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Amicizia e Potere
Amicizia e Potere
Tra metà XIII e XV secolo, la costruzione di assetti di potere più complessi e ampi, incentrati su spazi territoriali
ordinati (stati maggiori che controllano stati minori) o imperniati su coalizioni a carattere funzionario (guelfi e
ghibellini), fece uso di legami di alleanza. Nel vuoto lasciato nella penisola dopo la morte di Federico II, il progetto
politico degli imperatori cedette il posto a molteplici progetti egemonici e conflitti. I grandi e piccoli comuni urbani
dell'Italia centro settentrionale, le signorie, il potere pontificio, le monarchie meridionali, si contrapposero in una
competizione politico-diplomatica esasperata. Questa conflittualità condusse, attraverso la stipulazione di trattati di
aderenza, alla formazione di leghe generali e particolari contratte a partire dal 1454 , anno della celebre pace di Lodi.
L'Italia era alla metà del Quattrocento un sottosistema conflittuale entro il più ampio sistema dei poteri europei.
Lega Italica, pietra miliare di un'età di equilibrio breve, prima dell'invasione francese del 1494. Trattato anomalo che
puntava a legittimare la supremazia dei principali stati italiani che fanno accordo definibile di non belligeranza,
proibendo alleanze a scopo bellico con paesi esteri. Cinque stati maggiori, ma non riuscirono a prevenire una serie di
crisi locali. Nel XV secolo, gli stati italiani, profondamente divisi, divennero pedine all'interno di progetti egemonici
più vasti.
I vari protagonisti dello scontro politico-militare si legavano tra loro in mutevoli assi combinatori, stipulando leghe,
alleanze, trattati difensivi e offensivi. A partire dal secondo Trecento venne evolvendo la tradizionale struttura dei
patti tra due o più contraenti di pari statuto giuridico , nuova forma di raccordo tra soggetti politici di diversa autorità
venne integrandosi nel contesto di accordi e leghe tradizionali. I rapporti di aderenza erano meno vincolanti
giuridicamente di quelli di aperta sudditanza o dipendenza vassallatica, ma usati per vincolare membri minori dello
Stato al centro o entità esterne non unite tra loro. Clausole di aderenza del genere, con indicazione di nomi e date,
arricchivano, leghe, paci e trattati. Quindi nel 300 gli accordi sono personali, nel 400 le aderenze avvengono su scala
territoriale e gerarchica, per creare nella penisola entità statali egemoniche. Trattati e paci generali nel secondo 400
imponevano una sintesi politico-diplomatica della penisola che si risolveva in poche unità di dominio legate da un
patto di reciproca legittimazione, usando il lessico dell'amicizia, dell'alleanza, della protezione.
Il linguaggio dell'amicizia venne usato anche in altri contesti e da altri protagonisti per tentare di organizzare forme
di dominio locale o controllare aree socraregionali grazie alla coordinazione di nuclei di dominio disseminati nello
spazio peninsulare e collegati in modo fluido a una comune adesione di parte: vicenda di guefi (in memoria di antichi
avversari germanici degli Hohenstaufen, Welfen) sostenitori della pars ecclesie e ghibellini (dal nome di un castello
svevo Wailblingen) sostenitori della pars imperii tra il secondo Duecento e il Trecento. Dirsi guelfo o ghibellino
nell'Italia del 400 significava fare una scelta legata a un idioma politico di memorie e tradizioni politiche. Significava
svincolarsi dalle appartenenze strettamente geografiche e organizzare la propria condotta politica in rapporto a
questo diverso orizzonte di riferimento. A un primo livello locale le fazioni si presentavano come raggruppamenti
verticali egemonizzati da grandi famiglie aristocratiche ed esercitavano un peso significativo come forma di
aggregazione alternativa allo stato territoriale; a un livello sovralocale, le fazioni si proponevano come modello di
organizzazione politica alternativa al sistema dell'equilibrio messo in atto dagli stati territoriali italiani. In alcuni
contesti regionali le due fazioni operarono come reti clientelari negli spazi aperti tra centro e periferia. Al momento
dell'annessione delle valli alpine e prealpine lombarde al ducato milanese, i capi delle fazioni agirono come
mediatori, sapendo contattare strategicamente altri individui che hanno accesso a risorse essenziali come terra,
lavoro, denaro, procurandosi vantaggi grazie al rapporto privilegiato di interlocutori di duchi e magistrature centrali,
ridistribuendo tali risorse a livello locale e garantendo ai principi per loro tramite il controllo di territorio e uomini.
Così rivitalizzarono i rapporti tra comunità e magistrature centrali in forme alternative ai patti di aderenza,
costruendo un raccordo tra centro e periferia fondato su relazioni patrono-mediatore e cementato in relazioni locali
e sovralocali di fedeltà non irrigidite in tipologie giudiziarie. In fasi di travaglio politico (es. guerra tra Milano e
Venezia per il controllo di Brescia e Bergamo), la trama delle fazioni sembrò incapsulare il sistema degli stati in un
sistema di lealtà e relazioni di parte. Nel secondo 400, la rete delle lealtà guelfe giunse a prospettarsi come possibile
alternativa al sistema dell'equilibrio tra regimi che controllavano gli stati (regime sforzesco a Milano, regime mediceo
a Firenze, regime aragonese a Napoli). Nell'Italia del primo 400 primeggiavano tra i condottieri e i capitani di ventura
due scuole di guerra e strategia, chiamate "braccesca" (da Braccio da Montone, aristocratico e condottiero perugino)
e "sforzesca", da Sforza. Tra i successori, Piccinino e Francesco Sforza si creò una rivalità militare e politica. Negli anni
30-40 Niccolò Piccinino e F. Sforza miravano a controllare le stesse regioni d'Italia (Stato della Chiesa e Lombardia)
per costruirvi una base personale di potere. Il successo dello Sforza che con l'aiuto dei Medici si impossessò del
ducato di Milano e come duca di Milano orientò a suo favore il sistema delle alleanze peninsulari stringendo un patto
con i medici, i papi e i re aragonesi a Napoli.La rete braccesca venne a saldarsi con un sistema di allenza alternativo,
opponendosi ai regimi che attraverso la lega italica miravano a controllare la penisola. La rete braccesca assunse un
colore guelfo costituendo una notevole forza militare che andava dagli Este, a Perugia, da Venezia alla Firenze
antimedicea, dalla casata d'Angiò ai guelfi milanesi: pericolo per regime sforzesco e mediceo e per i loro alleati
aragonesi. L'esperienza braccesca e la sua mutazione guelfa indicano come ancora nel 400 fosse possibile costruire
un antagonismo diffuso al sistema di controllo delle residue autonomie politiche messe in atto dai 5 regimi più forti
della penisola. L'intensificarsi dei rapporti politici richiese uno sforzo negoziale condotto tramite i canali della
diplomazia. C'era bisogno di una progressiva elaborazione di un network comunicativo che potesse controllare
questa massa di scambi e mantenere entro un contesto negoziale ogni potenziale conflitto. Tale network si costruì
attraverso una fittissima rete diplomatica in parte ufficiale (oratori pagati dagli stati) e informale (ad es. tramite
informatori di governi e poteri vari). La crescita dei carteggi diplomatici nel 400 è spia e strumento di questo
sovrapporsi di reti di rapporti politici: alle reti politiche si sovrapponevano le reti diplomatiche: frutto delle prime e
strumento per la loro messa in opera, ma sempre più in grado di controllarle attraverso la lettura che davano di
eventi, uomini e partiti.
Le elite al servizio del principe costruivano un rapporto privilegiato con lui, con fedeltà personale e reciprocità, che si
caratterizzava per la sua unicità: la fedeltà e la lealtà erano promessi e dovuti a quel principe, quello stato. Ma
l'arbitrarietà e la fragilità di tale rapporto imponevano talora ai cortigiani di mantenere legami co altri signori,
potenziali patroni. La molteplicità delle relazioni di un cortigiano lo rendevano più prezioso, duttile ed efficace per il
suo signore garantendo una rete di rapporti di secondo o terzo livello (es. del ferrarese Bartolomeo di Gabriele
Pendaglia a contatto con la corte mantovana, che sarebbe stato voluto dallo stesso Sforza). Il fondamento dei legami
di fedeltà erano la gratitudine dell'uno e la carità dell'altro. I ruoli legati alla vita di corte richiedevano un alto grado
di competenza professionale.
Lettera del 1523 di Machiavelli all'amico Francesco Vettori, ambasciatore a Roma, in cui gli anticipava la
composizione del Principe e raccontava delle sue giornate "in villa" (contrasto tra vita rurale e tarde serate impiegate
a studiare e scrivere, in un solenne dialogo con autori antichi). Vale la pena sottolineare che l'amicizia intellettuale
umanistica era concepita non solo per agire nel momento in cui si svolgeva, ma anche per durare nel tempo e nello
spazio. La peculiarità era la continuità.
Vicende della compagnia sforzesca dopo l'assunzione di Francesco Sforza al ducato e le tappe dell'inserimento della
compagnia del conte nello stato del duca. Si trattò di un processo complesso di radicamento locale dei soldati e
capitani sforzeschi giunti con il neoduca in Lombardia, molti dei quali erano stati educati fin da giovani nelle file del
suo esercito e processo di ridistribuzione degli uomini d'armi nelle diverse maglie del dispositivo difensivo e
offensivo del ducato. Non sempre il processo di riequilibrio dell'influenza delle reti sforzesche nel corpo di uno stato
territoriale si attuò in modo indolore. La compagnia sforzesca non si inseriva solo in un ducato, ma entrava in un
sistema difensivo e offensivo, quello visconteo, di propria tradizione. Lo Sforza aveva attratto a sè capitani e signori
lombardi, coinvolgendo anche uomini e famiglie della capitale, che componevano le elite politica del dominio. Le reti
di affinità militare avevano unito i tre elementi (governi, signori della guerra, sistema dei poteri italiani) componendo
lealtà e schieramenti. Le guerre in Italia, immettendo altri poteri, crearono un'arena vasta a condottieri e signori
minori e rappresentarono la liberazione improvvisa dagli stati regionali, riducendo la flessibilità e l'efficacia delle
affinità militari come strumenti di coalizione politica.
AMICIZIA/AMISTA'
Fine ottava novella, Giovanni Boccaccio fa una lode dell'amicizia, dicendo che è diversa dai legami di sangue e di
denaro, in quanto relazione disinteressata e sincera. Contrapposizione tra amicizia, libera e altruista e legami di
sangue e denaro, legati a ragioni estrinseche e limitati da queste ragioni. L'amicizia è comunque una categoria
fondamentale della pratica sociale e politica dell'Italia tardomedievale. Evidente densità delle reti relazionali che
coinvolgevano i singoli nella società quotidiana (spesso i protagonisti delle varie reti erano gli stessi) ed evidente
molteplicità degli elementi necessari a costruire l'immagine sociale di un individuo. I legami d'amicizia
tardomedievale furono più intensi rispetto ai secoli precedenti e al 500.