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Per La Pace Perpetua
Per La Pace Perpetua
Opera di Kant scritta nel 1795 ed è un progetto etico-giuridico che recepisce tutte le
sollecitazioni di uno scenario politico internazionale in radicale mutamento e le rielabora in una
riflessione molto avanzata.
Al centro abbiamo l’ideale della pace e la ricerca delle sue condizioni di possibilità = eliminazione
della guerra come possibilità politica.
Tentativo di costruire comunità internazionale europea, pacifismo giuridico → no
guerra tra stati ma accordo tra stati.
Immagina una confederazione tra stati, che chiamerà federazione: unione di stati, che però
rimangono indipendenti con una sola cosa in comune = i singoli stati cedono il diritto di fare la
guerra.
Contesto storico-politico:
- Rivoluzione americana: esito federalistico e Dichiarazione d’indipendenza;
- Rivoluzione francese: principi accolti nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino.
L’idea di fondo è l’accesso degli stati “selvaggi privi di legge” a una convivenza governata da una
legge sempre più adeguata, da cui riceveranno sicurezza e libertà, per entrare in una lega di
popoli secondo le leggi della volontà riunita.
Struttura:
● ARTICOLI PRELIMINARI: 6 condizioni necessarie non sufficienti per realizzare l’accordo
per la pace perpetua. Propongono un disciplinamento globalmente riferito ai rapporti
internazionali con procedure di proibizione.
○ 1. «Nessun trattato di pace deve essere ritenuto tale se stipulato con la tacita
riserva di argomenti per una guerra futura.» L’accordo di pace si realizza se gli
accordi non sono delle semplici tregue; vuole separare proprio la pace dalla
tregua, le tregue nascono le ambizioni dei sovrani di riprendere la guerra.
(Una conclusione fatta con la riserva segreta di una guerra futura non può
definirsi pace, ma rappresenterebbe solamente un armistizio.)
○ 3. «Col tempo gli eserciti permanenti devono essere aboliti.» I sovrani, avendo a
disposizione armi e uomini, penseranno che sia più facile scegliere la via della
guerra. L’eliminazione deve avvenire nel tempo, in modo concordato e reciproco.
Il soldato è uno strumento nelle mani del re e infine dice che gli eserciti
ovviamente costano. (Essendo la guerra l'unica finalità di questi eserciti, essi
istigano alla guerra. Inoltre un esercito permanente comporta una spesa
economica rilevante e spesso l'unica soluzione che uno stato ha per liberarsi da
questo peso economico è fare guerra.)
● SUPPLEMENTI:
○ 1. Dalla garanzia alla pace perpetua:
■ La garanzia della pace perpetua è data dalla grande artefice Natura
(intesa come destino, predeterminazione), facendo sorgere discordia tra
gli uomini anche contro la loro volontà.
■ La natura: - nell’aver provveduto alla possibilità offerta all’uomo di vivere
in ogni parte della Terra; - nell’aver spinto gli uomini attraverso la guerra
in ogni direzione, anche nelle regioni inospitali perché essi le
popolassero; - nell’averli costretti, attraverso la guerra, ad unirsi in
rapporti più o meno giuridici.
■ Il primo strumento di guerra tra gli animali utilizzato dall'uomo è stato il
cavallo; con il passaggio dalla vita di caccia all'agricoltura e con lo
scambio delle merci più richieste (sale, ferro), i popoli sono stati costretti
a stabilire accordi pacifici per il commercio. La lingua è il simbolo
dell'unità di un popolo: molte lingue hanno una radice comune, che
permane anche se i popoli vengono divisi e vanno ad abitare altre aree
della terra.
■ Dunque la natura spinge verso la pace autonomamente e in certo senso
attesta che il fine della pace perpetua non è chimerico. Tuttavia la natura
mette l’uomo nelle condizioni di realizzare la pace perpetua; ma la sua
effettiva traduzione in pratica è compito della responsabilità morale
dell’uomo.
● APPENDICI: questione relativa alla composizione del conflitto emerso tra morale e
politica.
○ 1. Sulla discordanza tra morale e politica riguarda alla pace perpetua:
■ Kant si interroga sull’accordo o sul disaccordo tra la politica e la morale.
Egli distingue due tipologie di politici: il politico morale, cioè il politico
che cerca di far convivere la prudenza politica e la morale kantiana, e il
moralista politico, cioè colui che crea una morale in funzione
dell’esigenza politica, della Ragion di Stato.
■ Evidenzia che oggettivamente si deve ammettere che non vi è contrasto
tra morale e politica, mentre invece soggettivamente sì ed è individuabile
nel contrasto tra moralista politico e politico morale. Infatti quest’ultimo
utilizza la ragion pratica, e quindi la massima dell’imperativo categorico
che dice di agire secondo la regola per la quale tu puoi volere che diventi
legge universale, come principio della politica senza badare di
raggiungere subito lo scopo, sapendo che su si agisce sempre secondo il
giusto principio morale il fine sarà raggiunto. Al contrario il moralista
politico agisce in funzione dello scopo, “mettendo il carro davanti ai
buoi”, accettando la violenza come mezzo, utilizzando anche sotterfugi, e
servendosi di tre “massime sofistiche”:
● 1) Fac et excusa: cogli l’occasione favorevole per l’usurpazione e
dopo il fatto adduci tutte le giustificazioni per la tua azione,
avendo la ragione degli eventi sarà più facile giustificarsi;
● 2) Si fecisti nega: dei mali che hai fatto nega di essere tu l’artefice
e scarica la colpa su qualcun altro usandolo come capro
espiatorio;
● 3) Divide et impera: dividi i tuoi avversari potenti e mettili contro
il loro popolo, alleati con quest’ultimo e sarà facile prendere il
potere.
■ Infatti tra le due figure di politico c’è una differenza di compito, quello del
moralista politico è un compito tecnico, quello del politico morale è un
compito etico, il primo compito necessita una conoscenza tecnica del
modo di agire umano e non garantisce il risultato, mentre il secondo,
basandosi su delle regole giuste e guidate dalla morale esso condurrà
direttamente allo scopo se si ha la prudenza di non affrettare l’avvento
dello scopo.
○ 2. Dell’accordo della politica con la morale secondo il concetto trascendentale del
diritto pubblico:
■ Kant osserva che il diritto pubblico ben si accorda con la morale secondo
la massima della pubblicità. Infatti tutte le azioni che per garantirne il
successo hanno bisogno della segretezza sono di per sé ingiuste, mentre
quelle che possono essere rese pubbliche senza per questo pregiudicarne
il risultato sono da considerarsi giuste. Kant per supportare questa sua
affermazione apporta alcuni esempi pratici tratti dal diritto politico e dal
diritto internazionale e cosmopolitico (che sono assimilabili in questo
caso):
● a) Diritto politico: si interroga se l’insurrezione dei sudditi sia
lecita, e poiché la sua pubblicità non ne garantirebbe la riuscita,
essa non è lecita, al contrario il sovrano potrebbe insorgere
poiché anche se rendesse pubblica la sua intenzione questo non
le impedirebbe la riuscita purchè ammetta che una volta suddito
la ribellione non sarebbe lecita.
● b) Il filosofo distingue tre antinomie:
○ 1. Ci si interroga se uno Stato ha la facoltà di rompere una
promessa fatta ad un altro Stato, ma se ciò venisse reso
pubblico ovviamente nessuno Stato vorrebbe poi stipulare
accordi con quest’ultimo. Quindi questa è senza dubbio
una azione sbagliata.
○ 2. Ci si interroga se la guerra preventiva sia giusta, ma se
questa verrebbe resa pubblica ovviamente fallirebbe
quindi non lo è.
○ 3. Ci si chiede se uno Stato grande che non sia contiguo
territorialmente possa assoggettare loStato più piccolo
che si frappone a questa unità territoriale, ma ovviamente
anche in questo caso se la cosa fosse resa pubblica
provocherebbe una coalizione di Stati contro questo
progetto.
○ Quindi stabilire quelle azioni che si accordano con la
pubblicità significa anche stabilire quelle norme di azione
politica che si accordano con la morale.
● c) A priori: significa antecedente all’esperienza sensibile e quindi
svincolato da essa.
Il progetto kantiano si chiude auspicando la nascita di un diritto cosmopolitico, l’unico che possa
trasfondere nella legislazione quell’ideale regolativo della pace, che si è andato trasformando in
imperativo etico.