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«Verbier Festival 2021».

Venerdì, 23 luglio 2021


«Incontro con Behzod Abduraimov». A cura di Roberto Corrent

CD 1, n. 2 Sergej Prokof’ev: «Четыре пьесы для фортепиано» | «Quattro pezzi per pianoforte»
Decca (2’36) op. 4 (estr.).
4. Наваждение | Suggestion diabolique. Prestissimo fantastico
Behzod Abduraimov, pianoforte
Rec.: Monmouth (Wyastone Estate, Concert Hall), 28 giugno – 1° luglio 2011

CD 2, n. 13 Sergej Rakhmaninov: «Рапсодия на тему Паганини» | «Rhapsody on a Theme of


Sony(1’09) Paganini» op. 43 (estr.).
Variazione XII. Tempo di minuetto
Behzod Abduraimov, pianoforte
Luzerner Sinfonieorchester
James Gaffigan
Rec.: Luzern (KKL | Kultur- und Kongresszentrum Luzern, Konzertsaal), luglio 2019

CD 2, n. 24-25 Sergej Rakhmaninov: «Рапсодия на тему Паганини» | «Rhapsody on a Theme of


Sony(1’59) Paganini» op. 43 (estr.).
Variation XXIII. L’istesso tempo –
Variation XXIV. A tempo un poco meno mosso
Behzod Abduraimov, pianoforte
Luzerner Sinfonieorchester
James Gaffigan
Rec.: Luzern (KKL | Kultur- und Kongresszentrum Luzern, Konzertsaal), luglio 2019

Luzern, KKL, Solistenzimmer, 30 agosto 2019

R.C.: La prima domanda è d’obbligo. Il suo nome non è svizzero. Come si pronuncia?
B.A.: Il mio nome è Behzod Abduraimov.

R.C.: Behzod Adbudaimov, tra qualche settimana compirà 31 anni… Lei ha già alle spalle una
carriera di successo che iniziò insieme a un pianista che nel 2001 si aggiudicò il premio del
prestigioso concorso pianistico Van Cliburn: Stanislav Ioudenitch. Per altro vinse a pari merito con
Olga Kern. Ci può raccontare in che rapporti eravate? Come era studiare con Ioudenitch?
B.A.: Prima di tutto vorrei dire che anche Stanislav Ioudenitch è di origini uzbeche. Fino all’età di
15 anni studiai a Tashkent in Uzbekistan. Successivamente, iniziai a cercare delle scuole all’estero:
a Mosca, Londra, Parigi e New York. A pochi mesi dalla mia partenza per la Julliard però, Stanislav
Ioudenitch venne a sapere di me, e mi invitò all’Accademia Internazionale del Pianoforte Lago di
Como. Così mi recai a Como per seguire delle master class. Quando lo incontrai e mi esibii per lui
durante la prima master class, ho pensato: «Questa è la persona con cui devo studiare». Infatti si è
rivelata la migliore decisione che potessi prendere.

R.C.: Cosa rende così speciale il suo metodo di lavoro?


B.A.: La sua profonda musicalità. È evidente che a 15 anni sei in grado di suonare molto veloce,
molto forte e così via. Ma Ioudenitch mi ha aiutato a sviluppare la musicalità, a comprendere diversi
compositori e i rispettivi stili. Mi ha inoltre insegnato a trarre il massimo dei timbri possibili dal
pianoforte e a coltivare la mia individualità, pur restando rispettoso e vero delle intenzioni del
compositore. Abbiamo dedicato molto tempo a questa parte.

R.C.: Lei ricorre alle fonti? Dagli anni ’50 sono disponibili le edizioni Urtext per ogni compositore.
Ha mai avuto la curiosità di dare un’occhiata alla partitura originale per vedere com’è stata scritta?
B.A.: Assolutamente sì! Questi compositori erano dei geni, delle persone molto sagge e serie. È
fondamentale dedicare la massima attenzione a tutte le loro indicazioni, cercare di essere il più
precisi possibile oltre a naturalmente metterci il talento e la propria unicità nell’interpretazione che
si offre al pubblico.
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R.C.: Uno dei temi che mi piacerebbe affrontare con Behzod Abduraimov riguarda il Concerto per
pianoforte n. 2 di Rachmaninov, portato a termine anche grazie allo psicologo Nikolaj Dahl. Per noi
è un privilegio conoscere l’autore che esegue la propria opera. Prima di tutto, un giudizio di Behzod
Abduraimov su come Rachmaninov eseguiva i suoi brani, non solamente questo Concerto. È buffo
perché, se pensiamo al modo in cui una grande quantità di pianisti di oggi eseguono i suoi Concerti,
sembrano più ‘hollywoodiani’ loro di lui.
B.A.: Sì, ha ragione, nelle sue registrazioni a volte suona in maniera opposta rispetto a quanto
scritto nella partitura. Ma è comprensibile: nel modo di interpretare la sua stessa musica si avverte
una sorta di severità, di distanza. Essendo comunque una sua composizione, è in grado di
improvvisare durante le registrazioni. Per questo sembra diverso da quanto scritto sulla partitura.
Sarebbe un grosso errore copiarlo, per questo motivo bisogna seguire lo spartito.

R.C.: Mi parli del suo rapporto con la musica di Sergej Rachmaninov. Cosa ne pensa del Concerto
per pianoforte n. 2? È il suo preferito o semplicemente uno tra tanti?
B.A.: Naturalmente è uno dei miei preferiti: ogni volta che riprovo a suonare lo stesso brano, cerco
di rivisitarlo, come se fosse la prima volta. Può capitare che sfugga qualche dettaglio o che si notino
nuovi elementi. Ovviamente l’aspetto più intrigante di questo Concerto è il suo lato lirico. A
confronto con il Terzo Concerto, questo è molto più intimo. Il Secondo Concerto era di
fondamentale importanza per Rachmaninov. Credo che l’abbia composto per sé, quasi come se
avvertisse l’arrivo di qualcosa che gli avrebbe impedito di tornare in Russia, suo paese di origine,
per cui provava un profondo amore – intendiamoci, questa è una mia personale sensazione. Senza
dubbio questo è virtuosistico, ma è decisamente più “trasparente” del Terzo Concerto, che somiglia
quasi a un concerto sinfonico, con sia le parti pianistiche sia quelle orchestrali molto più massicce,
un Concerto mastodontico, qualcosa di completamente diverso. Nel Secondo Concerto sei più
spesso solo, e vi sono molti duetti, come nella musica da camera con melodie vengono eseguite in
modo trasparente insieme all’orchestra, in un certo senso non è così massiccio.

R.C.: La sua ultima registrazione di pagine di Rachmaninov per l’etichetta Sony è stata la Rapsodia
su un tema di Paganini op. 43 con la Luzerner Sinfonieorchester sotto la direzione di James
Gaffigan. E la Rapsodia fu composta a Hertenstein, vicino a Lucerna, dove Rachmaninov aveva la
sua residenza di vacanza, una costruzione a cui lo stesso Rachmaninov mise mano, ispirandosi allo
stile Bauhaus, Villa Senar. L’ha mai visitata?
B.A.: Sì. Ammetto che la registrazione con il Maestro Gaffigan e la Lucerne Symphony Orchestra è
stata un’esperienza straordinaria, ma altrettanto speciale è stato il fatto di suonare il pianoforte di
Rachmaninov, lo stesso pianoforte con cui ha composto la Rapsodia.

R.C: Lo stesso su cui Pletnev ha registrato il suo album, «Omaggio a Rachmaninov».


B.A.: Esatto, lo stesso pianoforte. È stato trasportato da Villa Senar. È stato un grande onore per
me.

R.C.: Come è stata la sua esperienza con questo pianoforte? So che è uno strumento molto
particolare e le sue dimensioni non sono le stesse di un normale Steinway D. Cosa ha di diverso?
B.A.: La sonorità è diversa da quella di un pianoforte moderno: produce dei timbri meravigliosi,
con i bassi molto profondi. Utilizzarlo per suonarvi un Concerto con orchestra è una sfida piuttosto
impegnativa, considerando il volume di suono che lo strumento dovrebbe sostenere; ma per la
registrazione credo che abbia funzionato piuttosto bene.

R.C.: Essendo Rachmaninov uno dei suoi compositori preferiti e avendo lui vissuto 9 anni a Villa
Senar, ha avuto una sensazione particolare nei giorni trascorsi in quel luogo?
B.A.: Assolutamente sì, semplicemente stando lì e osservando le sue cose… le partiture, il suo abito
da concerto. La persona che mi ha fatto da guida mi ha anche mostrato l’argenteria, le coperte,

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qualsiasi cosa appartenuta a questo genio. Il semplice fatto di trovarsi in quella casa sapendo che
Rachmaninov ci ha vissuto e composto la sua musica è stata una grande ispirazione per me. Bisogna
dire che ha scelto uno dei posti più belli dove vivere, direttamente sul lago. C’è una ragione molto
evidente per la quale ha scelto quel luogo: è come se avesse creato una piccola Russia.

R.C.: Questo è un ottimo punto, perché i critici in modo particolare non consideravano
Rachmaninov una persona moderna, ritenendo la sua musica appartenente ancora al 19., e non al
20. Secolo. Ma nel 1931 costruì Villa Senar, la cosa più moderna che all’epoca si potesse
immaginare. La sua prima registrazione con Decca è stata una sorpresa meravigliosa in virtù delle
scelte che ha fatto: al centro la Sonata per pianoforte n. 6 di Prokof’ev; in apertura la trascrizione di
Liszt della Danza Macabra di Camille Saint-Saëns, e a seguire Prokof’ev con la Suggestion
diabolique e di nuovo Liszt con un brano raramente eseguito, la Bénédiction de Dieu dans la
solitude. Ci può raccontare come è arrivato a strutturare questo recital?
B.A.: L’idea per il mio primo album si basava su tre tematiche: la guerra, Dio e le danze
demoniache: nella Sesta Sonata di Prokof’ev sono presenti tutte e tre. Ha ragione, purtroppo l’opera
Bénédiction de Dieu dans la solitude non viene eseguita spesso. Di tutte le composizioni di Liszt è
la mia preferita in quanto molto poetica e in un certo senso spirituale; è musica che ha composto nei
suoi ultimi anni di vita. Poi c’è il Mephisto Valzer, la Danse Macabre e la Suggestion diabolique.
Questo spiega il collegamento tra la guerra, Dio e le danze demoniache.

R.C.: Qual è il progetto per il prossimo recital di Behzod Abduraimov?


B.A.: Ho in progetto di registrare un CD sul tema dell’amore e della morte. L’idea è quella di
portare Wagner, almeno l’Isoldens Liebestod dal Tristano trascritto da Liszt, e la Sonata in si
minore di Liszt e i 10 Pezzi da Romeo e Giulietta di Prokof’ev.

R.C.: Ci vuole raccontare qualche aspetto della sua vita quotidiana? Ad esempio, le piace leggere o
guardare film o documentari?
B.C.: È evidente che l’attività di concertista a tempo pieno non concede molto tempo per se stessi.
Viaggio molto e il repertorio da studiare è molto ampio. Mi interessano molto le diverse culture del
mondo, in particolare modo sono incuriosito da come vive la gente nelle varie parti del mondo: nel
Bangladesh, in Nepal, in Amazzonia fino ai paesi sperduti della Groenlandia. La geografia mi ha
sempre affascinato. In verità il mio sogno era quello di diventare pilota; non lo sono diventato ma
comunque volo molto spesso (ride)! In futuro mi piacerebbe poter conoscere ed esplorare le culture
di questi Paesi. Forse un giorno riuscirò a visitare Tahiti, il Tibet e persino l’isola Pitcairn: sono
sicuro che in pochi l’avranno sentita nominare, ma per me sono luoghi remoti e affascinanti. Mi
intriga scoprire come queste popolazioni riescano ad adattarsi per vivere in posti come questi.
Hanno stili di vita completamente diversi dai nostri. Viviamo tutti sullo stesso pianeta ma siamo
molto diversi…

R.C.: Meraviglioso! Un’ultima domanda: stasera la potremo apprezzare insieme a uno dei direttori
d’orchestra che lei conosce meglio o, almeno, con cui ha lavorato più spesso: Valerij Gergiev. Sotto
la sua direzione ha eseguito anche il Primo dei cinque Concerti di Prokof’ev. Stasera si cimenterà
nel Secondo Concerto per pianoforte di Rachmaninov. Com’è nato il suo rapporto con Gergiev?
Sappiamo che Behzod Abduraimov è diventato uno dei suoi pianisti preferiti…
B.A.: È un onore sentirmi dire che sono uno dei suoi pianisti preferiti. Ci conoscemmo nel 2013
attraverso un amico comune. Un giorno Gergiev mi chiamò al telefono e mi chiese di incontrarci a
New York per conoscerci e fare due chiacchiere. E così fu. In seguito tornai a casa mia a Kansas
City, dove risiedevo allora. Dopo qualche giorno dal nostro incontro mi richiamò per invitarmi a
suonare in occasione di una cena organizzata da lui a New York, e ribadì che gli avrebbe fatto
molto piacere. Così mi recai a quella cena e mi esibii davanti agli ospiti. Tra gli invitati c’era anche
il soprano Anna Netrebko e molti personaggi famosi, tra cui politici e uomini d’affari. Ricordo di
avergli chiesto cosa potessi suonare e per quanto tempo. Lui rispose: «Una quindicina di minuti va

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bene». Mi sono preparato, ma ovviamente ero nervoso. Lui era seduto a pochi metri da me, e a un
certo punto mi presentò a tutti gli invitati. Disse: «E adesso ascoltiamo un giovane e talentuoso
pianista dall’Uzbekistan». Eseguii dapprima la Danse Macabre e in seguito un po’ di Schubert. Allo
scadere dei quindici minuti, Gergiev mi pregò di continuare con un po’ di Chopin. Gli dissi che
potevo suonare una Fantasia ma, essendo piuttosto lunga, forse non era adatta. Lui rispose: «No no,
è perfetta, suonala!» (ridono). Così continuai a suonare, ancora e ancora. L’esibizione è diventata
quasi metà recital. Era settembre 2013. A dicembre di quell’anno mi trovavo già a San Pietroburgo
con lui per esibirmi nel Concerto per pianoforte n. 3 di Prokof’ev e in un recital nella sala da
concerto del teatro Mariinskij. Da quel giorno abbiamo tenuto circa 50-60 concerti in tutto il
mondo.

R.C.: Avete in programma di registrare qualcosa insieme? Sarebbe bello!


B.A.: In effetti entro la fine di quest’anno (2019, n.d.t) verrà pubblicata una registrazione dal vivo
del Concerto per pianoforte n. 3 di Rachmaninov con la Concertgebouw Orkest di Amsterdam.

R.C.: Wow!
B.A: Sì, infatti non vedo l’ora!

R.C.: Grazie Behzod Abduraimov! È stato un piacere conoscerla!


B.A: Grazie mille.

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