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MACROECONOMIA – CAP 11

EQUILIBRIO MACROECONOMICO DI BREVE PERIODO


Rela vamente all’Italia, il PIL pro capite nel lungo periodo è costantemente cresciuto, prevalentemente nel secondo
dopoguerra. I sistemi economici nel lungo periodo seguono un trend di crescita più o meno costante.
Focalizzarci sul lungo periodo ci da una certa visione di come
funziona il sistema economico ma ci fa perdere la visione più da
vicino, come diceva J.M.Keynes (fondatore della
macroeconomia moderna), “Il riferimento al lungo periodo è
una guida fallace degli affari corren . Nel lungo periodo saremo
tu mor ”.
Cambiando la visione dal lungo periodo al breve periodo, quello
che salta all’occhio è che i sistemi economici passano a raverso
una serie di fasi alternate di crescita e di decrescita. Più o meno
dal secondo dopoguerra ad oggi, il sistema economico italiano è
cresciuto in maniera esponenziale.

Il sistema economico italiano è passato da fasi di espansioni sempre più brevi, dopodiché il PIL si è rido o, così come
l’occupazione. C’è stata poi una seconda fase di crescita, più o meno dalla fine degli anni ‘70 agli inizi degli anni ‘90, un
po’ più breve della precedente, e poi un’altra espansione dagli anni '90 fino al periodo della recessione con la crisi del
2007/2008. Dal 2014 al 2021, l’economia italiana ha stagnato, anche a causa della recessione causata dalla pandemia.

È quindi vero che nel lungo periodo i sistemi economici si evolvono


lungo un percorso di crescita più o meno costante (re a gialla), ma
nel breve periodo tendono a flu uare a orno ad un trend di crescita.
Queste flu uazioni danno origine ai cicli economici.
I cicli economici si compongono di:
- fase di espansione quando il sistema si espande la di sopra del
suo trend di lungo periodo (output gap posi vo);
- contrazione/recessione il sistema economico cresce al di so o
delle sue potenzialità, o addiri ura la crescita potrebbe diventare
nega va, e dà origine all’output gap nega vo.

Quando siamo in presenza di un grande fase espansiva si parla di boom economico, e si parla invece di depressioni
quando le fasi di recessione sono molto profonde.
Si parla di recessione o espansione quando L’ISTAT registra due trimestri consecu vi di calo o aumento del PIL.

IL BREVE PERIODO: IPOTESI


L’ipotesi cruciale che bisogna fare per studiare il breve periodo è che il livello generale dei prezzi nel breve periodo è
costante.
Nel lungo periodo vale il principio di neutralità della moneta: il mondo reale e il mondo nominale sono tra di loro
separa . Introdurre quest’ipotesi vuol dire che nel breve periodo le variabili reali e le variabili nominali possono
influenzarsi il mercato reale e nominale tendono ad influenzarsi l’un l’altro.
Si parla di tre pi di merca :
- il mercato dei beni e servizi aggregato macroeconomico di tu i beni e tu i servizi;
- il mercato monetario dove si scambia base monetaria al tasso di interesse stabilito dalla banca centrale;
- il mercato valutario (modello Keynesiano di economia porta).

Si ado a un approccio di equilibrio economico generale:


1) Tu e tre i merca devono raggiungere l’equilibrio simultaneamente.
2) Affinché tu e tre i merca siano simultaneamente in equilibrio, le condizioni di equilibrio dei vari merca devono
essere tra di loro compa bili, quindi i merca si influenzano a vicenda.
EQULIBRIO ECONOMICO GENERALE: ECONOMIA CHIUSA
Ci sono due merca : il mercato dei beni e dei servizi
(mercato della moneta).
-sul mercato della moneta si determina la quan tà di
moneta scambiata e il tasso di interesse;
-sul mercato dei beni si determina la produzione di equilibrio
e il livello medio dei prezzi, ovvero l’indice dei prezzi al
consumo.
Gli individui domandano moneta per poter consumare e fare acquis , e il volume complessivo degli acquis che un
sistema economico può fare è il PIL, che si determina nel mercato dei beni ma influenza il mercato della moneta.
Quindi il reddito (mercato dei beni) influenza la domanda di moneta, e i tassi di interesse (mercato della moneta)
influenzano la domanda aggregata (mercato dei beni).

EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE: ECONOMIA APERTA


Si introduce anche il mercato dei cambi. I tassi di interesse
(mercato della moneta) influenzano anche i tassi di cambio.
I tassi di cambio influenzano la domanda aggregata (mercato
dei beni): se il tasso di cambio si apprezza, questo ha effe
sulla compe vità di un paese.
Quindi tu gli equilibri devono essere compa bili.

MERCATO DEI BENI


La condizione di equilibrio è: Y = C + I + G + NX (PIL dal lato della domanda).
Questa relazione è sempre vera, perché è una relazione contabile. Il mercato dei beni è in equilibrio quando la domanda
aggregata è uguale all’offerta aggregata.
Ipotesi keynesiana:
- la domanda determina l’offerta e il prodo o;
- la domanda dipende da forze esogene se cambiano queste forze esogene, cambia la domanda, e se la domanda
cambia, l’offerta si adegua (shock esogeni dal lato della domanda determinano le flu uazioni del ciclo economico);
- l’offerta si adegua passivamente alla domanda questo perché dietro c’è l’ipotesi della stabilità dei prezzi.

DETERMINANTI DELLA DOMANDA


Si supponga G costante, non si prende in considerazione come il governo decide la quan tà di spesa pubblica, ma ci si
concentra su C, I e NX.
1. consumo  esso dipende dalla ricchezza, e la ricchezza è la somma del valore a uale dei reddi di tu a la vita
dell’individuo. Questo è vero solo se l’individuo ha accesso al credito.
Il consumo dipende quindi dal comportamento delle famiglie e dalla ricchezza e dal reddito disponibile al ne o delle
tasse:
𝑪 = 𝑪(𝒀 − 𝑻, 𝜴)  C = C(Y - T barrato, ricchezza)
+ +
Se il reddito disponibile del consumatore è più elevato, il consumatore spenderà di più.
N.B. La ricchezza e le tasse sono esogene, ma il reddito(PIL=Y) no.

2. inves mento  sono gli acquis di beni capitali da parte delle imprese, e dipendono nega vamente dal tasso di
interesse reale. Gli inves men sono anche lega alla q di Tobin (rapporto tra il costo del capitale installato - dato dal
valore delle azioni di quella società - e il costo di sos tuzione di quel capitale), e dipendono da questa posi vamente.
Gli inves men dipendono quindi dal tasso di interesse reale e dalle aspe a ve degli imprenditori, perciò:
𝑰 = 𝑰(𝒓, 𝒒)
– +
N.B. Data l’ipotesi dei prezzi da , il tasso di interesse reale (rilevante per le decisioni di inves mento) ed il tasso di
interesse nominale (costo di detenere moneta) sono iden ci. Questo perché in un mondo dove i prezzi sono da , non
esiste l’inflazione.
3. esportazioni ne e  rappresentano il saldo primario della bilancia dei pagamen , cioè esportazioni -importazioni.
𝑵𝑿 = 𝑬𝑿 − 𝑰𝑴
- Le importazioni sono beni prodo all’estero e consuma in Italia; sono parte della spesa complessiva interna, e quindi
una componente dell’assorbimento (Maggiore è la spesa, maggiore sono le importazioni, in media).
Le importazioni dipendono anche dalla compe vità estera, perché se il tasso di cambio reale (tasso di cambio nominale
più il differenziale dei prezzi interno ed estera) si apprezza, i beni nazionali diventano più cari ed è più conveniente
comprare i beni esteri; se il tasso di cambio reale si deprezza è più conveniente comprare i beni interessi e le importazioni
si riducono. Abbiamo quindi:
𝑰𝑴 = 𝑰𝑴(𝑨, 𝜺)
+ +
- Le esportazioni sono beni prodo in Italia e consuma all’estero; dipendono quindi dall’assorbimento estero (sono
importazioni per il resto del mondo), e dipendono nega vamente dalla compe vità estera. Abbiamo quindi:
𝑬𝑿 = 𝑬𝑿(𝑨∗ , 𝜺)
+ –
Le esportazioni ne e dipendono quindi da tu e quelle variabili che dipendono dalla funzione di importazione e dalla
funzione di esportazione: spesa interna, spesa estera, e tasso di cambio reale.
La spesa nazionale dipende dal reddito, quindi la funzione diventa:
𝑵𝑿 = 𝑵𝑿(𝑨, 𝑨∗ , 𝜺) → 𝑵𝑿(𝒀, 𝒀∗ , 𝜺)
– + – – + –
Le esportazioni ne e dipendono nega vamente dal debito interno, posi vamente dal reddito estero e posi vamente
dal tasso di cambio reale.

EQUILIBRIO NEL MERCATO DEI BENI


Sommando le diverse funzioni di domanda viste precedentemente, si o ene la funzione di domanda desiderata,
che si compone dei consumi delle famiglie, l’inves mento, e il saldo delle par te corren (anche della spesa
pubblica, che però è esogena).
𝒁𝒁 = 𝑪(𝒀 − 𝑻, 𝜴) + 𝑰(𝒓, 𝒒) + 𝑵𝑿(𝒀, 𝒀∗ , 𝜺)
La condizione di equilibrio indica che: Tu e le variabili, a parte il reddito, sono variabili esogene.

Quindi, date le variabili esogene, esiste un valore di Y tale per cui il mercato dei beni è in equilibrio (domanda
desiderata=offerta).
N.B. Si chiama domanda desiderata perché non necessariamente questa domanda è uguale all’offerta.

Come il reddito Y influenza la domanda desiderata ZZ?


Un aumento del reddito determina l’aumento dei consumi (nazionali e esteri). In realtà, l’aumento dei consumi
interni è maggiore dell’aumento delle importazioni.
Prevale quindi l’effe o sul consumo: un aumento del reddito fa aumentare ZZ.
All’aumentare del reddito Y, il consumo aumenta ma in modo meno che proporzionale, perché parte dell’aumento
del reddito viene risparmiato.

Cosa succede quando il reddito è diverso da ZZ?


Ci possono essere due situazioni:
- Y > ZZ, eccesso di offerta le imprese accumulano scorte, non con nuano a produrre beni che non vendono,
quindi riducono la produzione e con esso il reddito aggregato e il volume delle spese desiderate.
- Y < ZZ, eccesso di domanda Le imprese soddisfano la domanda in eccesso usando le scorte accumulate, poi
aumenteranno la produzione.
Riassumendo:
Consideriamo sull’asse ver cale la domanda desiderata e su quella
orizzontale la produzione: variazioni delle variabili esogene, faranno
variare la domanda desiderata (ZZ) e, di conseguenza, il reddito di
equilibrio; in più se il reddito aumenta la domanda tenderà ad
aumentare.
N.B. Se il reddito è nullo, la domanda desiderata non è nulla: ci sono
anche le variabili esogene, che influiscono sulla posizione della re a ZZ.
La bise rice rappresenta l’equilibrio (Y = ZZ) Quando mi muovo lungo
la bise rice, sono in equilibrio.
-Quando si è a sinistra di Y*, la domanda è sempre superiore
all’offerta: siamo in una condizione di eccesso di domanda.
-Quando si è a destra di Y*, la domanda è sempre inferiore all’offerta:
siamo in una condizione di eccesso di offerta.

ESEMPIO Aumenta la spesa pubblica G. Cosa succede a ZZ?


A parità di tu o il resto, lo stato spende di più: la domanda desiderata sarà
più elevata.
C’è uno parallelo della re a ZZ verso l’alto, parallelo perché per ogni livello
di reddito lo stato spende di più.
Si verifica un nuovo equilibrio Y** l’incremento del reddito di equilibrio è
maggiore dell’incremento iniziale della spesa pubblica: se lo stato oggi
spende 100 in più, la produzione o reddito di equilibrio aumenta in modo
superiore a 100.

La domanda desiderata aumenta, ed è quindi maggiore dell’offerta: le imprese inizialmente a ngono alle scorte,
dopodiché aumenteranno la produzione.
La maggior produzione si traduce in un reddito più elevato, quindi il consumo aumenta, e la domanda desiderata
aumenta, le imprese aumentano la produzione, fino a quando non si arriva a Y=ZZ, dove il processo si arresta.
Alla fine:
ΔY* (Y** - Y*) > ΔG.
N.B. ques risulta valgono per qualsiasi variabile esogena: se ricchezza, q di Tobin, aumentano, la re a ZZ si sposta
parallelamente verso l’alto, a parte le imposte, nel cui caso la re a ZZ aumenta se le tasse diminuiscono, e viceversa.

IL MOLTIPLICATORE KEYNESIANO: LA LOGICA


Il processo di aggiustamento del mol plicatore avviene in due step:
1) Il primo cambiamento è generato da una variazione di una delle variabili esogene della domanda (es. spesa pubblica).
2) Tu gli spostamen successivi sono dovu ad una variazione del consumo delle famiglie in relazione all’aumento del
reddito determinato dalla spesa pubblica.
Gli incremen della domanda successivi al primo sono più piccoli per due mo vi:
- solo una frazione dell’incremento del reddito si traduce in un maggiore consumo: gli individui non spendono tu o il
loro reddito, ma ne risparmino una parte;
- parte dell’incremento del reddito si traduce in maggiori importazioni, quella parte dell’incremento del reddito che si
rivolge all’estero non contribuisce ai successivi incremen della produzione.
- Man mano che ci si avvicina al nuovo equilibrio, gli aumen della domanda sono sempre più piccoli: la spesa pubblica
aumenta di un euro, la produzione aumenta di un euro, i reddi aumentano di un euro, quindi anche i consumi -anche
se in misura inferiore-, quindi c’è un incremento della domanda più piccolo rispe o al primo, quindi un incremento della
produzione più piccolo rispe o al primo, quindi un incremento dei consumi ancora più piccolo, e così via più ci si
avvicina all’equilibrio, più l’aumento della domanda diventa infinitesimale.
IL MOLTIPLICATORE KEYNESIANO: L’ALGEBRA
Consideriamo:
- Propensione marginale al consumo: c1 (quota del mio incremento di reddito che io traduco in maggiori consumi).
Esempio: il mio reddito aumenta di un euro, spendo 80 centesimi e ven li me o nel salvadanaio.
c1: 0 < c1 < 1
N.B. = c1 non è mai uguale a 0 perché vorrebbe dire che ho risparmiato tu o l’incremento del reddito, e non è mai
uguale a 1 perché vorrebbe dire che ho consumato tu o l’incremento del reddito.

- Propensione marginale ad importare: z1 (quota del mio incremento di reddito che io traduco in maggiori importazioni).
z1: 0 < z1 < 1
N.B. = z1 potrebbe essere uguale a zero se io consumo solo prodo italiani o uguali a uno se sono un esterofilo e
consumo solo prodo esteri
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Primo passaggio dice che se la spesa pubblica aumenta di un euro, la produzione aumenta di un euro, quindi anche i
reddi aumentano di euro e la domanda aumenta di meno di un euro la variazione della produzione è esa amente
uguale alla spesa pubblica
ΔY = ΔG
Secondo passaggio dice che l’aumento del reddito di un euro -che equivale all’aumento della spesa pubblica- si
traduce in un minore aumento della produzione perché la domanda aumenta meno:
ΔY = c1 (z-z1) ΔG.
Il risultato finale è:
ΔY = 1 / 1- c1 (1-z1) ΔG  mol plicatore keynesiano.
Questa relazione dice che se la spesa aumenta, il reddito di equilibrio e la produzione di equilibrio aumentano in misura
superiore, e questo aumento è mediato dal mol plicatore: più spesa, più reddito di equilibrio (un aumento esogeno
della domanda genera reddito addizionale che a sua volta fa aumentare nuovamente la domanda). Quindi l’effe o
complessivo sulla produzione di equilibrio è superiore all’impa o iniziale, perché il mol plicatore è maggiore dell’unità.

DAL MERCATO DEI BENI ALLA CURVA IS


Consideriamo i seguen grafici:

La curva ZZ del primo grafico è costruita per un dato tasso di interesse, perché il tasso di interesse era inserito tra le
variabili esogene della relazione vista in precedenza. Bisogna quindi renderlo endogeno.
Bisogna rappresentare l’equilibrio trovato, non più in termini di produzione e domanda aggregata desiderata, ma in
termini di produzione di equilibrio e tasso di interesse.

Costruiamo il secondo grafico, dove sull’asse ver cale c’è il tasso di interesse, sull’asse orizzontale c’è il prodo o, quindi
si rende esplicito il tasso di interesse, che nel grafico precedente era implicito.

L’equilibrio A del primo grafico è cara erizzato da un certo livello della produzione, che genera un uguale livello della
domanda aggregata. Quindi, riporto quel livello della produzione o reddito nell’altro grafico.
Il punto A può quindi essere rappresentato in modo diverso sul secondo grafico (la domanda aggregata desiderata è
uguale alla produzione, il mercato dei beni è in equilibrio per questo livello della produzione aggregata o del reddito).
Questo equilibrio è compa bile con un certo tasso di interesse riportato nel secondo grafico.
Ipo zziamo una riduzione del tasso di interesse da
i a i’ (i<i’): quando il tasso di interesse si riduce, le
imprese e le famiglie investono (i pres costano
meno), quindi un tasso di interesse più basso
s mola gli inves men ; i prezzi delle a vità
finanziarie salgono e quindi la q di Tobin aumenta
(il costo del capitale installato tende ad
aumentare), quindi il mercato risponde bene agli
eventuali inves men , dà valore all’azienda che già
esiste quindi gli imprenditori sono più dispos a
me erci dentro capitali.
Graficamente, se nel secondo grafico semplicemente si abbassa il tasso di interesse, nel primo grafico invece avviene un
aumento della domanda aggregata desiderata, perché è più facile prendere a pres to e quindi le imprese sono più
disposte ad inves re e i priva sono più dispos ad an cipare i consumi.
Il punto A non è più un punto di equilibrio: il nuovo punto di equilibrio B si trova
più in alto del punto A, sempre sulla bise rice. In B c’è un livello della produzione
più elevato Y’, quindi un livello della domanda aggregata più elevato, e un tasso di
interesse più basso.
Trasportando B nel secondo grafico, il tasso di interesse è più basso e il nuovo livello
di produzione Y’ è più elevato di Y.
La re a passante per i pun A e B si chiama curva IS (investment and saving), e
ricorda la relazione tra inves men e risparmio.
La curva IS è il luogo di tu e le combinazioni (tasso di interesse, produzione) che
mi garan scono l’equilibrio sul mercato dei beni: tu i pun sulla IS sono pun di
equilibrio sul mercato dei beni.

Supponiamo che dal punto B mi sposto sul punto C: il reddito resta invariato, cambia
il tasso di interesse (aumenta). In C il mercato dei beni non è in equilibrio: l’offerta è
maggiore della domanda, quindi il punto C è un punto di eccesso dell’offerta.

Tu i pun alla destra della curva IS segnalano che c'è un eccesso di offerta, tu i
pun alla destra della curva IS segnalano invece che c’è un eccesso di domanda.

CARATTERISTICHE DELLA CURVA IS


- La IS è inclinata nega vamente perché un aumento del tasso di interesse (costo opportunità del capitale) riduce gli
inves men , la domanda aggregata desiderata scende e quindi la produzione scende: sul mercato dei beni, tasso di
interesse e produzione sono lega da una relazione inversa.
𝒊 ↑→ 𝑰 ↓→ 𝒁𝒁 ↓→ 𝒀 ↓

- La posizione della IS nel piano dipende dalle variabili esogene: se queste non cambiano, resto sulla curva IS, se invece
cambiano, anche la posizione della curva IS deve necessariamente cambiare.
Ogni cambiamento che aumenta la domanda fa spostare la IS verso destra; mentre qualsiasi variazione delle variabili
esogene che comporta una riduzione della domanda fa spostare la IS verso sinistra.

Un incremento esogeno della


domanda aggregata (quale un
aumento di G) provoca un
aumento del prodo o a parità di
tasso di interesse.

Un simile spostamento da A a B si
verificherebbe per tu gli altri
valori del tasso di interesse.
SPOSTAMENTI DELLA CURVA IS
-POLITICA FISCALE Variazioni della spesa pubblica alterano la domanda aggregata desiderata, mentre variazioni delle
imposte ne e alterano il reddito disponibile delle famiglie e delle imprese, e se il reddito è più basso anche i consumi
sono più bassi, la domanda aggregata desiderata si riduce e quindi anche il livello di produzione si riduce.
𝑻 ↑→ (𝒀 − 𝑻) ↓→ 𝑪 ↓→ 𝒁𝒁 ↓→ 𝒀 ↓  Se la ZZ si sposta verso il basso, la curva IS si sposta a sinistra.
-RICCHEZZA influenza il consumo delle famiglie, quindi un aumento della ricchezza porta ad un aumento dei consumi,
la IS si sposta verso destra. Se la ricchezza degli individui si riduce, i consumi delle famiglie si riducono, la ZZ va verso il
basso e la IS va verso sinistra.
-ASPETTATIVE DEGLI IMPRENDITORI influenzano la domanda di inves men a raverso la q di Tobin.
Un aumento della q di Tobin sposta la ZZ verso l’alto e la IS verso destra, mentre una riduzione della q di Tobin (gli
imprenditori si aspe ano che domani l’a vità economica sarà più bassa), provoca un calo degli inves men , la ZZ verso
il basso e la curva IS verso sinistra.
-SHOCK ESTERI se il reddito all’estero aumenta, i consumi degli stranieri saranno più eleva : incrementa il saldo delle
par te corren , la ZZ si sposta verso l’alto e la IS va verso destra.
Un aumento del tasso di cambio reale invece riduce il saldo delle par te corren e sposta la IS verso sinistra.

MERCATO DELLA MONETA


Il mercato della moneta è controllato dalla banca centrale, che guida il tasso di interesse sul mercato interbancario.
La banca centrale persegue due obie vi importan :
- stabilità nel livello dei prezzi;
- controllo del livello della produzione e dell’occupazione.
CONDOTTA DELLE BANCHE E REGOLA DI TAYLOR
Il comportamento della banca centrale può essere riassunto nella regola di Taylor, che dice che il tasso di interesse del
mercato interbancario dipende da i n (tasso di interesse target).
𝒀 − 𝒀𝒏
𝒊 = 𝒊𝒏 + 𝜶(𝝅 − 𝝅) + 𝜷
𝒀𝒏
La regola di Taylor dice inoltre che quando l’inflazione effe va è superiore all’obie vo e quando il PIL effe vo è
superiore al suo trend di lungo periodo, la banca centrale aumenta il tasso di interesse; quando invece l’inflazione
effe va è al di so o del suo livello obie vo e la produzione è al di so o del suo livello potenziale, la banca centrale
riduce il tasso di interesse.

Siccome una delle ipotesi del modello che s amo analizzando è che nel breve periodo i prezzi siano da , è chiaro che la
regola di comportamento della banca centrale diventa più semplice, perché ci possiamo dimen care del termine rela vo
al controllo della stabilità dei prezzi. La regola di comportamento della banca cen trale diventa la seguente:
𝒊 = 𝒊𝒏 + 𝜷(𝒀 − 𝒀𝒏 )
Le implicazioni di questa regola di Taylor semplificata sono:
- la banca centrale aumenta il tasso di interesse quando la produzione o reddito effe vo(Y) è superiore al suo livello
potenziale(Y^n) aumenta il tasso di interesse;
- la banca centrale riduce il tasso di interesse quando la produzione o reddito effe vo(Y) è inferiore al suo livello
potenziale(Y^n) si riduce il tasso di interesse.

REGOLA DI TAYLOR E CURVA TR


La regola di Taylor fornisce quindi combinazioni tra tasso di interesse i e
prodo o Y che cara erizzano la condo a della banca centrale. Queste
combinazioni tasso di interesse/produzione effe va che ci dicono come si
comporta la banca centrale, possono essere rappresentate graficamente in
una curva chiamata TR.
CARATTERISTICHE CURVA TR
-Ha un’inclinazione posi va: se la produzione aumenta al di sopra del suo
livello potenziale, questo implica un aumento del tasso di interesse.
-Poiché la curva TR rappresenta la regola di condo a della banca centrale,
l’economia si troverà sempre lungo la re a TR, altrimen dovremmo dire che
la banca centrale non sta seguendo la regola di condo a che si è data.
L’economia non può quindi mai trovarsi al di fuori della curva TR.
- La pendenza della curva TR rifle e la rea vità della banca centrale agli scostamen dell’ output dal suo livello
potenziale, quindi è data dal parametro beta che compare nella regola di Taylor.
La curva TR è in relazione con l’equilibrio sul mercato della moneta?
La curva f1(i)Y rappresenta la domanda derivata di moneta, che dipende dal reddito reale e dal parametro f1(i), che
rappresenta la frazione di moneta che viene domandata dai priva .
La domanda di moneta è inclinata nega vamente, quindi all’aumentare del tasso di interesse, si riduce la quan tà di
moneta. La banca centrale fissa il tasso di interesse e fornisce tu a la quan tà di circolante domandato per quel tasso
di interesse.
Questo ci porta a dire che se la produzione aumenta, aumenterà la domanda di moneta, la regola di Taylor ci dice che
se la produzione aumenta al di sopra del livello del suo pieno impiego la banca centrale reagisce aumentando il tasso di
interesse, quindi per questo nuovo tasso di interesse la banca centrale fornirà tu a la valuta domandata dal mercato per
quel tasso di interesse.
La curva TR rifle e quindi la curva di offerta di moneta, e i due pun sulla curva TR che descrivono il comportamento
della banca centrale, sono rappresenta vi degli altri due pun di equilibrio sul mercato della moneta.
I due pun corrispondono a due diversi equilibri, perché abbiamo una diversa combinazione di tasso di interesse e
reddito, che garan scono l’equilibrio sul mercato della moneta.
Questo ci porta a dire che la curva TR è una buona approssimazione della curva di offerta della moneta: il
comportamento della banca centrale determina l’offerta di moneta.

DIVERSE PENDENZE DELLA CURVA TR


CASO 1) la produzione aumenta (a Y barrato a Y’), e la banca
centrale decide di non variare il tasso di interesse, vuol dire che
sul mercato della moneta, la banca centrale fornirà tu a la
liquidità necessaria a quel tasso di interesse. In questo caso la
banca centrale decide di non reagire a scostamen del PIL (Beta
della regola di Taylor è uguale a 0).
La TR è quindi orizzontale un aumento della produzione non è
associato ad un aumento del tasso di interesse. Sul mercato
della moneta la curva di offerta della moneta è pia a.

CASO 2) aumenta la produzione al di sopra del suo livello


potenziale, la banca centrale reagisce aumentando il tasso di
interesse.
La TR è inclinata posi vamente è ha pendenza >0  Questo
significa, sul mercato della moneta, che la curva di offerta di
moneta ha un’inclinazione posi va.

CASO 3) La banca centrale è estremamente sensibile all’output


gap: all’aumentare del reddito, aumenta di molto il tasso di
interesse.
L’offerta di moneta tende ad essere molto ripida se non ver cale.
Riassumendo …
Quindi ad una stessa variazione del reddito, possono corrispondere tre diversi tassi di interesse (i pun D, C e B).
D: Tasso di interesse rimane invariato, curva di offerta della moneta pia a.
C: tasso di interesse è aumentato di poco, curva di offerta della moneta posi va.
B: tasso di interesse è aumentato di molto, curva di offerta della moneta quasi ver cale.

SPOSTAMENTI CURVA TR
La regola generale è che mi muovo lungo la curva se a variare sono le variabili
endogene (in questo caso, tasso di interesse effe vo e produzione), la curva
si sposta se a variare sono le variabili esogene.
-Se la banca centrale ri ene che il tasso di interesse sia troppo elevato e lo
vuole abbassare, quindi cambia il tasso di interesse obie vo i n , la TR si
sposta verso il basso la banca centrale sta a uando una poli ca monetaria
restri va.
-Se la banca centrale decide di aumentare il tasso di interesse obie vo, la TR
tende a spostarsi verso l’alto e a sinistra la banca centrale sta a uando una
poli ca monetaria espansiva.
Con questo approccio, la banca centrale aggiusta endogenamente l’offerta di moneta per raggiungere il suo tasso di
interesse desiderato. Questo non è però l’unico approccio possibile: in alterna va la banca centrale può fissare
esogenamente l’offerta di moneta e lasciare che il tasso di interesse sia aggiustato endogenamente.

EQUILIBRIO MACROECONOMICO: IL MODELLO IS-TR


Ci sono due merca : il mercato dei beni e il mercato della moneta.
-L’equilibrio sul mercato dei beni è rappresentato dalla curva IS
(gialla), ovvero tu e quelle combinazioni tasso di
interesse/produzione che garan scono l’equilibrio sul mercato dei
beni.
-L'equilibrio sul mercato della moneta è rappresentato dalla curva
TR, ovvero tu e quelle combinazioni tasso di interesse/produzione
che garan scono l’equilibrio sul mercato della moneta.
I due principi che muovono l’approccio di equilibrio economico
generale sono:
- i due merca devono essere in equilibrio simultaneamente;
-le condizioni di equilibrio di un mercato devono essere compa bili
con quelle dell’altro.
Osservando il grafico, c’è un unico punto dove i due merca sono simultaneamente in equilibrio, ovvero il punto A.
Inoltre, l’economia non può stare fuori dalla TR, perché la banca centrale si comporta secondo la regola che si è data: i
pun al di fuori della IS sono pun di disequilibrio del mercato dei beni.
Questo equilibrio è influenzato da qualsiasi variazione della posizione della curva IS o della curva TR: non posso mai stare
fuori dalla TR, ma posso stare per un po’ fuori dalla IS (poi si torna in equilibrio sul mercato dei beni).
L’equilibrio economico generale è dato da IS=TR, finché non succede nulla. Ma i sistemi economici sono sogge a diversi
shock (perturbazioni dell’equilibrio).
SHOCK MACROECONOMICI
Gli shock sono perturbazioni posi ve o nega ve dell’equilibrio dei sistemi economici, che possono colpire:
- il mercato dei beni e dei servizi colpiscono la curva IS, si tra a di shock reali;
- il mercato della moneta colpiscono la curva TR, si tra a di shock nominali.

SHOCK REALI
1. Shock posi vo che colpisce il mercato dei beni.
CAUSE variazioni della ricchezza, della spesa pubblica, variazioni
delle imposte, variazioni della q di Tobin, tasso di cambio reale,
reddito estero.
Quando una di queste variabili cambia, questo va ad influenzare la
posizione della ZZ nel mercato dei beni e quindi la posizione della
IS Quando la variazione è posi va, ovvero la domanda aumenta,
la curva IS si sposta verso l’esterno: il punto A si trova so o la curva
IS nuova quindi c’è un eccesso di domanda che deve essere
riassorbito.
Il sistema aumenta la domanda aggregata, quindi anche la
produzione, e la banca centrale reagisce facendo aumentare il
tasso di interesse Il sistema economico si sposta -muovendosi
lungo la TR- dal punto A al punto B.

2. Shock nega vo che colpisce il mercato dei beni


La ZZ diminuisce, e questo sposta verso il basso la curva IS. In A c’è un eccesso di offerta, le imprese riducono la
produzione, quindi la banca centrale reagisce riducendo il tasso di interesse Il sistema economico torna in equilibrio
nel punto C.

SHOCK NOMINALI (MONETARI)


Vanno a influenzare la TR: solo una variabile può far cambiare la TR, e si
tra a del tasso di interesse obie vo della banca centrale.
Quando la banca centrale cambia il tasso di interesse obie vo, la curva
TR cambia la propria posizione nel piano, e questo ha un impa o sul
sistema economico generale.
- Se la TR si sposta verso il basso(destra) il tasso di interesse obie vo
scende, si passa a TR’, aumenta la ricchezza, aumenta il consumo,
aumenta la domanda, aumenta la produzione, si arriva al nuovo punto di
equilibrio D.
- Se la TR si sposta verso l'alto(sinistra) il tasso di interesse obie vo
aumenta, la TR si sposta verso l’alto, il livello della produzione
diminuisce.
MACROECONOMIA - CAP 12
La curva IS ene conto del saldo delle par te corrente, ma non del commercio internazionale di a vità finanziarie.
Il saldo delle par te corren è correlato ai saldi dei movimen finanziari.
Se un paese è in disavanzo (ovvero NX<0) questo deve essere debitore ne o nei confron dei paesi esteri.
Se un paese esporta più di ciò che importa (ovvero NX>0) ciò segnala che il paese è un risparmiatore ne o ovvero ha
capitali da prestare al resto del mondo.

Nel commercio di a vità finanziarie dipende da differenze internazionali nel rendimento di a vità comparabili.
A vità comparabili fra di loro devono avere lo stesso prezzo, altrimen non sopravviverebbero, e questo vale anche a
livello internazionale se i rendimen sono diversi emergono profi sennò non avremmo mo vo per acquistare a vità
in diversa valuta.
Esistono tre tassi di cambio differen :
- fissi (la BC si impegna a mantenere fisso un certo valore del tasso di cambio nominale);
- flessibili (il tasso di cambio è determinato dalle libere forze del mercato);
- regimi intermedi.
Il contento macroeconomico globale analizzato si basa sulle ipotesi secondo cui:
1) Esiste perfe a mobilità dei capitali se togliamo questa ipotesi ricadiamo nel modello precedente.
2) Ci s amo occupando di economie aperte, ovvero integrate a livello mondiale (l’integrazione può avvenire).
3) Ci s amo occupando di economie piccole, siamo condiziona da ciò che succede dal resto del mondo ma non lo
possiamo modificare. Gli shock ai quali si può essere sogge sono anche quelli che accadono nel resto del mondo (la
crisi finanziaria degli Sta Uni ha ad esempio provocato degli effe anche sul resto del mondo).

EQUILIBRIO SUL MERCATO FINANZIARIO INTERNAZIONALE


Vale la condizione di assenza di profi o ed arbitraggio le informazioni circolano così velocemente che la possibilità
di profi o non permane a lungo.
Quindi, i prezzi delle azioni sono bassi e tu le comprano, ma in questo modo il prezzo sale;
i *  è il rendimento delle a vità estere e non il tasso di interesse, se io voglio
inves re in un’a vità estera non devo osservare solo tasso di interesse ma devo
anche tenere conto dell’andamento del tasso di cambio.
Sui merca internazionali vale la parità dei tassi di interesse ( i = i*) del
rendimento delle a vità finanziarie in euro, e deve essere uguale al rendimento
delle a vità finanziarie in dollari al ne o del tasso di cambio oppure espressi
nella stessa unità valutaria In presenza di merca finanziari perfe amente
integra , il rendimento di a vità simili non può sistema camente divergere a
livello internazionale.

N.B. Quando il tasso d’interesse nazionale (i) e il tasso di rendimento estero (i*) non coincidono, i capitali affluiscono nel
paese con i tassi maggiori, facendoli convergere verso uno stesso tasso i*.

REGIMI DI TASSI DI CAMBIO


L’aggiustamento è condizionato dai regimi di tassi di cambio prevalen .
1) fisso la banca centrale man ene il valore del tasso di cambio alla parità che ha annunciato pubblicamente.
Stabilisce il valore della moneta nazionale rispe o ad una moneta estera: ad esempio, il tasso di cambio della moneta
bulgara rispe o all’euro è fisso. La banca centrale interviene per mantenere questo livello prefissato e noto a tu : un
tasso di cambio fisso aiuta a mantenere costante l'inflazione.
2) flessibile il tasso di cambio nominale è libero di flu uare in base alle condizioni della domanda e dell’offerta.
La Banca centrale non deve impiegare le proprie riserve per difendere il tasso di cambio
La FED e la BCE lasciano che il valore sia stabilito da domanda ed offerta senza che loro intervengano.
3) misto Regimi a flu uazione «amministrata».
Le banche centrali pur non impegnandosi pubblicamente nella difesa del tasso di cambio, intervengono sui merca
finanziari per prevenire flu uazioni di ampie dimensioni.
EQUILIBRIO MACROECONOMICO GENERALE
Adesso abbiamo tre merca (beni e servizi, moneta e a vità finanziarie) che devono essere in equilibrio
simultaneamente con delle condizioni di equilibrio compa bili con quelle degli altri.
A seconda del regime di cambio ado ato cambia il modo per ada arsi agli shock che subiscono: il regime di tassi di
cambio fissi TR è irrilevante, il regime di tassi di cambio flessibili IS diventa irrilevante.
Una volta che è stato stabilito il regime dei tassi di cambio e mercato rilevante, bisogna capire quale mercato è
influenzato dallo shock e dopodiché si possono analizzare le cara eris che dell’equilibrio.

EQUILIBRIO IN REGIME DI TASSI DI CAMBIO FISSI


Per mantenere la parità annunciata, la BC usa le proprie a vità/passività finanziarie
- Se il valore del tasso di cambio sale sopra la parità annunciata (apprezzamento) la BC vende valuta nazionale,
aumentando l’offerta di moneta
- Se il valore del tasso di cambio scende so o la parità annunciata (deprezzamento) la BC compra valuta nazionale,
riducendo l’offerta di moneta
Conseguenze:
- In economia aperta, con perfe a mobilità dei capitali e cambi fissi, la BC non può scegliere simultaneamente il tasso di
interesse ed il tasso di cambio
- Il tasso di interesse dipende dalla parità dei tassi di interesse (i=i*); la regola di Taylor diventa inu le;
- La banca centrale quindi non controlla più la moneta in circolazione, perché è assogge ata a mantenere la parità del
tasso di cambio, quindi la curva TR diventa irrilevante.
-Il tasso di interesse interno è vincolato a quello esterno, quindi la banca centrale non sceglie tasso di interesse e non
controlla la moneta. La poli ca è assogge ata al mantenimento della parità del tasso di cambio.

La Banca centrale fronteggia due vincoli: la domanda di moneta ed il


rendimento estero.
La BC può scegliere «solo» un punto sulla curva di domanda:
- il punto di equilibrio in B non sarebbe sostenibile perché il tasso di cambio
si deprezza e scenderebbe so o la parità, ma la banca centrale non può
perme erselo, e quindi acquista la valuta nazionale per farla indebolire, per
fare acquistare valore.
- La Banca centrale ri rando valuta dal mercato si sposta dal punto B verso
il punto A, unico punto compa bile con i due vincoli Se il tasso di cambio
si deprezza, riduce la quan tà di moneta e dà valore alla moneta, riportando
il tasso di cambio verso la parità annunciata.

CONCLUSIONE… La poli ca monetaria è endogena:


- non può scegliere il tasso di interesse perché deve assumere quello mondiale, quello estero, esiste un solo tasso di
interesse che è uguale a quello estero per cui i tre merca sono in equilibrio fra di loro;
- non può scegliere diverse quan tà di moneta perché queste situazioni non sarebbero sostenibili;

Shock della domanda posi vo: cambi fissi e perfe a mobilità di capitali Il tasso di interesse resta al livello precedente
e la produzione aumenta.
Shock della domanda posi vo: cambi fissi e assenza di mobilità di capitali L’equilibrio sul mercato dei beni si
determina per il livello della produzione. Più è elevato, più la curva TR aumenta, e la banca centrale reagisce aumentando
il tasso di interesse (in presenza di mobilità equilibrio sarebbe C e in assenza invece B).
Un aumento del tasso di interesse:
- ha effe o sul mercato dei beni, perché se aumenta
influenzerà le variabili del consumo e degli inves men .
- aumenta il costo opportunità del denaro, quindi le
imprese sono meno incen vate a prendere a pres to.
- riduce i consumi perché se il tasso di interesse aumenta,
il prezzo delle azioni scende, la ricchezza degli individui si
riduce e i consumi si riducono.
La variazione della spesa pubblica IS ha un impa o
maggiore in un’economia con perfe a mobilità dei capitali
e cambi fissi ed aperta.
In presenza di perfe a mobilità dei capitali, il tasso di interesse è ancorato a quello estero quindi la poli ca fiscale ha la
sua massima efficacia. Il mercato della moneta è irrilevante perché il tasso di interesse è già dato.

Shock finanziario internazionale: tassi di cambio fissi Il tasso di interesse


mondiale è una variabile esogena che diventa più elevata.
La re a IFM si sposta verso l'alto, verso il nuovo livello del tasso di interesse
mondiale. L'onere dell’aggiustamento essendo un'economia piccola ricade
su tasso di interesse interno. Tu vendono valuta nazionale per estera.
C’è deprezzamento della valuta, quindi la banca centrale ri ra moneta in
cambio di valuta estera e ciò comporta uno spostamento dell’equilibrio
generale nel punto B.
C’è poli ca restri va, ovvero riduzione del reddito e della posizione di
equilibrio: una poli ca restri va all’estero è seguita da una poli ca
altre anto restri va anche all’interno, quindi siamo in una situazione di
interdipendenza monetaria fra i paesi che s amo considerando.

MODIFICHE DELL PARITA’ DI CAMBIO


Gli effe della poli ca sarebbero annulla dalla parità dei cambi a cui è vincolata la banca centrale. Essa stabilisce il
valore al quale scambiare la valuta nazionale con quella estera, e può decidere nella sua autonomia di variare la sua
parità, e se ciò accade si dice che ci sono dei riallineamen del tasso di cambio e si chiamano rivalutazioni svalutazioni:
è la banca centrale che cambia la parità del tasso di cambio (stessa cosa del deprezzamento e apprezzamento ma si
chiamano in modo diverso per dis nguerli).
- Rivalutazione aumento del valore nominale, con la stessa unità monetaria di valuta nazionale si comprano più unità
di valuta straniera.
- Svalutazione diminuzione del valore nominale, con la stessa unità monetaria di valuta nazionale si comprano meno
unità di valuta straniera. Per modificare la parità la banca centrale deve solo annunciarlo.

Dato P e P*, se E viene cambiata, vi sarà una variazione del tasso di cambio nominale, che si traduce nella variazione del
tasso di cambio reale.
𝑃
𝜀=𝐸
𝑃∗
REALE indica la compe vità del paese e dei suoi beni e ha un impa o sul saldo delle par te corren :
- se si apprezza, il paese perde compe vità, meno esportazioni e più importazioni;
- viceversa se invece si deprezza, il paese acquista più compe vità questa è l’influenza fra variabili reali e monetarie
perché non si ha più dicotomia fra se ore reale e monetario.
SVALUTAZIONE
La curva TR è irrilevante perché la banca centrale non la osserva, perché è
endogena alla poli ca fiscale.
La banca centrale annuncia una diversa parità, riduzione del tasso di cambio
nominale.
Una svalutazione aumenta la domanda di beni nazionali: la IS trasla a destra; il
prodo o aumenta da Y a Y’ un paese migliora la propria compe vità, i prezzi
dei beni interni sono più convenien , c’è una riduzione delle importazioni e un
aumento delle esportazioni.

Punto C: mantenendo costante l’offerta di moneta, il tasso di interesse


L’aumento del prodo o determina aumenta (i > i*) determinando l’afflusso di capitali.
l’aumento della domanda di moneta: La banca centrale deve intervenire aumentando l’offerta di moneta per
la curva D trasla a destra l’offerta prevenire l’apprezzamento del cambio.
di moneta deve aumentare CONCLUSIONE: in regime di cambi fissi la poli ca monetaria può
essere a uata a raverso riallineamen delle parità.

EQUILIBRIO IN REGIME DI TASSI DI CAMBIO FLESSIBILI


Diventa di nuovo rilevante la curva TR, la banca centrale cambia il tasso di interesse se il tasso di inflazione effe vo è diverso
dal tasso di inflazione (ce ne dimen chiamo perché i prezzi non cambiano) obie vo, e se il tasso di interesse effe vo è diverso
da quello obie vo.
Il regime di tasso di cambio flessibile è ado ato da mol paesi, tra i quali gli USA e l’area euro.

La BCE si as ene da qualsiasi intervento sul mercato dei cambi. Conseguenze:


- la BCE riacquista autonomia nella ges one della poli ca monetaria, e la regola di Taylor riacquista validità.
- Il valore del tasso di cambio è determinato dalle forze di mercato.
- Data l’ipotesi di prezzi costan , la compe vità esterna e la posizione della curva IS divengono endogene la variazione della
curva IS è endogena perché è quella che si aggiusta per garan re equilibrio macroeconomico generale.

EFFETTI DI UNA POLITICA MONETARIA ESPANSIVA


Visto che si tra a di una poli ca monetaria, questo tocca la curva TR: la banca centrale aumenta il tasso di interesse
Se la poli ca monetaria è espansiva allora si ha che la TR si sposta verso destra. Il tasso di interesse però non rispe a la parità. Se
tu vendono, il valore della moneta si riduce e il prezzo dei beni scende (tu vendono quindi nessuno la vuole quindi vale poco), il
tasso di cambio nominale si deprezza e, dato che prezzi sono invaria , ciò ha impa o sul tasso di cambio reale e sulla compe vità.
Se è così allora il resto del mondo e noi stessi vogliamo consumare di più i nostri beni.
Quindi le esportazioni aumentano, la domanda aggregata è più elevata, e quindi la IS si sposta fino a quando non viene ristabilita la
parità del tasso di interesse. Il risultato è un aumento della produzione, ma a parità di tasso di interesse.
Effe o sul mercato della moneta: la banca centrale offre moneta richiesta per il tasso di interesse mondiale.
SHOCK REALI IN REGIME DI CAMBIO FLESSIBLI
La variazione delle variabili esogene che stanno dietro alla curva IS ed
influenzano la domanda aggregata IS, che si sposta verso l'alto (poli ca
fiscale, reddito estero, q di Tobin per inves men ).
Poli ca fiscale espansiva = aumento della spesa pubblica o riduzione delle
imposte, quindi aumento della domanda aggregata, se riduce le imposte,
aumenta reddito disponibile, quindi aumenta consumo.
Così si sposta IS verso l'alto, aumenta tasso di interesse, porta ad
apprezzamento del tasso di cambio, perdita di compe vità, maggiori
importazioni, NX peggiora, quindi IS torna indietro.
Quindi un apprezzamento del tasso di cambio ha influenzato l’andamento
ed ha annullato lo spostamento iniziale, e questo ha un impa o sulla
poli ca fiscale che è solo temporaneo anche in breve periodo.

SHOCK FINANZIARIO INTERNAZIONALE


Uno shock finanziario internazionale implica un mutamento della variabile
esogena so ostante all’equilibrio dei merca finanziari.
Se il resto del mondo aumenta il tasso di interesse, la curva IFM si sposta
parallelamente verso l'alto, arrivando al nuovo livello del tasso di interesse
mondiale.
L’equilibrio sul mercato della moneta e l’equilibrio sul mercato dei beni sono
incompa bili con quello dei flussi internazionali quindi c’è deflusso di
capitali, conviene inves re in a vità denominate in valuta estera perché
hanno rendimento maggiore.
Quindi si vende valuta nazionale, si compra valuta estera, deflusso di capitali, deprezzamento del tasso di cambio, ma i
beni sono più convenien , quindi aumento di NX perchè esporto di più e importo meno, domanda aumenta e IS si sposta
verso destra, quindi sistema torna in equilibrio nel punto C.

Riassumendo:
CAP 13- PRODUZIONE, OCCUPAZIONE E INFLAZIONE
Nel breve periodo valeva la prospettiva keynesiana, dove:
- i prezzi sono costanti o vischiosi, ovvero si muovono molto lentamente.
- la produzione si adegua agli shock dal lato della domanda.
- gli shock hanno una breve durata perché si torna sempre in equilibrio.
- la produzione è endogena e l’output di equilibrio si determina sul mercato dei beni tramite l’offerta e la domanda se
c’è maggiore domanda prima si usano le scorte poi si aumenta la produzione.

Nel lungo periodo invece, ci si concentra sulla domanda e sull’offerta di lavoro, e nonostante si sia in equilibrio c’è
sempre la disoccupazione, che può essere
- volontaria se il salario è a livello di equilibrio;
- involontaria se vi sono norme che impediscono al salario, che è superiore al valore di equilibrio, di aggiustarsi.
Nel lungo periodo vale principio di neutralità: l’offerta è una frazione del reddito reale perché essa serve per effettuare
le transazioni.

DAL BREVE AL LUNGO PERIODO


Abbiamo due visioni estreme e ci manca capire cosa succede in mezzo, come si passa da un periodo in cui prezzi sono
costanti e i prezzi di mercato variabili o viceversa.

Se Y cresce secondo il suo trend, un aumento dell’offerta di moneta può


essere compensato solo da un aumento dei prezzi.
Nel breve periodo i prezzi sono vischiosi, quindi il prodotto si adegua alla
domanda.
Nel lungo periodo, però, il reddito cresce oltre il livello iniziale, quindi per
fare sì che l’equazione sia verificata, i prezzi devono aumentare.
Quindi si deve capire quando, come e chi stabilisce il livello dei prezzi,
ovvero come i prezzi cambiano.

DAL BREVE AL LUNGO PERIODO


L’EQUAZIONE MANCANTE: LA CURVA DI PHILIPS
Se abbiamo detto che nel breve periodo i prezzi sono costanti, nel lungo periodo ci siamo basati sull’ipotesi di base che i prezzi
fossero flessibili (i salari flessibili garantiscono equilibrio sul mercato del lavoro).
Per capire perché i prezzi non sono più costanti e cambiano nel corso del tempo si considera il livello dei prezzi secondo la prospettiva
keynesiana.
Grazie all’osservazione empirica da lui attuata, Philips ha osservato che nella realtà disoccupazione e inflazione dei prezzi o dei salari
tendono a muoversi secondo una relazione empirica inversa Inflazione e disoccupazione (da salari e da prezzi) sono due mali
macroeconomici.
Chi riteneva che l'inflazione fosse il male peggiore, sapeva che per tenerla bassa bisognava
accettare maggiore disoccupazione, quindi data la curva di Phillips, ci si posiziona nella
parte bassa (punto B).
Chi credeva che la disoccupazione fosse il male minore, quindi voleva tenerla bassa, in
cambio doveva accettare maggiore inflazione e collocarsi sulla parte alta della curva di
Phillips (punto A).
Questo trade-off esiste ma non funziona sempre la curva di Philips non è stabile nel
tempo, quindi potrebbe esserci o meno perché è un'osservazione empirica.

APPROFONDIMENTO Andamento dell'inflazione e della disoccupazione in Italia dal 1980 al 2028:


Dai punti risulta una relazione inversa tra disoccupazione e inflazione.
Non è una relazione molto forte perché la retta è negativa.
I puntini sopra sono lontani da questa relazione. Quindi la relazione di Phillips è instabile – secondo il grafico.
I puntini blu sono gli anni '80: la relazione è più forte, i vari pallini sono più vicini alla retta di interpolazione.
La parte arancione rappresenta gli anni ‘90, gli anni 2000 sono invece rappresentati dalla retta grigia, addirittura
scompare la relazione e diventa quasi positiva.

LEGGE DI OKUN
Esiste una relazione inversa tra disoccupazione «ciclica» e output gap
(differenza tra PIL corrente e trend di lungo periodo)
Quando l’economia cresce ed il livello del prodotto eccede il suo trend,
l’occupazione cresce (aumenta la domanda di lavoro) e la disoccupazione
scende al di sotto del suo livello di equilibrio
Quando l’economia va in recessione (deviazione negativa del PIL corrente
dal suo trend di lungo periodo), la domanda di lavoro si riduce e la
disoccupazione aumenta.
Vale la relazione:
𝒖𝒈𝒂𝒑 = −𝒉𝒀𝒈𝒂𝒑  (𝒖 − 𝒖𝒏 ) = −𝒉(𝒀 − 𝒀𝒏 )
CURVA DI OFFERTA AGGREGATA
C’è una relazione positiva fra l’output gap e l’inflazione, e questa è la curva di
offerta aggregata: l’inflazione tende ad essere più elevata nelle fasi espansive
del ciclo, e poi bassa nelle fasi recessive.
Se l’output gap è positivo, la disoccupazione è bassa, e questo significa che c’è
un unemployment gap (ugap) negativo, ovvero disoccupazione è sotto livello
di equilibrio. In questo caso l'inflazione è più elevata.
Alta inflazione → bassa disoccupazione (curva di Phillips) → output elevato
(legge di Okun)
Bassa inflazione → alta disoccupazione (curva di Phillips) → output basso
(legge di Okun)

NEL LUNGO PERIODO


Secondo il principio di neutralità, le variabili reali e nominali(prezzi e salari) non
hanno influenza nel mondo nominale e reale.
Il PIL nel lungo periodo è al suo livello potenziale quindi l’output gap è nullo (in quanto
il differenziale è zero).
Quindi se non c’è output gap, il PIL Y=Yn, e la disoccupazione è in equilibrio.
Il PIL però può cambiare (accumulazione capitale, crescita popolazione, progresso
tecnologico): se si espande, il livello è compatibile con l'inflazione, perché a seconda
del tasso di crescita la moneta, si può avere un diverso tasso di inflazione.
Nel lungo periodo la curva di offerta aggregata è verticale perché l'inflazione non
dipende dal prodotto.

Nella curva di Phillips, nel lungo periodo prevale il tasso di disoccupazione di equilibrio
(involontaria, che si ha perché i salari tendono ad essere rigidi verso il basso, ci sono
elementi che perturbano aggiustamento come sindacati, salario minimo, sussidi di
disoccupazione, salari di efficienza).
Se il PIL è al suo livello di pieno impiego Y=Yn, allora la disoccupazione è uguale a
livello di equilibrio U=Un.
La curva di Phillips è quindi verticale, perché dipende dal tasso di equilibrio di
disoccupazione (quindi dipende dalla probabilità di perdere lavoro, che dipende da
legge, preferenze, sussidio di disoccupazione, e probabilità di trovare lavoro, che a sua
volta dipende dalla capacità di relazione fra lavoratori e aziende) ed è indipendente
dall’inflazione, non esprime più il trade-off tra disoccupazione e inflazione.

CAPIRE L’INFLAZIONE
𝑾𝑵 W è il costo del lavoro.
𝑷 = (1 + 𝝁) 𝒀
dove μ ≥ 0 è il mark-up Y è il PIL e rappresenta il costo unitario del lavoro (o produzione)
N sono le ore lavorate.
Chi determina i prezzi?
Le imprese, guardano i costi, la differenza fra costi di produzione e prezzi è il profitto, e sui costi di produzione applicano
un mark up l’obiettivo è massimizzare i profitti.
I costi di produzione includono i costi del lavoro (principale componente) e i costi non da lavoro.
Comprende: affitti, risorse naturali, energia. Il fattore della produzione più importante resta comunque il lavoro (PIL
somma redditi, valore aggiunto).
Costo del lavoro per unità di prodotto: Monte salari/PIL, ovvero: WN/Y
N.B. Il margine di profitto dipende dalla tipologia di mercato: nei mercati monopolistici il margine di profitto è più
alto, poi ci sono i mercati oligopolistici, dove ci sono poche imprese che hanno potere di mercato e decidono il prezzo.
Ciascuna impresa è monopolista nell’offrire certe caratteristiche del prodotto se non esiste la concorrenza, il potere
di mercato è maggiore e il prezzo sarà più elevato dei costi, nei mercati dove c’è alta concorrenza mark up è più piccolo.
La quota del lavoro ammonta al 50%, quindi i costi del lavoro sono fondamentali nella produzione anche nelle economie
moderne come la nostra (le economie moderne producono più servizi che beni, importanza del lavoro).
Se mark up = 0, non c’è ricavo. Tanto è maggiore tanto è potere dell’impresa sul mercato.
COSA DETERMINA I COSTI DEL LAVORO (WN/Y) ?
Il costo del lavoro viene fissato con un mark up sul livello dei prezzi attesi.
Esso deriva da una contrattazione: i sindacati vogliono massimizzare la quota del prodotto che va al fattore lavoro, quindi
vogliono dare maggiore salario possibile ai lavoratori.
Se si deve valutare a lungo termine, i sindacati dei lavoratori devono stare attenti al salario che viene prescritto, perché non
sanno prevedere il livello dei prezzi nel lungo periodo.
Quando viene negoziato il salario, chi negozia tenta di proteggere il potere di acquisto del salario dei lavoratori (si negozia il
salario nominale, ma il salario reale è ciò che interessa al lavoratore perché è ciò che serve per acquistare beni e servizi).
Quindi per avere un’idea del livello dei prezzi negli anni successivi quando si negozia, si deve incorporare l’inflazione.
Le imprese non hanno grossi problemi perché se il salario cresce allora i prezzi crescono, però se l’inflazione è troppo alta il
costo aumenta e quindi anche i prezzi.

Il livello dei prezzi attesi è quindi fondamentale nella negoziazione del salario quanto più il salario sarà elevato, tanto più
sarà l’aspettativa sui prezzi, si cercherà di spuntare un salario superiore rispetto alle aspettative sui prezzi, così da poter avere
un risparmio.
𝐖𝐍 𝐖𝐍 𝑠  quota «normale» della
= (1 + 𝛄)𝐬𝐍 𝐏 𝐞 → = (1𝛄)𝐬𝐍 distribuzione del reddito al lavoro e 𝑌
𝐘 𝐏𝐞 𝐘
N.B.  𝑌 può essere sia > sia < di 0.
- 𝑌 = 0 quando il trend storico della distribuzione del reddito (divisione del reddito che emerge in condizioni
- 𝑌 > 0, quando la quota di reddito da lavoro è superiore a quella «normale». Y quindi riflette le «tensioni» sul
mercato del lavoro (alte in periodi di espansione con forte domanda; basse in periodi di recessione).

LA BATTAGLIA DEI MARK-UP


Il livello dei prezzi dipende da:
1. Mark-up del prezzo:
- se la domanda è alta (fase espansiva della produzione), la
produzione 𝜇 ↑ perché le imprese vogliono trarre il massimo
profitto dalla domanda sostenuta;
N.B. Se i prezzi salgono, più imprese entrano per sfruttare la situazione dei profitti, quindi ciò riduce possibilità di
produttività. Avviene quindi una diminuzione del mark up  mark up sui prezzi ha un impatto ambiguo
- se la domanda è bassa (fase di recessione produttiva) la produzione 𝜇 ↓ perché le imprese necessitano di poco lavoro, si
lotta per mantenere il posto di lavoro, le rivendicazioni salariali sono meno forti e le imprese faticano a concedere degli aumenti
salariali.
2. Mark-up dei salari: ha un andamento pro-ciclico. E’ più elevato durante le fasi espansive del ciclo, dove le imprese
aumentano la produzione (i sindacati più forti quindi azzardano delle richieste più elevate perché necessitano di maggiore
lavoro della domanda).
3. aspettative sui prezzi dei negoziatori dei salari (prezzi attesi Pe)
𝝅𝒆 : variazione delle aspettative
LE DETERMINANTI DELL’INFLAZIONE π: variazione del livello dei prezzi
𝒂𝒀𝒈𝒂𝒑 : variazione output gap (curva di offerta
aggregata)
𝒃𝒖𝒈𝒂𝒑 : variazione disoccupazione (curva di
Il mark-up aggregato ha andamento pro-ciclico: aumenta quando Phillips)
l’output gap è positivo (fase espansiva) e si riduce quando l’output gap
è negativo (fase recessiva del ciclo economico)
Usando la legge di Okun, possiamo dire che il mark-up aggregato aumenta quando la disoccupazione è al di sotto del suo
livello di equilibrio (un) e si riduce nel caso opposto
L'inflazione corrente viene determinata tramite l’inflazione sottostante, ovvero quella attesa o anticipata dai lavoratori.
L’inflazione sottostante deriva:
- da una visione del futuro (devo tutelare i salari da un aumento dei prezzi durante il periodo di validità del contratto);
- da ciò che è successo in passato (baso le mie aspettative sull’inflazione futura guardando all’andamento passato del livello
dei prezzi);
- dalle revisione degli errori del passato (i lavoratori a rivedere al rialzo le aspettative sull’inflazione futura, in modo da
recuperare parte del potere d’acquisto perso in passato).
Se ci si aspetta che πs (inflazione di domani) aumenti in futuro, questo fa aumentare l'inflazione perché se io oggi negozio il
salario, lo chiedo più alto, e i prezzi si formano sul mark up dei salari.
LA CURVA DI PHILIPS “AUMENTATA“
Si parla di Curva di Philips aumentata perché, considerando:

Entrambe le relazioni sono “aumentate” poiché incorporano l’inflazione sottostante (aspettative sul tasso di inflazione).
Vediamo come Curva di Phillips (trade-off tra inflazione e disoccupazione) e la legge di Okun (relazione tra output gap
e disoccupazione ciclica) spiegano curva di offerta aggregata (relazione positiva tra inflazione e prodotto aggregato):

SHOCK DELL’OFFERTA
I costi delle imprese sono stabili nel corso del tempo e cambiamo con lentezza, quindi sono prevedibili, e il loro
andamento è ben riflesso nel termine inflazione sottostante.
Anche questi costi, ma in primis i costi di produzione non da lavoro, possono subire delle variazioni improvvise (prezzo
del petrolio schizza alle stelle e si abbassa in diverse situazioni)SHOCK DELL’OFFERTA, non si possono prevedere.
Possono essere sia positivi sia negativi:
- Shock negativo aumento del prezzo del petrolio; forte deprezzamento di una valuta (aumenta il prezzo dei beni
importati);
- Shock positivo sensibile riduzione del prezzo del petrolio; forte apprezzamento del tasso di cambio.

N.B.= Altri shock da offerta: variazione della quota di reddito che spetta al lavoro (evento socio-politico di grande portata
che rafforza o indebolisce i sindacati); modifiche della tassazione sul reddito da impresa.

La curva di offerta aggregata, e di conseguenza la curva di Philips, sono modificate per riflettere gli shock.
σ  lo shock che può essere subito, anche il cambiamento del tasso di cambio che determinano un apprezzamento o
deprezzamento fa perdere o acquistare competitività interna.
Quindi si possono scrivere la curva di offerta aggregata e la curva di Phillips in modo più un completo:

N.B. con 𝝈=0 se i costi non da lavoro si limitano


a seguire l’andamento dell’inflazione
sottostante
LA CURVA DI PHILIPS AUMENTATA E LA CURVA DI OFFERTA AGGREGRATA
BREVE/MEDIO PERIODO
Considerando una politica espansiva della domanda, l’occupazione aumenta e la disoccupazione si riduce: nel breve
periodo domanda traina offerta, quindi se ZZ aumenta e va verso l'alto, l'offerta si adegua nuovo equilibrio con un
maggiore livello di produzione (dove il livello di occupazione è maggiore e il livello di disoccupazione è minore).
N.B.  Se la disoccupazione è maggiore del livello di equilibrio nel punto C, la curva di Phillips dice che l’inflazione è
più bassa perché c’è meno produzione, la domanda è bassa e pur di vendere le imprese riducono il prezzo quindi
l'inflazione succede.
Mettendo insieme i diversi punti di equilibrio si trova la curva di offerta aggregata (relazione positiva fra inflazione e
output, quindi è inclinata positivamente):

Consideriamo:
Un  variabile esogena
Yn  prodotto potenziale, ovvero il
livello della produzione aggregata che
emergerebbe se tutti i fattori della
produzione fossero occupati. (anche Yn è
esogena)

Il punto A può variare a seconda della posizione del piano nella curva di Phillips di breve e lungo periodo, se la
disoccupazione di equilibrio fosse più elevata, il punto di equilibrio sarebbe più basso, con il livello di inflazione attesa
più bassa.
Applicando la politica espansiva della domanda citata precedentemente, si arriva al punto B, ovvero all’espansione della
domanda per l’aumento degli investimenti, del deprezzamento dei tassi di cambio ecc.  sappiamo che nel punto B
abbiamo un più basso livello di disoccupazione e un più elevato livello di produzione e inflazione.
Ci spostiamo nel punto B lungo la curva di offerta aggregata di breve periodo e lungo la curva di Phillips di breve periodo.
Consideriamo l’inflazione effettiva πs:
- se πs > dell’inflazione sottostante (per espansione del ciclo) essendo che l’inflazione effettiva è maggiore di quella
usata per fissare i salari in passato, ciò che posso fare è cambiare le aspettative di inflazione, aumentandole  devo
rinegoziare i salari.
N.B.= se vengono rinegoziati i salari, gli agenti economici devono rinegoziare il salario nominale o costo unitario del
lavoro (che è sempre quello che si negozia).
L’idea è non perdere il potere d’acquisto, il salario viene fissato con mark up sull’aspettativa dei prezzi.

DAL BREVE AL LUNGO PERIODO


Rispetto al breve periodo nel lungo periodo la curva di Phillips è verticale perché c’è neutralità della moneta, quindi le
variabili monetarie o nominali non possono determinare le reali.
Nel lungo periodo l'inflazione è un fenomeno monetario, quindi è indipendente dalla disoccupazione noi siamo agenti
che non commettono sempre gli stessi errori, ovvero se un anno sbagliamo a determinare l'inflazione, l’anno seguente
la aggiustiamo, quindi se abbiamo un periodo di tempo lungo davanti a noi le due andranno a coincidere.
Quando l’inflazione è uguale all’inflazione sottostante, si ha assenza di shock d’offerta.
NEL LUNGO PERIODO
Il punto in cui la curva di breve periodo incrocia quella di lungo è più alta, allora la curva di Phillips precedente non è più
valida, perché le aspettative sono cambiate e hanno fatto spostare la curva di Philips.
Gli individui adeguano l’inflazione s e l’inflazione sottostante, quindi la curva di Phillips si sposta verso l’alto e incrocia
la curva di Phillips di lungo periodo nel punto più alto, che coincide con l'inflazione sottostante.
La curva di Phillips trascina con sé la curva dell’offerta aggregata, quindi essa cambia se variano le aspettative di inflazione
degli agenti economici.
Se le aspettative aumentano, la curva di offerta aggregata si sposta verso l’alto, se invece cambiano verso il basso, la
curva di offerta aggregata va verso il basso.
N.B. = Gli shock temporanei nel lungo periodo non la fanno crescere, ma quelli nel breve sì.
Una politica espansiva nel lungo periodo genera solo inflazione e non fa crescere, ma è utilissima nel breve periodo.

Un e Yn non sono immutabili.


Un dipende dalla politica del mercato del
lavoro (tasso di separazione,
rioccupazione, protezione dei lavoratori,
sussidi di disoccupazione, politiche che
facilitano incontro fra domanda ed
offerta).
Yn viene disegnata come una retta
verticale, ma sarebbe una retta verticale
che continua a spostarsi nel piano.
RICORDA
- Nel lungo periodo 𝜋 = 𝜋 ; 𝑢 = 𝑢 ; 𝑌 = 𝑌 . La curva di Phillips e la curva di offerta aggregata diventano verticali
− 𝜋 e 𝑢 determinano la posizione della curva di Phillips;
− 𝑌 e 𝜋 determinano la posizione della curva di offerta aggregata.
- Spostamenti delle curve nel piano sono determinate da variazioni di queste variabili e/o da shock dell’offerta.
CAP 14 – DOMANDA E OFFERTA AGGREGATE
Noi sappiamo che:
1. Il lato dell’offerta - offerta aggregata (AS) – mette in relazione il prodotto aggregato con il tasso di inflazione
- Curva di Phillips (relazione inversa tra inflazione e disoccupazione)
- Legge di Okun (relazione inversa tra disoccupazione e PIL)
- Curva di offerta aggregata di breve-medio periodo è inclinata positivamente
- Curva di offerta di lungo periodo è una retta verticale (rappresenta Yn)

2. Il lato della domanda è analizzabile attraverso il modello IS-TR-IFM


- E’ rilevante la distinzione tra tassi di cambi fissi e flessibili
- Dobbiamo adattarlo per includere l’inflazione (curva di domanda aggregata, AD, di breve e lungo periodo).

DOMANDA E OFFERTA AGGREGATA IN CAMBI FISSI


La domanda è determinata dai livelli della posizione. A seconda che i cambi siano flessibili o fissi, cambia il modo di
adattarsi agli shock, quindi si devono distinguere casi di cambio fisso (banca centrale fissa, parità del tasso di cambio
che muove l’offerta di moneta per mantenere la parità del tasso di cambio a quel livello, politica monetaria endogena
perché la banca ne perde il controllo) e casi di cambio flessibile (la curva IS diventa irrilevante e perché questa
posizione dipende da tasso di cambio e competitività dei paesi, la banca centrale ha pieno controllo sulla politica
monetaria).

TASSI DI CAMBIO FISSI


PPA: variazioni del cambio reale nel lungo periodo sono nulle Il tasso di cambio reale è il tasso di cambio nominale
deflazionato due volte, ovvero moltiplicato per il rapporto tra prezzi interni e prezzi esteri.
∆𝜺 ∆𝑬
Nel lungo periodo vale la parità relativa dei poteri d’acquisto  = + (𝝅 − 𝝅∗ ) = 0
𝜺 𝑬
∆𝑬
Con cambi fissi  = 0 → (𝝅 = 𝝅∗ ) (Quindi variazioni del cambio nominale sono nulle per definizione)
𝑬

N.B. ΔE cambia se la banca centrale riallinea il tasso di cambio, perché ci troviamo in un regime di cambi fissi, quindi si
impegna anche a mantenere questi cambi. Le variazioni del tasso di cambio nominale sono nulle quindi l'inflazione
interna deve essere uguale alla estera nel lungo periodo.
Il tasso di cambio nominale è costante, e questo significa che le sue variazioni riflettono il differenziale inflazionistico
del paese: se questo termine va a zero, e il tasso di cambio nominale deve essere costante, allora l'inflazione interna è
uguale a quella estera, ciò nel lungo periodo quindi il discostamento può svilupparsi ma solo per brevi periodi.

Graficamente:

Il mercato dei beni IS e IFM è in equilibrio per la coppia di valori interesse interno = tasso di interesse estero.
Se il tasso interno dovesse divergere dal tasso di rendimento estero, si verificherebbero sui mercati finanziari degli
influssi e deflussi di capitale, con effetto sui tassi di cambio, e questo riporterebbe il sistema in equilibrio.
L’equilibrio di breve periodo è dato dalla posizione nel piano delle curve IS e IFM.
Nel lungo periodo il tasso di cambio reale è costante e le sue variazioni sono dovute a variazioni del tasso di cambio
nominale (che è fisso perché i tassi di cambio sono fissi) e del differenziale inflazionistico.
Quindi nel lungo periodo l’inflazione interna è uguale a quella estera, quindi se si porta questo nel secondo grafico, il
livello della produzione effettiva rimane invariato.
Nel punto A il tasso di interesse è a quello mondiale, ma anche l'inflazione deve essere uguale a inflazione estera.
COSA SUCCEDE SE SI HA UN INCREMENTO DEL TASSO DI INFLAZIONE ?
Poiché i prezzi interni sono aumentati più rapidamente dei prezzi esteri (nostri prezzi più elevati di quelli esteri), si
riduce la competitività del Paese verso l’estero e la curva IS si sposta verso sinistra.
Il punto A’ è il nuovo equilibrio se lo sposto nel grafico sotto, il livello della produzione è uguale ma l'inflazione è
maggiore.
La domanda dei beni nazionali diminuisce, si comprano meno beni nazionali e più beni esteri (il resto del mondo compra
altri beni acquistati altrove). Essendo meno competitivi, vendiamo meno, la domanda di beni nazionali si riduce, anche
il resto del mondo compra meno i nostri beni, le importazioni sono più elevate e le esportazioni scendono.

COSA SUCCEDE SE SI HA UNA DIMINUZIONE DEL TASSO DI INFLAZIONE?


Poiché i prezzi interni sono aumentati meno rapidamente dei prezzi esteri, aumenta la competitività del Paese verso
l’estero e la curva IS si sposta verso destra.
Vediamo come aumenta la domanda di beni nazionali, le importazioni sono ridotte ma le esportazioni aumentano
perché noi siamo più competitivi.
Il saldo delle partite correnti migliora quindi IS aumenta, il nuovo punto di equilibrio è A’’: questo punto ha lo stesso
tasso di interesse (fissato uguale a quello estero perché ci si deve adeguare a queste essendo economia piccola), un
livello della produzione più elevato, e un livello del tasso di inflazione più basso.
Se io collego tutti i punti A trovo la curva di domanda aggregata di breve periodo: questa curva è inclinata
negativamente, quindi se l'inflazione aumenta, la produzione viene ridotta, perché riflette l’indebolimento della
competitività del paese verso l’esterno, riducendo la domanda (interna ed estera) di beni nazionali.

COSA FA SPOSTARE LA CURVA AGGREGRATA NEL PIANO?


Qualsiasi variazione di una variabile esogena che fa cambiare la posizione delle
due curva IS o IFM fa cambiare anche la curva aggregata AD:
- aumento della domanda→ IS va verso destra: AD verso destra, pari
spostamento della domanda aggregata;
- riduzione della domanda→ IS va verso sinistra: AD va verso sinistra.
La curva di domanda aggregata è orizzontale a livello della produzione estera,
per la parità dei poteri di acquisto che dice che il tasso di cambio reale è
costante quindi variazioni del tasso di cambio nominale si riflettono uno a
uno nel differenziale inflazionistico.
Dato che i tassi di cambio nominali sono fissi, non c’è inflazione interna = estera.
Se l'inflazione estera aumenta, la curva di domanda aggregata di breve periodo
si sposta verso l'alto, quindi è come dire che si sta importando inflazione dal
resto del mondo.
Nel breve periodo, il tasso di interesse rimane invariato, la posizione di equilibrio è
rimasta invariata, ma la produzione è aumentata a parità di prezzo, questo
comporta nuovo equilibrio A’’, che si trova su nuova curva di domanda aggregata,
ed è più spostato verso destra rispetto alla originale.
Questo nuovo equilibrio è l’intersezione con la curva di domanda aggregata inclinata
negativamente (maggiore inflazione, meno competitività, riduzione della domanda
nazionale).
L’offerta aggregata è inclinata positivamente perché se l'inflazione sale, le imprese
aumentano la produzione, c’è un aumento della produzione, che determina
l’aumento dell’inflazione (Philips).

Il punto di incontro è l’equilibrio macroeconomico generale di breve e di lungo


periodo LAS e LAD si incrociano nello stesso punto di AS e AD

Caratteristiche del lungo periodo sono:


- Output gap = 0, perché il PIL è al suo livello potenziale.
- Inflazione effettiva = sottostante (estera)

QUANDO ALLORA UN SISTEMA ECONOMIDO APERTO IN CAMBI FISSI E’ IN EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE?
- quando Inflazione interna = sottostante (estera)  siamo lungo la curva di domanda aggregata di lungo periodo;
- quando output gap=0  siamo lungo l’offerta aggregata.
Se l'inflazione effettiva è uguale a queste due, si ha un equilibrio di lungo periodo in un solo punto, ovvero punto di
incontro delle 4 curve.
SHOCK DA DOMANDA: UN’ESPANSIONE FISCALE
L’EQUILIBRIO INIZIALE
C’è equilibrio economico generale perché domanda ed offerta di breve e di lungo periodo sono uguali.
L’inflazione è uguale a quella estera, che è uguale a quella sottostante.

EFFETTI DI UNA POLITICA FISCALE ESPANSIVA NEL BREVE PERIODO


1) Una politica fiscale espansiva sposta a destra le curve IS e AD.
2) La curva IS si sposta a sinistra in IS’’, perché l’aumento dell’inflazione
riduce la competitività esterna (equilibrio di breve periodo B).

Aumento spesa pubblica → aumento domanda aggregata → aumento


produzione curva IS verso destra in B’→ spostamento della curva IS trascina
con sé uno spostamento della curva di domanda aggregata verso destra.
Siamo in equilibrio di breve periodo nel punto B intermedio: mano a mano
che la domanda AD aumenta, scivoliamo lungo l’offerta aggregata, e quindi
aumenta produzione.
L’aumento della produzione fa aumentare l’inflazione(se c’è) aumento di
output gap (perché un aumento della domanda sposta il PIL oltre il suo
livello potenziale) genera alta produzione, alta occupazione e meno
disoccupazione l’inflazione tende a salire.

Se l’inflazione nazionale è maggiore rispetto al resto del mondo, noi perdiamo competitività, quindi curva IS non sta
ferma in B’ (all'aumentare dell’inflazione, avviene una diminuzione delle esportazioni, quindi saldo NX peggiore e IS
torna indietro) ma torna indietro in B.
N.B.  L'effetto espansivo della spesa pubblica viene compensato in parte dalla perdita di competitività che il sistema
subisce, e causa un incremento nel livello dell’inflazione.

DAL BREVE AL LUNGO PERIODO


Nel lungo periodo ci sono 3 vincoli:
1. Il vincolo di bilancio pubblico esclude la possibilità di politiche fiscali espansive permanenti se oggi si fa politica
espansiva, significa che ci si indebita (spese > entrate) se oggi si crea debito, domani si deve ripagarlo.
Questo ci dice che la politica fiscale non può rimanere espansiva per sempre, ma prima o poi deve tornare restrittiva,
perché il governo -per rispettare il suo vincolo di bilancio-, crea debito oggi, ma domani deve risparmiare per ripagare il
debito che ha creato primo vincolo = la AD deve tornare indietro prima o poi.
2. Il prodotto aggregato deve tornare al suo livello potenziale (ovvero sulla LAS) il PIL che è stato spostato sopra il
suo livello potenziale deve tornare al suo livello di equilibrio (lungo la curva IS), che non è cambiato (perché cambia per
progresso tecnologico, crescita della popolazione e della forza lavoro, accumulazione del capitale) secondo vincolo=
il sistema deve tornare su curva di offerta aggregata di breve periodo.
3. Dato il tasso di cambio nominale costante, l’inflazione interna non può divergere a lungo da quella estera (occorre
tornare sulla LAD) l’inflazione nazionale non può essere sempre sopra rispetto a quella del resto del mondo, perché
così continueremmo a vendere sempre meno beni, e se la domanda si annulla non produrremmo mai più, e ciò non è
possibile: prima o poi inflazione e deve tornare al livello estero, cosa che non accade nel punto B  terzo vincolo= nel
lungo periodo l’economia deve dunque tornare in A.
Graficamente:
Cosa succede in B? L’inflazione corrente, effettiva è maggiore di
3. Nel punto B quella estera, e di quella sottostante, quindi negozio il salario
l’inflazione effettiva è adeguando le mie aspettative di inflazione: la curva di offerta di
più elevata di quella breve periodo si sposta verso l’alto.
sottostante.
Quindi la curva di offerta aggregata va verso l'alto, si sposta
lungo domanda aggregata fino al nuovo punto di equilibrio C,
non si sposta a caso perché deve essere rispettata l’uguaglianza
I negoziatori salariali di inflazione effettiva e sottostante.
adeguano le Da B a C: l'inflazione è più elevata e l’output gap si sta riducendo.
aspettative di L’aumento di inflazione continua ad erodere la competitività di
inflazione verso l’alto; un paese, quindi la curva IS continua a spostarsi indietro.
la curva AS si sposta In C inflazione corrente è diversa dalla sottostante se si rivedono
in AS′ (punto C) i salari, quindi fino a quando l’inflazione corrente è diversa da
quella sottostante, la curva IS continua ad aggiustarsi

4. L‘aumento dell‘inflazione
riduce la competitività 6. Nel punto D,
esterna del paese; NX l’inflazione effettiva è
peggiora, la IS si sposta a minore dell’inflazione
sinistra. sottostante; la curva
In C, ciò determina AS inizia a spostarsi
ulteriori spostamenti della AS verso destra

5. Quando il governo passa 7. L’equilibrio di lungo


ad una politica fiscale periodo è ristabilito in
restrittiva, la domanda A
aggregata ritorna in AD e il
nuovo equilibrio è raggiunto
in D

CONCLUSIONI
1.Uno shock da domanda incide sia sulla produzione aggregata sia sul tasso di inflazione (spostamenti lungo la curva AS)
- Uno shock da domanda positivo aumenta l’inflazione
- Uno shock da domanda negativo riduce l’inflazione
2. Gli effetti di una politica fiscale sono temporanei
- L’inflazione riduce in parte l’impatto espansivo della politica fiscale, riducendo la competitività esterna del paese
vincolo intertemporale del settore pubblico
SHOCK DA DOMANDA: RIALLINEAMENTI DEL TASSO DI CAMBIO NOMINALE

EFFETTI DI UNA SVALUTAZIONE


0) Nel punto iniziale A di equilibrio di lungo periodo, π = π*.

1) Svalutazione nominale determinata da una politica monetaria


espansiva in regimi di cambi fissi, la politica monetaria è endogena,
quindi l'unico modo per fare della politica monetaria autonoma è quello di
riallineare il tasso di cambio.
In cambi fissi la banca centrale gestisce la politica monetaria annunciando
la parità del tasso di cambio nominale, a quanto scambia un’unità di valuta
nazionale, e si adopera per mantenere fissa questa parità.

2) Una svalutazione induce uno spostamento della IS verso destra in IS’


Svalutare è ridurre il tasso di cambio nominale: i beni sono più competitivi,
questo aumenta la domanda interna ed estera di beni nazionali. Ciò porta
al miglioramento del saldo delle partite correnti, perché le esportazioni
aumentano e le importazioni si riducono. Quindi IS va verso destra. Qui
nuovo punto di equilibrio sarebbe B’.

3) L’espansione della domanda sposta la curva AD a destra in AD’ e


l’economia si assesta nel breve periodo nel punto B Lo spostamento
verso destra di IS è accompagnato da un analogo spostamento verso destra
della curva di domanda aggregata AD: quindi AD, spostandosi verso destra,
implica un aumento di inflazione.
Ci muoviamo lungo l'offerta aggregata, un aumento dell'inflazione riduce
la competitività dei beni interni. Quindi non si rimane in B’ ma si torna
indietro nel punto B.

4) L’aumento dell’inflazione attenua il deprezzamento reale,


determinando lo spostamento da IS’ a IS’’ La produzione è aumentata,
l’output gap è positivo, quindi il PIL è superiore al livello potenziale e
l’inflazione è più elevata del resto del mondo.

5) In B l’inflazione è superiore all’inflazione mondiale: l’economia perde competitività e la IS si sposta a sinistra In


A il beneficio di competitività originato dall’iniziale svalutazione è stato completamente riassorbito dal differenziale
inflazionistico
COSA SUCCEDE CON LA SVALUTAZIONE NEL LUNGO PERIODO?
Sappiamo che nel breve periodo con la svalutazione:
IS va verso destra → aumenta PIL al di sopra del livello potenziale → si genera livello più elevato di inflazione

Avendo un’inflazione superiore a quella estera, ciò non può durare a lungo, perché deve valere la parità dei
poteri di acquisto. Se l'inflazione interna è maggiore, i nostri prezzi stanno aumentando più velocemente,
quindi siamo meno competitivi.
Si perde competitività, quindi la curva IS continua a spostarsi indietrO: ciò implica che anche la curva della
domanda aggregata si sposta verso sinistra, fino a quando non torna al suo equilibrio iniziale abbiamo
avuto uno shock da domanda che ci ha portato al livello di prima.
Svalutando, grazie alla svalutazione, ovvero al riallineamento del tasso di cambio nominale, la banca centrale
ha adottato una politica espansiva, ma l'aumento dei prezzi ha perso questo vantaggio e ha portato indietro
il sistema.
Se arrivati a B, al posto che lasciare che AD torni indietro, la banca centrale svaluta di nuovo, ci sarebbe
nuovo spostamento di IS e AD verso destra, ma ciò genera un tasso di inflazione ancora maggiore.
La banca centrale può mantenere un valore sostenuto tramite continue svalutazioni, perché fa aumentare il
tasso di inflazione e la perdita di competitività.
Può sostenere il livello della produzione, ma per fare ciò deve accettare un tasso di inflazione
permanentemente superiore al resto del mondo. La creazione di inflazione riduce questo vantaggio.
Il tasso di cambio prima si apprezza, si svaluta per manovra della banca centrale, si apprezza e così via, ciò
per far guadagnare un po’ di competitività all’economia  continuare a svalutare significa rendere inutile
avere dei regimi di cambi fissi.

Attraverso svalutazioni ripetute la


BC può spingere il PIL oltre il
livello tendenziale, ma per fare
ciò deve accettare un tasso di
inflazione permanentemente più
elevato.

Il tasso di cambio si deprezza ad


ogni svalutazione, per poi
apprezzarsi successivamente per
effetto dell’inflazione
DOMANDA E OFFERTA AGGREGRATE IN CAMBI FLESSIBILI
La banca centrale stabilisce il tasso di interesse e fornisce la domanda necessaria per garantire l’equilibrio sul mercato
monetario.
Se il cambio è flessibile, la banca centrale non interviene nel mercato dei cambi, quindi ci si deve chiedere come il
passaggio a cambi flessibili modifica il nostro modello di domanda ed offerta aggregata.

EQUAZIONE DI FISHER
L’economia non è uniperiodale, quindi se io oggi chiedo un prestito alla banca, si definisce il tasso di interesse dalla banca
in base ad eventuale aspettativa di inflazione Quindi se c’è inflazione cosa succede?

𝒊 = 𝒓 + 𝝅𝒆 Equazione di Fisher

La relazione ci dice in presenza di inflazione, i pagamenti futuri sono effettuati con moneta che «vale meno» di quella di
oggi:
- un tasso di inflazione corrente superiore a quella attesa è una buona notizia per il debitore (perché restituiscono in
termini reali meno rispetto a ciò che hanno ottenuto) e una cattiva notizia per il creditore, in quanto il tasso di interesse
reale ex-post (𝑟 = 𝑖 − 𝜋 ) è inferiore a quello ex-ante (𝑟 = 𝑖 − 𝜋 ).
- un tasso di inflazione corrente inferiore a quella attesa è una buona notizia per il creditore, che si vede corrispondere
un tasso di interesse reale superiore a quello richiesto inizialmente.

Il tasso di interesse reale (non esiste, differenza fra tasso di interesse nominale e di inflazione) dipende dalla ricchezza,
dal consumo e dagli investimenti delle imprese.
Il tasso di interesse nominale invece è determinato sul mercato monetario: la moneta però è una attività finanziaria che
non frutta interesse (i=0) dunque il suo rendimento reale, applicando l’equazione di Fisher, è pari a:

𝑟 = 0 − 𝜋 = −𝜋

- Se l'inflazione aumenta, domani compro meno beni, quindi l'inflazione riduce il potere di acquisto della moneta;
- Se l'inflazione scende, il potere di acquisto della moneta aumenta.

LA AD IN REGIME DI CAMBI FLESSIBILI: REGOLA DI TATYLOR

𝒊𝒏 è il tasso di interesse naturale o neutrale che la banca emette se l’output è al livello di equilibrio, e così anche
l’inflazione; esso equivale al tasso di interesse neutrale di lungo periodo.
𝒊 = 𝒊𝒏 + 𝒂 ∙ 𝝅𝒈𝒂𝒑 + 𝒃 ∙ 𝒀𝒈𝒂𝒑 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒏 = 𝒊∗

Il tasso di interesse nominale aumenta in fasi recessive e si riduce in espansive. Un aumento dell'inflazione corrente fa
aumentare il tasso di interesse nominale corrente.

La parità dei tassi d’interesse il tasso d’interesse interno deve uguagliare il tasso di rendimento estero che include
sia il tasso di interesse estero sia qualsiasi aspettativa sui tassi di cambio.
𝒊 = 𝒊∗

N.B. Tutto ciò viene dal comportamento della banca centrale, che utilizza degli strumenti, ha come obiettivo mantenere
stabile il livello dei prezzi e sostenere il livello di occupazione e di produzione si stabilisce qual è l'inflazione che si
vuole raggiungere.
LA AD DI BREVE PERIODO
Consideriamo che, a parità dei tassi Si ipotizzi un aumento del tasso di inflazione, a
d’interesse, nel punto iniziale A di 
 parità di altri fattori quali 𝜋 e 𝑖
equilibrio di lungo periodo valga 𝜋

la posizione della IS
è endogena, varia
con variazioni
del tasso di cambio
e passa per il punto
iniziale A

Supponiamo che a parità di altri fattori, cambi il tasso di inflazione: bisogna capire se questa relazione è ancora negativa
come nel regime di cambi fissi.
Cosa succede se l'inflazione interna aumenta rispetto all'inflazione della banca centrale?
In seguito a un incremento dell’inflazione interna a π’, a parità di target d’inflazione
la banca centrale innalza i tassi d’interesse, traslando la TR verso l’alto inTR′.
Un aumento dell'inflazione comporta beni meno competitivi, perché lo
spostamento della TR in alto ha fatto aumentare i tassi di interesse, e quindi ci sarà
afflusso di capitale che tenderà a far apprezzare il tasso di cambio  riduzione
la domanda (punto A′).
Tutti vogliono acquistare attività in valuta nazionale, ciò fa aumentare la domanda
di valuta nazionale – apprezzato tasso di cambio – beni meno competitivi + curva IS
verso sinistra indietro.
In A’ noi abbiamo il nuovo equilibrio caratterizzato da un livello della produzione più
basso e un livello di inflazione più alto del precedente: se si uniscono questi due
punti, si ha la curva di domanda aggregata.
La domanda aggregata è inclinata negativamente perché l'aumento del tasso di
interesse fa diminuire la domanda di beni nazionali.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
L’EQUILIBRIO ECONOMICO

EQUILIBRIO DI LUNGO PERIODO:


 Output gap = 0 (LAS)
 π=π target (LAD)
 Variazioni del tasso di cambio nominale riflettono
il differenziale inflazionistico (PPP)
 Se π>π* , il tasso di cambio nominale si deprezza
 se π<π* , il tasso di cambio si apprezza

SHOCK DA DOMANDA: UN’ESPANSIONE MONETARIA


POLITICA MONETARIA IN REGIME DI CAMBI FLESSIBILI
L’equilibrio di breve e di lungo periodo coincidono nel punto A.

Cosa significa ridurre il tasso di interesse? significa muovere il tasso di inflazione obiettivo, il livello di prodotto di lungo
periodo, e . Se la banca centrale aumenta π barrato, aumenta l’obiettivo inflazionistico, e questo porta ad una riduzione
del tasso di interesse questa è l’ipotesi che viene assunta.

In base alla regola di Taylor:


- se a > 1  un aumento del target inflazionistico riduce il tasso dʼinteresse nominale ceteris paribus: la curva TR si
sposta verso il basso.
- Se 0 < α < 1  un incremento del target inflazionistico aumenta il tasso dʼinteresse nominale ceteris paribus: la
curva TR si sposta verso lʼalto, ma meno dell‘incremento dellʼinflazione obie vo.
N.B. Questa situazione è generalmente non sostenibile e pertanto non considerata.
Cosa succede se la banca centrale fissa un target inflazionistico maggiore?
La TR si sposta verso il basso se il tasso di interesse dovesse crescere a parità di tutto il resto Deflusso di capitali,
deprezzamento, NX aumenta, IS verso destra.
L’equilibrio di breve periodo è nel punto B (dove il livello di
output è maggiore al punto A e il livello di inflazione è più
elevato rispetto al punto di partenza) qui siamo sotto
obiettivo della banca centrale.
La domanda aggregata va verso destra, muovendosi lungo la
curva di offerta aggregata.
Nel punto B finisce prima la fase di riaggiustamento del sistema
economico ora l'inflazione corrente è maggiore.
Quando si rivedranno i contratti e i salari, i lavoratori e i sindacati
rivedranno l'inflazione sottostante, che nel grafico si legge nel
livello di output potenziale. Si chiederà un adeguamento dei
salari rispetto all'inflazione più elevata.
Questo comporta -a livello grafico-, che se gli individui rivedono
verso l'alto le loro aspettative, la curva che si sposta è quella
curva di offerta aggregata, che in particolare viene spostata
verso l'alto.
Man mano che aumenta l'inflazione, la banca centrale aumenta i tassi di interesse, quindi la curva di Taylor va verso
basso: dato che la curva di offerta aggregata va verso l'alto da B a C, l’aumento dell’inflazione porta a una riduzione della
competitività.
Se la curva di Taylor va verso l’alto, c’è afflusso di capitale, perché l'inflazione interna è maggiore di quella estera, e c’è
un apprezzamento del tasso di cambio e una perdita di competitività.

N.B.  Nel lungo periodo non si ha nessun incremento del prodotto ma maggiore inflazione.
La curva di domanda aggregata di lungo periodo si sposta quindi verso l'alto.
SHOCK NEGATIVI DAL LATO DELL’OFFERTA E DELLA DOMANDA
SHOCK DI OFFERTA NEGATIVO  Inizialmente l’equilibrio di breve e di lungo periodo coincidono nel punto A.

IMPATTO INIZIALE Uno shock di offerta negativo sposta la curva AS in AS’.

La disoccupazione e l’inflazione aumentano nel punto B STAGFLAZIONE


A parità di tutte le altre variabili, l'inflazione tende ad aumentare. C’è uno
spostamento della curva di offerta aggregata di breve periodo verso l’alto.
In A l’inflazione è uguale a quella sottostante, che è uguale a quella estera.
In B l’inflazione è uguale a quella sottostante e a quella obiettivo della banca
centrale, e la disoccupazione è aumentata.
Qui non c’è più la curva di Phillips (lo shock è uno di quegli elementi che
rende instabile la curva di Phillips, relazione di Phillips non c’è più perché
abbiamo aumento inflazione e disoccupazione).

DILEMMA DI POLITICA ECONOMICA


Una volta esaurito l'impatto dello shock, il sistema si muove per tornare verso l’equilibrio di lungo periodo. Una volta
finito lo shock è probabile che la curva rimanga lì, a causa del meccanismo di revisione delle aspettative.
Vi sono due alternative di politica economica per risolvere questo shock:

STRATEGIA 1 per evitare la caduta del prodotto e l’aumento della disoccupazione, le autorità adottano politiche
espansive della domanda: si tratta di politiche fiscali o monetarie (a seconda del regime di tasso di cambio) che aiutano
a spostare domanda aggregata verso l'alto e favorire l’equilibrio di lungo periodo.
Quindi il nuovo punto di equilibrio di lungo periodo è C: la domanda e l’offerta aggregata di breve periodo si incrociano
lungo la curva di offerta aggregata di breve periodo. La produzione è tornata a livello di pieno impiego e abbiamo però
un livello di inflazione permanentemente più elevato.
A causa di uno shock negativo dell’offerta, se la banca centrale vuole agire per ridurre disoccupazione ed è più attenta
ad output, il risultato è un’inflazione più alta e un output più alto: c’è minore disoccupazione, ma l’inflazione di lungo
periodo è più alta la domanda aggregata di breve periodo deve spostarsi in C.
STRATEGIA 2 per prevenire l’aumento dell’inflazione, le autorità possono adottare politiche mirate alla contrazione
della domanda: da B ci si deve spostare verso il basso e non verso l’alto.
A questo punto è necessario intervenire riducendo ulteriormente la domanda aggregata: ciò significa adottare una
politica monetaria restrittiva per cambi variabili, mentre per cambi fissi si deve mettere in atto una politica restrittiva
per spingere la domanda aggregata verso il basso.
Se la curva di domanda aggregata va verso il basso, l’equilibrio è D, c’è inflazione a livello originale e maggiore
incremento della disoccupazione (questo non è l’equilibrio finale perché ciò si trova lungo la curva di offerta aggregata
di lungo periodo).
All’esaurirsi dello shock, la curva di offerta aggregata si sposta verso il basso e di conseguenza la curva AS’ torna in AS,
e allentando la politica economica restrittiva, si consente al sistema economico di tornare al punto di equilibrio di lungo
periodo precedente (punto A).
N.B. ciò non succede in B perché c’è incremento dell'inflazione effettiva del periodo precedente, quindi qui non c’è
revisione delle aspettative e di conseguenza la curva AS non ha motivo di rimanere nella posizione.

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SHOCK DI DOMANDA NEGATIVO
Uno shock di domanda negativo sposta la curva AD verso sinistra.
Le imprese tendono a non fare investimenti, quindi le imprese non investono in
attività innovative perché non sanno cosa succederà in futuro, questo causa uno
spostamento verso il basso della curva di domanda aggregata, per shock
esogeno Nel punto B, l’inflazione è ridotta ma è maggiore la disoccupazione.
Quindi parte il processo di revisione delle aspettative, AD tenderebbe ad
abbassarsi, ma chi si occupa di politiche economiche cercherà di fare qualcosa
per risolvere la situazione.
Essendo questo uno shock dal lato della domanda, basta mettere in atto una politica espansiva del lato della domanda
(politica fiscale o monetaria), ovvero spingere la domanda verso esterno: questo riporta il sistema all’equilibrio di lungo
periodo.

Politiche espansive della domanda riportano la AD nella sua posizione originaria.


È quindi più semplice controllare lo shock dal lato della domanda.
Svincolarsi dal lato di offerta è invece più difficile, perché non esistono metodi
diretti: l’unica cosa da fare è agire sulle aspettative degli individui e convincerli
sulle politiche che sta facendo la banca centrale (se preferiscono evitare grossi
spostamenti della produzione o dell’inflazione).

LA DISINFLAZIONE
Consideriamo il seguente grafico:
L’equilibrio iniziale nel punto A è caratterizzato da inflazione elevata.
La banca centrale, essendo nel punto A, non vuole questa inflazione, ma la vuole più
bassa le autorità intendono quindi ridurre l’inflazione dal punto A al punto C

Data la regola di Taylor, la banca centrale ha un suo target, quindi per ridurre
l'inflazione deve agire sull’inflazione target (si ha un aumento del tasso di
interesse). Ciò comporterebbe a livello grafico che la posizione della curva di
domanda aggregata di lungo periodo dipendesse dall’inflazione target della
banca centrale.
Quindi il primo step della banca è darsi un nuovo obiettivo inflazionistico più basso, cosi da ottenere lo spostamento
verso il basso della curva di domanda aggregata di lungo periodo la LAD si sposta verso il basso, in LAD’ (grafico 1)

La politica della domanda restrittiva sposta la AD in AD′.

L’equilibrio di breve periodo B è caratterizzato da bassa inflazione, ma alta


disoccupazione

Nel punto B, l’inflazione effettiva è inferiore all’inflazione sottostante.


L’inflazione sottostante diminuisce: la curva AS si sposta in AS’.
La rapidità dello spostamento di AS dipende dalla rapidità di adeguamento
dell’inflazione sottostante: In B l'inflazione è più bassa rispetto al punto A.
Quando vengono rinegoziati i salari, gli agenti economici rivedono le loro
aspettative di inflazione, la curva di offerta aggregata va verso il basso perché
l'inflazione è minore della sottostante Il sistema è passato da A a B e arriverà
al punto C

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