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Teoria Macro
Teoria Macro
Il sistema economico italiano è passato da fasi di espansioni sempre più brevi, dopodiché il PIL si è rido o, così come
l’occupazione. C’è stata poi una seconda fase di crescita, più o meno dalla fine degli anni ‘70 agli inizi degli anni ‘90, un
po’ più breve della precedente, e poi un’altra espansione dagli anni '90 fino al periodo della recessione con la crisi del
2007/2008. Dal 2014 al 2021, l’economia italiana ha stagnato, anche a causa della recessione causata dalla pandemia.
Quando siamo in presenza di un grande fase espansiva si parla di boom economico, e si parla invece di depressioni
quando le fasi di recessione sono molto profonde.
Si parla di recessione o espansione quando L’ISTAT registra due trimestri consecu vi di calo o aumento del PIL.
2. inves mento sono gli acquis di beni capitali da parte delle imprese, e dipendono nega vamente dal tasso di
interesse reale. Gli inves men sono anche lega alla q di Tobin (rapporto tra il costo del capitale installato - dato dal
valore delle azioni di quella società - e il costo di sos tuzione di quel capitale), e dipendono da questa posi vamente.
Gli inves men dipendono quindi dal tasso di interesse reale e dalle aspe a ve degli imprenditori, perciò:
𝑰 = 𝑰(𝒓, 𝒒)
– +
N.B. Data l’ipotesi dei prezzi da , il tasso di interesse reale (rilevante per le decisioni di inves mento) ed il tasso di
interesse nominale (costo di detenere moneta) sono iden ci. Questo perché in un mondo dove i prezzi sono da , non
esiste l’inflazione.
3. esportazioni ne e rappresentano il saldo primario della bilancia dei pagamen , cioè esportazioni -importazioni.
𝑵𝑿 = 𝑬𝑿 − 𝑰𝑴
- Le importazioni sono beni prodo all’estero e consuma in Italia; sono parte della spesa complessiva interna, e quindi
una componente dell’assorbimento (Maggiore è la spesa, maggiore sono le importazioni, in media).
Le importazioni dipendono anche dalla compe vità estera, perché se il tasso di cambio reale (tasso di cambio nominale
più il differenziale dei prezzi interno ed estera) si apprezza, i beni nazionali diventano più cari ed è più conveniente
comprare i beni esteri; se il tasso di cambio reale si deprezza è più conveniente comprare i beni interessi e le importazioni
si riducono. Abbiamo quindi:
𝑰𝑴 = 𝑰𝑴(𝑨, 𝜺)
+ +
- Le esportazioni sono beni prodo in Italia e consuma all’estero; dipendono quindi dall’assorbimento estero (sono
importazioni per il resto del mondo), e dipendono nega vamente dalla compe vità estera. Abbiamo quindi:
𝑬𝑿 = 𝑬𝑿(𝑨∗ , 𝜺)
+ –
Le esportazioni ne e dipendono quindi da tu e quelle variabili che dipendono dalla funzione di importazione e dalla
funzione di esportazione: spesa interna, spesa estera, e tasso di cambio reale.
La spesa nazionale dipende dal reddito, quindi la funzione diventa:
𝑵𝑿 = 𝑵𝑿(𝑨, 𝑨∗ , 𝜺) → 𝑵𝑿(𝒀, 𝒀∗ , 𝜺)
– + – – + –
Le esportazioni ne e dipendono nega vamente dal debito interno, posi vamente dal reddito estero e posi vamente
dal tasso di cambio reale.
Quindi, date le variabili esogene, esiste un valore di Y tale per cui il mercato dei beni è in equilibrio (domanda
desiderata=offerta).
N.B. Si chiama domanda desiderata perché non necessariamente questa domanda è uguale all’offerta.
La domanda desiderata aumenta, ed è quindi maggiore dell’offerta: le imprese inizialmente a ngono alle scorte,
dopodiché aumenteranno la produzione.
La maggior produzione si traduce in un reddito più elevato, quindi il consumo aumenta, e la domanda desiderata
aumenta, le imprese aumentano la produzione, fino a quando non si arriva a Y=ZZ, dove il processo si arresta.
Alla fine:
ΔY* (Y** - Y*) > ΔG.
N.B. ques risulta valgono per qualsiasi variabile esogena: se ricchezza, q di Tobin, aumentano, la re a ZZ si sposta
parallelamente verso l’alto, a parte le imposte, nel cui caso la re a ZZ aumenta se le tasse diminuiscono, e viceversa.
- Propensione marginale ad importare: z1 (quota del mio incremento di reddito che io traduco in maggiori importazioni).
z1: 0 < z1 < 1
N.B. = z1 potrebbe essere uguale a zero se io consumo solo prodo italiani o uguali a uno se sono un esterofilo e
consumo solo prodo esteri
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Primo passaggio dice che se la spesa pubblica aumenta di un euro, la produzione aumenta di un euro, quindi anche i
reddi aumentano di euro e la domanda aumenta di meno di un euro la variazione della produzione è esa amente
uguale alla spesa pubblica
ΔY = ΔG
Secondo passaggio dice che l’aumento del reddito di un euro -che equivale all’aumento della spesa pubblica- si
traduce in un minore aumento della produzione perché la domanda aumenta meno:
ΔY = c1 (z-z1) ΔG.
Il risultato finale è:
ΔY = 1 / 1- c1 (1-z1) ΔG mol plicatore keynesiano.
Questa relazione dice che se la spesa aumenta, il reddito di equilibrio e la produzione di equilibrio aumentano in misura
superiore, e questo aumento è mediato dal mol plicatore: più spesa, più reddito di equilibrio (un aumento esogeno
della domanda genera reddito addizionale che a sua volta fa aumentare nuovamente la domanda). Quindi l’effe o
complessivo sulla produzione di equilibrio è superiore all’impa o iniziale, perché il mol plicatore è maggiore dell’unità.
La curva ZZ del primo grafico è costruita per un dato tasso di interesse, perché il tasso di interesse era inserito tra le
variabili esogene della relazione vista in precedenza. Bisogna quindi renderlo endogeno.
Bisogna rappresentare l’equilibrio trovato, non più in termini di produzione e domanda aggregata desiderata, ma in
termini di produzione di equilibrio e tasso di interesse.
Costruiamo il secondo grafico, dove sull’asse ver cale c’è il tasso di interesse, sull’asse orizzontale c’è il prodo o, quindi
si rende esplicito il tasso di interesse, che nel grafico precedente era implicito.
L’equilibrio A del primo grafico è cara erizzato da un certo livello della produzione, che genera un uguale livello della
domanda aggregata. Quindi, riporto quel livello della produzione o reddito nell’altro grafico.
Il punto A può quindi essere rappresentato in modo diverso sul secondo grafico (la domanda aggregata desiderata è
uguale alla produzione, il mercato dei beni è in equilibrio per questo livello della produzione aggregata o del reddito).
Questo equilibrio è compa bile con un certo tasso di interesse riportato nel secondo grafico.
Ipo zziamo una riduzione del tasso di interesse da
i a i’ (i<i’): quando il tasso di interesse si riduce, le
imprese e le famiglie investono (i pres costano
meno), quindi un tasso di interesse più basso
s mola gli inves men ; i prezzi delle a vità
finanziarie salgono e quindi la q di Tobin aumenta
(il costo del capitale installato tende ad
aumentare), quindi il mercato risponde bene agli
eventuali inves men , dà valore all’azienda che già
esiste quindi gli imprenditori sono più dispos a
me erci dentro capitali.
Graficamente, se nel secondo grafico semplicemente si abbassa il tasso di interesse, nel primo grafico invece avviene un
aumento della domanda aggregata desiderata, perché è più facile prendere a pres to e quindi le imprese sono più
disposte ad inves re e i priva sono più dispos ad an cipare i consumi.
Il punto A non è più un punto di equilibrio: il nuovo punto di equilibrio B si trova
più in alto del punto A, sempre sulla bise rice. In B c’è un livello della produzione
più elevato Y’, quindi un livello della domanda aggregata più elevato, e un tasso di
interesse più basso.
Trasportando B nel secondo grafico, il tasso di interesse è più basso e il nuovo livello
di produzione Y’ è più elevato di Y.
La re a passante per i pun A e B si chiama curva IS (investment and saving), e
ricorda la relazione tra inves men e risparmio.
La curva IS è il luogo di tu e le combinazioni (tasso di interesse, produzione) che
mi garan scono l’equilibrio sul mercato dei beni: tu i pun sulla IS sono pun di
equilibrio sul mercato dei beni.
Supponiamo che dal punto B mi sposto sul punto C: il reddito resta invariato, cambia
il tasso di interesse (aumenta). In C il mercato dei beni non è in equilibrio: l’offerta è
maggiore della domanda, quindi il punto C è un punto di eccesso dell’offerta.
Tu i pun alla destra della curva IS segnalano che c'è un eccesso di offerta, tu i
pun alla destra della curva IS segnalano invece che c’è un eccesso di domanda.
- La posizione della IS nel piano dipende dalle variabili esogene: se queste non cambiano, resto sulla curva IS, se invece
cambiano, anche la posizione della curva IS deve necessariamente cambiare.
Ogni cambiamento che aumenta la domanda fa spostare la IS verso destra; mentre qualsiasi variazione delle variabili
esogene che comporta una riduzione della domanda fa spostare la IS verso sinistra.
Un simile spostamento da A a B si
verificherebbe per tu gli altri
valori del tasso di interesse.
SPOSTAMENTI DELLA CURVA IS
-POLITICA FISCALE Variazioni della spesa pubblica alterano la domanda aggregata desiderata, mentre variazioni delle
imposte ne e alterano il reddito disponibile delle famiglie e delle imprese, e se il reddito è più basso anche i consumi
sono più bassi, la domanda aggregata desiderata si riduce e quindi anche il livello di produzione si riduce.
𝑻 ↑→ (𝒀 − 𝑻) ↓→ 𝑪 ↓→ 𝒁𝒁 ↓→ 𝒀 ↓ Se la ZZ si sposta verso il basso, la curva IS si sposta a sinistra.
-RICCHEZZA influenza il consumo delle famiglie, quindi un aumento della ricchezza porta ad un aumento dei consumi,
la IS si sposta verso destra. Se la ricchezza degli individui si riduce, i consumi delle famiglie si riducono, la ZZ va verso il
basso e la IS va verso sinistra.
-ASPETTATIVE DEGLI IMPRENDITORI influenzano la domanda di inves men a raverso la q di Tobin.
Un aumento della q di Tobin sposta la ZZ verso l’alto e la IS verso destra, mentre una riduzione della q di Tobin (gli
imprenditori si aspe ano che domani l’a vità economica sarà più bassa), provoca un calo degli inves men , la ZZ verso
il basso e la curva IS verso sinistra.
-SHOCK ESTERI se il reddito all’estero aumenta, i consumi degli stranieri saranno più eleva : incrementa il saldo delle
par te corren , la ZZ si sposta verso l’alto e la IS va verso destra.
Un aumento del tasso di cambio reale invece riduce il saldo delle par te corren e sposta la IS verso sinistra.
Siccome una delle ipotesi del modello che s amo analizzando è che nel breve periodo i prezzi siano da , è chiaro che la
regola di comportamento della banca centrale diventa più semplice, perché ci possiamo dimen care del termine rela vo
al controllo della stabilità dei prezzi. La regola di comportamento della banca cen trale diventa la seguente:
𝒊 = 𝒊𝒏 + 𝜷(𝒀 − 𝒀𝒏 )
Le implicazioni di questa regola di Taylor semplificata sono:
- la banca centrale aumenta il tasso di interesse quando la produzione o reddito effe vo(Y) è superiore al suo livello
potenziale(Y^n) aumenta il tasso di interesse;
- la banca centrale riduce il tasso di interesse quando la produzione o reddito effe vo(Y) è inferiore al suo livello
potenziale(Y^n) si riduce il tasso di interesse.
SPOSTAMENTI CURVA TR
La regola generale è che mi muovo lungo la curva se a variare sono le variabili
endogene (in questo caso, tasso di interesse effe vo e produzione), la curva
si sposta se a variare sono le variabili esogene.
-Se la banca centrale ri ene che il tasso di interesse sia troppo elevato e lo
vuole abbassare, quindi cambia il tasso di interesse obie vo i n , la TR si
sposta verso il basso la banca centrale sta a uando una poli ca monetaria
restri va.
-Se la banca centrale decide di aumentare il tasso di interesse obie vo, la TR
tende a spostarsi verso l’alto e a sinistra la banca centrale sta a uando una
poli ca monetaria espansiva.
Con questo approccio, la banca centrale aggiusta endogenamente l’offerta di moneta per raggiungere il suo tasso di
interesse desiderato. Questo non è però l’unico approccio possibile: in alterna va la banca centrale può fissare
esogenamente l’offerta di moneta e lasciare che il tasso di interesse sia aggiustato endogenamente.
SHOCK REALI
1. Shock posi vo che colpisce il mercato dei beni.
CAUSE variazioni della ricchezza, della spesa pubblica, variazioni
delle imposte, variazioni della q di Tobin, tasso di cambio reale,
reddito estero.
Quando una di queste variabili cambia, questo va ad influenzare la
posizione della ZZ nel mercato dei beni e quindi la posizione della
IS Quando la variazione è posi va, ovvero la domanda aumenta,
la curva IS si sposta verso l’esterno: il punto A si trova so o la curva
IS nuova quindi c’è un eccesso di domanda che deve essere
riassorbito.
Il sistema aumenta la domanda aggregata, quindi anche la
produzione, e la banca centrale reagisce facendo aumentare il
tasso di interesse Il sistema economico si sposta -muovendosi
lungo la TR- dal punto A al punto B.
Nel commercio di a vità finanziarie dipende da differenze internazionali nel rendimento di a vità comparabili.
A vità comparabili fra di loro devono avere lo stesso prezzo, altrimen non sopravviverebbero, e questo vale anche a
livello internazionale se i rendimen sono diversi emergono profi sennò non avremmo mo vo per acquistare a vità
in diversa valuta.
Esistono tre tassi di cambio differen :
- fissi (la BC si impegna a mantenere fisso un certo valore del tasso di cambio nominale);
- flessibili (il tasso di cambio è determinato dalle libere forze del mercato);
- regimi intermedi.
Il contento macroeconomico globale analizzato si basa sulle ipotesi secondo cui:
1) Esiste perfe a mobilità dei capitali se togliamo questa ipotesi ricadiamo nel modello precedente.
2) Ci s amo occupando di economie aperte, ovvero integrate a livello mondiale (l’integrazione può avvenire).
3) Ci s amo occupando di economie piccole, siamo condiziona da ciò che succede dal resto del mondo ma non lo
possiamo modificare. Gli shock ai quali si può essere sogge sono anche quelli che accadono nel resto del mondo (la
crisi finanziaria degli Sta Uni ha ad esempio provocato degli effe anche sul resto del mondo).
N.B. Quando il tasso d’interesse nazionale (i) e il tasso di rendimento estero (i*) non coincidono, i capitali affluiscono nel
paese con i tassi maggiori, facendoli convergere verso uno stesso tasso i*.
Shock della domanda posi vo: cambi fissi e perfe a mobilità di capitali Il tasso di interesse resta al livello precedente
e la produzione aumenta.
Shock della domanda posi vo: cambi fissi e assenza di mobilità di capitali L’equilibrio sul mercato dei beni si
determina per il livello della produzione. Più è elevato, più la curva TR aumenta, e la banca centrale reagisce aumentando
il tasso di interesse (in presenza di mobilità equilibrio sarebbe C e in assenza invece B).
Un aumento del tasso di interesse:
- ha effe o sul mercato dei beni, perché se aumenta
influenzerà le variabili del consumo e degli inves men .
- aumenta il costo opportunità del denaro, quindi le
imprese sono meno incen vate a prendere a pres to.
- riduce i consumi perché se il tasso di interesse aumenta,
il prezzo delle azioni scende, la ricchezza degli individui si
riduce e i consumi si riducono.
La variazione della spesa pubblica IS ha un impa o
maggiore in un’economia con perfe a mobilità dei capitali
e cambi fissi ed aperta.
In presenza di perfe a mobilità dei capitali, il tasso di interesse è ancorato a quello estero quindi la poli ca fiscale ha la
sua massima efficacia. Il mercato della moneta è irrilevante perché il tasso di interesse è già dato.
Dato P e P*, se E viene cambiata, vi sarà una variazione del tasso di cambio nominale, che si traduce nella variazione del
tasso di cambio reale.
𝑃
𝜀=𝐸
𝑃∗
REALE indica la compe vità del paese e dei suoi beni e ha un impa o sul saldo delle par te corren :
- se si apprezza, il paese perde compe vità, meno esportazioni e più importazioni;
- viceversa se invece si deprezza, il paese acquista più compe vità questa è l’influenza fra variabili reali e monetarie
perché non si ha più dicotomia fra se ore reale e monetario.
SVALUTAZIONE
La curva TR è irrilevante perché la banca centrale non la osserva, perché è
endogena alla poli ca fiscale.
La banca centrale annuncia una diversa parità, riduzione del tasso di cambio
nominale.
Una svalutazione aumenta la domanda di beni nazionali: la IS trasla a destra; il
prodo o aumenta da Y a Y’ un paese migliora la propria compe vità, i prezzi
dei beni interni sono più convenien , c’è una riduzione delle importazioni e un
aumento delle esportazioni.
Riassumendo:
CAP 13- PRODUZIONE, OCCUPAZIONE E INFLAZIONE
Nel breve periodo valeva la prospettiva keynesiana, dove:
- i prezzi sono costanti o vischiosi, ovvero si muovono molto lentamente.
- la produzione si adegua agli shock dal lato della domanda.
- gli shock hanno una breve durata perché si torna sempre in equilibrio.
- la produzione è endogena e l’output di equilibrio si determina sul mercato dei beni tramite l’offerta e la domanda se
c’è maggiore domanda prima si usano le scorte poi si aumenta la produzione.
Nel lungo periodo invece, ci si concentra sulla domanda e sull’offerta di lavoro, e nonostante si sia in equilibrio c’è
sempre la disoccupazione, che può essere
- volontaria se il salario è a livello di equilibrio;
- involontaria se vi sono norme che impediscono al salario, che è superiore al valore di equilibrio, di aggiustarsi.
Nel lungo periodo vale principio di neutralità: l’offerta è una frazione del reddito reale perché essa serve per effettuare
le transazioni.
LEGGE DI OKUN
Esiste una relazione inversa tra disoccupazione «ciclica» e output gap
(differenza tra PIL corrente e trend di lungo periodo)
Quando l’economia cresce ed il livello del prodotto eccede il suo trend,
l’occupazione cresce (aumenta la domanda di lavoro) e la disoccupazione
scende al di sotto del suo livello di equilibrio
Quando l’economia va in recessione (deviazione negativa del PIL corrente
dal suo trend di lungo periodo), la domanda di lavoro si riduce e la
disoccupazione aumenta.
Vale la relazione:
𝒖𝒈𝒂𝒑 = −𝒉𝒀𝒈𝒂𝒑 (𝒖 − 𝒖𝒏 ) = −𝒉(𝒀 − 𝒀𝒏 )
CURVA DI OFFERTA AGGREGATA
C’è una relazione positiva fra l’output gap e l’inflazione, e questa è la curva di
offerta aggregata: l’inflazione tende ad essere più elevata nelle fasi espansive
del ciclo, e poi bassa nelle fasi recessive.
Se l’output gap è positivo, la disoccupazione è bassa, e questo significa che c’è
un unemployment gap (ugap) negativo, ovvero disoccupazione è sotto livello
di equilibrio. In questo caso l'inflazione è più elevata.
Alta inflazione → bassa disoccupazione (curva di Phillips) → output elevato
(legge di Okun)
Bassa inflazione → alta disoccupazione (curva di Phillips) → output basso
(legge di Okun)
Nella curva di Phillips, nel lungo periodo prevale il tasso di disoccupazione di equilibrio
(involontaria, che si ha perché i salari tendono ad essere rigidi verso il basso, ci sono
elementi che perturbano aggiustamento come sindacati, salario minimo, sussidi di
disoccupazione, salari di efficienza).
Se il PIL è al suo livello di pieno impiego Y=Yn, allora la disoccupazione è uguale a
livello di equilibrio U=Un.
La curva di Phillips è quindi verticale, perché dipende dal tasso di equilibrio di
disoccupazione (quindi dipende dalla probabilità di perdere lavoro, che dipende da
legge, preferenze, sussidio di disoccupazione, e probabilità di trovare lavoro, che a sua
volta dipende dalla capacità di relazione fra lavoratori e aziende) ed è indipendente
dall’inflazione, non esprime più il trade-off tra disoccupazione e inflazione.
CAPIRE L’INFLAZIONE
𝑾𝑵 W è il costo del lavoro.
𝑷 = (1 + 𝝁) 𝒀
dove μ ≥ 0 è il mark-up Y è il PIL e rappresenta il costo unitario del lavoro (o produzione)
N sono le ore lavorate.
Chi determina i prezzi?
Le imprese, guardano i costi, la differenza fra costi di produzione e prezzi è il profitto, e sui costi di produzione applicano
un mark up l’obiettivo è massimizzare i profitti.
I costi di produzione includono i costi del lavoro (principale componente) e i costi non da lavoro.
Comprende: affitti, risorse naturali, energia. Il fattore della produzione più importante resta comunque il lavoro (PIL
somma redditi, valore aggiunto).
Costo del lavoro per unità di prodotto: Monte salari/PIL, ovvero: WN/Y
N.B. Il margine di profitto dipende dalla tipologia di mercato: nei mercati monopolistici il margine di profitto è più
alto, poi ci sono i mercati oligopolistici, dove ci sono poche imprese che hanno potere di mercato e decidono il prezzo.
Ciascuna impresa è monopolista nell’offrire certe caratteristiche del prodotto se non esiste la concorrenza, il potere
di mercato è maggiore e il prezzo sarà più elevato dei costi, nei mercati dove c’è alta concorrenza mark up è più piccolo.
La quota del lavoro ammonta al 50%, quindi i costi del lavoro sono fondamentali nella produzione anche nelle economie
moderne come la nostra (le economie moderne producono più servizi che beni, importanza del lavoro).
Se mark up = 0, non c’è ricavo. Tanto è maggiore tanto è potere dell’impresa sul mercato.
COSA DETERMINA I COSTI DEL LAVORO (WN/Y) ?
Il costo del lavoro viene fissato con un mark up sul livello dei prezzi attesi.
Esso deriva da una contrattazione: i sindacati vogliono massimizzare la quota del prodotto che va al fattore lavoro, quindi
vogliono dare maggiore salario possibile ai lavoratori.
Se si deve valutare a lungo termine, i sindacati dei lavoratori devono stare attenti al salario che viene prescritto, perché non
sanno prevedere il livello dei prezzi nel lungo periodo.
Quando viene negoziato il salario, chi negozia tenta di proteggere il potere di acquisto del salario dei lavoratori (si negozia il
salario nominale, ma il salario reale è ciò che interessa al lavoratore perché è ciò che serve per acquistare beni e servizi).
Quindi per avere un’idea del livello dei prezzi negli anni successivi quando si negozia, si deve incorporare l’inflazione.
Le imprese non hanno grossi problemi perché se il salario cresce allora i prezzi crescono, però se l’inflazione è troppo alta il
costo aumenta e quindi anche i prezzi.
Il livello dei prezzi attesi è quindi fondamentale nella negoziazione del salario quanto più il salario sarà elevato, tanto più
sarà l’aspettativa sui prezzi, si cercherà di spuntare un salario superiore rispetto alle aspettative sui prezzi, così da poter avere
un risparmio.
𝐖𝐍 𝐖𝐍 𝑠 quota «normale» della
= (1 + 𝛄)𝐬𝐍 𝐏 𝐞 → = (1𝛄)𝐬𝐍 distribuzione del reddito al lavoro e 𝑌
𝐘 𝐏𝐞 𝐘
N.B. 𝑌 può essere sia > sia < di 0.
- 𝑌 = 0 quando il trend storico della distribuzione del reddito (divisione del reddito che emerge in condizioni
- 𝑌 > 0, quando la quota di reddito da lavoro è superiore a quella «normale». Y quindi riflette le «tensioni» sul
mercato del lavoro (alte in periodi di espansione con forte domanda; basse in periodi di recessione).
Entrambe le relazioni sono “aumentate” poiché incorporano l’inflazione sottostante (aspettative sul tasso di inflazione).
Vediamo come Curva di Phillips (trade-off tra inflazione e disoccupazione) e la legge di Okun (relazione tra output gap
e disoccupazione ciclica) spiegano curva di offerta aggregata (relazione positiva tra inflazione e prodotto aggregato):
SHOCK DELL’OFFERTA
I costi delle imprese sono stabili nel corso del tempo e cambiamo con lentezza, quindi sono prevedibili, e il loro
andamento è ben riflesso nel termine inflazione sottostante.
Anche questi costi, ma in primis i costi di produzione non da lavoro, possono subire delle variazioni improvvise (prezzo
del petrolio schizza alle stelle e si abbassa in diverse situazioni)SHOCK DELL’OFFERTA, non si possono prevedere.
Possono essere sia positivi sia negativi:
- Shock negativo aumento del prezzo del petrolio; forte deprezzamento di una valuta (aumenta il prezzo dei beni
importati);
- Shock positivo sensibile riduzione del prezzo del petrolio; forte apprezzamento del tasso di cambio.
N.B.= Altri shock da offerta: variazione della quota di reddito che spetta al lavoro (evento socio-politico di grande portata
che rafforza o indebolisce i sindacati); modifiche della tassazione sul reddito da impresa.
La curva di offerta aggregata, e di conseguenza la curva di Philips, sono modificate per riflettere gli shock.
σ lo shock che può essere subito, anche il cambiamento del tasso di cambio che determinano un apprezzamento o
deprezzamento fa perdere o acquistare competitività interna.
Quindi si possono scrivere la curva di offerta aggregata e la curva di Phillips in modo più un completo:
Consideriamo:
Un variabile esogena
Yn prodotto potenziale, ovvero il
livello della produzione aggregata che
emergerebbe se tutti i fattori della
produzione fossero occupati. (anche Yn è
esogena)
Il punto A può variare a seconda della posizione del piano nella curva di Phillips di breve e lungo periodo, se la
disoccupazione di equilibrio fosse più elevata, il punto di equilibrio sarebbe più basso, con il livello di inflazione attesa
più bassa.
Applicando la politica espansiva della domanda citata precedentemente, si arriva al punto B, ovvero all’espansione della
domanda per l’aumento degli investimenti, del deprezzamento dei tassi di cambio ecc. sappiamo che nel punto B
abbiamo un più basso livello di disoccupazione e un più elevato livello di produzione e inflazione.
Ci spostiamo nel punto B lungo la curva di offerta aggregata di breve periodo e lungo la curva di Phillips di breve periodo.
Consideriamo l’inflazione effettiva πs:
- se πs > dell’inflazione sottostante (per espansione del ciclo) essendo che l’inflazione effettiva è maggiore di quella
usata per fissare i salari in passato, ciò che posso fare è cambiare le aspettative di inflazione, aumentandole devo
rinegoziare i salari.
N.B.= se vengono rinegoziati i salari, gli agenti economici devono rinegoziare il salario nominale o costo unitario del
lavoro (che è sempre quello che si negozia).
L’idea è non perdere il potere d’acquisto, il salario viene fissato con mark up sull’aspettativa dei prezzi.
N.B. ΔE cambia se la banca centrale riallinea il tasso di cambio, perché ci troviamo in un regime di cambi fissi, quindi si
impegna anche a mantenere questi cambi. Le variazioni del tasso di cambio nominale sono nulle quindi l'inflazione
interna deve essere uguale alla estera nel lungo periodo.
Il tasso di cambio nominale è costante, e questo significa che le sue variazioni riflettono il differenziale inflazionistico
del paese: se questo termine va a zero, e il tasso di cambio nominale deve essere costante, allora l'inflazione interna è
uguale a quella estera, ciò nel lungo periodo quindi il discostamento può svilupparsi ma solo per brevi periodi.
Graficamente:
Il mercato dei beni IS e IFM è in equilibrio per la coppia di valori interesse interno = tasso di interesse estero.
Se il tasso interno dovesse divergere dal tasso di rendimento estero, si verificherebbero sui mercati finanziari degli
influssi e deflussi di capitale, con effetto sui tassi di cambio, e questo riporterebbe il sistema in equilibrio.
L’equilibrio di breve periodo è dato dalla posizione nel piano delle curve IS e IFM.
Nel lungo periodo il tasso di cambio reale è costante e le sue variazioni sono dovute a variazioni del tasso di cambio
nominale (che è fisso perché i tassi di cambio sono fissi) e del differenziale inflazionistico.
Quindi nel lungo periodo l’inflazione interna è uguale a quella estera, quindi se si porta questo nel secondo grafico, il
livello della produzione effettiva rimane invariato.
Nel punto A il tasso di interesse è a quello mondiale, ma anche l'inflazione deve essere uguale a inflazione estera.
COSA SUCCEDE SE SI HA UN INCREMENTO DEL TASSO DI INFLAZIONE ?
Poiché i prezzi interni sono aumentati più rapidamente dei prezzi esteri (nostri prezzi più elevati di quelli esteri), si
riduce la competitività del Paese verso l’estero e la curva IS si sposta verso sinistra.
Il punto A’ è il nuovo equilibrio se lo sposto nel grafico sotto, il livello della produzione è uguale ma l'inflazione è
maggiore.
La domanda dei beni nazionali diminuisce, si comprano meno beni nazionali e più beni esteri (il resto del mondo compra
altri beni acquistati altrove). Essendo meno competitivi, vendiamo meno, la domanda di beni nazionali si riduce, anche
il resto del mondo compra meno i nostri beni, le importazioni sono più elevate e le esportazioni scendono.
QUANDO ALLORA UN SISTEMA ECONOMIDO APERTO IN CAMBI FISSI E’ IN EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE?
- quando Inflazione interna = sottostante (estera) siamo lungo la curva di domanda aggregata di lungo periodo;
- quando output gap=0 siamo lungo l’offerta aggregata.
Se l'inflazione effettiva è uguale a queste due, si ha un equilibrio di lungo periodo in un solo punto, ovvero punto di
incontro delle 4 curve.
SHOCK DA DOMANDA: UN’ESPANSIONE FISCALE
L’EQUILIBRIO INIZIALE
C’è equilibrio economico generale perché domanda ed offerta di breve e di lungo periodo sono uguali.
L’inflazione è uguale a quella estera, che è uguale a quella sottostante.
Se l’inflazione nazionale è maggiore rispetto al resto del mondo, noi perdiamo competitività, quindi curva IS non sta
ferma in B’ (all'aumentare dell’inflazione, avviene una diminuzione delle esportazioni, quindi saldo NX peggiore e IS
torna indietro) ma torna indietro in B.
N.B. L'effetto espansivo della spesa pubblica viene compensato in parte dalla perdita di competitività che il sistema
subisce, e causa un incremento nel livello dell’inflazione.
4. L‘aumento dell‘inflazione
riduce la competitività 6. Nel punto D,
esterna del paese; NX l’inflazione effettiva è
peggiora, la IS si sposta a minore dell’inflazione
sinistra. sottostante; la curva
In C, ciò determina AS inizia a spostarsi
ulteriori spostamenti della AS verso destra
CONCLUSIONI
1.Uno shock da domanda incide sia sulla produzione aggregata sia sul tasso di inflazione (spostamenti lungo la curva AS)
- Uno shock da domanda positivo aumenta l’inflazione
- Uno shock da domanda negativo riduce l’inflazione
2. Gli effetti di una politica fiscale sono temporanei
- L’inflazione riduce in parte l’impatto espansivo della politica fiscale, riducendo la competitività esterna del paese
vincolo intertemporale del settore pubblico
SHOCK DA DOMANDA: RIALLINEAMENTI DEL TASSO DI CAMBIO NOMINALE
Avendo un’inflazione superiore a quella estera, ciò non può durare a lungo, perché deve valere la parità dei
poteri di acquisto. Se l'inflazione interna è maggiore, i nostri prezzi stanno aumentando più velocemente,
quindi siamo meno competitivi.
Si perde competitività, quindi la curva IS continua a spostarsi indietrO: ciò implica che anche la curva della
domanda aggregata si sposta verso sinistra, fino a quando non torna al suo equilibrio iniziale abbiamo
avuto uno shock da domanda che ci ha portato al livello di prima.
Svalutando, grazie alla svalutazione, ovvero al riallineamento del tasso di cambio nominale, la banca centrale
ha adottato una politica espansiva, ma l'aumento dei prezzi ha perso questo vantaggio e ha portato indietro
il sistema.
Se arrivati a B, al posto che lasciare che AD torni indietro, la banca centrale svaluta di nuovo, ci sarebbe
nuovo spostamento di IS e AD verso destra, ma ciò genera un tasso di inflazione ancora maggiore.
La banca centrale può mantenere un valore sostenuto tramite continue svalutazioni, perché fa aumentare il
tasso di inflazione e la perdita di competitività.
Può sostenere il livello della produzione, ma per fare ciò deve accettare un tasso di inflazione
permanentemente superiore al resto del mondo. La creazione di inflazione riduce questo vantaggio.
Il tasso di cambio prima si apprezza, si svaluta per manovra della banca centrale, si apprezza e così via, ciò
per far guadagnare un po’ di competitività all’economia continuare a svalutare significa rendere inutile
avere dei regimi di cambi fissi.
EQUAZIONE DI FISHER
L’economia non è uniperiodale, quindi se io oggi chiedo un prestito alla banca, si definisce il tasso di interesse dalla banca
in base ad eventuale aspettativa di inflazione Quindi se c’è inflazione cosa succede?
𝒊 = 𝒓 + 𝝅𝒆 Equazione di Fisher
La relazione ci dice in presenza di inflazione, i pagamenti futuri sono effettuati con moneta che «vale meno» di quella di
oggi:
- un tasso di inflazione corrente superiore a quella attesa è una buona notizia per il debitore (perché restituiscono in
termini reali meno rispetto a ciò che hanno ottenuto) e una cattiva notizia per il creditore, in quanto il tasso di interesse
reale ex-post (𝑟 = 𝑖 − 𝜋 ) è inferiore a quello ex-ante (𝑟 = 𝑖 − 𝜋 ).
- un tasso di inflazione corrente inferiore a quella attesa è una buona notizia per il creditore, che si vede corrispondere
un tasso di interesse reale superiore a quello richiesto inizialmente.
Il tasso di interesse reale (non esiste, differenza fra tasso di interesse nominale e di inflazione) dipende dalla ricchezza,
dal consumo e dagli investimenti delle imprese.
Il tasso di interesse nominale invece è determinato sul mercato monetario: la moneta però è una attività finanziaria che
non frutta interesse (i=0) dunque il suo rendimento reale, applicando l’equazione di Fisher, è pari a:
𝑟 = 0 − 𝜋 = −𝜋
- Se l'inflazione aumenta, domani compro meno beni, quindi l'inflazione riduce il potere di acquisto della moneta;
- Se l'inflazione scende, il potere di acquisto della moneta aumenta.
𝒊𝒏 è il tasso di interesse naturale o neutrale che la banca emette se l’output è al livello di equilibrio, e così anche
l’inflazione; esso equivale al tasso di interesse neutrale di lungo periodo.
𝒊 = 𝒊𝒏 + 𝒂 ∙ 𝝅𝒈𝒂𝒑 + 𝒃 ∙ 𝒀𝒈𝒂𝒑 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒏 = 𝒊∗
Il tasso di interesse nominale aumenta in fasi recessive e si riduce in espansive. Un aumento dell'inflazione corrente fa
aumentare il tasso di interesse nominale corrente.
La parità dei tassi d’interesse il tasso d’interesse interno deve uguagliare il tasso di rendimento estero che include
sia il tasso di interesse estero sia qualsiasi aspettativa sui tassi di cambio.
𝒊 = 𝒊∗
N.B. Tutto ciò viene dal comportamento della banca centrale, che utilizza degli strumenti, ha come obiettivo mantenere
stabile il livello dei prezzi e sostenere il livello di occupazione e di produzione si stabilisce qual è l'inflazione che si
vuole raggiungere.
LA AD DI BREVE PERIODO
Consideriamo che, a parità dei tassi Si ipotizzi un aumento del tasso di inflazione, a
d’interesse, nel punto iniziale A di
parità di altri fattori quali 𝜋 e 𝑖
equilibrio di lungo periodo valga 𝜋
la posizione della IS
è endogena, varia
con variazioni
del tasso di cambio
e passa per il punto
iniziale A
Supponiamo che a parità di altri fattori, cambi il tasso di inflazione: bisogna capire se questa relazione è ancora negativa
come nel regime di cambi fissi.
Cosa succede se l'inflazione interna aumenta rispetto all'inflazione della banca centrale?
In seguito a un incremento dell’inflazione interna a π’, a parità di target d’inflazione
la banca centrale innalza i tassi d’interesse, traslando la TR verso l’alto inTR′.
Un aumento dell'inflazione comporta beni meno competitivi, perché lo
spostamento della TR in alto ha fatto aumentare i tassi di interesse, e quindi ci sarà
afflusso di capitale che tenderà a far apprezzare il tasso di cambio riduzione
la domanda (punto A′).
Tutti vogliono acquistare attività in valuta nazionale, ciò fa aumentare la domanda
di valuta nazionale – apprezzato tasso di cambio – beni meno competitivi + curva IS
verso sinistra indietro.
In A’ noi abbiamo il nuovo equilibrio caratterizzato da un livello della produzione più
basso e un livello di inflazione più alto del precedente: se si uniscono questi due
punti, si ha la curva di domanda aggregata.
La domanda aggregata è inclinata negativamente perché l'aumento del tasso di
interesse fa diminuire la domanda di beni nazionali.
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L’EQUILIBRIO ECONOMICO
Cosa significa ridurre il tasso di interesse? significa muovere il tasso di inflazione obiettivo, il livello di prodotto di lungo
periodo, e . Se la banca centrale aumenta π barrato, aumenta l’obiettivo inflazionistico, e questo porta ad una riduzione
del tasso di interesse questa è l’ipotesi che viene assunta.
N.B. Nel lungo periodo non si ha nessun incremento del prodotto ma maggiore inflazione.
La curva di domanda aggregata di lungo periodo si sposta quindi verso l'alto.
SHOCK NEGATIVI DAL LATO DELL’OFFERTA E DELLA DOMANDA
SHOCK DI OFFERTA NEGATIVO Inizialmente l’equilibrio di breve e di lungo periodo coincidono nel punto A.
STRATEGIA 1 per evitare la caduta del prodotto e l’aumento della disoccupazione, le autorità adottano politiche
espansive della domanda: si tratta di politiche fiscali o monetarie (a seconda del regime di tasso di cambio) che aiutano
a spostare domanda aggregata verso l'alto e favorire l’equilibrio di lungo periodo.
Quindi il nuovo punto di equilibrio di lungo periodo è C: la domanda e l’offerta aggregata di breve periodo si incrociano
lungo la curva di offerta aggregata di breve periodo. La produzione è tornata a livello di pieno impiego e abbiamo però
un livello di inflazione permanentemente più elevato.
A causa di uno shock negativo dell’offerta, se la banca centrale vuole agire per ridurre disoccupazione ed è più attenta
ad output, il risultato è un’inflazione più alta e un output più alto: c’è minore disoccupazione, ma l’inflazione di lungo
periodo è più alta la domanda aggregata di breve periodo deve spostarsi in C.
STRATEGIA 2 per prevenire l’aumento dell’inflazione, le autorità possono adottare politiche mirate alla contrazione
della domanda: da B ci si deve spostare verso il basso e non verso l’alto.
A questo punto è necessario intervenire riducendo ulteriormente la domanda aggregata: ciò significa adottare una
politica monetaria restrittiva per cambi variabili, mentre per cambi fissi si deve mettere in atto una politica restrittiva
per spingere la domanda aggregata verso il basso.
Se la curva di domanda aggregata va verso il basso, l’equilibrio è D, c’è inflazione a livello originale e maggiore
incremento della disoccupazione (questo non è l’equilibrio finale perché ciò si trova lungo la curva di offerta aggregata
di lungo periodo).
All’esaurirsi dello shock, la curva di offerta aggregata si sposta verso il basso e di conseguenza la curva AS’ torna in AS,
e allentando la politica economica restrittiva, si consente al sistema economico di tornare al punto di equilibrio di lungo
periodo precedente (punto A).
N.B. ciò non succede in B perché c’è incremento dell'inflazione effettiva del periodo precedente, quindi qui non c’è
revisione delle aspettative e di conseguenza la curva AS non ha motivo di rimanere nella posizione.
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SHOCK DI DOMANDA NEGATIVO
Uno shock di domanda negativo sposta la curva AD verso sinistra.
Le imprese tendono a non fare investimenti, quindi le imprese non investono in
attività innovative perché non sanno cosa succederà in futuro, questo causa uno
spostamento verso il basso della curva di domanda aggregata, per shock
esogeno Nel punto B, l’inflazione è ridotta ma è maggiore la disoccupazione.
Quindi parte il processo di revisione delle aspettative, AD tenderebbe ad
abbassarsi, ma chi si occupa di politiche economiche cercherà di fare qualcosa
per risolvere la situazione.
Essendo questo uno shock dal lato della domanda, basta mettere in atto una politica espansiva del lato della domanda
(politica fiscale o monetaria), ovvero spingere la domanda verso esterno: questo riporta il sistema all’equilibrio di lungo
periodo.
LA DISINFLAZIONE
Consideriamo il seguente grafico:
L’equilibrio iniziale nel punto A è caratterizzato da inflazione elevata.
La banca centrale, essendo nel punto A, non vuole questa inflazione, ma la vuole più
bassa le autorità intendono quindi ridurre l’inflazione dal punto A al punto C
Data la regola di Taylor, la banca centrale ha un suo target, quindi per ridurre
l'inflazione deve agire sull’inflazione target (si ha un aumento del tasso di
interesse). Ciò comporterebbe a livello grafico che la posizione della curva di
domanda aggregata di lungo periodo dipendesse dall’inflazione target della
banca centrale.
Quindi il primo step della banca è darsi un nuovo obiettivo inflazionistico più basso, cosi da ottenere lo spostamento
verso il basso della curva di domanda aggregata di lungo periodo la LAD si sposta verso il basso, in LAD’ (grafico 1)