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Meccanica Teorica Applicata
Meccanica Teorica Applicata
Membri: Gli organi che compongono una macchina o un meccanismo. Nella maggior parte
dei casi ciascuno membro è a contatto con due membri.
• Coppie cinematiche
Elemento Cinematico: la porzione su cui un membro si tocca con un altro (può essere
grande o piccolo)
Coppia Cinematica: l’insieme di due elementi cinematici a contatto.
Un membro di un meccanismo deve possedere una possibilità di movimento rispetto a
ciascuno dei membri adiacenti à coppia cinematica deve permettere almeno un grado di
libertà. Per diminuire i gradi di libertà (6 nello spazio) si possono utilizzare gli appoggi
bilaterali (in grado di reagire nei due sensi), che però possono essere usati solo se le forze
in gioco sono molto piccole. Vedi figure libro pag 10-11. Solitamente si evitano vicoli
puntiformi e si tende ad avere una superficie di contatto di ampiezza sufficiente a
mantenere tollerabile il valore della pressione di contatto:
Coppia Rotoidale: Permette la rotazione del membro (cilindro e struttura che lo accoglie)
(fai disegno qua sotto)
Coppia Prismatica: Permette traslazione lungo asse, non può traslare (parallelepipedo e
struttura che accoglie). Fai disegno:
Coppia Elicoidale: Costituita da vite e madrevite (ruota e trasla lungo asse) Fai disegno:
Queste tre coppie sono costituite da due elementi cinematici rigidi e combacianti (le
superfici a contatto non sono nulle)àSi dicono Coppie Elementari
Le coppie possono essere divise a seconda del moto relativo fra i membri tra esse
collegati: Piane, Sferiche e Generali.
Coppia Piana: pensando fisso uno degli elementi cinematico, l’altro si muove descrivendo
traiettorie parallele ad un piano.
Profilo Coniugato: Nelle coppie non combacianti le proiezioni dei due elementi cinematici
sono due linee tangenti in un punto. Tali linee sono i profili coniugati.
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Catena Cinematica: Meccanismo come quelli già visto, senza considerare un membro
fissato. Una catena cinematica DIVENTA un meccanismo se ne fissiamo un membro.
Da una catena cinematica si possono ottenere tanti meccanismi (diversi o non, ad
esempio nel quadrilatero articolato non cambia nulla, cambiano il membro fisso) quanti
sono i membri che la compongono.
Nei meccanismi a più gradi abbiamo più entrate e più uscite. Si utilizzano per sommare i
contributi di più entrate indipendenti o ripartire le uscite. Es sono pala caricatrice e
manipolazione robot.
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Una coppia cinematica può essere combaciante o non. Se non lo è, il contatto fra gli
elementi avviene su una linea o un punto. Anche in questi due casi, il contatto non avviene
realmente su di una zona di area nulla. Infatti la forza che i due membri si trasmettono è la
risultante delle pressioni distribuite sulle superfici di contatto. La pressione del primo corpo
è uguale in intensità e direzione, ma opposta in verso, alla reazione del secondo sul
primo. Nel caso di coppia combaciante, la distribuzione di pressioni di contatto avviene su
di una superficie estesa. Considerando la pressione locale, osserviamo che questa può
essere scomposta in due componenti:
Effetti Attrito:
Il coefficiente di attrito dipende dallo stato di pulizia delle superfici, dalla temperatura e
dalla pressione di contatto. Rispetto alla velocità, la dipendenza è modesta. La
dipendenza dalla temperatura può diventare molto importante nel caso dei freni.
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Le superfici dei corpi non sono mai perfettamente lisce, ma sono caratterizzate da una
certa rugosità. Accostando due corpi, il contatto interessa dapprima le sporgenze più
accentuate. In queste zone di contatto nascono pressioni molto elevate, tanto che il
materiale localmente si plasticizza (viene raggiunto il carico di snervamento). La forza N
che i due corpi a contatto si trasmettono sarà sostenuta dalle forze trasmesse attraverso le
n areole A di effettivo contatto: Ps x A(i) = Ps x A(c)= N , dove Ps è la pressione che
provoca lo snervamento, A(c) è l’area effettiva di contatto, sempre minore dell’area
apparente di contatto. Nelle zone di contatto si verificano fenomeni complessi, che si
possono descrivere come segue:
A) Formazione di Microcongiunzioni, ovvero delle saldature locali fra i due corpi, che
nascono a causa dell’elevata pressione e temperatura. Per produrre moto relativo
occorrerà rompere tali giunzioni. La resistenza che esse oppongono è una delle
cause dell’attrito. Il valore della resistenza d’attrito è T=R(t)A(c), con R(t) tensione di
rottura al taglio. Il coeff di attrito è f = T/N = R(t)/P(s)
B) Se la forza trasmessa tra i due corpi ha componente tangenziale, lo stato di
plasticizzazione viene raggiunto con valori del carico normale più bassi. L’area di
contatto effettiva è più grande, e dunque anche la forza e il coefficiente di attrito
risultano maggiori. (Vale per le superfici metalliche, pulite e sotto vuoto spinto)
C) Per i metalli, in ambiente normale, sulle superfici si crea uno strato di ossido
(eccezion fatta per metalli nobili, come oro e platino). La presenza di questo strato
superficiale non ha effetti sull’effettiva area di contatto, mentre aiuta parecchio la
rottura delle giunzioni, ottenendo coefficienti minori del caso B.
D) Altre origini per l’attrito possono essere:
- Interazione plastica fra asperità superficiali può avvenire luogo anche su contatti
laterali;
- Asperità superficiali sporgenti possono penetrare nei materiali più teneri, con effetto
solcatura
• L'attrito di strisciamento
• L’attrito di rotolamento
Il contatto di rotolamento (se la velocità relativa in M è zero) può avvenire soltanto fra
coppie rigide e non combacianti.
Spesso si può avere un contatto con rotolamento e strisciamento sovrapposti (es. contatto
tra due ruote dentate). Troviamo la distribuzione delle pressioni con la teoria di Hertz, che
si fonda sulle ipotesi di
Il teorema ci dice che il contatto tra i due corpi non avviene in un punto/segmento, ma su
un’area: Es: cilindro/piano (rettangolo o quadrato), cilindro/cilindro (cerchio), sfera/cilindro
(ellisse)
I 2 corpi si comprimono a vicenda, quindi distanze tra i 2 centri andranno ad accorciarsi.
Essendo i corpi elastici, la superficie sarà direttamente proporzionale alla forza di contatto.
Nel caso di sfera/sfera, per metalli, dove modulo di poisson vale 10/3, abbiamo il raggio
del cerchio vale r = 1,11 x radice cubica di [Q/(E x rho)], dove Q è la forza con cui sono
premute, rho è la curvatura relativa: rho= 1/R1 + 1/R2
Nel caso di cilindro/cilindro, per metalli, dove modulo di poisson vale 10/3, abbiamo la
semi larghezza b del rettangolo b = 1,52 x radice di [Q/(E x rho x L)], con L la lunghezza
assiale del contatto.
Osserviamo che per Teoria Hertz il diagramma della distribuzione della pressione è un
semielissoide.
Fluidostatica: Studio del contatto tra fluido e membro solido in assenza di moto relativo
Fluidodinamica: Studio del contatto tra fluido e membro solido in presenza di moto relativo,
di divide in
Se un corpo è immerso in un fluido, la presenza del moto genera sulla superficie del corpo
stesso una distribuzione di pressione dipendente da molti parametri, tra cui l’assetto del
corpo e la velocità relativa. Le forze e coppie risultanti sono dovute alle azioni normali e
tangenziali, causano una resistenza al moto del corpo e comportano una dissipazione di
energia meccanica che viene detta resistenza fluidodinamica. Altrimenti si può avere una
componente utile in termini di forza portante o propulsione. Per inquadrare il tipo di
interazione tra corpo e fluido è molto utile il numero di Reynolds che esprime rapporto tra
azioni inerziali e viscose: Re= azioni inerziali/azioni viscose = (rho x d x v)/mu
Per Re<<1 (ma in realtà il modello è verificato fino a Re<2000), prevalgono le azioni
viscose e abbiamo Smorzamento Viscoso, ovvero la forza di attrito è proporzionale alla
velocità v: T=-c x v, con c=coeff di attrito viscoso (lineare). Nel caso di rotazione avremo
M=- beta x w (velocità angolare), con beta= coeff di attrito viscoso (angolare). La
distribuzione delle velocità sarà triangolare (essendo lineare il rapporto tra T e v). La forza
T è fornita dall’eqz di Newton: T/S = tau = mu x du/dy, con S superficie, tau tensione
tangenziale, du/dy gradiente di velocità e mu viscosità dinamica. Il regime di moto si dice
LAMINARE e i fluidi che rispettano questo modello sono detti Newtoniani.
Per Re > 10^3 -10^5, le forze di inerzia prevalgono sulle viscoseàIl contributo delle
componenti tangenziali di attrito diventa poco rilevante. In questo caso il moto del fluido è
detto TURBOLENTO. L’azione della distribuzione di pressione sul corpo è
complessivamente equivalente ad una forza F e un momento M applicati. La forza è
scomposta nella componente R, Resistenza, parallela alla direzione della vena fluida, e in
P, Portanza, perpendicolare a R.
R = ½ C(r) x rho x S x V^2 con C(r) coefficiente di resistenza
P = ½ C(p) x rho x S x V^2 con C(p) coefficiente di portanza
M = ½ C(m) x rho x S x V^2 con C(m) coefficiente di coppia
Con S, superficie in pianta, e b, corda e rho densità del fluido. I coefficienti sono sempre
fortemente dipendenti da Re.
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Le forze e le coppie agenti sulle macchine possono essere classificate secondo vari punti
di vista:
• Definizione di Rendimento
Quando due corpi si trasmettono una forza, se c’è moto relativo, in essa è presente una
componente dovuta all’attrito. Questa costituisce una resistenza passiva e durante il moto
compirà lavoro negativo, ovvero dissiperà energia.
Il RENDIMENTO è un indice che ben si presta a valutare l’energia spesa.
Una macchina funziona in regime assoluto quando DE=0 ed è costante. Abbiamo quindi:
L(m) = L(r) + L(p)
Definiamo quindi il rendimento (per un regime assoluto) come h = L(r) / L(m) = (Lm-Lp)/Lm
Consiste quindi nel rapporto tra il lavoro utilizzato e quello prodotto. Possiamo infatti
esprimerlo, in assenza di attrito (situa ideale), come h=L(m0)/L(m) dove L(m0) si è
indicato il lavoro motore richiesto.
Perdita di Rendimento: 1 - h =L(p) / L(m), ovvero il rapporto tra il lavoro perduto per l’attrito
e il lavoro delle forze motrici
P x b = (Q x a) + (R12 x rho)
con “b” distanza retta di P da centro perno e “a” quella da Q. Applicando Carnot si ha poi:
h = P0 / P
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Le ruote del veicolo sono accoppiate «rotoidalmente» alla struttura portante del veicolo
stesso e sono accoppiate al suolo con una coppia superiore. Se invece abbiamo una
«ruota rigida su rotaia», le ruote saranno accoppiate con una coppia rigida non
combaciante.
Nella successiva analisi, faremo riferimento alla ruota rigida su rotaia, ma le
considerazioni che faremo valgono nella sostanza anche per le ruote con pneumatico,
nonostante che, a causa delle rilevanti deformazioni subite dallo pneumatico stesso, la
meccanica del contatto sia nei due casi notevolmente diversa.
Prescindendo dal suo peso della ruota, in generale sono applicate soltanto due forze:
– la spinta trasmessa dalla struttura portante del veicolo;
– la reazione della rotaia.
La prima di queste due forze è tangente al circolo di attrito della coppia rotoidale; la
seconda passa per un punto che, rispetto al punto di contatto teorico ruota- rotaia, è
spostato nel senso del moto, del parametro dell'attrito volvente (vedi teoria di Hertz)
Per la ruota frenata, invece, valgono in questo caso le considerazioni fatte per la ruota
motrice, salvo, ovviamente, la necessità di tener conto di una coppia di senso opposto a
quello del moto
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Supponiamo la madrevite fissa e la vite mobile. Applichiamo alla vite una forza resistente
Q, nota, diretta secondo l’asse della vite. Sono note anche tutte le caratteristiche
geometriche (h=passo, r(m)=raggio medio filetto, q=angoli elicoidi,j=l’angolo di attrito).
Si vuole determinare il momento M(m) necessario a mantenere la vite in moto uniforme.
Per misurare le reazioni esercitate dalla madre vite, iniziamo con il considerare un tratto
elementare di elica media di lunghezza ds, ed indichiamo con q x ds la forza elementare
su di esso applicata.
La forza q può essere scomposta nella componente normale p (forma angolo g con l’asse
della vite) e in una f x p, tangente all’elica media.
Per l’equilibrio dei momenti attorno all’asse, ricordiamo che L(m)=L(r) + L(p):
M(m) x 2p = Q x h + L(p)
Il lavoro perduto L(p) è unicamente dovuto alle forze (f x p), il cui spostamento corrisponde
all’ipotenusa di un triangolo, tale che [spostamento = h / sina], dove a è l’angolo tra la
perpendicolare all’asse della vite e la direzione di (f x p).
Possiamo trovare a se sono noti h e r(m). Infatti tga = h / [r(m) x 2p].
Abbiamo quindi che:
dL(p) = (fxp) x (h/sina) à L(p) = [(f x h) / sin a] x [integrale (p x ds) tra 0 e L]
Per trovare M(m) ci serve allora capire il valore dell’integrale, che troviamo imponendo la
condizione di equilibrio alla traslazione assiale:
#$ '
Troviamo così 𝑀! = %&
$1 − ()*+(-.(/0'()*+)'
2!"
Nel caso ideale M(m0) = (Q x h) / (2p), ed il rendimento vale h = 2"
Nella realtà, il momento motore M(m) deve vincere oltre al lavoro resistente e a quello
perduto, anche il lavoro di attrito fra le altre superfici. Il momento M(m) si ottiene come
somma di tre contributi:
1. Momento necessario per spostare assialmente la vite caricata da una forza assiale
Q (ovvero Q x h);
2. Momento necessario per vincere gli attriti fra filetti della vite e della madrevite
'
(ovvero $1 − ()*+(-.(/0'()*+)')
3. Momento necessario per vincere gli attriti fra la superficie piana della testa e la
superficie con essa a contatto (che corrisponde a R(m) x Q x f1, dove R(m) è il
raggio della corona circolare di contatto e f1, coeff di attrito).
#$ '
In definitiva: 𝑀! = %&
$1 − ()*+(-.(/0'()*+)' + 𝑄𝑅! 𝑓3
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• I cuscinetti a rotolamento
In base alla teoria di Hertz, il rapporto tra le forze che si esercitano sui rulli è uguale al
rapporto tra gli schiacciamenti:
P1 = P0 x cosg P2 = P0 x cos2g etc.
Per la traslazione troviamo Q =P0 + (2 x P1 x cosg) +…+ (2 x Pi x cos ixg), nella quale
teniamo conto soltanto dei rulli che partecipano alla sostentazione del carico (sotto alla
retta, passante per l’asse del cuscinetto, ortogonale alla linea d’azione della forza Q).
In prima approx possiamo prendere per buoni il numero dei rulli z/2. Abbiamo quindi:
Possiamo pensare la reazione del rullo sull’anello interno S(ia) applicate nell’asse del rullo
e scomposta in due componenti: P(i), diretta secondo il raggio, e F(i) tangente alla
circonferenza che ha il centro nel centro del cuscinetto e raggio R* pari alla distanza tra
centro del cuscinetto e centro dei rulli (ovvero la somma del raggio esterno dell’anello
interno e del raggio del rullo).
Questo tipo di usura è tipico dei contatti di rotolamento (es nei cuscinetti a
rotolamento o elle ruote dentate).
Infine, altri tipi di usura meno frequenti sono l’erosione, l’usura per sfregamento
ATTENZIONE: materiali solubili tra loro danno luogo ad accoppiamenti con alto coeff di
attrito e alto tasso di usura
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• L’analisi della distribuzione delle pressioni di contatto nel caso del pattino
piano
Consideriamo il contatto fra piano A ed un pattino B
(la coppia prismatica può ricondursi a questo schema).
Carichiamo il pattino con una forza Q. Per lo spostamento
del pattino è necessaria una forza f x Q (f coeff di attrito),
diretta secondo la direzione del moto ed equiversa con esso.
Per far ciò, non è necessario conoscere la distribuzione
della pressione, ma nel caso volessimo trovare il massimo della pressione (ad esempio
per verificare resistenza dei membri), possiamo ricorrere all’ipotesi di Reye
Supponiamo che usura si localizzi sul pattino, e quindi sia nulla sul piano di appoggio,
dovendo i corpi A e B rimanere a contatto anche dopo l’inizio dell’usuraà usura deve
essere distribuita sul pattino secondo legge lineare:
h = h0 + [(h1 – h0)/ a] x X con h lo spessore dell’usura, X lo spostamento, h0 usura
iniziale, h1 usura in 1.
Su un’area elementare di larghezza unitaria si esercita forza normale (p x dX) ed una
tangenziale (f x p x dX). Quindi per uno spostamento s il lavoro è:
L = s x f x p x dX, proporzionale ad (h x dX)
à p = C x h (sostituisco h con l’eqz vista prima, e scopriamo che anche pressione p ha
andamento lineare)
Facendo l’equilibrio alla traslazione (Q = b x int [0àa] di (p x dX)) e alla rotazione (Q x X0
= b x int [0àa] di (p x X x dX)), con b larghezza pattino
possiamo trovare il valore di C1 e di (h1 – h0)/h0 = m
Se a/3 <= X0 <= 2a/3 valgono i risultati trovati e h = h0 [1 + (6X0 – 3a)/(2a – 3X0) x (X/a)],
altrimenti la pressione si mantiene positiva soltanto sulla parte della superficie, si ha una
riduzione della zona di contatto.
Indichiamo con h lo spessore dello strato asportato per usura a seguito della rotazione Q.
Possiamo scrivere:
[2 x p x f x p x r^2 x Q x dr] (ovvero il lavoro di attrito) è proporzionale a [2 x p x h x r x dr]
(ovvero il volume di materiale asportato). Si trova pertanto che pr = cost
La distribuzione delle pressioni è quindi descritta da una legge iperbolica, dalla quale
capiamo che è meglio evitare il contatto nelle zone prossime all’asse di rotazione (dove si
raggiungono elevati valori di pressione).
Facendo l’equilibrio alla traslazione (ovvero tra Q e la risultante delle pressioni normale dal
corpo B su A), troviamo C (la costante): 2p x int[R1àR2] (p x r x dr) = Q
Il ceppo per rimanere a contatto deve subire spostamento traslatorio. Lo strato di usura ha
altezza h0 costante, secondo la direzione di accostamentoà h = h0 x cosq, dove q è
l’angolo tra asse contatto e punto di misurazione di h.
Il volume asportato è (R x h0 x cosq x dq), mentre il lavoro di attrito è (F x fxp x R^2 x dq),
con F rotazione della puleggia. Capiamo che p è proporzionale a cosq. Da ciò deduciamo
che l’azione frenante è più efficace per q piccoli (maggiore valore del coseno).
A) EQUAZIONI DI EQUILIBRIO,
Supponiamo due membri (A, fisso, e B, mobile e limitato da una superficie piana) tra i
quali esiste un film di lubrificante. Lo spessore del meato è molto più piccolo delle altre
grandezze, per cui l’influenza della curvatura delle superfici è trascurabile. B trasla con
velocità costante (-U)àmoto del fluido permanenteàderivata locale della velocità delle
particelle fluide è nulla.
In questo studio supporremo noti la forma e le dimensioni del meato, la velocità (-U) di B e
la viscosità µ del lubrificante.
Fatte queste premesse, passiamo ora a studiare l’EQUILIBRIO di un elemento del fluido
nel meato. Definiamo:
- p=pressione assoluta normale;
- t=tensione tangenziale, secondo asse X, su elemento di superficie norm all’asse Y;
- u (lungo X), v (lungo Y), w (lungo Z)=componenti della velocità
Nella prima abbiamo un termine parabolico in Yà “(dp/dX) [Y(Y-h)]”, dovuto alla presenza
di un campo di pressione entro il meato, e un termine lineare in
Yà “U [(Y/h) – 1]”, dovuto all’azione di trascinamento esercitata da B sul lubrificante.
Sovrapressione: p – p(a),
ovvero la differenza tra pressione e pressione ambiente
B) Equazione di Reynolds,
Le equazioni di equilibrio non sono sufficienti, poiché non permettono di andare al di là dei
risultati ottenuti. Per questo sarà possibile arrivare ad un’eqz differenziale nella sola
incognita p utilizzando l’eqz di continuità.
Per trovare quest’ultima consideriamo un elemento di volume alto quanto il meato e di
base (dX x dZ). La portata attraverso le facce deve essere nulla (quella delle facce a
contatto con parete è ovviamente nulla). Sottraendo la portata in entrata a quella in uscita
dalle facce parallele, otteniamo:
Noi la integreremo semplificando, ovvero ipotizzando che la pressione sia funzione solo di
di x, ovvero il caso piano, in cui p=p(X), u=u (X, Y) e w=0.
Nel meato nascono quindi delle sovrapressioni [ovvero “p – p(a) > 0”] se esso è
convergente, cioè se (dh/dX) > 0. La risultante delle sovrapressioni sul corpo B è una
forza normale alla direzione della velocità U e vale:
P1 = int[0àa] di [(p – pa) x dX], ovvero la forza unitaria che la coppia trasmette attraverso
il lubrificante nella direzione ortogonale a quella della velocità.
La linea di azione della forza passa a piccola distanza dalla mezzeria, definita
e=eccentricità. Otteniamo un’eqz di equilibrio dei momenti:
P1 x (a/2 - e) = int[0àa] di [(p – pa) x X x dX] , tramite cui troviamo “e”
Possiamo a questo punto trovare anche la tensione tangenziale che due strati di fluido si
trasmettono. Andando a sostituire la velocità u in t = µ x (du/dy), valutata per y=o
à t = -(h/2)(dp/dx) + (Uµ)/h, nella quale andiamo poi a sostituire dp/dx
La forza tangenziale secondo l’asse Z è T1 = int [0àa] (t dX), valutata in y=0.
Notiamo che la forza tangenziale esercitata sul corpo A (y=h, non più uguale a 0) è
diversaàt = +(h/2)(dp/dx) + (Uµ)/h (rispetto a prima, primo termine secondo membro è
positivo). Ha un valore differente poiché deve bilanciare la componente lungo x della
risultante delle sovrapressioni agenti su A.
Ora che sono noti P1 e T1, possiamo ottenere il coefficiente di attrito della coppia
lubrificata: f = T1 / P1.
Le soluzioni che abbiamo trovato potranno essere adattate alla realtà mediante coefficienti
correttivi
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Possiamo ora andare a inserire h così trovato nella formula di h* trovata nello studio
dell’equazione di reynolds, ottenendone il valore:
h* = 2 x h(0) x [(1 + m)/(2 + m)], dove m = [h(1) – h(0)] / h(0)
Con altri semplice calcoli otteniamo:
2) P1= 6µU x [a/h(0)]^2 x y(m), dove y(m) è la capacità portante, tale che
y(m) = [ 1/(m^2) x ln(1+m) ] – [2/m(2+m)]
Dal grafico dell’andamento del coefficiente k, in funzione di x/a, deduciamo che la capacità
portante della coppia è massima per valori di m nell’intorno di 1, a parità di circostanze.
Ciò si nota anche dai grafici degli altri coefficienti. Per m vicino si ha basso coeff di attrito e
elevata capacità portante.
I risultati appena ottenuti per il caso piano possono essere estesi al caso di meato di
larghezza finita b, con opportuni coeff correttivi. Si osservano le seguenti differenze:
- “p – p(a)” ànel caso piano è indipendente, nel caso reale no. Infatti in questo caso
si annulla per x=0, a e per z = +-(b/2)
- la componente w della velocitò è nel secondo caso diversa da 0à si ha una fuga
laterale di lubrificante, legata alla (dp/dz)
- coeff di attrito nel secondo caso è più altoàpotenza dissipata più elevata
Il coefficiente correttivo è: x = P / (P1 x b), dove P è la forza normale al piano XZ, e cresce
al crescere di b/a.
Esaminiamo ora alcune soluzioni tecniche, ovvero la coppia lubrificata costituita da
elemento piano fisso (il pattino) e da superficie piana mobile, nel caso dei cuscinetti
reggispinta. Vediamone alcuni esempi:
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Per risolvere problema tagliamo la coppia a metà (q=p) e rettifichiamo il meato. Il perno
sarà il membro mobile B, con velocità (-WR1), mentre la sede sarà il membro fisso A.
Sostituendo U=WR1 e X=qR1 alla soluzione dell’eqz di Reynolds, otteniamo:
(dp/dq) = - [6Wµ(R1)^2] / (h^2) x [1 – (h*/h)]
Osserviamo che la pressione avrà valori uguali per q=p e q=-p àquindi il rapporto tra
integrali h* diventa:
h* = int[-pàp] di (dq/h^2) / int[-pàp] di (dq/h^3)
Nella coppia rotoidale reale, la lunghezza è finita e il lubrificante è attivo soltanto in una
parte di meato. Il lubrificante che sfugge, perciò, dovrà essere continuamente sostituito,
processo che viene effettuato, tramite mezzi elementari o circolazione forzata, in zone che
non danno contributo alla sostentazione del carico. Solitamente la portata di lubrificante
alimenta una zona del meato poco più grande di metà. Spesso è addirittura minore, e al
suo diminuire diminuisce la capacità portante del cuscinetto
I valori fondamentali sono P1, f e Q(a)=portata di lubrificante. Questi valoro sono
tipicamente espressi in funzione della quantità adimensionale S (numero di Sommerfeld):
S = µWR x [(R/d)^2] /(pP1)
Per il calcolo di una coppia rotoidale reale si parte dalla conoscenza del carico P e della
velocità angolare W. Dopodiché si fissa il rapporto tra l = b/2R, ovvero tra la larghezza e il
diametro, e si sceglie la pressione media p(m) = P / (2bR). Da questi due valori si risale a
quelli di b e di R, trovando P1 = P / b. Infine i fissano il gioco radiale d e la viscosità µ.
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Per fare tutto ciò, partiamo dall’elemento infinitesimoàovvero dal volume compreso fra
due cilindri di raggi “r” e “r + dr” e delimitato da due piani paralleli, ortogonali all’asse,
distanti fra loro dy. Il tutto con arco dq. Siano v(r), componente radiale, e v(p), componente
periferica della velocità del fluido.
Le prossime eqz non si sa dove le ha cagate:
- Equilibrio lungo raggio: (dp/dr) = µ [derivata seconda di v(r) in y]
- Equilibrio lungo tangente a circonferenza r: [derivata seconda di v(p)] = 0
- Equilibrio lungo y: (dp/dy) = 0, quindi la pressione non dipende da y
Le condizioni al contorno sono: per y=0 à [v(r)=v(p)] e per y=h à [v(r)=0; v(p)=rW]
Integrando due volte rispetto a y troviamo:
v(r) = (1/2µ) x (dp/dr) x [y(y-h)], è quindi dovuta alla presenza di un campo di pressioni nel
meato (dp/dr)
v(p) = rWy / h, dovuta quindi all’azione di trascinamento esercitata sul fluido da parete
rotante
La portata di lubrificante introdotta è uguale alla portata che attraversa una qualunque
superficie cilindrica di altezza h e perimetro di base un circuito compreso tra R1 e R2.
à p – p(a) = (6µQ / ph^3) x ln (R2/r), dalla quale possiamo ricavare µQ, tramite il quale
possiamo trovare il valore di p(0), con l’equazione di Poiseuille:
p(0) – p(1) = 128lµQ/(pd^4), dove d è il diametro del foro e l la sua lunghezza
Quindi per r=R1 troviamo p1.
Lezione 8: Cinematica del corpo rigido e dei sistemi articolati parte capitolo 5
La cinematica si occupa di descrivere il moto dei corpi
Per tracciare la traiettoria di P,, dobbiamo riferire la posizione di questo alla polare mobile
s (1). Cerchiamo la posizione P(i) che P occupa quando le polari sono a contatto nel punto
C(0i) o C(1i)à tramite due coordinate:
r(i) = C(1i)P=distanza tra due punti, e j(i), angolo che il raggio r(i) forma con la normale
alla polare in C(1i). Con questi due valori posso individuare P(i) (schemino pag 129).
Possiamo ora trovare tutti i punti della traiettoria.
Formula eulero savary
à Raggio di curvatura: (1/R0) – (1/R1) = [(1/CQ) – (1/CP)] cosj
dove R0 e R1 sono raggi curvatura delle polari, C è generico punto contatto, P punto
studiato e Q è il centro di curvatura della traiettoria P, il punto intorno a cui P ruota.
Si può trovare Q anche per via grafica: è l’intersezione tra i prolungamenti di CP e O(0)H.
H è l’intersezione tra la retta normale in C a CP e il prolungamento di O(1)P.
Altro strumento per studio delle traiettorie à Circonferenza dei Flessi, può essere
utilizzata per trovare centro di curvatura di una traiettoria.
Circonferenza dei Flessi = è il luogo dei punti F, ovvero quei punti del piano mobile per i
quali la traiettoria ha curvatura nulla. La circonferenza passa per C (contatto tra le due
polari) ed ha il centro sulla normale alle polari in C.
Il diametro è 1/D = (1/R1) – (1/R0).
La risultante a(SP) di queste due componenti forma con SP un angolo a, tale che
tga = - (W’)/(W^2), con a che ha verso opposto a W’
• Moti relativi
In alcuni casi è necessario considerare il moto relativo di un punto M rispetto a un
membro, a sua volta mobile rispetto al telaio. Il problema diventa quello di esprimere la
velocità e l’accelerazione assoluta del punto M, noti il moto assoluto del membro µ e il
moto relativo di M rispetto a µ.
La velocità assoluta di v di M è la somma della velocità di trascinamento v(t), ovvero la
velocità di M solidale con µ, e della velocità relativa v(r), ovvero la velocità di M nel suo
moto rispetto a µ) à v = v(t) + v(r)
Per l’accelerazione assoluta “a” di M, è somma di 3 termini: a = a(t) + a(r) + a(c)
La legge di Grashof è utile per un primo approccio, dopodiché dovremmo proseguire in via
grafica. Tramite questa, possiamo trovare le posizioni di regresso del bilanciere, ovvero e
due posizioni estreme che occupa (ci fornisce l’angolo che spazia oscillando), e le
corrispondenti posizioni di punto morto della manovella.
Osserviamo che la manovella descrive angoli non uguali nelle due corse del bilanciere.
Possiamo dimensionare il quadrilatero in modo che il bilanciere oscilli entro un angolo
prestabilito (b) e che la manovella compia, nelle due corse, angoli tra loro in rapporto
prefissato (q=p - “angolo descritto dalla manovella in una delle corse”).
L’accelerazione del punto B intorno ad O(3), invece, ha due componenti; una normale, o
centripeta (a(Bn)) ed una tangenziale (a(Bt)), poiché l’asta 3 ruota intorno ad O(3) con
velocità angolare non uniformeà a(B) = a(Bn) + a(Bt)
Individuiamo le componenti graficamente:
a(Bn) = v(B)^2/BO(3) = W(1)^2 x [O(1)S)^2]/(BO(3))
à a(Bn)/[W(1)^2] =IO(1) = [O(1)S)^2]/(BO(3)), troviamo il vettore IO(1) parallelo a BO(3)
Sappiamo che a(Bt) deve essere ortogonale a O(3)Bàgiace sulla normale ad IO(1),
passante per I, ma non sappiamo da dove origina! Per capirlo dobbiamo esprimere
l’accelerazione di B attraverso quella di Aà a(B) = a(A) + a(BA), tutto diviso W(1)^2.
L’accelerazione di B nel moto attorno ad A ha due componentei:
a(BA) = a(BAn) + a(BAt) à a(B) = a(A) + a(BAn) + a(BAt)
a(BAn) = [v(BA)^2] / BA, sostituendo, a(BAn)/ [W(1)^2] = (SA^2) / BA= KA = vettore, diretto
secondo BA, che rappresenta a(BAn), con il punto K che giace sulla retta AB. Tracciando
la perpendicolare ad AB passante per K e quella ad IO(1) passante per I, troviamo il punto
M. L’accelerazione del punto B è rappresentata dal vettore MO(1)à a(B)/[W(1)^2] =
MO(1). Ricordiamo infine che MI rappresenta a(Bt); il vettore MK rappresenta a(BAt); il
vettore MA rappresenta a(BA) [infatti MK + KA=MA].
Accelerazione punto biella :
a) a(P) = a(A) + a(PA)
b) a(P) = a(B) + a(PB)
36
In conseguenza del movimento impresso agli organi delle macchine, nascono in questi
ultimi delle azioni d'inerzia alle quali sono connessi molti importanti problemi. Nello studio
della dinamica supponiamo i copri indeformabili, i problemi sono:
- calcolo e al bilanciamento delle azioni di inerzia
- accoppiamento fra motore e macchina utilizzatrice
- funzionamento delle macchine e degli impianti a regime periodico
- transitori meccanici.
[I problemi strettamente connessi con la deformabilità elastica dei corpi, verranno trattati
nella Meccanica delle vibrazioni]
Sistema meccanico = Con il termine sistemi meccanici si intendono quei sistemi in cui le
connessioni fisiche fra gli oggetti costituenti danno luogo a considerevoli scambi energetici
in forma di energia meccanica - quindi esprimibili attraverso le variabili forza e velocità,
momento e velocita angolare - e nei quali si possano verificare variazioni dell'energia
potenziale e cinetica del sistema. Per poter impostare un’analisi dinamica di un sistema
meccanico, è necessario disporre del suo modello matematico.
Possiamo definire tutto ciò che non fa parte del nostro sistema come esterno (o ambiente)
del sistema, riconoscendo una superficie fisica (o concettuale) di separazione fra sistema
e ambiente esterno.
Gli oggetti costituenti un sistema possono essere indicati come sottosistemi, o come parti
di altri sistemi, o come componenti, ossia come enti primitivi che, per un dato fine, non è
necessario suddividere ulteriormente.
Il fatto che uno stesso ente possa essere considerato sotto differenti aspetti è un punto
fondamentale della dinamica e deve fin d'ora essere tenuto presente.
.
38
Modello fisico = un sistema fisico immaginario che sia equivalente al sistema reale
Prerogativa essenziale del modello fisico deve essere la possibilità di studiarlo con gli
strumenti a disposizione, di regola di tipo matematico.
Il passaggio dal sistema reale al suo modello fisico comporta un certo numero di
approssimazioni, la più importante delle quali consiste nel trascurare tutto quanto provoca
effetti piccoli, o comunque ritenuti trascurabili, sul comportamento del sistema.
Il modello fisico può essere lineare o non lineare, in funzione del comportamento dei
componenti del sistema. Modelli lineari permettono una soluzione rapida e sono semplici
da trattare. Mentre i modelli non lineari a volte rivelano certe caratteristiche del sistema
che non possono essere correttamente predette impiegando modelli lineari.
Dalle quali otteniamo le equazioni del moto. Queste sono solitamente equazioni
differenziali ordinarie, se il sistema è discreto (ovvero sistemi aventi un numero di gdl
finito), ed equazioni differenziali alle derivate parziali, se invece il sistema è continuo
(sistemi aventi un numero di gdl infinito). È quindi preferibile risolvere modelli discreti,
avendo soluzioni più semplici. In particolare, volendo dare una definizione più precisa:
Sistemi Continui: I sistemi meccanici che hanno un numero infinito di «punti di massa» e/o
non presentano «concentrazioni» di zone o membri deformabili, e che quindi hanno un
numero infinito di gdl.
Spesso, i sistemi continui sono approssimati tramite modelli discreti; in tal modo è più
semplice ottenere la soluzione del problema dinamico. Anche se, i risultati più accurati
sono ottenibili aumentando il numero di gdl à tra le tecniche automatiche di
discretizzazione, la più diffusa è costituita dalla modellazione ad elementi finiti che da
luogo a modelli aventi in generale un numero di gradi di libertà finito ma molto elevato.
QUARTO STEP: Infine il modello deve ora essere verificatoà vanno verificate le ipotesi
fatte nel modellare il sistema reale.
Tale verifica può essere condotta tramite prove sperimentali; tale procedura è
fondamentale per una corretta progettazione, ma può non essere necessaria se si stanno
considerando componenti il cui comportamento è noto essere ben descritto da modelli
specifici sulla base dell'esperienza acquisita.
à , dove v(O) = O’
Se O è un punto fisso (v(O) = 0) oppure v(O) è parallela a v(G)àil secondo membro si
annulla
Conviene assumere O fisso o coincidente con G
Principio di D’Alambert:
Questo principio deriva dall’equazione fondamentale della meccanica, ovvero dalla
seconda legge di Newton: accelerazione punto dipende da risultante di tutte forze (attive e
reattive) su di ess agenti:
à sommatoria di (Fj) – ma = 0
Definiamo le forze di Inerziaà Fin = - ma
à SFj + Fin = 0, ovvero una condizione di equilibrio
à abbiamo trasformato un problema di dinamica in uno di statica, che possiamo ora
trattare con il PLV.
Quindi imponiamo annullamento del lavoro virtuale compiuto per qualsiasi spostamento
virtuale. Essendo spostamenti virtuali e non effettivi, questa metodologia è applicabile
tanto alle masse in movimento tanto a quelle a riposo.
Nella dinamica PLV terrà conto anche dei termini relativi a azioni inerziali
Grazie a PLV otteniamo sistema di eqz libere dalle reazioni vincolari.
Equazione dell’Energia
È una formulazione particolare di PLV, ottenuta quando si scelgono come spos virtuali gli
spostamenti effettivi. Supponendo che energia interna non subisca modifiche e che
sistema non scambi energia con esterno:
dW(lavoro forze att est non conser) + dLin(lav for d’iner) = dV(variazione ener potenziale)
àdLm(motrici) + dLr(resistenti) + dLp(passive) + dLin = dV
dLin = -dT = opposto della variazione di energia cinetica
à dLm + dLr + dLp = dV + dT
Equazioni di Lagrange:
Le eqz di lagrange sono costituite da un sistema di equazioni differenziali nelle variabili
lagrangiane e servono ad ottenere le eqz del moto di un sistema. Possono essere
applicate solo per un sistema olonomo, in presenza di vincoli lisci e bilaterali.
Sia n il numero di gdl, avremo n equazioni di lagrange.
Esprimiamo i punti del sistema utilizzando coordinate lagrangiane:
OPs = OPs (q1, q2,…, qn, t)
Introduciamo le componenti lagrangiane Qk = sommatoria [Fj (dPs/dqk)]
Otteniamo:
d/dt (dT/ dq’k) - (dT/ dqk) + (dV/ dqk) = Qk
con T energia cinetica e V energia potenziale à se conservativo, dV/ dqk = 0
Definiamo la funzione lagrangiana L (q, q’, t), per sist conservativo abbiamo:
d/dt (dL/dq’k) - ( dL/ dqk) = 0
Con riferimento a eqz energetica, l’equivalenza dinamica si ottiene imponendo che i due
sistemi diano origine, per spostamenti corrispondenti, a uguali valori dei lavori e uguali
valori dell’energia cinetica
àper fare ciò, dobbiamo ridurre le forze, o i momenti, e le masse, o i momenti di inerzia,
ad un punto del sistema semplificato.
La riduzione delle forze, o dei momenti, si ottiene sostituendo le forze stesse con un’unica
forza applicata nel punto di riduzioneàlavoro di questa forza per uno spos uguaglierà
quello delle forze prese in esame
La riduzione delle masse, o dei momenti di inerzia, si ottiene sostituendo le masse con
un’unica massa, che non alteri l’energia cinetica del sistema.
42
AZIONI STATICHE:
FASE 1: Consideriamo le forze che agiscono su macchina alternativa (manovellismo di
spinta). Supponiamo la macchina sia motriceàalla manovella è applicato momento Mr,
che supponiamo noto. Sul pistone (corsoio) a cui è collegata la manovella, un fluido in
pressione esercita una forza motrice P, ed una opposta sul fondo del cilindro che contiene
il pistone. Supponiamo di poter prescindere dal contributo delle azioni di inerzia, come se
accelerazioni e le masse dei membri fossero molto piccole.
La forza P applicata al pistone viene equilibrata dalle forze S(21), esercitata dalla biella e
S(41), esercitata dal telaio. La reazione della biella sulla manovella, ovvero S(23), è
uguale e opposta a S(21) e forma una coppia con S(43). Questa coppia equilibra il
momento motore Mr. Se indichiamo con h il braccio [distanza tra S(23) e S(34)] di questa
coppiaà Mr = S(23) x h.
AZIONI DINAMICHE
FASE 2: Consideriamo le forze di Inerzia, nell’ipotesi che W sia costante. Il calcolo di
quelle che agiscono sul pistone e sulla manovella è immediato, mentre è più difficile quello
per la biella. Per farlo utilizziamo il Metodo delle masse di sostituzione:
consiste nell’utilizzare modelli semplificati dei sistemi, che tuttavia rispettano le stesse eqz
di equilibrio e sono detti equivalenti. Questa equivalenza si ha imponenedo che:
a) Stessa massa totale
b) Il baricentro sia nello stesso punto
c) Stesso momento di inerzia
Quindi nel caso della biella, la andiamo a sostituire con due masse m(b) e m(a), ed
un momento di inerzia J(0). Per le condizioni che abbiamo imposto:
Equivalenza masse (conferma la condizione A): m(b) + m(a) = m(BIELLA)
Equilibrio momenti (conferma la condizone B): m(b) x b = m(a) x a
Equivalenza momento inerzia (conferma la C): m(b)x(b^2) + m(a)x(a^2) + J(0)=J(BIELLA)
Otteniamo che:
- m(b) = m(B) x (a/l) e m(a) = m(B) x (b/l) dove l = a + b
- J (0) = J(B) - m(b) x (b^2) - m(a) x (a^2)
- Visto che il punto A si muove di moto circolare, nascerà forza di inerzia rotante, di
intensità pari aàm(a) x r x W^2 (andando a sostituire diventa
m(B) x (b/L) x r x W^2), di verso centrifugo, con r=raggio manovella)
- Una coppia di inerzia = J(0) x (- g’’)
Ci manca quindi da trovare g:
posto l = (r/l), dove ripetiamo l=lunghezza biella e r=lunghezza manovella, sappiamo che
sing = lsinj. Da qui derivando rispetto al tempo otteniamo le espressioni di g’ e g’’
Per semplificare consideriamo l molto minore di 1, quindi si ha:
g’ = - (lW) x cosj àvelocità angolare biella
g’’ = (l x W^2) x sinj à accelerazione angolare biella
Abbiamo la coppia di inerzia della biella: J(0) x (- g’’) = -J(0) x (l x W^2) x sinj, che può
essere espressa anche come dovuta a due forze di uguale intensità Y ma opposteà Y =
[J(0) x (l x W^2) x sinj] / (l x cosg)
FASE 3: Vediamo ora le azioni trasmesse al telaio:
- La forza rotante Fr = (W^2) x {[m(m) x r(G)] + [m(B) x (b/L) x r]}, dove
[m(m) x r(G) x (W^2)] è il contributo della manovella, [m(B) x (b/L) x r x (W^2)] quello
della biella. m(m) è la massa della manovella, ed r(G) è il raggio del baricentro. La
forza si scarica sul perno O
- La forza alterna Fa = - [m(p) + m(b) (a/l)] x a(b), dove [m(p) x a(b)] è il contributo del
pistone, [m(b) x (a/l) x a(b)] quello della biella. Questa forza si scarica attraverso la
biella e la manovellaàviene scomposta. àorigina coppia = S(14)’ x BO
- La coppia di inerzia esercita in B una spinta Y(B) e in A, Y(A)àcoppia = Y(A) x BO
La forza alterna Fa = - [m(p) + m(b) (a/l)] x a(B), con a(B) = r(W^2)(cosj + lcos2j)
Distinguiamo allora due forze alterne:
- Forza Alterna di Primo OrdineàFa1 = - [m(p) + m(b) (a/l)] x r cosj (W^2), non c’è l
- Forza Alterna di Secondo OrdineàFa2 = - [m(p) + m(b) (a/l)] x r (W^2) lcos2j
Per alcune macchine può succedere che la coppia richiesta dal carico diminuisca
all’aumentare della velocitààsi tratta del caso particolare del funzionamento detto “a
potenza costante”, che si ha quando il motore fornisce una coppia inversamente
proporzionale alla velocità angolare (es. nell’avvolgitore la v angolare diminuisce poiché
aumenta diametro dell’avvolgimento).
• Caratteristica meccanica (motore, asicnrono trifase, endotermico, corrente
continua e brushless)
Motore Asincrono Trifase:
Il Motore Asincrono Trifase è molto utilizzato per l’azionamento delle macchine, quando
non è richiesta variazione della velocità o della coppia. È disponibile in due tipologie
principali:
1) A gabbia di scoiattolo
2) A Rotore Avvolto
Gli avvolgimenti dello statore sono alimentati da una corrente trifase e generano sul rotore
un campo magnetico rotante alla velocità angolare, detta di sincronismo:
w(0) = (2pf) / p n(0) = 60f/p, dove p rappresenta il numero delle coppie polari.
In condizioni ideali, l’albero motore ruota alla velocità angolare di sincronismo; se invece il
rotore deve vincere una coppia M(r), l’albero rallenta fino alla velocità w, e si crea uno
scorrimento s = w(0) - w, tra la velocità angolare del campo magnetico e quella del rotore.
Il rendimento del motore è h = 1 – s
Il momento di inerzia del motore è costante, esseno costituito solamente da quello del
rotore.
La caratteristica meccanica può essere suddivisa in tre zone:
a) Dalla zona di avviamento w=0 fino alla coppia massima, il funzionamento può
essere instabile ed inoltre richiede la generazione di correnti elevateàquesta zona
può essere usata solo all’avviamento (fondamentale avere a disposizione coppia di
spunto maggiore di quella nominale per un corretto e rapido avviamento).
b) Dalla coppia massima a quella nominale, il funzionamento può essere soltanto
intermittente a causa delle elevate correnti circolanti negli avvolgimenti
c) Per velocità maggiori di quella nominale il diagramma assume pendenza molto
elevataàquesto motore è molto “rigido”, si comporta come generatore ideale di
velocità
Questo tipo di motore può funzionare in tutti i 4 quadranti del piano {Mm; w}
È anche possibile regolare coppia e velocità tramite l’utilizzo di un Inverter, dispositivo
elettronico di potenza che consente di variare sia la tensione che la frequenza di
alimentazione del motore.
47
Motore Brushless
I motori Brushless hanno caratteristiche e costi più elevati dei motori a corrente continua. Il
rotore è a magneti permanenti, mentre sullo statore sono presenti avvolgimenti trifase, in
grado di generare un campo magnetico rotante di intensità e orientamento arbitrari, pilotati
da un sistema di controllo. Il loro campo di funzionamento, tuttavia, ha la stessa forma di
quelli a corrente continua, sebbene i risultati siano più estesi.
• Curva caratteristica
Così come si definisce l’andamento della coppia in funzione (M) della velocità ω, si può
anche definire la curva che dà la potenza motrice PM erogata dal motore in funzione di ω,
posto che, come noto, PM= M x ω.
Usiamo una convenzione in base alla quale, se PM è positiva, il motore eroga energia
meccanica; se invece PM è<0 vuol dire che il motore sta assorbendo energia meccanica e
dunque non lavora in effetti come motore.
Questa condizione può capitare durante il funzionamento, pur essendo generalmente
indesiderata.
- Come Generatore, quando PM<0 e Pel<0. Assorbe energia meccanica (che viene
fornita in questo caso dal carico) ed eroga energia elettrica, che viene distribuita al
circuito a cui è collegato il motore. Questo accade nel moto retrogrado.
- Come Freno, quando PM<0 e Pel>0. Il motore assorbe contemporaneamente
energia meccanica ed elettrica. In questo caso il motore si comporta come un freno,
assorbendo energia dalla rete elettrica per rallentare il sistema. Tutta l’energia
assorbita in questo caso viene allora trasformata in energia termica, ossia in calore:
il motore, pertanto, si scalda molto velocemente. Questa è una condizione di
funzionamento estremamente dannosa per un motore e andrebbe evitata.
49
Anche per una macchina operatrice è possibile definire una curva che fornisce la coppia
resistente CU in funzione della velocità ω.
Esistono alcune trattazioni teoriche che permettono di stabilire indicativamente
l’andamento della coppia di una macchina (motrice od operatrice) in funzione della
velocità. Queste trattazioni introducono però delle notevoli approssimazioni rispetto al
funzionamento reale delle macchine, per semplificare l’analisi. A seconda di come viene
realizzata la macchina in oggetto, dunque, la caratteristica meccanica effettiva potrà
discostarsi non di poco da quella teorica.
Per questi motivi, la caratteristica meccanica viene di solito trovata per via sperimentale:
Se si vuole trovare la caratteristica di un motore, questo viene fatto girare a diverse
velocità e a ciascuna di esse si misura la coppia erogata corrispondente con una
macchina di prova, eventualmente variando il parametro di alimentazione.
Se si vuole trovare la caratteristica meccanica di una macchina operatrice, questa viene
messa in movimento da un motore (solitamente elettrico) che viene fatto girare a velocità
variabile. Per ciascuna macchina si possono rilevare diverse curve di coppia al variare del
parametro di funzionamento (fattore di carico).
Infine, i dati vengono raccolti in grafici o tabelle.
Si ricorda che l’unità di misura di una coppia è del tipo forza×lunghezza (ad esempio Nm,
Nmm, lbf*in) e l’unità di misura di una velocità di rotazione è del tipo 1/tempo (ad esempio
giri/min o rad/s).
• Funzionamento a regime
Quindi, sia CM(ω,y) la coppia del motore, in funzione della velocità di rotazione ω e del
parametro di alimentazione y.
Sia CU(ω,z) la coppia dell’utilizzatore, in funzione della velocità di rotazione ω e del fattore
di carico z.
Consideriamo un sistema come quello nella figura di seguito, in cui per semplicità non è
mostrato il motore. La potenza meccanica PM entra da IN e viene assorbita in parte dagli
attriti interni della trasmissione (che ha rendimento η) e in parte dalla potenza PU del
carico, che esce da OUT. Il flusso di potenza è rappresentato in figura.
à cioè la potenza in arrivo al carico PU viene in parte bilanciata dalla potenza resistente
(CU × ωU) e in parte va ad accelerare l’inerzia JU del carico, con la derivata rispetto al
tempo dell’energia cinetica E(u)
Riduttore di Velocità (riduzione coppie di inerzia): Nei motori elettrici, usati nelle macchine
di interesse industriale, si mette un sistema di trasmissione con t < 1, che quindi riduce la
velocità in uscita rispetto a quella in entrata. Questo poiché solitamente i motori elettrici
erogano coppie troppo basse e girano a velocità troppo alte rispetto alle esigenze dei
carichi resistenti.
• Transitori in Avviamento:
Il fatto che esista un’intersezione tra la caratteristica del motore e del carico non
garantisce che la condizione di regime possa essere effettivamente raggiunta. Risulta
necessario fare delle verifiche sulle fasi di moto transitorio di avviamento.
La prima condizione da assicurare è che la coppia motrice di spunto sia superiore a quella
resistente, ma ciò può non essere sufficienteà se la differenza tra le due caratteristiche
fosse troppo piccola, il tempo di avviamento potrebbe essere troppo lungo. Per calcolaro:
dw/dt = [Mm(w) – Mr(w)] / J
Integrando e ricorrendo ad una semplificazione, ovvero utilizzando il valore medio della
coppia motrice Mm e di quella motrice Mr: t(a) = [J x w(r)] / [(Mm)* - (Mr)*]
52
• Generalità
Lo studio delle vibrazioni degli organi delle macchine è molto importante. A volte
sfruttiamo queste vibrazioni, ma solitamente lo studio viene effettuato al fine di limitarne gli
effetti dannosi.
Gli organi delle macchine sono sistemi continui, con massa ed elasticità
distribuitaàpossono vibrare con infiniti gradi di libertà.
Riusciremo in questo studio solo quando geometria del sistema sarà molto
sempliceàpossiamo anche ridurci solamente ad uno studio approssimato, che può essere
effettuato con diversi procedimenti. Questi si basano sulla sostituzione del sistema
continuo con uno avente numero finito di gdl. Ciò è possibile poiché i modi di vibrare di
interesse sono quelli che corrispondono alle configurazioni più semplici della deformata
dell’organo vibrante.
Un sistema costituito da membri di grande rigidezza e altri facilmente deformabili si riduce
a gdl finiti, semplicemente considerando come infinitamente rigidi i membri di grande
rigidezza e localizzando la deformazione del sistema nelle molle (considerate prive di
massaàquindi non vibranti).
Un sistema costituito da membri di grande rigidezza, collegati da coppie
cinematicheàmembri considerati perfettamente rigidi.
Un sistema che non presenti zone più deformabili di altreà sostituiamo il sistema con un
modello discretizzato secondo il Metodo Degli Elementi Finiti (MEF).
a) Legge di Moto
mX” + cX’ + KX = 0 eqz differenziale lineare la cui soluzione contiene due cost arbitrarie.
Note le condizioni iniziali, quindi, possiamo ottenere la legge del moto. L’eqz caratteristica
è: m(z^2) + cz + K = 0 à troviamo le radiciàanalizziamo il delta = c^2 – 4mK
Se c^2 < 4mk à x^2 – 1 < 0 (sottosmorzato)à Gli esponenti di A e B sono immaginari à
moto del corpo oscillatorio smorzato. Ampiezza dell’oscillazione tende a zero al tendere di
t all’infinito.
b) Decremento Logaritmico
Una causa molto comune dello smorzamento è l’attrito secco, denominato anche attrito
coulombiano e caratterizzato dalla relazione.
a) x’ > 0 à F = µN
b) x’ = 0 à F = 0
c) x’ < 0 à F = - µN
L’equazione del moto è quindi: mx’’ + µmg ”funzionesegno” (x’) + kx = 0, dove la funzione
segno indica il segno a seconda della direzione del moto. Un sistema con attrito
coulombiano presenta le seguenti caratteristiche:
Al corpo di massa m studiato nel capitolo precedente, supponiamo applicata una forza F
esterna, che supponiamo variabile nel tempoàF = F(0) cos (wt);
F(0) è l’ampiezza della forza eccitatrice; w la pulsazione. L’equazione di d’Alambert è:
mx’’ + cx’ + kx = F(0) cos (wt)
l’integrale generale è la somma dell’integrale generale dell’eqz omogenea e di un integrale
particolare, che può porsi nella forma: x = X cos (wt - y), dove X e y sono costanti.
Troviamo X e y risolvendo il sistema tra d’Alambert e integrale particolare per t=0; unendo
a sistema l’eqz trovata con la sua derivata rispetto a y, troviamo:
• La trasmissibilità
Un problema di grande importanza riguarda il come isolare un corpo nei confronti dei
fenomeni oscillatori. Abbiamo due tipi di problemi:
CASO 2:
Il sistema in figura è costituito da un telaio A al quale è collegata
una massa m per mezzo di una sospensione elastica. Il telaio
è vincolato rigidamente al riferimento fisso. Se questo è animato
da un moto oscillatorio y=y(t) sinusoidale [nel caso contenesse più
armoniche, basta verificare la prima], vogliamo capire come proporzionare
la sospensione in modo che la massa rimanga in condizioni di quasi quiete.
Consideriamo l’equazione di equilibrio: mx’’ + c (x’ - y’) + k (x - y) = 0
Posto s = x – y à ms’’ + cs’ + ks = - my’’
Ponendo y = Y(0) coswt à ms’’ + cs’ + ks = m(w^2) Y(0) coswt
La soluzione tipo è: s = S cos (wt - y)
Affinché la massa m si mantenga in quiete, deve essere:
- x = 0 à s = - y à S = Y(0) à y = p
Questa condizione vale per smorzamento x circa nullo e w/w(n) > 1 àIl vibrometro
deve avere una sospensione con smorzamento molto piccolo (x<0,1) e una molla
sufficientemente cedevole (w/w(n) >4).
56
Lezione 16: Vibrazioni Meccaniche e Dinamica dei Sistemi Lineari a più GDL
• Introduzione ai sistemi vibranti a più gdl (2 gdl)
Alcuni problemi vanno affrontati attraverso lo studio dei moti oscillatori di sistemi a 2 o più
gdl. Ci limitiamo a considerare oscillazioni senza smorzamenti.
FASE 1: Consideriamo le oscillazioni libere del sistema schematizzato.
Scegliamo le coordinate x1 e x2 delle masse m1 e m2. Le equazioni di
equilibrio delle forze applicate alle due masse sono:
m1x’’1 + k1x1 + k2(x1 – x2) = 0
m2x’’2 + k2(x2 – x1) = 0
dove k1 e k2 sono le due costanti elastiche delle molle. Per risolvere il
problema ammettiamo che il moto sia periodico e poniamo:
x1 = X(1) cos [w(n)t + j] e x2 = X(2) cos [w(n)t + j]
Dove troviamo le costanti arbitrary grazie alle condizioni iniziali. Le oscillazioni libere,
essendo somma di due moti sinusoidali, non sono sinusoidali, tranne quando X11=X12=0
àle due masse, in questo caso, oscillano sinusoidalmente, con la stessa pulsazione
ài due modi in tali situazioni, si dicono Modi Principali o Modi Naturali di Oscillazione. Le
corrispondenti pulsazioni sono le Pulsazioni Principali o Naturali. Bisogna conoscerli per
capire quali forze eccitatrici sono pericolose
Le equazioni di equilibrio possono essere scritte anche in forma matriciale, dove poi
andiamo a sostituire con
x1 = X(1) cos [w(n)t + j] e x2 = X(2) cos [w(n)t + j]
Negli altri casi le due eqz non possono essere risolte indipendentemente à si ha un accoppiamento
delle coordinate à accoppiamento statico à un qualsiasi spostamento, anche dalla quiete, di x
determina rotazione di q.
Nel caso di un macchinario (m1) sottoposto ad una eccitazione con pulsazione (nel caso
in figura: Fcoswt, con w = radicedi (k1/w1) à il sistema è in risonanza) molto prossima ad
una pulsazione naturale del macchinario stesso, le vibrazioni eccessive del sistema
possono essere ridotte impiegando un cosiddetto smorzatore dinamico di vibrazioni (o
assorbitore dinamico), costituito da una massa (m2) collegata al macchinario da una molla
(k2).
Lo smorzatore dinamico deve essere progettato in modo che le frequenze naturali del
sistema siano il più possibile lontane dalla frequenza dell'eccitazione.
2𝑚𝑑 % 0 2𝑚𝑟𝑑
J= 0 % %
2𝑚(𝑟 + 𝑑 ) 0
2𝑚𝑟𝑑 0 2𝑚𝑟 %
Queste due masse fanno nascere un momento di deviazione della matrice di inerzia, che
causa uno squilirbio dinamico. Lo squilibrio statico, essendo il baricentro invariato, è nullo.
Abbiamo capito quindi che in un rotore, a causa della distribuzione non uniforme delle
masse, possono insorgere due effetti:
1. Spostamento del baricentro
2. Nascita di momenti di deviazione
Nei rotori conviene fissare asse coordinato con asse di rotazione: nel caso in esame ha
asse rotazione fisso in z
à wx = wy = 0. Il momento da applicare al motore per mantenerlo a velocità wz costante è
M = [J] [w’(z)] + w(z) X K(G),
con w’(z) = 0 e K(G) = [J][w] = w(z) [J(x,y); J(y,z); J(z)]
M = w(z)^2 [-J(y,z); J(x,z); 0]
à Si ottiene momento costante ànasce una coppia di inerzia: Mi = -M, dove Mi è
costante in modulo ma variabile in direzione, cioè rotante.
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Nei paragrafi precedenti abbiamo considerato il rotore come un corpo rigido. Talvolta però
la flessibilità non può essere trascurata à gli sbilanciamenti possono determinare la
deformazione flessionale dell’alberoà possono nascere dei fenomeni vibratori. Tratteremo
ora delle vibrazioni che insorgono quando le forze di inerzia inducono deformazioni
dinamiche nel rotore, ovvero le velocità critiche flessionali.
Trascureremo cedevolezze dei cuscinetti, effetti giroscopici, l’attrito ed eventuali instabilità
dovute a cuscinetti idrodinamici.
ROTORE DI JEFFCOTT:
È un modello matematico, per descriverlo consideriamo un disco circolare montato nella
mezzeria di un albero flessibile (ne trascuriamo la massa). L’albero è supportato alle
estremità da due cuscinetti rigidi. Il baricentro G del disco non coincide con l’asse di
rotazione C. La distanza tra i due punti è
l’eccentricità del sistema, denominata a.
Studiamo il problema nel piano xy:
- Centro del disco = C, coincide con O se
si ha equilibrio statico
- Se il rotore si deforma, C è individuato
dal vettore b
- A causa dello squilibrio statico, G non
coincide con C
Il vettore b ruota con velocità pari a q’ (che può coincidere o meno con w). La rotazione di
b è detta WHIRLING (rotazione/turbinio).
Studiamo il moto del sistema:
Partiamo dalla posizione di G, individuato dal vettore r = a + b =[x +acoswt; y + asinwt]
La deformazione dell’albero genera una forza elastica che tende a riportare C in O:
Fel = [-kx; -ky]
Le forze dissipative sono Fd = [-cx’; -cy’]
Le equazioni del moto sono quindi date da: mr’’ = Fel + Fd:
lungo x à mx’’ + cx’ + kx = m w^2 a coswt
lungo y à my’’ + cy’ + ky = m w^2 a sinwt
Definendo la funzione complessa che rappresenta b: w(t) = x(t) + j y(t), con j=radicedi (-1)
Otteniamo l’equazione differenziale complessa mw’’ + cw’ + kw = m w^2 a e^(jwt), di cui,
vista la presenza dello smorzamento, possiamo ridurci a studiare la soluzione particolare:
w(t) = W e^[j(wt - f)]
dove si assume implicitamente che la velocità di rotazione del vettore b è pari a quella
dell’albero sia in modulo che segnoà SYNCHRONOUS WHIRL
Analizzando i grafici:
- W= 0 se w = 0; cresce fino al massimo
per la risonanza e poi tende ad a
- f = 0 per velocità piccole o nulle;
oltrepassata risonanza tende a p.
àf = 0 = p à significa che
O, C e G sono allineati:
a) f = 0 àG è esterno a OC, si muove
Su circonferenza di raggio OC + a
b) f = p àG è interno a OC, si muove
Su circonferenza di raggio OC – a
à per velocità molto maggiori di quella critica G va a posizionarsi in Oà non oscilla più
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Si dice legge del moto del cedente la legge secondo la quale il cedente si sposta, in
funzione del tempoà y = y(t)
A noi però interessa conoscere la posizione non tanto in funzione del tempo quanto in
funzione della posizione angolare (o lineare) della camma (o della sagoma). Consideriamo
la velocità angolare W costante à y = y(q) = y(Wt) [sappiamo che q = Wt]
Derivando rispetto al tempo otteniamo velocità e accelerazione.
y’ = W y’(q) y’’ = W^2 y’’(q)
Due osservazioni:
- y(q), y’(q), y’’(q) dipendono dalla forma della camma, y(t), y’(t), y’’(t) dalla velocità
- Nel caso di sagomaàinvece di y(q) comparirà y(x)
La legge del moto del cedente comprende 4 fasi:
- Andata (A)
- Sosta (S)
- Ritorno (R)
- Sosta (S)
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Le due fasi di sosta (una o entrambe) posso mancare. Ad ogni fase corrisponderà un
angolo di rotazione b. La somma di tutti i bn = 360°
Spesso chiamiamo legge di moto non quella effettiva, ma la legge che comprende solo le
fasi attive (Andate e Ritorno)à Legge di andata e Legge di Ritorno
Supposta nota la legge di moto del cedente, ci proponiamo di capire come tracciare il
profilo della camma che genera questo moto (anche se oggi avere il disegno della camma,
grazie ai macchinari, è diventato inutile, ci serve a capire le proprietà delle camme).
A) Camma è una sagoma traslante e il cedente una punteria a spigolo vivo
àcontorno della sagoma coincide con la legge di moto del cedente y = y(x)
àla forma della sagoma dipende da sua velocità traslazione e dal tempo
necessario per lo spostamento totale H. Questi due dati ci danno la lunghezza della
sagoma.
B) Camma è una sagoma traslante e il cedente una punteria a rotella
àcome nel caso precedente, solo che y = y(x) ci da’ il luogo dei centri della rotella.
Aggiungendo il raggio troviamo il contorno cercato
C) Per disegnare la sagoma cilindrica è sufficiente disegnare la corrispondente
sagoma piana, che va poi pensata avvolta sul cilindro. Lunghezza sagoma =
circonferenza cilindro. Pista camma cilindrica avrà spessore radiale.
• L’analisi cinematica
L’analisi cinematica consiste nel determinare lo spostamento, la velocità e l’accelerazione
del cedente, noti la forma della camma e il tipo di meccanismo. Solitamente dobbiamo fare
il processo inverso, quindi questo è un problema raro. Vedremo, quindi, solo il metodo per
le camme piane:
a) Meccanismo con punteria a rotella, è cinematicamente equivalente ad un
manovellismo di spinta avente per telaio lo stesso del meccanismo in esame, per
corsoio la punteria, per biella la retta che unisce i due centri di curvature e
manovella solidale alla camma. L’analisi cinematica del meccanismo camma-
punteria può quindi essere svolta con i procedimenti visti per il manovellismo di
spintaàper farlo, però, è necessario conoscere le effettive posizioni del centro di
curvatura della camma. à funziona solo per camme policentriche
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Nel caso di pattino piano, abbiamo l’impuntamento se il punto di contatto tra camme e
piattello è molto discosto dall’asse della punteria
Nel caso di bilanciere, l’impuntamento non può praticamente verificarsi.
In entrambi i casi è opportuno che l’angolo di pressione sia nullo o quasi.
• L’angolo di pressione
• Sottotaglio
Nel caso camma piana con punteria a rotella, se il raggio di curvatura della rotella è
minore del raggio della rotellaàsi verifica il SOTTOTAGLIOà una parte del contorno della
camma viene distrutto durante la costruzione. Se i due raggi sono ugualiàspigolo vivo
Espressione generale del raggio di curvatura del luogo del centro della rotella:
r = {[(R + y)^2 + y’(q)^2]^(3/2)} / [(R0 + y)^2 + 2y’(q)^2 – y’’(q)(R0 + y)^2]
Spesso, il membro al quale si vuole conferire una determinata legge di moto non è il
cedente, ma il membro di uscita di un sistema articolato di cui il cedente è l’entrata.
à capire prima il moto del membro di uscitaàpoi moto cedenteà poi contorno camma
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Per trasmettere il moto tra due assi paralleli mediante ruote di frizione serve un
meccanismo con 4 membri rigidi (2 ruote e 2 aste). Il meccanismo deve avere 2 gdl,
affinché le ruote possano essere premute l’una contro l’altra
(condizione necessaria perché possano trasmettersi azione tan)
Se uno dei due membri può subire deformazioni elastiche, il
meccanismo può essere ridotto a 3 soli membri, purché le ruote
siano pressate l’una contro l’altra.
Moto tra le due ruote non è pure rotolamento (ci sono strisciamenti),
ma trascuriamo questi effetti:
àpunto di contatto=centro istantanea rotazione
à rapporto trasmissione: t = W2/W1 = R1/R2
à M2 = S(12) b2 = N(12) [-d + f R2], dove d è la distanza tra la retta che congiunge i centri
delle due ruote e il punto di contatto.
à valore limite è: N = M2/ [-d + f R2] a cui corrisponde:
S = N/cosj con angolo di aderenza j = 1/radicedi(1 + f^2)
Adesso possiamo calcolare la forza T, esercitata dalla molla, affinché le due ruote si
scambino forza Sàsi ottiene ponendo equilibrio di rotazione del bracco 3: T = S (s/c)
Le ruote di frizione non sono adatte alla trasmissione di forze rilevanti ed in più la ruota
motrice slitta rispetto alla condotta a causa delle deformazioni elastiche nel pto di contatto.
Le ruote di frizione vengono impiegate nella trasmissione di piccole coppie, nella
trasmissione di moto sotto forze modeste a organi di grandi dimensioni.
àforza trasmessa tangente è (f N, piccola)
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Nello studio delle ruote dentate si incontrano coppie superiori (contatto fra denti delle ruote
dentate) i cui profili debbono essere in grado di realizzare un rapporto di trasmissione
costante. Per tracciare questi profili faremo riferimento ad una polare fissa e ad una mobile
Per avere una trasmissione regolare, è necessario che i denti vengano a contatto fra loro
senza strisciamenti e con un rapporto di trasmissione costante. Ciò si verifica solo se il
punto di contatto tra le due circonferenze primitive si trova sempre sulla congiungente
delle due ruote. Questo può avvenire se utilizziamo profili cicloidali o a evolvente di
cerchio:Il profilo di dente si ottiene seguendo l’evolvente del cerchio della ruota.
L’evolvente di un cerchio è la curva descritta da un punto generico, appartenente ad una
semiretta che rotola senza strisciare sulla circonferenza di base. A seconda del diametro
esterno, andremo a tagliare ad una determinata altezza l’evolvente. Ogni dente è quindi
descritto da due evolventi opposte.
La quasi totalità delle ruote dentate cilindriche ha profili ad evolvente di cerchio.
Profili meno comuni = cicloidali e ad arco di cerchio
Nel tracciamento dei profili delle ruote dentate, le polari sono circonferenze, mentre
l’epiciclo e e la linea µ sono due rette.
Facciamo rotolare e su s1 e s2àla retta µ inviluppa
I profili s1 e s2 fra loro coniugatiàquesti 2 profili sono
2 evolventi di cerchio.
Sia b l’angolo acuto compreso fra e e µ, con R raggio
della polare s. Il pto M dove µ e S si toccano, si trova
sulla normale n alla retta µ, condotta per C
Tale normale è tangente ad una seconda circonferenza
interna alla prima, di centro O e raggio Rsinb, che
definiamo:
Circonferenza di Base o Circonferenza Fondamentale
àa ciascuna circonferenza fondamentale corrisponde una ed una sola forma di profilo s.
Non possiamo dire lo stesso della circonferenza primitiva, per capirlo vediamo esempo:
Consideriamo 2 circonferenze di base con
r1 = R1 sinb e r2 = R2 sinb
L’interasse (=distanza tra due ruote) vale R1 + R2.
Che succede se aumentiamo interasse?
Allontanando gli assi, si allontanano le circonferenze di base
àsi modifica b, che diventa b’; si modificano le primitive:
à R1’ = r1/sinb’ R2’ = r2/sinb’
àil rapporto di trasmissione invece rimane costante: t = R1’/R2’ = r1/r2 = R1/R2 = W2/W1
àad ogni ruota dentata corrisponde una sola circonferenza di base, ma più primitive
Facciamo ora delle considerazioni sulla dentiera (o cremaglieria) = ruota dentata degenere
àha primitiva rettilinea, si usa per generare ruote dentate o per trasformare moto rotatorio
in traslatorio.
àla circonferenza di base diventa retta all’infinito
Nell’accoppiamento tra ruota e dentiera perde di significato il rapporto di trasmissione, lo
assume invece v/W1 = R1, con v=velocità traslazione dentiera e R1 raggio primitivo ruota.
- Linee di contatto:
le due rette tangenti alle due circonferenze di base,
lungo una delle quali i denti si toccano
- Segmento di Contatto o Segmento di Azione:
il tratto della retta tra i punti N1 e N2, punti di intersezione
tra retta e circonferenze di testa.
- Arco di Azione:
l’arco lungo cui le primitive rotolano l’una sull’altra mentre
il contatto fra i due profili descrive N1N2. Si può dividere in:
a) Arco di azione in accesso, corrisponde al tratto
fra N1 (inizio contatto) e C;
b) Arco di azione in recesso, corrisponde al tratto fra C e N2
Affinché la ruota 1 possa trasmettere alla 2 un moto continuo, l’arco di azione deve essere
maggiore del passoàci assicura che prima del distacco, un altro profilo entri in presa.
Il calcolo dell’arco di azione ci permette di valutare il numero delle coppie di denti in presa.
L’arco di azione A1B1 sulla primitiva s1 ha la stessa lunghezza di A2B2 sulla primitiva s2
Per ruote esterne uguali, di proporzionamento normale (R1 = R2 = R; e1 = e2 = m)
à z > [(p^2)(cosa^2) – 4] / [ 2(2 - psinacosa)]
Che per a = 20° ci da z>3
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Le circonferenze di testa di due ruote coniugate non possono avere raggi grandi
àCondizione di Non Interferenza: i punti di intersezione N1 e N2 devono risultare interni al
segmento K1K2 (i due punti di tangenza con la retta di contatto con le due circonferenze
di base!)
Per calcolare il numero minimo di denti, prendiamo il caso limite in cui CN1 = CK1
Scriviamo Carnot per triangolo CN1O2:
(R2 + e2lim)^2 = (R2)^2 + (R1sina)^2 + 2R1R2sina^2
Le ruote dentate normalmente vengono costruite con lavorazione alla macchina utensile.
Noi prendiamo in esame le dentatrici che generano i denti per inviluppo.
Si fanno muovere le due ruote con lo stesso movimento che avrebbero se la ruota fosse
già tagliata e potesse ingranare.
La ruota generatrice è una dentiera, la ruota da tagliare è montata su cilindro coassiale.
Primitive di Taglio: La polare fissa è una retta (primitiva dentiera), la polare mobile una
circonferenza di raggio pari a somma raggio cilindro e semispessore nastro (che fa ruotare
cilindro).
Possiamo suddividere le macchine dentatrici in:
a) Dentatrici-Strozzatrici, con moto di taglio traslatorio alternativo
àimpiegano una dentiera
b) Dentatrici co moto di taglio rotatorio continuo
àimpiegano una fresa-vite
Caso 1:
Prendiamo la Linea di Riferimento della dentiera (LR)
àtaglia i denti dove spessore=vano, dividendo il dente in
Addendum e dedendum di riferimento, uguali tra loro=1,25m
Per evitare interferenza è necessario che CN1 < CK1
e0=sporgenza dentiera in condizioni riferimento
e= sporgenza dentiera in condizioni operative
Per evitare interferenza: z >= [2(e/m)] / sina^2 (e/m) =< (z sina^2)/2
X, lo spostamento della primitiva della dentiera, è: x =e(0) – e, da cui possiamo ottenre il
valore limite dello spostamento che assicura la non interferenza.
Numero minimo di denti = z(0) = 2[e(0)/m]/sina^2 à per a = 20°à z(0) = 17
Come risolviamo? àsono noti (z1 +z2), m, a, (x1 + x2); vogliamo trovare a’ e a’:
Lo spessore delle ruote sulle primitive di taglio vale:
s1 = pm/2 + 2(x1)tga s2 = pm/2 + 2(x2)tga
Mentre in condizioni di lavoro la somma degli spessori dei denti s’1 e s’2, deve essere
uguale al passo di lavoro: s’1 + s’2 = (2pR’1)/z1 = (2pR’2)/z2
Abbiamo:
Funzione dell’evolvente: inva = s(b)/2r - s/2R
àR1/R’1 =R2/R’2 = cosa’ / cosa
àa = a’ (cosa/cos’a)
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Calcoliamo ora il rapporto fra i momenti applicati alle ruote dentate cilindriche in condizioni
di regime. Ciò ci darà un’idea sul rendimento.
Prendiamo in esame coppia di profili a contatto in fase di recesso. Ruota 1 motrice. La
coppia resistente M2 sia nota. Sono note anche dimensioni delle ruote e coeff di attrito.
Vogliamo trovare M1=coppia motrice.
Le forze di contatto fra i denti hanno linea di azione sposta di d (a causa di attrito volvente)
rispetto alla linea di contatto CM. Forza di contatto può essere scomposta in componente
normale N e componente tangenziale f N.
S(21) = forza che 2 trasmette a 1, che reagisce con forza S(12) = -S(21)
Contributo attrito rotolamento è trascurabile rispetto a strisciamento à d = 0
Equilibrio per la ruota 2: M2 = N(12) [R2cosa + f(R2sina - CM)]
Equilibrio per la ruota 1: M1 = N(21) [R1cosa + f(R1sina - CM)]
Con CM = scosa, dove s è il segmento di arco di azione
Dividendo otteniamo
M1 = M2 (R1/R2) [1 + (tga + s/R1)] / [1 + (tga - s/R2)] in fase recesso
M1 = M2 (R1/R2) [1 - (tga - s/R1)] / [1 - (tga + s/R2)] in fase di accesso
Se guardiamo i denti elicoidali dall’alto abbiamo angolo d’elica b, tale che tgb=tgb(b)/cos
Rotismi: Meccanismi nei quali la trasmissione di moto avviene per mezzo di ruote dentate.
Abbiamo:
- Rotismi Ordinari, gli assi di rotazione delle ruote sono fissi rispetto al telaio
- Rotismi Epicicloidali, l’asse di una o più ruote non è fisso. Il suo moto può essere
rotatorio o traslatorio
I vantaggi dei rotismi epicicloidali rispetto a quelli ordinari sono:
- Elevata densità di potenza
- Maggiori riduzioni a parità di ingombro
- Molteplici configurazioni cinematiche
Gli svantaggi dei rotismi epicicloidali rispetto a quelli ordinari sono:
- Complessità
- Scarsa accessibilità
- Elevati carichi dei cuscinetti
- Limitazioni nelle velocità di rotazione
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Ricordiamo che t può essere espresso anche relativamente al numero di denti. Il rapporto
è inverso alla velocità angolare. t = z(1) / z(n)
(t è compresa tra 1/6 e 6)
Se dobbiamo avere un rapporto di trasmissione (es 1/18), dobbiamo anche capirlo come
distribuirlo sulle varie ruote e in che ordine.
àmonteremo su alberi più veloci le coppie di ruote nelle quali rapporto fra numero denti
della ruota e i denti del rocchetto è più elevato.
Per trovare dimensioni ruota si parte dalla resistenza all’usura, partendo da un valore
tentativo del rapporto tra diametro primitivo e larghezza. àtroviamo valore minimo
diametro primitivoàverifico resistenza a rotturaàvalore minimo modulo. Noti diametreo
primitivo e moduloàtroviamo numero denti
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Supponiamo di imprimere al rotismo una velocità angolare uguale ed opposta a quella del
portasatellite:
I rotismi epicicloidali come abbiamo detto hanno uno o più assi di rotazione delle ruote
mobili. Il rotismo in figura è composto da due ruote e un terzo membro
accoppiato rotoidalmente. àSe fissiamo la ruota 1 e facciamo ruotare
il membro 3, la primitiva 2 (polare mobile) rotola su primitiva 1
(polare fissa).
àla ruota 2 gira intorno al proprio asse, mentre questo ruota su una
circonferenza di centro O1.
Possiamo quindi dire che un rotismo epicicloidale contiene ruote con assi mobili vincolate
rotoidalmente ad un membro rotante attorno da un asse fisso.
Solare = movente, nel primo caso la 1
Satellite = ruota con asse mobile (nel primo caso la 2)
Portasatellite = membro a cui le ruote con assi mobili sono vincolate rotoidalmente (il 3)
Vincolo rotoidale = quello tra ruote e asta
Abbiamo 3 casi:
1) Ruota 1 fissaà W1 = 0
2) Ruota n fissaà Wn = 0
3) Rotismo con 2 gdlà Wp = W1 [t0/(t0 – 1)] - Wn[1/t0 – 1)]
N (m) è riportata, dobbiamo valutare N(m0), ovvero la potenza motrice nel rot ordinario.
Essa può essere espressa in due modi, a seconda di quale ruota è motrice.
a) N(m0) = M1(W1 - Wp) = - (Mn/h0) (Wn - Wp), se t(0) < 1 (ruota 1 motrice)
b) N(m0) = Mn(Wn - Wp) = - (M1/h0) (W1 - Wp), se t(0) > 1 (ruota n motrice)
Per capire a quale rotismo ordinario riferirci, dobbiamo prendere quello le cui forze di
attrito sono equiverse con quelle del rotismo epicicloidale àpotenze perdute dei due
rotismi hanno stesso segno à perdite rendimento hanno stesso segno
Abbiamo supposto che h(0) rimanga uguale sia che sia motrice 1 sia n. Ipotesi quasi
sempre corretta
Dalle soluzioni dei 4 casi scopriamo che:
- Se motrice è prima o ultima ruota, moto impossibile per h0 =< t(0) =< 1/h(0)
- Se motrice portasatellite moto sempre possibile, ma se tà1, hà0
- Per t0 < 0, abbiamo sempre h > h0
Per il rendimento dei rotismi a 2 gdl:
Semplifichiamo ammettendo che valga à M1W1 + MnWn + MpWp = 0
80
Rotismi Differenziali:i rotismi con un movente e due cedenti, tra i più usati rotismi con 2 gdl
Analizziamo rotismo differenziale con ruote cilindriche (no figura) e, in cui il portasatellite è
movente, prima e ultima ruota sono cendenti. Vale la relazione:
t0 = - (z1z3)/(z2z5)
Consideriamo z1 = z2 z3 = z4
à t(0) = -1 àvale anche per differenziale a ruote coniche:
àper la formula di Willis abbiamo: Wp = (W1 + Wn)/2
àla velocità angolare del satellite è media aritmetica fra le velocità
angolari delle due ruote
Quindi se W1 = Wn, à Wp = W1 = Wn, mentre se una ruota estrema ha velocità nulla,
l’altra ha velocità doppia
Utilizzato automobilismo:
in rettilineo v uguali, in curva quella esterna deve fare + stradaàaccelera, quella interna
rallenta.
Cediamo questo effetto sui momenti:
Consideriamo momento per il differenziale. Essendo t(0) = -1
à M1 = M2 = - (Mp)/2 àmomenti su ruote estreme sono uguali
àil differenziale trasmette alle due ruote motrici coppie motrici uguali
Vediamone meglio il funzionamento:
Durante la marcia in rettilineo, ruote motrici hanno stessa velocitààequilibrio stabile
Supponiamo che una delle due acceleri rispetto all’altra
ànascono tra ruote e strada 2 slittamenti diversi: la ruota che ha accelerato incontra
momento resistente maggiore dell’altra. I MOMENTI PERÓ RIMANGONO UGUALI.
àTendono quindi a riacquisire la stessa velocità
È quello che succede in curva.
Funi: ne esistono molti tipi, sia di fibre tessili sintetiche e naturali, sia in acciaio. Più
impiegate nel sollevamento funi in acciaio a trefoli (ogni trefolo formato da più fili
elementari avvolti ad elica. Funi acciaio impiegate sia negli apparecchi di sollevamento e
trasporto, sia come organi statici con funzioni portanti o di trazione.
Catene: si distinguono in
a) Catene ad anelli, impiegate nel sollevamento
b) Catene articolate, impiegate nelle trasmissioni di potenza e apparecchi trasporto.
Molto comuni sono le catene dei tipi:
- Galle e Fleyer
- A rulli
- Silenziose
- Scomponibili a maglie
- Trasportatrici
Cinghie: impiegate per la trasmissione del moto, possono essere di vari tipi:
- Cinghie Piatte, in tessuto di fibre sintetiche ad elevata resistenza, rivestite di
materiale ad alto coefficiente di attrito
- Cinghie Trapezoidali, costruite in elastomeri, rivestite con tessuti resistenti all’usura
e rinforzate da fili in materiale con elevata res a trazione
- Cinghie Dentate: simili alle cinghie, ma si comportano come le catene visto che si
impegnano in ruote dentate. Sono costruite ad anello chiuso.
• Il paranco differenziale
È una macchina di sollevamento che permette di ottenere rapporti molto piccoli fra forza
motrice e forza resistente.
Una staffa che funge da telaio è accoppiata rotoidalmente ad un membro
costituito da 2 pulegge dentate, di raggio R1 e R2. Una puleggia mobile
è rotoidalmente accoppiata ad una staffa cui è applicata forza Q resistente
Una catena chiusa si impegna sulle due pulegge dentate e su quella mobile
Ad un ramo di suddetta catena è applicata forza motrice P. Notiamo
Che è necessario impiego catena perché sui rami agiscono forze differenti
àuno dei rami è scarico
Ammettendo che T e T0 siano parallele:
à T1 = kT0
à T1 + T0 = Q à T1 = (kQ) /(1 + k) T0 = Q/(1+k)
Supponiamo uguali gli scostamenti d e r il raggio del cerchio
Nel caso ideale P0 = Q/2 (R2 – R1)/R2 àscegliendo opportunatamente i raggi possiamo
creare rapporti P0/Q comunque piccoli. Più R1 e R2 sono vicini, più rendimento tende zero
Lezione 25: Applicazione di organi flessibili e Trasmissione del moto fra due alberi:
• Trasmissione del moto fra due alberi con cinghie piatte
Per trasmettere potenza meccanica da albero ad altro parallelo si può fare uso di
trasmissioni a cinghia. Indichiamo con raggi R1 e R2 raggi 2
pulegge, con T1 e T2 sforzi di trazione nei due rami di
cinghia, con M1, momento motore e M2, momento resistente
Equilibrio alla rotazione della puleggia condotta:
(T1 – T2) R2 = M2
Equilibrio alla rotazione della puleggia conduttrice:
M1/R1 = (T1 – T2)R1 = M2/R2
ànecessario che nei due rami si sviluppino due forze di trazione diverse, con T1>T2
T1 e T2 sono diverse solo se nella zona di contatto fra pulegge e cinghie si generano
azioni tangenziali di attrito. Come avviene?
Innanzitutto, la cinghia è organo deformabile, le pulegge corpi rigidiàsupponiamo cinghia
si deformi elasticamente
Affinché nella cinghia nascano T1 e T2, è necessario che essa venga tesa all’atto di
montaggio.
Quindi inizialmente sono tese uguali con T0à L0 = L(1 + T0/ES)
E = Modulo di Elasticità; S = sezione normale della cinghia
Il ramo su cui agisce T1 subisce ulteriore allungamento, l’altro si accorcia.
àlunghezza totale rimane immutata, purché sia T1 + T2 = 2T0
Nel passaggio da un tratto di cinghia all’altro la cinghia si allunga o si accorcia, strisciando
rispetto alle pulegge. Nascono azioni di attrito fra cinghie e pulegge
àPuleggia motrice trasmette massima coppia quando cinghia e puleggia scorrono l’una
rispetto all’altra su tutto l’arco di contatto. (avviene solo se v periferica sempre maggiore v)
• Cinghie trapezoidali
Una cinghia trapezoidale o a v è chiamata così per la sua forma. È costruita in gomma
vulcanizzata con armatura in cotone, fili di nylon o di acciaio. Questi materiali le
permettono di raggiungere alti coeff di attrito
La forza di contatto fra cinghia e puleggia si sviluppa sulle superfici laterali di una gola a V
Definiamo y = semiapertura della gola
Valgono relazioni viste per cinghia normale, ma f va sostituito da f ’:
f ’ = f/siny àpossiamo tenere forze di trazione sui due rami della cinghia a valori assai
minori rispetto alle cinghie piatte
Il perno su cui montiamo una puleggia è sottoposto a forza uguale a risultante delle azioni
trasmesse dalla cinghia alla puleggia, ossia le due T
àle cinghie trapezoidali sono preferibili alle piatte perché
essendo le trazioni minori lo è anche la forza sul perno
Infine, le cinghie trapezoidali hanno silenziosità
di funzionamento maggiore
• Montaggio, proporzionamento e rendimento delle trasmissioni a cinghia
Calcoliamo poi lunghezza della cinghia, dati i raggi delle pulegge e interasse a:
È necessario che una delle due pulegge sia montata su sostegno che permetta piccole
variazioni interasse
Per trasmissione potenza meccanica tra alberi paralleli si usano spesso catene articolate,
che impegnano ruote dentateàrapporto trasmissione è costante.
Particolarità di questo funzionamento: Effetto Poligonale (prende nome da forma catena):
la componente parallela al ramo della velocità del centro del rullo varia tra
vmax = W R e vmin = W R cosq
dove q = p/z con z = numero denti
Si dice trasmissione meccanica complesso degli organi che servono per trasmettere
potenza da un’entrata ad un’uscita. Alcuni trasmettono senza variarne i fattori (rapporto
trasmissione = 1) altri variandoliàrapporti di trasmissione diversi da 1
Spesso rapporti di trasmissione minori di uno servono per collegare motori veloci ad
utilizzatori lenti. Perché?
àperché spesso conviene che motore sviluppi la sua potenza a velocità elevata e coppia
bassa
I sistemi articolati sono sistemi meccanici costituiti da corpi e coppie inferiori. Esistono
moltissimi tipi di sistemi articolati e anche molti diversi modi di classificarli.
Principali criteri di classificazione:
- Tipologia del movimento: meccanismi piani, sferici, moto rigido generale o misto,
- Topologia del meccanismo: numero dei corpi, numero e tipo delle coppie,
connessioni fra corpi e coppie;
- Funzioni del meccanismo: basato sulla funzione per il quale il meccanismo è stato
concepito.
Meccanismi la cui funzione è quella di traslare senza far ruotare un corpo, oppure quella di
muovere un punto su una linea retta senza che vi sia un utilizzo diretto di una coppia
prismatica.
Questo poiché utilizzare coppia prismatica per ampi spostamenti comporterebbe che su
almeno uno dei due corpi fosse presente una superficie coniugata lunga quanto la corsa!
Spesso è utile disporre di grandi forze o coppie sull’utilizzatore, a fronte di un motore che
ci genera forze e coppie relativamente piccole.
Facciamo il bilancio delle potenze (supponendo un’entrata e un’uscita):
Pi = Mi w(i) = Pu = Fu v(u) àpotenza in ingresso e uscita coincidono [i=ingresso, u=uscita]
Può essere opportuno utilizzare una catena cinematica piuttosto che una trasmissione
Nel caso di sistemi articolati, i rapporti di trasmissione dipendono dalla posizione del
sistemaà questi sistemi sono fatti per lavorare nei dintorni di specifiche posizioni previste
in fase di ideazione del progetto.
Es: meccanismo biella manovella:
manovella = biella. Si può muovere solo per piccoli valori di a
Forza motrice= Fv, forza verticale applicata in A
Forza resistente = carico = F0, forza orizzontale applicata in B
àF0 tga = Fv/2 basta osservare i triangoli
àFv = 2 F0 tga
Per l’equazione delle potenze abbiamo: v (B, orizzontale) = 2 v (A, verticale) tga
Essendo la potenza trasmessa Fv vA (velocità in A, verticale) = F0 vB( “” in B, orizzontale)
àper piccoli valori di a il meccanismo offre rilevante amplificazione forze
àle elevate forze orizzontali, però, si scaricano sulla struttura, che quindi dovrà essere in
grado si sostenerle.
In conclusione, abbiamo visto che lo spazio di tutti i sistemi formati da corpi e coppie
inferiori (=sistemi articolati), al variare di geometria e topologia, è molto vasto. Questi
sistemi:
- Possono generare traiettorie
- Possono generare funzioni
Un altro tema, di maggiore complessità è quello della Sintesi:
Sintesi = la configurazione topologica, geometrica, strutturale e costruttiva di un sistema
che realizzi una funzione
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Definiamo come coppia motrice Mm, coppia resistente Mr, come momento di inerzia I e
con Mf la coppia frenanta (à Coppia esterna M = Mm – Mr)
Abbiamo differenza anche nel calcolo dell’equilibrio di rotazione per puleggia e masse:
a) Puleggia in movimento: Mm – Mr – I (dW/dt) = Mf
b) Puleggia ferma: Mf = Mm – Mr
àP = (M x a2) / b R [e^(fa) – 1]
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• Variatori di velocità
I variatori di velocità (o CVT) sono meccanismi che consentono di variare con continuità il
rapporto di trasmissione. I cambi di velocità, in base ai quali cambiamo rapporto di
trasmissione, sono realizzati mediante treni di ingranaggi. I variatori continui di v sono:
- Meccanici, variazione ottenuta modificando posizione di elemento intermedio che
accoppia albero motore a quello condotto;
- Idraulici, variazione ottenuta modificando il fluido (la pressione o la portata) che
trasmette forze e spostamenti;
- Elettrici, variazione ottenuta modificando le caratteristiche di corrente e tensione di
un dispositivo elettromagnetico.
VARIATORI MECCANICI:
caratterizzati da elemento, rigido o flessibile, mobile che consente di realizzare la
variazione del rapporto di trasmissione. Esistono:
a) I variatori a elemento intermedio Mobile Rigido. Si distinguono a seconda della
geometria del movente. Trasmissione può essere di tipo ordinario, planetario od
oleodinamico. La trasmissione è di forza.
b) I variatori a elemento mobile flessibile. Possono essere realizzati mediante cinghie
o catene. Pulegge costituite da 2 tronchi di coni affacciati per la base minore:
Avvicinando o allontanando i coni si varia la lunghezza della circonferenza di cono
su cui si avvolgono gli organi flessibili, variano t
VARIATORI IDRAULICI:
Usato in diversi meccanismi, quali gli innesti idraulici ed i convertitori di coppia. I variatori
idraulici si suddividono in due categorie:
a) Variatori con sia pompa che motore a cilindrata costante, + valvole di controllo sulla
portata. Si usano quando campo di variazione della velocità richiesto è piccolo. La
variazione della velocità si ottiene modulando la parte di portata con le valvole.
b) Variatori con pompa e/o motore a cilindrata variabile. Si usano quando sono
richieste variazioni di velocità più ampie.
• Meccanismi unidirezionali
I meccanismi per moto intermittente hanno funzione di muovere cedente alternando fasi di
spostamento, lineare o rotazionale, a fasi di sosta. Sono progettati in modo che movente
sia azionato a velocità costante. Molto utilizzati nelle fabbriche, dove i pezzi devono
rimanere fermi sul nastro mentre vengono lavorati, per poi ripartire.
Esistono molti modi per generare moti intermittenti:
- Primo modoàutilizzare camme a tamburo o globoidali accoppiate
a cedenti con un certo numero di rulli
Esiste poi famiglia di meccanismi piani basati su coppie superiori che tramite
superfici coniugate realizzano moti intermittenti (ruote stellari e di Ginevra)
• Il giunto di cardano
Vediamo ora una frizione monodisco a secco (tipica automobilistica), è costituita da:
- elemento conduttore (volano più coperchio della frizione)
- elemento condotto (disco ricoperto di materiale di attrito su entrambe le facce)
Spesso è interessante valutare il lavoro Lp, dissipato dalle forze di attrito durante la fase di
innesto = calore che il meccanismo deve smaltire.
Essendo la fase molto breve, possiamo trascurare le variazioni di Mu. Se risulta piccola
anche la variazione della velocità angolare del motore
à Lp = ½ (Ju wm^2)