di nuovo “Evans”, ma prova per dav-
vero a spezzare il mio incantesimo, okay?»
«Sterco di elefante grumoso.» Disse James. Poi con più forza.
«Sterco di elefante.» Strinse gli occhi. «...Sterco. Sterco di elefante
grumoso.» Abbassò la testa, tristemente.
Peter riusciva a malapena a respirare per quanto stava ridendo ora,
e Sirius dovette appoggiarsi alla colonna del letto per sostenersi.
«Eccellente.» Remus sorrise. Mise giù la sua lista. «Ehi, sono le sei.
Andiamo a cena?»
«Sì, prima fai il controincantesimo.» Disse James.
«Oh no.» Remus scosse la testa solennemente. «Scusa Potter, ma
voglio testare a fondo l’incantesimo... dobbiamo essere sicuri che

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non svanisca troppo velocemente. Ti disincanterò domani mat-
tina.»
«Che cosa?!» James ruggì,
«Oh sì!» Sirius ansimò, asciugandosi le lacrime dagli occhi.
«Scusa.» Disse Remus di nuovo, per niente dispiaciuto. «Sii solo
contento che non abbiamo scelto una parola comune.»
«M-ma, cosa succede se mi imbatto in sterco di elefante grumoso?»
«Oh, non credo che lo farai.» Remus fece un piccolo sorriso. «Non
c’è nessun elefante in Scozia.»
James fece una smorfia. «Sai cosa intendo! Grumoso! Sterco di ele-
fante grumoso?!»
Remus alzò le spalle. «Non urlare il suo nome? Andiamo, sto mo-
rendo di fame!»

«James! Guarda chi c’è!»


«Sta. Zitto.» James strinse i denti e guardò impietrito il suo piatto.
Sirius scosse la testa con disapprovazione, l’immagine della pietà.
«Non è il modo di salutare... come si chiama?»
«Non ci casco, sai. Sono più forte di così.» Disse James, tagliando
brutalmente la sua bistecca e la torta di rognone.
«È proprio lì, amico.» Disse Sirius, cercando di controllare il suo
sorrisetto. «Come farà mai a notarti se non la chiami?»
«Oi Evans.» disse Remus improvvisamente salutando la rossa.
«Vuoi sederti con noi?»
Si fermò e li guardò diffidente. «Perché?»
«Tu sei una Grifondoro, noi siamo Grifondoro...» Disse Sirius al-
zandosi per darle il suo posto accanto a James. «Dovremmo se-
derci insieme. Inoltre, darà davvero fastidio a Potter.»
«Beh in quel caso.» Lily si sedette.
Sirius spinse Remus su per fare spazio. Lily guardò incuriosita Ja-
mes, che era diventato rosso barbabietola.
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«Perché ti disturbo, Potter?»
«Non lo fai!» Disse velocemente. «Stanno solo facendo gli idioti.»
«Linguaggio, Potter!» Disse Sirius severamente, versando il sugo
sul purè di patate e piselli. «Non è questo il modo di parlare di
fronte a una signorina.»
«Cosa sta succedendo?» Lily guardò Remus con sospetto. «Mi
prendete in giro?»
«Stiamo prendendo in giro James.» Peter squittì, come se stesse
facendo fatica a contenere la sua eccitazione. Per una volta non era
lui il bersaglio dello scherzo, ed era chiaramente un’idea vertigi-
nosa.
«Sto provando un incantesimo su di lui.» Disse Remus, semplice-
mente. Gli occhi di Lily lampeggiarono mentre analizzava la situa-
zione.
«E qual è l’incantesimo?»
«Mutatio Verbi.»
Le sue sopracciglia si alzarono . «Quella è... oh mio dio, Remus,
qual è la parola?!»
«Ehm...»
«Sterco di elefante grumoso.» Disse James cupo.
Peter sputò il suo succo di zucca e fece volare la forchetta.
Lily ridacchiò nervosamente. «Cosa hai detto, Potter?»
«Ste...Sterco.» James si sforzò di combattere l’incantesimo. «Sterco
di elefante grumoso... grumoso.»
«Grumoso...?! Oh, per carità!» Lily lanciò un’occhiataccia a Sirius.
«È il mio nome, non è vero?»
«Non guardarmi!» Sirius sorrise, alzando le mani. «È stata un’idea
di Moony!»
Lily si voltò verso Remus, il suo cipiglio scomparì. «Davvero Re-
mus?»
«Ehm... sì, ma non voleva essere offensivo o altro...»
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«È stupefacente!» Disse. «Magia davvero intelligente!»
«Aspetta fino a domani!» Disse Peter, riprendendosi dalla sua crisi
isterica.
Sirius gli diede un calcio sotto il tavolo.
«Mi dispiace tanto, sterco di elefante.» Disse James, con un’aria
sinceramente desolata.
Questa volta anche Lily rise.

Mercoledì 31 ottobre 1973


«Non sta succedendo niente.»
«Beh, non inizieranno a insultarsi a vicenda, no?»
«Dobbiamo spingerli a farlo. Pete, vai e...»
«Oi, sono purosangue!»
«Oh sì, giusto. Umm... Moony, vai a farne inciampare uno o qual-
cosa del genere. Fallo a Mocciosus... o a mia cugina, sì, fallo a
Cissy!»
«No.» Disse Remus, piano. Ignorando il fatto che in realtà non
aveva problemi con Narcissa, non voleva essere così ovvio.
«Aspetteremo solo. Pazienza Black, pazienza.»
«Ma potrebbero volerci giorni.»
«Non ci vorranno.» Disse Mary duramente. «Voi tre dovete essere
ciechi se non avete ancora visto cosa succede qui.» Questo li zittì.
Mary si era seduta accanto a Sirius per la seconda volta quella set-
timana. A Remus non importava; gli piaceva Mary, era divertente,
brusca e sfacciata ma anche immancabilmente gentile e piena di
compassione. Era sua amica... ma beh, non era una Malandrina,
no?!
La sua presenza sembrava invadente in qualche modo; non si adat-
tava del tutto al loro solito avanti e indietro e si sedeva sempre
accanto a Sirius, il che significava che nessuno poteva parlargli
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senza che lei ascoltasse e sbattesse gli occhi. Ovviamente Remus
sapeva che lui le piaceva e tutto il resto, ma non era ancora sicuro
che Sirius lo sapesse, o forse era così che dovevi comportarti
quando qualcuno ti voleva.
«Cosa sta succedendo?» Chiese James, molto seriamente. «Ti chia-
mano in certi modi, MacDonald?»
Lei scrollò le spalle, sorseggiando il suo succo di zucca. «È stato
peggio quest’anno. Vero, Remus?»
Remus annuì vagamente, distogliendo lo sguardo, come se fosse
più interessato a guardare i Serpeverde. Era la festa di Halloween
e tutti erano di buon umore. Il professor Vitious aveva incantato
pipistrelli neri scintillanti a piombare sopra le loro teste, sottili ra-
gnatele argentee luccicavano dalle travi e la Sala Grande era piena
degli odori autunnali di zucca arrosto, fumo di legna e mele cotte.
«Allora...» Continuò James lentamente. «Vi chiamano tutti i nati
babbani, quindi? Persino... persino sterco di elefant- oh che cazzo,
Remus! Per favore!»
«Se fai i miei compiti di Pozioni.» Remus rispose, veloce come un
dardo.
«Bene! Qualunque cosa! Ti do la mia maledetta scopa se vuoi...»
«Finite.» Remus puntò la sua bacchetta contro James.
James lo fissò, sbalordito. Si schiarì la gola. «Lily Evans.» Disse
molto chiaramente, poi sorrise.
«E adesso cosa c’è, Potter?!» Lily si voltò, la sua conversazione con
Marlene fu interrotta.
«Vuoi uscire con me?»
«No.» Si voltò di nuovo.
«Grazie Moony.»
«Quando vuoi.»
«Aspetta.» Sirius disse. «Aspetta un attimo... Il controincantesimo
è Finite Incantatum?!»
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«Sì.»
«Ma è il controincantesimo standard!»
Remus alzò le spalle. «Non ho mai detto che fosse qualcosa di dif-
ficile. Voi purosangue non avete un briciolo di buon senso.»
Mary scoppiò a ridere, James si strozzò con la sua patata arrosto e
Sirius diede una pacca sulla schiena di Remus.
«Lo giuro, Moony. Quando si tratta di schemi malvagi, nessuno ti
batte.»
Remus arrossì d’orgoglio e lo scrollò di dosso, tornando alla sua
cena.
«Guarda!» Peter gridò all’improvviso, puntando un dito paffuto in
direzione del tavolo Serpeverde: un Tassorosso del secondo anno
si era avvicinato troppo a Mulciber, che si era alzato e incombeva
su di lui.
«Sì.» Sussurrò Sirius. «Dai, grande troll...»
Il Tassorosso tremava così tanto che rovesciò la sua bevanda, ro-
vesciandone la maggior parte sui suoi stessi vestiti, ma anche
spruzzandone leggermente sulle punte delle enormi scarpe nere di
Mulciber. Il Serpeverde dal naso camuso afferrò il Tassorosso per
la cravatta; il resto dei Serpeverde si voltò a guardare avidamente.
«Pulisci, angelico tesoro.»
Silenzio di tomba. Il Tassorosso sembrava confuso e si lasciò sfug-
gire una risata nervosa. Mulciber sembrava più stupido del solito.
«Che cosa hai detto, Mulciber?» Chiese Piton, fissandolo.
«Angelica dolcezza di papà!» Ruggì Mulciber, rosso in faccia. «No! Vo-
levo dire, cara prugna di zucchero! No! Deliziosa caramella gommosa!»
L’intera sala scoppiò in una risata.
«Maledizione.» Disse Sirius sottovoce. «Mulciber ha davvero una
boccaccia, eh? Non pensavo che ne avrebbero usati la metà.»
«Siediti, idiota.» Piton rimproverò il bullo, che aveva lasciato an-
dare la cravatta del Tassorosso, e sputava impotente sciocchezze.
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«È stato fantastico, Sirius!» Mary lo abbracciò.
Remus perse improvvisamente l’appetito.
Sirius si limitò ad agitare i capelli in modo galante. «Aspetta.» Disse.
«Questo era solo l’inizio.»

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Sirius compie 14 anni
Venerdì 2 novembre 1973
Remus sbirciò silenziosamente dalla porta della stanza del dormi-
torio e, trovando la zona sgombra, si infilò dentro. Aprì con cura
il baule e infilò dentro il pacco, coprendolo con un vecchio paio di
jeans.
«Ciao, Moony.» Una voce dietro di lui spaventò Remus a tal punto
che lasciò cadere il coperchio del baule con un pesante *THUNK*
e si voltò. James stava uscendo dal bagno, i suoi capelli scuri ba-
gnati e gli occhiali appannati.
«Ciao.» Disse, sperando non sembrasse che stesse tramando qual-
cosa.
«Hai in mente qualcosa?» James lo guardò strizzando gli occhi.
«No.»
«Cosa stai facendo?»
«Niente!»
«È il regalo di compleanno di Sirius?» Le spalle di Remus si abbas-
sarono, sospirò.
«Sì.»
«Non devi nasconderlo da me, Moony.» James rise facilmente, get-
tando l’asciugamano sul letto e iniziando a vestirsi. «Non glielo
dirò.»
Remus si limitò a scrollare le spalle goffamente. Voleva davvero
solo nascondere il fatto che aveva trascorso le ultime due ore nei
bagni delle ragazze del quarto piano cercando di concludere quella
stupida cosa, con Mirtilla Malcontenta che rideva sopra la sua testa,
senza dare alcun consiglio utile.
Stava anche cercando di evitare qualsiasi domanda imbarazzante
su dove avesse preso i soldi. La sua scorta di sigarette rubate era

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ormai quasi completamente esaurita, e aveva abbastanza soldi per
comprare i regali di Natale per i suoi amici e, se era prudente, qual-
cosa per sé stesso. Non voleva niente, ma a Remus piaceva l’idea
di poter andare e comprare qualcosa se gli fosse piaciuta.
«Per fortuna quest’anno è un sabato.» Disse a James, rilassandosi
un po’. «Sai cosa faremo?»
«Beh, ovviamente, dovremo cantare “buon compleanno” a cola-
zione.» Disse James, molto serio.
«Ovviamente.» Remus acconsentì.
«E pranzo e cena. Ho gli allenamenti di Quidditch la mattina, ma
ho chiesto a Madama Bumb di lasciarci il campo per mezz’ora
prima che i Corvonero inizino, così possiamo volare un po’.»
«Oh bene.» Disse Remus, con un po’ meno entusiasmo.
Non era la sua idea di divertimento sedersi nelle tribune del Quid-
ditch da solo in una fredda mattina di novembre, ma dopotutto era
il compleanno di Sirius. Forse avrebbe potuto portare un libro.
«Poi suppongo che dovrà fare quella cosa del tè pomeridiano con
Regulus e Narcissa. Quindi, dobbiamo scoprire quando finirà
prima di poter organizzare una festa vera e propria. Credi che agli
altri dispiacerà se usiamo la Sala Comune?»
«Nah.» Remus scosse la testa, con sicurezza.
Nessuno poteva negare nulla a James e Sirius, specialmente una
festa di compleanno molto rumorosa. Questo era vero in qualsiasi
momento dell’anno, ma soprattutto questa settimana, quando la
popolarità dei Malandrini sembrava aver raggiunto l’apice.
Remus era stato a malapena in grado di camminare lungo un cor-
ridoio da mercoledì senza sentire un applauso, o ricevere una pacca
sulla spalla dai compagni Grifondoro, Corvonero o Tassorosso.
I Serpeverde si accigliavano ancora, continuavano a lanciare
sguardi taglienti quando gli passava accanto, ma non potevano dire
nulla. Alcuni ci avevano provato, ovviamente. Per i primi due
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giorni dopo Halloween, si potevano sentire gli occasionali “scoppi
di dolcezze angelici” o “pastiglie di miele” seguiti da risate rauche. Piton
aveva persino perso completamente la pazienza durante la lezione
del venerdì di Incantesimi e aveva chiamato James un “adorabile
piccolo pupazzo”, il che quasi uccise Sirius dalle risate e mortificò
Lily.
La parte migliore di questo scherzo, che Remus non aveva nem-
meno preso in considerazione quando l’aveva programmato, era
che nessuno dei Serpeverde poteva lamentarsi con i professori
dell’incantesimo perché ciò avrebbe significato spiegare quali pa-
role erano state sostituite. Quindi, fu un processo lento e immen-
samente divertente guardare mentre gli studenti Serpeverde cerca-
vano di capire da soli la contro maledizione.
«Gli sta bene.» Marlene ridacchiò, quella mattina presto. «Se fos-
sero Tassorosso, a quest’ora avrebbero tutti sciolto l’incantesimo.»
In una notte i Malandrini erano passati dall’essere i pagliacci di
classe, benvoluti e allegramente tollerati, a eroi della guerra tra case
che si stava perpetrando da tutto l’anno. Remus cercò di non pen-
sare agli effetti a lungo termine che questo avrebbe potuto avere e
si concentrò invece sull’imminente quattordicesimo compleanno
di Sirius. In qualche modo, “quattordici anni” suonava ancora più
maturo di tredici: a quattordici eri decisamente un adolescente.
Mary si sedette con loro a cena quella sera, ancora una volta. Una
o due volte Remus aveva pensato di chiedere a James come si sen-
tiva riguardo a questa nuova cosa, ma si fermò. Dopotutto, James
sembrava non curarsene affatto e andava avanti come al solito. E
Mary non stava facendo nulla di male sedendosi al tavolo della sua
casa.
Sinceramente, Remus non era ancora riuscito a capire perché la sua
presenza lo infastidiva così tanto, tranne per il fatto che si sedeva
sempre accanto a Sirius, cosa che pensava fosse una
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manifestazione un po’ ovvia. La continua timidezza di Sirius
sull’intero argomento era altrettanto esasperante, a Remus non pia-
ceva che le altre persone tenessero segreti.
«A che ora sarai libero domani, Black?» Chiese James, mentre si
infilava un croccante merluzzo dorato in pastella e patatine tagliate
spesse in bocca.
«Cosa vuoi dire?» Chiese Sirius spruzzando liberamente aceto sul
suo piatto, passandolo poi a Remus.
Mary, che stava aspettando l’aceto, lanciò a Remus uno sguardo
strano.
«Sai, a che ora pensi che finirà il tè della famiglia Black? Per il tuo
compleanno?»
«Oooh, è il tuo compleanno, Sirius?» Mary sorrise. «Non l’hai
detto! Ti avrei preso qualcosa!»
«Davvero?» Sirius la guardò leggermente perplesso e poi si voltò
di nuovo verso James. «Non credo che ci sarà il tè quest’anno.
Nessuno mi ha avvertito.»
«Oh veramente?» James inarcò le sopracciglia, che gli davano sem-
pre un’espressione un po’ da gufo. «Stai... voglio dire, va bene?»
Sirius sbuffò guardando il suo cibo. «Perché non dovrebbe andare
bene? Come se me ne fregasse qualcosa.»
«Beh... fantastico, allora.» James sorrise, lanciando uno sguardo a
Peter e Remus che solo loro avrebbero capito. «Possiamo conti-
nuare a organizzarti la festa più rumorosa che la torre di Grifon-
doro abbia mai visto.»
«Sì!» Peter aggiunse, per buona misura.
«Sono invitata?» Chiese Mary, sedendosi più dritta.
«Ovviamente.» Remus disse, la sua voce più sarcastica di quanto
volesse dire. «Tutti sono invitati.»
«Guarda, forse non fatene un grande evento.» Sirius disse, gio-
cando con i suoi piselli. «Non mi va molto.»
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«Oh, perché no?» Mary tubò. «Sarà divertente! Sarà bello come il
compleanno di Remus l’anno scorso... anche meglio!»
Sirius non disse nulla, e James lanciò un’altra occhiata a Peter e
Remus. Mangiarono il resto del pasto in un silenzio quasi totale.

Sabato 3 novembre 1973


Remus si svegliò da solo la mattina del compleanno di Sirius, tro-
vando un biglietto appuntato sulla porta del bagno, scritto in un
bellissimo corsivo.
Siamo andati agli allenamenti di Quidditch. Sapevo che non saresti voluto
venire, quindi ti ho lasciato dormire. Ci vediamo dopo. S.
Remus fece la doccia e poi decise che poteva anche andare in bi-
blioteca. Aveva terminato il suo saggio sulle creature magiche
XXX e voleva portarsi avanti sulle creature di classe XXXX.
(Aveva recentemente appreso che lui, Remus Lupin, magrissimo,
tredicenne, era classificato XXXXX, insieme alle manticore e ai
draghi.)
Sarebbero andati avanti con la festa con o senza il consenso di Si-
rius, una decisione presa da James e sostenuta da Remus. Anche
quando era triste, Sirius non poteva resistere a essere al centro
dell’attenzione e fare più rumore possibile. Peter era stato incari-
cato delle decorazioni e, con l’aiuto di Mary e Marlene, aveva na-
scosto un baule pieno di stelle filanti e palloncini nel dormitorio
femminile del terzo anno. James gestì gli inviti che, per quanto Re-
mus aveva visto, implicavano urla a vari studenti dicendo loro che
sarebbe stato meglio che ci sarebbero stati o sarebbe finita male.
Remus era responsabile del cibo; qualcosa che era abbastanza sem-
plice quando avevi accesso alla Mappa e al mantello dell’invisibilità.
Fece una tranquilla colazione da solo con il suo libro. I pasti erano
una faccenda molto più pacifica da quando ai Serpeverde era stata
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temporaneamente messa la museruola. Anche quelli che erano riu-
sciti a rompere l’incantesimo tenevano la bocca chiusa, almeno per
ora.
Il libro che Remus stava leggendo era così interessante che non
riuscì a metterlo giù, e invece continuò a leggere mentre serpeg-
giava lentamente verso la biblioteca, allungando di tanto in tanto
la mano per evitare di sbattere contro colonne o porte. Quindi, era
stata completamente colpa sua quando si scontrò a capofitto con
Regulus Black, facendo cadere a terra il ragazzo più giovane.
«Oh scusa!» Disse Remus, lasciando cadere il libro e offrendogli
automaticamente una mano per aiutarlo ad alzarsi.
Regulus gli lanciò un’occhiataccia e strinse gli occhi alle cicatrici
che incrociavano i polsi di Remus. Si alzò in piedi senza aiuto, pu-
lendosi, annusando Remus con la sua superiorità da erede dei
Black.
«Guarda dove vai.» Disse gelido.
«Ho detto scusa.» Remus rispose, un po’ seccato. Non voleva ini-
ziare a litigare, voleva solo arrivare in biblioteca senza problemi.
«Che cosa stai facendo in giro da solo, comunque.» Chiese Regulus
sospettoso. «Stai pianificando qualche altro esilarante assalto alla
nostra libertà di parola?»
Remus lo schernì. «Potrei chiederti la stessa cosa. Dov’è quel ra-
gazzino raccapricciante, Crouch? Ad ogni modo, non puoi provare
niente.»
«No.» Le labbra di Regulus si arricciarono. «Ma so che mio fratello
era coinvolto.»
«Ah sì?»
«Sì. Non ho ricevuto le stesse parole di tutti gli altri.»
«Mmh?» Remus cercò di sembrare indifferente ma non aveva idea
che Sirius avesse maledetto suo fratello in modo diverso.

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«Ogni volta che provo a dire il nome della mia casa, viene fuori...»
Regulus si guardò attorno furtivamente, come se avesse paura di
essere sentito. «Vai Grifondoro, vai!»
Remus scoppiò a ridere, sotto lo sguardo imperioso di Regulus.
«Scusa.» Disse Remus, per la terza volta. «È... beh, è piuttosto di-
vertente.»
«Certo che pensi che sia divertente.» Il ragazzo più giovane tirò su
col naso.
Era più basso di Remus, ma in qualche modo riuscì comunque a
guardarlo dall’alto in basso. «Tu... la tua specie non può assoluta-
mente capire cosa sta mettendo a repentaglio mio fratello. Ho fatto
del mio meglio per nascondere il peggio ai nostri genitori, ma lui
deve continuare a spingere...»
«Allora è per questo che non è invitato al vostro stupido tè?»
Chiese Remus, arrabbiato per conto del suo amico.
«Narcissa non pensava che ne valesse la pena, quest’anno.» Lo
sguardo freddo di Regulus vacillò e lui distolse lo sguardo. Remus
aveva l’impressione che a Regulus sarebbe piaciuto avere la possi-
bilità di vedere suo fratello. «E questo suo ultimo scherzo lo ha
appena dimostrato. Non tornerà... mai.»
Regulus si voltò in direzione delle segrete.
Remus provò un’ondata di compassione e contro il suo miglior
giudizio lo richiamò. «Reg, aspetta!»
Regulus si voltò, sembrando inorridito dall’eccessiva familiarità di
Remus. Ma Regulus era un nome così brutto. Peggio di Remus.
«Senti.» Si affrettò. «Stasera faremo una festa per Sirius nella Sala
Comune, puoi venire se-»
«No.» Regulus disse bruscamente e con aria ansiosa. «Non invi-
tarmi, okay? Lascia perdere e basta. Digli buon compleanno da
parte mia.» Si precipitò via.

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Con o senza Regulus, la festa fu un successo strepitoso. Ogni mo-
tivo del leone nella Sala Comune (e ce n’erano parecchi) era stato
incantato a ruggire ogni volta che qualcuno pronunciava le parole
“compleanno” o “Sirius”.
L’intera casa di Grifondoro fu coinvolta, e Remus era abbastanza
sicuro che alcuni degli studenti più grandi stessero passando in giro
boccette di qualcosa di un po’ più forte della Burrobirra che tutti
gli altri stavano bevendo. Il giradischi di Sirius girava all’impazzata
al doppio del tempo e molte ragazze si erano alzate per ballare.
Mary aveva cercato di tirare su Sirius per John, I’m Only Dancing, ma
lui scosse la testa con fervore e rimase sul divano con Remus e
Peter.
«Conosco solo il valzer.» Confidò loro in un sussurro. «E sarò dan-
nato se mai lo farò di nuovo.»
James si alzò e cercò di scuotere i fianchi il più vicino possibile a
Lily, ma inciampò subito in una piega del tappeto e quasi finì a
capofitto nel camino. Sirius rise di cuore, e Remus fu contento di
vedere che almeno oggi non avrebbe permesso alla sua famiglia di
toccarlo. Decise di non dire ancora a Sirius del suo incontro con
Regulus; non lo avrebbe reso più felice, quindi qual era il punto?
«Sei Lupin, vero?» Una ragazza si sporse dallo schienale del divano,
i suoi lunghi capelli neri che sfioravano la spalla di Remus. L’aveva
già vista; era al sesto anno.
«Ehm... sì.» Annuì, saltando in piedi.
«Il mio amico, Fariahah, dice che stai vendendo-»
«Ehm, vieni qui!» Saltò dentro scuotendo selvaggiamente la testa;
finora era riuscito a condurre i suoi affari in privato e senza che gli
altri Malandrini lo sapessero.
«Cosa vuoi?» Chiese, una volta che furono nell’angolo più lontano
da Sirius e Peter.
«Due pacchi di qualunque cosa tu abbia.» Lei disse.
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«Un galeone.»
«Che cosa?!» Esclamò: «Ma Fariahah ha detto che erano cinque
falci a pacchetto!»
«Sto finendo le scorte.» Disse Remus disinteressato. «Domanda e
offerta.»
«Uffa, bene.» Incrociò le braccia e scosse la testa. «Un galeone.»
«Non posso prenderli ora. Ci vediamo qui domani alle sette.»
«Di domenica?!»
«Ho molti clienti, sai.»
«Okay, okay...»
«Che è successo, Moony?» Sirius lo guardò mentre Remus tornava
sul divano. Il suo sguardo sospettoso era identico a quello di suo
fratello. «Non un’altra ragazza?»
«Zitto.» Remus lo prese a calci.
«Chi è la tua ragazza, Remus?» Mary si mise a sedere, sembrando
interessata.
Dio, pensò Remus, da dove era saltata fuori?!
«Non ho una ragazza. Black è solo un coglione.»
«Bene.» Si sedette Mary sorridendo compiaciuta. «Perché se
l’avessi...» Fece roteare i suoi capelli ricci intorno a un dito.
«Conosco qualcuno che sarebbe davvero deluso.»
«Oh. Okay.» Rispose, cercando di non mostrarle quanto fosse in-
fastidito.
«A chi piace Moony?» Chiese Sirius, dando retta a Mary.
«Non potrei proprio dirtelo.» Mary rispose, imitando di cucirsi le
labbra.
Remus desiderava che lo facesse per davvero, per sempre.
«Ragazze.» Sirius disse esasperato. «Incubi, maledetti incubi.»
Mary fece finta di fare il broncio, ma non disse altro. Sirius scosse
la testa verso di lei, ma stava sorridendo. Alla fine, tornò da Remus.

430
«Allora cosa stai vendendo? Quella ragazza ha detto che stavi ven-
dendo qualcosa.»
«No.» Disse Remus, innocentemente. «Aveva sbagliato persona.»
«Lo scoprirò, sai.» Disse Sirius, uno sguardo di gioia nei suoi pro-
fondi occhi blu. «Non che non sia grato per l’eccellente regalo di
compleanno.» Annuì al pavimento dove giaceva il suo pratico kit
di scherzi Deluxe di Zonko appena scartato, che proclamava con
orgoglio; “Il meglio per completare la raccolta di qualsiasi maestro burlone”.
«Ma alla fine scoprirò come l’hai pagato. Non credo a questa storia
della zia morta che ti lascia dei soldi.»
«Tuo zio morto ti ha lasciato dei soldi.» Ribatté Remus.
«Non posso toccarli finché non avrò la maggiore età, giusto?» Si-
rius disse astutamente. «No, stai tramando qualcosa Lupin... ti co-
nosco, non sei Moony se non hai un segreto.»
«Lasciami avere il mio segreto allora.» Remus girò la testa, miste-
riosamente.

431
Conosci te stesso
Domenica 11 novembre 1973
Remus si svegliò, balbettando e tremando. La stanza era buia e il
suo respiro usciva in nuvole bianche sopra la sua testa. Tutto fa-
ceva male. Alzò le mani davanti al viso e trovò le punte delle dita
blu e insanguinate. C’erano schegge sotto le sue unghie e altro san-
gue da qualche parte, poteva sentirne l’odore ma non riusciva a
vedere molto bene al buio e non aveva l’energia per alzare la testa.
Le sue ossa sembravano fatte di gesso. Era così, così stanco.
Tuttavia, se c’era tanto sangue quanto pensava, probabilmente non
era una buona idea dormire. Avrebbe dovuto rimanere sveglio al-
meno fino all’arrivo di Madama Chips, che non sarebbe arrivata
dopo molto.
Remus giaceva immobile e concentrato sul suo respiro. C’era an-
che una partita di Grifondoro oggi, un’altra cosa che si sarebbe
perso. Non solo, ma i suoi amici sarebbero stati troppo occupati
per fargli visita.
Voltò la testa e si sollevò. Sperava che non avrebbe vomitato, era
così imbarazzante vomitare. Non aveva con sé la bacchetta, quindi
non avrebbe potuto pulire.
«Buongiorno Remus.» Madama Chips finalmente entrò nella
stanza. «Oh caro, non è andata molto bene, eh?»
Alzò la testa e subito vomitò.

«Non sono sicura che mi piaccia che tu legga così tanto. » Madama
Chips lamentò mentre gli portava una pozione curativa. «So che i
tuoi studi sono importanti per te, ma hai bisogno di riposo.»
«Ho dormito tutta la mattina.» Lui rispose. «E mi annoio così
tanto. Sa com’è andata la partita di Quidditch?»

432
«Temo di no.» Sorrise l’infermiera. «Sono sicura che il signor Pot-
ter sarà qui per dirtelo il prima possibile, però.»
Non era molto probabile; se avessero vinto ci sarebbe stata una
festa, e Remus aveva fatto promettere a James di non perderla a
causa sua. Accettò la pozione che gli era stata data e la inghiottì
senza lamentarsi. Era amara, ma si era abituato.
Doveva leggere, perché se non lo avesse fatto, non avrebbe avuto
nulla da fare, tranne pensare alle sue nuove cicatrici. Questo mese
il lupo si era squarciato il torace, che era meglio delle braccia o del
viso; almeno poteva nascondere i segni più facilmente.
Remus raramente si spogliava davanti a qualcuno; anche dopo che
i Malandrini avevano scoperto il suo piccolo problema peloso.
Nessuno tranne Madama Chips aveva visto la reale entità del
danno (beh, Sirius l’aveva fatto una volta, all’inizio del secondo
anno, ma nessuno dei due aveva da allora ricordato quello strano
incontro). Tuttavia Remus non era ingenuo e sapeva che un
giorno, per quanto lontano potesse essere, qualcuno si sarebbe
aspettato che lui si togliesse la maglietta. Non valeva la pena pen-
sarci. Forse avrebbe dovuto evitare le ragazze per sempre.
«Signor Lupin!» Una voce allegra rimbombò sul pavimento
dell’ospedale. Era il professor Ferox, che teneva in braccio due
grandi barattoli di liquido trasparente.
«Oh, salve.» Remus fece un piccolo cenno di saluto.
«Essenza di Murtlap. Come promesso, Poppy.» Il professore posò
i barattoli.
Non venire, non venire. Pensò Remus freneticamente mentre il pro-
fessor Ferox attraversò la stanza verso il suo letto.
«Sei stato in guerra, figliolo?» Chiese, gentilmente.
«Uhmm...» Remus voleva rimpicciolirsi e nascondersi sotto le len-
zuola. Odiava l’idea che Ferox forte ed energico lo vedesse nel suo
stato più debole. «Sto bene.»
433
Ferox si sedette accanto al letto di Remus. Remus si rassegnò al
suo destino.
«La seconda volta qui quest’anno, eh?» Disse il professore, preoc-
cupato.
Remus annuì, anche se era la sua terza luna del semestre. Se Ferox
non avesse notato l’altra assenza, forse non avrebbe unito i puntini.
«Sai, se hai bisogno di più tempo per i compiti, devi solo chiedere.»
«Non ho mai consegnato nulla in ritardo!» Protestò Remus.
«No.» Gli occhi di Ferox scintillarono. «Certo che non l’hai fatto.»
I suoi occhi si spostarono sulle bende che spuntavano dal gilet del
pigiama di Remus, coprendo un nuovo taglio che gli serpeggiava
lungo la clavicola. Qualcosa si registrò negli occhi dell’uomo più
anziano, e Remus capì quasi istintivamente che Ferox lo sapeva.
«Posso fare tutto quello che può fare chiunque altro.» Disse Re-
mus, guardando il suo insegnante dritto negli occhi.
«Posso intuire che...» Ferox ora guardò la pila di libri sul comodino.
«Sono tutti di scuola?»
«Alcuni.» Remus rispose. «Alcuni sono per divertimento. Mi piace
scoprire cose nuove. Mi piace conoscere le cose.»
«Sì, lo avevo capito dai tuoi saggi.» Ferox stava sorridendo di
nuovo, il che fece rilassare Remus un po’. «Hai pensato ad una
carriera sulle creature magiche? O forse qualcosa di più simile a
tuo padre?»
«Ehm... non ci ho pensato.» Remus mentì.
Ferox rise. Toccò il libro in cima alla pila. Lo aveva preso in pre-
stito da Sirius, un libro di filosofia babbano.
«Conosci te stesso Remus.» Ferox disse.
«Platone.» Disse velocemente Remus.
Ferox rise di nuovo, alzandosi. «Esattamente.» Arruffò i capelli di
Remus prima di voltarsi per andarsene. «Spero che ti senta meglio
presto, Lupin. Ci vediamo mercoledì.»
434
Era tutto molto criptico, pensò Remus, realizzando che aveva trat-
tenuto il respiro per quasi un minuto mentre Ferox lasciava la
stanza. Non aveva ancora iniziato Platone, lo aveva solo sfogliato;
non era il genere di cose a cui di solito era interessato, ma si era
impegnato a provare un po’ di tutto.
Segretamente voleva essere in grado di mostrare a Sirius di aver
letto più libri di lui. Sirius non passava quasi più tempo a leggere;
la sua missione risoluta di adempiere al suo ruolo di pecora nera
della famiglia Black significava che aveva poco tempo per nient’al-
tro che causare problemi. Se ne sarebbe pentito un giorno, se-
condo l’opinione di Remus. Remus aveva visto molti ragazzi a St
Edmund’s che cercavano di spingere i propri limiti in quel modo,
il problema era che alcuni limiti non erano recintati. A volte erano
bordi; con niente dall’altra parte.

Guarì abbastanza bene nonostante le brutali cicatrici, e Madama


Chips lo rimandò alla torre di Grifondoro quella sera, chiedendogli
che non facesse altro che riposare. Camminava lentamente, come
promesso. Quando finalmente raggiunse la Sala Comune, non
trovò la festa per la vittoria che si aspettava, ma un’atmosfera piut-
tosto sommessa, e i Malandrini non si vedevano da nessuna parte.
Remus aggrottò la fronte e si diresse su per le scale per trovare
anche la camera da letto vuota. Perplesso, tornò al piano di sotto.
Marlene e Mary stavano giocando a snap accanto al caminetto.
«Ciao.» si avvicinò.
«Tutto bene Remus? Dove sei stato?» Chiese Mary, senza alzare lo
sguardo dalle sue carte.
«Sono stato malato. Virus intestinale. Com’è andata la partita?»
«Abbiamo perso.» Sospirò Marlene. «James è stato dannatamente
brillante come al solito, e devo aver bloccato almeno venti bolidi,
ma Ramsay ha preso il boccino nel momento sbagliato.»
435
«Ah, mi dispiace McKinnon.» Remus si strofinò la nuca.
Era strano: se avevano perso e non c’era stata nessuna festa, allora
perché gli altri non erano andati a trovarlo? Cercò di ignorare la
sensazione di lancinante dolore nello stomaco. «Hai visto James da
allora? O Sirius o chiunque altro?»
«No.» Le ragazze dissero all’unisono. Marlene sbatté giù una carta,
poi sussultò mentre esplodeva.
Lei guardò in alto. «Vuoi giocare?»
«Ehm... nah. Mi sento ancora un po’ strano. Mi vado a sdraiare.
Grazie comunque.»
Tornò su per le scale, provando uno spiacevole mix di ansia e rab-
bia. Aveva detto che non avrebbero dovuto rimandare la festa solo
per lui, ma questo non significava che non volesse vederli affatto.
Non dovevano lasciarlo da solo in quel modo, senza nemmeno
controllare per vedere se stava bene. Per quanto ne sapevano, po-
teva essere ancora in infermeria, in punto di morte e con nessuno
tranne Madama Chips come compagnia. Erano annoiati di tutta la
faccenda? La cosa era meno eccitante adesso? Era lui meno ecci-
tante?
Remus giaceva sul letto sopra le coperte. Si sentiva come se fosse
stato fuori dal pigiama solo per un’ora, non voleva tornare a in-
dossarlo, non importa quanto fosse stanco. Considerò la lettura,
ma non aveva l’energia. Poteva ascoltare un disco, ma ciò signifi-
cava alzarsi. Alla fine rimase immobile, sdraiato al buio con le
tende tirate.
A St Edmund’s, prima che potesse leggere, prima che avesse la
magia, o gli amici, Remus si era abituato alla noia. Inventava storie
nella sua testa, scorreva i testi delle canzoni che aveva memoriz-
zato o cercava di inventare le parole più lunghe che avesse mai
sentito. Ora, mentre aspettava che arrivasse il sonno, Remus ri-
fletté su quello che Ferox gli aveva detto prima.
436
Conosci te stesso. Non riusciva a ricordare il contesto in cui Platone
lo aveva detto: doveva significare “sappi chi sei”.
Remus sapeva tutto dei suoi amici. Sapeva che James era un leader
naturale, un dio del Quidditch che avrebbe fatto qualsiasi cosa per
chiunque. Remus sapeva che anche se tutti prendevano in giro Ja-
mes per essere infatuato di Lily, James aveva una comprensione
dell’amore più chiara di chiunque altro, e se avesse detto che
l’avrebbe sposata un giorno, probabilmente l’avrebbe fatto.
Remus sapeva che Peter si vergognava della sua famiglia, special-
mente della sorella maggiore che un tempo ammirava e che adat-
tarsi significava per lui più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Remus sapeva che i genitori di Mary erano nati in Giamaica, che
era l’unica strega in una famiglia di sette persone e che non aveva
mai, mai pianto, neanche quando era furiosa.
Sapeva che Lily piangeva ogni volta che riceveva una lettera da casa
e che scriveva a sua sorella ogni settimana senza mai ricevere ri-
sposta, neanche una volta.
Sapeva che Marlene non andava molto d’accordo con suo padre,
che era un babbano e che a volte beveva troppo.
Poi c’era Sirius, ma non ci voleva niente per conoscere Sirius. Pen-
sava di essere distaccato e misterioso, ma la verità era che Black
aveva il cuore in mano e non teneva niente per sé. Sentiva tutto
così forte e la sua felicità era caotica quanto la sua tristezza. A volte
dovevi fare un passo indietro, per non essere trascinato nel suo
vortice.
Chi era Remus, allora? Un orfano, ma non del tutto. Un mago, ma
solo mezzosangue. Un mostro, ma non tutti i giorni. Cos’altro
c’era? Non c’è bisogno di avere troppe informazioni sui personaggi
secondari.
*CREAK*
«Moony?» Il sussurro riempì la stanza forte come un clacson.
437
Remus non rispose. Era troppo scontroso.
La porta si aprì ed entrarono tre serie di passi. Anche con le tende
del letto tirate, Remus sapeva che James si avvicinò per primo.
«Psst, Moony? Stai dormendo, amico?»
Sospirò, rotolando. «No.»
Le tende furono tirate da parte. Remus si mise a sedere per fare
spazio a James, poi Sirius, poi Peter che strisciarono dentro per
sedersi con lui.
«Siamo andati in infermeria, ma la Chips ha detto che eri già andato
via.» James spiegò.
«Sono andato dopo cena. Dove eravate?»
«Biblioteca.»
«Come è andata?» Sirius chiese. «La luna piena e tutto il resto?»
«Okay.» Dava la stessa risposta ogni mese.
«Non era... voglio dire... non ti sei graffiato, troppo?» Chiese Peter,
torcendosi le mani.
«Un po’.» Remus annuì. «Non così tanto. Cosa stavate facendo in
biblioteca?»
«Questo è ciò di cui volevamo parlarti!» Sirius esplose.
Ovviamente moriva dalla voglia di dire qualcosa, e Remus sentì
l’ultima irritazione svanire quando la sua curiosità aumentò.
«Sirius.» Disse James con la voce che usava per rimproverare i suoi
amici, poi guardò Remus. «Stavamo facendo delle ricerche, su
qualcosa che ti riguarda in parte.»
«In parte!» Sirius lo schernì. «Ti riguarda del tutto, Moony. Vole-
vamo dirtelo dall’ultimo semestre, ma James non voleva-»
«Volevamo solo assicurarci di poterlo fare.» James diede una go-
mitata a Sirius. «Smettila di interrompermi, dannazione. Remus. Il
fatto è che, da quando abbiamo scoperto... ehm... il tuo piccolo
problema peloso, abbiamo voluto fare qualcosa per aiutarti.»

438
«Non esiste una cura.» Remus rispose, velocemente. Non gli pia-
ceva dove la cosa stava andando a parare, si sentiva terribilmente
impacciato mentre tutti lo fissavano con lo stesso sguardo folle
negli occhi.
«No no, lo sappiamo.» James agitò una mano. «Ma abbiamo pen-
sato che ci doveva essere qualcosa che potevamo fare. Per farti
smettere di farti del male, sai.»
«Abbiamo scoperto che i normali lupi mannari non lo fanno.»
Disse Peter, ansioso di dire la sua. «Allora n-»
«Normali?!» Disse Remus allarmato.
«Non normale.» Sirius diede un calcio a Peter. «Altri. Altri come
te. Chi non viene rinchiuso durante la luna.»
«Giusto...»
«Quindi probabilmente te lo fai perché sei intrappolato e fru-
strato.»
«Beh... sì, lo sapevo.» Remus si portò le ginocchia al petto e indie-
treggiò leggermente. Avrebbe voluto che non fossero sul suo letto,
erano tutti troppo vicini. Poteva sentire l’odore del loro sangue;
poteva sentirlo scorrere nelle loro vene.
«Ma abbiamo pensato che se avessi compagnia-»
«Ovviamente non compagnia umana.» Spiegò James in fretta.
«Tutto quello che abbiamo letto dice che se ti avvicini a un umano,
allora è spacciato.»
«Ma animali!» Sirius esplose. «Altri animali probabilmente andreb-
bero bene!»
I suoi occhi brillavano di eccitazione e Remus avrebbe voluto po-
terlo ricambiare, ma era troppo distratto per essere in grado di se-
guire quello che stavano dicendo.
«E allora? Ho bisogno di un animale domestico?»
James rise. «Una specie. Ma abbiamo pensato... potremmo essere
noi gli animali.»
439
Remus lo fissò. Guardò a turno ciascuno dei suoi amici. Stavano
tutti impazzendo.
«Diventerete animali.» Disse, piatto.
«Come la McGranitt!» Peter squittì.
«Tipo la M- ma lei è un animagus! Devi studiare, allenarti e iscri-
verti e non lo puoi nemmeno fare fino a quando non hai diciassette
anni...»
«Moony, Moony, Moony.» Sirius scosse la testa esasperato. «Siamo
Malandrini. Non abbiamo bisogno di preoccuparci di tutto que-
sto.»
«Anche se voleste infrangere la legge...» Remus catturò lo sguardo
di James su quel punto, per confermare che questo era decisa-
mente quello di cui stavano parlando. «Questo non è uno scherzo
scolastico. È una magia seria, una delle cose più difficili da fare!»
«Ecco perché te ne parliamo.» Disse Sirius. «Volevamo che tutto
fosse una sorpresa, ma James ci ha ricordato che... beh, è davvero
dannatamente difficile, quindi più aiuto abbiamo, meglio è.»
«Pensate davvero di poterlo fare, vero?» Remus aggrottò la fronte.
«Se ci aiuti.» James annuì. «Siamo i migliori studenti dell’anno, a
parte Evans. Non vedo perché non dovremmo provare.»
«E se qualcosa dovesse andare storto?!» Remus si morse il labbro.
«E se ancora dopo essermi trasformato... e se potessi capire che
non siete veramente degli animali? E se vi facessi del male?»
«Lo testeremo. Lo testeremo più e più volte finché non sapremo
che è sicuro.» Disse Sirius.
«È così rischioso...»
«Lo so!» Gli occhi di Black erano praticamente fiammanti ora, e
Remus sapeva che non aveva senso cercare di essere ragionevole.
Fece un respiro profondo. «Fatemici pensare, per favore?» Fece
appello a James. «Non fate ancora niente. Solo... datemi qualche
giorno.»
440
«Okay.» James annuì. «È giusto.»
«Pensa, Moony!» Sirius sorrise, come se non li avesse sentiti. «Una
volta che avremo fatto questo, non c’è niente che non potremmo
fare. Saremo inarrestabili!»

441
Filomena Minus
Venerdì 21 dicembre 1973
Quando finalmente gli fu dato lo spazio per pensarci, Remus si
chiese perché avesse chiesto più tempo. Ovviamente avrebbe
detto di sì. Non pensava che avrebbe mai detto di no ai suoi amici,
anche se lo avesse reso nervoso. E lo aveva reso nervoso.
Forse era la loro eccitazione che lo preoccupava, o la loro eccessiva
sicurezza. Sapeva che parte del loro entusiasmo aveva a che fare
con il fatto che il piano era incredibilmente illegale, pericoloso e
sconsiderato. Ma lo stavano facendo anche per lui. Non era ancora
sicuro di come sentirsi al riguardo. Meglio non pensarci.
Aveva preso James da parte un giorno, non molto tempo dopo che
gli avevano proposto l’idea, e gli aveva chiesto di tutte le ricerche
che avevano fatto finora. Gli fu prontamente presentato un
enorme fascio di pergamena; risme e risme di note e diagrammi
scritti in un ben noto corsivo. Dire che erano stati accurati era un
eufemismo. Se solo Sirius avesse prestato così tanta attenzione alla
scrittura dei suoi saggi, Remus non avrebbe mai avuto speranza di
essere il primo della classe.
Non avevano lasciato nulla di intentato. Almeno, avevano trac-
ciato le lune piene per il prossimo decennio. Avevano pratica-
mente scritto un’intera storia della licantropia europea, insieme ad
abitudini alimentari e modelli di migrazione, comportamento del
branco, segnali di comunicazione canina. Avevano elencato ogni
ingrediente di cui avrebbero avuto bisogno, il suo costo e la dispo-
nibilità. Ogni rituale era stato accuratamente trascritto, passo dopo
passo e gli incantesimi enunciati foneticamente. C’erano scadenze,
luoghi suggeriti per alcuni aspetti del vasto processo: tutto era mi-
nuziosamente dettagliato.

442
«Cristo.» Disse Remus, quando ebbe finito di leggerlo. «Avete fatto
tutto questo...»
«È stata soprattutto opera di Sirius.» James ghignò. «In realtà, pra-
ticamente ha fatto tutto Sirius. Ha fatto la maggior parte durante
le vacanze estive, quando era annoiato. Un lavoro fatto con vero
amore.»
Lo stomaco di Remus si voltò. Non sapeva cosa dire: come
avrebbe potuto dirgli di no dopo tutto questo? All’improvviso la
vendita di sigarette rubate a maghi minorenni sembrava davvero
molto semplice.
Si era convenuto che il lavoro sarebbe iniziato sul serio durante le
vacanze di Natale, quando sarebbero stati tutti lontani da
Hogwarts. Remus si era assicurato di avere il permesso dalla Di-
rettrice, dalla McGranitt e da Madama Chips per passare le vacanze
con i Potter, e come sempre Peter era solo in fondo alla strada.
Sirius era di umore cupo mentre il semestre volgeva al termine fin-
ché una mattina, durante la colazione, ricevette un breve messag-
gio:

Al Maestro S. O. Black III,


Non sarà richiesta la tua presenza nella casa di famiglia durante la pausa
invernale. Fai come ti pare.
Firmato,
Orion Black.

«Sì!» James esultò, quasi rovesciando il suo porridge. «Potresti ve-


nire anche per l’estate, a questo punto!»
«E Regulus?» Chiese Remus, piano nel caso Sirius volesse fingere
di non aver sentito.
«Oh, il piccolo principe Reg torna a casa per Natale.» Rispose Si-
rius, ficcandosi il biglietto in tasca. «Solo io non sono il benvenuto.
443
Bene. Perfetto. Eccellente. A loro non importa; a me non im-
porta.»
Non si rallegrò adeguatamente finché non fecero i bagagli. Sirius
mostrò di nascosto a Remus i regali che aveva comprato per il si-
gnore e la signora Potter: una bellissima catena d’oro da orologio
e una graziosa spilla granata.
«Pensi che siano belli?» Chiese, nervosamente. «La mia famiglia fa
schifo a fare i regali, quindi non so mai...»
«Black... Sirius, sono... voglio dire, sono perfetti. Non preoccu-
parti.» Remus provò una sensazione di depressione mentre pen-
sava alla scatola un po’ malandata di biscotti di fascia media che
aveva comprato per i Potter. Non poteva farci niente ora, aveva
fatto del suo meglio.
Remus non vedeva l’ora che arrivasse il Natale quest’anno, per
quella che poteva essere stata la prima volta in assoluto. Era ancora
un po’ timido nel trascorrere del tempo a casa di qualcun altro, ma
ora che sapeva come erano i Potter, si rilassò all’idea. Aveva ven-
duto l’ultima delle sue sigarette illecite e aveva comprato regali per
tutti quelli che poteva; persino Lily, Mary e Marlene. Era un vero
piacere fare regali alla gente, si rese conto. Forse anche meglio che
riceverli.
Inoltre, nonostante alcune riserve, Remus era entusiasta di iniziare
le prove dell’animagus. Sarebbe stata una delle magie più com-
plesse che avessero mai eseguito, aveva chiesto alla McGranitt a
riguardo nel modo più sottile possibile. Lo aveva lodato per essersi
interessato, ma aveva detto che era ben al di sopra dello standard
del terzo anno, o addirittura del settimo anno. Gli piaceva l’idea di
dimostrarle che aveva torto.
C’era un’altra cosa che sperava di ottenere dalle vacanze. Qualcosa
che non aveva menzionato agli altri, perché era privato. L’anno
scorso, alla festa di Natale dei Potter, Remus era stato avvicinato
444
da un vecchio che sapeva molto di Lyall Lupin. A quel tempo Re-
mus era rimasto muto dalla rivelazione e dallo shock ma ora, un
anno più vecchio e sentendosi abbastanza maturo alla veneranda
età di tredici anni, Remus sperava di poter sapere un po’ di più.

Sabato 22 dicembre 1973


La luna piena era caduta all’inizio del mese di quest’anno, quindi
tutti e quattro i Malandrini avevano potuto unirsi ai loro coetanei
a bordo dell’Hogwarts Express il sabato. Diversamente al loro so-
lito viaggio in treno, Marlene e Mary si unirono ai ragazzi nella loro
carrozza. Remus sospettava che Lily fosse da qualche parte da sola
con Severus, probabilmente ad ascoltarlo lamentarsi di come non
piacesse a nessuno.
«Hai ripreso il tuo saggio da Ferox?» Marlene chiese a Remus, con
una profonda piega sulla fronte. «Ho ottenuto a malapena “Accet-
tabile”, e mamma impazzirà se non ottengo risultati migliori
quest’anno.»
«Sì, è andata bene...» Rispose Remus, imbarazzato dal suo terzo
“Eccezionale” di quel semestre.
«Facciamo di nuovo il gruppo di studio dopo Natale, giusto?» Mary
aggiunse. «Lily viene sicuramente. Non preoccuparti Marls, andrà
bene.»
«Sì va bene.» Remus annuì.
«Moony è entrato in un club senza di noi!» Sirius gemette, fingendo
di piangere sulla spalla di James.
«È un ragazzo grande, ora.» James accarezzò il suo amico, solen-
nemente. «Crescono così in fretta.»
«Piantatela.» Remus sorrise. «C’è il Lumaclub per gli snob come
voi.»
«Puoi studiare con noi se vuoi, Sirius.» Fece le fusa Mary.
445
Sirius sembrava allarmato; usava la biblioteca esclusivamente come
risorsa per scherzi e maledizioni, non per fare qualcosa di così ba-
nale come i compiti. Mary non conosceva Sirius. Non proprio.
Quando arrivarono a King’s Cross, Remus provò un certo brivido
quando vide che il signore e la signora Potter erano lì per prenderli
tutti. Di solito doveva attraversare la barriera e andare a cercare la
Direttrice al bar o all’edicola. Rimase scioccato, tuttavia, quando
seppe che stava per materializzarsi per la prima volta.
«Tienimi il braccio, caro.» la signora Potter gli sorrise gentilmente.
«Chiudi gli occhi, sarà tutto finito in un momento.»
Remus obbedì, chiudendo gli occhi.
Era molto peggio della polvere. Peggio che volare. Quasi trascinò
giù la signora Potter con sé quando atterrarono, poiché perse
l’equilibrio e cadde sul marciapiede fuori dalla casa del Potter.
«Acciderbolina!» La signora Potter rise gentilmente, tirandolo su di
nuovo. «Va tutto bene adesso.» Gli sfiorò le ginocchia e le spalle.
«Ora, faccio un salto indietro per prendere Sirius. Monty arriverà
con James tra pochi istanti.» E con un *CRACK*, svanì.
Remus ebbe a malapena il tempo di appoggiarsi al cancello d’in-
gresso e riprendere fiato prima che ci fosse un altro *CRACK*, e
il signor Potter apparve con James, che non sembrava sconvolto
come Remus.
Una volta che furono tutti lì, la signora Potter li fece entrare tutti
in casa, mandando i loro bauli su per le scale nelle rispettive camere
da letto, mise a bollire dell’acqua e affettò un po’ di torta fatta in
casa, tutto in pochi secondi. Mentre Remus sedeva al grande tavolo
da pranzo in legno dei Potter mangiando torta e sorseggiando
un’enorme tazza di tè, ascoltando James e Sirius che chiacchiera-
vano irrefrenabilmente sul semestre fino a quel momento, non
poté resistere a sospirare contento tra sé. Questo per due intere
settimane.
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Purtroppo, a differenza dell’anno precedente, quest’inverno non
c’era ancora neve ma solo pioggia. Infatti, con l’avvicinarsi della
sera, il diluvio si fece sempre più intenso, finché i tuoni non apri-
rono il cielo, e la grandine colpì i vetri delle finestre. Al posto che
uscire, i ragazzi stettero seduti in soggiorno sotto l’albero di Natale
a giocare e tostare qualche pasticcino sul fuoco. Remus stesso co-
minciò a leggere un libro sulla trasfigurazione umana, e la signora
Potter esaminò la sua lista per l’imminente Natale.
«Verranno altre persone quest’anno.» Spiegò, mentre le lunghe e
sottili strisce di pergamena aleggiavano davanti a lei, una penna blu
che lavorava rapidamente sulla superficie, spuntando vari punti.
«Alcuni vecchi amici e alcune nuove conoscenze.» Mentre diceva
questo lanciò un’occhiata furtiva a Sirius, che non stava prestando
attenzione, immerso nel gioco. «Abbiamo a malapena spazio per
tutti!» Continuò, con un sorriso felice proprio come quello di suo
figlio.
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta. Sirius si rad-
drizzò di scatto, come se fosse stato colpito da un fulmine. Si voltò
verso la signora Potter con gli occhi spalancati.
Non era sua madre, Remus lo sapeva, ma non lo disse perché sa-
rebbe suonato strano. “Non preoccuparti, Sirius, conosco il profumo di
tua madre.” Troppo maledettamente inquietante.
La signora Potter si alzò, lasciando le liste sospese a mezz’aria, e
andò ad aprire la porta. Una brezza fredda soffiò e i tre ragazzi
ascoltarono attentamente. Era una donna, ma la sua voce era più
alta e più giovane di quella di Walpurga Black. Sembrava che stesse
piangendo e la signora Potter le parlò in tono rassicurante.
«Ragazzi!» Chiamò dal corridoio.
Si alzarono e le andarono incontro. Era in piedi appena oltre la
porta della cucina. Dietro di lei, una giovane donna dai lunghi ca-
pelli biondi sedeva al tavolo, la testa tra le mani.
447
«Che succede, mamma?» Chiese James, allungando il collo.
«Si sta facendo tardi, fareste meglio ad andare a letto. Filly resterà
per la notte, e temo che non abbiamo più spazio... Sirius, ti dispia-
cerebbe condividere la stanza con James stasera, caro?»
«Possiamo dormire tutti insieme.» Disse James generosamente.
«Tutti gli altri arriveranno comunque domani, tanto vale che ci si-
stemiamo tutti insieme già adesso.»
La signora Potter annuì e chiamò l’elfo domestico.
La camera da letto di James era assolutamente perfetta sotto ogni
aspetto: enorme e spaziosa, le pareti erano ricoperte di striscioni di
Grifondoro e poster di Quidditch. Ogni scopa che avesse mai pos-
seduto era montata sul muro e i suoi scaffali erano pieni di libri
magici per bambini e vecchi giocattoli che chiaramente non era
ancora pronto a lasciare andare. Il principale tra questi era una pic-
cola statuetta con un cavaliere, apparentemente ritenuto essere
Godric Grifondoro in persona, che marciava avanti e indietro
lungo il bordo della libreria.
Il letto era enorme e con drappi di velluto rosso, lo stesso della
loro stanza del dormitorio, e sebbene fosse abbastanza grande per
tutti e tre, l’elfo domestico aveva montato due letti singoli che gia-
cevano ai piedi di esso.
«Chi era quella?» Chiese Remus, mentre si sedevano tutti insieme
sul grande letto in pigiama.
«Filomena.» Disse James. «La sorella di Pete.»
«Cosa ci fa qui?»
«Penso che abbia litigato con i genitori di Pete: a loro non piace
che lei vada all’università babbana e... » Abbassò la voce. «Papà
dice che ha un fidanzato babbano.»
«Veramente?!» Gli occhi di Sirius si spalancarono in soggezione.
Remus non disse nulla, non sapeva che uscire con i babbani fosse
particolarmente vietato.
448
«Sì, e sai com’è la mamma...» James diede una gomitata a Sirius.
«Adora accogliere i randagi.»

Vigilia di Natale, 1973


Filomena era presente a colazione la mattina dopo e rimase per
tutto il Natale. All’inizio non disse molto ma fissò il vuoto, aveva
il viso pallido e gli occhi rossi. Da quello che aveva capito Remus,
uscire con un babbano non era solo un tabù, ma un’offesa per cui
rinnegare un figlio. A parte i Potter, Remus non poteva fare a
meno di pensare che i maghi non fossero ottimi genitori, in base
alla sua conoscenza.
La sorella di Peter aveva circa sette anni più di lui e non avresti mai
pensato che sono parenti a parte per i loro capelli color paglia.
Dove Pete era rotondo e tozzo, Philomena era snella e dai linea-
menti delicati. Aveva occhi color cioccolato e una delicata macchia
di lentiggini marrone chiaro sul naso. Portava i capelli come molte
ragazze babbane che Remus aveva visto; lunghi e lisci con una
spessa frangia divisa, come Marianne Faithfull.
James, che la conosceva meglio, fece di tutto per la nuova ospite.
Le offrì il tè, le porse la sedia e generalmente divenne il suo servi-
tore volenteroso, fino a quando anche Sirius non ne aveva avuto
abbastanza.
«Maledizione, Potter, è solo una ragazza.»
«Sono gentile.» James si accigliò. «Non c’è niente di sbagliato
nell’essere gentile con la sorella del mio amico.»
Non avevano visto Peter. Una volta che la signora Minus aveva
saputo dove alloggiava sua figlia, era stato confinato in casa. Si sta-
vano arrangiando mandando gufi avanti e indietro, il che probabil-
mente era più divertente per James e Sirius che per Peter.

449
«Cosa direbbe Evans?» Sirius prese in giro James, che divenne
rosso.
«Sarebbe felice che qualcuno glielo abbia tolto di dosso.» Suggerì
Remus da dove era sdraiato sulla sua branda.
«Tu non puoi parlare, Black.» James spinse il suo amico. «Cosa sta
succedendo tra te e Mary?»
«Macdonald?» Sirius chiese innocentemente. «Non so di cosa tu
stia parlando.»
«Oh andiamo.» Gemette James. «Raccontaci! L’hai baciata o cosa?»
Remus lasciò cadere il suo libro. Baciata?! Da quando sbaciuc-
chiarsi era una possibilità?!
Sirius fece uno sguardo timido. «No. Le ho baciato la guancia
però.»
«Ohhh, che scandaloso, Black!» James gli lanciò un cuscino.
Sirius lo gettò indietro e all’improvviso cominciarono a lottare.
Remus di solito alzava gli occhi al cielo e lasciava che continuas-
sero, ma ora usava la distrazione per raccogliere i suoi pensieri; si
sentiva molto infantile e sciocco a non essersi reso conto che a
Sirius piaceva Mary e che adesso ci fossero dei baci coinvolti, an-
che se era solo un bacio sulla guancia. Remus scosse la testa, cer-
cando di mettersi nella posizione di Sirius. Se piacevi a una ragazza,
dovevi praticamente baciarla, non era così? Era orribile non pia-
cere a una ragazza? Se a Sirius ora piaceva Mary, e a James piaceva
Lily, avrebbe dovuto anche lui scegliere una ragazza? Marlene gli
andava bene. Un po’ timida, come lui. Forse Marlene, allora.
Il pensiero lo tenne sveglio quella notte, molto tempo dopo che
James e Sirius si erano addormentati. Entrambi dormirono nel
letto di James, Sirius ci era semplicemente entrato la prima notte e
James non aveva detto una parola. Remus rimase per conto suo,
sulla sua brandina designata. Cercò di distrarsi e di pensare al Na-
tale, alle calze e ai cracker, ma fu tutto inutile. Tutto quello a cui
450
riusciva a pensare era Sirius che baciava la guancia di Mary. E dove
l’avevano fatto? Quando era successo? Come era stato?
Alla fine, irrequieto e agitato, si alzò per prendere dell’acqua. Uscì
dalla stanza, entrò nel bagno dall’altra parte del corridoio e fece
scorrere il rubinetto. Sorseggiò un po’ dell’acqua tiepida e si guardò
allo specchio. Nella luce fioca, non poteva vedere le sue cicatrici.
A una ragazza sarebbe mai piaciuto con quell’aspetto? Non sa-
rebbe mai stato bello come Sirius o come James, ma forse era leg-
germente migliore di Peter? Come diavolo faceva a saperlo?!
All’improvviso le luci si accesero bruciando le sue retine, tanto che
quasi lasciò cadere il bicchiere.
«Oh scusa!» Filomena era sulla soglia in una lunga camicia da notte
color pesca, sembrava scioccata. «Cosa stai facendo al buio?!»
«Ehm... ho una vista davvero buona.» Borbottò, allontanandosi dal
lavandino. «Non riuscivo a dormire.»
«Nemmeno io.» Sospirò.
Una volta che la sorpresa aveva lasciato il suo viso, sembrava di
nuovo triste. Remus sperava che non piangesse. Era inutile pian-
gere... oh dio, se avesse avuto una ragazza avrebbe dovuto affron-
tare il pianto?! Non ebbe il tempo di reprimere il panico, prima che
Filomena ricominciò a parlare.
«È orribile essere lontano dalla famiglia a Natale, non è vero?»
«Ehm... sono cresciuto in un orfanotrofio, in realtà.»
«Oh veramente?» Sembrò interessata per un momento. «Sei uno
dei piccoli amici di Peter, vero? Non sapevo che conoscesse nati
babbani. Non lo ha detto a mamma.»
«Mio padre era un mago.» Disse Remus con una certa sicurezza.
«Ma è morto.»
«Mezzosangue.» Mormorò. «Ma anche così...» Si interruppe, sco-
raggiata.

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Remus si mosse a disagio; i suoi piedi nudi cominciavano a raf-
freddarsi sulle piastrelle del bagno, e per dormire indossava solo la
biancheria intima e una maglietta, il che era già abbastanza imba-
razzante ma a lei non sembrava importare.
«Sei fortunato.» Disse. «Non sei dovuto crescere con tutta questa
merda.»
«Intendi la magia?» Remus aggrottò la fronte.
Non aveva mai sentito una strega o un mago, purosangue o bab-
bano, parlare in questo modo.
«Sì, la magia...» Tirò su col naso. «Cosa c’è di così dannatamente
bello nella magia, eh? Cosa ci rende così speciali? Vuoi conoscere
un segreto?»
Non voleva, ma pensò che fosse meglio non dirlo.
Continuò comunque, sussurrando. «Vorrei essere una babbana a
volte.» Disse con un barlume di follia negli occhi. «Se potessi farlo,
scapperei per sempre e non mi farei mai più trovare. E avrei un bel
lavoro normale, una bella vita normale e mi innamorerei di chi vo-
glio.» A quest’ultima affermazione scoppiò in lacrime.
«Puoi farlo comunque, se vuoi.» Disse Remus velocemente, non
sicuro del perché stesse dicendo quello che stava dicendo.
Lo guardò con sospetto. «Cosa intendi?»
«Beh, cosa ti ferma?» Chiese. «Sei maggiorenne. Puoi fare quello
che vuoi. Vai a fare la cameriera o scappa in America e diventa una
star del cinema. Sposa il principe Carlo, se vuoi. Voglio dire... po-
tresti aver bisogno di usare un po’ di magia per iniziare, ma poi
potresti rinunciarci. Nessuno dice che devi fare magie.»
Lo fissò e lo guardò da capo a piedi. «Nessuno me l’aveva mai
detto prima.»
Remus scrollò le spalle.
«Mi ricordi come ti chiami?»
«Remus. Remus Lupin.»
452
«Oh!» Lei scoppiò a ridere. «Poverino... È brutto quasi quanto Fi-
lomena!»

453
L’uomo che gridò al lupo
Natale 1973
La strana conversazione di Remus a tarda notte con Filomena lo
aveva portato a rivalutare le sue ansie sulle fidanzate. La sua capa-
cità di confortarla non aveva suscitato particolari sentimenti di ca-
valleria o affetto, solo un lieve senso di sollievo per il fatto che
l’avesse fatta smettere di piangere. Non aveva assolutamente alcun
desiderio di avvicinarsi così tanto a nessun’altra ragazza.
Pensò a Narcissa per la prima volta dopo un po’. Remus aveva
segretamente pensato che Narcissa fosse la ragazza più bella che
conoscesse, prima che si tingesse i capelli comunque. Aveva
un’acutezza regale che lo attraeva a un livello elementare. Ma anche
lei è stata resa stupida dall’amore, rischiando la propria vita. La vi-
sta di Filomena che singhiozzava nella sua camicia da notte non
fece che cementare nella mente di Remus la rivelazione che
l’amore e le relazioni non valevano la tristezza. Aveva già abba-
stanza dolore nella sua vita. Avrebbe lasciato che Sirius e James lo
capissero da soli, ma per il momento Remus si sentì molto intelli-
gente per essere arrivato a questa realizzazione così presto nella
vita. Probabilmente si era risparmiato un sacco di stress inutile.
La mattina di Natale era stata meravigliosa come lo era stata l’anno
prima, anche Filomena si era rallegrata quando aveva visto i regali
sotto l’albero con il suo nome sopra. Remus fu in grado di godere
dell’immensa soddisfazione di distribuire i suoi regali, e Sirius e i
Potter furono tutti opportunamente contenti e lo ringraziarono
profusamente. Lui stesso ricevette un set di scacchi dai Potter, che
era forse la cosa più costosa che Remus avesse mai posseduto e
che era stata comprata solo per lui, non di seconda mano. Insieme

454
al solito assortimento di dolci e ai kit per gli scherzi dei Malandrini,
fu un ottimo bottino.
Sirius sembrava un po’ perplesso a colazione, mentre tutti gli altri
divoravano il loro salmone affumicato e le uova strapazzate.
«Che hai?» Chiese James con la bocca piena.
Sirius alzò le spalle. «Niente da Andromeda.» Disse piano. «Non
pensavo che avrei ricevuto regali o altro, ora ha la bambina, ma ho
pensato che forse un biglietto... io gliene ho mandato uno.»
James deglutì e diede una pacca sulla spalla del suo amico.
«Il gufo potrebbe arrivare in ritardo, sai com’è la posta in questo
periodo dell’anno.»
James aveva ricevuto una scopa nuova di zecca per Natale e, non
appena la colazione fu finita, tutti e tre i ragazzi andarono dritti
fuori per provarla. Sirius aveva la sua scopa con sé, e il signor Pot-
ter suggerì con un sopracciglio inarcato che Remus prendesse
quella vecchia di James.
«Sì, prendila se vuoi, Moony!» James annuì con entusiasmo. «Puoi
anche tenerla!»
«Grazie...» Remus la prese, incapace di dire di no davanti ai genitori
di James.
Dio solo sapeva quello che avrebbe dovuto farci durante l’estate,
prova a spiegare una cosa del genere alle Direttrice. James e Sirius
passarono il resto della mattinata a mettersi in mostra, e Remus la
trascorse in bilico; sfiorava il terreno con le dita dei piedi, cercava
di leggere il suo libro e di sembrare che si stesse divertendo. Spe-
rava che Peter avesse ricevuto i regali da parte loro e non stesse
passando una giornata troppo brutta con la sua stessa famiglia.
Furono chiamati dall’elfo domestico dei Potter, Gully, che indos-
sava uno straccio festivo e aveva un rametto di agrifoglio nascosto
dietro un orecchio. Era quasi l’ora di pranzo e la casa aveva un
delizioso odore di carne arrosto con tutte le guarnizioni.
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«Di sopra a lavarvi e cambiarvi, tutti.» La signora Potter scosse loro
il cucchiaio di legno. «Ho fatto sistemare le vostre cose a Gully.»
Si lavarono e si vestirono velocemente, con lo stomaco che bron-
tolava mentre i meravigliosi odori della cucina si diffondevano su
per le scale.
Proprio mentre cominciavano a scendere, ci fu il tipico *CRACK*
della materializzazione fuori dalla porta principale. Sirius si irrigidì
di nuovo e Remus, un passo dietro di lui sulle scale, gli strinse la
spalla in un modo che sperava fosse confortante.
Sirius si voltò e guardò Remus negli occhi, dandogli un gentile sor-
riso di apprezzamento. Non era affatto da Sirius, ma fu bello.
Il campanello suonò ed entrambi si voltarono, James che correva
in avanti per aprire la porta. Una coppia era in piedi all’ingresso:
un giovane e una donna che teneva un fagotto tra le braccia. Lui
aveva una zazzera di capelli biondi e ricci, ed era piuttosto tozzo,
lei era più alta e più snella. Quando entrarono nella luce del corri-
doio Remus trattenne il respiro; era l’immagine sputata della cugina
di Sirius, Bellatrix.
«No!» Sirius ansimò avanzando, un sorriso che gli esplodeva sul
viso.
«Sirius!» La giovane donna sorrise di rimando e Remus si rilassò
vedendo che non era affatto Bellatrix.
Questa donna aveva gli stessi capelli ricci e selvaggi di sua sorella,
anche se erano di una tonalità di marrone molto più chiara: doveva
essere Andromeda. Passò la bambina tra le sue braccia all’uomo
accanto a lei (presumibilmente suo marito, Ted) e allungò le brac-
cia per tirare Sirius in un enorme abbraccio. Remus osservò con
feroce gelosia; non aveva mai visto Sirius essere abbracciato così
da nessuno, figuriamoci da un membro della sua famiglia.

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Remus scese lentamente le scale, mentre la signora Potter entrava
nel corridoio sorridendo ampiamente, sembrando molto soddi-
sfatta di sé stessa.
«Una bella sorpresa, allora?» Chiese, mentre Sirius stringeva la
mano di Ted e accarezzava gentilmente la testa della bambina.
«È stata lei?!» Sirius fissò la madre di James meravigliato.
«Effie è stata così gentile da invitarci.» Sorrise Ted, con gli occhi
scintillanti. «Piacere di conoscerti, Sirius. È un piacere conoscere
qualcuno nella famiglia di Andromeda.»
«Entra, entra!» La signora Potter condusse la riunione nella sala.
La seguirono tutti verso la sala da pranzo, Remus per ultimo.

Andromeda era l’esatto opposto del resto della famiglia Black, o


almeno di quelli che Remus aveva incontrato fino a quel momento.
Sebbene fosse straordinariamente bella come gli altri, con gli stessi
occhi penetranti e lo stesso spirito pungente, era piena di diverti-
mento e di allegria. Anche Ted chiaramente la adorava, e non sem-
brava preoccuparsi che gli lasciasse la bambina la maggior parte del
tempo.
“Dora” era il nome per bambini più strano che Remus avesse mai
sentito, anche se non ne aveva incontrati molti. Era allegra come
sua madre, con un sorriso ampio. I suoi ciuffi di capelli cambia-
vano dal viola al verde al blu in ogni momento, cosa che tutti gli
altri sembravano trovare carino, piuttosto che bizzarro.
Prima di sedersi a mangiare, furono raggiunti da molti altri ospiti;
vecchi amici di famiglia dei Potter incluso, con grande entusiasmo
di Remus, il vecchio Darius Barebones.
«Un brindisi.» Il signor Potter alzò il bicchiere piuttosto brillo alla
fine del pasto. «Agli amici, vecchi e nuovi!»
«Ai Potter!» Andromeda alzò il suo bicchiere. «Protettori di emar-
ginati e difensori di pecore nere ovunque.»
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Tutti risero e tintinnarono i bicchieri.
«Penso di essere io il più emarginato.» Disse Sirius felice. «Sono un
Grifondoro, dopotutto.»
«A Grifondoro!» Gridò il signor Potter, dall’altro capo del tavolo,
solo i Grifondoro brindarono.
Andromeda socchiuse gli occhi a Sirius. «La pensi così, cuginetto?
Prova a sposare un non parente.»
«Dovrò.» Rispose Sirius, mentre Gully portava via i piatti e la si-
gnora Potter andava a prendere il pudding natalizio. «Dopo il ma-
trimonio di Cissy non ci sono più donne Black.»
«C’è Dora.»
«Scusami.» Disse Ted, coprendo in modo protettivo le orecchie di
sua figlia. «Potremmo per favore superare il suo primo Natale
prima di organizzarle un fidanzamento?»
«Sto scherzando.» Andromeda si chinò per baciarli entrambi,
«Dora può sposare chiunque le piaccia quando sarà abbastanza
grande, e posso dire con assoluta certezza che non sarà nessuno a
questo tavolo.»
Tutti risero di nuovo. Remus guardò Darius furtivamente, sem-
brava allegro quanto il signor Potter, la sua faccia che brillava rossa
per il Whisky Incendiario che aveva bevuto.
Una volta che il pudding fu finito, servito e mangiato, le terribili
battute lette ad alta voce, la festa si spostò in soggiorno. La signora
Potter, Filomena e Andromeda andarono di sopra per cambiarsi i
vestiti, il signor Potter fumò la pipa e Ted sistemò Dora per un
sonnellino. I ragazzi iniziarono a fare una partita di schiocco, prima
che Darius e il signor Potter convinsero tutti a fare una serie di
sciarade. Remus non aveva mai giocato a sciarada prima, figuria-
moci a sciarada magica, che implicava molte scintille rosse e dorate,
anche se poteva essere stato solo il buonumore.

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La sera cominciarono ad arrivare altri ospiti e la casa fu presto
piena di musica, risate e piacevoli chiacchiere. Andromeda e Sirius
si autonominarono DJ, sfogliando le loro collezioni di dischi com-
binate e alternando l’esplosione di Merry Xmas Everybody di Slade e
I Wish It Could It Could Be Christmas Everyday di Wizzard.

When the snowman brings the snow


Well he just might like to know
He’s put a great big smile on somebody’s face…

«Si chiamano veramente Wizzard.» Sirius continuava a dire a tutti,


seriamente. «E sentiteli...»
Perfino Filomena dimenticò la sua malinconia per qualche ora, al-
zandosi e muovendosi a ritmo di musica insieme a James, che era
quasi della sua stessa altezza e non aveva la più pallida idea di come
ballare, ma era piuttosto contento quando lei gli prese la mano e
glielo mostrò.
Certo che non sarebbe mancato, Remus scivolò tra la folla di per-
sone alla ricerca di Darius. Dovevano esserci stati un centinaio di
streghe e maghi presenti; alcuni di loro erano insegnanti a
Hogwarts, che Remus fece di tutto per evitare. Aveva sentito al-
meno tre persone mormorare che Silente era lì, da qualche parte.
«Sono entrambi Black, sai.» Sentì una strega sussurrare alla sua
amica, mentre guardavano Andromeda e Sirius ridacchiare isteri-
camente vicino al giradischi. «Lei è scappata e ha avuto un bam-
bino con quel tizio Tonks, e il ragazzo... beh era l’erede, ma ho
sentito che Orion ha intenzione di cambiare la cosa non appena il
loro ragazzo più giovane sarà maggiorenne. Piuttosto infernale il
bambino, da quello che ho sentito.»

459
«Non può essere peggio di Orion, sono andata a scuola con lui.
Ragazzo cattivo e vizioso. Sirius è un raggio di sole rispetto a
Orion, e non farmi iniziare a parlare di quella puttana Walpurga.»
«Shh.» La prima strega disse, nervosamente. «Non si sa mai chi sta
ascoltando in questi giorni, nemmeno dai Potter.»
«Be’, cosa ci fa qui, mi piacerebbe sapere?»
«È amico del ragazzo Potter. Sai come sono Effie e Monty: hanno
anche accolto la primogenita dei Minus, è laggiù.»
«Sì, ne ho sentito parlare.»
«Beh, non è affatto un segreto il motivo per cui è qui: i Minus e i
Potter sono entrambi purosangue dopotutto, nonostante le voci.
Intendiamoci, Effie potrebbe voler agire rapidamente: se Filomena
vede la sua possibilità di acchiappare l’erede dei Black, il povero
James non riceverà neanche un’occhiata, vero? Voglio dire, tutti
sanno cosa sta succedendo... dobbiamo tutti scegliere da che parte
stare. I Potter l’hanno scelta molto tempo fa, temo.»
Remus si sentì il sangue ribollire. Era orribile sentir parlare dei suoi
amici in quel modo... specialmente dei Potter che Remus era asso-
lutamente certo non avevano secondi fini quando si trattava di loro
figlio, o della compagnia che teneva. Avevano lasciato che James
fosse suo amico dopotutto, sapendo esattamente chi fosse.
Strinse i pugni, desiderò che gli fosse permesso fare magie; fare
qualsiasi cosa per zittire quelle vecchie stronze.
Sirius e Andromeda stavano ora urlando a squarciagola, insieme a
James e Filomena:

“Weeeell I wish it could be Christmas every daaaa-aaay!


When the kids start singing and the band begins to plaa-aay
Oooooh I wish it could be Christmas everyday
So let the BELLS ring OUT for CHRISTmaaaas!”

460
Remus sorrise, e nello stesso momento vide finalmente Darius. Il
vecchio adesso era ubriaco fradicio, si appoggiava pesantemente
alla ringhiera nel corridoio e parlava con una donna anziana che
sembrava voler allontanarsi da lui.
Remus raddrizzò la schiena e si stirò i vestiti con la mano. Per l’oc-
casione aveva preso in prestito un set di eleganti vesti da sera di
James e Filomena aveva gentilmente eseguito un incantesimo co-
smetico sulle sue cicatrici. Perciò, sperava che se la sarebbe cavata
almeno apparendo come il figlio di un famoso mago, piuttosto che
come un monello babbano proveniente da un orfanotrofio.
«Buonasera, Signor Barebones.» Disse, sparando un accento impa-
rato dopo tre anni di ascolto della pronuncia di James e Sirius. Tese
una mano al vecchio che la strinse, guardandolo perplesso, «Remus
Lupin. Ricorda ci siamo incontrati l’anno scorso?»
«Ah sì! Il ragazzo Lupin!»
«Esatto.» Remus annuì, sorridendo serenamente e mantenendo la
sua espressione controllata. Porse a Darius un altro whisky mentre
la strega con cui il vecchio aveva parlato in precedenza, scappava
via. «Credo che lei conoscesse mio padre.»
«Lyall Lupin! Il miglior duellante che abbia mai conosciuto! Ha
sposato una babbana da qualche parte in Galles, non è vero?»
«Esatto.» Disse Remus fermamente. «Mia madre.» Prese un respiro
cauto mentre Darius beveva altro whisky, poi si schiarì la gola.
«Conosceva Lyall molto bene?» Aveva scoperto che “Lyall” era
molto più facile da dire di “mio padre”.
«Oh, abbastanza bene.» Darius annuì entusiasta di avere qualcuno
con cui parlare. «Ho lavorato per lui al Ministero, prima che ini-
ziassero tutti i guai. Non ho mai conosciuto nessuno più informato
su mollicci o Dissennatori. All’ufficio di collegamento di Azkaban
manca, te lo posso dire.»

461
«Che guai?» Chiese Remus, prendendo un altro bicchiere di whisky
da Gully, che si affrettò a passare con un vassoio, e porgendolo al
vecchio.
«Grazie, caro ragazzo. Sì, i guai. Brutta faccenda. Orribile.»
«Sta parlando... degli eventi che hanno portato al suicidio di Lyall?»
Non poteva dirlo. Darius doveva dirlo.
«Sto parlando dei dannati lupi mannari!» Darius sbatté il bicchiere
di whisky vuoto su una credenza vicina. «Perdonami.» Mormorò.
«Niente affatto.» Rispose Remus, senza battere ciglio. «Continui.
Conosco la storia, ovviamente. Ma mi piacerebbe... sentirlo da
qualcuno che lo conosceva.»
Darius lo esaminò attentamente, con lo sguardo confuso dal whi-
sky. Sembrò crollare leggermente, prima di iniziare la sua storia.
«Non potevamo saperlo capisci? Nessuno di noi... beh... Lyall era
un grande mago, un grande mago, mi senti?» Biascicò.
Remus annuì.
«Ma...» il vecchio guardò in alto con gli occhi vitrei. «Beh, aveva la
tendenza ad essere ossessionato dalle cose. E quel carattere! An-
dava su tutte le furie al lavoro, persino durante le udienze delle
commissioni.»
«Udienze della commissione?» Remus si dimenticò quasi del suo
personaggio.
«Tua madre non te l’ha detto?» Darius lo guardò sorpreso.
«Maledetti babbani; non sono adatti a crescere i nostri figli. Io lo
dico da anni...» Sospirò. «Tuo padre faceva parte di diversi comitati
al Ministero per la regolamentazione e il controllo delle creature
magiche.»
Remus era contento di aver preso Cura delle Creature Magiche,
altrimenti avrebbe potuto non sapere nulla di tutto questo. Quindi,
riuscì ad annuire, consapevolmente.

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Darius continuò. «Solo nella sua zona di competenza, ovviamente,
era un gigante nel suo campo. Ma gli piaceva fare le cose a modo
suo e a quei tempi era considerato un po’ un estremista. Voleva
una revisione del registro dei lupi mannari, una migliore identifica-
zione e misure di tracciamento. Semplicemente non avevamo gli
uomini necessari e le risorse venivano spese meglio altrove. E Lu-
pin... aveva lavorato con creature oscure per così tanti anni, pen-
sava di vedere lupi mannari ovunque, vedeva sempre il pericolo
dove chiaramente non c’era. Onestamente pensavamo tutti che
fosse un eccentrico, non avremmo potuto saperlo... quando hanno
portato Greyback, io ero lì. L’ho visto e non mi dispiace dirtelo,
nessuno di noi ha pensato che fosse una minaccia. Chiaramente
ubriaco e confuso... un vagabondo, ecco cosa abbiamo pensato
che fosse, e quando Lupin è uscito con uno dei suoi sproloqui sui
lupi mannari, beh... non ci abbiamo pensato due volte.»
«Avete lasciato Greyback andare.» Disse Remus.
Darius sembrava molto dispiaciuto, quasi piangente e annuì.
«Lo abbiamo lasciato andare. Naturalmente ora, ora lo sappiamo...
se solo avessimo ascoltato. Lyall si è ucciso subito dopo, non volle
nemmeno sentire le scuse del comitato.» Sospirò e guardò di
nuovo Remus. «Mi sono sempre chiesto cosa lo abbia spinto a
farlo, sai. Alcuni dicono che sia stato il senso di colpa, non essere
stato in grado di fermare Greyback. Non avrei pensato che fosse
il tipo a... e ad abbandonare la sua famiglia in quel modo, voglio
dire, non eri molto più di un bambino?»
«Cinque.» Remus disse. «Avevo cinque anni.»
«Sì, beh...» Darius si spostò a disagio, guardando imbronciato il suo
bicchiere vuoto. «Ho la mia piccola teoria su quello che è successo:
e se Greyback fosse andato a cercarlo, eh? Sappiamo quanto sia
pericoloso, adesso. Sappiamo che odia i maghi più di ogni altra
cosa, e tuo padre aveva detto cose molto spiacevoli. Quindi quello
463
che mi chiedo è... Greyback è tornato indietro e lo ha preso? Lo
ha morso? Se è quello che è successo allora... devo dire che non
incolpo affatto Lyall. L’unica bestia buona è una bestia morta.»
«Mhh.» Remus rispose, sentendosi molto accaldato e un po’ stor-
dito. «E Greyback?»
«L’ultima volta che ne ho sentito parlare, era in combutta con Tu-
sai-chi.» Darius scosse la testa. «E la dannata ironia di tutto questo
è che adesso avremmo bisogno di tuo padre più che mai.» Sorrise
a Remus gentilmente. «Tuttavia non pensare che sia morto invano,
caro ragazzo. Alla fine abbiamo implementato molte delle sue ri-
forme, in particolare per quanto riguarda i mezzi-umani. Non
posso scappare dal registro ora, no signore!» Batté il suo vecchio
pugno avvizzito.
«Mi scusi.» Remus si voltò velocemente, aveva sentito abbastanza.
«Sento che la signora Potter mi chiama.»
Scivolò di nuovo nella folla, la musica ancora a tutto volume men-
tre Sirius e Andromeda gridavano in coro:

“So here it iiiiiiiis, Merry Christmas,


Everybody’s having fuuuuun!
Loo-ook to the future now,
It’s only just begun!”

464
Fiducia
Sabato 5 gennaio 1974
Gocce di pioggia colpivano l’Espresso di Hogwarts come una raf-
fica di frecce nemiche, coprendo i pendii solitamente verdi delle
colline con un velo di nebbia e pioggerella, oscurando il cielo.
«Che merda tornare a scuola, vero?» Disse Sirius imbronciato, fis-
sando fuori dalla finestra.
Remus lanciò un’occhiata a Peter, che stava fissando Sirius incre-
dulo ma Sirius non se ne accorse.
Remus sospirò. «Com’è andato il tuo Natale, Pete?» Chiese educa-
tamente.
«Okay.» Peter rispose, in modo monotono. «Grazie per i dolci.»
«Hai visto la mia scopa?» Chiese James, tirandola giù dal portapac-
chi.
Peter si alzò per guardare, rianimandosi un po’, Remus roteò gli
occhi e tornò al suo libro. Non lo stava davvero leggendo. Non
era stato in grado di concentrarsi adeguatamente su un libro dalla
festa di Natale dei Potter. In effetti, non era stato in grado di con-
centrarsi su nulla. Niente voli, giochi o conversazioni o il piano per
gli animagus di James e Sirius, quindi aveva fatto finta di leggere,
sperando che lo lasciassero in pace. A St Edmund’s avrebbe potuto
semplicemente sgattaiolare via da solo in città, ma non sembrava
un ottimo modo per mostrare gratitudine ai genitori di James, che
sicuramente si sarebbero preoccupati.
Era come se nella sua testa ci fosse un elenco di domande a cui
non aveva modo di ottenere risposte, quindi tornavano a ripeti-
zione, ancora e ancora.
Dov’era Greyback adesso? Chi era “Tu-sai-chi”? Lyall Lupin aveva odiato
così tanto suo figlio?

465
Remus sapeva già che suo padre si era ucciso perché lui era stato
morso. Aveva sempre pensato che Lyall fosse stato spinto dal
senso di colpa. Ma ora... beh, cosa aveva sbagliato Remus? E se la
vera ragione fosse stato l’odio o, peggio ancora, la vergogna?
Negli ultimi tre anni Remus aveva lavorato duramente a scuola,
usando la bacchetta di suo padre e facendo le materie che pensava
suo padre avrebbe fatto. Non pensava sempre a Lyall, ma in fondo
alla sua mente aveva sempre significato qualcosa, dalla festa di Na-
tale non ne era più così sicuro. Ferox aveva detto “conosci te
stesso” ma Remus non riusciva a vederne la saggezza ora, sarebbe
stato molto più felice non sapendo.
Questi pensieri oscuri furono interrotti da un leggero bussare alla
porta della carrozza.
«Ciao McKinnon.» James sorrise. «Evans è con te?”
«Ehm... no.» Lei squittì giocherellando nervosamente con i capelli.
«Sirius, posso parlarti?»
«Con me?» Sirius si mise a sedere sembrando confuso. «Ehm...
cosa c’è?»
«Mary ehm... Mary mi ha chiesto di dirti una cosa.»
«Cosa?»
«Lei è... non credo che dovrei dirlo davanti a tutti.»
«Ehm... okay...» Sirius si alzò e la seguì fuori nel corridoio.
Gli altri tre si scambiarono sguardi divertiti mentre aspettavano.
Ugh, pensò Remus, si era sbagliato sulla faccenda di Mary e Sirius?! Erano
Sirius e Marlene, adesso?
Qualche istante dopo, Sirius rientrò nello scompartimento da solo,
con lo sguardo sbalordito.
«Beh?» James chiese.
«Mary ha un ragazzo, a quanto pare.» Disse Sirius confuso.
«Vuoi dire... ti ha lasciato?»
«Non so.» Si sedette grattandosi la testa. «Stavamo insieme?»
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«Beh, a quanto pare lei lo pensava.»
«Perché le ragazze non dicono quello che vogliono dire?!» Sirius si
passò una mano tra i capelli imitando James, che annuì in modo
comprensivo.
«Le ragazze sono un incubo.» Disse, d’accordo.
Remus celebrò, interiormente. Grazie al cielo questa storia era finita.

Domenica 6 gennaio 1974


In seguito apprese che Mary aveva iniziato a uscire con un ragazzo
babbano che conosceva a casa.
«Siamo cresciuti nello stesso isolato.» Gli confidò eccitata. «Il suo
appartamento è proprio di fronte al mio. Pensavo davvero mi pia-
cesse Sirius; è carino e tutto il resto, ma... beh è un po’ snob. Non
credo che sappia nemmeno cosa sia un appartamento popolare.»
Remus dovette essere d’accordo su quello.
Per quando lo riguardava si era affezionato a Mary di nuovo, e non
gli importava nemmeno che lei continuasse a parlare del suo nuovo
ragazzo, di come l’aveva portata alla sala da ballo locale, delle foto,
e di come sua madre lo adorasse e suo padre pensasse che fosse
un “bravo ragazzo”. Marlene tuttavia sembrava estremamente an-
noiata mentre sedevano intorno al fuoco a fare insieme gli ultimi
compiti delle vacanze.
Questo non sfuggì all’attenzione di Mary.
«Non essere gelosa, Marls.»
«Non lo sono.» Marlene aggrottò la fronte. «Penso solo che tu sia
stata orribile con Sirius.»
«Che cosa?!»
«Scaricarlo così! Tu... hai ferito i suoi sentimenti!» Le guance di
Marlene erano diventate di una insolita tonalità di rosa.
«No, non l’ha fatto.» Sbuffò Remus.
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Entrambe le ragazze lo fissarono, come se avesse completamente
frainteso.
«Dio mio!» Mary fissò la sua amica. «Marlene, ti piace Sirius?!»
«No!» Marlene si alzò, ancora più rossa in viso. «Oh sei proprio
una stronza, Mary!» Corse nei dormitori femminili.
Lily sospirò alzando lo sguardo. «Non è stato molto carino.» Disse
in tono di rimprovero.
«È un suo problema, non mio.» Mary scrollò le spalle. «Le piace
Sirius?!»
«Che importa?»
«Vado anch’io.» Remus si alzò, cercando di non tirare un sospiro.
«Oh no, non andare Remus!» Mary disse. «Smetteremo di parlare
di ragazzi, lo prometto.»
«Sono stanco.» Mentì. «E ho finito i miei compiti. Ci vediamo do-
mani.»
Mentre si allontanava, sentì Mary sussurrare, molto forte. «Oh mio
Dio, forse gli piace Marls!»
Remus ricordò a sé stesso che stava cercando di farsi piacere di
nuovo Mary, e non reagì.
Salì le scale e andò a sedersi da solo nella stanza del dormitorio.
James, Peter e Sirius erano tutti in punizione per uno scherzo che
avevano fatto prima di Natale.
Non era affatto stanco, mancavano due notti prima della luna
piena e stava cominciando a sentire la solita inquietudine nelle
membra, la familiare accelerazione del battito cardiaco. Lasciato a
sé stesso, Remus tornò ai pensieri inquietanti che lo avevano tor-
mentato per settimane. Ancora una volta, sembravano solo turbi-
nare nel suo cervello in un grande pasticcio, senza inizio né fine.
Tutti i maghi la pensavano come Darius? Come Lyall Lupin? Le
azioni di suo padre erano davvero giustificabili? Remus non poteva
ignorare il fatto che anche sua madre lo avesse abbandonato, il che
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doveva significare qualcosa. I suoi amici di certo non l’avevano
trattato diversamente dopo averlo scoperto... ma in ogni caso
come poteva qualcuno sapere veramente cosa pensavano di loro i
propri amici? Ai Malandrini piaceva qualsiasi cosa pericolosa; forse
condividere una stanza con Remus era semplicemente un altro ri-
schio eccitante. Ciò di cui aveva veramente bisogno era parlare con
qualcuno imparziale: James era così fortunato ad avere due genitori
sempre disposti ad ascoltare, Sirius era fortunato ad avere James e
Remus non era sicuro se Peter avesse problemi o meno. Probabil-
mente sì, probabilmente parlava anche lui con James.
C’era la McGranitt, Remus sapeva che sarebbero dovuti andare da
lei se avessero avuto problemi. Ma era così severa e difficile, e co-
munque le piaceva di più James. Madama Chips ovviamente era
stata di supporto prima, ma non era una che ti lasciava piagnuco-
lare; avrebbe solo cercato di trovare una soluzione logica, oppure
gli avrebbe detto di non preoccuparsi così tanto. Poi Silente ma
Remus non aveva idea di come parlargli, e non era nemmeno si-
curo di volerlo.
Per quanto riguarda le persone che conoscevano la complessità del
problema di Remus c’era anche il professor Ferox, anche se Remus
era sicuro solo al novantacinque per cento che lo sapesse, riflettè
su questa opzione.
Remus sentiva una sorta di parentela non identificabile con il suo
professore di Cura delle Creature Magiche. Aveva una presenza
molto rassicurante, e Remus pensò che avrebbe potuto sentirsi
meglio se avesse potuto parlargli, in qualche modo sicuro che Fe-
rox avrebbe prestato un orecchio comprensivo. Ci fu uno strano
sussulto nello stomaco, come l’eccitazione, e Remus pensò che
fosse un buon segno. Guardò l’orologio nell’angolo. Erano solo le
cinque, gli altri ragazzi non sarebbero usciti dalla punizione fino
alle sei e il coprifuoco era alle otto.
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Remus prese la Mappa del Malandrino da sotto il cuscino. La strut-
tura di base del castello era completa, ora; dovevano solo comple-
tare i giardini, animare le scale e aggiungere i luoghi segreti che solo
loro conoscevano. L’idea di tracciare tutti di Sirius sarebbe venuta
ancora dopo, anche se non erano ancora molto sicuri di come pro-
cedere. Remus aveva scoperto un incantesimo che avrebbe loca-
lizzato una singola persona, ma niente della grandezza di cui ave-
vano bisogno.
Tuttavia, lanciò il suo incantesimo di localizzazione e scoprì che il
professor Ferox stava camminando dalla Sala Grande alla sala del
personale. Remus si alzò velocemente, se avresse fatto in fretta al-
lora poteva farlo sembrare un incontro casuale. Afferrò il mantello
di James prima di andarsene, in caso Mary e Lily fossero ancora
nella Sala Comune.
Stava appena allungando la mano verso la maniglia della porta
quando ebbe un improvviso lampo di buon senso.
Cosa diavolo stava facendo? Sarebbe andato a vedere il professor
Ferox, e poi cosa? Si sarebbe lamentato su suo padre morto? Pian-
gendo perché nessuno lo avrebbe mai capito, perché era una crea-
tura oscura assassina con un accento della classe operaia? Si sa-
rebbe lamentato di come i suoi amici stavano tutti impazzendo e
lui si sentiva lasciato indietro?
Remus si ritirò di nuovo nella stanza.
Cosa diavolo avrebbe pensato Ferox di lui? Che era un gran pia-
gnucolone, ecco cosa. Non potevi semplicemente andare a pian-
gere dagli insegnanti ogni volta che qualcosa ti dava fastidio; non
puoi aspettarti che tutti si dispiacciano per te. Nessuno ti deve una vita
felice, diceva sempre la Direttrice.
Si sdraiò sul letto e fissò il baldacchino. Adesso si sentiva peggio.
Non sapeva cosa gli fosse successo; normalmente non era uno che
agiva d’impulso... non più, non dal suo primo anno. Aveva sentito
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semplicemente che sarebbe dovuto andare a trovare il suo inse-
gnante. Ah! Eccolo di nuovo, quel tremolio nello stomaco. Non
era affatto eccitazione ma era... beh, non era ancora sicuro di cosa
fosse. Si sentiva accaldato, arrossato e stranamente pungente. Era
qualcosa di... animale.
Oh Dio, Remus emise un gemito, doveva essere la trasformazione.
Forse il lupo era entrato di soppiatto prima del solito. Probabil-
mente gli piaceva l’odore di Ferox, o aveva sentito l’odore del suo
kneazle. I lupi mangiano i gatti?
L’unica bestia buona è una bestia morta. Era quello che aveva detto
Darius. A quel tempo, Remus aveva pensato che fosse un po’ in-
giusto... dopotutto, non aveva mai fatto del male a nessuno. Silente
non avrebbe permesso che accadesse. Sicuramente non voleva
nemmeno fare del male a nessuno, tranne che occasionalmente a
Piton, ed era normale, no?
Forse Remus era più pericoloso di quanto pensasse. Aveva impa-
rato a controllare il suo temperamento la maggior parte del tempo
adesso, aveva imparato a controllare la sua magia. Doveva anche
imparare a controllare questo qualunque cosa fosse.
Quando James, Sirius e Peter tornarono, Remus aveva deciso.
«Ho pensato.» Iniziò.
«Non c’è da stupirsi che tu abbia avuto bisogno di sdraiarti.» Sor-
rise Sirius.
Remus gli lanciò un cuscino. «Vaffanculo, dico sul serio.»
«No, io sono Siri-»
James gli diede uno schiaffo sulla testa. «Zitto, Black.»
«Grazie.» Remus sorrise. «Ehm... l’intera faccenda dell’animagus.»
«Sì?» Sirius sembrava ansioso ora, continuando a massaggiarsi la
testa. «Hai avuto un’idea? Adoro le tue idee Moony!»

471
«Ehm... non esattamente.» Remus si sentiva a disagio ora, tuttavia,
doveva essere fatto, aveva preso una decisione. «Io... io non voglio
che lo facciate.»
«Facciamo cosa?» Peter sembrava confuso.
«Non vuole che diventiamo animaghi» Disse James, guardando
Remus con quegli occhi chiari e onesti. «Giusto?»
Remus annuì, sentendosi orribilmente in colpa. «Sono davvero
grato, lo sono. È solo che... non credo che nessuno di voi capisca
davvero quanto sarebbe pericoloso, potrei ferirvi. Potrei... potrei
uccidervi. Non ho alcun controllo su me stesso.»
«Ma funzionerà!» Sirius protestò. «Ho fatto tutte le ricerche. James,
gliele hai fatte vedere?»
«Lascia perdere, amico.» Disse James. «È una decisione di Lupin.»
«Grazie.» Remus sorrise a James. Si sentiva malissimo per averli
delusi ma era per il loro bene, e doveva essere quello maturo.
Sirius sembrava volesse dire qualcos’altro, ma James gli lanciò uno
sguardo duro che assomigliava così tanto alla signora Potter che
zittì immediatamente il ragazzo più basso.
Non dissero molto per il resto della serata e Remus dovette fingere
di leggere di nuovo il suo libro. Più tardi quella notte, dopo che le
luci si spensero, Remus sentì Sirius avvicinarsi al letto di James e
lanciare l’incantesimo di silenziamento per la prima volta da molto
tempo. Avrebbe voluto che lo invitassero, almeno una volta.
Avrebbe voluto non essere sempre quello escluso, avrebbe voluto
sapere come ci si sentiva ad avere vicino un amico come James.
Più che mai, voleva qualcuno con cui parlare.
Improvvisamente sopraffatto, Remus lanciò rapidamente l’incan-
tesimo, così gli altri non lo avrebbero sentito piangere.

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Davey Gudgeon
L’inverno cedette il passo alla primavera e, come al solito, il com-
pleanno di Remus fu celebrato con vigore creativo dagli altri Ma-
landrini; il canto consueto ad ogni pasto, la torta, i regali. Sfortu-
natamente, la McGranitt fu saggia nei confronti delle loro buffo-
nate quest’anno e mise un Prefetto a controllare i dormitori dei
ragazzi per evitare ulteriori fuochi d’artificio di mezzanotte.
Fortunatamente, il quattordicesimo compleanno di Remus cadde
in un fine settimana a Hogsmeade e si sentì davvero grande a tra-
scorrere il pomeriggio ai Tre Manici di Scopa con i suoi amici. Pre-
sto divenne chiaro che James e Sirius avevano in qualche modo
corrotto anche tutti i loro compagni di classe a fermarsi al pub,
mentre un flusso costante di studenti si avvicinava al loro tavolo
desiderosi di comprare a Remus una Burrobirra o brindare alla sua
salute. Quando il pomeriggio finì, tutti nel bar conoscevano il
nome di Remus e fu acclamato rumorosamente mentre usciva,
cosa assolutamente imbarazzante.
Passato il suo compleanno, Remus si gettò a capofitto nel ripasso
per la preparazione degli esami imminenti; aveva particolarmente
bisogno di andare bene nelle sue nuove materie, non per ultima
Cura delle Creature Magiche. Riportando la sua attenzione sullo
studio e sui compiti, Remus iniziò lentamente a lasciarsi alle spalle
le parole crudeli di Darius Barebones.
Sì era pericoloso e sì, una volta che tutti avessero scoperto cosa
fosse Remus, molto probabilmente sarebbe stato evitato. Ma fino
ad allora aveva l’opportunità di imparare e non l’avrebbe sprecata.

Domenica 7 aprile 1974

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Remus non aveva mai incontrato Davey Gudgeon prima, per
quanto ne sapeva, né aveva incontrato nessuno degli altri. Non
aveva nemmeno mai visto che aspetto avesse il ragazzo. Ma ora
avrebbe ricordato quel nome fino al giorno in cui sarebbe morto.
Il Platano Picchiatore era stato trasformato in un gioco durante
l’estate del 1973 da un gruppo di primi anni annoiati e sebbene
fosse un gioco detestato da Gazza e disapprovato dai capi delle
case, nessuno ne aveva parlato davvero. Dovevi provare a vedere
quanto riuscivi ad avvicinarti all’albero prima che i rami ti colpis-
sero. Remus di certo non aveva voglia di giocare, odiava quell’al-
bero.
Per questo Remus non era nemmeno lì quando accadde. Era il
giorno dopo la luna piena e lui era in infermeria, come al solito.
Peter era seduto per terra, a sfogliare le sue carte con delle ciocco-
rane, mormorando tra sé felicemente. James stava correggendo i
compiti di divinazione di Sirius, e Sirius stava agitando di nascosto
la sua bacchetta su James dietro la sua schiena, tingendo i suoi ca-
pelli di colori diversi per distrarre Remus. Blu, rosa, verde, giallo;
stava funzionando, Remus lo trovava istericamente divertente per-
ché James sembrava così serio, e quando si concentrava la lingua
gli spuntava tra i denti come ad un gatto.
Era un pomeriggio perfettamente piacevole, e Remus poteva quasi
ignorare quanto le sue ossa e i suoi denti gli facessero male mentre
tornavano a posto per un altro ciclo.
Ma poi successe, la porta dell’ospedale si spalancò e uno studente
entrò urlando. «Madama Chips! Madama Chips! Aiuto!»
Essendo dei veri ficcanaso, Sirius e James saltarono giù dal letto
per sbirciare dietro le tende verde chiaro.
Remus sospirò, appoggiandosi allo schienale del cuscino. Adesso
era abituato al flusso e al riflusso dell’infermeria; voci in quel modo
di solito significavano un incantesimo andato storto. Cercò di
474
ignorarlo: si risentiva per tutto ciò che gli ricordava che era in ospe-
dale, e non a godersi un pomeriggio tranquillo con i suoi amici.
Ma James e Sirius rimasero lì, guardando qualunque fosse la scena
che si svolgeva, e quando si voltarono verso il letto i loro volti
erano pallidi e seri. Il trambusto era cresciuto, Remus era vaga-
mente consapevole di qualcuno che piangeva.
«Che cos’è?» Chiese più irritato di quanto intendesse.
La bocca di Sirius si contorse e James scosse la testa, in silenzio,
spingendosi gli occhiali sul naso. Peter finalmente alzò lo sguardo
dalle sue carte,
«Che cosa?»
«Un incidente... un ragazzino.» Mormorò James.
«Tutti fuori!» La voce di Madama Chips echeggiò nella stanza, in-
naturalmente forte e chiara. La tenda intorno al letto di Remus si
aprì e lei infilò la testa sembrando distratta.
«Remus caro, se ti senti abbastanza bene potrebbe essere meglio
per te passare il resto del pomeriggio nel tuo letto. Potter, andresti
a chiamare la professoressa Sprite? Dille che uno dei suoi studenti
è ferito.»
James annuì e se ne andò immediatamente, senza nemmeno dare
uno sguardo ai suoi amici o ai suoi compiti. Potevi sempre contare
su James.
Sirius incrociò lo sguardo di Remus e Remus annuì in segno di
assenso, alzandosi dal letto. Era ancora in pigiama, e Sirius sollevò
Peter per il gomito per dargli un po’ di privacy. Remus si vestì il
più velocemente possibile, infilò i libri nella borsa, prese il lavoro
di James e si unì ai suoi amici dall’altra parte della tenda. Poteva
sentire l’odore del sangue.
Le tende erano state tirate intorno al letto più vicino alla porta, e i
tre ragazzi si precipitarono oltre, non volendo fare altro che sfug-
gire dall’atmosfera sgradevole e allontanarsi il più possibile.
475
Andarono dritti nella Sala Comune, Remus zoppicava legger-
mente, Sirius e Peter avevano rallentato per adeguarsi al suo ritmo.
«Cosa è successo?» Remus sussurrò. «C’era del sangue.»
«Sì.» Rispose Sirius, sembrando scosso. «Non so cosa sia successo
ma... era la sua faccia.»
Peter sembrava stesse per vomitare.
Raggiunsero la Sala Comune e Remus crollò su una poltrona, esau-
sto.
«Tutto okay?» Chiese Sirius ansioso, toccando la spalla di Remus
con una mano.
Remus annuì, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
«Tutto bene.»
Si scrollò di dosso Sirius imbarazzato, desiderando di poter essere
normale per una volta.
«Tutto a posto ragazzi?» Mary entrò nella stanza, Marlene al se-
guito. «Avete saputo cosa è successo a quel ragazzino Gudgeon?»
«No.» Rispose Sirius, sornione. «Tu sai qualcosa?»
«È stato colpito in faccia da quell’albero pazzo.» Disse, scrollan-
dosi di dosso il mantello. «Stava cercando di toccare il tronco.»
«Il Platano Picchiatore?»
«Sì.» Disse Marlene. «Non dovrebbero lasciarlo qui! È così perico-
loso!»
«Hai visto che è successo?!» Chiese Remus, cercando di mantenere
il panico fuori dalla sua voce.
«No.» Mary scrollò le spalle, lasciandosi cadere sul divano accanto
a Sirius. «L’ho sentito da una delle ragazze del secondo anno.»
«Dovranno sbarazzarsene!» Disse Marlene stridula. «Silente non
può lasciarlo lì adesso. Qualcuno potrebbe uccidersi.»
«Avrebbe dovuto starne alla larga.» Sirius disse accigliandosi. «È
uno gioco stupido. Tutti sanno com’è quell’albero.»

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«Sono forse impazzita?» Mary rise. «Sirius Black, la voce della ra-
gione?!»
«Vaffanculo, MacDonald.» Sirius si accigliò.
Remus stava iniziando ad avere mal di testa. Si strofinò le tempie
e chiuse di nuovo gli occhi, raggomitolandosi sulla poltrona.
Il senso di colpa gli strisciava lungo la schiena, punture calde e
fredde. Lo aveva colpito in faccia?! Questo Gudgeon starebbe
stato bene? Sicuramente Madama Chips sarebbe stata in grado di
rimetterlo in sesto, qualunque cosa fosse successa. Poteva rimet-
tere in sesto qualsiasi cosa.

I pettegolezzi su Davey Gudgeon invasero la scuola nel giro di po-


che ore, finché nessuno riuscì più a evitarli. Sarah Saunders di Cor-
vonero aveva detto a tutti che aveva visto arrivare i suoi genitori,
che avevano marciato dritto verso l’ufficio di Silente, con aria fu-
riosa. Gli amici di Gudgeon in Tassorosso avevano ripetuto la sto-
ria più e più volte a chiunque avesse ascoltato, che questa volta
sembrava che Davey avesse effettivamente raggiunto il tronco ma
poi il Platano Picchiatore si era scatenato proprio all’ultimo mi-
nuto. Avevano sentito diversi resoconti sul danno: che l’albero gli
aveva spezzato il cranio in due, che aveva perso entrambi gli occhi,
o anche che era effettivamente morto e la scuola stava insabbiando
le cose.
Marlene, che sembrava più angosciata di chiunque altro per l’intera
faccenda, chiese l’aiuto di Lily e Mary per redigere una petizione
per far rimuovere il Platano Picchiatore dai giardini della scuola.
Remus l’aveva firmata, non poteva pensare a una ragione abba-
stanza valida per non farlo, Sirius invecesi rifiutò.
«Quell’albero ha lo stesso diritto di essere qui di chiunque altro.»
Disse con fermezza, mentre Marlene lo inseguiva con una penna
d’oca.
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«Ma Sirius.» Supplicò. «È pericoloso.»
«Anche i bolidi!» Tornò schivandola. «Hai intenzione di lasciare la
squadra di Quidditch?»
«Non è proprio la stessa cosa!»
«Ugh, firmalo e basta, Black.» Gemette Lily, cercando di finire i
suoi compiti sulle rune. «Che te ne importa?»
«È il principio!» Incrociò le braccia fermamente.
Lily alzò gli enormi occhi verdi al cielo. «Coglione.» Mormorò sot-
tovoce. «Non riesce a vedere quanto è sconvolta Marls?»
«Perché è così arrabbiata?» Chiese Remus in un sussurro, quando
Marlene era fuori portata d’orecchio. «Conosceva Davey?»
«Non credo.» Sospirò Lily. «Penso che voglia solo un progetto per
distrarla dalle cose a casa. Famiglia, sai.»
Remus ci pensò su... non conosceva Marlene così bene come co-
nosceva Lily e Mary. Mary era così estroversa e chiacchierava con
chiunque. (In effetti magari lei era un po’ esagerata. Remus sapeva
fin troppo delle sue preferenze sui baci per i suoi gusti). Marlene
era sempre stata la più tranquilla e timida, meno sicura di sé, anche
nelle aree in cui eccelleva. Non sapeva molto della sua famiglia
semplicemente perché non gli era mai venuto in mente di chiedere
delle famiglie delle persone.
Non pensava che la petizione avrebbe cambiato qualcosa; Silente
aveva tenuto un discorso in cui proibiva a chiunque di avvicinarsi
di nuovo al Platano Picchiatore e questo era tutto ciò che era stato
detto sull’argomento. I professori erano chiaramente a disagio, e
Remus aveva solo cercando di tenere la testa bassa.
Gli altri Malandrini non avevano detto niente al riguardo, e cam-
biavano argomento ogni volta che veniva fuori. Di solito Remus
preferiva non discutere di nulla relativo al suo “piccolo problema
peloso”, ma ora stava cominciando a chiedersi se dopotutto lo in-
colpassero segretamente. James non lo avrebbe mai detto ad alta
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voce ovviamente, Peter avrebbe potuto e Sirius avrebbe potuto
dirlo e poi ritirarlo immediatamente. In ogni caso, nessuno di loro
disse una parola, lasciando che l’immaginazione di Remus si scate-
nasse.
Una settimana dopo l’incidente, la professoressa Sprite confermò
le voci; Davey Gudgeon era ora cieco e non sarebbe tornato a
Hogwarts per un bel po’ di tempo. Remus aveva cercato di evitare
la Sprite da quando era successo; come insegnante di Erbologia,
era sicuro che lei sapesse esattamente a cosa servisse il Platano Pic-
chiatore sul terreno in primo luogo.
«I suoi genitori lo portano in America, dove si stanno facendo pro-
gressi nelle pozioni curative oculari.» Spiegò la professoressa a co-
lazione. «Sono sicuro che Davy e la sua famiglia sono molto grati
per tutti i vostri auguri.»
Remus sentì un’orribile sensazione alla bocca dello stomaco e
quando Marlene, Lily, Mary e alcuni altri studenti si alzarono per
presentare la loro petizione, che ora aveva più di quattrocento
firme, Remus andò con loro.
La professoressa Sprite accettò la petizione e promise di discutere
la questione con Silente. Assegnò a Marlene anche dieci punti casa
per i suoi sforzi.
«Non se ne sbarazzeranno, però.» Disse Sirius più tardi quella sera,
quando i Malandrini erano tutti soli nella loro stanza.
«No, ne dubito.» Remus prese a calci un calzino randagio sotto il
letto, le mani in tasca.
«Allora perché hai firmato?»
Remus alzò le spalle. «Mi è sembrata la cosa giusta da fare. Inoltre,
Marlene ha ragione: l’albero è pericoloso. Non dovrebbe stare a
scuola.»
«Ma...» Iniziò Peter.
«Lo so.» Remus scattò. «Lo so, okay?»
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«Non dovresti sentirti in colpa, amico.» Disse James, gentilmente.
«Gudgeon non avrebbe dovuto giocarci in quel modo... non è
colpa tua...»
«Se è colpa di qualcuno.» Disse Remus cupamente. «Allora è mia.»
«È una cosa stupida.» Sirius disse senza mezzi termini, scuotendo
la testa. «Non l’hai piantato tu, vero? Non so se è sfuggito all’at-
tenzione di tutti, ma questa scuola non è esattamente attenta alla
sicurezza. È costruita vicino a una fottuta foresta piena di creature
più pericolose di un albero che si muove, dovrebbe esserci lette-
ralmente un mostro che giace dormiente da qualche parte diretta-
mente sotto di noi, e... non sto cercando di essere divertente... ma
avete visto Hagrid?!»
«Dove vuoi andare a parare, Black?» Remus sospirò pesantemente,
sedendosi.
Gli faceva male l’anca se stava in piedi troppo a lungo. Stava di-
ventando come un vecchio.
«Non lo so.» Sirius alzò le spalle. «Che queste cose succedono? Di
non incolpare te stesso? Di smetterla di deprimerti?»
«Deprimermi?!» Remus ringhiò. «Vaffanculo. C’è un ragazzino che
non può vedere perché sono troppo pericoloso per stare a scuola!
Prova a dire a Marlene cosa sono, scommetto che otterrebbe molte
più firme su QUELLA petizione.»
«Non sei pericoloso!»
«Non sai cosa sono.» Sibilò Remus.
«Sei nostro amico.» Disse James, all’improvviso.
Remus lo fissò. Era una cosa stupida, sdolcinata e drammatica da
dire. Ma quello era il problema con James; incarnava così tanto
quei valori irrealistici di lealtà, giustizia e onore, che eri costretto a
crederci anche tu. Si sedette accanto a Remus sul letto.
«Sei nostro amico, e questa è la cosa più importante, okay?» Incon-
trò lo sguardo di Remus e ricambiò lo sguardo, sorridendo.
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«Okay?» Disse. Remus continuò a fissarlo e James si avvicinò len-
tamente, in modo che le loro ginocchia si unissero. «Okay?!» Disse
di nuovo sporgendosi in avanti, il suo naso a pochi centimetri da
quello di Remus.
Remus conosceva questa tattica; James faceva la stessa cosa a volte
per rallegrare Sirius. Non sbatté mai le palpebre, era molto sner-
vante, e alla fine Remus rise scansandosi.
«Okay! Okay!»
Anche James rise e gettò le braccia attorno a Remus. «Grazie a
Dio! Non potevamo perderti, Moony!» Lui piagnucolò.
All’improvviso, Sirius e Peter seguirono l’esempio, accalcandosi su
Remus, che si ritrovò in fondo a una mischia molto ridicola. Ri-
dendo, suo malgrado, Remus cercò di dimenarsi sotto di loro.
«Toglietevi di dosso, coglioni!»
«Ahh, ci ami davvero.» Sirius gli accarezzò la testa

481
Marlene
«Allora, estate?» Chiese James, davanti alle Burrobirre ai Tre Ma-
nici di Scopa nel loro ultimo fine settimana a Hogsmeade prima
degli esami.
Sirius e Remus gemettero all’unisono.
«Sai che non posso-» Iniziò Remus,
«Non mi lasceranno mai venire.» Sirius finì.
«Non vedo perché, però.» Replicò James innocentemente. «Siete
venuti entrambi per Natale.»
«Sì, ma c’è una regola sul fatto che io rimanga a St Edmund’s per
tutta l’estate.» Remus scrollò le spalle. «Finché sono lì, devo seguire
la legge babbana. Non puoi visitare nessuno quando sei lì, a meno
che non sia parente.»
«E sai come sono i miei.» Sirius sospirò, pesantemente. «Anche
dopo Natale, e penso che fosse solo per tenermi fuori dai piedi ad
essere onesti. Reg mi ha già detto che sono atteso.»
«Quando hai parlato con Regulus?» James alzò lo sguardo sor-
preso.
Sirius si spostò leggermente sullo sgabello sembrando goffo.
«Ehm... l’altro giorno. Non valeva la pena menzionarlo, l’ho visto
solo per un minuto.»
«Io ci sarò tutta l’estate, James.» Disse Peter ad alta voce.
Sirius alzò gli occhi al cielo in modo piuttosto evidente, ma James
sorrise e diede una pacca sul ginocchio di Peter. «Sì fantastico,
amico. Almeno avrò te, eh?”
«Potrei riuscire ad andare a Diagon Alley.» Disse Sirius, rianiman-
dosi leggermente. «Ci ho pensato... se tu portassi il mantello dell’in-
visibilità allora potremmo essere in grado di pianificare qualcosa...»

482
I tre iniziarono a parlare eccitati di questo piano, Remus glielo per-
mise. Da quando aveva messo fine all’iniziativa degli animagus, i
Malandrini erano rimasti un po’ in sospeso. Avevano bisogno di
qualcosa su cui usare la loro energia creativa, e generalmente do-
veva essere almeno leggermente illegale.
«Moony.» Disse improvvisamente James. «Dov’è esattamente St
Edmund’s?»
«Epping Forest.» Disse Remus, prontamente. «Perché?»
«Potremmo sempre venire a trovarti...»
«No.» Remus lo disse con tale forza che le teste di Sirius e Peter
scattarono, allarmate. Remus deglutì seccamente. «Semplicemente
no, okay? È una cattiva idea.»
Le sue viscere si agitarono: l’umiliazione che avrebbe provato se i
suoi amici avessero visto come viveva, da dove veniva. Sarebbe
stato troppo da sopportare. Cosa avrebbero detto quando avreb-
bero visto i suoi abiti babbani grigio opaco, o le facce ruvide e le
nocche dure degli altri ragazzi? I blocchi di cemento e le cabine
frantumate e la macchia d’erba davanti. Avrebbero provato pietà
per lui.
«Vi scriverò.» Disse in fretta sperando di placarli. «E voi tutti po-
trete dirmi tutto quello che fate. Spero di poter tornare da te a Na-
tale, Potter.»
«Forse non potrai.» Disse Sirius all’improvviso. «La luna piena è il
ventinove questo dicembre.»
Remus lo guardò, stranamente. Si vantava di avere un’ottima me-
moria, ma Sirius aveva il primato quando si trattava dei cicli lunari.
James rise. «Come mai hai memorizzato ogni dannata luna piena
da qui a cinquant’anni, ma non riesci a prendere più di “Accetta-
bile” in Astronomia?!»

483
«Alcune cose sono importanti da ricordare, altre no.» Sirius alzò le
spalle, prosciugando il boccale. «E incasinare le costellazioni infa-
stidisce davvero i miei genitori. Quindi.»

Metà maggio 1974


Remus sbadigliò e chiuse il libro. Aveva fatto molto. Più che suf-
ficiente. Troppo, se lo avessi chiesto a Sirius. Ma infondo, andava
tutto bene se eri abbastanza fortunato da avere ricchi parenti
morti. Qualcuno con le prospettive di Remus non poteva permet-
tersi di rallentare.
La biblioteca era aperta per molte ore durante il periodo degli
esami, ma anche così era quasi l’ora di chiusura e c’erano solo po-
chi studenti molto più grandi rimasti, che sbattevano le palpebre
assonnati sui loro libri. Lily, Mary e Marlene erano andate a letto
almeno un’ora prima, o così pensava Remus. I giorni erano diven-
tati molto ripetitivi alla fine del semestre, e il tempo non sembrava
più veramente lineare, non usciva da giorni.
Stancamente si alzò, si stroppicciò gli occhi e riportò una pila di
libri verso gli scaffali dello Studio delle Creature Magiche. Aveva
scoperto che poteva ingraziarsi la Pince se rimettendo tutto a po-
sto, e non era molto difficile.
Gli piaceva stare in biblioteca fino a tardi: era bello e tranquillo.
Crescere in un orfanotrofio e condividere una camera da letto con
i Malandrini aveva dato a Remus poche preziose opportunità di
pace e tranquillità.
Mentre girava intorno all’ultima fila di pile, vide una piccola figura
accasciata in fondo, profondamente addormentata su una piccola
scrivania. Avanzando in punta di piedi, riconobbe il ventaglio di
capelli biondi distesi sulle pagine di un libro aperto.

484
«Marlene.» Sussurrò mentre si avvicinava. «Marlene!» Le toccò de-
licatamente la spalla.
Saltò violentemente, abbastanza veloce da dare a Remus un colpo
di frusta, poi si guardò intorno con occhi confusi e annebbiati.
«Remus?»
«Ti sei addormentata.» Spiegò mantenendo la voce bassa. «La bi-
blioteca chiuderà presto.»
«Oh no!» Sembrava sconvolta, guardando la sua pergamena, che
era bianca. L’aveva macchiata un po’ di inchiostro in alto, ma
niente di più. «Oh no.» Disse ancora, desolata.
«Va tutto bene.» Remus cercò di tirarla su di morale. «Ovviamente
avevi bisogno di riposare, eh? C’è ancora un po’ di tempo prima
dell’inizio degli esami.»
«Ho così tanto ripasso da fare! Non ricordo niente dei crups, tu?»
«Andiamo.» Remus schivò la domanda. «È meglio che andiamo, o
Pince si arrabbierà.»
Marlene annuì stordita e si alzò, lasciandosi condurre fuori attra-
verso il labirinto di scaffali. Quando se ne andarono, iniziò a bor-
bottare a sé stessa.
«I Crup hanno la coda biforcuta, diffidano dei babbani e assomi-
gliano in qualche modo ai cocker spaniel.»
«Jack Russell’s.» Corresse Remus, senza pensare.
«Che cosa? Veramente?! Sei sicuro??» La ragazza gli afferrò il brac-
cio, irragionevolmente presa dal panico per questa informazione.
«Ehm... sì.» Disse Remus barcollando all’indietro, incapace di al-
lontanarsi dalla stretta morsa di Marlene.
«Certo che sei sicuro!» Disse tristemente, lasciandolo finalmente
andare. «Sei il migliore della classe.»
«Anche tu sei molto brava...» Iniziò Remus, ma si fermò.
Il viso di Marlene si accartocciò e scoppiò in lacrime.
«Non posso farcela! Andrò male in tutto!» Si lamentò, ad alta voce.
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Un gruppo di Serpeverde che passava di lì ridacchiò, prima che
Remus puntasse minacciosamente la sua bacchetta contro di loro.
Marlene, ancora piangendo, si gettò su Remus con le braccia in-
torno al collo mentre singhiozzava sulla sua spalla. Colto alla
sprovvista, Remus cercò di accarezzarla gentilmente, mentre il suo
piccolo corpo tremava contro di lui. Non era mai stato abbracciato
da una ragazza prima tranne la madre di James, e non era proprio
la stessa cosa. Non gli piaceva. La sua spalla si stava bagnando.
Tuttavia Marlene era completamente ignara del suo imbarazzo.
«Faccio schifo!» Tirò su col naso. «Ho rovinato tutto. Non sarò
mai brava come Danny, o mamma, o te, o Lily...»
«Ehm... sei meglio di Mary a-»
«Ma Mary ha un ragazzo e tutti la adorano e io non piaccio a nes-
suno!» Pianse ancora più forte.
A questo punto, Remus decise che la cosa era decisamente sopra
le sue possibilità. La accarezzò ancora una volta goffamente e
disse. «Vado a chiamare Lily, va bene?»
«No, no... Va tutto bene...» Marlene si allontanò, tirando ancora su
col naso. Il suo viso solitamente pallido era ora rosso e macchiato,
i suoi occhi grigi ancora luccicanti. «Vado a lavarmi la faccia.» Fece
un gesto verso i bagni delle ragazze più vicino. «Mi aspetti?»
«Ehm... okay.»
Lei scomparve e Remus si accasciò pesantemente contro il muro.
Ora si trovava a portare entrambe le borse dei libri e le spalle gli
facevano male sotto il peso. Cosa avrebbero fatto gli altri, in questa
situazione? James sarebbe stato cavalleresco, ovviamente. Proba-
bilmente avrebbe saputo esattamente cosa dire per impedirle di
piangere.
Peter non si sarebbe mai messo nella situazione in primo luogo.
Sirius... beh Remus pensava che Sirius probabilmente fosse

486
pessimo quanto lui in queste situazioni, in realtà. Non era bravo
con le emozioni; riusciva a malapena a gestire le sue.
Tuttavia, Remus sapeva che la cosa giusta era aspettare e accom-
pagnarla nella Sala Comune, quindi lo fece. Non era che Remus
non si sentisse in sintonia con Marlene, la pressione su tutti sem-
brava enorme e difficilmente potevi ignorarla. Era più il disgusto
generale di Remus per i piagnucolii e ovviamente non gli era mai
piaciuto stare con persone che piangevano; lo rendeva nervoso.
Marlene stava molto meglio quando uscì dal bagno. Un po’ arros-
sata, ma almeno era calma.
«Scusa.» Gli sorrise timidamente. «Mi sento sciocca.»
«Va tutto bene.» Remus scrollò le spalle.
Si chiedeva se avesse potuto restituirle la borsa ora. Le sue braccia
facevano davvero male e il suo ginocchio sfuggente stava facendo
le bizze, per non parlare del suo fianco. No, probabilmente no.
Non era una cosa molto James da fare, fare in modo che una ra-
gazza porti le sue cose. Non si era nemmeno offerta di riprenderla.
Fortunatamente, non erano troppo lontani dalla torre di Grifon-
doro.
«Sono sciocca.» Disse mentre camminavano. «So di esserlo, il mio
patrigno odia quando faccio così. Dice che lo manda in bestia. Poi
mamma se ne prende il peggio. Danny dice che devo irrobustirmi
e smetterla di comportarmi come una bambina, ma...»
«Chi è Danny?» Chiese Remus un po’ perso.
«Mio fratello.» Sembrava sorpresa. «Sono sicura di averlo menzio-
nato. È un battitore per i Cannon Chudley.»
«Oh giusto. Sì, lo sapevo.» Remus annuì. «Deve essere il motivo
per cui sei così brava.»
«Non sono brava come Danny.»

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«Beh.» Remus cercò di fare spallucce sotto il peso dei libri. «Hai
solo quattordici anni. Scommetto che tuo fratello non era così
bravo a quattordici anni. Hai battuto Sirius ed è davvero bravo.»
«Lo pensi davvero?»
«Sì.» Rispose Remus, casualmente. «Ovviamente. Grifondoro ha
vinto di nuovo la coppa quest’anno, no?»
«Grazie a James.»
«Sì, beh James è pazzo. Non vorresti essere come James.»
«Non dirai a Mary quello che ho detto, vero?»
«No.» A dire il vero, aveva già dimenticato quello che aveva detto
su Mary.
«È la mia migliore amica.» Tirò su con il naso Marlene. «E non
sono gelosa di lei o altro, è solo... beh... le piace mettersi in mostra,
sai. È così divertente e loquace e tutto, a volte mi sento un po’...
voglio dire, è già uscita con Sirius e ora ha quel ragazzo babbano,
e penso che al Professor Ferox piaccia più di me.»
«È un professore.» Remus disse. «Gli piacciono tutti allo stesso
modo. Comunque sei divertente. James parla sempre di come fai
ridere tutti durante gli allenamenti di Quidditch.»
«Veramente?!» Sembrò arrossire di nuovo a questa notizia. «Che
mi dici di... ehm... che mi dici di Sirius, pensa che io sia divertente?»
«Sì, ovviamente.» Remus annuì, contento che finalmente stesse
sorridendo di nuovo. «Lo pensiamo tutti. La tua imitazione della
McGranitt è la migliore.»
Questo sembrò soddisfarla, e quando ebbero raggiunto la Sala Co-
mune Marlene sembrava decisamente più allegra.
«Ti aiuterò con i crup se vuoi.» Disse Remus, mentre si arrampica-
vano attraverso il buco del ritratto. «Possiamo farlo domani a
pranzo.»

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«Grazie Remus.» Marlene lo abbracciò di nuovo rapidamente.
Prese i suoi libri e si diresse di sopra nella sua stanza del dormito-
rio.
Remus emise un altro sospiro, cedendo leggermente per il sollievo.
Perché gli succedeva sempre? Forse doveva iniziare a essere più
cattivo. Dietro di lui, qualcuno fischiò ad alta voce. Non aveva bi-
sogno di voltarsi per sapere chi fosse.
«Eccolo che arriva! Attenti signore, il rubacuori numero uno di
Grifondoro, sta arrivando!» Sirius cantò mentre Remus si avvici-
nava ai suoi amici accanto al fuoco.
James era immerso in un libro, ma guardò in alto e fece l’occhio-
lino a Remus.
«Dovrai dirci il tuo segreto, Moony.» Continuò Sirius. «Sembra che
tu abbia tutte le ragazze ai tuoi piedi.»
«È solo un’amica e tu lo sai. Dov’è Pete?»
«Sta facendo la doccia.» Rispose James. «Peeves lo ha attaccato con
una brocca di crema pasticcera di ieri.»
«Eugh.»
«Sì, questo è il suono che ha fatto.» James sorrise, tornando al suo
libro.
«Grazie a Merlino sei tornato.» Sirius si rivolse a Remus. «James è
stato così noioso oggi.»
«Sto ripassando.» James disse con calma, voltando pagina.
«Dovresti farlo anche tu.»
«Pfft.»
«Ho finito di ripassare per oggi.» Remus ghignò. «Vuoi fare una
partita a sparaschiocchi?»
«Ti ho detto di recente quanto ti amo?»
«Chiudi il becco e prendi le carte.»

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Greyback
You’re too old to lose it, too young to choose it
And the clock waits so patiently on your song
You walk past a café, but you don’t eat when you’ve lived too long
Oh, no, no, no, you’re a rock ‘n’ roll suicide.

Venerdì 28 giugno 1974


Non fu una sorpresa che Sirius avesse ottenuto voti oscenamente
alti in tutto tranne che in Astronomia senza alzare nemmeno un
dito per studiare. A questo punto, Remus non era sicuro se Sirius
avesse davvero qualche strano dono da purosangue o se fosse solo
un genio non riconosciuto. A Remus non importava in alcun
modo, lui stesso era arrivato primo in Cura delle Creature Magiche,
Rune e Storia della Magia, aveva anche ottenuto il secondo voto
più alto in Aritmanzia, dopo Sirius.
«Ben fatto, ragazzo!» Ferox gli diede una pacca sulla spalla a cola-
zione, la mattina dopo che i risultati furono pubblicati. «Il mio mi-
glior studente.»
«Grazie professore.» Remus ghignò, sentendosi stordito dal pia-
cere.
«Ho alcuni libri che potresti prendere in prestito durante l’estate,
fai un salto nel mio ufficio prima di partire, eh?»
«Cocco del prof! » Lo prese in giro Sirius, mentre l’uomo alto e
gioviale si allontanava, fischiettando una melodia allegra.
Remus non rispose, era troppo soddisfatto di sé stesso.
«Non posso credere che stiamo per iniziare il quarto anno.» Disse
James, pulendosi gli occhiali sulle vesti.
«Devi continuare a ricordarmelo?» Sirius gemette posando coltello
e forchetta.

490
«C’è molto da fare durante l’estate.» Rispose James. «Volerà.»
«Cosa farete quest’estate?» Chiese Remus sospettoso.
«Pianificazione degli scherzi del prossimo anno, ovviamente.»
Disse Sirius un po’ troppo velocemente. «Dobbiamo stare al passo
con la curva, Remus ragazzo mio, abbiamo una reputazione da
mantenere.»
Era l’ultimo giorno ufficiale del semestre, quindi Remus decise di
ignorare il fatto che questa era chiaramente una bugia. Aveva tutta
l’estate per essere paranoico sul fatto che gli altri tre lo stavano
escludendo; non c’era ancora bisogno di preoccuparsi.
Dopo colazione, voleva andare direttamente dal professor Ferox,
ma pensava che potesse sembrare un po’ troppo ansioso - inoltre,
gli altri tre sarebbero sicuramente voluti andare con lui, e Remus
non poteva sopportare il pensiero che Ferox incontrasse Sirius e
James. Senza dubbio sarebbe rimasto affascinato dal loro carisma
naturale e si sarebbe chiesto perché avesse mai pensato che Remus
fosse speciale.
Il quartetto andò di sopra e fece i bagagli... cioè James, Remus e
Peter fecero i bagagli. Sirius saltellò per la stanza cercando di di-
strarli, facendo volare libri e vestiti, accendendo e spegnendo il suo
giradischi.
«Devi farlo, che ti piaccia o no.» Lo rimproverò James, le mani sui
fianchi in un’ottima imitazione di sua madre.
«Lo farai tu per me, come l’anno scorso.» Rispose Sirius, stando in
piedi sul letto e cercando di tirarsi su appeso al telaio del letto. Le
antiche travi di legno scricchiolarono.
Remus chiuse il suo baule. Il suo angolo della stanza sembrava
molto spoglio senza il solito caos di libri, carte, penne e vestiti
sparsi intorno. Si avvicinò al giradischi per dare un’ultima carezza
affettuosa delle copertine dei suoi album preferiti. Le estati erano
così silenziose senza la musica di Sirius. La Direttrice permetteva
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di accendere la radio solo una volta alla settimana per il canto co-
rale.
«Moony.» Disse James all’improvviso. «Non devi andare a trovare
Madama Chips?»
«Ehm... sì, ma non adesso...» Remus alzò lo sguardo, sorpreso.
«Beh, voglio dire... Se hai finito di fare le valigie, potresti andare,
giusto? Quando avrò fatto di fare le valige di Sirius, volevo sugge-
rire di uscire tutti con le scope, e tu odi volare, quindi...»
«Oh veramente? Va bene allora.» Remus annuì, sentendosi inspie-
gabilmente ferito; non era affatto da James cacciarti fuori dalla
stanza.
«Ci vediamo a cena, vero Moony?» Chiese Sirius, oscillando in
avanti e atterrando in piedi con l’agilità di una ginnasta.
«Sì, immagino...» Remus lasciò la stanza, sentendosi come se fosse
stato scortato fuori da una festa alla quale non era stato invitato.
Giusto, non gli piaceva molto volare. Ma di solito non importava:
spesso si sedeva sugli spalti e leggeva il suo libro mentre gli altri si
agitavano in aria. Non gli sarebbe dispiaciuto farlo anche questa
volta.
Comunque doveva vedere Madama Chips, quindi andò in infer-
meria, lottando per scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione di
esilio.

«Sei molto silenzioso, caro.» Commentò l’infermiera mentre com-


pletava i suoi controlli di fine anno. «Non aspetti con ansia le va-
canze?»
«No, non proprio.» Rispose.
«Ti mancheranno i tuoi amici.» Fece schioccare la lingua con com-
passione. «È un peccato, lo so. Tuttavia, mi aspetto che tu abbia
un sacco di amici babbani con cui giocare.»

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Remus non si prese la briga di rispondere. Madama Chips era
molto gentile e non aveva un osso cattivo nel corpo ma lei, come
la maggior parte degli adulti, poteva essere incredibilmente ottusa.
Dentro di sé sperava che l’estate in arrivo sarebbe stata redditizia
quanto l’ultima: se Craig fosse stato ancora lì, forse avrebbe potuto
guadagnare un po’ di soldi. Si era dimostrato capace, poteva per-
sino chiedere qualcosa di più delle semplici sigarette.
Gli diede le stesse istruzioni dell’anno prima: mangiare bene, fare
esercizio e riposare.
«Ci vediamo all’inizio di luglio.» Sorrise serenamente e lui fu con-
fortato dal pensiero che almeno non sarebbe stato completamente
isolato dalla comunità dei maghi.
Risolto questo problema, Remus prese in considerazione l’idea di
tornare al dormitorio. Forse avevano finito di parlare di lui, o qua-
lunque cosa stessero facendo per cui avevano bisogno che stesse
fuori dai piedi. Forse erano già andati a volare. Non li invidiava;
James era dell’opinione che se Sirius era di cattivo umore o troppo
eccitato, allora l’esercizio di un’ora buona era la cosa migliore (e
generalmente lo era). Inoltre, era stata una delle poche volte in cui
Peter non era stato escluso. Nonostante la sua goffaggine a terra,
Minus era un volatore sorprendentemente bravo. Senza dubbio il
risultato dei continui allenamenti di James.
Era davvero il momento perfetto per andare a trovare il professor
Ferox, ovviamente, ma Remus indugiò. All’improvviso si sentì
piuttosto timido, non essendo mai stato da solo a vedere un inse-
gnante prima, a meno che non fosse nei guai, ovviamente. Cam-
minando lentamente, alla fine dovette fare una scelta direzionale
in un particolare corridoio e decise che poteva anche farla finita.
Bussò timidamente alla porta dell’ufficio di Ferox, anche se era
leggermente socchiusa. Il cuore gli martellava nel petto e si ritrovò
quasi a sperare che l’insegnante non fosse lì, dopotutto. Remus
493
non poté fare a meno di ricordare con un certo imbarazzo come
solo poche settimane prima fosse quasi corso da Ferox in un mo-
mento di panico, solo per riconoscere che era un’idea terribile
all’ultimo minuto.
«Avanti!» La voce allegra di Ferox echeggiò dall’interno della
stanza.
Remus raddrizzò le spalle ed entrò.
«Signor Lupin!» Ferox esplose.
Non era seduto alla sua scrivania, Remus non pensava di aver mai
visto Ferox seduto tranne che all’ora dei pasti, era sempre in mo-
vimento. Proprio ora stava preparando un baule, mentre Achille lo
guardava in silenzio dal davanzale della finestra. Anche dopo un
anno di lezioni con Ferox, Remus era ancora un po’ in soggezione
in presenza del suo insegnante. La sua presenza gigantesca non era
diminuita, la sua criniera di riccioli sabbiosi era ancora gloriosa, il
suo viso ancora eroico con lineamenti decisamente scolpiti.
«Salve signore.» Remus sorrise mentre entrava, chiudendo la porta
dietro di sé. «Ha chiesto di vedermi?»
«In effetti l’ho fatto.» Ferox fece un ampio sorriso, indicando una
pila di cinque libri sulla scrivania. «Quelli sono per te, se hai spazio
nel bagagliaio. Il testo del prossimo anno e alcune altre cose che
ho pensato potrebbero interessarti.»
Remus si avvicinò alla scrivania e tastò attentamente i tomi rilegati
in pelle. «Grazie professore.» Disse piano. Non aveva mai ricevuto
un regalo così grande prima.
Ferox annuì sedendosi e facendo cenno a Remus di fare lo stesso.
«Burrobirra?» Prese alcune bottiglie dal cassetto inferiore della scri-
vania.
«Grazie, professore.» Ripeté Remus accettando la bottiglia e seden-
dosi.

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Achille, sul davanzale della finestra, si stiracchiò, sbadigliò, poi si
raggomitolò per dormire, pacificamente.
Remus sentiva di dover dire qualcos’altro. «Silente normalmente
mi manda i miei libri e roba del genere.» Disse. «Non doveva.»
«Beh, so che sei un po’ fuori dal giro durante le vacanze, quindi ho
pensato che potresti apprezzare portarti avanti.» Ferox continuò a
sorridere con il suo sorriso grande e disinvolto.
Remus sentì uno strano tipo di calore sfrigolare nel suo addome.
Il che era strano, perché non aveva ancora sorseggiato la sua Bur-
robirra.
«Gentile da parte sua.» Disse guardando di nuovo i libri, a disagio
per il troppo contatto visivo.
«Non sono caritatevole Remus, lo prometto.» Disse Ferox, rassi-
curante. «So com’è, vedi. Sono venuto ad Hogwarts con poco
quanto te. Babbano, cresciuto dalla nonna. Certo, non ha mai ca-
pito niente di quello che facevo qui. Santa donna.»
Remus sbatté le palpebre. Questa era una notizia interessante;
aveva pensato che la maggior parte degli insegnanti a Hogwarts, in
effetti la maggior parte degli adulti che rispettava, fossero tutti pu-
rosangue. Fu un immenso sollievo apprendere che non era così.
«Noi ragazzi duri dobbiamo restare uniti, eh?» Ferox gli fece l’oc-
chiolino.
«Sì.» Remus continuò ad annuire, enfaticamente. «Quindi, non hai
mai avuto problemi a trovare un lavoro o cose del genere? Dopo
la scuola?»
«Be’, ci saranno sempre persone che non riusciranno a vedere oltre
il tuo stato di sangue, non importa chi tu sia.» Disse Ferox, con un
sorrisetto ironico nella voce. «Ma imparerai abbastanza veloce-
mente come dimostrare che si sbagliano. Beh... non ho bisogno di
dirtelo.»

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«No.» Remus acconsentì. Bevve un sorso della sua Burrobirra.
«Allora... anche lei è orfano, professore?»
«Sì, non crederesti alle scocciature che ho avuto per questo accento
allora.»
«Mary e Marlene pensano che lei sembri Paul McCartney.» Disse
Remus.
Ferox rise; una grande, gioiosa e ansante risata. «Dovrò ricordar-
melo la prossima volta che sarò preso di mira.» Remus si sentì ar-
rossire, sentendo Ferox parlare in quel modo. «Non sai mai come
ti vedono gli altri. Quindi non darlo mai per scontato, eh?»
Remus lo guardò incuriosito, ma fece un piccolo cenno di com-
prensione.
L’espressione del professore si addolcì. «Remus.» disse Ferox, così
gentilmente da essere snervante. «Io... c’è qualcos’altro di cui vo-
levo parlarti.»
Remus trasalì, pensava di sapere cosa sarebbe successo. Lo aspet-
tava da prima di Natale.
«Va benissimo se non vuoi parlarne.» Disse l’insegnante.
«Si tratta del... il mio problema?»
«In un certo senso.» Disse Ferox, in tono misurato. «Non so se lo
sai, ma conoscevo tuo padre, Lyall, abbastanza bene.»
Remus quasi si strozzò con la sua Burrobirra. Non se lo aspettava.
Ferox continuò. «Il nostro lavoro spesso si è sovrapposto e vedi...
ero giovane, non avevo cominciato da molto nel dipartimento di
Controllo delle Creature Magiche. Lo conoscevo di fama, ovvia-
mente, quindi ho cercato di imparare quello che potevo, anche se
non ho mai domato i mollicci come lui.»
«Okay.» Remus non sapeva cos’altro dire.
«Sai molto di lui?»
«Io...» Remus distolse lo sguardo, fuori dalla finestra. Non pensava
di poter parlare e guardare Ferox allo stesso tempo. «Era un
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Corvonero.» Iniziò, come se spuntasse le voci di una lista. «Era
bravo a duellare. Era bravo con mollicci, Dissennatori e Polter-
geist, e odiava i lupi mannari, li voleva tutti morti e lui...» Remus
soffocò, volendo alzarsi e lasciare la stanza.
«Dove hai sentito tutte queste cose?» Ferox sembrava scioccato.
Remus lo guardò, anche se tutto sembrava nuotare nelle sue la-
crime ora. Era come se tutti i pensieri cattivi e dispettosi che aveva
da dicembre fossero venuti fuori come veleno.
«Darius Barebones.» Disse, strofinando rudemente gli occhi sulle
maniche delle vesti, costringendosi a mantenere il controllo. «L’ho
incontrato alla festa di Natale dei Potter.»
«Quel vecchio ubriacone.» Ferox scattò burbero. Sembrava infa-
stidito, ma non verso Remus. «Mi dispiace così tanto, Lupin, che
tu l’abbia dovuto sentire. Non è vero, sai.»
«Non li odiava...?»
«Beh.» Ferox inclinò la testa, come se cercasse di essere diploma-
tico. «Era preoccupato per il pericolo che i lupi mannari rappre-
sentano per la società. Ma era un uomo ragionevole, troppo sensi-
bile per l’odio. Gli assomigli molto.»
Remus sbuffò amaramente.
«È vero.» Disse Ferox, fermamente. «Era un brav’uomo. Avrebbe
fatto qualsiasi cosa per chiunque.»
«Darius ha detto che pensava che Lyall fosse stato morso da Grey-
back, ecco perché si era ucciso.»
«Allora sai di Greyback?»
Remus annuì. Ferox sembrava davvero molto serio.
«Ho sentito quella voce. Non sarei sorpreso se Silente l’avesse
messa in giro per proteggerti, ad essere onesti. Personalmente, non
ci ho mai creduto. Poi ti ho incontrato, naturalmente, e tutto è
diventato chiaro.»

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«È così ovvio?» Chiese Remus, alzando le dita fino alla cicatrice sul
viso, che aveva da più di un anno ormai, ma era ancora grande e
rossa.
«No.» Ferox scosse la testa. «La maggior parte dei maghi non rico-
noscerebbe un lupo mannaro a meno che non-»
«Gli saltasse addosso e lo mordesse?»
Ferox rise, sollevando l’umore scuro che si era stabilito nel piccolo
ufficio luminoso. «Hai anche il senso dell’umorismo di tuo padre.»
Remus sorrise debolmente. «Professore?»
«Sì?»
«Che fine ha fatto Greyback?» Ferox tornò subito serio.
«Temo che non lo sappiamo con certezza. È ancora vivo, per
quanto ne sa il Ministero, è ancora ricercato per i suoi crimini. Non
so se lo prenderanno mai, a dire il vero, l’uomo è un maniaco, a
detta di tutti.»
«Potrebbe... trovarmi?»
«Può essere.»
Remus fu sorpreso dall’onestà di Ferox. Non sembrava preoccu-
pato come la maggior parte degli adulti di proteggerlo dalle verità
più dure.
«Ti spaventa?» L’insegnante chiese.
Remus scrollò le spalle.
«Penso... penso che forse l’ho sempre saputo. Che lo incontrerò di
nuovo.»
«Non devi andarlo a cercare...»
«Non lo farò.» Remus sapeva che era una bugia, ma sapeva anche
che non c’era niente che Ferox potesse fare per fermarlo.
«Se hai altre domande falle pure. Voglio che ti senta a tuo agio a
farmele.» Ferox disse. «Ci sono dei vecchi ritagli di giornale dentro
quel libro in cima.» Indicò la pila che aveva regalato a Remus. «Ho

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pensato che dovresti averli. Cose del genere non dovrebbero es-
sere tenute lontane dalla gente e tu sei abbastanza grande.»
«Grazie, professore.»
«Non ti ho turbato?»
«No, professore.»
«Bravo ragazzo.» Ferox si alzò, si sporse dalla scrivania e strinse la
spalla di Remus in modo amichevole. «Prova a passare una buona
estate, eh? Ci vediamo a settembre.»
Remus annuì, sentendosi un po’ stordito dagli eventi dell’ultima
mezz’ora. Nondimeno, fu piuttosto grato di essere stato congedato
e se ne andò tranquillamente, portando la pesante pila di libri di
sopra, nella Sala Comune.
Adesso era molto tranquillo nella torre di Grifondoro. La maggior
parte degli studenti aveva finito di fare le valigie e senza dubbio era
fuori a godersi il giardino. I pensieri di Remus si volsero a Davy
Gudgeon, ma li schiacciò. Una crisi emotiva alla volta.
Anche i Malandrini se n’erano andati, le cose di Sirius ora riposte
ordinatamente nel suo baule col serpente. La stanza era afosa e
calda, Remus fece scattare la bacchetta per aprire le finestre, poi
andò a sedersi sul letto e aprì il primo libro.
Pressati come foglie morte tra la copertina interna e la prima pa-
gina, tre ritagli di giornale ingialliti:

La Gazzetta del Profeta, aprile 1964


ATTACCHI DI LUPI MANNARI IN AUMENTO: i tuoi figli po-
trebbero essere i prossimi?
Il Ministero della Magia ha confermato oggi che la recente ondata di omicidi
sia nelle comunità babbane che in quella dei maghi è opera di creature oscure,
vale a dire lupi mannari. I funzionari del Ministero sono particolarmente
preoccupati per il fatto che in molti casi le vittime degli attacchi siano stati
bambini di età inferiore ai dieci anni. Un funzionario, rispettato esperto di
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creature oscure Lyall Lupin, si è espresso e ha criticato il Ministero per ‘misure
di sicurezza lassiste e volontariamente negligente’. Lupin afferma che l’attuale
registro dei licantropi del Ministero è mal gestito e mantenuto, consentendo ad
alcune fazioni anti-ministero di utilizzare queste scappatoie a proprio vantag-
gio.
Si sospetta che il numero attuale delle vittime sia diciassette, ma è destinato ad
aumentare man mano che le indagini continuano e gli autori continuano ad
eludere la cattura. Una dichiarazione dall’ufficio degli Auror è attesa più tardi
oggi.

La Gazzetta del Profeta, Necrologi, gennaio 1965


Lyall Lupin, che è morto all’età di 36 anni, sarà ricordato come un esperto di
fama mondiale di apparizioni spirituali non umane, per il suo ampio lavoro
con mollicci e poltergeist, rapporti con i dissennatori e, più recentemente, per i
suoi sforzi per riformare il registro nazionale dei lupi mannari.
Lupin lascia la moglie, la babbana Hope Lupin, che sposò a Cardiff nel
1959. La coppia ha un figlio giovane, Remus John Lupin, nato nel 1960.
La famiglia ha chiesto privacy durante il loro periodo di dolore.

La Gazzetta del Profeta, febbraio 1965


AUROR ALLA RICERCA DI GREYBACK
L’ufficio degli Auror si rivolge ai maghi per qualsiasi informazione relativa al
luogo in cui si trova Fenrir Greyback, lupo mannaro e sospetto assassino di
bambini.
Greyback è descritto come 1.85 cm, molto forte e sporco, con l’aspetto di un
vagabondo. I maghi e le streghe sono avvertiti di non avvicinarsi e di considerare
Greyback estremamente pericoloso, anche in forma umana. L’auror Alastor
Moody oggi ha rilasciato una dichiarazione dicendo che il Ministero crede che
Greyback stia viaggiando con un branco di lupi mannari, rendendolo ancora
più pericoloso. Greyback è noto per avere una preferenza per i bambini piccoli,

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ma Moody ha rifiutato di commentare la speculazione secondo cui i lupi man-
nari hanno in programma di formare un esercito.
Il Ministero ha anche rifiutato di rispondere alle accuse secondo cui la scorsa
primavera avevano Greyback in custodia e non ha riconosciuto la minaccia.
Dalla morte di Lyall Lupin, uno schietto sostenitore di sanzioni più severe sui
licantropi, ci sono stati numerosi sforzi per migliorare il riconoscimento e la
registrazione delle creature oscure.

La prima volta che li aveva letti, Remus non aveva nemmeno usato
l’incantesimo per leggere. La seconda, la terza e la quarta volta lo
fece. E ancora e ancora, come se ci fosse qualcosa di più, come se
potesse risucchiare la verità. Non aveva più risposte di prima, e
una calda sfera di rabbia cominciò a crescergli nel petto, bruciando
di più mentre leggeva e rileggeva.
Passarono le ore, la stanza si fece buia e alla fine non scese mai al
banchetto.

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Storia scritta da: @MsKingBean89 (Ao3)
Traduzione di: @wolfstarmami (Wattpad)
Adattamento e revisione: Simona Lo Conte

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