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23/3/23, 19:15 Didattica dell'italiano come lingua prima | Pandoracampus Reader

3.2. Si è sempre insegnato italiano a


scuola?
Per secoli, l’italiano non ha potuto essere oggetto
d’insegnamento per un semplice motivo: non c’era
una lingua condivisa di riferimento da insegnare a
una nazione totalmente frammentata e disunita al
suo interno. Ciò non significa che non vi fosse un
grande fervore a livello di dibattiti e discussioni su
che cosa fosse o, meglio, dovesse essere l’italiano e
su quale base fosse più opportuno codificarlo, anzi;
tuttavia, la questione della lingua rimaneva un
dibattito riservato a cerchie tutto sommato
ristrette.
Mentre le prime opere cinquecentesche che si
sono occupate di descrivere e normare la lingua
italiana fornivano un modello di lingua di stampo
esclusivamente letterario, nella realtà delle scuole
28 già del Medioevo e, successivamente, in quelle
d’epoca umanistica e rinascimentale, riservate a
gruppi circoscritti, a essere insegnata era la
grammatica latina, come da tradizione. Intanto, il
popolo viveva e comunicava immerso nei volgari
prima, nei dialetti poi: lingue d’uso, certo, ma
tradizionalmente estranee alla didattica, fatte salve
alcune successive e spesso dibattute intuizioni
metodologiche che ne promuovevano l’uso come
punto di partenza. Alle origini, è esistita solo una
sorta di didattica della scrittura in volgare per così
dire secondaria e strumentale, presso mercanti e
notai che dovevano comunicare per fini
professionali (per esempio redigendo note e
lettere, e facendo conti; non per niente si parlava
di scuole d’abaco); e senza dubbio hanno avuto
una loro vita i volgari a scuola come strumenti di
comunicazione e mediazione fra docenti e
studenti.

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Lo studio dell’italiano a scuola si affermò,


lentamente e in modo vario da scuola a scuola, tra
la fine del Cinquecento e poi soprattutto nel corso
del Settecento [cfr. De Blasi 2011]. Dopo il Concilio
di Trento, un impulso chiave provenne dalla Ratio
studiorum gesuitica: in questa sorta di primo piano
di studio, formulato fra il 1586 e il 1599, la
letteratura in italiano iniziò a entrare nel percorso
formativo degli allievi dei collegi gestiti dai gesuiti;
attenzione, non la lingua direttamente, bensì la
letteratura, e in particolare autori selezionati
come, ad esempio, Torquato Tasso. Intanto, anche
il latino cominciava a essere istituzionalmente
insegnato tramite l’italiano, cosa che prima non
era prassi comune. Per quanto concerne, poi, la
prima e per lo più unica alfabetizzazione
potremmo dire popolare (nel senso di aperta a
tutti), erano le scuole di dottrina cristiana, ancor
più di quelle laiche, a occuparsene, insegnando
non solo il catechismo, ma, contestualmente,
alcune competenze minime di lettura e scrittura.
Solo nel Settecento inoltrato, tuttavia, prenderà
forma l’ideale − di stampo illuminista − di una
scuola più aperta e moderna, in cui l’italiano
entrava con un ruolo ben definito nel curriculum
degli studenti. Seppur in modi e con tempi non
omogenei nelle varie zone d’Italia, è proprio in
questo secolo che avvengono significative riforme
grazie alle quali l’italiano acquisisce spazio nella
formazione, come ad esempio le Regie Costituzioni
del 1729 in Piemonte, che, fra le varie innovazioni,
collocarono l’italiano fra le materie di studio
ufficiali [cfr. Marazzini 1997, 21]. Intanto, la
traduzione dal francese del Nuovo metodo per
apprender agevolmente la lingua latina di Claude
Lancelot del 1731 diede un parallelo impulso alla
comparsa di una manualistica mirata per la
didattica dell’italiano sui banchi di scuola: questo

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perché, oltre a insegnare il latino, dava


informazioni sulla struttura delle lingue in
generale, e in particolare conteneva parti
specifiche sull’italiano.
Saranno però l’Ottocento e poi, con tratti e bisogni
diversi, il Novecento i secoli in cui la congiunzione
fra scuola e didattica dell’italiano si farà più
stretta, concretizzando, attraverso vari tentativi,
l’idea di unificazione della lingua di cui la nascente
nazione aveva urgente necessità. Certo è che da
questi secoli in poi possiamo individuare e seguire
con precisione l’oggetto delle nostre attenzioni:
29 l’insegnamento dell’italiano in contesto scolastico.
In questo processo sarà prezioso anche il
contributo di alcuni tra i più attenti e lungimiranti
linguisti, come Giacomo Devoto e Bruno
Migliorini, che si dedicheranno non solo a una
moderna e aggiornata riflessione sulla didattica
della lingua, ma anche alla redazione di due
grammatiche per la scuola media nel 1941
[Marazzini 2004; Viale 2009; Demartini 2011].

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