SEMINARI
di
ANTROPOLOGIA LETTERARIA
Trento
Immaginario
e follia
a cura di Fabio Rosa
EDIZIONI - U.C.T. - TRENTO.STEFANO FERRARI
Gli stili della follia: Hogarth, Goya e Géricault
Per molti secoli il rapporto follia/arte si é esaurito nell’analisi della relazione
follia/genio artistico. Molti sono gli studiosi che fin dalle origini del pensiero oc-
cidentale hanno cercato di comprendere l'interrelazione fra la produzione arlistica
di un pittore e il suo comportamento psichico!. II lavoro che invece noi vogliamo
intraprendere in questa sede @ una trasformazione dell’assunto di partenza, per
indagare i contenuti rappresentativi della follia indipendentemente dai comporta-
menti insani degli artisti. Per fare cid diventa necessario riflettere sugli strumenti
metodologici a nostra disposizione per valutare la loro congruita rispetto alla ricer-
ca da sviluppare. Uno degli errori che maggiormente ricorrono in questo tipo di
indagini @ Yassunzione strumentale di una metodologia di lavoro indipendente-
mente dalla specificita dell’ oggetto di studio e del suo contesto storico-culturale. La
rappresentazione della follia fra XVII e XIX secolo, ad esempio, costituisce un tema
che necessita di un approccio storico-critico del tutto particolare. Per la sua natura
unica ¢ irripetibile, essa sfugge ad una interpretazione meramente iconografica di
tipo seriale, cosi come questa pratica @ stata codificata ed applicata dalla scuola di
Aby Warburg e dai suoi principali allievi, con particolare riferimento a Erwin
Panofsky; oppure per la sua natura fortemente contenutistica essa si sottrae ad una
interpretazione meramente formalistica di tipo, ad esempio, «purovisibilista» 0
semiologico.
Di contro, I’unico strumento metodologico (anche se non alternativo ma anzi
complementare rispetto alle tendenze storiografiche appena accennate), a nostro
avviso, che pud soddisfare una ricerca sulle qualita rappresentative della follia @
Yanalisi stilistica. Certamente questa prassi metodologica ha assunto da Johann J.
Winckelmann in poi sfumature che invece di chiarirne il significato, ne hanno
deformato e sminuito l’applicabilita. Il nostro studio vuole tenere conto di tutte le
esperienze fate in nome della pratica stilistica in questi ultimi decenni e soprattut-
to del pregevole lavoro di riflessione generale compiuto da Meyer Shapiro nel
lontano 1953, L’analisi stilistica che qui si vuole avviare non é tanto volta a defi-
nire la continuita la ciclicita del tema della follia nei vari periodi della pittura
occidentale, quanto piuttosto @ volta a ricercare come questa abbia assunto una
forma rappresentativa a partire dalla sua evoluzione culturale fra Sei e Ottocento.
Tale indagine ci permettera quindi di individuare le principali caratteristiche di
raffigurazione della pazzia, a partire non solo dalla sua individualita, attraverso,
ad esempio, i suoi contenuti espressivi, ma soprattutto dalle sue condizioni ogget-
tive, attraverso, ad esempio, il luogo del suo internamento o della sua cura. Tale
esperienza ovviamente non pud fondarsi su una ricerca monodisciplinare ma deve,
anzi, avviare un confronto serrato con quelle discipline (letteratura, filosofia, me-
dicina, sociologia, morale, ecc.) che via via hanno studiato i suoi contenuti eziologici,
gnoseologici, sociali, storici ed etici.
93Descartes nei primi decenni del XVII secolo sancisce di fatto l'impensabilita
della follia, dal momento che il pensiero razionale e dubitante non pud averne
coscienza®. Blaise Pascal alcuni anni pid tardi decreta anche la sua inimmaginabilita.
Nelle Pensées egli scrive:
Posso benissimo concepire I'uomo senza mani, senza piedi e magari senza testa
(perché solo lesperienza m’insegna che la testa @ pili necessaria dei piedi), ma
non senza pensiero: sarebbe una pietra 0 un brutot,
‘Vale esclusione della follia da ogni campo del sapere seicentesco provoca,
come noto, la sua riduzione al silenzio, il suo internamento. Anche la pittura del
XVII secolo partecipa a questo processo di estraneazione della pazzia dal! orizzon-
te delle esperienze culturali. Essa cancella il tema della follia dall organizzazione
dei suoi temi e dei suoi generi artistici. In tale quadro epocale possono solo soprav-
vivere riferimenti artistici della pazzia legati esclusivamente alla ratio rinascimentale,
come @ il caso, ad esempio, di un disegno del Guercino (Corteo trionfale di un
pazzo»), di un dipinto di Gaspare Traversi («Vecchia pazza e bambino con nacche-
re») e di una stampa di Charles Antoine Coypel («La Folie pare la Décrepitude des
Ajustements de la Jeunesse»), il cui approccio metodologico non pud avere nulla
in comune con quello del periodo di cui noi ci stiamo occupando. Ma la pittura del
Grand Siécle completa la riduzione al silenzio della follia, estraneandola anche da
qualsiasi possibilita di riflessione teoretica. Il caso, da questo punto di vista, pitt
eclatante @ costituito dal trattato di Charles Le Brun, Méthode pour apprendre a dessiner
les passions. Proposée dans une Conference sur I Expression générale, et particuligre (Paris
1698). Egli decreta I’esclusione irreversibile della follia, unitamente a tutti gli atteg-
giamenti collegati alla sragione, come il furore, la demenza, la malinconia, ecc., dal
campo d’interesse dell’espressione pittorica. Pur nella consapevolezza dell’impos-
sibilita, come aveva affermato qualche anno prima Henry Testelin, segretario del-
YAccademia francese di pittura, di prescrivere tutti i segni delle diverse passioni a
causa della diversitd delle forme e del temperamento®, Le Brun @ certo
dell’irrapresentabilita espressiva di qualunque atteggiamento folle. Il suo interesse,
cartesianamente parlando, non pud che prendere in considerazione le passioni
buone, dal momento che solo queste ultime sono in grado di assicurare un corretto
rapporto fra anima e il corpo’.
Totalmente diverso @, invece, il ruolo che la pittura del XVIII secolo assume
nei confronti della follia. Dopo 'impenetrabile silenzio del secolo precedente, essa
cerca di capovolgere la situazione, affrontando, inizialmente con grande
circospezione, il tema della sua raffigurabilita. Le difficolta ovviamente sono enor-
mi. I pittori settecenteschi se vogliono rappresentare la follia devono lasciare i loro
comodi ateliers e penetrare negli spazi oscuri e disumani dei manicomi, perché solo
a & possibile incontrare e rappresentare l’esperienza della pazzia. Il primo artista
che si fa carico di dare corpo a questo obiettivo @ William Hogarth. Il suo propo-
sito, tuttavia, @ ancora fortemente condizionato dal quadro epistemologico ed etico
in cui la follia & intesa nell/Inghilterra della prima meta del XVIII secolo. L’opera
dove egli affronta questo tema é I'episodio terminale della serie della «Carriera del
94libertino», realizzata fra il 1732 e il 17358. Il libertino Tom Rakewell, dopo nume-
rose traversie e disavventure, dominate da un eccessivo asservimento alle peggiori
passioni, le quali si sono trasformate in follia, viene rinchiuso nella famosissima
«Madhouse» di Bedlam a Moorfields nei pressi di Londra. Questo esito é tanto pitt
significativo se pensiamo che tutte le opere che hanno influenzato direttamente o
indirettamente questo ciclo pittorico presentano un epilogo del tutto diverso. Dal
manifesto, pubblicato a Roma da Callisto Ferranti nel 1611, [I Miserabile Fine di Quelli
che seguono le Meretrici alle dodici incisioni veneziane anonime con La Vita del La-
scivo del 1660-1675 c.°, dalla traduzione inglese del 1701 della Tabula Cebetis'® alla
commedia di Henry Fielding The Temple Beau del 1729-304, fino al poema anonimo
del 1732 The Progress of a Rake; or, the Templar’s Exit!2 emerge un libertino che di
volta in volta conosce, al termine della sua carriera, la poverta ¢ la carita dell’uspe-
dale, la punizione della casa di correzione oppure il suicidio, ma non la follia e
Yinternamento in manicomio. Dunque, Hogarth ha voluto dare alla sua serie un
esito del tutto inedito per sottolineare, in perfetta sintonia con i principali esponen-
tidella satira Tory dell’eta augustea, come Jonathan Swift, John Gay, John Arbuthnot
e Alexander Pope, ma anche con le teorie sulla pazzia di Francesco Bacone 0 di
John Locke, i pericoli di una vita condotta al di fuori degli schemi dell’homo rationalis
e per evidenziare la fragilita della ragione quando é attaccata dalle passioni violen-
te!3. La follia rappresenta la punizione per quegli uomini che si sono fatti irretire
dalle passioni incantatrici, dal capriccio e dall’immaginazione. Essi hanno perso la
loro umanita per colpa del vizio morale che ha permesso alla ragione di essere
sopraffatta dall’orgoglio, dalla vanita, dalla presunzione, dall’eccentricita e dall’ar-
roganza. Il compito del moralista, sia esso uno scrittore o un pittore, non cambia:
dare del folle un’immagine anomala, ridicola, spregevole, disgustosa'*. Da questo
punto di vista, la pittura di Hogarth contribuisce, cosi come l’impegno letterario
del suo amico Henry Fielding, a definire quel nuovo quadro etico-sociale della
emergente middle-class inglese, nata dalla rivoluzione puritana del XVII secolo, che
stigmatizza ogni comportamento contrario al nuovo ordine costituito'®.
Se verosimilmente I’obiettivo di questa scena finale della «Carriera del li-
bertino» appare ben chiaro, pitt difficile risulta il compito di darne una precisa
lettura descrittiva. Tale difficolta non @ dovuta solo ai ripensamenti di Hogarth fra
il dipinto e l'incisione ma, soprattutto, alle scarse indicazioni che il pittore ci ha
lasciato per una sua corretta interpretazione. Cid ha determinato una rincorsa al-
quanto curiosa fra i vari studiosi hogarthiani al fine di definire quali sono le reali
caratteristiche del comportamento folle di Tom Rakewell. Risulta alquanto difficile
poter sciogliere il dubbio se quest’ ultimo viene rappresentato nel momento del suo
arrivo a Bedlam, dopo il suo trasferimento dalla prigione di Fleet, oppure nel
momento precedente la morte. Su questo punto, gli studiosi si sono divisi in base
a considerazioni, ci sembra di poter dire, del tutto legittime e pertinent. Ad esem-
pio, per Hilde Kurz, cosi come aveva gia scritto John Trusler nel 1833, sulla scorta
di un verso del poema, composto per Hogarth da John Hoadly, che accompagna
quest’ultimo episodio della «Carriera del libertino» («Behold death grappling with
despair!»), il libertino sta «morendo, pianto dalla sua fedele Sarah Young [I’unica
persona che gli é rimasta leale attraverso tutto il ciclo], che — senza aspettare la
fine — era giunta con la sua farinata. Uno dei guardiani gli sta togliendo le catene
che ormai, non servono pit, mentre altro cerca di allontanare la donna»!®,
95
24Questa interpretazione contrasta con quella avanzata, ad esempio, da Edgar
Wind oppure da Frederick Antal, i quali sostengono che Tom Rakewell, in quanto
pazzo furioso e pericoloso, viene incatenato da uno dei guardiani per impedirgli
il suicidio’. Essi, tuttavia, sembrano non fare molta attenzione alla trasformazione
introdotta da Hogarth nell’ espressione del libertino folle fra il quadro e la stampa.
Se nel primo Tom Rakewell esprime ancora una tragica tristeza, nella seconda
quest’ultima si @ trasformata in follia furiosa. All’immobilita statuaria del primo
atteggiamento, che contrasta stranamente con la sua rappresentazione naturale
nelle scene precedenti, si contrappone il dinamismo delirante del secondo. Con-
temporaneamente, annota ancora Hilde Kurz, Hogarth ha rinunciato alla posa
derivata, secondo la brillante interpretazione iconologica di Edgar Wind, da una
delle statue, poste all‘ingresso di Bedlam, rappresentante la follia furiosa, dello
scultore danese Cajus Gabriel Cibber, per adottare, invece, una posa che allude
unicamente al fatto che il libertino @ stato spogliato dei suoi vestiti®, Tale con-
traddizione, certamente, @ di difficile soluzione, soprattutto, perché qualsiasi ana-
lisi unicamente formale o iconografica appare insufficiente a dare una pit precisa
interpretazione di questo particolare. Cid significherebbe, inoltre, che Hogarth, per
realizzare l'ultima scena della sua «Carriera del libertino» con Tom Rakewell paz-
z0, si 2 avvalso soltanto della mera invenzione pittorica o del mero rispetto di una
tradizione iconografica precedente. Ma esiste la possibilita di un’altra interpreta-
zione, attinente soprattutto la sfera del comportamento folle cosi come esso é stato
codificato dalla medicina settecentesca, la quale spiegherebbe ’esitazione dell’arti-
sta inglese. Robert Whytt, un medico quasi contemporaneo di Hogarth, studiando
le malattie nervose, sottolinea come esistano
casi in cui le passioni, essenda trappo vialente, hanno fatto nascere delle specie
di tetani o di catalessi, tanto che la persona assomiglia allora piti a una statua che
a un essere vivente. E, per di piti, lo spavento, Vafflizione, la gioia, la vergogna
portati all’eccesso sono siati pitt di una volta seguiti da una morte improvvisa!?
Su un punto, invece, gli esegeti hogarthiani sono quasi tutti d’accordo: ac
canto a Tom Rakewell all’interno del manicomio di Bedlam @ rappresentato, per
usare le parole di John Trusler, «il senato dell’umanita, dove ogni uomo pud tro-
vare un suo rappresentante»””. Roy Porter proseguendo in questa linea in-
terpretativa, ha sottolineato come Hogarth, la cui finalita artistica non era do-
cumentaria bensi didattica, abbia invitato il pubblico a sovrapporre Bedlam con
VInghilterra per chiedersi se gli inglesi non erano forse pitt pazzi dei bedlamiti?2!.
Il pittore inglese, a suo avviso, rappresenta «la follia dell’umanita in un pazzo
mondo sottosopra nel quale Londra e Bedlam formavano un racconto ironico di
due citt’»”4, Intorno al libertino troviamo le principali forme di follia cosi come
esse erano state codificate dalla letteratura, dalla medicina e dalla filosofia del
tempo. Nelle due celle numero 54 e 55, aperte sul corridoio dove si trova Tom
Rakewell, possiamo scorgere due personaggi afflitti dalla stessa monomania, anche
se causata da idee profondamente diverse. Il primo, parzialmente seminudo, pensa
di essere Dio o un maniaco religioso, il quale sta pregando davanti ad una croce
di legno. Possiamo riconoscere, soprattutto nell’incisione, sulla parete di fondo
della sua cella due ritratti: uno di S. Atanasio e l’altro di S. Lorenzo*. II secondo,
96invece, completamente nudo, pensa di essere un «pretendente re» con una corona
di paglia in testa e un bastone rotto in mano a guisa di scettro™. Fra le due celle,
accanto al gruppo con Tom Rakewell, troviamo tre folli. Quello in piedi, seminascosto
da una delle porte, sta tracciando degli strani disegni sulla parete del corridoio.
Questa figura di pazzo ha creato una forte contrapposizione interpretativa fra i vari
studiosi hogarthiani. John Trusler, ad esempio, lo considera una sorta di astronomo
che sta cercando di trovare la longitudine della terra. Egli lo associa al folle che sta
guardando attraverso un cannocchiale di cartone, come simboli dell’arditezza spe-
culativa, la quale non tiene conto della debolezza del cervello dell‘uomo, quando
esso si spinge oltre le sue possibilita>. Per Roy Porter, invece, esso rappresenta una
sorta di autocaricatura dello stesso William Hogarth. Il gruppo @ completato da
un sarto pazzo, vestito di stracci, che @ intento unicamente a prendere delle misure.
Il quadro della follia si conclude con tre uomini, posti sulla sinistra, che rispettiva-
mente rappresentano un papista fanatico, un musicista pazzo ed un amante in-
consolabile in atteggiamento malinconico. Infine, sullo sfondo del dipinto possia-
mo notare due donne che assistono all'intera scena. Con esse Hogarth evidenzia
come la follia sia diventata per la societa inglese del tempo una sorta di spettacolo
4 Ia page, dal momento che ogni anno circa 100.000 persone pagavano per poter
guardare e molestare gli ospiti di quello zoo umano””
E difficile poter discernere se Hogarth ha raffigurato delle caricature di paz-
zi, come ritiene Roy Porter, oppure dei veri e propri prototipi di folli, come affer-
ma, invece John Trusler. Pensiamo che una contrapposizione cosi netta in realta
non abbia alcun senso. Dare corpo ad una delle due interpretazioni vorrebbe dire
considerare l’esperienza della follia settecentesca come una esperienza
monodisciplinare, dominio esclusivo o della letteratura, 0 della medicina 0 della
filosofia. Noi sappiamo, invece, che essa @ stata una esperienza trasversale alla
societa e alla cultura del tempo. Ma anche tale visione denuncia un pericoloso
fraintendimento analitico sia dal punto di vista epistemologico che da quello sto-
rico. Se prevale nello studio della follia un approccio di tipo esclusivamente letterario,
certamente, come aveva gia affermato Jean André Rouquet, il comportamento pazzo
di Tom Rakewell diventa I’unico di un certo interesse a detrimento di tutti gli altri.
Di contro, se prevale un approccio di tipo esclusivamente filosofico, ad esempio, di
tipo lockeiano, la pazzia del libertino passa in secondo piano rispetto alle monomanie
degli altri insani. Ma, soprattutto, non si deve dimenticare che nel Settecento il
fenomeno dell’internamento del folle non riguarda in primo luogo la satira lette-
raria, la gnoseologia medica o I'indagine filosofica ma spetta interamente alla pra-
tica repressiva della giurisprudenza, la quale @ mossa esclusivamente da ragioni di
moralita pubblica e di sensibilita sociale”’. Detto altrimenti, il nostro interesse non
si deve limitare solo allo studio della follia in quanto tale ma deve estendersi a
considerare quale ruolo svolga la funzione dell’internamento nella societa europea
del XVII secolo come sistema di negazione e punizione di qualsiasi comportamen-
to legato alla sragione. Tom Rakewell, dunque, viene internato non solo perché @
diventato pazzo, dopo aver abusato ed essersi abituato alle peggiori passioni, ma
anche perché egli é un libertino, vale a dire egli incarna un comportamento deli-
rante che la ratio settecentesca condanna e punisce. Tale interpretazione pud essere
rafforzata se prendiamo in considerazione il contenuto espressivo del dipinto. Negli
episodi precedenti dello stesso ciclo, egli non da alcun segno di follia, vale a dire
o7le prime scene non fanno intravedere lesito finale della sua «carriera». Anzi, espri-
me ancora delle passioni 4
Infine, la terza, di cui & autore uno storico tedesco degli ospedali europei,
Dieter Jetter, basandosi su documenti soprattutto medico-psichiatrici, avanza l'ipo-
tesi che Goya abbia dipinto questo quadro dopo aver trascorso alcuni giorni in
quello stesso manicomio per farsi calmare’2,
E difficile dire quale di queste tre interpretazioni sia la piti attendibile, Tut-
tavia, ci sembra di poter affermare, che comunque siano andati i fatti, 'esperienza
della follia di Goya non possa essere pitt assimilata a quella di William Hogarth.
Laddove quest‘ultimo esprime un rapporto distaccato, di algida condanna della
pazzia, il primo, invece, esprime un senso di maggior coinvolgimento e quasi una
sorta di passionale identificazione pittorica. Sembra quasi che alle certezze di
Hogarth, egli risponda con dej dubbi e delle inquietudini che sono ad un tempo
100soggettive ed oggettive. Certamente la pittura della prima meta del secolo rispetto
a quella della seconda @ profondamente cambiata. Alla luminosita e al colorismo
barocco del pittore inglese, Goya risponde con il colore e Yombra in quanto entita
pittoriche che si pongono in antitesi alla chiarezza e alla purezza formale del
razionalismo neoclassico. Per lui le tenebre costituiscono il luogo dove affrontare,
non reprimere, i mostri provocati dal sonno della ragione.
La seconda opera in cui Goya affronta il tema della follia @ un dipinto,
realizzato con tutta probabilita fra il 1812 e il 1814, intitolato «Interno di mani-
comio», che si conserva attualmente presso I’Academia di San Fernando di Ma-
drid®. Questo quadro, le cui modalita di realizzazione non ci sono note, presenta
indubbiamente diverse differenze rispetto a quello dipinto fra la fine del 1793 e
Vinizio del 1794. Innanituttu, possiamo notare come esso sia pitt complesso, non
solo perché la composizione pittorica @ pitt articolata ma perché lo spazio del
manicomio 2 pitt grande, nel quale trovano posto un numero maggiore di folli.
Un’altra fondamentale differenza é costituita dalla mancanza di un carceriere al-
Vinterno della cella; cid consente ai pazzi di assumere un atteggiamento pitt libero
ma anche pitt frenetico, in un luogo dominato dalla confusione e dal trambusto.
Essi, inoltre, vengono rappresentati in una estrema varieta di tipizzazioni; possia~
mo scorgere, ad esempio, almeno tre monomaniaci, con delle corone in testa e dei
bastoni in mano, che pensano di essere dei re, uno, con un tricorno in testa, che
crede di essere un soldato in battaglia ed un altro, con un corno in mano, forse
pensa di essere un torero pronto alla tauromachia. Non sappiamo con precisione
se questo manicomio é ancora quello dell’ Hospital General de Nuestra Sefiora de Gracia
di Saragozza. Tuttavia, vista la mancanza di indicazioni contrarie, dobbiamo rite-
nere che si tratti dello stesso luogo“. Certamente questo quadro rappresenta un
passo all’indietro non tanto rispetto alla sua ricerca formale precedente, quanto
piuttosto rispetto alla riforma del sistema d’internamento della follia, sviluppatasi
nei primi anni dell’800 con Yopera di Philippe Pinel o di Samuel Tuke, e le cui
conseguenze furono ben visibili anche in Spagna ed in particolar modo in quel
manicomio di Saragozza dove Goya ambienta i suoi dipinti rappresentanti la follia.
Nel 1801, Philippe Pinel nel suo Traité médico-philosophique sur Valiénation
mentale, ou la manie, riferendosi a Saragozza, scrive dell’esistenza di
un asilo aperto ai malati e soprattutto agli alienati di tutti i paesi, di tutti i go-
verni, di tutti i culti, con questa semplice iscrizione: Urbis et Orbis. Un lavoro
meccanico non @ stato solo Voggetto della sollecitudine dei fondatori di questa
istituzione; essi hanno voluto ritrovare una sorta di contrappeso ai turbamenti
dello spirito attraverso Yattrattiva e il fascino che ispira la coltivazione dei campi,
attraverso l'istinto naturale che porta I'uomo a fecondare la terra e a provvedere
cosi ai suoi bisogni con i frutti della sua operosita. Fin dal mattino vediamo gli
uni assolvere i servizi servili della casa, certi altri recarsi nei loro rispettivi labo-
ratori, la maggior parte dividersi in diverse compagnie, sotto la guida di alcuni
sorveglianti intelligenti e illuminati, sparpagliarsi in allegria nella diverse parti di
un appezzamento recintato, dipendente dall'ospizio, dividersi con una sorta di
spirito d’emulazione i lavori relativi alle stagioni, coltivare il frumento, i legumi,
gli ortaggi, occuparsi a turno della mietitura, del graticolato, della vendemmia,
della raccolta delle olive, e ritrovare alla sera nel loro asilo solitario la calma ed
101
27un sonno tranquillo. L’esperienza pitt costante ha insegnato in questo ospizio che
®@ questo il mezzo pid sicuro e pitt efficace di essere restituiti alla ragione; [...]".
Dal dipinto di Goya non si scorgono né alienati che stanno lavorando la
terra, né alienati che ritrovano alla sera la calma del loro asilo ed un sonno tran-
quillo. Il suo sforzo artistico é stato spiazzato da questa testimonianza di Philippe
Pinel. II pittore spagnolo non solo non é riuscito a dare seguito alla sua condanna
del 1794 ma non é neppure stato in grado di aggiornare il tema della follia rispetto
ai nuovi rivolgimenti avvenuti in quegli stessi anni all’interno delle strutture d’in-
ternamento dell’insania. Quest’ultime ormai non sono pitt i luoghi dell’esclusione
e della correzione della pazzia, come sembrerebbe mostrare ancora Goya, ma i
luoghi della sua cura e della sua guarigione. Ormai in questo nuovo sistema il
medico @ riuscito a scalzare il carceriere. Tuttavia, non @ neppure improbabile che
egli con questo dipinto abbia voluto ribadire, soprattutto dopo la svolta del 1808,
il suo pessimismo «prudente» nei confronti del processo riformistico dei manicomi
avviato da P. Pinel, perché fondato su quegli ideali illuministi e razionalisti che in
parte ha avversato e combattuto nell’ultima parte della sua vita*®.
Il destino della pittura ottocentesca che intende occuparsi del tema della
follia appare definitivamente segnato: o essa si fa interprete della nuova riforma e
delle nuove concezioni terapeutiche dell’insania 0 essa viene inevitabilmente esclu-
sa dal tempo e dalla storia.
L/artista ottocentesco che pitt di ogni altro si @ fatto carico di questo primo
indirizzo @ Théodore Géricault. Questultimo, fra l’autunno del 1822 e il maggio del
1823, vale a dire dopo il suo ritorno dall'Inghilterra, realizza dieci ritratti d’insani,
per il suo amico dottor Etienne-Jean Georget, allievo di Etienne Esquirol ed alienista
presso l’ospedale della Salpétriére di Parigi””,
Purtroppo oggi di questa serie noi disponiamo solo di cinque quadri. Essi
rappresentano varie forme di monomania: «Monomania del comando militare»,
«Monomania del rapimento dei bambini», «Monomania del furto»,
ma una «animazione fisiognomica», per usare una importante distinzione teorica
cara a Georget, al fine di far emergere tutta la loro umanita. Infatti, le loro facce
non sono attente, attive, ma sono stanche, preoccupate e, con l’eccezione della
«Monomania dell'invidia», passive. Esse sono «ricettacoli di sentimenti e non spec-
chi di risposte». L’impressione che se ne ricava non @ di intensa unicita ma di una
accumulazione di sentimenti passati i quali risultano troppo forti e troppo radicati
per essere cancellati dal riposo o dalle distrazioni®. I pazienti di Georget vengono
10228, 29,
30, 31,
32
rappresentati, per rispettare la loro sensibilita, — scrive ancora Margaret Miller —
«
43) Chr. Lepera pittorica completa di Goya, Milano 1981, n. 558. Per una analisi diversa riguardo questo
dipinto cfr, Foucault, ap. cit, pp. 595 sgg, (Foucault interpreta questo quadro, anche se gli da il
titolo di «Cortile det Folli», poiché fino al 1967, vale a dire fino alla riscoperta di Desparmet Fitz-
Gerald, molti storici e critici hanno frainteso i due dipinti. Le datazioni delle due opere sono
‘ovviamente molto importanti nella analisi dell'evozione della rappresentazione della follia in Goya).
44) Ortega y Gasset ha osservato che «Goya non ha una relazione diretta e personale con i suoi temi
durante la maggior parte della sua vita». (ibid). Tale assunto potrebbe avvalorare I'ipotesi di Gassier
(op. cit, p.38) sulla derivazione della volta dei due manicomi dalle Carceri (1760) di Giovanni Battista
Piranesi, per «meglio coprire crimini e orrori d’una umanita perversa».
45) Chr P. Pinel, Traité meéttico-philosophique sur Ualiénation mentale, Paris 1801, pp. 225-226. Cir, inoltre
Jetter, op. cit, ibid
46) Sulla prudenza di Goya dopo il 1808 cfr. Gassier, op. cit, pp. 77 seg
10647)
48)
49)
50)
51)
52)
53)
54)
55)
56)
5”)
fr. M. Miller, «Géricault’s paintings of the insane, in: Journal of the Warburg and Courtauld Institutes,
vol. 4, 1941, pp. 151-163. Cfr. inoltre W.. Friedlaender, David to Delacroix, Cambridge (Mass.) - London
1952, p. 104 ¢ A. Del Guercio, Gérieault, Milano 1963, pp. 89 seg.
(Cfr. Llopera completa di Géricault, Milano 1981, nn, 223-227.
Cfr. Miller, op. cit., p. 153.
Cr. Miller, op. cit. p. 162.
Cir. Miller, op. cit., p. 153.
Cfr. Foucault, op. cit., p. 580.
Cir. Foucault, op. cit., pp. 573 sgg.
Cir. Miller, op. cit., p. 152, n. 1.
fr, Miller, op. cit., pp. 158.159.
Cfr. J. Browne, «Darwin and the face of madness», in: The Anatomy of Madness. Essays in the History
of Psychiatry edited by W. F. Bynum, R. Porter adn M. Shepherd, vol. I, London and New York
1985, pp. 151-165. «Cid di cui cera bisogno» — scrive J. Browne — «al tempo dell’Origine delle specie
di Darwin era uno studio oggettivo dell'insania, non le sensibili immagini soggettive dei ritratti di
Géricault. E fu solo con I'introduzione della fotografia che un ritratto completamente oggettivo
sembrava essere accessibile. Non piti che ventenne nell'Inghilterra del 1859, Ia fotografia fu con-
siderata I'ultima forma di ritratto realistico e alla fine fu proclamato possibile un nuovo studio
empirico della follia» (op. cit., p. 157)
fr. Foucault, op. cit,, pp. 602 e K. Jaspers, Geno ¢ follia, Milano 1990, pp. 145 sgg.
107TAY. 23 - Anonimo napoletano, Pazzo igiudo che brucia la camicia
(Forli, Pinacoteca Comunale «A. Saffin),
TAV. 24- W. Hogarth, La carriera del libertino, VII, 11 manicomio
(Londra, John Soane’s Museum),TAV. 25 - W. Hogarth, La carriera det fibertino, VIM, 1! manicomio
incisione).
TAY. 26 - F. Goya, Il recinto dei pazzi
(Dallas, Meadows Museum).TAY. 27 - F. Goya, Interno di manicomio (Madrid, Academia di San
Fernando).
TAV. 28- T. Géricault, Monomaria det
comando militare (Winterthur,
‘Sammlung Oskar Reinhart «am
Rémerholz»).TAY. 29 - T. Géricault, Monomania det
rapimento dei bamnbini Springfield
[Mass.], Museum of Fine Arts).
TAV.30- T. Géricault, Monomania del furto
(Gand, Museum voor Schone
‘Kunsten),TAY. 31 - T. Géricault, Monomantia del gioco
(Parigi, Louvre).
TAY. 32- T. Géricault, Monomania dell'invi-
dia (Lione, Musée des Beaux-
Arts),
123