You are on page 1of 27

03/11/2021

IL DIRITTO DELL’URBANISTICA
La pianificazione del territorio, secondo la Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, è composta da tre
strumenti di pianificazione:

1. PIANIFICAZIONE A CASCATA
È un tipo di pianificazione con un approccio schematico e deduttivo che va dal generale al
particolare, dal Piano Generale di Coordinamento al PRG fino ai Piani Particolareggiati Comunali.
La pianificazione a cascata si basa sul centro comunale (anche se sulla carta andrebbe gestita
anche da regioni e ministri) valorizzando il ruolo dei comuni e lo strumento di pianificazione, è il
PRG (PIANO REGOLATORE GENERALE).

2. PIANIFICAZIONE SETTORIALE (PIANI DI SETTORE)


Nascono per perseguire obiettivi specifici settoriali, quindi non di governo del territorio nel suo
complesso ma di aumento delle dotazioni delle infrastrutture in determinati ambiti:
1. Primo ambito: PEEP - PIANO PER L’EDILIZIA ECONOMICA POPOLARE
2. Secondo ambito: PIP - PIANO PER GLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI

3. PIANIFICAZIONE PER PROGETTI


Valorizza il singolo progetto urbanistico e in qualche modo ribalta la logica della pianificazione che
non è più dal generale al particolare ma dal particolare al generale.

Il Piano Regolatore Generale (PRG)

Il PRG ha alcune caratteristiche:

 Riguarda tutto il territorio comunale


 Ha una regolamentazione degli usi del territorio a tempo indeterminato , non ha quindi una
scadenza.

Il PRG si occupa della zonizzazione, delle localizzazioni e delle tutele:

1. La ZONIZZAZIONE è la suddivisione del territorio in ambiti con differenti vocazioni, le cosiddette


ZONE TERRITORIALI OMOGENEE (oltre che geografica la suddivisione è anche normativa).
2. Le LOCALIZZAZIONI sono le collocazioni nel territorio di una certa opera pubblica.
3. Le TUTELE sono le regole per le zone a carattere storico, ambientale e paesistico.
I vincoli vengono apposti dalle Sovrintendenze, tuttavia, i PRG possono prevedere delle tutele
chiamate TUTELE DOCUMENTALI (per distinguerle dalle tutele delle Sovrintendenza).

Il PRG si compone di 4 tipologie di documenti:

1. RELAZIONE ILLUSTRATIVA
È prevista dalle leggi regionali.
Deve esprimere la filosofia, gli obiettivi perseguiti.
Dice da dove si parte e dove si vuole arrivare e il modo in cui si vuole intervenire.
È uno strumento principale d’informazione paradossalmente più importante del progetto stesso.

2. ELABORATI GRAFICI
3. NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE (NTA)
Vanno a precisare la conformazione del territorio e la differenza di regime rea le varie parti di
esso.
Il PRG si considera uno strumento a carattere misto: è in parte atto normativo e in parte
provvedimento amministrativo.

4. RELAZIONE FINANZIARIA
È prevista dalla Legge Urbanistica, ma il PRG è legittimo anche senza il piano finanziario.
Il piano deve essere introdotto nel momento in cui si passa dalla sola pianificazione alla
realizzazione delle opere pubbliche.
Il piano finanziario è il piano dei costi per il comune per la realizzazione delle opere pubbliche.

Zone Territoriali Omogenee

Il DM n. 1444 del 1968 del Ministero dei Lavori Pubblici disciplina le Zone Territoriali Omogenee (ZTO).
La ZTO previste dal da questo DM sono 6:

a. CENTRI STORICI
b. ZONE DI COMPLETAMENTO
c. ZONE DI ESPANSIONE
d. ZONE PER GLI INSEDIMANTI PRODUTTIVI (INDUSTRIALI)
e. ZONE AGRICOLE
f. ZONE PER INFRASTRUTTURE DI INTERESSE COLLETTIVO

Il tema delle ZTO si completa con due tipi di previsioni:

1. Quelle sugli STANDARD EDILIZI


Definiscono altezza, distanza e densità degli edifici ammessi in queste ZTO.
2. Quelle sugli STANDARD URBANISTICI
Si riferiscono al rapporto tra gli usi privati e gli usi collettivi con specifico riguardo al verde
pubblico e ai parcheggi,

04/11/2021

Normalmente, talora in forza di apposite norme regionali e talora direttamente nei piani urbanistici i PRG
non hanno solo distinzione in ZTO (usi del territorio) ma hanno anche sotto usi.
Ciascuna ZTO è quindi ulteriormente precisata con distinzioni per quanto riguarda, all’interno di quella
vocazione d’uso, le specifiche forme e tipologie d’utilizzo.

Esempio
Pianificazione per le stazioni radio-base.
Le stazioni radio-base sono ripetitori della telefonia mobile.
Pongono problematiche delicate perché da sempre vi è il sospetto che l’elettromagnetismo in prossimità di
questi ripetitori possa far male alla salute.
Sono strutture che godono di un grande favore da parte del legislatore, non solo perché il legislatore deve
essere sensibile agli interessi di un settore, ma perché sono considerate un’importante infrastrutturazione
del paese.
Il favore da parte del legislatore è prima di tutto comunitario e poi nazionale.
I comuni cercavano di tamponare le richieste dei gestori che chiedevano di installare le stazioni radio-base
ma i gestori avevano dalla loro parte una normativa statale che era considerata inderogabile da parte delle
regioni.
Una volta quindi rispettati i valori di elettromagnetismo non potevano essere introdotti limiti maggiori. 

Tuttavia, normalmente i pianificatori comunali hanno cercato di affrontare il tema, non ponendo divieti
assoluti, ma prevendo appositi sotto usi in particolare nell’ambito delle zone F.

Un altro tema è quello degli USI COMPLEMENTARI o COMPATIBILI.


Ci sono tipologie di interventi edilizi che si ritengono compatibili con quasi tutte le ZTO, come gli
interventi degli edifici ad uso alberghiero.
Per gli edifici ad uso alberghiero ci si è chiesti quale sia la loro collocazione ottimale dal punto di vista
giuridico e urbanistico.
Si è arrivati alla conclusione che si tratta di un uso compatibile.
Non è un uso che è tipico solo per le zone A, B, o C ma anche per le zone D per insediamenti produttivi.
Un conto è l’albergo per il turista e un conto è l’albergo per affari che sarà più vicino ad una fiera o a zone
industriali.
L’utilizzo alberghiero, quindi, è considerato, normalmente, un utilizzo compatibile poiché non si
realizzano alberghi solo in zona A (tipicamente ospitante delle strutture alberghiere) ma anche in zona D
che è quella meno autoevidente.
L’uso complementare è quello di servizio rispetto alla principale vocazione funzionale di quella ZTO
Anche i distributori di carburante sono considerati uso compatibile poiché si trovano in ogni ambito del
territorio.
I distributori di carburante dal punto di vista urbanistico ed ambientale tendono ad essere un disastro.
Se si toglie il distributore e i serbatoi si scopre un terreno contaminato, questo comporta bonifiche
ambientali costosissime e che tolgono l’interesse degli operatori per quell’area.

Il TEMA DELLA MICROZONIZZAZIONE è un tema molto delicato.


Le ZTO sono ambiti territoriali relativamente estesi.
I comuni tendono a realizzare la microzonizzazione, cioè a stabilire pezzi di ZTO con dimensioni ridotte
come un singolo isolato o un singolo edificio, prevedendo che in quel contesto si abbia non solo un uso,
ma uno specifico sotto uso.
Questo problema si pone spesso per la destinazione alberghiera.
Una volta vi era vi era una legislazione ad hoc sul vincolo alberghiero, cioè la possibilità di imporre per
singoli edifici un vincolo.
La normativa è stata superata e si è tornati al tema della pianificazione generale.
Al che molti comuni, dopo la rimozione del vincolo, hanno deciso di fare la microzonizzazione.

Esempio
Ho una pensione, intorno è tutto centro storico o zona di completamente con tutti gli usi ammessi, ma lì
posso farci solo l’albergo. 

Quello che potevo importi prima in forza di una norma, adesso che non c’è più la normativa del vincolo te
la impongo con lo strumento urbanistico.
Secondo la giurisprudenza il concetto stesso di zonizzazione (cita sentenza del Consiglio di Stato) fa sì che
“appaia illegittimamente incoerente con gli scopi tipici della funzione urbanistica una clausola di indirizzo di
una certa attività d’impresa su specifichi e circoscritti disomogenei territori”.

Il concetto di ZTO si fonde sul concetto di omogeneità.


Esempio
Se su un reticolo della città individuiamo 27 microzone dove si possono fare alberghi è una contraddizione
con l’omogeneità delle ZTO. 

In concreto i piani urbanistici sono pieni di microzonizzazioni, sono mondi spesso completamente diversi tra
loro in cui c’è dentro di tutto.

Esempio
Se sono un imprenditore alberghiero di Venezia e anziché stare ad inseguire la clientela e mi arriva il
milionario che mi offre milioni di euro per compare il mio albergo e farne la sua abitazione, io come
albergatore mi sistemo ma per la città è un problema perché l’albergo è di fatto un servizio pubblico.
Una città come Venezia senza alberghi è un danno per l’economia locale. 

Il tema della microzonizzazione si fonde con un altro tema, quello del RAPPORTO TRA PIANIFICAZIONE
URBANISTICA (PRG) E ATTIVITÀ ECONIMICHE.
Tradizionalmente si è sempre detto che il PRG non è pianificazione economica.
Il PRG è uno strumento per disciplinare l’uso del territorio più che imporre agli imprenditori di fare
un’attività piuttosto che un’altra.
Di fatto il PRG non può mai prescindere da una dimensione economica.
Il PRG è il fondamentale strumento di pianificazione del comune, dal PRG passa di tutto, anche le linee di
sviluppo economiche e sociali.

Localizzazioni delle opere pubbliche


La norma di riferimento nel sistema nazionale, e salvo deroghe a livello nazionale, è l’art. 7 della Legge
Urbanistica.
L’art. 7 stabilisce:

 Rete delle principali vie di comunicazione.


 Edifici pubblici
 Opere o impianti di interesse collettivo o sociale.

Il PRG localizza opere pubbliche nel territorio, soprattutto quelle di maggiore impatto.
Il tema delle localizzazioni è molto delicato.
Il tema legato alle localizzazioni è quello dei VINCOLI DI INEDIFICABILITÀ.

Esempio
Immaginiamo di essere proprietari di un bel terreno.
Nel nuovo PRG il comune di Cesena stabilisce che li ci sarà un nuovo svincolo con asse stradale.
In quel momento rimaniamo proprietari, non siamo espropriati, ma dal punto di vista urbanistico su quel
terreno ci si può fare solo lo svincolo o adibirlo ad usi provvisori (tipo zona di sosta dei camper).
Quell’immobile non lo venderemo mai più perché non ci sarà mai nessuno interessato a un terreno su cui
l’unica cosa che si può fare è aspettare di essere espropriati. 

La semplice localizzazione dell’opera significa che il PRG prevede quella cosa.


Le localizzazioni in quanto tali possono essere fatte anche in “modo superficiale”.
Il PRG non deve essere accompagnato dal piano finanziario (esso serve solo quando si parte con gli
espropri).

Ci si è chiesti se questa situazione, che svuota il diritto di proprietà, rientra nelle normali potestà
pianificatorie del territorio, che, come tali, non danno luogo a indennizzo, o vada già nella sfera di un pre-
esproprio.
Esempio
Sono proprietario di un terreno agricolo (zona E) sul quale non posso costruire niente.
Questo limita le mie facoltà.
Visto che non posso edificare, ho il diritto ad essere indennizzato? No. 

La zonizzazione pur incidendo sullo ius edificandi non dà luogo a indennizzo.


L’esproprio si ha quando incide su singoli beni di mia proprietà, quando c’è uno specifico provvedimento
che incide su uno specifico bene.
Quando diciamo che tutte le zone agricole sono sottoposte a quel regime non si rientra nell’ambito
dell’articolo 42 della Costituzione, dell’ablazione del diritto di proprietà.
La zonizzazione è una conformazione del territorio che incide sullo status giuridico dell’immobile ma non si
ritiene avere questa vocazione da rientrare nel coro d’applicazione delle norme d’

Per le localizzazioni se si arriva all’esproprio vi è l’indennità di esproprio.

Si ritiene che il vincolo di inedificabilità (che deriva dalla localizzazione dell’opera pubblica) non possa
essere apposto a tempo indeterminato, deve avere cioè durata quinquennale.
Di quinquennio in quinquennio va rinnovato o lasciato decadere.
Il primo quinquennio non si paga, a partire dal secondo quinquennio deve essere corrisposta
un’indennità.
Ogni 5 anni va reiterato (altrimenti decade), a partire dal primo giorno dopo il primo quinquennio il
proprietario ha diritto al pagamento di un indennizzo che è l’INDENNITÀ DA VINCOLO ESPROPRIATIVO, che
va a ripagare non la perdita della proprietà ma lo svuotamento della proprietà, la diminuzione degli usi
possibili.
L’indennità d’esproprio, a partire dal secondo quinquennio, può essere reiterata ma da quel momento
sorge l’obbligo giuridico dell’amministrazione di corrispondere un indennizzo.
[La sentenza della Corte costituzionale che ha determinato l’assetto attuale è abbastanza recente, è del
1999].
Una legge della regione Valle d’Aosta ha disciplinato questo indennizzo con un criterio abbastanza
razionale.

Esempio
Mettiamo che il valore di mercato di un terreno sia 100 e il valore dell’indennità di esproprio sia 120, la
legge prevede che l’indennizzo ammonti al 4% dell’indennità di esproprio per ogni anno o frazione di
anno.
Se l’indennità del mio terreno è 100.000 € io devo avere 4.000 € all’anno. 

Cosa accade se l’amministrazione non rinnova il vincolo?


La zona viene definita “zona bianca”, ovvero una zona non pianificata.
Qui si aprono delle strade principali.

1. La strada più corretta dovrebbe essere una ripianificazione dell’area, o fatta d’ufficio
dall’amministrazione o sollecitata dal privato.
Il privato può chiedere una ripianificazione della zona bianca e se l’amministrazione non lo fa può
attivare meccanismi di sostituzione rispetto alla violazione del termine.
2. Ci sono casi in cui se la porzione di territorio di cui si parla è molto circoscritta e fa parte di un
contesto urbanistico omogeneo e con una vocazione chiara, il privato può dare per presupposto
che valga la pianificazione del contesto.
Esempio
Se sono in piena zona B e il comune lascia perdere il progetto dello studentato, posso provare a
sostenere che quel terreno sia pianificato in zona B. 
Ove il comune non ripianifichi si può provare a ritenere che valga la pianificazione del contesto
territoriale in cui è inserito il sito.

Tutele
Il tema delle tutele dei PRG è molto importante ma è difficile trovare contenuti unificanti perché la Legge
Urbanistica dice solo che il PRG prevede delle tutele storiche, archeologiche e paesistiche.
Le regole cambiano da comune a comune e ogni comune precisa poi queste tutele con il proprio
strumento.
Si tratta però di tutele “deboli” rispetto alle tutele delle Sovrintendenze e dello Stato.
Laddove è prevista la tutela documentale posso fare meno interventi di quelli che potrei fare
normalmente.
Ad esempio, posso fare solo una ristrutturazione leggera senza demolizioni e ricostruzioni.

Procedimento di formazione del PRG


La formazione del PRG è molto complessa.
Il PRG si occupa di tutto il territorio comunale a tempo indeterminato.
Fare un nuovo PRG, o anche solo una nuova variante generale, è una cosa talmente lunga che spesso
quando arriva il nuovo è considerato già vecchio.
È per questo motivo che nascono gli altri strumenti di pianificazione.

 FASE INFORMALE DI STUDIO TECNICO


È una fase informale di studio fatto da economisti, urbanisti, sociologi che si confrontano con i
portatori d’interesse (associazioni di categoria e degli industriali).
Questo avviene sotto il coordinamento della giunta.
L’organo del comune a cui spetta la potestà pianificatoria è il consiglio comunale che recepisce le
proposte che arrivano dalla giunta.
La giunta formula proposte al consiglio comunale.

 FASE DI PREADOZIONE
Questa è la fase in cui si passa dal momento informale alla formalizzazione del procedimento.
Si ha uno schema di PRG che viene prima approvato dalla giunta comunale, proposto poi al
consiglio comunale e approvato anche con modifiche.
Quando il progetto di PRG è stato approvato si è perfezionata la preadozione del PRG stesso.

Con il perfezionamento della preadozione per la delibera del consiglio comunale si entra nel vivo del
procedimento e inizia la:

FASE FORMALE

 FASE DELLA PUBBLICITÀ


La prima fase è la fase della pubblicità.
Il progetto di PRG viene pubblicato (una volta la pubblicazione era cartacea presso il municipio) e
questa pubblicazione deve rimanere online per almeno 30 giorni (in alcuni casi le leggi rgeionali
prevedono termini maggiori.
Per almeno 30 giorni chiunque può prendere visione degli elaborati.
N.B.
[Siamo in un istituto di partecipazione al procedimento  il modello generale della Legge n. 241 afferma
che chiunque può partecipare al procedimento presentando memorie e documenti, questo però non vale
per i procedimenti di pianificazione urbanistica in cui restano fermi gli istituti di partecipazione previsti dalla
Legge].

Il privato prende visione del materiale e può presentare delle osservazioni al progetto di PRG per
almeno 30 giorni successivi.
Lo strumento delle osservazioni è usato per fare opposizioni.
Il consiglio comunale ridelibera il progetto di PRG recependo o meno le osservazioni presentate e
motivando sul perché le recepisce o le rifiuta.
Il consiglio comunale riapprova il progetto con o senza modifiche, questa delibera si chiama
DELIBERA DI ADOZIONE.
Abbiamo un PRG adottato ma non approvato.
Abbiamo uno strumento che ha limitati effetti giuridici.

Si esaminano le osservazioni e si controdeduce rispetto ad esse.


1. Se ho 2000 osservazioni, 27 sul problema della scuola troppo vicina al nuovo asse, 41 su un altro
problema, io non sono tenuta a fare per tutte le 27 un’autonoma motivazione, posso fare una
motivazione a fasci.
Raggruppo le osservazioni e do una motivazione più generalizzata.
2. Mettiamo il caso che le osservazioni siano modifiche forti e radicali.
Può succedere che PRG adottato sia molto diverso dal PRG preadottato.
N.B.
Se si ha un cambiamento significativo della pianificazione in sede d’adozione bisogna tornare alla
casella di partenza.
La delibera di adozione vale come nuova preadozione e si deve avere di nuovo la possibilità di
partecipare.
Quindi di nuovo il PRG deve essere reso pubblico e di nuovo ci deve essere la possibilità di fare
osservazioni.

 FASE DELL’APPROVAZIONE
Questa fase è il culmine del procedimento e che non è di competenza del comune.
Il PRG prevede nel suo momento conclusivo la condivisione con un altro ente.
Fino all’istituzione delle regioni a statuto ordinario la competenza era del Ministero dei Lavori
Pubblici, attualmente la competenza d’approvazione del PRG è delle regioni.
Alcune regioni hanno poi declinato ulteriormente il tema delle competenze.
Una volta che io regione ricevo la competenza posso delegarla a un altro ente territoriale.

Esempio
La regione Emilia-Romagna da molti anni, fin dalla prima Legge Urbanistica, prevede che le
competenze di approvazione del PRG venga fatta dalla provincia o Città Metropolitana. 

La provincia normalmente interviene come ente delegato dalla regione.


L’approvazione del PRG è decentrata presso le regioni.

Come funziona l’approvazione?


Può esserci un’approvazione semplice o un diniego d’approvazione.
È abbastanza frequente che ci sia un’approvazione con modificazioni che non devono stravolgere
completamente ma possono essere modificazioni parziali che vanno a incidere su altri aspetti
relativamente di dettaglio.

La fase successiva alla preadozione, come abbiamo detto, è la fase formale.


Vi è un termine per la fase formale che la Legge Statale indica di massimo un anno.

Il PRG adottato produce effetti già da prima dell’approvazione (la pienezza degli effetti si avrà con
l’approvazione).
Un avviso d’approvazione del PRG deve essere pubblicato in Gazzetta.

Ci può essere un grosso problema nel caso in cui il nuovo PRG non comporti un aumento degli usi del
territorio ma una riduzione degli usi del territorio.

Esempio
Immaginiamo di essere proprietari di un terreno edificabile ma che non abbiamo ancora concretamente
chiesto il PdC.
Immaginiamo di sapere che è stato appena ripristinato il progetto di PRG che prevede che quel terreno
torni ad essere zona agricola.
Ci affrettiamo quindi a chiedere il PdC (il titolo abilitativo edilizio blocca la disciplina valida in quel
momento) per costruire. 

N.B.
Quindi, tutti i progetti di PRG che prevedono destinazioni di meno intensivo sfruttamento del territorio
provocherebbero un immediato sfruttamento intensivo del territorio.
L’effetto paradossale dei provvedimenti di formazione del nuovo PRG è che questo può accelerare la
corsa per attuare quello precedente legando le mani al decisore urbanistico.

La Legge n. 1902 del 1952 ha integrato quella che era una pericolosa lacuna della Legge Urbanistica.
Ci si inizia a porre il problema del contrasto tra i piani.
Nel 1952 ci si comincia a rendere conto che ci può essere un contrasto se il nuovo pianificatore si trova che
appena elabora un’idea un po’ più diversa dallo status quo gli viene interrealizzato lo status quo.
Questa legge introduce le MISURE DI SALVAGUARDIA.
Quando si dice un piano è in salvaguardia significa che c’è un nuovo PRG adottato ma non approvato.
Il vecchio PRG può continuare ad applicarsi ma soltanto per le parti compatibili con il nuovo.
Nel momento in cui il nuovo PRG viene adottato e prevede che il terreno edificabile torna ad essere zona
agricola non si può più procedere all’attività edificatoria.

Varianti al PRG
Un PRG può essere modificato a tempo indeterminato e sostituito ex novo da un altro PRG.
È stato abbastanza frequente che un PRG durasse alcuni decenni e che durante il corso del tempo avesse
decine di varianti.

Le varianti si distinguono in varianti speciali e varianti generali:

1. VARIANTI SPECIALI
Sono normalmente quelle che incidono su una porzione limitata di territorio.
VARIANTI SPECIALI PER LA REALIZZAZIONE DELLE OPERE PUBBLICHE
Esempio
Noi siamo il comune di Sassofrasso con il nostro PRG che prevede una serie di opere pubbliche
localizzate nel territorio.
Ad un certo punto sopravviene una nuova esigenza, ad esempio, ospitiamo un importante polo
scientifico-ospedaliero e si prefigura l’ampliamento di questa struttura.
Bisogna prevedere una nuova opera pubblica, un nuovo padiglione di quell’ospedale.
In teoria lo si può fare con le varianti ordinarie quindi rifacendo tutto il percorso visto prima.
Il legislatore prevede almeno 2 strumenti per fare una variante più veloce:

 1° modalità:
Il riferimento normativo per questa modalità si trova nell’articolo 19 del Testo Unico sugli Espropri
(DPR 327 del 2001).
Poniamo il caso che si tratti di un’opera di competenza del comune, il comune approva il progetto
dell’opera con delibera di consiglio comunale (consiglio comunale è il dominus della pianificazione).
Ciò vale ai fini dell’adozione della variante.
La semplice approvazione del progetto è adozione della variante del PRG.
La fase dell’approvazione è fortemente semplificata, perché il progetto una volta adottato viene
mandato in regione e se la regione non si pronuncia entro 90 giorni si forma silenzio assenso.

Esempio
Dobbiamo fare una nuova opera di viabilità urbana.
Il consiglio comunale approva il progetto, il progetto va in regione, la regione in 90 giorni non dice
niente e la variante del PRG è già fatta.
Dal punto di vita giuridico quella è una variante già perfezionata, dal punto di vista comunicativo
dovrà essere adeguata. 

Esempio
Ipotizziamo che l’opera pubblica non sia di competenza del comune.
È necessario l’ampliamento di una caserma per l’installazione di nuovi impianti nel comune di
Rimini.
Il procedimento visto poco fa è leggermente più complesso.
La fase comunale e poi regionale deve essere preceduta da un atto dell’amministrazione terza di
competenza che a sua volta approva il progetto. 
Questa variante è più tradizionale e più semplice.

 2° modalità: ACCORDO DI PROGRAMMA


Questa modalità è meno tradizionale e meno semplice.
Spesso la realizzazione di opere pubbliche e infrastrutture chiama in causa una pluralità di
competenze amministrative soprattutto nell’attuale ordinamento in cui si è avuta una
moltiplicazione degli enti pubblici.
Fino agli anni ’70 sappiamo che non esistevano le regioni, non esistevano le agenzie di protezione
ambientale, non esistevano un sacco di enti e le competenze degli enti esistenti erano minori
poiché molti aspetti non erano normati.
Ora realizzare un’opera infrastrutturale tende a coinvolgere una pluralità di soggetti.
Esempio
L’ampliamento del polo ospedaliero sopra citato chiama in causa interventi di tanti enti pubblici
perché c’è innanzitutto l’amministrazione titolare dell’ospedale, l’azienda USL che si porta dietro la
competenza della regione, il comune per le competenze sulla pianificazione urbanistica, la provincia
o il comune per le competenze sulla viabilità, l’università, i vigili del fuoco per le normative
antincendio, le sovrintendenze se ci troviamo in un’area con vincolo paesistico, ecc.
Un ospedale, quindi, per essere realizzato e gestito chiama in causa competenze di parecchi enti
pubblici. 

Il legislatore ha previsto allora a partire dagli anni 80, e istituzionalizzato negli anni successivi con
una disciplina contenuta nel Testo Unico sugli Enti Locali, degli accordi di programma.
Nel nostro sistema le norme organizzative e funzionali su comuni, province, stanno dentro un Testo
Unico approvato con D. Lgs n. 267 del 2000 il cui articolo 34 si occupa degli accordi di programma.
Gli accordi di programma sono accordi tra pubbliche amministrazioni per la realizzazione di
interventi complessi (a noi interessano le infrastrutture).
La pluralità di competenze fa sì che ci sia un problema di coordinamento e di tempistica.

Esempio
Io sono l’azienda USL che realizza il nuovo ospedale e presento il progetto.
Il progetto arriva in provincia ma non viene approvato.
Questo comporta che il progetto, che semmai aveva già avuto una condivisione o informale o già
formalizzata, torna indietro e per le modifiche proposte o imposte da un ente deve essere
approvato da tutti gli altri. 

Se ognuno dei soggetti destinatari ha un potere amministrativo significa che si determina una
specie di “navette” infinita, per cui il progetto che non va bene ad un ente deve tornare indietro
ed essere approvato da tutti gli altri.
Per le opere pubbliche vi è spesso un problema di realizzazione sia nella fase ascendente, sia nella
fase discendente.
N.B.
L’accordo di programma cerca di mettere d’accordo tutti i soggetti pubblici coinvolti che hanno
competenze nella realizzazione di quel progetto in modo tale da condividere una stessa
progettualità fino ad arrivare ad un progetto, a degli schemi di atti condivisi da tutti che vengono
approvati con un accordo amministrativo firmato da tutte le parti.
È quindi uno strumento di coordinamento.
L’accordo di programma rafforza il vincolo, nel senso che un ente nel momento in cui fa una
delibera sta esercitando un potere unilaterale, l’accordo aggiunge a questa dimensione una
dimensione di reciproco vincolo, un vero e proprio obbligo a realizzare quanto è stato pensato.

La disciplina sull’accordo di programma aggiunge meccanismi per rendere il suo utilizzo più
efficace:
a) L’approvazione di un progetto di opera pubblica con un accordo di programma equivale ad una
variante urbanistica a patto che:
 L’assenso del rappresentante del comune (sindaco) all’accordo di programma, affinché possa
comportare variante, deve essere seguito da una delibera del consiglio comunale.
 Ci sia un rappresentante della regione che firma l’accordo di programma.

L’accordo di programma, quindi, semplifica e coordina l’intervento dei vari enti pubblici per limitare
o evitare del tutto complicazioni e qualifica ulteriormente il livello giuridico dell’impegno facendo
diventare da sommatoria di atti unilaterali ad atti che sono pattuiti con uno strumento para
contrattuale e accompagnando questa modalità con alcuni effetti aggiuntivi:
1. L’attitudine ad andare in variante urbanistica
2. L’approvazione dell’opera pubblica con accordo di programma oltre che variante consente
anche direttamente l’esproprio delle aree e vale per DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ.
La dichiarazione di pubblica utilità è il momento in cui si passa dalla potenza all’atto, dal
vincolo preordinato d’esproprio all’inizio della procedura stessa d’esproprio.
L’approvazione dell’opera pubblica vale anche per DICHIARAZIONE DI INDIFFERIBILITÀ E
URGENZA DELL’OPERA che è il presupposto di un altro strumento previsto dalla legge che è
l’OCCUPAZIONE D’UGENZA.
Quando un ente espropria un terreno, perché si determini il trasferimento di proprietà bisogna
aspettare un po’ di tempo fino a che si arriva al decreto d’esproprio.
Dal giorno dopo il decreto d’esproprio la pubblica amministrazione può iniziare a fare tutte le
fasi preliminari.
Invece il legislatore prevede che quando c’è urgenza si possa fare l’occupazione d’urgenza dei
suoli prima ancora che questi siano espropriati, non perché si possa iniziare a scavare solo
sulla base dell’occupazione d’urgenza ma per fare tutte le attività preliminari.
Dal giorno dopo si entra in possesso di quest’area, si iniziano a fare opere preliminari.

L’accordo di programma può prevedere, se le parti lo attivano, un apposito organismo chiamato


COLLEGIO DI VIGILANZA.
Il collegio di vigilanza è un organismo misto i cui componenti sono designati dagli enti pubblici
sottoscrittori dell’accordo stesso che per la fase di concreta attuazione dell’intervento se qualcuno
degli enti non rispetta gli obblighi assunti, questo organismo può sollecitare gli enti e qualora essi
rimangano inerti può addirittura sostituirsi agli enti stessi.
È un meccanismo molto forte ma consente alle pubbliche amministrazioni “buone” di forzare la
mano rispetto alle amministrazioni che rimangono inabbienti rispetto agli obblighi che avevano
assunto in precedenza.

VARIANTI SPECIALI PER OPERE PRIVATE


Abbiamo trattato le due principali ipotesi di variante speciale per opere pubbliche ma esistono
anche varianti speciali per opere private.
Se ci sono opere private d’interesse pubblico l’attribuzione di esso passa per apposite procedure.
Esempio
Io sono la Philip Morris e voglio fare un nuovo stabilimento posso accedere a meccanismi
particolari o no?
Per sua struttura il PRG, normalmente, non è un procedimento a iniziativa di parte.
Se io chiedo una variante, o sono un ente pubblico che lo fa nell’ambito di quelle procedure, o io
come privato non ho diritto neanche che venga attivato il procedimento.
Se ho comparto un appezzamento di terreno dove farci un mega stabilimento, nel momento in cui
dovessi fare un’istanza formale firmata da me e dal mio amministratore delegato il comune può
semplicemente non rispondermi mai perché normalmente il PRG è uno strumento non di iniziativa
di parte e rimesso alla più estesa discrezionalità dell’amministrazione comunale.
Questo è uno dei problemi a cui il legislatore ha cercato di ovviare negli ultimi anni. 

Se c’è un privato influente sul piano politico non ha bisogno di avere un potere d’istanza
formalizzato, l’amministrazione spesso fa quello che vuole lui nell’interesse di tutti.
Il problema si pone per i soggetti che o non hanno questo potere politico o che per loro natura
tendono a comportarsi in un altro modo.
Il legislatore ha introdotto una deroga a questo principio (diritti del privato alla variante)
nell’ambito della disciplina sullo SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (SUAP).
Dal 1997, e con successive modifiche fino alla normativa del 2010, lo stato ha previsto che laddove
io debba realizzare/ampliare/modernizzare un impianto produttivo (dal negozio di barbiere al
petrolchimico) io anziché avere i normali procedimenti di tipo urbanistico e edilizio abbia un
procedimento accorpato gestito dallo sportello unico per le attività produttive situato presso il
comune e che prevede una serie di facilitazioni.
Tra l’altro se sono un esercente di un impianto produttivo (non un privato normale ma un
imprenditore) posso fare questa istanza per essere autorizzato a questa nuova
realizzazione/ampliamento/modernizzazione che comprende tutti gli aspetti, non solo quello
edilizio, e in questo ambito ho la possibilità di fare un’istanza tipizzata di variante urbanistica.
Non ho il diritto alla variante ma il diritto che la mia istanza venga istruita e fatta oggetto di un
procedimento ad hoc.
L’amministrazione può dirmi comunque di no ma è obbligata a pronunciare e la mia istanza può
comportare appunto anche la variante nella misura in cui nel territorio di quel comune non ci siano
aree per insediamenti produttivi non sufficienti rispetto all’intervento che io propongo.
La variante speciale per opere private è prevista e tipizzata nell’ambito dello sportello unico per
le attività produttive quando io, nell’ambito della cosiddetta autorizzazione unificata che chiedo
per fare il nuovo impianto produttivo, chiedo anche la variante perché non ci sono sufficienti aree
a disposizione per quell’intervento.

10/11/2021

VARIANTI CHE DERIVANO DA ACCORDI PUBBLICO-PRIVATO


I vari interessi di cui sono portatrici le pubbliche amministrazioni sono interessi pubblici.
Nel momento in cui entra il privato entrano interessi del tutto differenti, interessi egoistici e
speculativi.
Normalmente il soggetto del negoziato in maniera di pianificazione è il privato profit, ovvero un
privato che ha le aree di interesse e/o i soldi per le trasformazioni.
È un negoziato in cui parliamo di un privato profit che persegue i propri interessi assolutamente
legittimi.
Tradizionalmente la pianificazione è un qualcosa che si svolge prevalentemente nelle stanze
pubbliche.
Il PRG e in generale gli strumenti urbanistici, sono strumenti di formazione pubblica, strumenti
unilaterali in cui il privato può dire la sua in sede di osservazione.
In che modo il privato può dire la sua in materia di pianificazione e negoziare scelte di
pianificazione generale se non interi contenuti di un intero PRG?
La negoziazione pubblico-privato in materia urbanistica nasce con gli strumenti di attuazione
(quindi al piano sotto rispetto al PRG).
Il PRG dice cose relativamente generali per tutto il territorio mentre i Piani di Attuazione
specificano, nell’ambito delle ZTO, le discipline per i singoli comparti.

A livello dei Piani attuativi nasce la NEGOZIAZIONE PUBBLICO-PRIVATO.


La legge non parla di accordi tra pubblico-privato ma nella prassi emergono accordi pubblico-
privato che vengono recepiti con la Legge Ponte n. 765 del 1967.
In qualche modo, la prassi prima e il legislatore poi, prendono atto di una circostanza: è molto
difficile pianificare senza l’apporto degli interessi privati.
In un sistema in cui la proprietà pubblica è residuale (se il comune di Cesena pianificasse su terreni
tutti comunali non avrebbe bisogno della collaborazione privata), l’ente pianificatore non dispone
direttamente come sua proprietà della maggioranza delle aree e non ha risorse illimitate.
Quindi io ho il potere di pianificare ma questo potere se lo esercito in maniera unilaterale, lo
esercito in maniera sterea.

Esempio
Ho deciso che il comune di Forlì avrà una vocazione di lavoro nell’industria pesante.
Io voglio che nel mio comune si facciano solo capannoni per l’industria pesante.
Se non ho l’industriale siderurgico che vuole investire chi lo attua questo piano?
Ci deve essere un mercato e quindi dei soggetti disposti a investire in quel settore. 

I giuristi dicono per questo che l’urbanistica è un ambito a collaborazione pubblico-privato


necessaria.
Anche laddove non c’è formalmente lo strumento dell’accordo, c’è una necessaria condivisione e
collaborazione delle scelte urbanistiche.
L’ente pianificatore se non è in sintonia con alcuni degli attori economici e sociali, difficilmente
può realizzare la pianificazione che ha concepito, questo fa sì che dal punto metagiuridico i piani
regolatori siano sempre stati negoziati.
La pianificazione urbanistica tende a rimanere “morta” se non vi è una condivisione.
La prassi ha fatto sì che nel tempo questi negoziati, che informalmente sono sempre esistiti,
emergessero con veri e propri accordi.
N.B.
[Attenzione perché nell‘ambito della negoziazione urbanistica non si usa mai il termine contratto
perché vedremo che ci sono dei punti di contatto con la disciplina sui contratti ma non vi è una
piena e diretta applicazione della disciplina del Codice civile.
Normalmente si usano espressioni analoghe, come convenzioni o accordi (comunque si parla di
strumenti para-contrattuali e non di puri e semplici contratti).]

Perché comincia a formalizzarsi, prima nella prassi e poi nella legge, il convenzionamento pubblico-
privato?
Perché queste esigenze di reciproco affidamento fanno fatica a rimanere sul piano informale.
Il convenzionamento nasce per i piani di attuazione.
Esempio
Io imprenditore presento una proposta di piano attuativo al comune in cui propongo una certa
lottizzazione per la realizzazione di un nuovo “mezzo quartiere”.
Il mio piano viene approvato dal comune, ma in realtà c’è un problema di affidamento reciproco
nella realizzazione del piano.
Io devo sapere che effettivamente mi verranno poi autorizzati i singoli interventi previsti, ma anche
il comune deve avere affidamento in me.
Poniamo il caso ci sia un problema di realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Se io realizzo solo la parte dell’intervento dove guadagno e non realizzo le opere di urbanizzazione
è un problema. 
Allora per precisare e graduare i reciproci impegni (versante pubblico: impegno del comune a
rilasciare la licenza edilizia corrispondenti a quel lotto; versante privato: impegno a realizzare le
opere di urbanizzazione con il cronoprogramma) vengono fatte delle CONVENZIONI.
Le convenzioni sono atti di natura para-contrattuale in cui pubblico e privato si impegnano ad una
serie di pattuizioni accessorie rispetto al semplice elaborato grafico del piano attuativo.

Non siamo nel momento di “negoziazione della variante” ma siamo ancora nel momento di
“negoziazione delle scelte urbanistiche di attuazione”.
Negli anni il tema della negoziazione pubblico-privato si sposta dal “piano di sotto” al “piano di
sopra”.
Quel confronto informale che c’è sempre stato anche per il PRG, ma che inizialmente viene
formalizzato solo per gli strumenti di attuazione poi viene formalizzato anche per gli strumenti
del “piano di sopra”.
Perché accade questo?
I Piani di Attuazione non rimangono solo Piani di Attuazione strettamente intesi (che precisano
cose del PRG), ma possono andare anche in deroga al PRG.
Questo aspetto lo abbiamo visto anche per i grandi Piani di Settore (PEEP e PIP) che vengono
introdotti rispettivamente nel 1962 e nel 1971 e che possono andare in variante al PRG (sarebbero
fuori dal PRG).
Dal 1985 questa possibilità di andare in variante al PRG viene generalizzata per tutti gli strumenti
di attuazione, perché ci si rende contro della difficoltà del PRG a recepire la dinamica effettiva
degli interessi (pubblici ma anche privati) in maniera urbanistica.
I grandi interventi di pianificazione spesso nascono da singole iniziative che però impattano in
maniera anche molto veloce.

Di conseguenza si sono moltiplicati gli strumenti che hanno consentito al privato di cominciare a
confrontarsi con le amministrazioni di competenza per scelte di pianificazione generale e non solo
scelte di pianificazione attuative.
In tutti questi casi è stato previsto sempre, dagli anni ’90 in poi, lo strumento dell’ACCORDO
PUBBLICO-PRIVATO.
Questo strumento, che prima nasce nella prassi e poi viene legificato nel 1967 per gli accordi
relativi agli strumenti di attuazione, negli anni successivi viene sempre previsto.
Ci sono numerosi strumenti nella legislazione statale e regionale che istituzionalizzano gli accordi
pubblico-privato in materia di variante al PRG e anche di recepimento del PRG di scelte
negoziate, e in tutti questi casi è sempre previsto un accordo pubblico-privato.
Se andiamo a vedere il PRG della regione Emilia-Romagna troveremo la dicitura “valutato con
delibera…, approvato con delibera…, e variato con…” seguita da un elenco lunghissimo di varianti.
Normalmente sono varianti speciali sulla base di accordi pubblico-privato.
Esempio
Io ti propongo di fare questo intervento in una zona periferica di Bologna, tu mi dai indici e volumi
maggiori, mi rendi edificabili terreni che non lo erano, e io in cambio cosa ti propongo?
O c’è già un interesse pubblico sotteso (ad esempio per gli insediamenti alberghieri spesso basta
fare un albergo e il comune riconosce la variante soprattutto se ci troviamo in un contesto
territoriale in cui la presenza alberghiera è importante) o ti faccio riconoscere l’interesse pubblico
che legittima la variante sulla base di quello che ti costruisco in quell’area. 
Gli strumenti dell’urbanistica negoziata vengono spesso visti come una svendita dell’interesse
pubblico rispetto all’interesse privato.
Non è lo strumento in sé che comporta questa svendita ma il suo utilizzo in concreto.
L’accordo pubblico-privato è quindi uno strumento molto delicato.
GLI ACCORDI PUBBLICO-PRIVATO SONO DIVENTATI IL PRINCIPALE VEICOLO DI VARIANTE AL PRG.

2. VARIANTI GENERALI o VARIANTI DI REVISIONE


Può essere tale per due ragioni:
a) Perché ha una valenza territoriale più estesa e modifica quindi ampie parti del territorio.
b) Perché, per le cosiddette VARIANTI NORMATIVE, incide non solo sul “colore del retino
facendolo diventare dal verde al giallo” ma su ciò che quel retino comporta, quindi semmai
andando a modificare densità, cubature, altezze, distanze, ecc nell’ambito di una complessiva
permanenza delle ZTO.
Per le varianti generali non ci si allontana molto da ciò che abbiamo visto per il procedimento di
formazione del PRG in quanto tale.
Spesso è sottile il discrimine tra l’approvazione di un nuovo PRG o l’approvazione di una
variante generale dal punto di vista sia metagiuridico che giuridico.

Motivazione delle varianti al PRG


Abbiamo visto che tutti i provvedimenti amministrativi devono essere motivati, questo vale anche per gli
atti di pianificazione.
È il comune che decide se nella zona X si fa una zona industriale piuttosto che una zona residenziale;
tuttavia, la discrezionalità deve essere sempre verificabile tramite la motivazione.
La motivazione deve tenere conto delle osservazioni e deve essere una motivazione relativamente
semplificata, una motivazione contraddittoria e incongrua determina l’annullabilità del PRG o degli altri
strumenti.

Esempio
Siccome abbiamo un calo demografico aumentiamo i volumi: questa è una motivazione contraddittoria e
incongrua.
Se abbiamo un calo demografico e ci immaginiamo che questo sia un fenomeno transitorio e quindi
facciamo un parziale e cauto aumento delle cubature, ad esempio, questo è congruente. 
Il problema della motivazione si pone in modo particolare quando si va ad incidere su aspettative
qualificate; questo cosa significa?
Il problema si pone soprattutto per le varianti che vanno ad incidere in senso peggiorativo sul patrimonio
cittadino.

Esempio
Se il mio terreno è in ZTO C con determinati indici e tu me lo rimetti in zona agricola E qui occorre una
motivazione particolare?
Qui c’è un pregiudizio economico (il PRG crea e disfa ricchezze).
Dove zonizzo dal giorno stesso aumenta il valore patrimoniale dell’immobile e dove pianifico in senso di
decremento degli utilizzi possibili, sto facendo imporre legittimamente il proprietario dell’area. 
Non basta il fatto che sia una variante in decrescita per far si che ci sia un obbligo di motivazione più
forte; tuttavia, la giurisprudenza ha stabilito che nei casi in cui l’aspettativa del privato sia per accordi
sottoscritti con il comune lì occorre una motivazione più forte e più specifica.

Esempio
Io ti ho proposto la tal pianificazione e abbiamo fatto un accordo pubblico-privato in base a cui è già stato
inserito in PRG il fatto che realizzi questo nuovo quartiere residenziale.
Nell’ambito di questa variante abbiamo stipulato un accordo.
Tu comune il giorno dopo puoi dire che ci hai ripensato e rifare una variante in senso contrario?
Lo puoi fare solo a patto di motivare le ragioni che inducono a questo cambio di rotta, devono essere
ragioni analiticamente efficaci. 

Speso capita che le varianti siano annullabili o impugnabili per motivazioni insufficienti, questo accade
solitamente per 3 ragioni, ovvero quando:
1. Cambia l’orientamento politico
Esempio
Io faccio la variante con la precedente amministrazione, poi ci sono le elezioni e vince le elezioni la
forza che prima era in opposizione.
In questo caso bisogna fare una motivazione specifica, non basta dire che la visione politica dei due
partiti è diversa. 
2. Cambiano le persone nell’ambito della stessa maggioranza
Una volta il sindaco non era una figura così individuata nel panorama politico, è diventato più
importante dai primi anni ’90 in cui vi è l’elezione diretta.
Era più un funzionario di partito, oggi invece è fortemente autonomo anche rispetto alla “scuderia”
politica di appartenenza perché la sua elezione si gioca fortemente sul consenso che tiene.
3. Cambia la retorica politico-amministrativa
Si affacciano nuove esigenze magari anche legittime e interessanti ma che vengono utilizzate per
giustificare delle scelte contraddittorie con quelle fatte fino a poco prima.
Tematiche importantissime come quella dell’utilizzo del PRG per la tutela ambientale spesso
vengono strumentalizzati per inseguire il contesto a discapito di interventi minori.

Effetto remida della pianificazione urbanistica

La pianificazione urbanistica si presta a determinare sperequazioni tra i cittadini.


Esempio
Se noi siamo proprietari di due pezzi uguali di aree e il comune ne pianifica una a zona residenziale e l’altra
a parco pubblico, il proprietario della parte edificabile si arricchisce mentre l’altro proprietario rimane con
la sua zona con gli alberi.
Peggio ancora può succedere il contrario, ovvero che il comune pianifica in decrescita rendendo aree
edificabili non edificabili. 
Quindi il potere di pianificazione urbanistica è delicatissimo.
Può realizzare sperequazioni, trattamenti differenziati e discriminatori tra i cittadini.

Per questo negli anni si è posto il tema della PEREQUAIZONE URBANISTICA (o PEREQUAZIONE
NELL’URBANISTICA).
È il tentativo di introdurre dei meccanismi nella pianificazione urbanistica che distribuiscano i diritti
edificatori tra i cittadini in modo tale da superare o attenuare le rigidità tipiche della zonizzazione.
Quindi questi sono strumenti giuridici introdotti per cercare di diminuire gli effetti di differenziazione che
derivano dalla zonizzazione.
In realtà al momento attenuano soltanto in misura molto parziale questo effetto remida o hanno carattere
sperimentale e non possono dirsi ancora tali da avere effettiva incidenza.

Lo strumento più importante dal punto di vista della sua operatività e già effettivo è quello delle CESSIONI
DI CUBATURA.
Noi già sappiamo che ogni terreno ha un indice fondiario, ossia una capacità edificatoria che varia a
seconda della pianificazione, in particolare delle attribuzioni di diritti edificatori che vengono fatti dal PRG.
Ogni terreno, quindi, ha una maggiore o minore densità edilizia a cui corrisponde una capacità edificatoria
o indice fondiario differente.

L’indice fondiario di un terreno è utilizzabile solo su quel terreno o può essere trasferito e usato altrove?
Tradizionalmente l’indice fondiario non poteva essere usato altrove, ora sì ma con alcuni limiti.
La cessione di cubatura è un contratto tra privati con cui, nei limiti della disciplina applicabile, il
proprietario di un fondo cede tutti i diritti edificatori o in parte (AREA CEDENTE) a un altro proprietario
(FONDO RICEVENTE).

Quali sono i limiti principali di questa possibile cessione?

1. La cessione può avvenire solo tra terreni dello stesso comune.


2. La giurisprudenza ha detto che questa cessione può aversi solo tra terreni relativamente vicini.
3. Gli strumenti di piano hanno introdotto il fatto che la cessione può avvenire se il fondo cedente e
ricevente hanno la stessa destinazione di zona (devono essere nella stessa Zona Territoriale
Omogenea: quindi da zona C posso cedere solo ad un’altra zona C).
4. Inoltre, l’indice fondiario del fondo ricevente non deve superare determinati livelli.
5. Gli standard urbanistici devono essere o garantiti anche sul fondo ricevente o monetizzati con il
pagamento di somme di denaro.

Quindi la cessione di cubatura è ammissibile, ma è delicata perché deve essere disciplinata dal PRG e
realizzata in conformità allo stesso PRG.
Dal punto di vista formale la cessione di cubatura cambia a seconda delle norme del PRG.
Alcune norme di PRG prevedono che la cessione di cubatura debba essere un contratto a 3, in cui vi è
quindi un intervento necessario diretto del comune o un contratto a 2.
La seconda formalità ha previsto la possibilità di trascrivere nei registri immobiliari (l’altro registro è il
catasto) gli atti di cessione di cubatura.

Dal punto di vista concettuale abbiamo alcune idee di perequazione che sono rimaste fin qui tali, salvo
qualche cenno in alcune normative:

 1° caso: attribuzione di diritti edificatori uguali a tutte le aree indipendentemente dalla loro
zonizzazione.
Esempio
Io sono proprietario di un’area agricola in cui non posso costruire ma quell’area agricola si porta
dietro 500 mt cubi di residenziale.
Io sono proprietario di un’area in zona C in cui in teoria potrei realizzare 2000 mt cubi di volumi
residenziali ma non ho diritto edificatorio per 2000 mt cubi ma solo per 500 mt cubi.
La pianificazione viene fatta, distingue gli usi possibili sul territorio, la zona di espansione rimane
tale e ci posso costruire ma i diritti edificatori non sono corrispondenti alla zonizzazione.
I diritti edificatori vengono dati anche al proprietario della zona agricola e non vengono dati
completamente al proprietario della zona di espansione.
Il proprietario della zona di espansione se vuole costruire sui 2000 mt cubi non può limitarsi ai
diritti edificatori che ha già, ma ne deve comprare altri 1500. 
In questo modo si spalma il vantaggio patrimoniale su tutti i proprietari fondiari (sia fondi
edificabili che non edificabili).

 2° caso: attribuzione di diritti edificatori sganciati dalla proprietà (diritti edificatori attribuiti sulla
base della residenza).
Esempio
Io sono cittadino di quel comune e quindi ho un pezzo di ricchezza che deriva dalla pianificazione.
Questo significa che i 500 mt cubi non sono più 500 mt cubi per ogni ettaro di terreno, ma sono
magari 50 mt cubi per persona.
In questo caso, io che sono proprietario di quel terreno dove potrei realizzare 2000 mt cubi di
volumi, di mio non ho più neanche 500 mt cubi, ne ho solamente 50, tutti gli altri li hanno altri
residenti.
Io devo comprare i diritti edificatori di tanti residenti del comune. 

Il primo caso è più vicino alla concezione della proprietà privata del nostro ordinamento, il secondo caso
forse è più tirato e più al limite.
Per il momento l’unico strumento concreto di perequazione operativa rimane la cessione di cubatura.

Monetizzazione degli standard

In base al DM n. 1444 del 1968 ogni uso del territorio si porta dietro determinati standard.

Esempio
Se io acconsento alla costruzione di determinati volumi di residenziale devo prendere anche la realizzazione
di determinati parcheggi, di determinati spazi a verde pubblico, eccetera. 

La monetizzazione consiste nel fatto che il privato laddove non dispone delle aree per realizzare questi
standard possa pagare al comune una somma e il comune può magari realizzare questi standard
direttamente al di fuori di quell’area.
La monetizzazione degli standard vive nelle leggi regionali e nei singoli strumenti di pianificazione che ne
prevedono i limiti e i presupposti.
Per la monetizzazione si tratta di un istituto di flessibilità operativa piuttosto che di perequazione nel senso
concettuale del termine.
Non è una perequazione nel senso che ci si divide oneri e onori che derivano dalla pianificazione, sono
sempre miei oneri che però non realizzo direttamente e per i quali pago.
La monetizzazione non è sempre possibile altrimenti determinati standard potrebbero non venire mai
realizzati, quindi queste declinazioni sono a volte possibili e a volte no (questo è stabilito dagli strumenti).

11/11/2021

La pianificazione attuativa

Nella Legge n. 1150 del 1942 questo sistema di piani a cascata si snoda attraverso un livello
sovracomunale, un livello comunale e sugli strumenti di attuazione.
Dare attuazione al PRG significa precisare la zonizzazione (dal generale al particolare).
La Legge Urbanistica presuppone che il Piano Regolatore, tranne alcune aree con attuazione diretta tramite
i relativi strumenti, va attuato attraverso uno o due livelli di strumenti di pianificazione attuativa.
Questi due livelli sono:

1. PIANI ATTUATIVI DI PRIMO LIVELLO


2. PIANI ATTUATIVI DI SECONDO LIVELLO

I piani attuativi che precisano la zonizzazione possono aversi in:

1. PIANI DI ATTUAZIONE DI INIZIATIVA PUBBLICA


2. PIANI DI ATTUAZIONE DI INIZIATIVA PRIVATA

Nella terminologia della Legge Urbanistica si chiamano PIANI PARTICOLAREGGIATI e PIANI DI


ATTUAZIONE.
Vi sono leggi in cui si parla di piani particolareggiati di iniziativa pubblica e privata.
Sebbene nella Legge Urbanistica i due strumenti tendano ad essere equivalenti in realtà la loro vocazione
applicativa è diversa.

I PIANI PARTICOLAREGGIATI DI INIZIATIVA PUBBLICA sono piani per le opere pubbliche, si occupano
dell’integrazione e precisazione delle regole del PRG relative alle opere pubbliche.
La precisazione delle zonizzazioni è rimessa ai piani di iniziativa privata (piani di lottizzazione).
Tradizionalmente i piani di attuazione erano considerati molto simili al PRG dal punto di vista del
procedimento, la situazione è cambiata con la Legge n. 47 del 1985 che è intervenuta a semplificare il
procedimento di formazione dei piani di attuazione.
L’approvazione da parte di un ente terzo è sostituita dall’approvazione dello stesso comune, l’ente terzo
è soggetto solo di una comunicazione in modo che possa fare verifiche d’ufficio.
La Legge n. 47 del 1985 generalizza la possibilità per i piani di attuazione di andare in variante al PRG.

I PIANI PARTICOLAREGGIATI DI INIZIATIVA PRIVATA, chiamati anche PIANI DI LOTTIZZAZIONE sono


strumenti con cui passano prevalentemente le iniziative di attuazione dei PRG.
Il piano di lottizzazione si chiama così perché una delle sue funzioni è quella di suddividere il territorio in
lotti.
Esempio
Se un comparto è destinato dal PRG a zona C, ecco che con il piano di lottizzazione in quel contesto viene
suddiviso il territorio in lotti ognuno dei quali sostanzialmente ospita un isolato, un edificio. 

La parola lottizzazione assume nel tempo un significato delicato, non è più solo un termine tecnico che
identifica la suddivisione del territorio, ma assume un significato giuridico.
Ciò che accade nelle città italiane nel Secondo dopoguerra è il fenomeno delle LOTTIZZAIZONI ABUSIVE.
La lottizzazione abusiva viene vista con grande criticità dagli urbanisti e dal legislatore.
La lottizzazione non è sinonimo di costruzione in zona agricola.
Esempio
In assenza di un piano se io procedo già a suddividere il territorio, o in modo materiale (tracciare abbozzi di
strade) o in senso giuridico e cartorale (lo fraziono e lo vendo), queste lottizzazioni di fatto vengono viste
con criticità perché normalmente solo la premessa di realizzazione di immobili abusiva (non preceduta da
titolo abilitativo) e senza opere di urbanizzazione. 

Nel 1967 con la Legge Ponte il legislatore interviene cercando di evitare le lottizzazioni abusive.
Il legislatore pone questa disciplina perché la lottizzazione non preceduta da apposito piano significa
lottizzazione disordinata con utilizzi del territorio senza opere di urbanizzazione.
Per questo con la Legge Ponte si prevede la lottizzazione abusiva che diventa oggetto di norme restrittive
sul piano giuridico.
Sia la lottizzazione materiale, sia quella cartolare sono illeciti, sono abusi urbanistici.
La lottizzazione abusiva è reato e punita dalla legge con sanzioni penali.

I piani di lottizzazione sono previsti dal 1942 ma le convenzioni sono introdotte solamente nel 1967.
Si vuole rendere obbligatorio una prassi che serva a garantire che il piano di lottizzazione abbia una
dimensione pianificatoria.
Il piano di lottizzazione era chiamato in origine PRE-LICENZA EDILIZIA.
La convenzione di lottizzazione ha lo scopo di vincolare reciprocamente il comune e il privato lottizzante.
La convenzione chiarisce che le licenze dovranno essere regolarmente rilasciate.
Il piano di lottizzazione dal 67 rende obbligatorio la onerosità del costruire.
Il privato lottizzante ha l’obbligo giuridico di farsi carico degli aspetti di costo delle infrastrutture di
interesse collettivo realizzando le opere di urbanizzazione primaria e secondario oppure pagando gli
oneri di urbanizzazione ove non le realizzi.
Le CONVENZIONI DI LOTTIZZAIZONE assolvono a queste funzioni che sono di tutela dell’interesse
pubblico.
In concreto queste convenzioni sono uno strumento molto complesso che prevedono molte cose come, ad
esempio, reciproci scambi di aree.
È frequente che il privato lottizzante e il comune realizzino delle permute di aree.
Le convenzioni prevedono poteri pubblicistici del comune come la realizzazione in danno delle opere di
urbanizzazione.
Questo significa che se il privato non realizza le opere di urbanizzazione l’amministrazione può sostituirsi
coattivamente, realizzarle direttamente e poi chiedere un rimborso al privato.
In realtà le convenzioni di lottizzazione sono l’archetipo del convenzionamento pubblico-privato in
urbanistica.

Nelle convenzioni troviamo anche le clausole penali che comportano il pagamento di una somma della
parte che rimane inadempiente in un contratto rispetto alla parte che subisce l’adempimento.

Esempio
Se non realizzo per tempo una rotonda oltre a rischiare un’esecuzione in danno devo pagare una penale. 

Troviamo anche le garanzie di tipo fideiussorio che sono garanzie con cui un soggetto si impegna per
garantire l’adempimento di un altro soggetto.

Esempio
Se prendiamo in affitto un immobile il proprietario chiede una cauzione. 

Le fideiussioni sono a garanzia dell’adempimento del privato.


Le convenzioni di lottizzazione sono strumenti complessi, con una matrice pianificatoria e una matrice
negoziale che si compone sia di aspetti pubblicistici che privatistici.

La VAS

La VAS è la Valutazione Ambientale Strategica che può riferirsi sia ai piani generali che ai piani di
attuazione.
Il legislatore quando ha previsto PEEP, PIP ha voluto mettere un focus su quelle specifiche politiche di
settore.
Le VAS il comune le potrebbe fare sempre, anche se non ci fosse uno strumento ad hoc.
Le VAS sono sempre possibili per un pianificatore.
Di tutela dell’ambiente oggi ci si può occupare anche con gli strumenti di pianificazione a cascata.
Qualsiasi strumento urbanistico può occuparsi di tutela dell’ambiente, può ma non deve.
La VAS è lo strumento che rende obbligatorie le valutazioni ambientali nell’ambito della pianificazione
urbanistica.
La VAS è lo strumento (processo) volto ad assicurare che nella formazione di un piano o programma di
tipo urbanistico siano presi in considerazione in modo adeguato gli impatti significativi sull’ambiente che
deriveranno dall’attuazione di quello strumento.
Rende obbligatorio ciò che sarebbe facoltativamente possibile.
La normativa è contenuta nel testo unico sull’ambiente, Decreto Legislativo n. 152 del 2006.
Il diritto dell’ambiente italiano è una proiezione del diritto dell’ambiente della comunità europea.
Chi fa la VAS?
Deve essere svolta dall’autorità competente.
In Emilia-Romagna la regione è autorità competente per i piani regionali, le province e la Città
Metropolitana sono autorità competenti per i piani dei comuni.
Di base l’oggetto della VAS è il PRG ma il legislatore ha stabilito che laddove lo strumento generale non
sia stato sottoposto a VAS gli strumenti di attuazione devono essere sottoposti a VAS.

Cosa comporta l’omissione della VAS?


La VAS omessa comporta l’illegittimità del piano di cui si tratta, per evidente violazione di legge o per
eccesso di potere nei casi in cui sia fatta ma senza approfondimento istruttorio adeguato.

La pianificazione sovracomunale

Fin qui gli strumenti che abbiamo visto sono tutti comunali.
Fin dalla Legge Urbanistica il legislatore si era immaginato una pianificazione sovracomunale parlando di
piani territoriali di coordinamento che sarebbero stati approvati dal ministero (ad oggi è ministero delle
infrastrutture sostenibili).
Fin dalla Legge del 42 c’era già l’attenzione alla dimensione sovracomunale che però è rimasta solo nella
penna del legislatore per molti anni.
La situazione è cambiata per quanto riguarda due livelli della pianificazione sovracomunale: la
pianificazione sovracomunale propriamente detta e la pianificazione sovracomunale in senso improprio
(pianificazione intercomunale o associata).

Pianificazione intercomunale
Gli strumenti intercomunali sono ignoti alla Legge Urbanistica, essa si occupa solo degli strumenti
sovracomunali in senso proprio.
Gli enti locali possono coordinare o unificare i rispettivi piani regolatori.
I PIANI REGOLATORI INTERCOMUNALI si hanno quando uno stesso piano regolatore pianifica il territorio
di più comuni (normalmente confinanti).
Esso viene adottato con delibera di tutti i comuni coinvolti.

I PIANI REGOLATORI ASSOCIATI si hanno quando ciascun comune fa il suo PRG che rimane autonomo ma
lo fa coordinandosi con i “vicini”.
Ciascun comune si coordina nell’ambito del procedimento di formazione nell’ambito che i singoli
contenuti siano maggiormente compatibili.
Lo strumento madre da cui si parte è una convenzione, un accordo tra i comuni con cui si disciplina il
coordinato dei piani autonomi o il coordinamento del piano unificato.

Riordino delle autonomie in Italia ci sono più di 8000 comuni e alcuni ritengono che questo determini un
eccessivo frazionamento del governo pubblico.
Il legislatore da qualche decennio promuove le aggregazioni di comuni sotto due forme:

1. UNIONI DI COMUNI
I comuni rimangono autonomi ma danno vita ad un livello consortile a cui vengono conferite
alcune funzioni (almeno 3, ad esempio: anagrafe, ufficio tecnico, polizia locale).
L’aggregazione per unione è una forma revocabile.
2. FUSIONE DI COMUNI
Comuni che erano fin lì autonomi e che avevano dato vita ad un’unione si fondono e
diventano un comune solo.
È un procedimento complesso che prevede un referendum tra i cittadini dei comuni
interessati alla fusione e una Legge regionale.

Pianificazione sovracomunale
Dagli anni 90 abbiamo uno sviluppo sia regionale che comunale.
Si ha un rilancio delle province dopo il 1990.
Nel 1990 viene varate la Legge n. 142 su comuni e province che dà attuazione ad una norma della
costituzione.
È una legge che vuole rilanciare le autonomie e prevede il PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO
PROVINCIALE (PTCP)

 REGIONE
Le regioni varano, sulla base di norme di legge, dei PIANI TERRITORIALI REGIONALI (PTR).
I PTR sono strumenti macro, cioè danno alcune direttive ad ampio raggio sulle tendenze in atto e
sulle possibili linee di governo di quelle tendenze.
La maggior parte delle loro indicazioni sono relativamente poco conformative del territorio, fa
eccezione però una cosa fondamentale, un pezzo di pianificazione che il legislatore ha affidato alle
regioni.
Dal 1965 la Legge dello stato ha introdotto i PIANI PAESAGGISTICI e li ha affidati alle regioni.
I piani paesaggistici prevalgono sulla pianificazione urbanistica propriamente intesa.

 PROVINCIA
Le province mantengono ancora oggi, dopo che sono state spogliate di alcune funzioni, ruoli
importanti nel governo del territorio.
Le province non sono più enti i cui organi sono eletti dal popolo, sono organi di secondo livello cioè
votati dai consiglieri e dai sindaci dei comuni compresi nell’area provinciali.
Il PTCP tende ad avere sia contenuti in merito ad una meta zonizzazione e si occupa anche delle
opere pubbliche di competenza provinciale.
Quello che ci si chiede è se questi contenuti abbiano un effetto conformativo del territorio oppure
no.
Bisogna capire se il PTCP sia un piano di direttive (si rivolge agli enti sottordinati) o è un piano di
prescrizione (va a conformare il territorio).
La questione è ancora spesso oggetto di controversie ma tendenzialmente si ritiene che il PTCP per
quanto riguarda le zonizzazioni sia un piano di direttive.
Ci sono delle eccezioni, in particolare nelle zone bianche.
Laddove ci sia una disciplina di PTCP precisa se viene meno la pianificazione comunale non si ha
la zona bianca ma si applica una pianificazione sovracomunale.
Per le localizzazioni il tema è più complesso.

 CITTÀ METROPOLITANA
La Città Metropolitana viene inserita in Costituzione nel 2001.
Con la Legge Delirio n. 56 del 2014 le competenze della città metropolitana sono rese esplicative.
La Legge Delirio istituisce 10 città metropolitane.
Le città metropolitane presentano una forte autonomia e hanno un sindaco metropolitano, un
consiglio metropolitano e una conferenza metropolitana.
In Italia si è seguito il criterio di città metropolitana = provincia.
Le città metropolitane hanno assorbito le competenze delle province fin lì esistenti su quel
territorio.
L’area metropolitana dovrebbe essere quella che è immediatamente condizionata con il comune
capoluogo.
La città metropolitana, secondo la Legge Delirio, da un lato assorbe le funzioni in materia di
pianificazione urbanistica delle province e dall’altro viene fatta oggetto di disposizioni ad hoc che
ne identificano tre strumenti:

1. PIANO STRATEGICO METROPOLITANO (PSM)


La pianificazione strategica nasce come pianificazione metagiuridica.
Fino alle norme di cui stiamo parlando non esisteva nessuna norma che prevedesse la
pianificazione strategica.
Dal punto di vista giuridico, nelle legislazioni statali, il concetto di piano strategico viene
giuridicizzato solo con le norme di cui stiamo parlando.
La pianificazione strategica, quando non è quella delle città metropolitane, è qualcosa di
interessante ma non tipizzato dalla legge.
Non tipizzato dalla legge non significa che è irrilevante per il diritto.
Tutto ciò che viene deliberato da una pubblica amministrazione ha un rilievo giuridico.
Gli strumenti non tipizzati dalla legge non possono vincolare gli utenti ma possono rilevare
in termini di valutazione della legittimità dell’operato dell’ente.
Il PSM ha una base giuridica ad hoc (articolo 1 comma 44 della Legge Delirio) che prevede
un piano strategico triennale con il quale la città metropolitana detti indirizzi generali, per
sé stessa e per i comuni ricadenti nel territorio metropolitano, sull’esercizio delle rispettive
funzioni.
Non è un piano solo urbanistico ma può riguardare qualsiasi ambito di competenza della
città metropolitana e dei comuni metropolitani.
Dovrebbe essere fatto con cadenza triennale e aggiornato ogni anno.

2. PIANO TERRITORIALE METROPOLITANO (PTM)


È il piano principale dal punto di vista del governo del territorio (cfr. PCP).

3. PIANO URBANO METROPOLITANO DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE (PUMS)


Si richiama al tema della pianificazione del traffico.
In Emilia-Romagna la gran parte della gestione delle politiche in materia di traffico si fa
con uno strumento non previsto dalla legge, ovvero gli ACCORDI PER LA MOBILITÀ
SOSTENIBILE promossi dalla regione Emilia-Romagna e sottoscritti dai comuni.
Esempio
Le misure in base alle quali ogni tanto scattano le limitazioni del traffico sono misure
deliberate in attuazione di accordi promossi dalla regione che vengono aggiornati di anno in
anno e con cui si stabiliscono queste misure, ovviamente non nei limiti assoluti che sono già
previsti dalla legge ma le modalità per fronteggiare queste situazioni. 
Quindi ad esempio il fatto che circolino veicoli Euro1 piuttosto che Euro2 sono “cose” che, a
dimostrazione ancora una volta che le politiche pubbliche si fanno al di là dei canali
normativi, vengono fatte con uno strumento chiamato ACCORDO TRA PUBBLICHE
AMMINISTRAZIONI.
È simile all’accordo di programma.
È un atto vincolante con cui più pubbliche amministrazioni si impegnano a coordinare in
un certo modo le rispettive competenze.
Esempio
Se il comune A decide di far circolare i veicoli con le targhe dispari il martedì e il giovedì e il
comune confinante decide di farli circolare a giorni invertiti c’è un problema di
coordinamento. 

Il caso dell’Emilia-Romagna

Il governo del territorio è oggetto di materia di legislazione concorrente, in cui legifera non solo lo Stato
ma anche ciascuna regione (in particolare quelle a statuto ordinario).
Il sistema della pianificazione urbanistica in Emilia-Romagna non è detto che sia identico a quello della
Lombardia, del Veneto, della Toscana ad esempio.
A mano a mano che, pur rispettando le regole, ogni regione esercita la sua autonomia e si discosta un po’
da quel modello, ecco che la banda di oscillazione aumenta e le differenze possono essere notevoli.
Il caso dell’Emilia-Romagna rappresenta un esempio di tentativo coraggioso di esercitare la propria
autonomia cercando di realizzare a livello regionale quella riforma urbanistica che a livello formale non è
mai arrivata.
Dal punto di vista urbanistico la prima regione italiana che ha esercitato in maniera innovativa le sue
prerogative è stata la Toscana con la nuova Legge Urbanistica del 1995.
È lì che per la prima volta troviamo il concetto di pianificazione strutturale.
L’Emilia-Romagna inizialmente fa il modello classico ma con alcune differenze.

La Legge Regionale n. 47 del 1978 è la legge con cui l’Emilia-Romagna riprende il modello classico della
legge fondamentale urbanistica, lo declina e lo perfeziona ma senza allontanarsi dal modello base.
La situazione cambia con due leggi di riforma urbanistica: la Legge Regionale n. 20 del 2000 e la Legge
Regionale n. 24 del 2017, che sono profondamente diverse ma entrambe rispettano il modello classico
della pianificazione a cascata.
La Legge n. 20 del 2000 è stata un cantiere aperto, ha subito almeno due modifiche profondissime nel corso
degli anni.
I piani di attuazione rimangono tali e si chiamano PUA (PIANI URBANISTICI DI ATTUAZIONE).
La Legge n. 20 del 2000 sostituisce il PRG e il regolamento edilizio con 3 strumenti:

1. PIANO STRUTTURALE COMUNALE (PSC)


È pensato per non attribuire i diritti edificatori.
Non zonizza ma distingue il territorio in due macro ambiti rispettivamente più vocati allo sviluppo e
più vocati alla conservazione.
È a tempo indeterminato (così come lo era il PRG).

2. PIANO OPERATIVO COMUNALE (POC)


Non è uno strumento di attuazione, è un “pezzo” di quello che tradizionalmente sarebbe stato il
PRG.
Il POC dovrebbe conformare e zonizzare il territorio con due precisazioni:
 Non copre necessariamente tutto il territorio comunale (il PRG lo copriva) ma solo alcune parti
normalmente selezionate mediante meccanismi a bando.
Non ha quindi valenza a 360° ma vale soltanto per singoli comparti.
 È a tempo determinato, non ha neanche la durata degli strumenti di attuazione (10 anni).
Ha durata di 5 anni.
L’intervento attuativo del POC deve iniziare nei 5 anni.
Il legislatore ha voluto prefigurare il POC come piano del sindaco.
5 anni = 5 sono gli anni di durata del mandato del sindaco.
Da un lato 5 anni sono molti ma dall’altro sono pochi perché non ci si sta dentro con il singolo
mandato del sindaco.
È difficile che il piano del sindaco coincida con il mandato di esso.

3. REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO (RUE)


Dovrebbe essere uno strumento di semplificazione, dovrebbe assorbire quelle parti normative
che normalmente sono distribuite tra Regolamento Edilizio e PRG.
Dovrebbe assorbire l’NTA del PRG e il regolamento edilizio propriamente detto.

Che cos’è del PRG che va a finire PSC e che cosa va a finire nel POC?
Il tentativo è quello di distinguere tra pianificazione strutturale e pianificazione operativa.
La pianificazione strutturale è la pianificazione strategica, che non conforma il territorio, che dice in
maniera macro e di indirizzo generale quali sono le linee di governo del territorio che quell’ente si propone.
Ciò che il legislatore iniziava ad immaginare era il fatto di poter fare nuove pianificazioni in diminuzione.
Il pianificatore urbanistico, con gli strumenti tradizionali, si porta dietro il fardello delle aspettative dei
proprietari che hanno già una pianificazione di tipo edificatorio.
È una pianificazione strutturale non conforme al territorio, vuol dire che in maniera generale è un ambito
complessivo in cui il pianificatore immagina che ci sarà qualche fenomeno di sviluppo e di uso del
territorio a fini edificatori.

L’insieme di questi strumenti non ha dato un buon risultato almeno sotto alcuni punti di vista:

 C’è stata una complicazione delle procedure e una difficoltà nella gestione di esse.
Già il PRG era abbastanza complesso, sostituire al PRG due strumenti non è stato un elemento di
semplificazione.
 Non ha dato un risultato di limitazione del consumo di suolo.
Il bilancio di attuazione della Legge n. 20 del 2000 è tragico sotto questo punto di vista, nel senso
che la regione Emilia-Romagna tra il 2000 e il 2010/2015 ha avuto un consumo di suolo spaventoso.
 Ha ulteriormente politicizzato l’urbanistica.

17/11/2021

Se la Legge n. 47 del 1978 era la legge con cui l’Emilia-Romagna faceva suo il sistema statale, la Legge n. 20
del 2000 introduce la “nuova pianificazione” impregnata sulla pianificazione strutturale, come
estrapolazione dal PRG della parte più macro e incastonamento nel POC della parte più pianificatoria o
conformativa del territorio.
Il sistema della Legge n. 20 del 2000 è stato molto criticato per la sua complessità.
Questa complessità si traduce nella crisi della Legge n. 20 del 2000 e nella volontà del legislatore di
cambiare pagina.
Una della più esplicite critiche della Legge n. 20 del 2000 si trova nella relazione di accompagnamento alla
Legge n. 24 del 2017.

In che direzione va la Legge n. 24 del 2017?


La Legge n. 24 del 2017 si propone di perseguire un risparmio del consumo di suolo, tuttavia, è chiaro che
le misure che vengono predisposte appaiono molto proiettate verso il futuro.
La Legge n. 24 del 200 si propone di arrivare a 0 consumo di suolo nel 2050.
Nel frattempo si prevede un massimo del consumo di suolo del 3% sul tessuto urbanizzato (non è poco
questa %).
La legge prevede numerose vie di uscita da questa % per le aree rurali, rispetto a cui si considerano gli
insediamenti destinati alle aree agricole ma anche le aree agricole intercluse tra più aree urbanizzate con
elevata contiguità insediativa.

Esempio
Se ti arriva una zona agricola in mezzo a delle zone di completamento, quella non rientra nel 3%. 

C’è quindi ancora un problema di calcolo di questo 3 % ma poi ci sono molte possibilità di deroga.
Il caso più importante è quello per cui non sono considerati ai fini della quota massima del 3% le aree
utilizzate per l’attuazione di piani urbanistici vigenti (tutto ciò che è già pianificato non concorre alla
determinazione del 3 % quindi, in realtà, nella dimensione di base non si comprende solo ciò che è già
cemento/consumo di suolo dal 2018, ma anche quello che lo sarà dal lì a molti anni).

La Legge n. 24 del 2017 pone un nuovo cambio degli strumenti urbanistici (strumenti del governo del
territorio).
Lo strumento di partenza nel sistema della pianificazione previsto dalla Legge n. 24 del 2017 è il PUG che
richiama il piano regolatore generale nel nome ma ne è molto lontano.
Nell’articolo 25 la Legge n. 24 del 2017 chiarisce che il PUG “non attribuisce nessun caso potestà
edificatoria alle aree libere né conferiscono alle stesse potenzialità edificatoria o aspettative
giuridicamente tutelate di analogo contenuto, afferma quindi che qui non si conforma il territorio.

La conformazione del territorio passa agli accordi operativi.


Il legislatore del 2017 istituzionalizza il fatto che la definizione della conformazione del territorio non è un
qualcosa che viene fatto unilateralmente dall’amministrazione ma nasce sull’accordo con i vari soggetti
coinvolti.
Lo strumento principale è l’accordo operativo con cui l’amministrazione e il privato concordano
direttamente la pianificazione, la conformazione del territorio delle aree oggetto dell’accordo stesso.

Il senso è quello di andare ancora oltre alla Legge n. 20 del 2000.


Se già quella legge concentrava nel POC il vero momento pianificatorio, qui si dice direttamente che la
pianificazione viene fatta sulla base dell’accordo pubblico-privato.
La Legge n. 24 del 2017 semplifica per certi aspetti (n° di strumenti, struttura) la Legge n. 20 del 2000 ma va
ancora più in là, ovvero abbandona lo schema pianificatorio della Legge Urbanistica statale.
Qui, prima dell’accordo operativo non c’è conformazione.

Le leggi regionali o gli atti normativi delle istituzioni regionali possono essere consultati in una banca dati
regionale chiamata Demetra.

Istituti e strumenti dello stato

Alcuni cenni sugli strumenti urbanistici:

1. COMPARTO EDIFICATORIO
Vuole dare una veste unitaria alla proprietà quando non lo è.
Devo fare un piano di attuazione per una parte di territorio ma quei fondi sono frazionati tra più
soggetti ognuno dei quali non ha da solo la disponibilità dell’intera area.
Sovente la legge prevede il fatto che il piano attuativo in quel contesto deve essere un PIANO DI
COMPARTO, si ha cioè una perimetrazione del territorio all’interno del quale non sono ammesse
le proposte del singolo cittadino.
Il comparto si traduce in un CONSORZIO che permette di presentare una proposta unica.
I piani attuativi normalmente durano 10 anni ma se ad esempio prevede tra le opere di
urbanizzazione una centrale termica, questa centrale termica rimane e il consorzio rimane vivo
anche oltre i 10 anni fino a quando non si trova un sostituto.
Il comparto dal punto di vista giuridico è lo strumento per raggruppare una proprietà diffusa o
frazionata.

2. SOCIETÀ DI TRASFORMAZIONE URBANA (STU)


Sono previste da una Legge del 1997 e sono società promosse dai comuni con la partecipazione di
un socio operativo privato scelto con gara.
Dal punto di vista economico servono per avere uno strumento differente rispetto all’ufficio
comunale.
Permettono ai comuni di fare società con i privati e di fare investimenti.
La STU ha anche dimensione pianificatoria perché il comune fa anche una DELIBERA DI
PERIMETRAZIONE DELLE AREE INTERESSATE.
La delibera comporta la DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ DELL’INTERVENTO, cioè comporta
che le aree possano essere espropriate.
Il comune espropria dei terreni e insieme al privato fa un’operazione speculativa.
Con l’intervento il comune può vendere gli immobili a prezzi più bassi perché ha pagato meno le
aree.
Ma nel nostro sistema l’espropriazione è ammessa solo per pubblico interesse.
Se il comune fa residenze popolari può utilizzare questo strumento ma altrimenti non può
espropriare, costruire e vendere a libero mercato perché non è considerato un intervento di
interesse pubblico.

3. PROGRAMMA PLURIENNALE DI ATTUAZIONE (PPA)


È uno strumento introdotto dalla Legge Bucalossi n. 10 del 1977.
I piani regolatori degli anni ’70 sono piani molto estesi e questo faceva si che si ponesse un
problema di coerenza nell’attuazione del PRG.
Se ho un enorme zona di attuazione e la presentazione dei piani di attuazione nei vari contesti
avviene a macchia di leopardo il sistema che vorrebbe uno sviluppo urbano complessivo viene
“forestato”.
Il PPA è il modo con cui il legislatore ha messo un freno rispetto alla disordinata degli strumenti
attuativi del PRG prevedendo la GRADAZIONE.
Con il PPA il comune stabilisce la tempistica dell’attuazione del PRG.
È stato un po' depotenziato da riforme successive, è stata lasciata la possibilità alle leggi regionali
di disciplinarli con maggiori dettagli prevedendo eventualmente che non possono essere utilizzati
in determinati casi o contesti indicati dalla legge regionale stessa (la loro declinazione varia infatti
da una legge regionale all’altra).

You might also like