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Tra Le Età e Le Esperienze Della Vita - Riassunto
Tra Le Età e Le Esperienze Della Vita - Riassunto
-CONOSCENZA
-CONSAPEVOLEZZA
-SAPER FARE
La razionalità dell’educazione è una realtà, prima di essere una riflessione pedagogica. Due aspetti che
non
sono separati, da un duplice punto di vista:
A- dal punto di vista della pratica educativa, perché quei tre aspetti sono parti integranti della stessa relazione
educativa.
B- dal punto di vista della consapevolezza razionale, perché si tratta di una relazione intenzionale, avente
uno scopo preciso e condiviso. Ogni relazione educativa deve avere razionalità interna alla relazione
educativa. La relazione tra educatori ed educandi è costituita anche da una dimensione di senso. La
consapevolezza che nella relazione educativa esiste anche questa dimensione razionale rappresenta il
contenuto conoscitivo, di una riflessione epistemologica, applicata in ambito educativo, che si può
rappresentare come una riflessione conoscitiva sulla struttura conoscitiva che è interna ad ogni attività
educativa e ne valuta la coerenza e quindi la validità.
Rivela la presenza di un livello di significati esistenziali, quello fattuale (espresso dalla relazione tra i
soggetti della relazione) e quello dinamico (espresso dai processi evolutivi che caratterizzano in particolare
l’evoluzione degli educandi).
EPISTEMOLOGIA: è una parola moderna, composta da due termini di derivazione greca: EPISTEME-
SCIENZA, ciò che da sé si impone, per la sua evidenza, necessità, coerenza. Una conoscenza vera,
razionalmente fondata. LOGOS-PAROLA, DISCORSO RAGIONATO, RIFLESSIVO. Discorso riflessivo
sulla struttura conoscitiva di un determinato sapere e quindi sulla sua validità.
EPISTEMOLOGIA PEDAGOGICA: settore della teoria pedagogica che studia i rapporti tra le varie
discipline che entrano nella pedagogia e le strutture teoriche e metodiche che ne sono le condizioni e il
risultato.
1. FORMAZIONE DEGLI EDUCATORI. L’educatore deve avere presente di essere un adulto che educa
altri adulti. Consapevolezza di operare in un contesto riflessivo, può rispecchiarsi non solo nelle
problematiche degli adulti, ma anche nel modo di affrontarle. L’educatore educa anche sé stesso, c’è un
legame tra educazione ed autoeducazione. Ciò che è specifico dell’educatore è forse il fatto di sapere di
dover essere il punto di partenza o di avvio dell’attività educativa. L’educatore deve essere consapevole di
svolgere un lavoro.
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Il lavoro è anche espressione di una duplice relazione, con altri soggetti, con una realtà, materiale o
immateriale, che viene modificata, valorizzata in vista di un bene superiore, nel contempo, quella stessa
realtà è anche danneggiata e distrutta.
L’educatore esercita un ruolo, il suo impegno si manifesta attraverso le competenze che è chiamato ad
esercitare.
2. CONTENUTI CONOSCITIVI RELATIVI ALLA FORMAZIONE PEDGOGICA DI BASE
-Una visione generale di cosa significhi educare (teoria generale dell’educazione)
-Una visione specifica (teoria dell’educazione lungo l’intero corso della vita)
L’esperienza educativa ha alcuni aspetti che la caratterizzano:
- Cos’è l’educazione: è un’esperienza d’incontro e di riconoscimento reciproco, che dà vita alla relazione
educativa
- Da dove nasce e a cosa mira l’educazione
- Quali i suoi contenuti
- In che modo si realizza l’educazione (metodo educativo)
- In che contesto avviene
- Chi sono i protagonisti
Si tratta di educare a vivere un’età della vita, che come tale è connessa a tutte le altre età e a tutto ciò che si
vive ad ogni età.
3. I CONTENUTI CONOSCITIVI RELATIVI ALLA VITA ADULTA E ANZIANA. Una visione generale
e una specifica (aspetti problematici, teorie mirate, difficoltà)
4.I CONTENUTI CONOSCITIVI RELATIVI ALLE MODALITA’ D’INTERVENTO DEGLI
EDUCATORI NELLE DIVERSE SITUAZIONI PROBLEMATICHE: una visione generale dei metodi
d’intervento con adulti e anziani, una visione specifica delle singole modalità d’intervento.
5. RIGUARDA IL CONTESTO: lo spazio, comunicativo, cognitivo, affettivo, interpersonale, familiare,
sociale, lavorativo, culturale. Il tempo e la percezione della sua costante accelerazione, il tempo e la
difficoltà di comprendere il valore del passato e del futuro.
Si opera sempre in modo intenzionale e seguendo un certo modello o schema di riferimento, sulla base del
quale poter avere una rappresentazione mentale di ciò che si intende fare. Nel linguaggio della filosofia della
scienza questo modello è chiamato PARADIGMA DI PENSIERO. I paradigmi di pensiero sono presenti e
condizionano ogni atto di conoscenza e influenzano pesantemente ogni attività pratica.
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LA CONCEZIONE DEL PARADIGMA SECONDO THOMAS S. KUHN
Il termine italiano paradigma deriva del greco, PARADEIGMA che significa MODELLO, ESEMPIO. In
Platone il mondo delle idee era considerato modello ontologico e sovrasensibile, sempre identico e quindi
eterno.
Per Aristotele il paradigma aveva una funzione logica, nel senso di un esempio, particolar ma che ha un
significato generale.
La ripresa del termine paradigma. Un paradigma è ciò che viene condiviso dai membri di una comunità
scientifica, e inversamente, una comunità scientifica consiste di coloro che condividono un certo paradigma.
Il paradigma non riguarda solo i contenuti, ma anche il modo di pensare e di organizzare i contenuti.
Non c’è scienza normale senza paradigma
Il paradigma permette di chiarire tre punti essenziali per l’indagine scientifica
La determinazione dei fatti rilevanti, il confronto dei fatti con la teoria, e l’articolazione della teoria
Serve per affrontare ulteriori problemi ed ampliare così la conoscenza
È lo strumento per un ulteriore articolazione e determinazione sotto nuove o più restrittive condizioni.
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INDIVIDUAZIONE DELLE QUATTRO FASI IN CUI SI ARTICOLA LA VITA ADULTA
Il primo elemento di un possibile modello di pensiero è dato dalla possibilità di considerare l’adultità come
un’età della vita che evolve e si sviluppa in un lunghissimo arco di tempo, composto di fatto da quattro o
addirittura da cinque decenni.
La consapevolezza di essere diventato adulto è una realtà che matura gradualmente nel tempo, spesso
pervenendo, ciascuno a suo modo, a livelli di consapevolezza sempre più ampi e più profondi.
SECONDO MOMENTO: la prima delle due fasi esistenziali centrali. Dimensione sociale della vita
adulta, perché indirizzata verso la realizzazione di sé in rapporto alla realtà esterna
L’individuo adulto dovrebbe arrivare dapprima a scoprire, a sperimentare e poi a sviluppare certe capacità o
competenze, che gli permettono di affrontare le sfide che ogni fase della vita adulta porta con sé. Renderlo
consapevole di possedere ciò che gli serve per assolvere il compito esistenziale specifico di cui ogni fase
esistenziale ha permesso di viverne una porta importante.
STATO DI CONSAPEVOLEZZA PROGRESSIVO. Ogni fase esistenziale permette all’adulto di
comprendere qualcosa della vita che prima non comprendeva o che comprendeva in modo diverso.
Pensare che le quattro fasi esistenziali non emergano necessariamente in rigida successione, ma che siano
ipotizzabili come tutte presenti fin dall’inizio dell’età adulta, sia pure in modo confuso.
Non è detto che una volta vissuta una determinata fase non ritorni più ad essere centrale.
VISIONE GLOBALE
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2- PERCHE’ UNA PEDAGOGIA DEL
CORSO DELLA VITA?
IL CORSO DELLA VITA E’ UNA REALTA’ PRIMA DI ESSERE UNA TEORIA. DA ADULTO SI PUO’
CAPIRE LA VITA E LA SUA VERITA’, ANCHE RICORDANDO LA PROPRIA INFANZIA.
Un esempio illuminante di questa realtà unitaria della persona viene dallo scrittore tedesco, naturalizzato
svizzero, Hermann Hesse.
Vivere da adulto il tempo della primavera, ricordando i sentimenti della propria infanzia.
Nel suo libro, Le stagioni della vita, riflettono sulle fasi della sua vita, Hesse conferma come queste siano
strettamente legate tra loro, tanto da rivivere da adulto le medesime sensazioni vissute durante l’infanzia,
accompagnate anche da ricordi molto specifici.
Qualcosa di simile accade anche con l’avvento di una nuova fase della vita: Accade da sempre che questa
fase si manifesti in modo evidente, ma non la si vede mai quando esattamente essa arriva. Hesse descrive
l’esperienza vissuta e compresa in quel momento, e tale da rimanergli impressa nel cuore, e dichiara di aver
provato una scossa, una molteplice emozione. Esperienza che allo stesso tempo lo desta a una nuova
consapevolezza.
La consapevolezza che nella vita si diviene e insieme si muore di continuo.
Un modo per vivere tale esperienza potrebbe essere quello di averne consapevolezza, per poi continuare a
ripensarne il significato in età adulta e anziana.
CAPIRE IL COMPITO DELLA VITA DA ANZIANO, CONFRONTANDOLO CON QUELLO GIOVANILE
Vi è un legame tra le esperienze vissute nella prima parte della vita, che da essa si riflette sulle altre età.
Essere anziani è un compito altrettanto bello e santo quanto essere giovani, imparare a morire e morire sono
una funzione altrettanto preziosa, a patto che sia compiuta con il rispetto per il significato sacro di ogni vita.
Il bisogno della gioventù è di potersi prendere sul serio, il bisogno della vecchiaia è di sapersi sacrificare,
perché al di sopra di essa vi è qualcosa da prendere seriamente.
Poiché compito, desiderio e dovere della gioventù è il divenire, compito dell’uomo maturo è liberarsi di sé.
La narrazione autobiografica è una testimonianza esemplare di come la persona adulta, o anziana, sia in
grado di vivere, attraverso la memoria e il racconto, la continuità tra le età della vita e quindi la loro unità
esistenziale, da cui deriva la consapevolezza della propria identità personale.
Il modo con cui si attua questa esperienza esistenziale è dato dalla convergenza di due elementi, IL
RACCONTO DI SE’ e la sua INTERPRETAZIONE IN CHIAVE SIMBOLICA. Il simbolo è una forma di
conoscenza che parte da qualcosa di concreto e dal suo significato materiale, per comprendere attraverso di
esso altri significati, che riguardano il senso della propria esistenza.
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RICERCA PSICOLOGICA E PEDAGOGICA SUL CORSO DELLA
VITA
DEFINIZIONE E OBIETTIVI DELLA PSICOLOGIA DEL CICLO DI VITA
La psicologia studia i processi di sviluppo e di maturazione lungo l’intera vita umana. Si interessa ai processi
di sviluppo e di maturazione delle funzioni e delle abilità psichiche e sociali attraverso le quali si realizza
l’esistenza di ogni essere umano. L’evoluzione nel tempo di questi processi si configura in un continuum in
cui gradualmente l’individuo acquista nuovi modi di essere e nuove strutture che trascendono quelli
precedenti, senza annullarli. L’interesse della disciplina, è quindi, sull’individuo, unitariamente considerato
nelle sue attività psichiche e nelle diverse manifestazioni del suo comportamento.
Lo sviluppo è un processo attraverso il quale un organismo acquista la capacità di affrontare con sempre
maggiore successo il proprio ambiente modificandosi e differenziandosi nelle strutture, nelle funzioni e nei
comportamenti, grazie alla maturazione biologica e all’influenza che gli stimoli ambientali esterni hanno
sulla stessa crescita.
Si concentra soprattutto su DINAMISMO ESPANSIVO, RELAZIONALE, E DI PROGRESSIVA
MATURAZIONE.
I PRESUPPOSTI CONOSCITIVI DELLA PSICOLOGIA DELL’ARCO DI VITA (BALTES E REESE)
- Continuità e discontinuità: Lo sviluppo individuale dura tutta la vita e include una serie di
adattamenti e ristrutturazioni dei periodi precedenti. Sia processi di tipo cumulativo (continui), che
innovativo (discontinui)
- Variabilità intercompartimentale: gli schemi individuali nel modo di vivere il cambiamento
variano a seconda del tipo di comportamento. Pluralità.
- Plasticità intraindividuale: lo sviluppo individuale può assumere molte forme in relazione alle
condizioni di vita che il soggetto ha incontrato e sperimentato.
- Influenza socio-culturale
- Pluralismo esplicativo: cambiamenti simili, in soggetti diversi, possono essere spiegati in più modi,
quali influenze storiche, biologiche, mutamenti sociali e personali.
ELEMENTI PER UNA PEDAGOGIA DEL CICLO DI VITA
- Rapporto con la pedagogia generale. La pedagogia del ciclo di vita ha in comune con la pedagogia
generale, l’approccio conoscitivo di carattere generale, la differenza dalla pedagogia generale è data
dal fatto che tale approccio si limita al solo ciclo esistenziale della vita umana e della sua
educazione.
- Rapporto con educazione degli adulti. L’educazione degli adulti riguarda una specifica età della
vita umana, il lavoro educativo che essa comporta e che comprende anche le connessioni con le altre
due età che le sono prossime, quella giovanile e quella anziana. Ha in comune il riferimento costante
alla concretezza delle problematiche educative affrontate.
La pedagogia del ciclo di vita è un sapere mediano e transdisciplinare.
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Sapere mediano, sapere tra, nel senso che facilita il passaggio conoscitivo (da qui la transdisciplinarità) tra i
temi fondamentali della pedagogia generale, e le problematiche concrete dell’educazione degli adulti.
Rilegge i temi e i concetti educativi generali alla luce delle situazioni esistenziali che caratterizzano il ciclo
di vita e viceversa.
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L’essere umano si caratterizza sempre in modo nuovo: Tuttavia è sempre dello stesso uomo che si tratta. La
diversità delle situazioni non annulla l’unità, anzi proprio l’unità si afferma nella diversità.
Se non ci fosse la consapevolezza della propria unità, l’essere umano non potrebbe pensare nemmeno di
manifestarsi anche in forme diverse e molteplici.
Ogni ora, ogni giorno, ogni anno sono vive fasi della nostra esistenza concreta, ciascuna di esse accade una
sola volta.
Ogni fase della vita è inserita nella totalità, come sua parte integrante.
Ciascuna di queste fasi è anche una vera e propria forma di vita con la sua specificità, perciò non è possibile
dedurre una singola età da un’altra, ne è facile, passare da un’età all’altra della vita, proprio a causa della
loro diversità.
La consapevolezza della propria continuità passa attraverso la memoria e la previsione. Ogni fase è
strettamente connessa anche con tutte le altre. La consapevolezza della continuità tra le fasi della propria
vita, e non solo della loro discontinuità, è evidenziata in modo particolare, secondo l’autore, dalla memoria
(che unisce al passato) e dalla previsione (che unisce al futuro).
Ogni fase è qualcosa di peculiare che non si lascia dedurre né da quella precedente né da quella successiva.
Ogni fase è inserita nella totalità e ottiene il proprio senso soltanto se i suoi effetti si ripercuotono sulla
totalità della vita.
LA PRESENZA FONDAMENTALE DI UNA CRISI TRA LE FASI DELLA VITA
Ogni età della vita ha un suo compito, la crisi apre ad una nuova fase.
Il passaggio da una fase all’altra è caratterizzato da una specifica forma di crisi. Il valore fondamentale delle
singole crisi è dato dal fatto che ciascuna di esse mostra come ciò che si è raggiunto in una determinata fase,
per quanto sia importante, non esaurisce tutto ciò che l’essere umano deve diventare per essere pienamente
se stesso.
Virgilio Melchiorre evidenzia il carattere non solo esistenziale ma anche etico, di questa esperienza: ogni
epoca della vita ha il suo valore perché ha un suo preciso compito specifico.
Ogni fase ha un suo senso a appunto un suo insostituibile valore. Nessun tempo va, dunque sottratto ai propri
ritmi. Nessun tempo va forzato a essere altro. Nessun tempo può erigersi come il tempo migliore. Il meglio
sta solo nell’equilibrio che la vita ha conseguito nel punto in cui è giunta a se stessa.
PAREYSON DESCRIVE LA PERSONA UMANA COME CARATTERIZZATA DA QUATTRO
DIMENSIONI ESISTENZIALI.
Come avviene nel concreto che si diventa persona?
LA PERSONA PUO’ ESSERE DEFINITA QUANDO LA SI CONSIDERA COME ESISTENZA, COME
COMPITO, COME OPERA, COME IO.
ESISTENZA: è il compito dell’infanzia, uscire fuori e determinarsi, avviando il processo di sviluppo.
COMPITO: età giovanile, individuare il progetto esistenziale, personale e professionale.
OPERA: realizzare la propria esistenza attraverso la realizzazione del proprio progetto
IO: riconoscere di essere chi si è diventati
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3- PARTE CONOSCITIVA
SIGNIFICATO ETIMOLOGICO E SEMANTICO DELLA PAROLA ADULTO
Il linguaggio ha una funzione di mediazione conoscitiva tra ciò che il soggetto vive, pensa e poi comunica, e
la realtà che è oggetto di comunicazione.
Analisi etimologica della parola adulto. Deriva dal participio passato del verbo latino ADOLESCO,
ADOLESCIS, ADOLEVI, ADULTUM, ADOLESCERE che significa crescere, aumentare, rafforzarsi.
Il participio presente nello stesso verbo è ADOLESCENS, colui che sta crescendo, mentre ADULTUM
indica colui che è cresciuto.
La parola adulto indica il soggetto che dapprima era adolescente, quindi stava crescendo, ma che poi è
cresciuto.
Il caso più frequente lo si usa come aggettivo, che è un modo debole di utilizzarlo. Indica non una realtà
specifica ma una qualità, non sempre ben definita, nel modo di essere di una persona o di un’organizzazione
culturale, sociale, politica o religiosa.
Si utilizza il termine adulto in senso forte quando lo si usa come sostantivo, indicante cioè una specifica età
della vita, distinta da altre età e da altri modi di vivere l’esistenza umana.
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La definizione psicologica è connessa all’autonomia e alla responsabilità. Diventiamo adulti quando
arriviamo ad un concetto di noi stessi come persone autonome e responsabili della nostra vita.
Quella di Knowles è la descrizione del divenire dell’adultità sociale.
La conclusione di Knowles è significativa perché conferma l’idea che sembra tuttora condivisa a livello
sociologico e psicologico, che diventare adulti si identifichi di fatto con il processo di socializzazione. Si
potrebbe osservare, però, che in tal modo ciò che si forma è solo l’adulto sociale o psico-sociale, intendendo
con ciò il soggetto che ha portato a compimento il processo di inserimento e di adattamento sociale, che ha
percorso le tappe segnate da indicatori precisi, il corpo, la legge, la società e le sue esigenze, lo sviluppo
psicologico.
L’adultità non coincide per intero con la sola dimensione sociale.
Il processo di socializzazione rappresenta solo una dimensione della vita adulta. La realtà della vita adulta va
anche oltre la dimensione sociale, fosse anche solo nel senso che ogni adulto continua a essere soggetto
individuale, con una vita personale e una storia unica, diversa da quella di ogni altro individuo.
LA DISTINZIONE TRA RUOLO, ADULTITA’ E PERSONA
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- Vicende, a volte gioiose a volte dolorose fino ad essere drammatiche, comunque sempre sofferte, che
segnano l’esperienza dei passaggi di vita. Spesso l’adulto fa l’esperienza di cambiare.
Appare lecito ipotizzare che vi siano aspetti esistenziali che non riguardano ciò che l’adulto fa, quanto
piuttosto ciò che egli continua ad essere anche al di là del proprio agire concreto.
Concentrare la riflessione su ciò che gli adulti sono in quanto adulti.
PERSONA: concetto filosofico indicante l’essenza stessa dell’uomo in quanto tale e avente quindi valore
ontologico, la categoria dell’adultità è di natura esistenziale, indicante un soggetto concretamente vivente in
una determinata fase della propria vita.
Adultità e persona non sono sinonimi. L’adultità è solo uno dei tempi della vita umana in cui si manifesta la
persona.
L’adulto che non abbia coscienza della natura globale della propria vita, può finire per avere anche di sé
un’immagine riduttiva cioè limitata al solo esercizio dei ruoli, con i risvolti dolorosi che questa situazione
porta con sé.
Più si è adulti e più si dovrebbe essere in grado di affrontare in modo competente e responsabile i ruoli che
come adulti si ricoprono, senza soccombere ad essi o dipendere da essi.
ADULTITA’ COME ELEMENTO DI MEDIAZIONE TRA L’AGIRE ATTRAVERSO I RUOLI E
L’ESSERE PERSONA
TUTTE LE ETA’ DELLA VITA SVOLGONO UNA FUNZIONE DI MEDIAZIONE TRA IL SOGGETTO
E LA REALTA’.
Il concetto di adulto può fungere da mediazione e dunque da punto di incontro tra i ruoli che pongono
l’adulto in relazione con la dimensione esterna della propria vita, la cui dimensione richiama alla dimensione
interna della vita individuale.
Tra l’esercizio dei ruoli e la realtà dell’essere persona è necessario riconoscere la presenza
dell’adultità.
La correlazione tra adultità, ruoli e persona indica una duplice interdipendenza esistenziale.
L’adultità è posta al centro. La posizione dei ruoli è indicativa della direzione verso la realtà sociale, o più in
generale verso la realtà esterna al soggetto. La posizione della persona è indicativa della direzione verso la
realtà interna, coinvolge il soggetto nella sua interezza
La persona adulta si trova a vivere contemporaneamente le due dimensioni: quella esterna, quella interna.
L’età adulta si manifesta al suo esterno attraverso l’esercizio dei ruoli sociali, ma al suo interno lo stesso
adulto si radica nella profondità del proprio significato esistenziale
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4. DALL’ETA’ GIOVANILE ALL’ETA’
ADULTA
COME IL PASSAGGIO ALL’ETA’ ADULTA VENIVA SPIEGATO NEL SECOLO SCORSO
Nella metà del secolo scorso Piaget definiva la graduale entrata nella vita adulta come determinata a livello
cognitivo dal raggiungimento della fase delle operazioni formali.
Quest’ultima fase dello sviluppo cognitivo, associata ai cambiamenti fisici, ormonali, alle modifiche di status
familiare e sociale, portava progressivamente all’entrata nell’età adulta.
Negli anni 70, Erikson individua nell’adolescenza la definizione dell’identità personale.
Alla fine degli anni 70, Levinson elabora una teoria in cui delinea le fasi di stabilità e di cambiamento che
caratterizzano anche il passaggio dall’età giovanile a quella adulta.
Infine negli anni 80 Havighrust individuava quali dovevano essere, secondo la società americana, i compiti
di sviluppo che un giovane doveva raggiunger per diventare una persona adulta.
Queste teorie avevano in comune l’idea di progressione che culminava con la pienezza e la stabilità dell’età
adulta. (momento topico dello sviluppo). TEORIA STADIALE
La transizione all’adultità è diventata più complicata, multidimensionale, prolungata, descrivibile come un
processo.
Il momento della transizione all’età adulta costituisce un punto di snodo quanto mai vulnerabile per la
storia di vita individuale e per le connessioni con la vita sociale e professionale delle persone. Esso
rivela la criticità di questo periodo del corso di vita.
LE PRINCIPALI TAPPE DELLA TRANSIZIONE IN ITALIA, SECONDO LE INDAGINI IARD
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La categoria dei giovani continua però a corrispondere alla fase di passaggio verso la vita adulta, che ha
come tappe cruciali la conquista di una indipendenza dalle generazioni precedenti (autonomia dei genitori) e
fornire una continuità verso le generazioni successive (formazione della famiglia e scelte riproduttive).
Meno si favorisce la progettazione e la possibilità di una realizzazione con successo di tali tappe, più
problematico risulta il presente dei giovani, ma anche più incerto diventa il futuro del paese in cui vivono.
La differenza vera, quindi, non sta tanto in quello che le nuove generazioni vorrebbero fare, ma in quello che
riescono poi effettivamente a realizzare. È su questo ultimo aspetto che il nostro paese rivela le sue maggiori
carenze. Ma l’evidenza empirica ottenuta è tale da far mettere in primo piano soprattutto le difficoltà
oggettive nel realizzare con successo le tappe di transizione alla vita adulta.
DUE CAUSE SPECIFICHE AL FONDO DELLA FATICOSA TRANSIZIONE DEI GIOVANI
Gli adulti proiettano sui giovani le loro difficoltà e rinunciano al loro ruolo educativo
Nell’Italia di oggi, gli adulti proiettano sui giovani più le loro paure che le loro speranze. I giovani si trovano
a convivere con generazioni di adulti che guardano con incertezza al futuro, hanno accorciato i loro orizzonti
temporali, hanno abbandonato speranze e illusioni, ridotto il livello delle loro aspirazioni e soprattutto hanno
spesso rinunciato a porsi come modelli coi quali i giovani possono confrontarsi, per imitarli o per rifiutarli.
Hanno cioè rinunciato, come genitori alla loro funzione educativa.
A far problema quindi non sono tanto i giovani, quanto la società degli adulti che proietta sui giovani le
proprie difficoltà.
GIOVANI NEET, pratiche antisociali, utilizzo di internet, con particolare riferimento ai social network.
Sono spesso utilizzati come via di fuga più che come strumento per trovare informazioni utili e condividere
esperienze che aiutino ad uscire dalla condizione di inattività corrosiva.
COME I GIOVANI ENTRANO NELL’ETA’ADULTA SECONDO J.ARNETT
Questa modalità riguarda i giovani tra i 20 e i 30 anni che definisce come ADULTITA’ EMERGENTE.
Non più adolescenti e non ancora adulti, questi giovani vivono un periodo peculiare di transizione che
presenta delle caratteristiche ricorrenti, benché non omogenee e generalizzabili.
- La continua ricerca dell’identità personale
- Il vissuto di instabilità a vari livelli
- La focalizzazione sullo sviluppo e sulla realizzazione personale
- La percezione di vivere una transizione
- La credenza ottimistica relativa al fatto di avere molte e possibili traiettorie di vita aperte
Mette in luce il fatto che alcuni marcatori tradizionali, caratteristici dell’età adulta, abbiano perso, per gli
intervistati, la loro importanza regolativa e vincolante.
- I ruoli sociali
- Le capacità familiari (prendersi cura di qualcuno, avere, mantenere casa, supportare
economicamente la famiglia)
- Il rispetto delle regole (evitare l’uso di droghe, compiere atti vandalici, guidare in modo corretto)
- Le transizioni biologiche e cronologiche-legali (ottenere la patente di guida)
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Ricevono un minor accordo rispetto a un sesto criterio che l’autore sintetizza con il termine individualismo.
INDIVIDUALISMO: accettazione della responsabilità delle proprie azioni, capacità di decisione autonoma
rispetto a valori e credenze, capacità di stabilire relazioni alla pari con i propri genitori, essere
economicamente e logisticamente indipendenti dai genitori.
L’adultità emergente come un periodo associato a un progetto di sviluppo individuale, caratterizzato da
una dinamica evolutiva senza fissa conclusione in termini cronologici o in risultati qualitativi, diventare
adulto implica la capacità sostare in un percorso di perfezionamento graduale, aperto e non totalmente
definibile o raggiungibile. Associa l’adultità emergente a un attraversamento, che espone ad aspetti
potenzialmente critico e di vulnerabilità con conseguenze su tutto il corso di vita.
All’inizio dell’adolescenza vi è sempre l’esperienza di qualcosa che durerà nel tempo. Quando fisicamente si
acquisisce il potere di procreare, quando la persona dà segni di avere meno bisogno di protezione da parte
della famiglia, quando comincia ad assumere responsabilità, cerca l’indipendenza e dà prova di
autosufficienza, qui ha inizio l’adolescenza.
Più difficile è stabilire quando essa termina. Non è un caso che mentre di riesce a collocare l’inizio
dell’adolescenza facendola coincidere con la crisi puberale, si fatica invece a fissare un termine ed oggi si
parla sempre più di adolescenza protratta.
Non esiste una fine dell’adolescenza. Essa non si configura più come il tempo di massimo concentrazione dei
processi essenziali per tutto il corso della vita successiva.
La competenza ad affrontare i mutamenti riguardano la capacità di governare la tensione permanente tra i
poli della continuità e della rottura. Su quest’asse si struttura il senso dell’identità personale e della
permanenza. In questo senso, l’adolescenza rappresenta una sorta di prova di abilità in transito.
L’adolescenza è un periodo che non termina in se stesso e che lascia aperti sul resto del ciclo di vita gli
apprendimenti avviati dalla stessa crisi esistenziale che caratterizza l’età adolescenziale.
Sono concentrati in quest’età gli snodi più significativi dell’esperienza umana, quegli stessi che
incontriamo diluiti nell’arco della vita: il dramma della scelta, la necessità di cambiare, la paura di farlo.
L’esperienza affascinante e insieme disorientante di poter diventare qualsiasi cosa. Come accade in ogni
crisi, anche quella adolescenziale rappresenta un momento tanto decisivo quanto appassionante e
destabilizzante allo stesso tempo.
Una crisi che implica una scelta tra la sicurezza della situazione attuale e l’avventura verso una situazione
nuova e quindi sconosciuta. La crisi ha in sé anche un elemento dinamico di potenzialità: spesso
l’adolescente la vive come totipotenzialità, sente cioè di poter diventare qualsiasi cosa.
Proprio il sentire di poter diventare qualsiasi cosa, può aiutare a comprendere perché un adolescente si possa
sentire fragile e spavaldo, con un forte bisogno di essere ammirato, ma anche con il terrore che il suo sia un
desiderio impossibile da realizzare.
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La crisi è una fase che può essere più o meno lunga, caratterizzata da una discontinuità dovuta alla
trasformazione dello sguardo che l’adolescente è in grado di fare. Le caratteristiche di discontinuità non sono
da ricercarsi nei contenuti della crisi, ma nella difficoltà a cambiare il punto di vista su di sé e sul mondo, che
l’adolescente sta piano piano elaborando.
L’adolescente ha quindi la possibilità di dislocarsi al di fuori di sé e di percepire il proprio sé che cambia in
relazione al proprio corpo e al sistema di relazioni che cambiano.
L’adolescente dovrà passare attraverso l’arduo passaggio dell’accettazione di essere come tutti, conservando
il sentimento di essere unico e irripetibile.
I problemi che incontra per la prima volta un adolescente non terminano con l’adolescenza, ma da questo
momento entrano a far parte dell’esperienza di ciascuno. Si configura come passaggio della soglia. Lo
sviluppo viene concettualizzato come cambiamento continuo e nello stesso tempo, permanenza
contemporanea delle acquisizioni precedenti e di più livelli di esperienza.
Si inizia in qualche modo a intuire o a sognare il proprio futuro.
Questo momento immaginativo del proprio sé, rappresenta un elemento essenziale perché può rappresentare
il primo modo di rapportarsi con la realtà in modo adulto, cioè in modo personale e sempre più
responsabilizzante, sebbene avvenga attraverso una visione più intuitiva, emotiva e necessariamente
generica, che motivata.
LA STRUTTURA DELLA VITA INDIVIDUALE E IL RUOLO DELLE SCELTE
La struttura della vita di un adulto è segnata da un processo di sviluppo che è condizionato non solo dal
contesto socio-culturale in cui vive, ma anche dalle componenti del proprio sé.
L’elemento fondamentale nella vita di un individuo è dato dalle scelte, che segnano il rapporto tra il soggetto
e la realtà.
Le scelte segnano il passaggio tra i due grandi periodi che si alternano nel corso della vita adulta:
- I PERIODI DI STABILITA’, cioè di costruzione della struttura della propria vita, che durano circa
6-7 anni
- I PERIODI DI TRANSIZIONE, cioè di cambiamento di quella stessa struttura, che durano circa 4-5
anni. Questi periodi pongono fine al modo di vivere esistente in precedenza, e creano nel contempo
la possibilità di tornare a vivere un nuovo periodo di stabilità.
LE PRIME ALTERNANZE DI PERIODI: DALL’ABBANDONO DELL’ETA’ GIOVANILE ALLE
SOGLIE DELL’ETA’ ADULTA.
- LA TRANSIZIONE DEI VENT’ANNI: il passaggio alla vita giovanile a quella adulta (18-22 anni
circa)
- LA PRIMA STRUTURA STABILE: entrare nel mondo degli adulti (22-28 circa). In questa fase di
relativa stabilità il giovane adulto vive due compiti fondamentali e opposti, di difficile equilibrio. 1-
esplorare i modi con cui si potrebbe vivere da adulti 2-iniziare comunque a costruire una struttura di
vita stabile
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- LA TRANSIZIONE DEI TRENT’ANNI: cambiare la prima struttura della vita (28-33 circa)
Avvertire che il carattere provvisorio della vita sta finendo, concretizzarsi con l’assunzione di scelte
impegnative e definitive. Per alcuni può sfociare in una crisi, per insoddisfazione delle scelte prese in
precedenza. Questa crisi può sfociare quindi in un brusco cambiamento di rotta rispetto al passato,
oppure si risolve nella scelta di continuare, pur avvertendo che in questa decisione vi è qualcosa di
sbagliato.
I COMPITI PERSONALI, FORMATIVI, PROFESSIONALI E AFFETTIVI CHE IL GIOVANE DEVE
ASSOLVERE
Levinson da particolare rilievo a quest’ultima fase della vita di un giovane che diventa adulto. Il giovane ha
necessità di assolvere a quattro compiti fondamentali.
- Compito personale: definire un sogno sulla sua realizzazione da dulto
- Compito formativo: trovare un consigliere, una guida. Deve trattarsi di un soggetto che condivida il
sogno, dia fiducia ma che sia anche competente e capace di insegnare le abilità necessarie. La
funzione principale della guida è di garantire il passaggio al mondo degli adulti.
- Compito professionale: intraprendere una carriera, congeniale al sogno coltivato
- Compito affettivo: stabilire relazioni intime con una persona speciale. Questa capacità arriva a
compimento proprio intorno ai 30 anni (maschi)
APPLICAZIONE DELLE TEORIE DI LEVINSON AL MONDO FEMMINILE
Implica i quattro compiti sopra descritti, con almeno tre differenze
- I passaggi della vita adulta sono meno legati all’età e più al ciclo della vita familiare
- Il modo di vivere il proprio sogno. Gli uomini tendono ad avere una visione unificata del loro futuro
centrato sul lavoro, mentre molte donne tendono ad avere sogni separati. Per la maggior parte
mostravano sogni distinti legati al lavoro e alla famiglia.
- La presenza del consigliere è meno presente
DIVENTARE ADULTI COSTRUNEDO LA PROPRIA PERSONALITA’
Romano Guardini individua una condizione necessaria perché si aiuti il passaggio dall’età giovanile a quella
adulta. Si tratta di un’esperienza di crisi che provoca un distacco dai modi di pensare e di agire che sono
propri dell’età giovanile.
Ciò che sfugge al giovane per inesperienza, è la consapevolezza di arrivare a conoscere solo la punta visibile
di un iceberg, dimenticando che la gran parte di esso è nascosta.
LA DUPLICE ESPERIENZA FONDAMENTALE, DI CIO’ CHE È LA REALTA’ E DEI PROPRI LIMITI
CONOSCITIVI
Duplice graduale consapevolezza, da un lato di ciò che è la realtà e dall’altro il riconoscimento dei propri
limiti. Questa duplice consapevolezza matura attraverso una serie di insuccessi ai quali conduce il suo
comportamento idealistico.
Il giovane si rende conto di non saper fare molto di quel che credeva di saper fare, ma che è autentico. Egli
sperimenta quanto siano complicate le cose, quanto siano irreali i principi assoluti, e dovrà attuare di
continuo ciò che al giovane riesce cos’ difficile fare, venire a compromessi, nei quali si conquista la
possibilità di realizzazione, riducendo l’assolutezza delle pretese.
Egli fa la stessa esperienza anche su di sé. Il fatto che riconosca qualcosa come giusto, non significa in alcun
modo che lo faccia. Egli fallisce di continuo, e il bilancio etico che fa, riguardo a se stesso, da sempre
risultati negativi.
Scopre cosa sia la realtà dei fatti: è quello che non deve essere, ma tuttavia è. È ciò che non si lascia dedurre
dai principi. Si tratta di una realtà che è lì presente, con la quale si deve fare i conti, e solo un lento lavoro
riesce a padroneggiarla, la pazienza.
Chiaramente è mancato qualcosa, l’esperienza e questa mancanza ha fatto fallire tutto. Si impone quindi un
cambiamento di posizione, uno schema di vita, a suo tempo idoneo, giunge al suo epilogo, mentre deve
esserne elaborato uno nuovo.
Se il giovane non vive positivamente questo passaggio, è destinato ad avanzare nella vita continuando a
comportarsi in modo giovanilistico. Diventa un dottrinario, fanatico dei principi, critica tutto. Diventa un
eterno rivoluzionario.
DIVENTRE ADULTI È UNA SCELTA E UN PASSAGGIO DI VITA
Nella terza parte di questo capitolo ipotizzo che siano tre gli elementi che si sedimentano in modo
consapevole nel fondo nella memoria esistenziale della giovane persona adulta:
- La consapevolezza di avere sperimentato un profondo bisogno desiderio d’intimità
- La consapevolezza che la propria vita sia stata scandita dalle scelte
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- La consapevolezza che il diventare adulti comporta un prezzo doloroso: rinunciare a certi modi di
pensare e di agire che sono propri dell’età giovanile
TRA IL DESIDERIO D’IDENTITA’ E LA NECESSITA’ DI SCELTE: LA SCOPERTA DEL LIMITE
Il desiderio d’identità, ossia di diventare se stessi, all’inizio dell’adolescenza porta alla consapevolezza di ciò
che non si vuole essere negli anni successivi. Questa volontà si modifica gradualmente in ricerca di ciò che si
vuole diventare e arriva alla consapevolezza di voler compiere delle scelte definitive. L’identità del giovane
adulto è il risultato dell’incontro, scontro tra la sua spinta ideale, senza limiti e l’impatto con l’esperienza
concretamente determinata e la sua complessità.
Si tratta di incontrare quella parte di esperienza umana che fa scoprire di non essere onnipotenti. Mettersi in
rapporto con un altro impone il riconoscimento del proprio limite, la scoperta di non bastare a se stessi e di
essere interdipendenti.
L’ESPERIENZA DELLA SCELTA, COME ESPERIENZA DEL LIMITE E DEL SUO VALORE
LIBERANTE. (LEVINSON)
L’adulto è colui che sa costruire un rapporto adeguato tra la propria vita e la realtà in cui vive, e quando
questa adeguatezza viene meno, è capace di cambiare modo di rapportarsi con essa mediante nuove scelte.
Ogni scelta porta con sé l’esperienza della negazione, parziale o totale, del modo di vivere precedente, da qui
il distacco da quel passato e il passaggio a un modo diverso di vivere.
La vita umana in generale, e di quella adulta in particolare, è scandita dalle scelte che via via si compiono,
giuste o sbagliate che siano, ed anche dalle scelte che per diverse ragioni non si compiono e che vengono
subite, perché imposte da eventi o circostanze.
Ciò che unisce esistenzialmente l’età dell’adolescenza e quella successiva della adultità emergente, è
forse l’esperienza della scelta.
Mette fine ad uno stato d’incertezza, che potrebbe diventare una situazione paralizzante e nel
contempo apre la via alla possibilità di procedere nella direzione che si è deciso di intraprendere.
INCERTEZZA: significato ambivalente. Non sapere come si fa vuol dire essere incerti nel senso corrente
del termine, ma significa anche essere aperti al possibile.
L’incertezza è un’esperienza difficile da tollerare. Scegliere e prendere decisioni significa commisurare le
possibilità alla capacità reale di azione.
Ma quando la possibilità di scelta si allarga molto oltre la capacità effettiva del soggetto si produce la perdita
di confini dell’identità e la frammentazione dell’io. L’esperienza della decisione unisce possibilità e limite.
Decidere significa scegliere il possibile. La decisione è un paradosso perché l’esperienza è quella di vivere
contemporaneamente responsabilità e limite.
Ogni scelta rappresenta di per sé un rischio, il rischio di ciò che potrà accadere dopo la decisione presa.
Interroga il nostro rapporto intimo con il tempo. È un combattimento in cui non avremo modo di conoscere
l’avversario, un desiderio. Il rischio apre al caso. Lo vorremmo volontario quando invece di origina
nell’oscurità, nell’incerto.
Scegliere di accettare di diventare adulto significa vivere il rischio di ciò che potrà essere.
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VIVERE I PASSAGGI DI VITA: ESPERIENZE DI ROTTURA, SPESAMENTO E NUOVI EQUILIBRI
Diventare adulti comporta una serie di passaggi di vita. Momenti di crisi e di passaggio.
Ci sono scenari che cambiano improvvisamente intorno a noi, con la perdita delle sicurezze, del nostro
equilibrio mentale precedente, costruito su una situazione diversa, e con la fatica di orientarci per cercarne
uno nuovo, più adatto alla situazione attuale. Perdita delle sicurezze precedenti, spaesamento, paura terrore
del nuovo.
MARCOLI delinea un quadro dei passaggi di vita più comuni e dei vissuti che li accompagnano:
- INFANZIA-ADOLESCENZA
- ADOLESCENZA-ETA’ ADULTA
- PASSAGGI D’ETA’
- PASSAGGI DI CONDIZIONE
- PASSAGGI DI RUOLO
Ognuno di noi attraversa il territorio di nessuno, rappresentato dal non essere più esattamente quello di
prima, ma dal non sapere ancora chi siamo e chi diventeremo.
L’avere vicino qualcuno che lo possa intravedere per noi in silenzio, mettendoci in contatto con la speranza.
VIVERE UN PASSAGGIO DI VITA:
- Esperienza di perdita, perché è vissuta e accompagnata da una situazione di crisi, cioè di profonda
rottura, i cui effetti si dilatano nel tempo
- Esperienza di vuoto perché porta con sé la sensazione di aver perso qualcosa
- Esperienza di arricchimento perché una volta vissuta provoca un cambiamento profondo che
valorizza le risorse individuali e se ne scoprono di nuove.
- Esperienza di nuova fiducia in sé stessi, rinforza la fiducia nelle nostre capacità e quindi l’autostima.
L’aver superato e attraversato le difficoltà di una crisi ci permette di fidarci di noi stessi e delle
nostre risorse.
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PASSAGGIO DALLA TEORIA ALLA PRATICA. L’ADULTO E’ IMPEGNATO NELLA
COSTRUZIONE DELLE STRUTTURE FONDAMENTALI DELLA SUA VITA SOCIALE.
DETERMINA E PORTA A COMPIMENTO IL SUO PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE (adultità
sociale).
Assunzione di un insieme di ruoli e l’esito finale è l’acquisizione di status (stare fermo, occupare una
determinata posizione in modo stabile).
IL RAGGIUNGIMENTO DI UN’IDENTITA’ SOCIALE RICONOSCIUTA E QUASI TOTALIZZANTE
L’esercizio dei ruoli che l’adulto ricopre crea le condizioni perché si completi il processo di riconoscimento,
da parte del contesto sociale in cui si vive, a cui corrisponde un analogo processo di auto-riconoscimento da
parte del soggetto stesso.
Si può parlare non solo di adultità sociale, ma anche di identità sociale, che in questa fase riconosce se stessa
principalmente e prioritariamente attraverso le sue attività e il riconoscimento del loro valore, soprattutto da
parte degli altri. Nuove esperienze di generatività.
LA RESPONSABILITA’ RISPETTO AL COMPITO REALIZZATICO E LE DIFFICOLTA’ DA
AFFRONTARE.
Anche la seconda fase della vita adulta che riguardano la realizzazione di sé e l’acquisizione del proprio
ruolo e status sociali e come questo può avvenire. I progetti personali elaborati nella prima fase adulta, per
realizzarsi socialmente devono confrontarsi con i condizionamenti che possono venire proprio dal contesto
sociale contemporaneo, complesso.
L’esigenza di agire in modo competente nel lavoro ma non solo. Il bisogno di competenza richiede la
capacità di operare in modo sempre più preciso, efficace e adeguato ai compiti da assolvere, alle
responsabilità da sostenere e ai doveri da soddisfare.
L’adulto ha l’esigenza e la volontà di affrontare ogni cosa che fa, in modo non improvvisato, superficiale o
pressapochista ma sempre più adeguato, pertinente, efficace e possibilmente aggiornato. In ogni cosa che fa
si richiede competenza.
COMPETENZA: Deriva dal verbo latino competo, competis, competivi, competium, competere
(cum+petere) che significa cercare di giungere insieme a qualcosa, incontrarsi.
Colui che convergendo su un problema è in grado di affrontarlo in modo adatto appropriato e utile,
incontrandosi così con le richieste del richiedente e la realtà della situazione in cui opera.
CARATTERISTICHE OPERATIVE DELLA COMPETENZA: SAPER FARE IN MODO AUTONOMO E
RESPONSABILE
DEFINIZIONE OPERATIVA:
-come si manifesta: è un saper fare, la competenza si presenta come una prestazione complessa e stratificata,
in quanto composta di diversi elementi, ma anche visibile e particolare, perché produce effetti concreti,
mirati e specifici. Si presenta come una capacità effettiva, non solo potenziale. È una caratteristica
individuale, propria del soggetto.
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- che cosa richiede, richiede delle abilità di base. Applicare la conoscenza e usare le sue capacità operative in
modo funzionale e adeguato alla situazione. Sappia agire in modo flessibile, contestualizzato e intenzionale.
-come si realizza, attraverso un’azione complessa e spesso creativa. La competenza si attua attraverso una
sintesi di elementi generali e particolari, ossia di principi e norme di natura conoscitiva, di capacità
linguistiche, e di comportamenti particolari. È una sintesi spesso di natura creativa, perché ogni volta può
presentarsi con elementi di novità di natura artistica e progressiva nel tempo.
-che effetti produce sul professionista, la consapevolezza della propria responsabilità e autonomia.
Approfondisce nel soggetto la consapevolezza di un continuo aggiornamento, il professionista non ha alcuna
difficoltà ad accogliere in pieno il principio pedagogico della formazione permanente perché risponde alla
duplice esigenza di autonomia e responsabilità. Atteggiamento di interesse e rispetto.
IL PROBLEMA DEL VALORE DA ATTRIBUIRE AL LAVORO E ALLA COMPETENZA
Donati considera il LAVORO come UN’ATTIVITA’ CHE HA CARATTERE INTRINSECAMENTE
RELAZIONALE NELLA SUA FORMA E NEL SUO CONTENUTO.
LA REALIZZAZIONE SOCIALE DELLA PERSONA ADULTA E LA NECESSITA’ DI SCEGLIERE
TRA DUE ALTERNATIVE.
Da una parte, l’adulto può ritenere che le trasformazioni tecnologiche siano talmente profonde da
condizionare sempre più la vita umana fino a rovesciare il rapporto tra gli esseri umani e le macchine.
Logica, dobbiamo funzionare.
Benasayag mette in evidenza come la società contemporanea potrebbe correre un pericolo se accettasse
l’idea che il futuro degli esseri umani sia quello di funzionare, sempre e costantemente in senso produttivo,
come e meglio delle macchine, e che in ciò consista il senso stesso dell’intera esistenza.
Se vuole realizzarsi deve saper funzionare.
Dall’altra Bertagna sottolinea la prospettiva relazionale e sociale della competenza. Essa implica un andare
di qualcuno verso qualcosa che non si può fare da soli, ma che esige cooperazione, solidarietà, compagnia.
Potremmo chiamarla la dimensione sociale di ogni competenza. Si è competenti attraverso il rapporto con un
altro o con un contesto intrapersonale.
Competente non è solo chi si muove insieme ad altri, non solo chi si sforza di guardare l’unità complessa del
compito per non tradirla, ma chi pratica la prima e la seconda preoccupazione, perché coinvolge sempre,
momento dopo momento, l’insieme della sua persona. È COMPETENTE CHI è SEMPRE TUTTO SÉ
STESSO ED AFFRONTA QUALSIASI COMPITO DANDO IL MEGLIO DI TUTTO SÉ STESSO.
Se la competenza lavorativa è identificata con il puro funzionamento operativo, la persona che lavora
vive la scissione tra ciò che fa e ciò che è, ossia tra il suo essere simile a un oggetto che funziona e il
suo essere soggetto che esiste.
Se la competenza operativa è intesa come un modo d’essere del soggetto, ne consegue che la persona
che lavora sperimenta l’unità profonda, vivendo ciò che fa come manifestazione visibile di ciò che è.
L’ESPERIENZA DEL FLUIRE DELLA PROPRIA FORZA E GENERATIVITA’
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Manifestare il proprio carattere. Stabilità interiore della persona che consiste nella connessione della facoltà
attive del pensiero, del sentimento e della volontà con il proprio centro spirituale. Guardini elenca i valori
che assumono particolare importanza nella vita adulta.
- La COSCIENZIOSITA’ nell’adempiere agli impegni assunti, l’attenersi alla parola data, la
FEDELTA’ nei confronti di chi ci dà fiducia, l’ONORE come senso infallibile di ciò che è giusto e
di ciò che è ingiusto, il DISCERNIMENTO, la capacità di distinguere tra quanto è autentico e
quanto è falso nelle parole. È il periodo nel quale si scopre IL SENSO DELLA DURATA. In questo
periodo l’uomo scopre che cosa voglia dire istituire, difendere, creare una tradizione.
È il momento della sintesi tra forza fisica, mentale, culturale e quindi politica. Sembra realmente il punto
d’arrivo implicito nel termine adulto.
Il compito è quello di essere protagonisti attivi del vivere sociale, per sé ma anche per altri, assumendo la
responsabilità di guida della comunità, piccola o grande che sia, in cui essi vivono.
Superare la distanza tra sé e la realtà, un superamento che è reso possibile proprio dall’assunzione dei ruoli,
specie se esercitati con competenza.
L’ESPRESSIONE PIU’ VITALE DELLA PERSONA ADULTA: LA GENERATIVITA’
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BREVE PRESENTAZIONE DEL SETTIMO STADIO DELLA TEORIA PSICOSOCIALE DI
ERIKSON
La persona adulta ha bisogno che si abbia bisogno di lei.
È lo stadio della capacità generativa, di far uscire da sé la propria energia vitale e di donarla ad altri. È
un’esperienza di ricchezza e potenza, ma anche di consapevolezza della propria non autosufficienza, si
ha bisogno di un ‘’tu’’ o ‘’altro’’ da sé con cui entrare in relazione. Vi è una dipendenza della
generazione più anziana da quella più giovane. L’uomo maturo ha bisogno che si abbia bisogno di lui.
La generatività è quindi anzitutto la preoccupazione di creare e di dirigere una nuova generazione.
SE LA GENERATIVITA’ VIENE A MANCARE SUBENTRA LA STAGNAZIONE E
L’IMPOVERIMENTO.
Produttività e creatività. La generatività costituisce dunque un momento essenziale, tanto dello sviluppo
psicosessuale che di quello psicosociale.
Fa intravedere in controluce il problema del rapporto tra vita operativa e vita affettiva perché entrambe
sono espressioni della medesima capacità generativa.
DARE VITA È PERMETTERE A QUALCOSA O QUALCUNO DI PASSARE DAL NON ESSERE
ALL’ESSERE. Generare è dare inizio ad una nuova realtà.
Ma si genera a partire da qualcosa, vi è una continuità di vita tra generante e generato.
Sono necessarie due condizioni per generare: che il generante fosse anch’esso vivente, che il generato
fosse della stessa sostanza del generante. RI-GENERARE la vita sotto un’altra forma, ma avente la
stessa sostanza.
Pensando a cosa significa GENERARE, è possibile individuare una serie di implicazioni che ne
evidenziano la complessità.
- Quello che c’era prima appare ora limitato e inadeguato, può essere considerato come una forzatura
nei confronti di ciò che era. Si genera dunque per la necessità di superare un’inadeguatezza di
rapporto.
- Generare il nuovo richiede lotta e sofferenza. Tensione emotiva e cognitiva, che si instaura tra la
paura di perdere quello che si era e la speranza di guadagnare qualcosa di diverso e di ancora più
importante.
- Si genera mentre si vive un momento di sospensione che sancisce una discontinuità. Si sperimenta di
vivere un tempo di sospensione. Un momento di silenzio e di pace, dopo il conflitto e la sofferenza
che lo hanno preceduto. In questo spazio-tempo della sospensione che inizia a prendere forma il
nuovo, sancisce il distacco, cioè la presenza di una discontinuità nella continuità della propria
esistenza: questa discontinuità è esattamente la condizione necessaria alla costituzione della nuova
identità. È insieme un momento in cui si sperimenta di agire nell’oscurità.
- Ciò che nasce dall’atto generativo è altro rispetto alle attese. Ha anche qualcosa di estraneo. La
risposta sarà efficace nella misura in cui rifletterà non solo le intenzioni di chi l’ha generata, ma
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anche le richieste della realtà, a partire dalla quale vi è stata la generazione. È più facile che esse
divergano.
- Ciò che è generato si mostra come un ‘’tu’’ che interroga l’io che lo ha generato. Il generato appare
non solo come un ‘’altro’’ che ha la sua identità. Ha dentro di sé qualcosa da chiedere a chi lo ha
generato. Perché mi hai chiamato all’esistenza?
L’IMPORTANZA È CAPIRE CHE LA CAPACITA’ DI GENERARE NASCE DA UN’ESPERIENZA DI
INCONTRO
GENERARE E’ UN’ESPERIENZA ESISTENZIALE, poiché non si genera se non si è fecondi e la
fecondità, non solo biologica, scaturisce sempre da una relazione tra sé ed un altro, ne consegue che non si è
mai generativi da soli. Da sé soli, la fecondità è solo in potenza, e, se rimane tale, è destinata a non
realizzarsi.
È necessaria l’esperienza di un incontro. La generatività è frutto di COM-PRENSIONE, cioè dell’essere
presi insieme, con la realtà: più questa com-prensione è profonda e più è anche feconda perché più spinge
all’azione, cioè al rendere visibile, mediante l’atto generativo, chi si è realmente.
Se non si lascia fluire l’azione generativa: INFECONDITA’, STAGNAZIONE, NEGAZIONE DI SE’.
Attraverso i propri comportamenti è dominante l’aspetto dell’azione concreta. MASLOW esponente della
corrente della psicologia umanistica, elabora una visione complessiva dei modi di pensare e di agire di un
soggetto adulto che dimostri di essere pienamente autorealizzato e quindi non condizionato da patologie
psicologiche particolarmente gravi.
Si possono raggruppare in quattro gruppi:
VEDI PAGINA 102-103
ULTERIORI CARATTERISTICHE DELLA PERSONA SANA:
- Capacità di cogliere i problemi e di concentrarsi su di essi: la persona sana è problemacentrica, è
consapevole cioè di avere dei compiti da svolgere e questi compiti li mette al centro della propria
vita, sentendosi direttamente responsabile verso di essi
- Capacità di distinguere bene/male, fine/mezzi: non mostra una cronica incertezza nelle scelte.
- La capacità di sorridere dell’uomo in generale, sa guardare con umorismo
Atteggiamenti soggettivi, a conferma o a disconfermo della realizzazione di sé
Esistono atteggiamenti soggettivi.
Segni di conferma di essere di fronte ad una persona realizzata: Gusto della vita, esperienza di momenti di
felicità, serenità e gioia, la presenza di una fiducia di fondo nella propria capacità di affrontare le difficoltà.
Segni soggettivi di tradimento: angoscia, disperazione, fastidio, incapacità di gioire, il senso di vuoto,
inutilità, senso di colpa intrinseca, vivere in base al timore di perdere qualcosa.
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PREGI E DIFETTI PRESENTI ANCHE NELLE PERSONE ADULTE REALIZZATE
Maslow mostra che anche queste persone hanno i loro difetti, e oltre a questi, proprio la loro forte personalità
può tradursi in alcuni casi in un fattore peggiorativo.
Le persone che si autorealizzano sono pochissime rispetto all’insieme della popolazione. Le persone che si
autorealizzano hanno rapporti particolarmente profondi con poche persone. Il loro circolo di amici è piccolo.
Questo dipende in parte dal fatto che sembra che ci voglia molto tempo per divenire intimo di uno che si
trova in una tale autorealizzazione. Amano o piuttosto compatiscono tutta l’umanità
Essi possono essere anche cocciuti, noiosi, irritanti, vanitosi talvolta, con una predilezione per le proprie
produzioni, famiglie, amici, figli. Possono diventare persone mentalmente assenti, non sono immuni da senso
di colpa, ansie, autopunizione, lotte interne.
I CONTINUUM ESPERENZIALI, CIOE’ I COSTRUTTI CHE SONO PROPRI DELL’ETA’ ADULTA
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- La proiettività: pratica del futuro. La capacità di progettare testimonia l’emergere di una disponibilità
al cambiamento e al nuovo. Capacità di sopportare sofferenza e dolore e assumere il negativo.
6. LA DIMENSIONE RIFLESSIVA AL
CENTRO DELLA VITA ADULTA
IL BISOGNO DI TORNARE A RIFLETTERE SU SÉ STESSI
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