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Benvenuti in Un Nuovo Spazio Percorso
Benvenuti in Un Nuovo Spazio Percorso
1 (CLASSE I)
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GIOVANI
CITTADINE/I
PERCORSO N. 1
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4 L’insegnante
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scrive alla lavagna l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani,
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Tutti gli7 esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione
4 8 DIC
HIARAZIONE 4 8 4
5 7 6 5 6 5
UN
COSA DICE LA
IVER E DEI
e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
SAL
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RIT
TI UMANI •
1 11 12 1 12
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2 10 2 10 2
3 9 3 9 3
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Dopo7 6 5 aver letto
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7 6l’articolo,
5 l’insegnante ribadisce che “dobbiamo agire, cioè comportarci, con spirito di
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fratellanza gli uni verso gli altri”. Per formare una collettività, come per esempio una nuova classe, dob-
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2 biamo
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11 12 1
2 essere 10
capaci
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2 di accoglierci reciprocamente. Ma che cosa significa “accogliere”?
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con affetto e calore, oppure con distacco e freddezza. Perché l’accoglienza sia davvero inclusiva, cioè sia
volta a “chiudere dentro” l’altro nel nostro spazio e non a escluderlo, cioè “chiuderlo fuori”, è necessario
che si basi sull’empatia e la reciprocità. È più facile accogliere chi ci somiglia.
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LO SPAZIO COMUNE
Ma cosa intendiamo quando ci riferiamo al “nostro spazio”?
L’insegnante indica ai ragazzi lo spazio della classe, che è comune ma occupato da ognuno di loro. Per
questo, attraverso una semplice attività di riflessione, li invita a cercare di cogliere quale sia lo spazio
che ciascuno percepisce come suo dentro lo spazio comune.
Attraverso questo momento di riflessione s’intende far cogliere ai ragazzi l’idea che ognuno, seduto al
proprio banco, è come seduto all’interno di una bolla. L’area di questo spazio è appunto quella in cui
ciascuno deve pensare di far entrare l’altro. L’insieme di queste aree costituisce la collettività, lo spazio
pubblico.
Ogni spazio pubblico è composto quindi da un insieme di “io”, che si trasformano in “noi”; da una
pluralità di “mio” che diventano “nostro”. Per questo, ogni forma di convivenza deve essere regolata da
norme, conosciute e condivise da tutti, perché sia possibile che i tanti “io” arrivino a formare un “noi”
sostenibile, nel quale sia possibile tutelare le individualità pur privilegiando la collettività.
Ecco perché l’accoglienza si basa sulla reciprocità e la fratellanza. Ecco perché non c’è possibilità di con-
vivenza senza empatia.
E SE LA CLASSE È VIRTUALE?
In riferimento alle misure di distanziamento fisico legate al contenimento della pandemia di Covid-19,
che hanno fortemente influito sull’uso degli ambienti scolastici, l’insegnante può rimarcare come lo
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“spazio comune” della classe può essere recuperato anche in situazioni di emergenza, come classe “vir-
tuale” (o classe all’aperto, o in un altro spazio secondo la concreta esperienza degli alunni), e sottoline-
are come accanto a uno spazio fisico esista anche, e soprattutto, uno spazio emotivo.
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Proprio su questo detto nel 2015 è stato inaugurato a Londra il primo museo al mondo dedicato all’em-
patia (http://www.empathymuseum.com).
Attraverso un percorso esperienziale nel museo è possibile “entrare” fisicamente nel mondo altrui per
sperimentare approcci diversi dal proprio. Per esempio, all’interno del museo c’è il negozio dell’empatia,
dove è possibile indossare capi di abbigliamento appartenenti a categorie diverse di persone (migranti,
contadini, finanzieri…) e fare una passeggiata all’esterno per capire cosa si prova “indossando i loro pan-
ni”, soprattutto le scarpe.
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Strategie per aiutare i ragazzi a sviluppare empatia durante le normali attività dell’anno scolastico.
Stimolarli
a riconoscere
e comprendere
le prospettive
degli altri
Assegnare
la lettura di libri Aiutarli a capire
che presentino e valorizzare
una varietà di
COME i propri tratti
esperienze SVILUPPARE caratteristici
umane L’EMPATIA
NEGLI
STUDENTI?
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II ORA OLTRE I PREGIUDIZI
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Scambiandosi i loro pensieri, gli uomini comunicano come nei baci e gli abbracci;
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1 Gli11 alunni
12 1 inseriscono la propria scheda “Io, nei tuoi panni” compilata all’interno di una scatola o di un
qualsiasi contenitore posizionato sulla cattedra. Poi, a turno, ne prendono una a caso e ne leggono il
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Finita la lettura, l’insegnante introduce il concetto base di questa seconda lezione, e cioè che quando si
accoglie una persona, si accolgono anche i suoi pensieri e i suoi gusti.
Per questo è più facile accogliere chi ci somiglia di più, sia nell’aspetto sia nei modi di essere. Questo
perché di fronte alla diversità, scattano il pregiudizio e lo stereotipo. Definiamoli.
Pregiudizio: Valutazione negativa riferita a un gruppo di persone che non tiene conto delle ca-
ratteristiche del singolo e che può portare a discriminazioni, cioè comportamenti negativi verso i
membri di quel gruppo.
Esempio: Le donne guidano male.
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Il pregiudizio è sempre negativo. Quando non lo è, si parla di stereotipo, che implica una visione
rigida e riduttiva di una categoria.
Esempio: Gli svizzeri sono puntuali.
Più pregiudizi abbiamo, più è difficile accogliere con calore e spontaneità gli altri, perché in noi si genera
diffidenza.
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Si confronti poi questa classifica con quella che appare nell’articolo de «La Stampa»: I Paesi più accoglien-
ti d’Europa. https://www.lastampa.it/2014/04/01/societa/i-paesi-più-accoglienti-deuropa-16KLXi9s-
QyUF9CDO6idGJM/pagina.html
Ecco la classifica del sondaggio di hotel.info, riportata nell’articolo.
CONCLUSIONI
Se al primo posto per cordialità e competenza del personale di accoglienza alberghiera compare in
realtà un Paese freddo come la Finlandia, significa che l’accoglienza è fatta anche e soprattutto di volon-
tà e di ascolto delle esigenze altrui.
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DEBATE
UN ESEMPIO DI PREGIUDIZIO, NON LEGATO ALL’ETNIA
L’insegnante distribuisce la copia del testo tratto dal romanzo Il buio oltre la siepe (1960)(*) della scrit-
trice americana Harper Lee, e lo legge ad alta voce, spiegando che si tratta di una pagina del romanzo
da cui è stato tratto il film proposto come materiale di approfondimento. Prima di iniziare, l’insegnante
descrive brevemente agli alunni la figura di Scott, la protagonista del racconto: è una bambina che all’i-
nizio della storia ha sei anni e vive, orfana di madre, con il padre Atticus e il fratello Jem, di quattro anni
più grande di lei, a Maycomb, una sonnacchiosa e umida cittadina del Sud degli Stati Uniti, nel 1932.
L’obiettivo dell’attività è quello di individuare i tratti più caratteristici del pregiudizio, su tutti quello che
non si basa su fatti reali, ma si costruisce su un’interpretazione fuorviante di una realtà che ha spesso
l’unico difetto di essere diversa dalla nostra.
L’ascolto e la curiosità di andare oltre le apparenze sono quindi validi strumenti per evitare il pregiu-
dizio.
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SINOSSI
Alabama, 1932. L’avvocato Atticus Finch conduce un’esistenza tranquilla nella cittadina di Maycomb, oc-
cupandosi dei suoi figli Jem e Scout, orfani della madre, morta di infarto. La vita dei due ragazzi è divisa
tra il gioco e la curiosità, in particolare per il vicino Boo Radley, un malato di mente che essi non hanno
mai visto e che vive da anni rinchiuso ne “la casa maledetta”, alla quale i ragazzini tentano di avvicinarsi
spesso, con timore. Ai due fratelli si aggiunge anche Dill, un ragazzino dalla bugia facile, venuto a vivere
con la zia Stephanie perché abbandonato dai genitori.
Un giorno il giudice Taylor si reca da Atticus Finch affinché assuma la difesa di Tom Robinson, un giova-
ne di colore accusato dall’agricoltore Bob Ewell, noto ubriacone e violento, di avere violentato Mayella,
sua figlia diciannovenne. Il giovane Robinson si proclama innocente.
L’avvocato riesce a evitare il linciaggio del nero da parte di un gruppo di cittadini animati dall’odio raz-
ziale e, durante il processo, riesce a dimostrare l’infondatezza dell’accusa di violenza carnale; tuttavia
la giuria, influenzata dall’ambiente razzista dell’epoca, emette ugualmente un verdetto di colpevolezza.
Robinson tenta di evadere durante il trasferimento in prigione e viene ucciso da una guardia.
Intanto Bob Ewell, vero responsabile delle violenze alla figlia, essendo stato di fatto smascherato dall’av-
vocato Finch, ha giurato di vendicarsi di lui e, la sera della festa dell’agricoltura, assale Scout e Jem
mentre stanno tornando a casa da scuola. Per fortuna interviene uno sconosciuto, che li mette in salvo
uccidendo l’assalitore. Il salvatore è il misterioso Boo Radley, che osservava i due ragazzi di nascosto
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dalla casa e si affeziona a loro, pur senza averli mai conosciuti direttamente.
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L’insegnante
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ricorda
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la conclusione
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della lezione precedente (che cos’è il pregiudizio e come vincerlo
attraverso
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4 l’ascolto
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4 e la curiosità);
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4 poi dice che deve fare due annunci.
Annuncio
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1: comunica
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una10buona
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notizia con un’aria tristissima (per esempio: Ho deciso che darò un 8
nella
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mia
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materia
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a43 tutta la98classe 4
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).
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Poi fa il contrario, annuncio 2: dà una cattiva notizia sorridendo e con un’aria felice (per esempio: Da
domani mattina per tutta la settimana la classe salterà il primo intervallo).
L’insegnante appronta quindi alla lavagna uno schema come quello che segue; chiede ai ragazzi cosa
hanno capito in merito ai suoi annunci e come hanno interpretato i due messaggi.
Poi pone la domanda: Che cosa ha confuso la mia comunicazione? Segue la raccolta
degli spunti emersi.
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Il corpo ha un linguaggio specifico: il linguaggio corporeo (il nostro tono di voce, la posizione delle brac-
cia, delle gambe, di tutto il corpo, il rossore sulle guance in certi momenti ecc.).
C’è un aspetto importante che riguarda il linguaggio del corpo: difficilmente mente. Significa che,
mentre a parole è possibile dire una cosa e pensarne un’altra, il corpo difficilmente riesce a nascondere
emozioni e stati d’animo.
Linguaggio verbale e linguaggio del corpo si completano reciprocamente e la comunicazione non ver-
bale può confermare o smentire le parole dette, come abbiamo visto negli esempi di inizio lezione.
Alcuni studi hanno stabilito che ciò che viene percepito di un messaggio vocale (un discorso o un’affer-
mazione) dipende da diversi aspetti della comunicazione, come dalle percentuali mostrate nel grafico
che segue (*).
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I gesti non sono volontari, di solito sono istintivi e spesso vengono usati senza che ce ne si renda
conto (grattarsi la testa, tamburellare con le dita sul tavolo, toccarsi i capelli, muovere la gamba
da seduti ecc.). Forniscono informazioni solo se si sa come interpretarli.
I segni sono invece azioni riconosciute da tutti, che hanno lo scopo di comunicare: per esempio
il linguaggio dei segni dei sordi, o quelli dei vigili nel traffico.
Gli italiani sono famosi nel mondo perché usano spesso segni.
L’insegnante suggerisce ai ragazzi di cercare degli esempi di segni: pollice alzato, stretta di mano, ok,
abbraccio ecc.
In merito, l’insegnante spiega che i gesti che noi italiani usiamo non sono una lingua universale, neanche
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Dopo aver assegnato il compito, l’insegnante avvisa gli studenti di portare una loro fototessera per la
lezione successiva.
(*) Il test è disponibile tra i materiali allegati.
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3 IV ORA
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9 CITTADINANZA DI CLASSE
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Tutti 10i 11cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
E LA COS
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CO S I C
TITU ION
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AD
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E • CHE
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Scrive alla lavagna la parola CITTADINO, poi raccoglie le indicazioni degli studenti. Aggiunge quindi la
parola ITALIANO e chiede che cosa significhi.
La cittadinanza può essere intesa, comunemente, come caratteristica degli abitanti di una città, cioè
come l’insieme di coloro che vi abitano (e ne sono, appunto, cittadini). In realtà, la cittadinanza indica
l’appartenenza a uno Stato. Nel nostro caso, lo Stato italiano.
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In virtù di tale legame con lo Stato, come citato nell’articolo 3 della Costituzione, a un cittadino sono
riconosciuti i diritti civili e politici dello Stato cui appartiene.
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Quello della cittadinanza e della sua acquisizione è un tema “caldo”, al centro del dibattito politico e
dell’opinione pubblica.
Curiosità: negli Stati Uniti si applica lo ius soli in modo automatico, cioè chiunque nasca sul loro terri-
torio ne diviene automaticamente cittadino.
Apolide: persona che non ha alcuna cittadinanza, perché priva di quella di origine e non in pos-
sesso di un’altra. Letteralmente: che non è cittadino di alcuno Stato (dal greco: polis (città) + a-
privativo = senza città).
L’ordinamento italiano prevede che il cittadino italiano non possa essere privato della cittadinan-
za per nessuna ragione politica (art. 22 della Costituzione). In altri Paesi, invece, la cittadinanza
viene negata a coloro che non vengono desiderati dal proprio Governo.
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Per chiarire meglio il concetto di cittadino, l’insegnante suggerisce la seguente attività: creiamo la nostra
carta d’identità di classe, come se la scuola fosse lo Stato e l’insegnante il/la rappresentante della scuo-
la che rilascia un documento di identità che è appartenenza alla classe XY (citare numero e nome della
classe, per esempio 1B).
L’insegnante propone di creare la carta d’identità di ogni studente: in qualità di “rappresentante della
scuola” l’insegnante stesso/a firmerà tutte le carte d’identità della classe, che avranno la durata di 3 anni
(come la durata della scuola secondaria di primo grado).
L’insegnante innanzitutto spiega che cos’è una carta d’identità (mostra la sua carta d’identità), cioè un
documento di riconoscimento personale, utile a identificare la persona cui si riferisce. È valida anche
per andare all’estero, negli Stati che la accettano al posto del passaporto; ha durata di 10 anni per tutti
i maggiorenni; contiene le informazioni di riconoscimento della persona intestataria. Viene rilasciata dal
Comune dove si risiede, quindi anche a stranieri, purché abbiano il permesso di soggiorno. Per ottenerla,
i minorenni devono essere accompagnati dai genitori. Non è un certificato di cittadinanza, ma contiene
l’indicazione della cittadinanza del possessore.
Curiosità: non tutti gli Stati hanno la carta d’identità! Per esempio, nel Regno Unito non esiste ed è so-
stituita da altri documenti (per esempio, la patente di guida).
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Per la realizzazione del compito l’insegnante distribuirà a ciascuno dei suoi studenti il modello della car-
ta d’identità (*). Ogni alunno, in classe, compilerà la carta d’identità ricevuta e la personalizzerà con una
sua foto recente (anche in b/n) che, come da indicazione al termine della lezione precedente, avrà con
sé, e con la propria impronta digitale (solo quella del pollice). A questo proposito, si veda il laboratorio
“Una carta d’identità… digitale” in Experience Scienze Block, Garzanti Scuola, libro doc, p. 27.
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SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE
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