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LAURA PANT ASPETTI DELLA TRADIZIONE MANOSCRITTA DELL'HISTORIA LANGOBARDORUM Il titolo di questo intervento, che potrebbe apparire tanto ambizio- so quanto fuorviante, richiede proprio per tale motivo una precis: zione preliminare: in questa sede non si intende, com’é comprensi- bile, trattare # fofo un argomento rimasto inesplorato praticamente da pit di un secolo, ossia da dopo gli studi di Ludwig Bethmann ¢ Georg Waitz sfociati nell’edizione per la collana dei Monuenta Germaniae Historica, ¢ solo parzialmente ripresi una quarantina danni dopo da Amedeo Crivellucci, cui la morte impedi di prose- guire i] lavoro.! Del resto, una ricerca sugli aspetti della tradizione manoscritta dell’ Historia Langobardorum pud svolgersi in numerose direzioni, Sone grata agli amici Paoto Chiesa per aver seguito ed incoraggiato lo svolyimente del presente lavoro, ¢ Antonio Cinralli ed Emanuela Colombi per le proficue conversuzio: ni, Ringrazio altrest il prof. Cesare Sealon per la lettura critica di queste pagine. Esse, turtravia, sono dedicate a Benedetta Comand, nata poco tempo prima del conveyno che forse, fra molti anni, vorra leper, " Stud preparatori all’edizione critica furono, oltre alle segnalaioni di singoli mano- serittifarte nel eorso dei numerost viagyt in Europa da parte del ricercatori sedeschi,L. BETHMANN, Bemerfanger aber einzelve Handscbriften ste Unleanden, Pani Discont bist, Langobardoram, «Atchiv der Geselischalt fir tltere deutsche Geschichtskunde» 7 (1839), pp. 274-358; L. BETHIMANN, Pasties Diaconis Leben eund Sebraften, «Archiv der Gesellschaft fiir ilkere deutsche Geschichtskunder 10 (1849), pp. 246334: Dr. LuDwic BETHMANN': Nachrichten fiber aie vor ibor fir die Monumenta Getmaniae Hiscoriea benatztew Samrmlangen vom Handsebriften td Urkunden Halions, aus desn Jabr 1854, «Archiv der Gesellschaft fiir dltere deutsche Geschichtskunde» 12 (1874), pp. 474-758, Ledizione di riferimento in questa sede sara Pautus Disconvs, Historia Laugobardorune dt usune scholarant ex Monuments Germaniae Histaricis reensa, ed. G Waitz, Hannoverae 1878 (Scriptores reram Germanicarum in usum scholatum ex Monumentis Germaniae Historicis recusi) [Paul Historia Langobardorum. Unveniinderte Nackdruck der Ansgabe van 1878, Hannover 1987 (Monumenca Germaniae Historica. Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim cditi, 48)], d'ora in poi ciata semplicemente come WatTZ. che invéstono la storia del libro ~ nelle sue molteplici sfaccettature — non meno della filologia: se il traguardo pitt naturale potra essere la realizzazione di una nuova, auspicata edizione critica, che tenga conto sia dei testimoni dei quali nel secolo scorso si ignorava lesi- stenza, sia di alcune relazioni tra i codici superstiti dagli editori tede- schi non individuate, un altro orientamento, per esempio, potra con- sistere in uno studio della diffusione dell Historia Langobardorum nel medioevo, delle istituzioni che ne allestirano o se ne procuraro- no una copia, dei rapporti tra esse, delle modaliti di lettura e tra- smissione del testo, cid che potra avwalersi anche di una metodolo- gia d'indagine paleografico-codicologica. Come espresso infatti da Rosamond MeKitterick nella relazione d’apertura del convegno, uno studio sulla distribuzione dei testimoni. dell’Historta Langobardorum nell’Europa medioevale pud essere illuminante per comprendere I'interesse suscitato dall'opera di Paolo Diacono dagli anni immediatamente successivi alla sua composizione fino all’in- yenzione della stampa ed oltre, ed in particolare proprio nella prima meta del IX secolo, quando fa presenza di un manoseritto dell’ Historie Langobardorum in un certo contesto ed il suo allesti- mento in un determinato ambiente possono essere spia del tipo di pubblico al quale Paolo intese rivolgersi, e quindi del significaro politico dell opera. Una ricostruzione del genere non pud prescindere dall'analisi di diverse tipologie di fonti: la prima, ¢ pitt immediata, & costituita dai testimoni superstiti, dei quali andranno determinate con maggiore precisione lorigine e la datazione; un’altra comprende tutte le testi- monianze indirette come le menzioni di esemplari dell'Historia Laxgobardoru: in inventari di biblioteche o testamenti; la terza, infi- ne, consiste nell'utilizzo dell’opera di Paolo da parte di storiografi posteriori Nell'auspicio non solo che tali tipologie di fonti vengano debi- tamente ed approfonditamente indagate ma anche che tutti i possi- Si veda il contribuo dell'Aurrice nel presente volume. * Un primo quadro, parziale ma puntuale, &stato a tal riguardo ricastruita da W. Pou, Paulus Discouus rnd die “Historia Langobardorum’: Text and Tradition, in Historiographie im fritben Mittetalter. Symposion Zwettl 1995, a cura di A. Scharer = G. Scheibelreiter, Wien 1994 (Verdffentlichungen des Instituis fiir Osterreichische Geschichtsforschung, 32), pp. 3 bili campi di indagine aventi come oggetto Historia Lanugobardoram trovino stimolo e spazio per un approfondimento, due sono le dite- zioni che in questa sede & parso opportuno seguire: quella di un cen- simento aggiornato dei testimoni superstiti, che @ sembrato punto di partenza impeescindibile per la ricerca in diversi settori disciplinat ¢ quella di un’analisi, prettamente paleografica, di due dei pit anti- chi codici dell" Hisvoria Lazgobardorum, nel corso della quale, tutta- via, si far’ all'occorrenza cenno anche a fonti di diverso tipo. 1. Per un nuovo censimento dei testimoni dell’ Historia Langobardorum Lunico censimento esistente dei testimoni dell Historia Lavzgoburdoran & quello realizaato dal Waitz per Vedizione critica det Momumenta Germaniae Historica: dopo di lui, infatti, il Crivellucci si Himito ad analizzare alcuni codici, tutti gia conosciuti;! alcuni anni prima, inve- ce, il censimento dei Moramenta era stato tipreso da Carlo Cipolla con diverse omission’ ma anche con alcune integrazioni.? Contemporaneamente August Potthast aveva rielencato i codici del Waitz senza modifiche né aggiunte, se non per quanto riguar- da il manoscritto Hunteriano di Glasgow (Appendice, nr. 46), gi citato dal Waitz, che ne aveva identificato pero erroneamente ill contenuto in un’epitome di Eccardo da San Gallo, solo in una bre- vissima nota.* + apne Diaconos, Historia Lingahandorn, Libré MI Eason wl ro dé exeritaso- sn nelle sonole superior. cuca di. Crivellucei, Roma 1918, p. Vie *C. CIPOLLA, Note bibliografiche efret Vodierna condizione degli studé eviticé sul testo delle opere di Paoto Diacanso, «Miscellanea di storia veneta edita per cura della R. Dep. Veneta cli Storia Patria» s. I, $ 41902), pp. 145, Porniiast, Wegteiser dich die Geschicheswerke des europiseben Mittlalters bis Berlin 1896 [Graz 1954] (Bibliotheca Historica Medi Acvi). Uaituale: man F lasgow, contenenve a ruiti gli effet 1500, scritto Hunter 94 della University Library di G testo dell Historia Langohardorwm assieme ad altri tra cui I'Historia perscentiouis Africanae provinciae di Viuore di Vita, cra conosciuto dal Waite com la segnatura 852 p43 8. 3), riportata in moclo pid preciso dal Potthast (S.4.52). In C1rOLLa, cit, p. 17 si segnalano due manoscritt dellHunterian Museom di Glasgow Come contenente epitome di Eeeatdo, ed il 4.11, sznalar dallo Schenk 4 sungsberichte des AS: sii see (H. ScHENRL, Biblintbeew patria Latinornns Britannica. VIE, «Si ke Philosophisch-historischen Chisse der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften» 133, 369 Per Ja realizzazione di un nuovo censimento l'opera di questi stu- diosi, ed in particolare quella dei monumentisti, ha naturalmente costituito un imprescindibile punto di partenza ed un costante punto di riferimento; i numerosi cataloghi di manoscritti pubblicati succe: sivamente, anche in anni molto recenti, un prezioso strumento di inte- grazione, Il censimento dei Montmenta comprendeva 101 testimoni, cui venivano aggiunti un gruppo piuttosto eterogenco e, come si ved pid avanti, non particolarmente significativo, di altri sei” ed una lista di codici deperditi.® Tl censimento che si sta realizzando, secondo una metodologia @indagine basata su uno spogtio tendenzialmente sistematico dei cataloghi e, in assenza di questi o nell’impossibilita di consultarli, su contatti diretti con biblioteche ed archivi che possiedano raccolte pit o meno consistenti di manoscritti, ne conta allo stato artuale 115.’ Rimandando all’Appendice per una piti dettagliata elencazio- ne, comprendente anche i riferimenti ai cataloghi a stampa e soprat- tutto all’edizione dei Monumenta per quanto riguarda i codici per essa censiti ¢ le sigle loro assegnate dal Waitz ai fini della ricostru- zione dello stemma codicum ¢ dell’edizione critica, va precisato che sono inclusi nel nuovo censimento, oltre naturalmente ai manoscrit: ti che contengono l'Historia Langobardorum completa, da sola o assieme ad altre opere: rammenti, perché, pur essendo in generale molto limitata l’e stensione del testo da essi riportato, facevano parte di codici a tutti gli effetti; [1896], VIL. Abh., p. 211, In realta le due segnature $.4.52 eT. medesimo manoseritto, la s ce dal cat -LL cortispondono al cond essendo solo pil recente della prima, come si evit talogo dei manoscritti di Glasgow: Acct, Per Fedisionve della Historia Romana «lf Paolo Diaernra, «Bullettine dell Istiruto Storica Ttaliano» 40 (1921), pp. 7-103, a p. 7 ne ricorda di fatto solo 101 WartZ, pp. 4446. Questi codici, ventiquattro in cutto, sono suuddivisi secondo if luego della presunta origine 0 di conservazione, Alcuni di essi vengano wit dal Waitz identi ficati con quelli conosciuti ¢ consitis per ulterior’ identificazioni che si & avuto occasio- ne di fare, vedi df * Lelenco dei testimoni censiti & riportato in Appendice. Non é da escludersi che altri testimoni dell Hivoria Langabardoran possane ttoval private o trai frammenti po rose istituzioni - per esempio presso collezioni zeduti, non catalogati c quindi non identificati, dt ume: 370, — ovviamente, ¢ per lo stesso motivo, i codici acefali, mutili, lacu- nosis — i codiei parziali, che non riportano T'intera Historia Lango- bardorim perché nel corso della copia volutamente ne sono stati omessi alcuni capitoli o si @ preferito ricopiarne solo alcune parti enon necessariamente nella sequenza in cui compaiono nell’o- pera." Non sono invece inclusi nel censimento i manoseritti, tutt'altro che infrequenti, in cui sono stati ricopiati in mezzo ai testi pitt diver- si piccoli estratti (generalmente non pit: di due © tre capitoli) dell’ Historia Langobardorun: o anche episodi in sé compiuti, come i versia san Benedetto del prime libro o la descriptio provinciarane del secondos!! in questi ultimi casi si trattera probabilmente di estrapo- lazione successiva di materiale dell’opera di Paolo, anche se non si pud escludere in linea di principio che in qualche caso i brani circo- Jassero fin dallorigine in linea indipendente. Tutti questi manoscrit- ti per altro non andranno assolutamente trascurati: la loro analisi, se difficilmente porter a risultati concreti in merito alla bonta del testo in essi tridito ~ cid che comungue sari compito dei filologi verifica- re, Paltro canto potra forse dire qualcosa sulla diffusione e la for- tuna dell’opera e sulla storia dei manoscritti che la tramandarono. Il censimento che qui si presenta, ¢ che non si intende comun- gue considerare definitive, offre, rispetto a quello effettuato dai monumentisti, aleune novita dovure sostanzialmente a tre motivi: al fatto che non pochi manoscritti hanno, pur nella medesima sede di conservazione, cambiato segnatura; al fatto che altri, per svariate ragioni, si trovane ora conservati presso sedi diverse; infine, al fatto che si sono dovute riscontrare nell’elenco del Waitz alcune omissio- WF caso, per esernpio, tea i codici che finora si & avuto occasione di esaminare diret- tamenie, del manoscritto 128 E 14 della Biblioteca Reale dell’Aja (Appendice, ne. 102) del 1896 della Biblioreca Cassatease di Roma (Appendice, nr, 923, contenente nume- rosi capitoli del 1, del I e del VI libro ~ questi ultimi in un ordine quasi del tutta soy vertito~il cui copista alla fine dichiara apertamente: «Eplicic erctatus de libro Ystorie Longobardorum sumatim (1) estractus, amen», A mero titolo di esempio si segnalano il codice Leiden, Rifksuniversiteit, Voss. O. 15, comtenente af, 4v i distici clegiaci a san Benedetto aurografi di Ademaro di Chabannes, ed il cadice Udine, Biblioteca Arcivescavile, 95, dove ai ff. 72) si ha la deseriptin provincia: ni ed alcune incongruenze, anche abbastanza significative, ancorché pienamente giustificate da oggettive difficalta di ricerca, Riguardo al cambio di segnatura, rimandando all’ Appendice per pitt precisi riscontri, ci si limiterd qui a dire che dei primi 101 testi- moni censiti nei Mourmenta almeno una trentina di quelli conserva- ti nella stessa sede sono adesso reperibili sotto una segnatura diver- sa da quella fornita dagli editori tedeschi, o da essi fornita in modo impreciso, o non fornita affatto. Pit complesso @ il caso dei codici ora conservati presso altra sede, specialmente quando il luogo in cui si crovavano al momento dell’edizione critica non era un'istituzione publica ma una biblio- teca privata. Non ci si riferisce quindi tanto all'attuale Vat. lat. 11256, del X secolo (Appendice, nr. 40), esaminato dal Bethmann nel 1851 presso la biblioteca dei conti Strassoldo in Friuli, ¢ posse- duto dai Domenicani di Spalato al momento dell’edizione;" né ci si riferisce all’attuale manoscritto W 771 della Biblioteca Comunale di Trento (Appendice, nr. 104), del Quattrocento, che nel secolo scor- so si trovava depositato, assieme agli altri codici della Biblioteca vescovile, presso "Haus-, Hof- und Staats Archiv di Vienna.” Ci si tiferisce piuttosto, e soprattutto, ai codici della biblioteca di Sir Thomas Phillipps, presso Middle Hill in Inghilterra, dispersa dopo il 1872, anno della morte del suo proprietario, E comunque una fortuna che diversi lotti dei quasi 20.000 volumi phillippsiani siano stati acquistati da biblioteche pubbliche, per cui i tre codici Phillips 1885, 1886 ¢ 1887 si trovano ora, con la medesima segna- 2 Warrz, p. 24. Per la ticostruzione delle vieende del codice, passeduto dai Domenicani ale dal XIV secolo Apostolica V. c ni del! Historia Langobardorum di Paolo Diacono, «lorum luli» 20 (1996), pp. 70. 2) WatT2, p. 26. IL pattimonio dell'Arehivio e della Biblioteca vescovile di Trento, prima ceustodit presso il Castello del Buon Consiglio, erano stati depositati a tnnsbsuck e a Vienna nel 1804; Italia Ii eecuperd nel 1919; dal 1957 sono canservati a titolo di depo sito fiduciario. presso la Biblioteca Comunale: A. CutT0, I caici wiermesi della Biblioreea vescouile di Treneo, «Studi trentini di Scienze storiche» 37 (1958), pp. 183- 97; anche I manoseriteé datatt defls Provincia dé Trento, a cura di MA. wzzoli- L. Dal Poa D. Frioli-S, Groff - M. Hausberger - M. Palma -C. pon, Ficenze 199 {Manoseritti datat «Tala, 1) in particolare alle pp. Salon - 372 feews: Uetengem oreursqueadgrn. save MEMETEM per é «ie eubrasta mercedscede- derwe laborace: Urbonaurdamph atameommperenc(drocilefommen “ deus: epritole cardemadag lal — réerwrfaglolfo regtampbar dd eum wranat lennenrere ferrmotqna pensions praaudienrerpa cemquewrGue , ertiiparabat ‘profacaraty armdeuo brrconfidenrnd’ bnmurhor dinate Fig, 1 - Surrkt Gallen, Stifeshiblioth amicssts Comape Te eaeones . ‘. = ote vreuidlgracta pasved pun cae fem Tee won Shahtraceecbona tefera accel anfascce aorape pueipdh actos ce mendalt Tote opr’ emancicos adaguale* " fe povegtlangokar-lovs nace nape? ote 2 2 ae 288 qipensnest

Lib vi qggiunse anche una falsa nota di possesso («Est S, Johinnis in Valle») in gra antribuibile al XV secolo. Su Guglielmo Libri si ved il Rut - M. Mosrenr, The Life rtd Tines of Gugliclono Libsi (1802-1869): scdentist, patriot scholun, journalist and thiol. A ninetvonth-centary story, Flilversum 1995, con ampic parti dedicate alla sua bibliofil alle sue contralfazioni cli note di possesso ed ex: libris alle sori della sua raccoltalibraria e at soluzione, nel 1888, dell “affair Libri”, In P. Founsien - E, MAiGNien - A. ProuHioOwNE, Catalogue géncnid dee meanuserity dex bibliotbiques jubliqnes de France, 7, Grenoble, Pavis 1889, p. xxv 1, 1, 1a data del furto @ indicata nel 1849, anno in cai la collezione Libri cra aii stata aequisita dal conte Ashburnham, piutiasto che nel 1842 come pitt plausibiimente propesto da Marcio. Rup - Mosrenr, The Life and Tinnes of Gugliefvwo Libr, cit, p. 208. 2 Macciont RUIU - Master, The Life and Times of Guglielnza Libri, cit. pp. 320-331; sivedano anche L. Dest, Vente de manuserts di conte d’Ashburkany, «Journal des tants» a. 1899, pp, 317-337, 493-512 © A.N.L, Munpy, The Earl and the Thiefs Lord “Ashburnbaye aed Cott Libri, «Harvard Lilsrary Bullettin» 17 (1969), pp. 5-215 Ed, The Triumph of Delisle. A Sequel 10 ‘The Earl and she Thief’, ibid., pp. 279-290. W Si veda L, DELISLE, Notices sur sles manaerie dt fonds Libré conserves dla Lanrenticnne d Florence, Pacis 1886 con a p. 107 fa segnalazione dell attwale manoscrit- to parigino, la cui identifiewione col 338 cli Grenoble era yi stata fara dallo Zangemeister nella prefazione alledizione critica di Orosio: Paulus Orostvs, Historiarume adversus paganos libré VI, accedit eiusden Liber apologeticns, ed ‘Zongemneister, Vindobonae 1882 [Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, 31, pe XNXYD NHL Marnin, Catalogue des mauuserits de ly Bibliotheque de (Arsenal, 6, Paris 1892, pp. A56457 Te aegis * amfboreme poli hs hermns peftilen ain populess rardema eat sbeonrceriaargel Mosinee lag cnciont bar-barer-em alecranrlas hart fac or eordchfiea rover Milamornegme ire ncceper erent Leealner- bi remnonrt-s pctdelfrortmen pareyrhonays re con deder berdechnaiarmrcatalangoberderyeuez. lewempoore esprancatyattnnnebrals ett tmeatirwea: dererar. 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Forse il pit antico testimone conservato dell’ Historie Langobardorure & il codice 635 della Stiftsbibliothek di San Gallo.* Beat von Scarpatetti, che ne ha realizzato una scheda (cosi come degli altri due sangallesi contenenti ! Historie Langobardorum, 547 620) in vista della pubblicazione di un catalogo dei manoscritti san- gallesi di contenuto storico,” vi ha individuato 10 mani o ‘attegsia- menti grafici’. E in effetti, alcune delle numerose mani che si alter- nano alla copia del codice sono cosi simili che una loro distinzione & talvolta resa possibile pitt che dall'individuazione di un particolare tratteggio di certe lettere, dal pitt frequente uso di alcune abbrevia- zioni, o da quasi impercettibili automatismi gralici. Tn linea generale, tutti i copisti del codice sangallese 635, tranne uno particolarmente incerto, si servono di una minuscola carolina con frequenti deroghe al canone, nel senso di un utilizzo di elemen- ti precarolini quali la « pitt o meno aperta, la J allungata all’inizio di parola o allinterno con funzione semivocalica o nelle parole com- poste, le legature con ¢ € con r, a denotare I'uso di una serittura non ancora completamente assimilata e a suggerire quindi, verisimilmen- te, una datazione piuttosto alta del prodotto. Non presenta particolari problemi di identificazione la mano A, che copia le pp. 1-65 del codice, con lanticipo, per le prime due linee di p. 1, di un copista diverso, apparentemente pil incerto, cut forse cede Ja penna anche per 'ultima linea di p. 48 € la prima di p. 49. E caratterizzata da un asse diritto, talora lievemente inclinato a sinistra, addirittura con la realizzazione, a volte, della d con asta obli- qua di tipo onciale, Frequente @, in questo copista, I'uso della ¢ con *» Questo primata sarebbe conteso al codice sangallese dal celebre palinsesto as {Appendice, nr. 3), Il carattere stesso di codice palinsesto, e quindi le difficolt per un'accurata analisi diretta — comunque ancora non effete da chi serive — € soprat- unto il tipo di serittura per esso acloperata, urronciale ormai d'imitazione, forse non impediscono di abbassarne Ia datazione, portandol dalla fine dell'VIII secolo, come propasto dal Lowe (C.LA..3, nt. 279), al «dX secala e forse nemmena proprio al prin, Epion: R. MORGHEN. I palinsesto asiviense della Historia Langobardorum di Paolo Dieono, «Bullettino dell Istituto Storico Ttaliano» 38 (1918), pp. 7-25. Si veda anche Powt, Padus Diacones, cit., pp. 390-391 1. 91 5 Jf fworo, al momento dastiloscritto, & consultabile presse ba comunque'l prot, Searpatett per avermi fornito petsonalmente copia delle schede dei tre manoseritt Ringrazio occhiello pit o meno strozzato che sopravanza il corpo delle altre lettere se in legatura posteriore con ¢, (, , r 4, 8. Alerettanto fre- quenti sono le legature con r, re ed ri in patticolare: nel primo caso lar assume una forma crestata che si ritrova anche nelle meno fre- quenti legature ro, nel secondo la / scende serpegsiando sotto il rigo di base (allungata sotto il rigo di base, benché non serpeggiante, ¢ anche nella Jegatura //). Non del tutto trascurabile nella mano A V'uso della c crestata e di una g di tipo oneiale non solo allinizio di frase o di parte della frase; perlopid, tuttavia, la g @ di tipo carolino, con occhiello superiore chiuso, ¢ in tal senso si distingue, come si vedri, dal tratteggio della g eseguito dagli altri copisti. Costante privo di oscillazioni, a differenza di quanto avviene per le altre mani, & per il copista A il tratteggio della y, con coda che scende sotto il rigo di base e senza puntino di coronamento. Tra le abbrevi cui questo scriba ricorre si segnalano a7 per azten (molto pitt rara- mente dit), 6 per eis, in fine di parola, il nesso di o con ra forma di2.con coda barrata per -orur7, utilizzato per altro anche dagli altri ma nel quale, in questo caso, la R ha un occhiello abbastanza svi- luppato. La mano B (pp. 66-89 |. 3, ¢ ultime 3 linee di p. 90a), dal ductus pitt arioso ¢ dall’asse pid inclinato a destra, ¢ molto pili simile alle altre (dalla D in poi) che si avvicendano alla copia del codice. In par- ticolare in essa si nota un caratteristico tratteggio della g che si ritro- va anche negli altri copistis un ampio tratto a forma di 3 discenden- te sotto al rigo di base, richiuso in alto da un trattino che conferisce allocchiello superiore forma triangolare, e che non viene realizzato mai quando la g lega anteriormente con ¢, 0, meno sistematicamen- te, quando s'appoggia alla lettera precedente, Tra le abbreviazioni utilizzate da questo scriba si segnala in particolare 77a per omnia, Decisamente inconfondibile @ la mano C, intervenuta alle pp. 89 (dalla 1. 3) - 93 e, con calamo pitt grosso, 110 (dalla 1. 8) — 125.8 Trregolare e decisamente incerta, non allineata, con diversi cambi di modulo e di penna, Ja scrittura di questo copista ricorda per molti aspetti la minuscola insulare, specialmente nell'uso della g di tipo semionciale, che solo molto di rado, ¢ stentatamente, chiude l'oc- chiello superiore. Un altro elemento di ascendenza insulare che si nota é la legatura vei con 7 sotto il rigo (p. 92, L. 1; p. 10, |. 17). ioni * Mi permetto aii escludere che si atti di duc mani diverse, come rtiene Jo Searpateti 389 Nonostante Puso prevalente della a carolina, molti sono in questa mano gli elementi precarolini, come la ¢ crestata ¢ le legature con 1 anch’essa crestata. Una mano D ha copiato le pp. 93-102, 126-128 (fino alla 1, 11) ¢ 132-154 (fino alla I. 13); tisperto alle mani successive, ed in par- ticolare alla mano E ad essa molto simile, presenta la fe lar che scen- dono sotto il rigo di base, la prima molto pitt ampiamente dell'altra (mentre la s rimane poggiata sul rigo), una legatura a ponte s¢ in cui sono quasi sempre visibili lattacco a sinistra della s ed un suo tratti- no di base, un occhiello strozzato della ¢ nel nesso &; altri deboli segni distinitivi sono la sia pure sporadica presenza, accanto alla g di tipo carolino con occhiello superiore triangolare, di una g di tipo onciale (p. 101, Il.7 ¢ ultima; p. 152, 1. 11), un’abbreviazione per -us in fine di parola a forma di S discendente sotto il rigo, uso, anch’es- so comunque rare, del nesso or in fine di parola non solo per lab- breviazione -oram. Anche questo copista, inoltre, fa uso delle lega- ture re con / ctestata e ri con f discendente sotto il rigo di base. La mano E. (pp. 103-110 fino alla I. 7) appare, come si é detto, facilmente confondibile con la D. In particolare, per6, @ forse resa riconoscibile da un pit diffuso uso della a precarolina a forma di ce, eda un maggiore sviluppo delle aste discendenti (per cui scendono sotto il rigo di base non solo fma anche r eds, ¢ asta della q si incli- na verso sinistra). Un ulteriore cambio di mano @ individuabile dalla 1. 11 di p. 128, Secondo lo Scarpatetti questo nuovo copista, che qui sar’ chia- mato F, interviene fino alla fine della pagina, e forse nella successiva, mentre a p. 130 subentrerebbe nuovamente la mano D. A modesto awiso di chi scrive, quest’ultimo scriba sarebbe intervenuto nuova- mente solo da p. 132, menire Ja mano delle pp. 130-131 potrebbe essere identificata con la precedente F, per quanto difficile sia indi- viduarne caratteristiche che permettano di distinguerla dalle altre: si notera quindi soltanto, ¢ col beneficio del dubbio, che per questo seriba nella legatura a ponte sf, per altro realizzata in diversi modi (con o senza trattino ‘di base della s, con o senza allargamento in alto), il tratto orizzontale della ¢ non tende a terminare piegandosi verso Palto come avviene per il copista D. © Secondo lo Scarpatetti anche le pp. 130-131 sono attribuibili al capista D. Un copista G opera alle pp. 154-179 e 182, Nonostante l'aspet- to generale di questa scrittura ricordi molto e Ia faccia quindi confondere con quella delle altre mani, una virgola pit sviluppata satto il rigo nel segno di interpunzione ;, una barra altcettanto svi- luppata per il nesso or dell’abbreviazione -orur, In ¢ caudata, quan do nelle altre mani la cediglia era aggiunta da un lettore posteriore, un trattino di stacco dalla cresta della r nella legatura re, le abbre- viazioni & per eis e talvolta nrb per mihi, il ripiegamento verso l'al- to delle lineette abbreviative costituiscono automatismi a prima vista poco percettibili, ma tali da permettere di distinguerla dalle altre. Una mano ancora diversa, H, copia le pp. 180-181." Anche in questo caso la limitatezza dell'intervento, l'aspetto generale non troppo dissimile da quello delle altre scritture, l'oscillazione nell'ese- cuzione di lettere solitamente abbastanza caratteristiche come la y,"! rendono assai difficile Penucleazione di particolari atteggiamenti gra- fici. $i noteri un uso piuttosto frequente della legacura Zi, nella quale tuttavia la / non scende sotto il rigo di base, e dall'uso della quale comunque non sono scevri nemmeno gli altri copisti del codice. A p. 183 interviene una mano I, presente fino alla fine del codi ce (p. 243), sia pure con le «sehr starke Schwankungen passin» gid notate dallo Scarpatetti, Oltre ad oscillazioni di modulo e ductus di cui si dirk poco pitt sotto, vi sono aleuni cambi di mano. Il pit macroscopico di questi si nota sicuramente a p. 191, dove suben- tra un capista L questa volta facilmente identificabile per la gratia di modulo piuttosto largo, con diffuso uso delle legature [i ¢ ri con che scende sotto il rigo di base e della g di tipo semionciale (solo di rado il tratto orizzontale tende a ripiegarsi a sinistra nel tentativo di chiudersi a occhiello) ¢ con la pitt sporadica presenza di una a pre- carolina a forma di ce molto aperta La mano I, invece, talora molto disordinata al punto da far pen- © Secondo lo Scarpatert invece la p. 180 sarebbe dell mano Dc la 181 di mano divers © Questa lettera & realizzaa, nella stessa pagina (180) ora appongiata al rigo di base, 0 di poco discendente al di sotto, in uno {Hl. 3 ¢ 5) 0 in due UL. 10) traci, ora sempre in due tratti ma col secondo ampiamente discendente sotto il rige di base, da destra a sini- stra (J. 11 ¢ 16). Sempre presente 2 il puntino di coronamento, asimmetricamente spo stato verso destra © Non mancana poi interventi di mano diversa, sia pute molto limieati: si vedano le prime tre linee di p. 214 0 p. 216. 301 sare a interventi di un copista ancora diverso, si distingue per le aste discendenti piuttosto sviluppate rispetto al corpo delle lettere, gene- ralmente minuto: in particolare si estendono ampiamente sotto il igo di base il secondo, sottile ¢ diritto tratto della x € quello della y (sormontata dal puntino), le aste della pe della g ripiegate a sinistra, Ja / in legatura anteriore con ¢, Ja barra trasversale della ¢ nel nesso or per la solita abbreviazione -ortin (in cui lar presenta un occhiel- lo piuttosto sviluppato rispetto alla 0) Le difficolta incontrate nell'individuazione di alcuni cambi di mano e di caratteristiche proprie di ciascun copista, ¢ parallelamente alcune irtisolte incertezze al riguardo, non impediscono tuttavia di trarre qualche conclusione anche sull’origine del manufatto, e, ancor prima, di avanzare una suggestiva ipotesi sulla sua provenienza. Forse la pid antica menzione della presenza dell’ Historia Langobardorum in una biblioteca medievale @ Vinventario dei libri dell’abbazia di Reichenau compilato dal monaco Regimberto negli anni tra 835 e I’842. In esso la deserizione che interessa @ perd pur- troppo lacunosa. Vi si legge: “In XXXIV libro, in quo continentur libri quinque Historiarum gentis [...] Vuinilorum, qui et [...] et liber, in quo habetur Excidium Troiue civitatis."® La presenza delle due lacune, di eui tra altro non é chiara l'entita, obbliga ad una certa cautela nell’interpretazione del passo, che non farebbe escludere un abbinamento dell’Historia Langobardorum al De excidio Trotae di Darete Frigio. Di fatto, perd, in un successive inventario dei libri Augienses compilato tra il IX ¢ il X secolo, un volume contenente Ia sola Historia Langobardorun compare a tutti gli effetti. Lattuale manoscritto sangallese 635 contiene, come é noto, THistoria Langobardorum completa, ma con una trasposizione alle pp. 242-243, dopo il sesto ed ultimo libro, della eapitulatio del quin- to, scritta dalla stessa mano — in questa sede chiamata T - che ha copiato i fogli precedenti, né si tratta dell’unica incongruenza pre- sentata dal codice nella successione testuale.* Se anche il foglio cor- © P LEHMANN, Midtelalterliche Bibliothelskataloge Deutschlands wd der Sebweits, 1 Die ister Konstan tand Chur, Miinchen 1918 (19691, pp. 257-262. Tbid., pp. 262-266. © Le capitulationtes del primo ¢ dl secondo libro sono assenti; & presente invece rez0- larmente quella del terzo, che inizia in un nuove foglio, a p. 58, mencre uno spazio ‘yuoto pari a meti foglio é lnsciato a p. 57 al termine del secondo libro ed un altro a p. rispondente alle pp. 242-243, ultimo del volume, ed il precedente (pp. 240-241) non fanno parte di un fascicolo ma appaiono aggiun- ti alla compagine, diversi indizi permettono di affermare con una. certa sicurezza che tali fossero le condizioni del codice anche quasi dodici secoli fa: il copista &, come detto, lo stesso di tutti i fogli pre- cedenti da p. 183, e, sia a p. 241 che soprattutto a p. 242 ha note- volmente timpicciolito il modulo aumentando i! numero delle lince di scritrura come per sfruttare il poco spazio a disposizione rappre- sentato dai due fogli aggiunti; la rubrica che introduce la capitulatto, docipiunt capitula de libro qui super sctiptum est; capitula libri guinti>, non solo fa riferimento a un quinto libro copiato preceden- temente enon da copiarsi di seguito come logica avrebbe voluto, ma trova anche la sua giusta corrispondenza nella cubrica che, a p. 163 introduce il quinto libro propriamente detto;” infine, il foglio corsi- spondente alle pp. 240-241, contenendo l'ultima parte dell’ Historia Langobardoram, non avrebbe potuto in nessun caso trovarsi altrove ed & quindi verisimile che la medesima destinazione avesse da sem- pre anche il foglio successivo. Vipotesi di chi scrive é dunque che il redattore dellinventario di Reichenau avesse a che fare proprio con l'attuale manoscritto san- gallese 635 e che, nello sfogliarlo per identificarne il contenuto in mancanza di intitolazione o rubrica iniziale,* si sia imbattuto all’ini- zio nel nome dei Vuinnili, termine usato dallo stesso Paolo Diacono nel primo libro della sua opera, ¢ alla fine nella capitulatio del quin- 61 al termine della capitulation ste Ja capitulatio del quarta fibro segue normalemen- te e senza interruzioni il ter2o, e precede i primi quattro capitoli del quarto; success yamente, alle pp. 111-115 era stata copiata muovamente la eapitulatio del terz0 libro, ora quasi del cutto abrasu; alla terz‘ultima linea dip. 115 riprende regolarmente, ¢ senza soluzione di continuita col testo precedente. il quinto capitolo del quarto libro; ap. 163 silegye la eubrica «Hic fine iber TEI hie serivere (!) debes capitula ce Historie (!} gen~ tis Langobardorum liber quintuss, ma la capitulatio del quioto libro si trova nell ultimo foglia det codice; a p. 205, dopo la rubrica «Explicit liber V, incipiune capitals libri sexti» é lascimto uno spazio vuoto pari a circa on quinto della pagina; a p. 206 si ha Ia rubrica «dn Christi nomine Historie Langobardoram incipit liber sestus» cui segue regolarmente il testo del sesto libro, privo quindi della capitulatio anmnciata a p. 205; Vexplicit dell’ Historia Langobuseorum si haa p. 241 © Fatte salve le interruzioni di cui sopra, alla descrizione della mano f © Cr la nora 65 "TL testo del codice cominei ces abrupt con Vincipét «Septemirionalis plapa..o» 393 to libro, che avrebbe fatto pensare appunto ad un’ opera suddivi cinque libri piuttosto che in sei” Un successivo passaggio del manoscritto alla biblioteca di San Gallo, poi, & pitt che plausible se si considerano gli stretti rapport intercorsi tra le due abbazie,"* ed esplicatisi anche nello scambio di libri? L842, data ultima per l'inventario di Reichenau, viene a costi- tuire cosi un assai significativo termine ate gue per la datazione del codice ora sangallese.”? Llassenza di menzione nell'inventario precedente, databile wa 821 ¢ 822, costituirebbe, al contrario, un termine post quem solo nel caso in cui si volesse ipotizaare per il manoscritto un’origine nella stessa Reichenau, cid che diversi indizi sembrerebbero far escludere, a cominciare dal confronto con altre testimonianze aventi per certo tale origine. in © Pont, Panes Diaconns, cit, p. 391 parla del code sangallese ¢ dellinventario di Reichenau, senza euttavin mettere in corcelazione il primo col secondo. WR McKtrrenick, The Carolingians and the Written Word, Cambridge 1989, p. 182. 1 JAW. Thomesox, The Medieval Library, Chicago 1939, p. 79 LEnMANN, Mittelultertiche Bibliothokskatalage, cit.. pp- 223-224. {n un inventario sangallese della ‘second meti del (X secolo si menzionana raccolte di omelie che «redditae sunt ed ‘Augiam et patratae sunt novaen: J. DUFT, Einleitung. 1. Die Haudschrifien ‘Karalogiiernng in der Sufisbibliotheke St. Gallen von 9, bis 170 19. labrlnundert,in BM, VON ScaRPATETT, Die Handscbrifien der Stfisbiblionhek St Gallen. Beschreabendes Vercetchnis, Codices 17261984 (14-19, Jabehundert), Ste Gallen 1983, p. 15%, Nel 926. in occasione di un‘invasione degli Ungari, il patrimonio librario di San Gallo fu depo: stato a Reichenaw: J. Dur, Die Abter St. Gallet, 1, Beitrige zur Exforsoluorg ibrer Manuskripee, Sigmaringen 1990, p, 15. IL codice 633 non sarcbbe cosi unico mano~ scritto passato da Reichensau a San Gallo: sicuramente identificara come tale& per esem- pio Vorigine desl attuali sangalest 730 (LEHMANN, Miitellterlibe Bibliorbetskataloge, vit, p. 223}, 914 e916 (A, BRUCKNER, Seriptoria Medi Aco’ Helvetica, 2, Genf 1936p. Bad javentatio, ialati, secondo Je indicazioni del compilatore, ¢ relative ai libri copiati da lui stesso, futi copiare, o ricevuti in dono sotto la reggenza degli abari Waldo, Heito, Erlebalda ¢ Ruadelmo, Pultimo dei quali mori appunto nell’$42: LEHMANK, Mrtelalterliche Biblioebehstinaloge, p. 257 2 i veda A, CHROUST, Mounnenta paleogruphica. Dewkmiler der Schreibleunst es Mitrelalters, 2, Minchen 1914, fasc. X, savy. 5-7 e 8-9 come esempi di codices Angionses prodotti prima dell'822, anche ftavv. 8-9) dallo stesso Regimbexto e dai sui discepoli, f fase, XI, a. Ta come esempio databile tra 1825 ¢ 1838, La minuscola prodocta Reichenau nella prima meta del IX secolo, del resto, poco si lifferenzia dulla come. pporanea minuscola sangallese, a riprova delle strette relazioni, anche in campo gralico, tra idue monasteri, BRUCKNER, Seriptora, eit. 2, Genf 1936, p, 15 n. 13:3, Gent 1938, p.27n. 112. Dove fu allora allestito il manoscritto sangallese 63? Per una sua origine italiana propende la maggior parte degli studiosi: se tale alfermazione & dallo Scherrer avallata solo dall’osservazione di feno- meni ortografici," e non accompagnata da particolari argomentazio- ni da parte del Brauer,” il Bruckner, dopo Viniziale incertezza ¢ a seguito, evidentemente, di una pitt approfondita conoscenza delle scritture elvetiche, si risolye nettamente a favore dell’ltalia;” il Lowe” ed il Bischoff, invece, appaiono concordi nel proporre, come luogo della sua origine, appunto I’Italia nord-orientale o le vicinanze di Verona. Si trata purtroppo di affermazioni non ulte- riormente argomentate: da una parte infatti il Lowe non precisa in cosa consistano le «Veronese features» da lui osservate nel codice sangallese, dall’altra il Bischoff non spicga la sua propensione per i «dintorni di Verona» piuttosto che per la citta stessa, lasciando perd in questo modo supporte che la sua analisi paleografica del codice avesse rilevato caratteristiche non direttamente riconducibili alla scuola scrittoria veronese.” G, ScHenenn, Ver 1875, p. 207. 9°” HL Braun, Die Biieheref vow St. Gallen rd das Althoebidentsebe Sebrifran, Halle 1926, p. 36: ablier wiirde man ein Hinweis auf die nach det Schrift dem Verfasser nahe- uy gleichzeitige Langobarclengeschichte des Paulus Diaconus (cod. 635) erwarten, aber diese scheint erst spiter aus Italien nach Sankt Gallen geleommen scin..». BRUCKNER, Seriptoria cit, 1, Genf 1935, p. 24 n. 94: «Auch Cod, 635 scheint churri tischer Art za sein, wenn schon die Schrift stark Karolingisiert ist. Er ist etwas spiter ‘oder nahezu pleichacitiz wie 733 [stark karolingisiert], also um 825 entstanden. Scherrers Annahme der Codex sei aus Italien, vermaig ich mich nicht anzuschliessem , Gent 1936, p. 13 n, 42 edtalieniseh ist woh! auch SanGall. 6350 CLA., 7, ne 45 B.Biscwore, Centré sertiort ¢ manoscrtt’ mediator’ di evilta dal VI seoolo all eta di Carlomagno, in G. CANLLO, Libri e lettori rel Medioevo. Guida storica ¢ eritica, Bari 1989, pp. 27-97, 239-264 259 n. 285; Id, Italznitche Handschniften des nevwuter bis elf ton Jubshunderts in fridonittelalterlichen Bibliotheken ausserhatb leans, in Ati del cor pogie internarionale «fl libro e #l testo». Urbino, 20-23 settembre 1982, a cura di C. Questa - R, Ralfuelli, Urbino 1984 (Atti di congress 1), pp. 169-194: 178 e 187. 7 Sullargomento si veda T. VENTURINI, Ricerche paleografiche iintorno all arcidiscono Pacifico di Verona, Verona 1929; V. Lazzanint, Scuola calligrafica veronese del seeolo IX, in ld, Scritt ci paleografiee ciplomatica, Padova 1969 (Medivevo e Limanesimo, 6), pp. 10:27;8, ZAMPON|, Pacifico e gli altri. Nota paleugrafica in margite a una sottoscrisione, in C. LA ROCA, Pacifico di Verona. I passato carolingio nella costrazione defle memoria urbana, Rom 1995 {Istituto storico peril Medio Evo. Nuovi studi storici, 31), pp. 229 24. sclniss der Harndsebriften der Stiftsbrbliotbek von St. Gallen, Halle 395, Prima di avanzare una diversa ipotesi sull’origine del codice san- gallese, ruttavia, si ritiene opportuno accennare ad un altro antico festimone dell’ Historia Langobardoram, «summa auctoritatisn a iudizio degli editori tedeschi anche in ragione della sua vetusti,"' ¢ al sangallese vicino sul piano cronologico, forse geografico, ¢ soprat- tutto testuale. Si tratta del codice XXVITI del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, vergato da un’unica mano in cui forme caroli- ne si altemano a forme precaroline in maniera costante ed uniforme, vale a dire senza oscillazioni grafiche per le stesse lettere o gli stessi gruppi di lettere, poiche Pimpiego di elementi carolini come ta a & costante quanto quello di element spiccaramente precarolini come ia legatura 1/0 le legature con e. Per questo codice, dunque, paiono plausibili una datazione entso la meth del IX secolo, quando, come osservaro dal Pratesi, nei codici in carolina ¢’é ancora ampio spazio per le forme precaroline, ¢ l'individuazione in esso di una mano piumrosto esperta consapevole, per la quale Factingere all'uno 0 all’altro tepertorio grafico sembra dettato da una precisa scelta pitt che dallimperizia derivante dall’utilizzo di una scrittura nei primi anni della sua diffusione. Oltre a cid, il costante utilizzo della nota tironiana = per est, ¢ la presenza di iniziali contornate da puntini, hanno sugecrito la presenza di elementi insulari ¢ dunque la prove: nienza del codice da uno scriplorium almeno in parte soggetto a influssi del genere." Elementi insulari si possono tilevare anche nel manoscritto san- gallese sopra descritto, benché non sistematici ma limitati alla grafia diun’unica mano (la mano C), al contorno a puntini di un"unica ini. riale a p. 60 (Q) ed eventualmente, come si vedri meglio tra poco, alla grafia di un lettore di cui alcuni interventi interlineari. ‘Altsi, tuttavia, sono gli indizé che suggeriscono in modo meno generico per i due codici sangallese ¢ cividalese una certa reciproca vicinanza sul piano cronologico ¢ su quello geografico, e soprattut- to, fatto pid facilmente dimostrabile, una non trascurabile familiarita sul piano della tradizione manoscritta swat, p. 3. Una pit: dertagli insular’ in essa presenti ed una proposta cli datazione sono state effetruate in Pant, Elonenti fnsntari 1a analisi paleogralica del codice, un'ossetvazione degli element cit, passim, 396 Da un punto di vista paleogratico, st puo osservare una certa somiglianza delle grafie della mano A del sangallese ¢ del copista del cividalese: se per Ia prima la presenza di elementi precarolini & pitt forte e meno sistematica che per il secondo, l’andamento generale delle due scritture, I'asse diritto, l'uso di un inchiostro ocra chiaro (adoperato anche dagli altri copisti del codice sangallese),** lingros- samento delle aste, il tratteggio di alcune lettece come la y o delle Iegature con ¢, farebbero, anche da un primo colpo docchio, apps rire le due scritture nel complesso simili Un altro elemento, tuttavia, consente di awicinare i due manu- fatti: Pornamentazione. In entrambi i codici essa & piuttosto sempli- cee modesta, limitata ad iniziali realizzate a penna dagli stessi copi- sti contestualmente alla trascrizione, ritoccate in rosso/arancio talo- racon rudimentali motivi a intreccio, nel sangallese, in rosso o verde nel cividalese. Tali iniziali, sopratrutto, sono realizzate nei due mano- scritti secondo uno stesso stile, consistente nell’arricchire una morfologia poco elaborata ¢ riportabile all'alfabeto onciale e capita- Ie di piccole appendici decorative, come Mallargamento a triangolo, talora con base ondulata, delle terminazioni di C, N, § 0 dei tratti orizzontali della Ee della F, foglie (nel sangallese) o semplici riccio- Ii (nel cividalese} che si dipartono dalle aste di A, D, H, 1, tingonfia- enti di occhielli ed anse di D, H, M. Rispetto al sangallese, il codi- ce cividalese presenta maggiore varieta di realizzazioni per la stessa Jettera, e forse un'esecuzione in generale pid accurata, a riprova di tuna sua sia pur lieve posteriorita cronologica; ma si pud atfermare con una certa sicuezaa che lo stile dell’ornamentazione sia presso- ché lo stesso per i due manufatti. Anche questo elemento, pertanto, farebbe pensare ad una provenienza dei due codici dalla medesima regione, se non dal medesimo seripioriurt. Meno facile, tuttavia, é, sulla base appunto dell’ornamentazione, Vindividuazione di tale area geografica. Data la mancanza di studi specifici sulle iniziali semplici, meno ‘interessanti’ - almeno da un punto di vista storico-artistico ~ di quelle ornate 0 zoomorfe, los- servazione di riproduzioni e facsimili quasi sempre si rivela insoddi- sfacente, Non indifferenti somiglianze con lo stile ¢ la morfologia © Sccondo S. GavINELLL, Per sn'enciclopedie carolingia (ooslice Beruese 363), «ta medioevale e umanistiean, 26 (1983), pp. 1-25,2 p. 13, linehiostro aera chiaro sarebbe tipico dell ralia settentrionale.

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