You are on page 1of 27

DILEMMI GLOBALI

GLOBALIZZAZIONE: ANTHONY GIDDENS


1-Termine che è entrato a far parte dell’immaginario sociale, il suo uso avviene in modo non riflessivo.
2-Il proliferare degli studi da punti di vista disciplinari differenti ha anche contribuito a moltiplicare le
definizioni possibili, con il risultato di creare un pluralismo interpretativo.
Si è sviluppata una nuova area di studio, I global studies, di tipo interdisciplinare.

INTEPRETAZIONI DIVERGENTI

PRIMA DOMANDA: Le forme di interdipendenza sovra e interspaziale che osserviamo oggi nel mondo
rappresentano davvero qualcosa di nuovo, rispetto ai processi di integrazione e scambio fra aree
geografiche differenti, che hanno caratterizzato la storia umana sin dalla notte dei tempi?

1.Un gruppo di studiosi di sinistra, del capitalismo liberale (completamente libero, non c’è alcun intervento
di autorità superiori, si autoregola) considera la globalizzazione come una copertura ideologica delle
strategie americane di controllo economico o come artificio propagandistico delle elitè economiche e dei
tecnocrati di orientamento neoliberare. (La tecnocrazia è un ideale di governo d'impresa sociale che
propugna, al presidio dei processi decisionali di un potere esecutivo, il comando diretto o il parere
vincolante di esperti nei campi delle scienze
dure (es. medici, fisici), molli (es. psicologi, economisti, giuristi) e della tecnica (es. ingegneri).
Fra gli scettici, PAUL HIRST e GRAHAME THOMPSON che si concentrano sugli aspetti economici per criticare
gli elementi di novità della globalizzazione.
Non servono quindi nuovi modelli o teorie.

2.Sul versante opposto i globalisti, sostengono che tutti i popoli della terra verranno omogeneizzati
economicamente, socialmente, culturalmente.
Si dividono in iperglobalisti ottimisti, che hanno un giudizio positivo del trend.
I pessimisti, ne mettono in luce i rischi (omologazione culturale, crisi dello stato e della democrazia..)

3.In anni più recenti sono emersi punti di vista più articolati e meno estremizzanti.
Il politologo e sociologo DAVID HELD, definisce la globalizzazione come un insieme di processi. Dinamici e
compositi e la loro combinazione crea un panorama denso di ambivalenze, con un panorama denso di
ambivalenze (anche fratture).
Orientamenti di questo tipo sono interessanti perché sottintendono un punto di vista storico di continuità
della discontinuità, per cui il presente non nasce dal nulla, ma dall’evoluzione di nuclei di cambiamento
rintracciabili nel passato.

Focalizzarsi sulla complessità dei processi storici e sull’apporto di più discipline è indispensabile per evitare
il duplice rischio di monodimensionalità e unilateralità.
Alla tendenza alla semplificazione ha contribuito il fatto che il termine globalizzazione è stato utilizzato
inizialmente dagli economisti per studiare l’intensificazione degli scambi che si profilava nei mercati
mondiali intorno ai primi anni Ottanta del Novecento.
Un’altra causa connessa alla concezione unilineare e finalistica del processo storico ( FINALISMO: Dottrina
filosofica (opposta al meccanicismo ), secondo cui tutto tende verso un fine ultimo e per cui ogni
fenomeno nella sua connessione con gli altri fenomeni cospira verso l'attuazione di determinati fini.) è il
fatto che il destino è già scritto.

Per fare un esempio dei problemi nati da queste distorsioni: FRANCIS FUKUYAMA.

pag. 1
Si riferisce alla storia intesa come processo evolutivo unico e coerente, che tiene conto delle esperienze di
tutti i popoli di tutti i tempi, la cui fine coincide con l’emancipazione dell’umanità dall’insicurezza e dallo stato
di bisogno.
Per Fukuyama gli elementi chiave di questo processo evolutivo sono due: Il modello di democrazia liberale
(è una forma di governo basata sulla combinazione del principio liberale dei diritti individuali con il principio
democratico della sovranità popolare.), dall’altro lo sviluppo delle scienze moderne.
Benchè Fukuyama evochi come elementi chiave del processo elementi non economici, emerge come il
fulcro risieda nella logica capitalistica dei mercati globali e nello sviluppo di una cultura universale dei
consumi.
Secondo le critiche più diffuse agli iperglobalisti vi è un imperialismo dell’economico sulla dimensione
politica.

Questo tipo di distorsione è ancora oggi molto comune e si intreccia con la prospettiva
dell’americanizzazione, che è criticabile per diversi motivi.
Sottovaluta il cambiamento in corso nel panorama politico ed economico-finanziario mondiale, dove
l’egemonia statunitense è messa in discussione dall’emergere di nuove potenze in altre parti del mondo.
In secondo luogo, non considera l’ambivalenza dei processi storici, che si può tradurre nello sviluppo di
diverse alternative all’omogeneizzazione.

INTERNAZIONALIZZAZIONE: intensificazione dei movimenti fra paesi di messaggi, idee, merci, denaro,
sostanze inquinanti e persone.
Per alcuni autori la globalizzazione, è dunque, una forma di internazionalizzazione particolarmente intensa.
Globale come una particolare sottospecie dell’internazionale.
Poiché il commercio estero, gli investimenti diretti, le migrazioni permanenti sono sempre esistiti, la novità
del panorama contemporaneo, è di tipo puramente quantitativo.

Ulrich Beck fa notare che accanto agli Stati, si stanno sviluppando nuovi attori della società civile globale, del
capitale globale, delle organizzazioni internazionali come attori relativamente autonomi. Si sono sviluppate
città globali, divenute ormai protagoniste. La presenza di queste nuove entità, la loro capacità di azione, il
loro potere testimoniano che nel mondo si è prodotto un cambiamento radicale, il cui elemento decisivo sta
nel fatto che cambia il concetto di confine di dentro e di fuori.

L’internazionalizzazione viene sovrapposta alla LIBERALIZZAZIONE, un processo finalizzato


all’eliminazione di numerose forme di regolamentazione del commercio internazionale, di controllo capitali, di
limitazioni alla mobilità individuale.
Pessimisti e scettici si indentificano frequentemente con i fautori del cosiddetto movimento anti-
globalizzazione, che si oppongono a politiche, in base alla considerazione che un’economia mondiale
produce più povertà, disuguaglianza, conflitto sociale, impoverimento culturale.

Per quanto riguarda la globalizzazione il problema si è posto negli ultimi decenni del 900.
Si riferiva all’esperienza concreta di molte persone, il consumo, la comunicazione, tutto il pianeta sembrava
essere attraversato dagli stessi principi dello stile di vita moderno-occidentale.
Da un lato, le esperienze quotidiane a tutti accessibili di perdita dei confini, dall’altro il concetto di
globalizzazione ha il grande vantaggio di rendere ragione di entrambi questi aspetti.
In linea di principio l’analisi storica aiuta a comprendere come la vita sociale sia sempre attraversata da
elementi, di dinamismo, anche nelle epoche apparentemente più statiche e conservatrici.

Osterhammel e Petersson individuano TRE FORME PREVALENTI di integrazione macrospaziale che


erano già operative in età premoderna.
Con l’inizio dell’era moderna si sono sviluppate le condizioni per una nuova forma di integrazione.
Una prima forma già conosciuta in età premoderna: POLITICO-MILITARE.
Consiste nell’integrazione di unità politiche minori in un grande impero. Un grande impero era
essenzialmente una comunità fondata sulla coercizione.
ECUME RELIGIOSA, COMMERCIO A DISTANZA.
Alcuni storici si chiedono se non si possa parlare anche di una quarta forma rappresentata dalle migrazioni
di popoli.
Nella lunga fase premoderna le tre forme in questione si sono talvolta combinate tra loro, dando vita a
integrazioni relativamente stabili.

pag. 2
Nel MEDIOEVO si possono trovare esempi di importanti integrazioni macrospaziali, in particolare nel VIII e
nel XIII.

NEL SECOLO VIII: due processi di grande interesse, lo sviluppo dell’Islam e l’arrivo del potere della dinastia
Tang
NEL SECOLO XIII: Movimento di persone, merci, idee. L’impulso è arrivato dalle conquiste mongole.

A questa fase seguì un periodo di nuove chiusure. Dal XIV al XVI le unità politiche esistenti si concentrarono
sul consolidamento dell’integrazione interna, delimitando i confini con l’estero.

La storiografia tende a collocare l’inizio dell’età moderna a cavallo tra il XV e il XVI secolo, vale a dire nel
periodo della scoperta dell’America. In quel periodo, grazie alle esplorazioni geografiche, si sono cerati
contatti diretti tar quattro continenti, Europa, Asia, America, Africa, che ha anticipato per alcuni aspetti lo
sviluppo della globalizzazione contemporanea.
Un decisivo punto di svolta nella storia dei processi di integrazione mondiale si è prodotto a seguito della
doppia rivoluzione, avvenuta nella seconda metà del Settecento. Si tratta della rivoluzione industriale e
quella francese. Gli storici tendono a sottovalutare un terzo cambiamento, ovvero l’affermazione
dell’illuminismo.
Tra il 1750 e il 1880 i rapporti economici hanno raggiunto un’intensità mai conosciuta prima, grazie a nuove
capacità di produzione, trasporto, comunicazione.
Contemporaneamente l’Europa ha sperimentato la dissoluzione dei suoi imperi coloniali nelle Americhe.
L’Europa di quel periodo ha esportato nel mondo le proprie istituzioni, in primis il modello dello stato
nazionale e ha diffuso la nuova mentalità forgiata dalla razionalità moderna.
Per effetto di tutto ciò negli anni Settanta dell’Ottocento si sono concretizzate delle interdipendenze globali
sul piano economico. Tali interdipendenze erano sostenute dagli ideali cosmopolitici che orientavano: il
marxismo e il liberalismo.
Da un lato, i fautori più radicali del libero scambio ritenevano che la rimozione degli ostacoli al commercio e
agli scambi avrebbe portato benessere all’umanità. Dall’altro il marxismo considerava come attori della
storia, il capitalismo sempre più internazionalizzato e il proletariato di tutto il mondo, da unificare, in vista
della rivoluzione, dall’altra.
La prima guerra mondiale ha segnato la fine dell’ordine internazionale fondato sull’equilibrio fra potenze in
concorrenza fra loro. Tuttavia alla distruzione di questo ordine non ha fatto seguito la costruzione di alcun
effettivo ordine alternativo nel corso del primo dopoguerra.
La mancata soluzione, resa evidente dalla crisi del 1929, ha favorito il consolidamento di sistemi totalitari ed
è sfociata in una crescente conflittualità internazionale che ha portato ben presto alla seconda guerra
mondiale.
Sulle macerie di questa guerra è nato il disegno di un ordine internazionale nuovo, basato su istituzioni
mondiali, in grado di stimolare forme di cooperazione e scambio.
Il successivo sviluppo della guerra fredda ha fortemente condizionato quel disegno, che si è concertizzato in
modo disuguale nelle due zone d’influenza, della potenza americana e sovietica.
Questa frattura ha segnato la storia della seconda metà del Novecento., quando con il termine della guerra
fredda, è iniziata una nuova fase, contraddistinta da forte spinte globalizzanti da un lato e da nuove tendenze
disgregatrici dall’altro.

Le potenze vincitrici hanno puntato quindi sul rafforzamento della cooperazione internazionale in campo
politico ed economico- finanziario. In particolare nel 1945 con la Carta di San Francisco è stata sancita la
nascita dell’ONU, un’istituzione posta a tutela della sicurezza internazionale, dei diritti umani, dello sviluppo
socio-economico di tutte le regioni del mondo. Strumento di coesione. Era una novità sia rispetto alle forme
tradizionali di integrazione macrospaziale, sia rispetto alle tradizionali organizzazioni internazionali, basate
cioè su accordi fra Stati sovrani che cercano delle intese, ma non rinunciano a esercitare la propria
sovranità.
L’integrazione europea è nata come un processo di natura differente, finalizzato a creare un’entità
sovranazionale. Si sono così fondati i presupposti per la formazione di un’area di stretta interdipendenza
economica, politica, sociale, culturale di dimensioni continentali.

La prima fase di integrazione europea di cooperazione transatlantica ha trovato una linea di coerenza grazie
al modello economico nordamericano, basato su considerevoli livelli di produzione industriale e sull’aumento
dei consumi, in un quadro di crescente liberalizzazione degli scambi.

pag. 3
Il modello economico in questione ha garantito, dal 1945 sino ai primi anni Settanta, tre decenni di
straordinario sviluppo economico e sociale per l’Europa e il mondo Occidentale. Sono 30 anni, definiti ‘’les
trente glorieuses’’ da JEAN FOURASTIE, per indicare una rivoluzione silenziosa, che si è sviluppata
nell’economia e nella società.
Gli aspetti principali di quella rivoluzione sono stati: La ricostruzione dei paesi devastati dalla guerra, il ritorno
a una situazione di pieno impiego quasi ovunque, una forte crescita della produzione industriale, l’avvio del
processo di scolarizzazione di massa.
Nonostante la divisione in blocchi, durante il periodo della Guerra Fredda negli anni 70 iniziarono a
svilupparsi dei fenomeni destinati a favorire con il tempo, il consolidarsi di una crescente consapevolezza
della progressiva connettività del mondo: un tipo di immaginario sociale.
IL PRIMO FENOMENO riguarda la presa di coscienza di un nuovo rischio di dimensione planetaria. Con la
corsa degli armamenti nucleari il mondo si stava dotando di un potenziale capace di distruggere non una, ma
più volte il pianeta.
L’eventualità di una catastrofe nucleare era un problema mondiale.

IL SECONDO FENOMENO all’idea di diffusione di modernizzazione centrata sulla crescita indefinita della
produzione e del consumo, sulla mobilità e i mas media. Si è verificata una convergenza verso elementi
culturali e stili di consumo condivisi. Ciò ha contribuito a creare un comune sentire, fatto di speranze,
desideri, aspirazioni, stili comunicativi condivisi a ogni latitudine.

UN TERZO FENOMENO è rappresentato dagli effetti politico-culturali della guerra in Vietnam. Questo
momento è considerato un momento-simbolo nello sviluppo dell’immaginario globale in questione, almeno
per due motivi. Ha segnato una svolta nella storia della comunicazione. Per la prima volta una guerra è stata
seguita dalla televisione e i reportage dal fronte sono entrati quotidianamente nelle case di ogni continente.
In secondo luogo l’obiettivo comune di contrastare la guerra ha unificato le proteste dei movimenti
studenteschi. Dagli USA la contestazione si è estesa in Europa e in altre parti del mondo.

Nel corso degli anni 70 si è coagulata una serie di eventi cruciali per gli assetti politici ed economici dei
decenni successivi. Entrano in crisi i difficili equilibri mondiali garantiti dall’ordine bipolare. Per le due
superpotenze Usa e Russia si stava rivelando insostenibile il massiccio uso di risorse richiesto dalla
competizione per la supremazia mondiale. L’unione sovietica faticava a reggere il costo della progressiva
corsa agli armamenti, ma doveva anche affrontare le tensioni all’interno dl COMECON.
Gli Usa logorati dalla guerra in Vietnam, erano in difficoltà anche sul piano delle relazioni inter-atlantiche.

L’incertezza è alla base di un secondo motivo di erosione degli assetti post bellici: la messa in questione del
modello economico che aveva sostenuto l’integrazione del blocco atlantico nel precedente periodo di forte
espansione. Negli anni 70, si è verificato un mix di cause che hanno contribuito a erodere questo sistema.
Ne possiamo ricordare tre:

1.Si è prodotta una grave crisi energetica, provocata dalla lievitazione del prezzo del petrolio, come effetto
collaterale delle tensioni politiche nell’area medio-orientale.

2. La fine della stabilità monetaria mondiale, a seguito della decisione degli USA, nel 1971, di non garantire
più la convertibilità del dollaro in oro.

3. Mutamento dei mercati di sbocco internazionali. In parte si è verificata una saturazione dei mercati di beni
di massa e si sono sviluppate nuove concorrenti per le imprese delle economie sviluppate, messe in crisi dai
competitor di due tipi diversi. I primi erano rappresentanti delle imprese snelle giapponesi. I secondi erano
produttori di alcuni paesi emergenti. Entrambi immettevano nel mercato beni standardizzati a prezzi bassi.

In questo quadro si è alimentata l’esigenza di flessibilità. Molte imprese hanno puntato sulle tecnologie di
nuova generazione, con l’obiettivo di acquisire flessibilità, aumentare la produttività, diminuire i costi del
lavoro. (VIA ALLA FLESSIBILITA’).

Altre aziende ne parlano in termini di VIA BASSA, cercando di contenere i costi per conseguire la
competitività di prezzo. L’obiettivo si consegue con basse condizioni di impiego e basso carico fiscale,
ricorrendo al mercato nero del lavoro o delocalizzando in paesi caratterizzati da meno vincoli.

Parallelamente in tutto l’Occidente, si è profilata la crisi dei tradizionali sistemi welfare, divenuti troppo
onerosi per i bilanci statali. Questi due ordini di problemi spiegano i motivi che hanno sostenuto l’avvio di

pag. 4
politiche di deregulation di stampo anglosassone. A livello internazionale si trattava di politiche orientate a
una crescente liberalizzazione dei mercati. In ambito nazionale si puntava alla privatizzazione dei servizi ,
della proprietà pubblica, diminuzione delle tasse, ridefinizione delle norme sul lavoro.

Soprattutto nel corso degli anni 80, che sotto la spinta della presidenza Reagan negli USA e del governo
Thatcher in Gran Bretagna, l’orientamento neoliberista ha acquisito progressiva credibilità in altre aree del
mondo. Dal punto di vista geopolitico si caratterizzava per una sostanziale fluidità. L’Europa comunitaria si
stava allargando

Così si è iniziata a deteriorare la stabilità egemonica dei trenta gloriosi in una situazione mondiale oscillante
tra un multipolarismo potenziale e monopolarismo. In questa realtà fluida si sono aperti nuovi spazi per la
liberalizzazione degli scambi internazionali, creando i presupposti fondamentali per la globalizzazione
economica spontanea, vale a dire per la creazione di spazi d’interazione globali sottoposti a debole
regolamentazione statale.

La fine della Guerra Fredda segnata dall’evento simbolico della caduta del muro di Berlino, ha dato
importanti sviluppi alla globalizzazione. Nuove tecnologie informatiche CONNETTIVITA’ GLOBALE. Le
spinte integratrici hanno ridato impulso alla tradizionale forma di integrazione macrospaziale del commercio
a distanza.

Accanto a questi aspetti di continuità nei processi economici e finanziari si sono anche avuti sviluppi inediti.
A livello finanziario, FINANZA APOLIDE, capace di sottrarsi al controllo delle istituzioni nazional per garn
parte del proprio funzionamento.
Sul versante della produzione si realizza una produzione integrata a livello internazionale. Le diverse fasi del
ciclo produttivo sai organizzano in unità dislocate in aree del mondo differenti.

In generale anche al di fuori dell’economia, si è assistito ad un’estensione, intensificazione mai conosciuta in


precedenza degli ambiti di relazione, della mobilità fisica.

Non sono stati solo i detentori del potere economico e politico ad aver iniziato a interpretare il mondo come
globalizzato. L’elemento nuovo è che i comuni cittadini hanno avuto un ruolo attivo nel rafforzamento della
natura ideativa del concetto di globalizzazione.

Ne consegue che una delle differenze dell’oggi rispetto alle integrazioni del passato è che le interdipendenze
non sono più un fenomeno legato all’elitè politiche, economiche, culturali. Hanno assunto i contorni di un
fenomeno di massa. Questi cambiamenti prefigurano spazi inediti di attività su spazi multipli, dove
acquistano particolare rilievo i concetti di transnazionalità e sovranazionalità.

Uno dei punti nodali del cambiamento in corso negli assetti sociali contemporanei è stato messo a fuoco da
Saskia Sassen con il concetto di destabilizzazione delle vecchie gerarchie di scala. La vecchia gerarchia
dello spazio aveva come perno lo Stato Nazionale. La storia dello Stato moderno può essere letta come un
impegno a rendere nazionali le caratteristiche fondamentali della società: Autorità, identità, mercato,
sicurezza, territorio. Intorno a questo perno si organizzava quindi l’articolazione verticale della vita sociale.

L’ordine gerarchico è oggi scompaginato da processi e pratiche, quali il progetto globale di potenti imprese,
le nuove capacità tecniche associate alla tecnologia. Tale destabilizzazione va di pari passo con i fenomeni
di RI-SCALARITA’ E DI MULTISCALARITA’.

RISCALARITA’: molte attività iniziano a svilupparsi su spazi coincidenti solo in parte, con il territorio su cui si
esercita il controllo dello stato.

MULTISCALARITA’: diversi fenomeni si sviluppano contemporaneamente su differenti livelli, dal locale al


globale, coniugando varie forme spaziali: fisica, territoriale, virtuale dei flussi.

Prende corpo l’idea di TRANSNAZIONALITA’, che BECK definisce come il sorgere di stili di vita e di azione
con cui gli uomini realizzano contesti di vita e di azione privi di distanze.

COME SI PUO’ PERO’ GARANTIRE IL GOVERNO DEMOCRATICO DI TALI DINAMICHE?

Si tratta di una questione che richiama il concetto di SOVRANAZIONALITA’: Indica quelle istituzioni che nei
limiti delle loro competenze, sono sovrane, vale a dire, dotate del diritto di decidere e di eseguire.

pag. 5
La caratteristica delle istituzioni sovranazionali è quella di disporre di risorse proprie e in grado di autonomia
decisionale che consentono loro di rispondere alle nuove sfide planetarie.

SINTESI CAPITOLO

1-PLURALITA’ DI PROCESSI, SU PIU’ DIMENSIONI

2-PROCESSI TUTT’ORA IN FIERI

3- CONTINUITA’ NELLA DISCONTINUITA’

4-CONNETTIVITA’ DI MASSA

5- SPAZI MULTIPLI E ANNULLAMENTO DELLA DISTANZA

6-IMMAGINARIO GLOBALE

7-TRANSNAZIONALITA’, SOVRANAZIONALITA’, RUOLO DELLO STATO

DEFINIZIONE DI GLOBALIZZAZIONE: Progressiva intensificazione di relazioni e scambi su scala


planetaria, che s’intreccia con processi di profonda trasformazione, del modo in cui la vita sociale è ordinata
nel tempo e nello spazio, secondo GIDDENS. Questi processi sono incentivati dalla connettività globale di
massa. Essi presuppongono una compressione dello spazio-temporalità, tale da annullare il tradizionale
ruolo della distanza nell’organizzazione delle attività umane, sostenendo lo sviluppo di un immaginario
sociale globale e mettendo in discussione gli assetti socio-politici e istituzionali consolidati.

LE CORNICI NAZIONALI DEL PASSATO


L’interesse della sociologia per la globalizzazione è scaturito dal dibattito sulla crisi delle società moderne.
La riflessione sulle contraddizioni e le ambivalenze del modello di società era presente da tempo nella
letteratura sociologica, a partire da autori classici come Weber o Simmel. Negli ultimi decenni del Novecento
è diventata un’emergenza concreta, per la necessità di confrontarsi con una doppia sconnessione di molti
aspetti della vita sociale, sia rispetto agli assetti in cui si era sviluppata in passato, sia rispetto a possibili
nuovi assetti futuri.

Per la sociologia di quel tempo il principale interrogativo riguarda il rapporto tra continuità e discontinuità
storica. Dalla riflessione su questo interrogativo si è sviluppato uno dei temi cardine. Ovvero al ruolo che
assumono i cambiamenti spazio-temporali nella definizione stessa di globalizzazione.

La modernità coincide con un’accelerazione dei processi maturati in Occidente, da fine Quattrocento sino al
tardo Settecento, che ha innescato un cambiamento radicale. Il modello di società moderna, che si profilava
in quella fase storica era ispirato dal progetto illuminista di liberare l’umanità dall’incertezza. Il progetto
poggiava sulla fede nella ragione e sulla conoscenza scientifica. Si sarebbero quindi, potuti elaborare modi
di funzionamento della vita sociale tali da metter fine sia ai rischi di anarchia, arbitrarietà, violenza del potere
politico. I pilastri su cui si è avvenuta la costruzione di queste certezze sono:

LO STATO MODERNO

IL SISTEMA CAPITALISTICO DI PRODUZIONE INDUSTRIALE

IL PROGRESSO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO

Lo stato moderno ha trasformato i sudditi in cittadini, liberandoli dalla subordinazione. L’ordinamento


impersonale statuito legalmente dovrebbe garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte allo stato, la certezza
del diritto, il rispetto della legalità nell’esercizio del potere. Il nuovo modello di stato si è potuto affermare
come struttura accentrata, in virtù di due caratteristiche, la sovranità e la sua esclusività.
La sovranità come capacità di tenere sotto controllo i principali macroprocessi della vita associata. In
connessione con l’esclusività, ovvero lo stato si è proposto come una cornice, di una comunità vasta eppure
equa e solidale, in ragione di una somiglianza data a priori, dal fatto di presentarsi come una nazione.
Nazione come una comunità immaginata, in quanto gli abitanti non conosceranno mai la maggiorparte dei
loro compatrioti, ma nella loro mente vive l’immagine del loro essere comunità. Inoltre è il risultato di una
costruzione. I confini dello stato hanno assunto una valenza simbolica. Entro questa comunità pacifica c’è la
comunità pacifica dei propri simili.

pag. 6
Il sistema industriale ha comportato la concentrazione del lavoro in grandi complessi produttivi. La sua
affermazione è stata possibile dalla nuova cornice statuale. Parallelamente il nuovo sistema produttivo ha
contribuito a rafforzare quella stessa cornice, nella misura in cui ha favorito la mobilità geografica.
L’industrializzazione ha assecondato lo sgretolamento dei tradizionali legami con la terra e il localismo tipico
delle piccole comunità rurali. In effetti stato e mercato si sono presi cura dei cittadini. Il primo ha trasformato
il suddito in lavoratore. Il lavoratore moderno si configura come un soggetto libero di stipulare un contratto di
lavoro, ma non libero del fabbisogno che induce ampie masse di uomini ad accettare la logica
dell’espropriazione, dietro un compenso in denaro
Si tratta di una delle principali contraddizioni della modernità. Il lavoro produttivo e remunerato diventa
elemento portante dell’identità sociale dei cittadini. Parallelamente si è verificata l’erosione del tradizionale
criterio dell’ascrittività ai fini della collocazione sociale, si è sostituito il sistema acquisitivo.
Nonostante le disuguaglianze sociali derivanti dalla proprietà privata dei mezzi di produzione, è comunque
innegabile che il sistema industriale capitalistico abbia messo a disposizione di masse una crescente
quantità di risorse.

Lo stato moderno ha promosso la conoscenza scientifica in tutti i campi. Questi progressi sono stati favoriti
dal crescente interesse delle imprese per le loro applicazioni nei processi produttivi. Progressi che hanno
portato ricchezza, ma non eguale distribuzione. Il progresso produttivo è diventato parte integrante della vita
delle persone, nella misura in cui ha trovato applicazione nella molteplicità di sistemi esperti. I sistemi esperti
sono sistemi di realizzazione tecnica o di competenza professionale che organizzano ampie aree negli
ambienti materiali e sociali nella quale viviamo oggi. I sistemi esperti hanno reso possibile una relazione
stabile tra i progressi del sapere scientifico e l’esperienza quotidiana. Giddens evidenzia un altro effetto
connesso all’accelerazione del progresso scientifico-tecnologico. Ha incentivato il distacco dai dogmi della
tradizione, in favore delle pretese della ragione.

Lo spazio e il tempo sono dimensioni costitutive della società. Il nostro essere nel mondo, la stessa
possibilità di dare un senso alla nostra attività e alle nostre relazioni è intrecciata al modo in cui occupiamo lo
spazio e il tempo. Tale modo è una costruzione sociale. Essendo costruito il modo di definire la collocazione
degli individui nella realtà è cambiato nel corso dei secoli, in maniere diverse, in differenti aree del mondo.

Secondo Giddens i cambiamenti in questione sono riconducibili ad una doppia separazione. La prima è
quella del tempo e dello spazio accompagnata dalla loro ricombinazione in forme che permettono una
precisa delimitazione. La seconda è quella dello spazio dal luogo.

Tempo e spazio sono sempre stati solidali: il tempo come entità astratta, impalpabile, impossibile da
concepire al di fuori dei soggetti che lo vivono, ha trovato ancoraggio , oggettivazione nella concretezza e
materialità dello spazio fisico.

Il cambiamento dei criteri di misurazione nella storia umana non sempre è avvenuto contestualmente agli
sviluppi tecnico-scientifici che hanno messo a disposizione strumenti sempre più precisi. Talvolta sono
occorsi decenni, prima che una scoperta fosse applicata alla realtà quotidiana. Per esempio: Benchè
l’invenzione che rese possibile l’orologio meccanico sia avvenuta intorno al 1200, sono dovuti passare 500
anni prima che questo strumento diventasse un oggetto di uso comune, rivoluzionando il modo di concepire
il tempo e organizzare le attività quotidiane al suo interno.

La concezione e l’uso del tempo e dello spazio erano e continuano a essere condizionati dai rapporti di
potere che si stabiliscono nei diversi contesti sociali, orientandone gli orizzonti culturali. Un esempio di questi
intrecci con la struttura del potere è offerto dallo storico JACQUES LE GOFF sul contrastante rapporto tra il
tempo della chiesa e quello del mercante in epoca medievale. Il tempo e lo spazio medievali, erano
strettamente legati alla fisicità della località, associata alla visibilità dei suoi tempi naturali, in cui gli individui
erano fissati, dalla nascita alla morte e alla subordinazione dell’organizzazione sociale agli intrecci esistenti
fra la dimensione del sacro e quella del potere temporale. Lo spazio medievale è radicato nella materialità
dell’esperienza, quindi il corpo ne costituisce anche il metro di misura, su questo spazio organico si
innescano simbolismi politici-religiosi, uno spazio vissuto che si carica di significati che si rivolgono al corpo.
Un’importante eccezione a questa situazione era l’apertura ai traffici, alle scoperte, alle relazioni extra locali
del mercante. Da tale apertura nasceva la necessità di una misurazione precisa del tempo, perché era
essenziale per il mercante sapere quanto durasse il tragitto. Il mercante ha scoperto il valore monetario del
tempo mentre scopriva lo spazio. La temporalità terrena del mercante contrastava quella ultraterrena della

pag. 7
religione. Il contrasto sulla temporalità celava un conflitto più profondo tra il principio di ascrittività, posto a
sostegno degli ordinamenti teorici e l’acquisività dell’etica borghese.
Lo spazio delocalizzato e il tempo razionalizzato del mercante si sono affermati pienamente solo con le tre
rivoluzioni da cui è nata la società moderna.
La separazione del tempo e dello spazio ha significato che una parte crescente di tempi e ritmi della vita
sociale ha iniziato ad essere concepita e organizzata indipendentemente dalla connessione con la
materialità del luogo. La seconda separazione ha comportato che per la maggiorparte delle persone le
dimensioni spaziali dell’esperienza non fossero più dominate.
Strumenti di questa doppia separazione sono stati il tempo lineare e vuoto dell’orologio e dei
calendari e lo spazio astratto delle mappe.

Per quanto riguarda la legittimazione della forma statuale, si è già accennato al fatto che essa ha implicato
un’estensione degli orizzonti dell’appartenenza, dalla piccola patria locale sino alla patria più ampia.
In età premoderna infatti il senso di appartenenza a una comunità coesa e solidale non riguardava l’insieme
del territorio su cui vivevano gli altri sudditi del sovrano. Era il territorio circoscritto dove la presenza era un
dato quotidiano ed entro il quale si esauriva l’orizzonte della vita sociale.
Con lo Stato moderno, questa delimitazione e saltata. Ideazione di una comunità immaginata. Si tratta di
precisare perché secondo, Anderson, al consolidamento di questa immagine nella mente delle persone
abbiano contribuito due specifici elementi culturali.
1- In particolare il romanzo ed il giornale offrirono gli strumenti teorici per rappresentare quel tipo di comunità
immaginaria che è la nazione.
2- Consiste nell’affermarsi dell’istantaneità, come caratteristica del presente. Il presente è uniformato dal tempo
lineare e astratto dell’orologio meccanico e dei calendari. È quindi misurabile e oggettivabile ai fini
organizzativi.

Oltre al consolidamento della comunità immaginata, la diffusione del tempo dell’orologio ha prodotto altri
effetti.
1-LAICIZZAZIONE DELLA TEMPORALITA’ STORICA. Essa infatti è stata privata del significato
trascendente che l’immaginario medievale cristiano via aveva impresso, inserendo il presente in una linea di
continuità con il passato e futuro, guidata dal fine ultimo di un disegno divino.
Il vuoto lasciato dalla progettualità cristiana è stato riempito da quella laica.
2-Pianificazione di zone della giornata , dedicate a specifiche attività e collegate ad una rete infrastrutturale
di connessioni e sincronizzazioni.
3-Rafforzamento della capacità organizzativa delle istituzioni statuali si è saldato con le esigenze
pianificatrici della nascente economia. Sinergia tra la sfera politico-istituzionale e quella economica.

La separazione dello spazio dal luogo ha comportato un analogo svuotamento della significatività intrinseca
dello spazio. Strumento di tale svuotamento è stato il ricorso a strumenti astratti della geometria per costruire
mappe e raffigurazioni cartografiche.
Questa operazione era funzionale all’affermazione della sovranità nazionale, grazie all’idea che gli orizzonti
territoriali della vita sociale fossero delimitati da una sola mappa. La comunità immaginata di cui parla
Anderson ha trovato in tal modo la propria collocazione in uno spazio altrettanto immaginato.

La separazione tra tempo e spazio si è ricomposta in uno spazio-temporalità astratta, al cui interno la
tradizionale relazione fra i due termini si è invertita. Non è più lo spazio fisico ad ancorare e scandire il
tempo, ma quest’ultimo è diventato il principale referente per la delimitazione dello spazio.
(importanza che i tempi dei trasporti hanno assunto nella pianificazione degli spazi urbani).
La doppia separazione non ha portato alla completa sostituzione della dimensione fisica dello spazio con
quella astratta. Le località hanno mantenuto la loro specificità fisiche e hanno continuato a proporsi come un
centro dell’esperienza umana. Ciò che è venuto meno è stata l’esclusività di tali centri. Le persone hanno
iniziato a pensare che il luogo di nascita non fosse più l’unico ambito possibile della loro vita.

Nuovi sistemi di comunicazione hanno favorito i rapporti tra persone assenti, innescando un processo di
DISAGGREGAZIONE (giddens). È un processo definito come l’enuclearsi dei rapporti sociali dai contesti
locali di interazione e il loro ristrutturarsi attraverso archi di spazio-tempo indefiniti.

pag. 8
Lo spazio temporalità astratta diventa lo strumento principale dei contesti moderni. Motore della
complessificazione è il passaggio da un sistema economico basato sull’agricoltura a quello fondato
sulla produzione industriale.
Fra le numerose conseguenze di questo passaggio, due sono importanti:
1- Separazione di tre sfere cardine dell’esperienza, quelle della produzione, della riproduzione e del consumo.
E la loro riorganizzazione secondo criteri di razionalità funzionale, che ne hanno favorito la
diversificazione/specializzazione interna.
2- Lo sviluppo dell’economia industriale si è trecciato con la diffusione dello stile di vita urbano.

Negli ordinamenti premoderni le funzioni di produzione, riproduzione e consumo erano competenza della
famiglia e costituivano un insieme coeso, relativamente indistinto nell’esperienza dei singoli. Si svolgevano in
un unico luogo.
Con la modernità il lavoro è cominciato ad uscire dalla famiglia, si sviluppa nelle fabbriche e uffici.
Anche il consumo si è esternalizzato , in una fase di forte declino dell’autoproduzione.

Sono nate figure nuove e sempre più specializzate. Il consumo ha assunto forme inedite, dai negozi ai
grandi magazzini, alle gallerie, ai centri commerciali. La riproduzione e la cura si sono distribuite tra famiglia
e agenzie esterne, come le scuole, i presidi sanitari.
Il coordinamento fra questo insieme sempre più articolato di funzioni sono stati resi possibili da
un’organizzazione spazio-temporale rigida e omologante. Essa si è ispirata ai criteri di razionalità formale
tipici delle burocrazie,
Secondo la sintesi operata da George Ritzer i criteri sono riconducibili a quattro elementi: EFFICIENZA o
scelta del mezzo ottimale in vista di un dato fine, CALCOLABILITA’ che induce a privilegiare la quantità sulla
qualità,la velocità sull’accuratezza, PREVEDIBILITA’ , CONTROLLO perseguito tramite la sostituzione del
lavoro umano con quello delle macchine.
TEMPO E SPAZIO: Il tempo del lavoro ha di fatto condizionato tutti gli altri tempi, da quello della vita
familiare, a quello dei servizi e delle attività del tempo libero. Anche la progettazione degli spazi vi si è
adeguata, con lo sviluppo di aree industriali relativamente separate dalle zone residenziali e dai luoghi del
consumo.
LA VELOCITA’ è diventata un elemento cardine di questa organizzazione.
Terzo strumento dell’organizzazione IL DENARO che ha consentito lo sviluppo dell’economia di mercato
indispensabile al nuovo sistema produttivo.

Simmel osserva che la diffusione dell’economia monetaria ha avuto un ruolo cruciale nello sviluppo
dell’individualità.
Individua due aspetti nei quali il nesso tra il denaro e l’individualità si presenta con evidenza.
1- Mediante il denaro l’individuo si sottrae ai rapporti di subordinazione personale nei confronti delle cose e
degli uomini, ai vincoli che lo legano alla terra e ai rapporti di dominio.
2- Il secondo aspetto riguarda la possibilità che il denaro offre, in quanto rende possibile l’isolamento
dell’interiorità dalle intrusioni del mondo esterno.
La libertà consentita dal denaro sia messa contemporaneamente, in discussione, dalle interdipendenze che
questo stesso strumento alimenta nell’esperienza sociale.
Il denaro favorisce la libertà dalla famiglia, dal clan, della piccola patria locale. Al tempo stesso mortifica la
libertà di proporsi compiutamente nella propria singolarità di individui, poiché contribuisce
all’assoggetamento delle relazioni personali al potere tecnico dell’organizzazione societaria.
Le logiche del mercato hanno introdotto una precisione, una sicurezza nella definizione di uguaglianze e
disuguaglianze, una univocità negli impegni e nei contratti.
Precisione e sicurezza hanno avuto un prezzo, il livellamento delle differenze qualitative, lo svuotamento di
ciò che Simmel indica come il nocciolo delle cose.
Il denaro diventa il più terribile livellatore, svuota senza scampo il nocciolo delle cose, la loro particolarità, il
loro valore individuale.
Questo livellamento è una componente del processo di intellettualizzazione delle relazioni, che rappresenta
un tratto caratteristico della modernità.
In proposito Simmel distingue le relazioni in affettive e intellettuali.
Le prime si basano sull’individualità, sul coinvolgimento emotivo di fronte alle differenze di situazioni, cose,
persone. Al contrario le relazioni intellettuali operano con gli uomini come se fossero dei numeri. Nelle
metropoli le relazioni basate sull’intelletto sono sempre più diffuse.

pag. 9
Nelle metropoli si concentra una grande quantità di persone, con interessi molto differenziati. Diventa
essenziale che tutte le attività e le interazioni siano integrate in modo esattamente puntuale in uno schema
temporale rigido e sovraindividuale.
Tutto ciò è in contraddizione con l’enfatizzazione della libertà individuale con cui si sono legittimati sia lo
stato, sia il mercato.
SFERA DEI CONSUMI
Il fenomeno è iniziato a diventare particolarmente visibile nelle nuove metropoli ottocentesche, con lo
sviluppo di grandi aree dedicate, nelle quali l’accesso al mercato per il soddisfacimento dei bisogni si è
trasformato in un’attività molto articolata.
Nei processi di consumo confluiscono infatti elementi economici, culturali, etici, relazionali e identitari. E si
possono cogliere le ambivalenze della condizione umana nelle società moderne.
La contraddizione più evidente è quella tra le tendenze omologanti implicite nella combinazione produzione
di massa-consumi di massa, da un lato e il fatto che l’accesso ai consumi è stato importante propulsore per
l’emergere dell’individualità dell’altro.
Possiamo definire in prima approssimazione la società dei consumi come un tipo di società caratterizzato dal
ricorso generalizzato al mercato per l’acquisto dei beni necessari al soddisfacimento dei bisogni. Mettendo a
disposizione di masse di persone una quantità crescente di beni a prezzi contenuti, l’industrializzazione ha
stimolato un forte aumento della domanda.
L’operaio doveva cioè trasformarsi in un soggetto orientato ad acquisire la proprietà individuale dei beni
prodotti nelle fabbriche, in un processo di autoalimentazione dei bisogni tendente a rinnovare costantemente
la tensione al consumo.
Si sono attivati meccanismi di eterodirezione e omologazione dei soggetti.
L’importanza del consumo può essere pienamente valutata se si considerano i fattori culturali implicati nella
nascita del consumatore moderno. Lo sfondo su cui ha preso forma è il cambiamento culturale che ha
sostenuto l’affermarsi della nuova mentalità capitalistica in Occidente.
Si tratta del processo che ha iniziato a mettere in discussione la condanna morale verso le attività
intramondane, particolarmente verso comportamenti materialistici e acquisitivi.
Questo cambiamento ha fra l’altro comportato una de-moralizzazione dei consumi superflui. L’accettazione
sociale del consumo di beni di lusso è andata di pari passo con l’emergere della borghesia commerciale, che
ha fatto della loro ostentazione uno strumento di riconoscimento sociale.
Con il tempo il lusso si è democratizzato, quando una vasta gamma di beni voluttuari è stata prodotta dalle
grandi fabbriche in quantità massicce e a prezzi contenuti, tale accesso è diventato possibile anche alle
grandi masse di lavoratori.
Per i soggetti infatti il consumo di beni voluttuari si è intrecciato con la ricerca del piacere estetico, nella
tensione all’affinamento del gusto. Una crescita legata all’immaginario, alle sensazioni suscitate dalla
contemplazione degli oggetti, dalla loro manipolazione, dalla ricerca di novità e originalità.
Per Colin Campbell un ruolo decisivo è svolto dal Romanticismo che parallelamente alla crescita dei
consumi culturali, ha sostenuto il radicamento di nuovi orientamenti etici ed estetici nell’immaginario sociale
occidentale.
La rincorsa del nuovo si configura quindi come un antidoto al disagio dell’esperienza. Già Simmel notava
come la moda fosse in rapporto corrispondente al bisogno di identificazione, che in sé, è omologante. Per
altro verso, la possibilità di giocare con gli stili e con le mode, combinandoli secondo il proprio gusto,
l’immagine che si vuole offrire di sé è un’ affermazione della propria singolarità.
È vero quindi che la moda è stata uno strumento di razionalizzazione standardizzazione della domanda per
l’impresa capitalistica. Ma è innegabile per i soggetti che essa possa diventare uno strumento di visibilità,
riconoscimento sociale e di espressione della propria individualità.
Ambivalenze dello sviluppo della globalizzazione.
Nella società moderna la considerazione del consumo si è tradotta nella sua privatizzazione.
Ma l’immagine di famiglia ereditata dal passato era quella di un nucleo dotato di un’identità propria,
dominante su quella dei singoli membri: un luogo dell’appartenenza, tirannico rispetto ai suoi membri
(TIRANNICO: Heller usa questa espressione a proposito della casa della tradizione, il luogo
dell’appartenenza a una comunità coesa ed esclusiva, riferimento principale per l’identità dei soggetti. Essa
sostiene l’individuo nella lotta per la sopravvivenza ma contemporaneamente richiede forme di
identificazione assolute, dedizione, annullamento delle prerogative individuali, in nome della solidarietà di
gruppo. In questo senso è tirannica, richiedono impegno, senso di responsabilità e anche una certa
assimilazione. )

pag. 10
Ciascun membro ha iniziato a rivendicare, per l’acquisto di alcuni beni, una libertà di scelta.
Di pari passo il consumo ha comportato il progressivo insinuarsi della strumentalità del denaro, della logica
mercificatrice del mercato nelle scelte e nelle pratiche del privato domestico.
Con il movimento del 78, le ondate di contestazione giovanile hanno portato alla ribalta mondiale un
disagio della modernità, che non era mai stato tematizzato dal dibattito pubblico, sino a quel
momento.
È stato il primo segno visibile di un immaginario globale.
Tale immaginario ha trovato un importante canale di diffusione nei mezzi di comunicazione, in primis la
televisione, che hanno alimentato la consapevolezza di problemi comuni.
Un altro segnale di immaginario globale in formazione contro le contraddizioni della modernità è
stata la rivendicazione sulla flessibilità dei tempi e degli orari, divenute oggetto di lotta politica
intorno agli anni 80.

L’insofferenza verso l’organizzazione razionalizzata moderna ha assunto particolare visibilità attraverso la


contestazione della rigidità dei tempi sociali.
Il nocciolo della questione è stato messo a fuoco da NIKLAS LUHMAN con IL CONCETTO di TEMPO
SCARSO. In sé dice l’autore, il tempo non è scarso. Lo è diventato per effetto della complessità sociale delle
società moderne, che è stata gestita con un’organizzazione rigida, fondata su regole burocratiche
impersonali e uniformi. Non sempre il coordinamento è agevole, in quanto sistemi e sottosistemi
sottopongono l’individuo a richieste temporali plurime.
Ne consegue che in uno stesso segmento temporale il soggetto è sottoposto ad un sovraccarico di
sollecitazioni. Il risultato è il senso di inadeguatezza impersonale.
La differenziazione funzionale della società impone un’utilizzazione razionale del tempo, un meccanismo che
semplifichi la gestione della complessità. Rendendo più facile tale gestione, questo meccanismo contribuisce
anche a complicarla.
Il meccanismo in questione alimenta il malessere dei soggetti rispetto al tempo della vita sociale. Accentua il
senso di scarsità di tempo, poiché tende a moltiplicare le zone, differenziate sul piano spaziale, relazionale,
funzionale. Favorisce lo sviluppo di una temporalità troppo frammentata, etero-normata rispetto al bisogno
degli individui di trovare un senso unitario per l’esperienza personale.
Il problema è diventato particolarmente acuto intorno agli anni 70. In generale le donne hanno iniziato a
rivendicare maggiore flessibilità nel coniugare i tempi sociali con quelli della vita familiare e personale.
Le lavoratrici si sono trovate all’incrocio fra due sfere di attività centrali per la loro identità sociale.
Si trattava di mettere il luce, il carattere sessuato del tempo. Se il tempo è una costruzione sociale, le
convenzioni, le pratiche che si traducono in orari non possono non riflettere i codici e le istituzioni che le
hanno determinate.
Entrate sul lavoro le donne, hanno dovuto fare i conti non solo con i problemi di sincronizzazione degli orari
quotidiani, ma anche e soprattutto con la difficile conciliazione di logiche temporali differenti.
Da un punto di vista della temporalità sociale, vi erano da un lato, il tempo razionalizzato, strumentale, del
lavoro per il mercato, tradizionalmente maschile, dall’altro il tempo incorporato, affettivamente denso, della
cura della donna.
Nuova mappa del tempo, il cui aspetto qualificante è il rifiuto della separazione istituzionale tra pubblico e
privato, tra tempo di lavoro e tempo della vita, associato al rifiuto di accettare la gerarchia socialmente
stabilita fra di essi. È diventata un’aspirazione per le nuove generazioni. La nuova mappa accoglie momenti
di moratoria, nuovi inizi, aperture a un futuro non predefinito, da costruire autonomamente, Ciò si è tradotto
in incertezza, divenuto un valore per le nuove generazioni.

SINTESI CAPITOLO
Pagina 66-67-68-69

NUOVI SCENARI DEL PRESENTE


La definizione degli assetti moderni non è stata ne lineare, ne priva di tensioni e confini. La convivenza con
le contraddizioni sembrava il prezzo contingente da pagare, in vista della realizzazione di una società di
individui liberi e tutelati contro i rischi per la sopravvivenza e il benessere. Dopo le guerre mondiali, i nuovi
assetti mondiali, di prevenire i drammi del passato, promuovendo soluzioni pacifiche.
La democratizzazione della società e l’attenuazione delle disuguaglianze più stridenti si sono inoltre giovane
del crescente benessere garantito dalla ricostruzione post bellica.

pag. 11
Non a caso, in quel periodo, è cresciuta, nel mondo occidentale la convinzione che il modello di Stato e di
società affermatosi con la modernità in Occidente, avrebbe rappresentato il volano per l’emancipazione di
tutti i popoli della Terra.
Il liberismo economico alimentava una fede nella capacità del mercato di garantire pace e progresso. A
fronte dell’ottimismo degli iperglobalisti, tuttavia lo svincolarsi di molti aspetti dell’economia dalla sfera delle
istituzioni statali si è rivelato spiazzante per la vita associata, fonte di un disagio crescente.
Le persone hanno visto aprirsi un ventaglio di possibilità per la propria biografia. Per altro verso, si sono
ritrovate sole, di fronte alla responsabilità di costruire il proprio destino.
Intanto le nuove frontiere della scienza e della tecnologia hanno favorito processi ricchi di opportunità, ma
anche fiorire di incognite angoscianti.

Il senso di perdita di controllo che si è accentuata nei primi anni venti, quando sono venuti alla luce nuovi,
imprevedibili rischi: dal terrorismo internazionale, crisi finanziaria del 2007-2008, ai drammi della miseria.

I criteri organizzativi del passato sono diventati troppo limitanti, per le imprese, le mode, la ricerca,
l’esplorazione culturale, la vita di relazione, rispetto all’allargarsi degli orizzonti. È in questa situazione che si
sono create le condizioni del successo di Internet.
Internet è la trama delle nostre vite, dice il teorico Manuel Castells, che propone un’analogia tra l’effetto
rivoluzionario prodotto dall’introduzione dell’elettricità in passato e le ricadute della nascita di Internet oggi.
Il network è un insieme di nodi interconnessi, le cui caratteristiche principali sono l’adattabilità e la flessibilità.
Consente il coordinamento e la gestione della complessità. Combinazione senza precedenti di flessibilità, di
capacità gestionale ed esecuzione decentralizzata.
Il successo di Internet è il risultato dell’incontro tra una tecnologia conosciuta da tempo, ma poco utilizzata, e
l’emergere di precisi bisogni che si sono manifestati nell’economia e nella società nell’ultimo quarto del XX
secolo.
Tali bisogni, dice Castells, scaturiscono da tre processi:
1- Crescente incertezza dei mercati, che ha alimentato nuove esigenze di flessibilità gestionale per le imprese.
2- Domanda di libertà individuale e comunicazione aperta
3- Progresso dei computer e telecomunicazioni consentiti dalla microelettronica
In aggiunta con il cambiamento geopolitico nato con la fine della Guerra Fredda. Solo a quel punto, Internet
si è potuto sviluppare.
Internet diventa uno strumento rivoluzionario perché consente per la prima volta, la comunicazione molti a
molti, in un tempo scelto, su scala globale.
Il faccia a faccia implica una situazione di co-presenza. Presuppone un flusso di comunicazione a due vie,
dove emittente e ricevente sono reciprocamente responsabili della produzione. È quindi dialogica.
Anche l’interazione mediata da strumenti tradizionali, lettera, telefono ha carattere dialogico.
Essa avviene tra soggetti separati spazialmente e temporalmente. Inoltre la gamma dei mezzi simbolici di
comunicazione si riduce.

Le MEDIATED QUASI-INTERACTIONS sono quelle dei media. Thompson le definisce semi-interazioni, in


quanto hanno carattere monologico, che sostiene un’asimmetria di potere. Il flusso delle comunicazioni si
muove infatti in senso prevalentemente unidirezionale, da chi trasmette il messaggio a un pubblico
indifferenziato di molti. In questo passaggio avviene comunque una distorsione dell’informazione, poiché il
ricevente, per tradurla in materiale dell’esperienza, deve rielaborarla alla luce della propria sensibilità e del
proprio background.
Nelle reti telematiche si trova talvolta un’interazione di questo tipo, ma senza stabilire alcuna relazione con
chi le ha inserite in Rete.
Quella digitale è un’interazione mediata, che preserva il carattere dialogico, e al tempo stesso è
orientata verso la molteplicità di persone presenti in rete.
I vincoli della distanza fisica sono annullati, mentre si crea una dimensione spaziale nuova, che si intreccia
con quella territoriale e con una temporalità dominata dalla simultaneità e dall’istantaneità.

La diffusione di queste nuove tecnologie dell’informazione ha creato nuove forme di spazio e tempo: lo
spazio dei flussi, che Castells considera, uno spazio senza spazio, entro cui prende forma un tempo
senza tempo.
PFLIEGER contraddice la visione, di spazio non territoriale.
Lo spazio dei flussi costituito da posti è uno spazio territorializzato.

pag. 12
La contraddizione è evidente perché lo spazio dei flussi è pur sempre uno spazio di comunicazione. Si
organizza intorno alla messa in relazione tra loro di diversi posti, contiene dei territori, delle infrastrutture
tecniche, dei sistemi d’informazione e di comunicazione, dei sistemi di trasporto e di gestione.

Il posto è uno spazio fisico, come il luogo. Tuttavia il suo significato è profondamente diverso, è
prevalentemente funzionale e dipende dal ruolo che esso svolge a supporto del funzionamento della rete. È
UN NODO NEL RETICOLO DEI RAPPORTI E DEGLI SCAMBI CON IL RESTO DELLO SPAZIO DEI
FLUSSI.
Castells precisa che al contrario un luogo, è uno spazio territoriale organizzato attorno alla prossimità e alla
contingenza.
L’idea di luogo implica qualche specificazione in più rispetto a quella proposta da Castells. La fabbrica in
Malesia potrebbe essere collocata in una città con proprie specificità morfologiche, con una storia e una
tradizione. Chi lavora in quel posto vive anche nella città. In questo caso il luogo in cui vive il lavoratore
malese è un luogo perché è un insieme identitario, relazionale e storico. È identitario in quanto possiede una
propria fisionomia che lo distingue da tutti gli altri e rappresenta una cornice entro cui si forma l’identità dei
suoi abitanti. È storico perché questa fisionomia si è costruita nel tempo, attraverso il passaggio delle
generazioni. È relazionale perché è un contesto di relazioni sociali che si consolidano nel tempo.

Sotto il profilo della territorialità, inoltre, si accelera a dismisura la tendenza della modernità alla
concentrazione di popolazione, attività, potere nelle aree metropolitane.
Le grandi città del mondo sono il luogo in cui una molteplicità di processi di globalizzazione assume forme
concrete, localizzate. Esse sono collegate tra loro, da un reticolo di dimensione mondiale, che è in sé un
nuovo tipo di spazio. Questo spazio è sia imperniato sul luogo, in quanto inserito in siti particolari e strategici,
sia transterritoriale, perché connette siti che, pur non essendo geograficamente vicini, sono intensamente
connessi tra loro.
IL RAPPORTO GLOBALE-LOCALE QUINDI NON è NECESSARIAMENTE POLARIZZANTE, DEL TIPO O-
O, MA PIU’ DEL SIA-SIA. In tal senso acquista rilievo il concetto di glocalizzazione coniato da
ROBERTSON. INDICA IL RAPPORTO RECIPROCO TRA LOCALE E GLOBALE, IN QUANTO LE
TENDENZE GLOBALI HANNO SEMPRE RICADUTE A LIVELLO LOCALE E VICEVERSA.
La prospettiva sia-sia, oltre che multipla è anche dinamica. Massey, geografa sociale, mette in evidenza
come il luogo sia un processo. Esso è costantemente definito e ridefinito dalla molteplicità di relazioni che si
sviluppano al suo interno. In un simile intreccio di relazioni, i luoghi non sono più necessari confini che
separino l’interno dall’esterno. L’interno è parte costitutiva dell’esterno.

Castells riprende la tesi di Giddens sulla separazione del tempo e dello spazio, che ha portato al
ribaltamento dell’antico rapporto di subordinazione del primo rispetto al secondo, grazie all’affermarsi del
tempo vuoto e lineare dell’orologio meccanico.
Si tratta di un tempo prevedibile e irreversibile, oltre che lineare. Questo tempo per un verso, ha sostenuto
l’industrializzazione moderna. Per altro verso, si è visto che il tempo dell’orologio, è stato uno strumento
essenziale di centralizzazione e omogeneizzazione della comunità nazionale, a sostegno della legittimazione
dello stato-nazionale.

Nella rete questa logica temporale si disintegra: lo spazio torna ad avere il primato sul tempo. Lo trasforma
nel tempo senza tempo, di un eterno presente. Questo tempo non riguarda tutti i processi, i gruppi sociali, i
contesti territoriali. Non è unico. È piuttosto il tempo sociale dominante della network society.

Benchè un forte impulso a questa nuova forma di temporalità sia venuto dalle spinte globalizzanti
dell’economia negli ultimi decenni, ci sono anche altri fattori alla base del cambiamento in corso.
Castells si riferisce a fattori culturali, in particolare alla crescente insofferenza verso la rigidità dei tempi
scanditi dall’orologio e dal calendario sociale dei percorsi di vita.
Un disagio che ha prodotto la rivendicazione generalizzata di tempi altri, gestibili con maggiore autonomia e
flessibilità.
Castells sviluppa riflessioni sul tempo virtuale dei sistemi multimediali.
Secondo l’autore esso si concretizza in due diverse forme.
1- Con il termine SIMULTANEITA’: i nuovi media, le informazioni relative a eventi socio-politici e a espressioni
culturali provenienti da ogni angolo del mondo si diffondono istantaneamente ovunque, acquistando
un’immediatezza senza precedenti. Nelle rappresentazioni dei media i tempi si mischiano, l’ordine degli

pag. 13
eventi perde la sequenza cronologica con cui si sono manifestati nella realtà, per disporsi secondo sequenze
che dipendono dal contesto in cui questi eventi sono utilizzati. È il tempo dell’eterno presente.
2- Il tempo intemporale, che è specifico comunque, dello spazio dei flussi, mentre nello spazio fisico dei luoghi
sopravvive il tempo biologico, con i suoi ritmi e le sue scansioni e la caratterizzazione seriale degli eventi che
vi prendono forma.

L’estensione e la riarticolazione dei confini dell’agire stanno producendo, quasi paradossalmente, un senso
di compressione, che si accentua con la diffusione di Internet.
HARVEY, COMPRESSIONE: tale esperienza si produce quando avviene un’accelerazione nel ritmo di vita,
con relativo superamento delle barriere spaziali, entro processi che sfuggono alle tradizionali forme di
controllo.
L’accelerazione dei ritmi di vita, associato al superamento delle barriere spaziali, comporta cambiamenti non
previsti, che ci appaiono come qualcosa che il mondo sembra far precipitare sopra di noi. Il senso di questo
precipitare è racchiuso nel concetto di compressione spazio-temporale, che indica alcuni processi che
rivoluzionano le qualità oggettive dello spazio e del tempo in modo tale da costringerci a modificare, a volte
in maniera radicale, le modalità attraverso le quali rappresentiamo il mondo e noi stessi.

In questi scenari entrano in crisi gli assetti socio-culturali consolidati e gli individui faticano a trovare referenti
certi per dare senso al mondo in cui vivono. MONDO COLLAGE, DOVE SPAZI DI MONDI MOLTO DIVERSI
SEMBRANO AMMASSARSI L’UNO SULL’ALTRO.
Harvey sottolinea il collegamento di questi fenomeni con la crisi della politica e la contemporanea
autonomizzazione dai vincoli istituzionali da parte delle dinamiche del capitalismo globale.
A suo avviso, nella realtà confusa del mondo collage, si acutizza la tensione fra universalismo e
particolarismo, che si associa sempre al profilarsi di nuove fasi storiche di compressione spazio temporale.
In particolare mostra come negli successivi alla crisi del 1847-48, si sia verificata una situazione che lasciava
scorgere un’apertura senza precedenti verso scenari mondiali.
In quel momento la prospettiva dell’apertura ha avuto come principale veicolo la corrente culturale del
modernismo con la sua vocazione universalistica in contrasto con le chiusure degli assetti esistenti.
L’universalismo di fine 800 non si è affermato perché il modernismo è rimasto prigioniero di una continua
oscillazione fra due sensibilità parallele, compresenti. Da un lato lo slancio verso il mondo, stimolante ma
anche denso di incognite. Dall’altro, il ripiegamento sul proprio piccolo nella familiarità della realtà locale,
vissuta come unica fonte di certezze.
Questa fase si è conclusa con la sconfitta dell’universalismo a opera del nazionalismo che ha portato a due
conflitti mondiali.

Per l’autore una nuova fase di compressione spazio-temporale si sta manifestando oggi, facendo
riemergere tensioni, rischi, opportunità.
Fra i rischi vi è lo svuotamento del ruolo della politica.
Fra le opportunità la valorizzazione della dimensione locale dell’esperienza.
Rispetto ai rischi, il capitalismo è per sua natura universalizzante.
Il suo avanzamento comporta un’erosione delle barriere spaziali. La politica è rimasta sterilizzata entro il
quadro nazionale, perdendo il controllo sull’intreccio di spazio, tempo, denaro.
Ciò riproduce l’antico dilemma universalismo-localismo. Ne consegue il rischio di frammentare ulteriormente
l’immagine disorientante del mondo collage.
Dall’altro canto la valorizzazione della dimensione locale può configurarsi come uno strumento su cui far leva
per contrastare la perdita del controllo sui nuovi scenari.

Harvey coglie un problema importante: lo spiazzamento legato all’incepparsi della dialettica democratica nel
quadro nazionale genera nell’opinione pubblica sentimenti contrastanti. Nella conseguente tensione tra
apertura e chiusura, speranza e paura, spesso la seconda polarità rischia di agire da fatto involutivo,
bloccando le opportunità di cambiamento in taluni momenti storici cruciali.

Internet ha consentito di condividere problemi e speranze nello spazio pubblico e libero.


Negli spazi di questi network si sono profilati seri problemi, ma anche interessanti novità.
Fra i problemi vi è indubbiamente quello di trovare una mediazione tra il carattere libero di questo spazio e la
necessità di regolamentare ciò che i singoli possono fare.

pag. 14
Fra le novità la più interessante è la nascita di nuovi movimenti, che Castells definisce reti d indignazione e
speranza. Essi costituiscono forme di presenza attiva sulla scena politica mondiale, individualizzata.
L’azione di questi movimenti è guidata da obiettivi universalistici, nonostante agiscano localmente.
Due limiti ne condizionano l’efficacia politica. Innanzitutto la natura spontanea e magmatica di questi
movimenti non consente di trasformare la capacità di protesta in capacità di elaborare e realizzare
un progetto politico.
In secondo luogo, poiché le questioni sono globali, non trovano un interlocutore politico adeguato.

La liberalizzazione degli scambi internazionali ha favorito uno sviluppo straordinario, delle relazioni
commerciali e finanziarie.
Dalla sfera delle banche e della finanza tradizionali sono sorte grandi conglomerate finanziarie globali. ( anni
50-60) SVILUPPO DEL MERCATO DEGLI EURODOLLARI. (Tale mercato consiste in crediti e debiti in
dollari esistenti e negoziati al di fuori del mercato domestico statunitense. Annovera, fra i fattori che ne
hanno alimentato lo sviluppo, l’assenza di regolamentazione circa le condizioni di depositi e prestito,
l’inesistenza dell’obbligo dei pagamenti statunitensi.)
È stato tuttavia a partire dagli anni 90, che un nuovo assetto finanziario globalizzato è venuto pienamente
alla luce. Internet ha accelerato ulteriormente la liberalizzazione delle transazioni finanziarie.

Uno dei principali aspetti di questa evoluzione è stato l’accesso generalizzato di investitori individuali agli
investimenti finanziari e alle informazioni relative agli andamenti dell’economia e agli sviluppi politici di paesi
e continenti.
La conseguenza è stata una finanziarizzazione del capitalismo globale. Il problema principale è che
queste conglomerate sono centri di potere extraistituzionali apolidi (Persona emigrata all'estero, che non
ha alcuna cittadinanza, perché priva di quella di origine e non in possesso di un'altra.), che operano
liberamente su un mercato globale e riescono a sottrarsi in buona parte alla giurisdizione delle
istituzioni democratiche.
Un esempio di problemi posti dall’elevato grado di autonomizzazione delle operazioni finanziarie
rispetto ai vincoli istituzionali è rappresentato dalle cosiddette criptovalute, come il Bitcoin. Esse non
esistono in forma fisica. Non hanno corso legale perché non sono emesse da enti governativi, bensì da
un’entità privata che stabilisce regole di accesso ed equilibrio.
A fronte di un potenziale vantaggio in termini di velocità, la natura delle criptovalute pone anche seri
problemi.
Il più rilevante è la difficoltà di tutelare gli utilizzatori contro rischi di perdite dovute a truffe, fallimenti.
L’anonimato può favorire attività illegali. Da ultimo vi sono i rischi operativi e di sicurezza.

Sul fronte delle imprese la vocazione alla mobilità dei capitali, ha prodotto una costellazione di nuove
realtà proprietarie e organizzative.
Esse si sono intrecciate con il tradizionale tessuto produttivo dei territori, alterandone la fisionomia.
Questo processo ha contribuito a modificare il rapporto che si era stabilito tra Stato e mercato nelle
società moderne.
1- Un primo aspetto da considerare è la massiccia internazionalizzazione della proprietà delle grandi
entità, tramite l’apporto di capitale azionario proveniente da molteplici paesi. Potenti corporation
multinazionali possono ormai rivaleggiare con il potere degli Stati, grazie al fatto di riuscire a
controllare buona parte del capitale d’investimento e l’accesso ai mercati finanziari.
2- Un secondo elemento è la possibilità per le imprese di organizzare le proprie attività secondo logiche
transazionali, grazie alla flessibilità organizzativa delle nuove tecnologie informatiche. Le imprese
possono cioè realizzare una produzione integrata a livello internazionale, organizzando le diverse fasi
del ciclo produttivo in unità dislocate in aree del mondo differenti, secondo convenienze localizzate.

Gli effetti: Per un verso consente di valorizzare competenze e risorse di regioni, località marginali e di
soggetti economici troppo piccoli per competere da soli sui mercati internazionali.
Per un altro verso si possono generare facilmente situazioni di sfruttamento e rapidi cambiamenti di
scenario con repentine dismissioni di sedi produttive.

pag. 15
Beck afferma che in tal modo si stia creando una nuova forma di potere globale. Si tratta del potere
di non fare, di non investire in un paese e di farlo in un altro. Si tratta di un potere autosufficiente, nel
senso che non ha bisogno di una base territoriale, non ha bisogno di invadere territori. Tale potere non
necessita di legittimazione politica. Non esiste un sistema democratico di voto che ne debba giustificare
l’esistenza o l’azione.
(Non a caso, uno dei principali problemi oggi è la perdita dei posti di lavoro, perché le sedi produttive
vengono delocalizzate).

Il futuro del lavoro è una delle grandi sfide con cui confrontarsi oggi.
Per molti osservatori la perdita dei posti di lavoro, è in realtà, dovuta più alle ristrutturazioni aziendali
che alle delocalizzazioni.
Siamo ormai alla quarta rivoluzione industriale (integrazione dei processi cyber-fisici nei processi
produttivi). La sostituzione del lavoro umano con macchine intelligenti sta procedendo ad un ritmo
velocissimo. La dematerializzazione del lavoro è molto avanzata e cambiano in misura considerevole
capacità, competenze e abilità richieste ai lavoratori.
Accanto alla questione della disoccupazione tecnologica si staglia, quella della tutela dei lavoratori,
dove lo sfruttamento è una pratica molto diffusa.
Questa tendenza è alimentata dalle delocalizzazioni dai paesi di antica industrializzazione. Oggi non si
sposta solo il lavoro, si spostano anche i lavoratori. Lo spostamento non riguarda solo la mobilità fisica.
Stanno ormai profilandosi attività autonome, basate sull’uso delle nuove tecnologie dell’informazione,
che consentono a un soggetto di garantire prestazioni a clienti sparsi in ogni angolo del pianeta,
sfruttando infrastrutture online, a propria volta di tipo transazionale.

Alle vecchie disuguaglianze se ne aggiungono di nuove. Il digital divide fra gruppi e persone
diversamente dotate delle risorse per sfruttare le opportunità offerte dalla rete.
Inoltre la distribuzione del reddito non è più una variabile solo nazionale per comprendere come mai,
nel mondo, si assista a un progressivo aumento delle disuguaglianze.
La concorrenza fiscale tra stati inevitabilmente privilegia i possessori di capitali.
I dati dicono che la forbice fra paesi ricchi e paesi poveri si restringe progressivamente, per effetto della
modernizzazione di questi ultimi. Tuttavia all’interno dei paesi la forbice fra poche persone molto ricche
e molte povere si allarga sempre di più.
La combinazione di delocalizzazioni, ristrutturazioni e deregolamentazioni sta provocando la crescita di
disoccupazione, sottooccupazione, precarietà.

Nella modificazione in corso degli equilibri di potere pone al centro del dibattito politico il rischio di una
perdita di sovranità da parte dello stato.
Il principale elemento critico è la natura assoluta di tale sovranità. Si tratta in altri termini della
prerogativa dello stato di non riconoscere alcun potere superiore al proprio.

Una parte consistente della letteratura sulla globalizzazione mette in luce altri problemi interni che
hanno contribuito all’indebolimento dello stato e della politica nazionali. (Ad esempio il malessere
causato dalla precarizzazione occupazionale.
Secondo Colin Crouch gli stati sono incentivati a perseguire politiche neoliberaliste all’interno per
garantire condizioni attrattive per i capitali sempre più mobili. Il risultato è una concorrenza fiscale fra gli
stati, che produce due effetti:
1-Ridotto carico fiscale, quindi minori risorse per garantire politiche di welfare.
2-Il secondo è la delega graduale, da parte delle istituzioni, della responsabilità di fornire beni pubblici
al mercato dei servizi privati.

La difficoltà degli stati, compresi i più potenti, di fornire beni pubblici diventa ancora più evidente se si
considerano i beni pubblici globali, come la sicurezza.
Tutto ciò ha eroso profondamente la fiducia dei cittadini nella politica.

pag. 16
Non vanno inoltre dimenticati i fattori culturali che secondo alcuni autori hanno minato l’autorità dello
stato.
Con la globalizzazione le culture perdono la loro identità e acquistano una maggiore complessità.
L’identità nazionale diventa più articolata ed eterogenea e quindi più difficile da preservare, in quanto
meno forte e definita.

Il progetto di modernità dell’Occidente è stato messo in discussione anche dall’emersione di nuove


realtà, che stanno cambiando gli equilibri politici mondiali. Per diverse ragioni, aree quali la Cina, l’india,
la Russia, l’America Latina e il medio oriente sono diventate una presenza problematica per le pretese
Occidentali di supremazia.

SIAMO QUINDI DI FRONTE ALLA CRISI DEI VALORI SU CUI SI E’ FONDATO LO STATO
MODERNO, OPPURE CIO’ CHE è IN CRISI E’ L’ASSETTO CON CUI L’OCCIDENTE HA CERCATO
DI REALIZZARE QUEI VALORI?
Si stanno levando sempre più voci, affinchè ciascuno riprenda la propria sovranità, con politiche
protezionistiche. Già successo nella prima metà del 900.
Tuttavia il ritorno al passato non può proporsi come una ricostruzione delle stesse certezze.
Oggi, inoltre le interdipendenze dell’economia globale hanno creato una rete difficile da smantellare,
visto che si è autonomizzata rispetto alle capacità di controllo della politica nazionale. E occorre anche
considerare l’effetto globalizzante che la connettività diffusa in internet produce sull’immaginario
culturale.

Disorientamento culturale che accresce il senso di insicurezza e l’incapacità di pensare al futuro.


L’impressione della perdita di controllo è per altro in contrasto con la crescente enfatizzazione della
riflessività e della responsabilità individuale che ha accompagnato le recenti evoluzioni del processo di
individualizzazione.

INDIVIDUALIZZAZIONE: processo di progressivo affrancamento dell’individuo dalle appartenenze


esclusive, in nome di una maggiore autonomia nelle scelte di vita.
La società moderna ha accelerato l’emergere dell’individualità.
Fino agli anni 70, la società moderna si è caratterizzata come società dei grandi gruppi. I gruppi di
appartenenza hanno rappresentato riferimenti imprescindibili per i singoli percorsi di vita. Con il
progressivo dilatarsi degli orizzonti, i percorsi biografici si sono individualizzati e pluralizzati.
La pluralizzazione dei percorsi biografici ha il volto dell’utopia della vita propria. Un’utopia dice Beck,
dove non c’è desiderio più diffuso di condurre una vita propria.
Il fenomeno non va confuso con l’egoismo. L’individualizzazione è il prodotto di secoli di lotte per la
tolleranza religiosa, i diritti dei cittadini e per i diritti universali che devono garantire all’individuo le sue
libertà.
Perciò la progressiva conquista della libertà di costruire la propria vita è inseparabile dalla
responsabilità delle scelte compiute.
È la responsabilità a scongiurare il rischio che l’individualizzazione scada nell’individualismo egoistico,
chiuso al confronto con l’altro. Responsabilità significa ‘’capacità di risposta’’.
Questo rispondere comporta una duplice dimensione: SI RISPONDE SEMPRE ‘’A’’, SI RISPONDE
SEMPRE ‘’DI’’. RISPONDIAMO A QUALCUNO CHE E’ ALTRO DA NOI.
Rispondere di indica il fatto che nel rapporto noi portiamo proprio quella unicità e differenza che ci fa
diversi dagli altri, che a sua volta costruisce un insieme di possibilità e di limiti.

Se l’individualizzazione è istituzionalizzata, essa è imposta agli individui dalla dinamica stessa della
modernità.

Fra i motivi messi in luce dalla letteratura su questo punto è di particolare rilevanza la questione
dell’incertezza etica. Nella misura in cui il mondo ci appare un collage, dove riferimenti etici e culturali
plurimi si sovrappongono , intrecciandosi l’uno con l’altro, senza un ordine di priorità chiaro, i dubbi e le
incertezze si accentuano. Si crea la situazione paradossale per cui l’individuo da un lato, è obbligato da

pag. 17
una sorta di imperativo sociale a essere responsabile verso sé e verso gli altri, dall’altro è privato dalla
società degli strumenti per farlo, con un’aggravante pericolosa.
Quando viene meno il ruolo di mediazione fra individuo e società svolto dai grandi gruppi, le esperienze
di crisi indotte da fattori sociali vengono individualizzate .
In una situazione di debolezza istituzionale si finisce per scaricare sui singoli i problemi che dovrebbero
essere di competenza della politica.

Il tema della riflessività. Giddens. In relazione a quelle che egli considera le fonti primarie e
interdipendenti del dinamismo della modernità.
Queste fonti hanno alimentato contraddizioni e spinte interne al cambiamento , che sono diventate
sempre più evidenti nella fase matura delle società moderne.
Le prime due sono la separazione del tempo e dello spazio e la disaggregazione, che intrecciandosi,
esse favoriscono lo sviluppo di relazioni sociali libere dal vincolo della presenza. Gli effetti di questo
intreccio si sono accentuati con la diffusione di internet.
Come terzo fattore di dinamismo, Giddens indica l’ordinamento e il riordinamento riflessivo dei rapporti
sociali, alla luce dei continui input di sapere che interessano le azioni degli individui e dei gruppi.
Il paradosso consiste nel fatto che viviamo in un mondo interamente costruito da sistemi esperti, quindi
basato sulla fiducia nel sapere applicato riflessivamente. Tuttavia gli sviluppi della riflessività moderna
comportano che questa fiducia sia costantemente minata dal dubbio.
La riflessività rappresenta però anche una risorsa cruciale per la costruzione identitaria dei soggetti
nell’opacità degli scenari attuali.
Non possiamo dimenticare come il dubbio che oggi mina la fiducia nella scienza sia anche, lo stimolo
della conoscenza. Il dubbio, riferito alla validità delle opzioni disponibili e alla possibilità di individuarne
altre, tutte da esplorare, in taluni casi può essere paralizzante.
Con il tempo questo significato postmoderno si è confuso, e viene utilizzato per indicare una forte
discontinuità rispetto al passato.
Questo concetto non è corretto. Non viviamo ancora in un universo post moderno, benchè si scorgano
già segni concreti dell’affermarsi di modi di vita e di forme di organizzazione sociale che si discostano
da quelli prodotti dalle istituzioni moderne. Vanno in un senso di superamento delle istituzioni della
modernità.
Beck osserva che il superamento della modernità non comporta necessariamente la fine della politica
in un mondo frammentato e caotico.

Accelerazione e mobilità, in sé, sono fenomeni antichi. Oggi si assiste ad un incremento che li rende
nuovi. Il tema dell’accelerazione si deve al sociologo tedesco Hartmut Rosa. L’accelerazione si
sviluppa in una triplice dimensione: tecnologica, dei ritmi della vita, dei processi di trasformazione
sociale.
L’accelerazione tecnica riguarda l’aumento dei ritmi e dei processi di trasporto, comunicazione e
produzione
L’accelerazione del mutamento sociale comporta che pratiche, costellazioni e strutture sociali diventino
instabili, cioè che tradizioni, comunità, mode, valori, orientamenti, conoscenze e modelli d’azione fidati
mutino e si trasformino sempre più rapidamente. Ne consegue un aumento dell’incertezza.

L’accelerazione del ritmo della vita. Studi empirici dimostrano come il mettersi in comunicazione con
familiari lontani, va di pari passo con l’accelerazione perché cresce la densità di cose che si possono
fare nello stesso arco temporale.
Nell’aumento del ritmo di vita vi è anche una componente soggettiva, che si traduce in
un’intensificazione del senso della scarsità di tempo, della sensazione di dover fare in fretta, accelerare
i ritmi.
La velocità finisce per frantumarsi in una violenza che altera profondamente il senso del tempo.
L’accelerazione del mutamento sociale ha già contribuito a sgretolare la prospettiva sul passato e
quella sul futuro. Ora anche il presente si svuota.
Diventa una pura istantaneità de-temporalizzata.

pag. 18
L’accelerazione si può accompagnare a momenti di decelerazione. Per Rosa si tratta di rallentamenti,
sia inintenzionali (limiti psico-fisici), sia intenzionali (funzionale e ideologico).
I rallentamenti funzionali sono pause necessarie, di sera, nei weekend, durante le vacanze, per
mantenere intatta la capacità di accelerazione. Quelli ideologici sono pensati come forme di
opposizione al sistema.
Accanto a questi aspetti, comunque ve ne sono altri di segno opposto. In particolare, nelle situazioni
estreme emergono impensabili capacità di resilienza, come si è accentuato. Di fronte ai pericoli
dell’accelerazione, questa capacità si può scorgere nelle dinamiche della vita quotidiana, nei complessi
intrecci tra tempi interni e tempi sociali.
L’assunzione individuale di responsabilità può divenire il collante per nuove forme di aggregazione,
collaborazione, dialogo che vanno esattamente nel senso di contrastare la disgregazione prodotta
dall’accelerazione.

La mobilità è nuova, perché non si può più definire nei termini tradizionali di una connessione fra un
punto di partenza e una destinazione.

L’elemento chiave in passato, era il presupposto della tendenziale stanzialità di persone, cose, attività.
La stanzialità garantiva le certezze, permetteva alle relazioni personali di sedimentare la durata dei
legami forti, favoriva un rapporto affettivo con i luoghi. Stanzialità come capacità di sentirsi a casa, in un
determinato luogo del mondo.

Oggi la mobilità si intreccia con l’accelerazione. Persone, oggetti, immagini, oggi si spostano
continuamente, velocemente e in vario modo su più livelli spaziali.
Fra le nuove forme di mobilità troviamo quelle dell’elitè globali, abituate a spostarsi da una località
all’altra. I soggetti in questione sperimentano delle vite mobili. In questa realtà una risorsa cruciale è il
capitale di rete, vale a dire la capacità di generare e mantenere relazioni sociali con persone che non
sono necessariamente vicine.
Per tali soggetti, l’individualizzazione si arricchisce. La de-tradizionalizzazione de-sincronizzazione dei
contesti entro i quali prendono corpo le strategie per la propria vita, e l’orientamento al breve termine.
Viene messo in luce, il particolare ricorso a MOBILITA’ MINIATURIZZATE: Immagazzinamento e il
successivo recupero di affetti ed emozioni nel materiale dei media contemporanei.
Agnes Heller si chiedeva dove ci sentiamo a casa oggi. Il rischio è che lo sradicamento spaziale
comporti un impoverimento culturale.
Insieme ai rischi possono emergere anche nuove strategie finalizzate a costruire nuovi modi di sentirsi
a casa. Per esempio il multilocalismo rappresenta il versante positivo di quella che Beck chiama
poligamia di luogo.
Si tratta di una situazione in cui l’identità delle persone si costituisce combinando riferimenti culturali di
luoghi differenti fra loro, nei quali sono vissute o fra i quali continuano a pendolare.

LONG TERM TRAVELLERS: si tratta soprattutto di giovani che fanno del viaggio fine a se stesso uno
stile di vita, è un modo per costruirsi come cittadini del mondo.
Le nuove tecnologie consentono anche di vivere da nomadi digitali. È questo il caso di chi si stabilisce
per un periodo imprescindibile a priori, in una località e contemporaneamente viaggia virtualmente,
intrattenendo rapporti di lavoro in ogni angolo della terra.

CONCLUSIONI PAGINA 106-107

QUESTIONI APERTE PER IL FUTURO

Si ipotizza che il mondo sia entrato in una nuova era geologica, l’ ANTROPOCENE. Il termine è
stato coniato dal premio nobel per la chimica atmosferica CRUTZEN. Per indicare che l’ambiente
terrestre è radicalmente modificato dall’azione umana, su scala globale, alla stessa stregua
di ciò che è avvenuto nella storia del pianeta per effetto degli eventi naturali.

pag. 19
Nel corso di tale processo , l’uomo sta fra l’altro producendo un nuovo tipo di fossili, i tecnofossili,
tracce chimiche, nucleotidi radioattivi che sopravvivranno come tracce nelle rocce.
La sostenibilità rappresenta la sfida cruciale del nostro tempo. Ci sono diverse strategie, come
l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’onu. Resta ancora un obiettivo lontano da
raggiungere. Fra i molti nodi da scogliere, due sono prioritari e interconnessi:
1- Riguarda chi potrebbe avere la capacità e le risorse necessarie a promuovere obiettivi dello
sviluppo sostenibile, anche nelle aree più povere e soprattutto, chi dovrebbe avere il potere
di garantirne l’attuazione
2- Il secondo nodo, è di tipo culturale. Il coordinamento in questione presuppone una
condivisione delle responsabilità fra tutti gli attori in campo.
Il degrado ambientale è dovuto ad una serie di elementi legati a macrotendenze della
popolazione umana. Da tempo l’attenzione si concentra sulla pressione demografica e lo
sviluppo economico. Si devono aggiungere la rapida urbanizzazione e l’accelerazione delle
innovazioni tecnologiche. Una velocità che rende difficile, per i decisori politici, rispondere
prontamente ai problemi che ne derivano.
Lo sviluppo economico da un lato ha consentito il sostanziale miglioramento delle condizioni di
vita di buona parte della popolazione mondiale. Da un altro, è stato disastroso per l’ambiente,
nella misura in cui è avvenuto secondo la logica di rapina delle risorse naturali. I progressi della
tecnologia consentono forme di sfruttamento più intensive e invasive, rispetto al passato.
L’urbanizzazione accelerata di masse di persone comporta una crescita abnorme delle
dimensioni della città.
L’ampiezza del fenomeno associata alla sua velocità, rende difficile una gestione del territorio
che sappia fornire infrastrutture e servizi adeguati a garantire a tutti una vita dignitosa.
Più in generale lo sviluppo di queste grandi aree metropolitane si associa a una progressiva
cementificazione di ampie zone di territorio, incremento esponenziale del traffico su gomma,
consumo abnorme di risorse idriche, energetiche, alimentari.

Il riscaldamento climatico
Nel 2019 si sono verificati alcuni fenomeni che hanno reso evidenti l’entità del riscldamento
climatico, la pericolosità dei suoi effetti.
Tra luglio e agosto si è assistito allo scioglimento dei ghiacciai . Siccità. Incendi.
La causa dell’alterazione del clima, va ricercata principalmente nella combinazione di due
fattori. Il primo è l’inquinamento atmosferico, dovuto principalmente al ricorso di fonti fossili di
energia e agli allevamenti intensivi di bovini.
Il secondo è la progressiva deforestazione (il fenomeno più allarmante è la deforestazione
dell’Amazzonia brasiliana).
Il fatto che tali fenomeni colpiscano maggiormente popolazioni già vulnerabili alimenta il
dramma delle migrazioni di massa, causa tensioni e conflitti.
Solo alcune aree del mondo hanno avviato serie politiche in questa direzione.

Biodiversità a rischio
Il degrado delle acque riguarda sia mari e oceani, sia le acque dolci.
Tra gli effetti principali troviamo il degrado e la perdita degli ecosistemi marini, la riduzione delle
risorse biologiche marine, l’aumento dei rifiuti marini, in particolare plastiche e microplastiche.
Per quanto riguarda le acque dolci, le criticità sono sia quantitative e qualitative. Una prima
questione è la crescente scarsità, legata principalmente al riscaldamento climatico. Crescente
consumo delle acque dolci da parte dell’agricoltura.
Il secondo ordine di problemi riguarda il peggioramento della qualità delle acque, causata
dall’inquinamento organico e chimico. È il risultato dello smaltimento dei liquami domestici e
degli allevamenti intensivi di animali.

pag. 20
In merito ai suoli i problemi gravi sono di due tipi.
Il primo è legato alla deforestazione, in connessione con il riscaldamento climatico.
Il secondo si riferisce alla capacità del territorio di sostenere il fabbisogno alimentare. .
Anche il contatto sempre più ravvicinato tra fauna selvatica, animali domestici ed esseri umani
sta provocando seri danni per la salute, attraverso il fenomeno dello spillover.
Il termine indica il salto di specie di alcuni virus che normalmente colpiscono gli animali,
particolarmente quelli selvatici e che mutando, arrivano a diffondersi anche nell’uomo.

Il tema dello sviluppo sostenibile è al centro del dibattito internazionale (AGENDA 2030, per lo
sviluppo sostenibile. Con i suoi 17 obiettivi:
1-sconfiggere la povertà 2-sconfiggere la fame 3- buona salute 4-istruzione di qualità 5-parità
di genere 6-acqua pulita e servizi igienico-sanitari 7- energia rinnovabile 8-buona occupazione
e crescita economica 9-innovazione e infrastrutture 10-ridurre le disuguaglianze 11- città e
comunità sostenibili 12-consumo responsabile 13-lotta contro il cambiamento climatico 14-flora
e fauna acquatica 15-flora e fauna terrestre 16-pace e giustizia 17-partnership per gli obiettivi.

Sono state proposte diverse definizioni, a partire da quella più nota del RAPPORTO
BRUNTLAND, risalente al 1987. Secondo tale fonte lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che
soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare i propri bisogni. In sostanza, è un processo di cambiamento in cui lo sfruttamento
delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e il
cambiamento istituzionale sono tutti in armonia e rafforzano il potenziale attuale e futuro di
soddisfare i bisogni e le aspirazioni umane.

L’orientamento è criticato per il suo antropocentrismo e per un’eccesiva fiducia nella


tecnologia. Tuttavia il rapporto ha messo in luce la stretta interdipendenza fra sviluppo
economico, sociale e ambientale, proponendo uno sviluppo olistico. Ha introdotto il criterio
dell’equità anche intergenerazionale e della giustizia, il ruolo dell’efficienza nell’uso delle
risorse.
La relazione tra sostenibilità ecologica, efficienza economica ed equità è stata tradotta
nella regola dell’equilibrio delle tre E.
ECOLOGIA, EQUITA’, ECONOMIA.
Spesso l’interazione fra questi elementi è rappresentata con una figura in cui si intersecano tre
cerchi, coincidenti con altrettanti sistemi: quello della sostenibilità ambientale, intesa come
necessità di garantire la disponibilità e qualità delle risorse naturali; il sistema della sostenibilità
sociale, relativo alla garanzia di qualità della vita, sicurezza, servizi per i cittadini e quello della
sostenibilità economica, connesso all’efficienza economica e a garanzie di reddito per le
imprese.
Al centro dell’intersezione fra i tre cerchi, prende forma l’area dello sviluppo sostenibile.

Nel 2001 l’UNESCO ha aggiunto un quarto pilastro, ovvero la preservazione della diversità
culturale.

IL PROGRAMMA DELLA COMMISSIONE EUROPEA INSEDIATASI A FINE 2019,


FINALIZZATO A PROMUOVERE LA REALIZZAZIONE DI UN GREEN DEAL EUROPEO.
È una nuova strategia: nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas e effetto serra,
la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse, nessuna persona e nessun luogo sia
trascurato.
Il programma prevede due obiettivi:
1- Passaggio a un’economia pulita e circolare promuovendo l’uso efficiente delle risorse
2- Ripristino della biodiversità e nella riduzione dell’inquinamento.

pag. 21
Uno dei punti-cardine del programma della commissione Europea, è il passaggio da
un’economia lineare a una circolare. L’economia lineare è fondata sul criterio ‘’estrarre-
produrre-utilizzare-gettare’’. Quella circolare invece è pensata per potersi rigenerare da sola. In
un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere
reintegrati nella biosfera e quelli tecnici, destinati a essere valorizzati senza entrare nella
biosfera.
Cinque sono i criteri per un approccio circolare: Il primo è l’eco-progettazione, vale a dire la
progettazione dei prodotti effettuata pensando sin dall’inizio al loro impiego a fine vita.
Il secondo criterio è dato da modularità e versatilità del prodotto, vale a dire l’inserimento di
caratteristiche che lo rendono adattabile al variare delle condizioni esterne. Il terzo riguarda
l’uso di energie rinnovabili in sostituzione di fonti fossili. Il quarto approccio è l’approccio
sistemico, cioè la necessità di pensare in maniera olistica.
L’ultimo è il recupero dei materiali, utilizzando materie prime seconde. Provenienti da filiere di
recupero che ne conservino la qualità.

Questi criteri si traducono in comportamenti che coinvolgono tanto i produttori tanto i


consumatori.
Occorre altresì contrastare strategie produttive, tendenti ad accelerare i tempi di sostituzione
dei beni per incrementare la domanda. È in particolare il caso della cosiddetta obsolescenza
programmata, abbreviando i tempi di decadimento delle funzionalità dei beni acquistati dai
consumatori.
Solitamente ciò avviene in due modi: Scarsa qualità dei materiali o la pianificazione di costi di
riparazione superiori a quelli necessari per l’acquisto di un nuovo bene.
La seconda consiste nel rapidissimo succedersi di proposte di nuovi modelli.

A sostegno dell’iperconsumismo vi è il fatto che la ricerca di novità è diventata ormai uno stato
di insoddisfazione permanente, che provoca infelicità. L’unico elemento unificante è diventato il
consumo.

Il fenomeno, è accentuato secondo Ritzer, dall’evoluzione di spettacolarizzazioni del consumo.


Oggi esistono luoghi del consumo, centri commerciali, parchi divertimenti.

A fronte di questi fenomeni si profilano, situazioni e comportamenti di segno opposto, con


consumatori capaci di riflessività che consentono loro di essere accorti nelle proprie scelte,
quando non critici o antagonisti. Gli antagonisti rifiutano in toto il ricorso al mercato, i critici
hanno un atteggiamento più articolato guidato dal criterio della sobrietà.

I modi in cui si sta sviluppando il consumo critico sono molteplici: vanno da strategie di
valorizzazione dei prodotti del territorio nell’ottica del km 0, alla scelta di acquisti della filiera
equo solidale, a pratiche di riuso, i mercatini e le botteghe dell’usato.
Molte di queste strategie sono sostenute dal principio della condivisione. Si parla di SHARING
ECONOMY o economia collaborativa. L’espressione indica un sistema economico in cui i beni
o servizi sono condivisi tra individui privati, gratis o a pagamento, attraverso Internet.
Questa economia ha conosciuto i maggiori sviluppi: Nei trasporti con piattaforme come
Blablacar o Uber, alloggi con piattaforme come Airbnb e Couchsurfing, servizi domestici
(BABYSITTING), finanza con le iniziative di crowdfunding dove singoli donatori contribuiscono
a finanziare iniziative di ogni tipo, servizi professionali con piattaforme in cui s’incontrano
domanda e offerta di prestazioni.

Le incertezze circa le prospettive di lavoro sono una delle principali cause delle paure
contemporanee. Il lavoro sta cambiando. La rivoluzione scientifico-tecnologica ha aperto nuove
prospettive di smaterializzazione, intellettualizzazione, autonomizzazione delle funzioni,

pag. 22
suscitando speranze di miglioramento generalizzato delle condizioni di vita e di lavoro, rispetto
all’alienazione delle mansioni anonime e ripetitive.
Per contro, ha creato anche molto allarme per la probabile perdita dei posti di lavoro.
La quarta rivoluzione industriale, che sta portando velocemente il mondo verso l’industria 4.0
comporta l’applicazione di queste tecnologie alla realtà della fabbrica, configura processi
produttivi in cui le macchine interconnesse sono in grado non solo di dialogare tra loro, ma
anche di effettuare operazioni di autodiagnostica e manutenzione preventiva.
In tale prospettiva molte occupazioni tradizionali scompaiono e altre si modificano. Cambiano
le figure professionali, i requisiti dei lavoratori, i tempi, i luoghi e i modi di lavorare.
I lavori destinati a rimanere sono di tre tipi: quelli che richiedono un’elevata creatività, quelli che
comportano profonde relazioni con gli altri e le attività qualificate implicanti flessibilità e
adattabilità a situazioni imprevedibili.

Le nuove tecnologie prospettano cambiamenti anche in alcune attività tradizionali, connesse


per esempio ad agricoltura e allevamento.
È stata inoltre coniata l’espressione Gig economy, un’ economia basata su attività di
brevissima durata. I GIGS sono lavori on demand, che i singoli si procurano tramite le
piattaforme online.

Le attività a bassa qualificazione stanno perdendo progressivamente status e sicurezze, al


punto da creare un esercito di working poors. Per altro verso i lavori a elevato contenuto di
conoscenza si concretizzano in percorsi non lineari, profili professionali ibridi, contratti atipici,
frammentazione delle carriere, forte eterogeneità di esperienze.
Diventano essenziali risorse personali particolari, quali la capacità di muoversi su scenari
globali, il possesso di ampi network relazionali, l’attitudine a potenziare costantemente il
proprio saper essere.
Non tutti hanno simili capacità, che dipendono in parte da doti personali, mentre in massima
parte sono legati alle condizioni sociali, ne deriva quindi un’accentuazione delle
disuguaglianze.

Intendiamo l’equità come un criterio associato alla giustizia, che pone al primo posto il diritto
alla dignità di ogni essere umano. In questo senso include, il significato di uguaglianza. La
dignità è il primo diritto da garantire oggi e si traduce nel diritto alla vita e all’integrità psico-
fisica di ogni persona.
Un po' ovunque i soggetti più fragili sono dunque a rischio e anche chi non era fragile in
passato si ritrova oggi più vulnerabile di fronte alle incertezze del futuro.
Occorre inoltre affrontare il tema della vulnerabilità, che riguarda fasce crescenti di popolazione
in tutto il mondo. Occorre inserire tale garanzia nel più generale contesto del diritto alla vita.

Le migrazioni sono sempre esistite. Ciò che oggi le rende un problema è il fatto che stanno
cambiando volto e s’intrecciano con le nuove forme di mobilità favorite dal processo di
globalizzazione.
L’aspetto che viene tenuto in considerazione è collegato alla mobilità spaziale e quella sociale.
La MOBILITA’SPAZIALE assurge ormai al rango più basso tra i valori che danno prestigio,
diventa il principale fattore di stratificazione sociale.

Il collegamento tra la mobilità sociale e quella geografica si ritrova nel concetto di motilità,
definibile come la capacità delle entità di essere mobili nello spazio sociale e geografico, o
come
Il modo in cui le entità accedono alle, e si appropriano delle, opportunità di mobilità socio-
spaziale, in base alle circostanze.

pag. 23
L’attenzione si concentra sulle risorse individuali, necessarie per inserirsi nei flussi di cose,
persone, informazioni.
La disuguaglianza è accentuata dalla stessa logica dello scarto. Tali regimi favoriscono gli
spostamenti di alcune persone, solitamente provenienti da aree sviluppate del mondo e
comunque in possesso di elevate risorse economiche.
Al tempo stesso dissuadono in vario modo l’accesso dei cittadini dei paesi poveri,
criminalizzandoli, discriminandoli.
Non tutti quindi hanno la stessa libertà di spostarsi.
A LIVELLO MACRO le cause strutturali riguardano sia le società di destinazione (fattori di
attrazione o di pull) sia quelle di partenza (fattori di spinta o push). Tra i fattori di spinta
troviamo la precarietà economica, le guerre, le dittature, i disastri ambientali. Tra quelli di
attrazione il principale è il fabbisogno, nei paesi di arrivo, di lavoratori disposti a svolgere
attività poco attraenti per i nativi.
A ciò vanno aggiunte le rappresentazioni, del benessere economico del paese d’arrivo.
A LIVELLO MICRO delle scelte individuali, si collocano le ragioni e le risorse che i singoli
possono attivare in funzione della scelta di migrare o meno.
A LIVELLO MESO entrano in gioco le reti, o catene migratorie, che diventano veri e propri
fattori di spinta, perché offre informazioni utili per il viaggio e offre la certezza di poter contare
su qualche punto di riferimento nel paese.

Negli anni 60, fino ai primi anni 70, i flussi erano trainati dalla domanda di lavoratori poco
qualificati dei paesi d’arrivo, dove c’era carenza di manodopera. Europa settentrionale era la
meta sia di cittadini dell’Europa mediterranea, sia delle ex colonie africane.

Verso la metà degli anni 70 i paesi del centro Nord cercarono di emanare norme per limitare o
bloccare gli accessi a partire dal 1974. Le misure adottate hanno prodotto una massa di
irregolari.
Accanto all’ampliamento del ventaglio dei paesi d’arrivo, si è verificata un’estensione di quelli di
partenza, per svariati motivi.
Innanzitutto a causa delle turbolenze politiche in aree vicine, come il Medio Oriente, che hanno
alimentato il flusso di rifugiati e richiedenti asilo. Inoltre l’irrobustirsi delle catene migratorie ha
creato nuovi stimoli alla scelta di emigrare.
In terzo luogo il traffico di migranti si è iniziato a prospettare come un interessante business per
la criminalità organizzata.

In Italia i fenomeni sono diventati rilevanti verso la metà degli anni 80.
A partire dagli anni 90, si è aperta così una nuova fase caratterizzata dall’aggravarsi dei
problemi precedenti con un mancanza di una seria politica comune europea dell’immigrazione.
Con la caduta del Muro di Berlino sono arrivati in Europa anche migranti provenienti
dall’Unione Sovietica.
Nel frattempo la crescita dei conflitti in tutta l’area medio-orientale ha incentivato ulteriormente
il fenomeno dei rifugiati e richiedenti asilo. Problema aggravato dallo scoppio della guerra in
Iraq, dalla destabilizzazione del Libano e della Libia.

Nei paesi europei sono nel frattempo cresciuti i migranti di seconda generazione. Facilmente
fungono da capo espiatorio su cui scaricare il malessere di un sistema incapace di offrire ai
cittadini sicurezza e prospettive di futuro.

Cosa succede quando tradizioni culturali differenti si trovano a condividere una situazione di
prossimità? Il secondo è: può vivere la memoria culturale, quando perde il radicamento stabile
con il territorio in cui si è formata?

pag. 24
In merito alla prima domanda, secondo alcuni la crescente prossimità fra persone e comunità
alimenta una progressiva omogeneizzazione di valori, stili di vita, riferimenti culturali.
Ciò comporta di fatto l’omologazione ai valori dell’Occidente (OCCIDENTALIZZAZIONE).
La prossimità dall’altro canto, può anche comportare conflitti, tensioni. La tesi dello scontro di
civiltà è stata proposta dallo scienziato politico statunitense HUNTINGTON.
Questa tesi è stata criticata, perché nella storia, esistono molti casi di convivenza pacifica tra
culture.

Per altri autori, fra cui JAN NEDERVEEN PIETERSE l’idea di omologazione, così come quella
di scontro sono troppo semplicistiche.
Propone il concetto di IBRIDAZIONE. In una situazione di intensa circolazione di beni,
informazioni, prodotti mediali, persone, le influenze culturali sono reciproche.
In questo senso la cultura è ibrida, in continua evoluzione, eterogenea.
L’autore prende dunque le distanze dal multiculturalismo, che fa riferimento alla convivenza di
culture diverse, anziché alla loro reciproca influenza, coerentemente con la prospettiva
interculturale.
Anche la tesi dell’ibridazione è stata criticata.

Rispetto alla prima domanda, nei rapporti tra culture non sono le differenze in sé a
rappresentare un problema, ma la loro strumentalizzazione ai fini di dominio, disuguaglianze,
discriminazione.
La seconda questione: l’esempio delle diaspore mostra che questa possibilità esiste, a
condizione che la tradizione in questione continui a essere parte integrante delle pratiche e
relazioni quotidiane di un gruppo di persone che si rappresentano come una comunità.
Dal luogo di radicamento fisico delle comunità, esso diventa il riferimento spaziale immaginato
di un’identità collettiva.
Le tradizioni e memorie collettive sono l’esito di una costruzione, nata e costantemente
rinnovata dall’esperienza sociale.

Beck ha coniato l’espressione POLIGAMIA DI LUOGO per sottolineare la libertà dei soggetti
di sperimentare forme di appartenenza plurime, translocali. Interessa chiunque sperimenti
qualche forma di prossimità con situazioni culturalmente diverse tra di loro.
L’idea dell’appartenenza plurime è coerente, con la configurazione multiscalare e dinamica
degli orizzonti spaziali. Mette in luce il disallineamento che si sta creando fra la base
sostanziale (sociale) della cittadinanza e quella formale (giuridica).
La carta costituzionale di ogni paese democratico presuppone un legame univoco tra
l’attribuzione formale di diritti e doveri al cittadino e l’appartenenza a una comunità di destino.,
che rappresenta la giustificazione sostanziale di tale attribuzione.

Per lo stato nazionale, tale comunità non può che essere la nazione. Tuttavia oggi si stanno
verificando fenomeni che danno l’idea di comunità di destino una fisionomia differente.
Da un lato, essa si svuota di significato, o perlomeno diventa irrilevante ai fini della
cittadinanza, esempio: la concessione della cittadinanza dietro pagamento.

Da un lato, il concetto di comunità di destino si arricchisce di significati nuovi.


Nascono così diritti di nuova generazione, che sono innanzitutto diritti riguardanti la dignità
della persona, indipendentemente dalla sua appartenenza nazionale, etnica, religiosa,
culturale. I nuovi diritti sono senza terra. Si tratta di una cittadinanza connessa a forme plurime
di appartenenza, che riguardano molteplici livelli dell’esperienza, dal locale sino all’universale.

CITTADINANZA EUROPEA, nata nel 1991.

pag. 25
Una cittadinanza che non si sostituisce, ma si aggiunge a quella nazionale. E che è finalizzata
a rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei suoi stati membri. Ciò significa
che la cittadinanza nazionale resta il criterio indispensabile per stabilire chi gode dei diritti
giuridici di cittadinanza nell’unione e chi no e questo è il limite principale.

Perché la rivendicazione dei diritti non degeneri in pretese egoistiche, occorre introdurre la
questione dei doveri. Innanzitutto quello della reciprocità.
La reciprocità implica la capacità di vedere nell’altro i nostri stessi bisogni, interessi.
Aumenta il rischio che l’individualizzazione si traduca nel distacco dell’individuo dai legami
sociali e nell’indifferenza rispetto alle scelte da cui dipendono i destini delle comunità.
Accanto a questo rischio, tuttavia, vi sono anche segnali di una consapevolezza nuova, che
lasciano sperare in una rigenerazione del legame sociale.

Nelle società premoderne, l’identificazione totalizzante con il gruppo ristretto, il noi, garantiva la
solidarietà, ma soffocava l’espressione delle singole individualità. Il graduale prevalere dell’io
sul noi, rende l’individuo moderno così interessato a riflettere su di sé e orgoglioso della propria
autosufficienza.
L’emancipazione dell’individuo è stata l’idea forza della democrazia in età moderna, fondata
sull’etica della persona.
In tal senso questa forma di individualismo è sociale perché la sua fonte è la società, ossia è la
società stessa ad assegnare e socializzare gli individui a questo ideale. INDIVIDUALISMO
ETICO.

L’INDIVIDUALISMO EGOISTICO.
Per DURKHEIM per esempio, si tratta di un egoismo utilitario, che, privilegiando il solo
interesse privato e la glorificazione dell’io, condanna la società all’anarchia.
Il mito della vita propria si è generalizzato tramutando la libertà di costruirsi come individui in un
obbligo da assumere in totale solitudine, senza il sostegno di gerarchie e norme sociali.

INDIVIDUALISMO VUOTO
È una situazione in cui l’individuo si trova solitario e impotente, alla ricerca di una socialità e
solidarietà che non trova.
L’ esito è la fine del legame sociale, o la sua implosione in legami neotribali. (Il
neotribalismo (chiamato anche tribalismo moderno, è un concetto sociologico che postula che gli
esseri umani si siano evoluti per vivere in una società tribale , in contrapposizione alla società di
massa , e quindi formeranno naturalmente reti sociali che costituiscono nuove tribù.)

In questa linea di pensiero, si colloca anche Rosa, che collega l’individualismo


all’accelerazione. Coazione all’autonomia significa coazione a riflettere su se stessi, tuttavia dice
Rosa, essa va paradossalmente di pari passo con la crescente difficoltà di articolazione del
pensiero e povertà espressiva, che inibisce la riflessività.
La povertà espressiva deriva da due fenomeni tipici della realtà contemporanea. Il primo è lo
sbiadire della sfera pubblica in una situazione di crisi politico-istituzionale e di crescente
commistione fra pubblico e privato.
In secondo luogo la costruzione identitaria implica una pianificazione della propria vita a breve,
medio e lungo termine, resa sempre più difficile dall’accelerazione che riduce le scelte al qui e ora
immediato.
Nell’epoca che si sta dispiegando le identità sostanziali non sono più considerate durature, ma
assumono sempre più il carattere di identità situate, che si riarticolano continuamente, secondo il
profilarsi di nuovi contesti e nuove situazioni.

pag. 26
L’analisi di Rosa induce a enfatizzare la tendenza al PRIVATISMO, nell’ambito di una prospettiva
che potremmo definire di individualismo pragmatico, con legami contingenti, destinati a sbiadire
sotto l’incessante cambiamento delle situazioni.
Non tutti condividono questa diagnosi. Martuccelli introduce il concetto di SINGOLARISMO per
pendere le distanze da tale quadro concettuale. Si può dire che nella realtà contemporanea il
primato dell’individuo, su cui si è basato l’individualismo moderno, assume una coloritura differente
rispetto al passato, pur restando centrali negli orizzonti culturali.
Oggi, l’affermazione di sé, è guidata dall’ideale di vedersi riconosciuto come qualcuno, diverso
dagli altri, portatore di una forma reale di unicità e unità.
Tale riconoscimento si può ottenere solo a partire dal riconoscimento di ciò che è comune, e
suppone da subito una forte implicazione degli individui nella società, perché da essi desiderano
vedere riconosciute le proprie singolarità.
La chiave di volta del singolarismo è veder riconosciuta la propria singolarità in un contesto
collettivo.

La capacità d’azione dei movimenti è influenzata dall’utilizzo delle tecnologie digitali, che hanno
favorito l’evoluzione in senso transnazionale di organizzazioni e associazioni preesistenti.
Con modalità diversificate, questo insieme di formazioni sta creando modelli di impegno sociale e
civile e stili di partecipazione giocati su una multiscalarità, in cui assume un ruolo centrale lo spazio
globale dei flussi.

La fisionomia di tali movimenti è variegata e mutevole. Sono formazione molto più fluide di quelle
del passato. Nella loro azione, essi combinano una forte presenza fisica nelle città, occupando
specifici spazi urbani, scelti come luoghi simbolo.

In termini di potenzialità d’impegno, un indizio è offerto dalle miriadi di ONG. Anche qui, il
volontariato nasce dalle emozioni dei singoli di fronte alle ingiustizie.

pag. 27

You might also like