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Copertina

Frontespizio

Heike Monogatari

— Racconto dei Taira —

ovvero

La storia degli Heike

VOLUME 2°

EdiTNTrice Village
7 Novembre 2014

Pag. 2
Colophon CC

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Pag. 3
SOMMARIO

Dedicato alla memoria di tank61


e di chiunque abbia incrociato la sua strada con la nostra su TNT Village.

Sommario
Copertina..............................................................................................................................................1
Frontespizio..........................................................................................................................................2
Colophon CC........................................................................................................................................3
SOMMARIO........................................................................................................................................4
PREFAZIONE......................................................................................................................................5
Il sistema di trascrizione..................................................................................................................5
La traduzione delle parti poetiche....................................................................................................6
INTRODUZIONE................................................................................................................................7
Autore e Datazione..........................................................................................................................8
Il legame col Buddismo...................................................................................................................9
In questo volume............................................................................................................................10
Schemi............................................................................................................................................11
schema 1....................................................................................................................................11
schema 2....................................................................................................................................12
schema 3....................................................................................................................................13
schema 4....................................................................................................................................14
schema 5....................................................................................................................................15
schema 6....................................................................................................................................16
schema 7....................................................................................................................................17
Cap. 1 L'ESILIO DELLO ZASSHU..................................................................................................18
Cap. 2 IKKO AJARI...........................................................................................................................22
Cap. 3 L'ESECUZIONE DI SAIKO..................................................................................................23
Cap. 4 LA FLEBILE AMMONIZIONE.............................................................................................27
Cap. 5 IL SHOSHO SOTTO LA RESPONSABILITÀ DEL SAISHO.............................................31
Cap. 6 IL MONITO............................................................................................................................34
Cap. 7 L'ESILIO DELLO SHIN-DAINAGON..................................................................................39
Cap. 8 IL PINO DI AKOYA...............................................................................................................41
Cap. 9 LA MORTE DELLO SHIN-DAINAGON.............................................................................43
Cap. 10 IL DAINAGON TOKUDAIJI VA A ITSUKUSHIMA.........................................................45
Cap. 11 LA DISTRUZIONE DI HIEIZAN........................................................................................47
Cap. 12 L'INCENDIO DI ZENKO-JI................................................................................................50
Cap. 13 LA PETIZIONE DI YASUYORI..........................................................................................51
Cap. 14 IL SOTOBA GALLEGGIANTE..........................................................................................53
Cap. 15 SOBU....................................................................................................................................55

Pag. 4
PREFAZIONE

Il sistema di trascrizione

Il sistema di trascrizione seguito è lo Hepburn, che si basa sul principio generale che le vocali
siano pronunciate come in italiano e le consonanti come in inglese.
In particolare si tengano presenti i seguenti casi:

ch è un'affricata come l'italiano «c» in cena


g è sempre velare come l'italiano «g» in gara
h è sempre aspirata
j è un'affricata
s è sorda come nell'italiano sasso
sh è una fricativa come l'italiano «sc» in scena
u in su e in tsu è quasi muta e assordita
w va pronunciata come una «u» molto rapida
y è consonantico e si pronuncia come l'italiano «i» in ieri
z è dolce come nell'italiano rosa o smetto; o come in zona se iniziale o dopo «n»

La lunga sulle vocali indica l'allungamento delle stesse, non il raddoppio.


Tutti i termini giapponesi sono resi al maschile in italiano.
Seguendo l'uso giapponese, il cognome precede sempre il nome.

La traduzione è stata condotta sull'edizione inglese curata da A. L. Sadler (1918), a sua volta
basata sui testi "Heike Monogatari Hyōshaku" di Utsumi Kozo (1912) e Waken Umezawa (1915).

Pag. 5
La traduzione delle parti poetiche

In generale il criterio seguito nell'interpretazione del testo è stato tradurre alla lettera i soggetti e
gli oggetti delle azioni e ricercare nel linguaggio corrente italiano, invece, i termini verbali che
meglio si accordano alla logica degli avvenimenti.
Questo ha semplificato lo stile della traduzione, rendendo la lettura più agevole e scorrevole, ma
comportando anche una spiacevole conseguenza: lo smorzamento della poeticità delle parti liriche.
L'aspetto poetico di tali brani è talmente importante da essere spesso ripreso ed evidenziato nel
corso della narrazione stessa: ciò ha reso necessario un cambiamento nel criterio appena descritto.
Quindi nei brani lirici è stata data priorità alla traduzione degli eventi e delle relazioni tra i vari
elementi, adattando invece la terminologia di questi ultimi affinché la frase assumesse un
andamento ritmico conforme alla metrica italiana.

Pag. 6
INTRODUZIONE

L'Heike Monogatari è un racconto epico riguardante la lotta tra i clan Taira e i Minamoto per il
controllo del Giappone alla fine del 12° secolo nella cosiddetta Guerra Genpei (1180-1185).
Heike si riferisce alla famiglia Taira: "Hei" è la lettura alternativa del carattere kanji che sta per
Taira, similmente il nome Genpei deriva dall'ulteriore lettura alternativa di "hei" in "pei", mentre
"gen" è lo stesso kanji usato per il clan Minamoto, anche conosciuto come clan Genji.
Il racconto non è solo uno dei capisaldi, affiancato al Genji Monogatari di Murasaki Shikibu,
della letteratura giapponese, ma una vera e propria fonte di informazioni su un momento cruciale
della storia nipponica: la fine dell'epoca Heian (794-1185) e l'avvento dell'epoca Kamakura (1185-
1333).
Da un lato l'edotta ed elegante nobiltà rappresentata dal clan Fujiwara e dall'altra la neonata
aristocrazia guerriera perfettamente rappresentata dai Taira, che soppianterà i primi nel controllo
della Corte Imperiale.
Solo un'altra famiglia guerriera, quella dei Minamoto, poteva rovesciare il dominio dei Taira ed
instaurare un regime militare dei samurai completo, una forma di governo che bene o male durerà
fino all'epoca Meiji.
L'Heike Monogatari diventa quindi una fonte preziosa per conoscere azioni, comportamenti,
accordi segreti che altrimenti la storia avrebbe dimenticato.

Secondo il professor Utsumi l'intera opera può essere divisa in 2 parti: la prima metà tende a
sottolineare la grandezza degli Heike, e vede Taira no Kiyomori come figura centrale e indiscusso
protagonista degli avvenimenti, nella seconda invece si narra la caduta e il personaggio principale
diventa Yoshitsune.
Il professor Yamada invece pensa sia più naturale dividerla in 3 parti.
I libri da 1 a 5 narrano la prosperità del clan, con Kiyomori sempre come figura cardine.
La seconda parte, i libri da 6 a 8, con la fuga e con Kiso Yoshinaka personaggio principale.
Infine i libri da 9 a 12 nei quali si narra la completa distruzione, e figura centrale è Kuro
Hangwan Yoshitsune.
Qualsiasi divisione si faccia l'opera rispecchia perfettamente la classica forma drammatica, a
differenza di altri due scritti del periodo, il Gempei Seisuiki e il Taiheiki, che a paragone sono mere
cronache di guerra.

Molto importanti sono i concetti buddisti, rimarcati più volte nel testo, di causa ed effetto,
evanescenza della prosperità e il combattere la brama di potere.

Pag. 7
Autore e Datazione

La paternità e la datazione dell'Heike Monogatari, così come per altre opere dell'epoca
Kamakura, sono stati argomento di discussione in molti dibattiti tra i letterati giapponesi, fino ai
giorni nostri, senza mai giungere ad una conclusione unanime.
Il professor Utsumi, nel suo Heike Monogatari Hyoshaku, dice: " ... possiamo giungere solo a
queste conclusioni:
(a) l'Heike Monogatari in origine era formato da 3 volumi, incrementati poi a 6 ed infine a 12;
(b) fu composto prima del periodo Shokyu (1219) e sviluppato ulteriormente durante il periodo
degli Shogun Fujiwara (1219-1252);
© il volume detto Kancho (o Kancho Maki) in origine non era un volume distinto dal resto
dell'opera;
(d) esisteva una fonte originaria dell'opera, ma appena iniziò a circolare essa fu alterata e
sviluppata, e queste aggiunte e alterazione sono lavori di vari autori in periodi differenti."
Il riferimento più esplicito sulla paternità dell'opera è contenuto nel Tsurezure Gusa del monaco
Yoshida Kenkō (1281-1350), scritto nel 1330. Secondo Kenkō: " Il precedente governatore di
Shinano, Yukinaga, scrisse l'Heike Monogatari e lo dette ad un uomo cieco di nome Shōbutsu
affinché lo cantasse."
Ma chi erano tali Yukinaga e Shōbutsu?
Yukinaga potrebbe essere il figlio di Yukitaka, citato nell'Heike Monogatari stesso (Vol. 3),
assistente del Sessho Kanezane e Shōbutsu era il nome religioso di Minamoto Suketoki, nato in una
famiglia di Ayakoji, ben nota per le doti musicali, e Suketoki stesso è citato come il più grande
cantore della sua generazione.
L'attribuzione della paternità a Yukinaga prende forza quando ci si accinge alla lettura del
capitolo riguardante il presunto padre Yukitaka, non solo perché la vicenda è scollegata dalla trama
principale, ma anche per i dettagli narrati.
Tuttavia non è l'unico caso, ci sono altri aneddoti, inseriti senza un particolare motivo, che
possono rimandare ad altri autori.
Quello che è certo è che l'Heike Monogatari sia nato per essere cantato dai biwa hoshi, i monaci
cantori, come Shōbutsu e che nel tempo le varie scuole abbiano creato una propria versione
dell'Heike Monogatari.
Tra queste varianti le fonti principali sono due, una conosciuta come quella della scuola Ichikata
fondata da Akashi Kenko Kyoichi e l'altra come quella di Yasaka fondata da Yasaka Kenko Kigen.
La differenza principale è che la prima considera il Kancho Maki come un volume a sé, mentre
l'altra no.
Uno dei migliori manoscritti dell'Heike Monogatari appartiene alla scuola di Kyoichi ed è
considerato Tesoro Nazionale, custodito nel Koryo Jinja, un santuario nella provincia di Chikugo. E'
datato periodo O-an (1368) ed è il più antico manoscritto della scuola di Ichikata: preso come base
per l'edizione di Yamata e Takagi. Per qualche motivo però non contiene la storia di Gio e Ginyo
(nel Vol. 1).

Pag. 8
Il legame col Buddismo

Una delle caratteristiche più notevoli dell'Heike Monogatari è la forte atmosfera religiosa, la
continua moralizzazione degli eventi descritti dal punto di vista della filosofia buddista, con la
continua insistenza sulla vanità e l'impermanenza delle cose.
L'opera ne è così permeata che molti hanno ipotizzato che sia stata realizzata come forma di
propaganda e che sia l'elemento religioso il vero tema principale.
Questo punto di vista è comunque estremo, non c'è motivo per credere che i sentimenti buddisti
siano citati più di quanto ci si aspetterebbe da un'opera di quel periodo, in cui il buddismo era al
massimo della potenza e influenza in terra giapponese.
Il periodo Gempei fu essenzialmente il periodo nel quale l'aspetto emotivo del buddismo fu più
marcato e quando nacquero i culti esoterici di Tendai e Shingon, a loro volta nati da sette come Jodo
e Shinshu.
Di conseguenza troviamo nell'opera termini come 'raisei ojo', 'saiho jodo' e altri, usati da queste
sette.
Se consideriamo, però, che lo scrittore non eccede o forza l'utilizzo di tali frasi né mostra
un'eccessiva adorazione di Amida Buddha, figura centrale nel culto di Jodo, ma mostra al contrario
rispetto e riverenza per molti altri Buddha, accanto ai Kami e ad altre divinità dei grandi santuari,
non sembra esserci una ragione sufficiente per una tale visione.
È abbastanza naturale che la tragica storia della improvvisa ascesa e caduta della casa Heike
susciti riflessione sulla caducità delle cose mondane, visto che queste idee formano lo sfondo del
pensiero dell'epoca, e che l'autore era quasi certamente un recluso in un monastero buddista, come
quasi tutti i letterati del tempo.
Inoltre è indubbio che le frasi buddiste siano state inserite per dare dignità e sonorità alla
narrazione, oltre a marcare l'istruzione e il gusto dell'autore, così come le continue citazioni sulla
storia cinese.

Pag. 9
In questo volume...

Come conseguenza della disputa tra Saiko-hoshi e i Monaci Guerrieri vi è l'allontanamento dalla
Corte dello Zasshu (il monaco capo di corte).

L'inasprirsi del conflitto, però, convincerà uno dei congiurati a rivelare il piano a Kiyomori e l'ira
del signore di Rokuhara non si farà attendere!

Dopo numerose vicende, infine, la narrazione presenta un brano dall'elevato tono poetico:
confinati in un isolotto solitario, due esiliati incidono il loro nostalgico desiderio di ritornare a casa
su migliaia di foglie affidate al vento e al mare.

Pag. 10
Schemi
schema 1

Pag. 11
schema 2
schema 2

Pag. 12
schema 3

Pag. 13
schema 4

Pag. 14
schema 5

Pag. 15
schema 6

Pag. 16
schema 7

Pag. 17
Cap. 1 L'ESILIO DELLO ZASSHU

Il quinto giorno del quinto mese del primo anno di Jisho a Mei-un Dai-sojo, Zasshu di Tendai, fu
proibito frequentare la Corte; egli fu anche privato della sua carica di cappellano e il Nyoirin
Honzon1, il Buddha protettore della Corte, fu rimosso da un funzionario del Kurodo-dokoro. Questo
perché al Kebiishi-cho era stato ordinato di catturare il capobanda del gruppo di sacerdoti che
recentemente erano scesi con i mikoshi verso il Palazzo.
Ora l'Ho-o aveva sentito una storia calunniosa da Saiko-hoshi e suo figlio, secondo la quale il
Zasshu aveva alcuni feudi a Kaga e che quando il Kokushi Morotaka glieli aveva confiscati, nel suo
risentimento aveva spinto i sacerdoti a sporgere reclamo, turbando così la Corte, e questo aveva
fatto adirare sua Maestà, che aveva quindi ordinato che fosse punito severamente. Così, visto che
non era ben voluto anche dall'Ho-o, Mei-un cedette il suo sigillo di incarico e si dimise.
L'undicesimo giorno del mese stesso Kakukai-ho Shinno, settimo figlio di Toba-in, fu nominato
Zasshu di Tendai2: era il pupillo di Gyoken, il Dai-sojo di Shoren-in.
Il dodicesimo giorno, oltre alla privazione di ufficio e di emolumenti, due ufficiali del Kebiishi-
cho stavano per eseguire l'esame del fuoco e dell'acqua, ovvero mettere "un coperchio sul pozzo e
gettare acqua sul fuoco", quindi, temendo una nuova calata dei preti, la gente della città fece un
grande clamore.
Il diciottesimo giorno tredici Cortigiani sotto il Dajo-daijin si riunirono in concilio per
pronunciare la sentenza dell'ex Zasshu. Allora Hachijo-no-Chunagon Nagakata-no-Kyo, che
all'epoca era solo Saidaiben-no-Saisho e aveva preso il posto più basso si alzò e disse:
"Come consigliano gli uomini di legge dovremmo rinunciare alla pena di morte e passare invece
all'esilio, tanto più che l'emerito Zasshu Mei-un Dai-sojo non è solo un esperto delle dottrine Tendai
e Shingon, ma è un uomo dalla vita pura e santa che ha insegnato i Sutra Mahayana ai Cortigiani e
ha istruito l'Ho-o nei comandamenti buddisti. È in realtà difficile pensare ad una pena severa per un
simile insegnante dei Sutra e della Legge: è decisamente meglio se mitighiamo persino la sentenza
l'esilio."
Esprimendo così in pubblico la sua opinione trovò il consento di tutti gli altri Cortigiani, ma il
risentimento dell'Ho-o era così profondo che alla fine dovettero sancire l'esilio.
Persino il Nyudo Kiyomori, udendo ciò, andò in visita dall'Ho-o per persuaderlo a rimettere la
sentenza, ma l'Ho-o era indisposto a causa di un'influenza ed era impossibilitato a vedere alcuno, e
quindi dovette tornare senza aver sortito alcun effetto.
Nel caso in cui un prete commetta un crimine è costume che esso rimetta i suoi voti e diventi un
laico: in accordo a questa regola l'emerito Zasshu prese il titolo civile di Dainagon-no-Aiyu Fujii
Matsueda.
Questo Mei-un di cui parliamo con tanta riverenza era il figlio di Kuga-no-Dainagon Akimichi-
no-Kyo, discendente di sesta generazione di Guhei Shinno, settimo figlio di Murakami Tenno, e tra

1 Nyoirin Honzon: principale oggetto di culto, di solito una statua o un'immagine di Nyoirin Kwannon o Kwannon
che tiene in mano il sacro gioiello Nyoi Hoju.
2 Zasshu di Tendai: Hieizan era la principale setta di Tendai. Prendeva il nome dal monte cinese Tendaisan (T'ien t'ai)
e fondata da Dengyo Daishi. Il capo della setta era appunto chiamato Zesshu di Tendai.

Pag. 18
i più riveriti e virtuosi sacerdoti della Terra, rispettato sia dagli uomini che dall'Imperatore: fu anche
Betto di Rokusho-ji, uno dei santuari di Tenno-ji. Il capo degli Indovini di Corte, Onyo-no-Kami
Abe-no-Yasuchika, disse di lui:"È incomprensibile per me capire per quale motivo un uomo così
saggio ha preso il nome di Mei-un3: è noto che il sole e la luna splendono al di sopra, ma sfortuna
vuole che le nuvole vaghino al di sotto."
Quest'ultimo divenne Zasshu il ventesimo giorno del secondo mese del primo anno di Nin-an, e
fu deposto il quindicesimo giorno del terzo mese dello stesso anno.
Si racconta che, aprendo il tesoro del Chudo come era usanza, tra vari altri tesori c'era una scatola
di circa trenta centimetri avvolta in lino bianco e, quando questo Zasshu impeccabile l'aprì e guardò
al suo interno, trovò un rotolo di carta ingiallita su cui Dengyo Daishi aveva scritto i nomi di tutti
gli Zasshu che si sarebbero succeduti nel tempo a venire, lo lesse in cerca del suo nome ma poi
smise di leggere, riarrotolò il rotolo e lo rimise al suo posto. Nemmeno un sacerdote così venerabile
poteva sfuggire ai risultati del karma della sua esistenza precedente. Il ventunesimo giorno si decise
che fosse esiliato a Izu.
Ognuno disse la sua in merito alle cause, ma la realtà è che il tutto è da imputare alle calunnie di
Saiko-hoshi e suo figlio.
Giunta l'ora dell'espulsione dalla capitale i funzionari incaricati a questo compito andarono alla
sua residenza a Shirakawa: lo Zasshu lasciò la sua casa in lacrime e andò in un luogo dove erano
custoditi i sacri Sutra santi, vicino a Awataguchi. A Hieizan giunsero alla conclusione che i loro
avversari non erano altro che Saiko-hoshi e suo figlio, e scritti i loro nomi su un pezzo di carta lo
misero sotto il piede sinistro di Kompira Taisho4, il primo dei dodici Shinsho, nel Kompon-chudo e
gridarono ad alta voce molte suppliche ai dodici Shinsho e ai settecento Yasha affinché togliessero
la vita a Saiko-Hoshi e a suo figlio senza indugio. A sentirli fu una cosa terribile. Il ventitreesimo
giorno lo Zasshu uscì dalla Sala dei Sutra verso il suo luogo d'esilio.
Che pena vedere una delle alte cariche del Dai Sojo, espulsa da questi funzionari, attraversare il
confine orientale in questo suo ultimo giorno nella capitale!
Quando egli arrivò sulla costa di Uchide presso Otsu vide le bianche grondaie del Monjuro
brillare alla luce del sole; senza dare un secondo sguardo affondò il viso nella manica soffocando le
lacrime.
C'erano molti anziani e virtuosi sacerdoti a Hieizan, ma tra loro Choken-hoin, al tempo solo un
Sozu, era il più famoso, e fu così dispiaciuto che andò fino a Awazu per incontrarlo lungo la strada.
Congedandosi da lui lo Zasshu, per riconoscenza, gli insegnò la teoria della Concentrazione e delle
Tre Contemplazioni5, una dottrina che aveva tenuto per sé per molti anni e che in origine era
posseduta da Shaka stesso, giunta a lui grazie a Memyo6, il Bikkhu di Benares, e Ryuju Bosatsu7
dall'India Meridionale.
È lodevole che, anche se il nostro paese si trovi ai confini del mondo, piccolo e sparso come grani
di miglio, in un momento così degenere, Choken, appresa questa dottrina, ne pianse di gioia nel

3 Mei-un: letteralmente significa "nuvole splendenti".


4 Kompira Taisho: anche noto in Giappone come Konpira era il primo dei dodici Shinsho, i Comandanti Divini, che
sovrintendono gli Yasha (in sanscrito Yakcha), i Demoni Arditi. In sanscrito è chiamato Khumbhira, rappresentato
come un coccodrillo.
5 Tre Contemplazioni: per esempio l'Illusione, l'Impermanenza e il Madhyamika (dissolvere ogni proposizione in tesi
e antitesi, e negare entrambe: per esempio l'anima non è né esistente né non esistente.).
6 Memyo: letteralmente significa "nitrito di cavallo", il patriarca Asvagosha.
7 Ryuju Bosatsu: il patriarca Nagardjuna o Nagasena, capo rappresentativo della Scuola Mahayana e fondatore della
Scuola Madhyamika, il più grande tra i filosofi buddisti.

Pag. 19
ritorno alla capitale. In seguito a Hieizan i sacerdoti si riunirono nuovamente e durante il consiglio
dissero: "Dai tempi di Gishin Osho, che per primo tenne la carica di Zasshu di Tendai, per 55
generazioni fino ad ora, nessuno Zasshu fu mai esiliato; e se consideriamo che, dal periodo
Enryaku, quando l'Imperatore fondò la Capitale Imperiale, e Dengyo Daishi ascese questa
montagna, dove la donna che possiede i Cinque Difetti8 non mise mai piede, e ci insegnò secondo la
Dottrina delle Quattro Illuminazioni, 3000 santi preti hanno dimorato su questa cima, dove l'Hokke-
Kyo è cantato continuamente, mentre ai suoi piedi lo Spirito del Dio si rivela giornalmente agli
uomini. Così come Ryozen9, il sacro monte di Gesshi10, dove si trova la sacra grotta di Shaka, è a
nord-est della città Imperiale, così il monte di Hieizan è a nord-est di Kyoto, come un sacro luogo
che protegge la terra. Se per generazioni venerati sovrani e saggi ministri hanno adorato questo
posto, perché, anche in una era degenere come questa, osano offenderci con un insulto così
grande?"
Così tutti i monaci del monte, con i loro seguaci, scesero nuovamente a Higashi Sakamoto e
tennero un concilio davanti a Juzenji Gongen dicendo: "Lasciaci andare a Awazu a riprenderci il
nostro capo, ma se è sorvegliato dagli ufficiali che lo hanno espulso, non sarà facile portarlo via:
quindi non abbiamo altra scelta, se non affidarci alle divinità della nostra montagna. Per andare a
salvarlo senza alcun evento spiacevole dobbiamo prima ottenere un presagio favorevole."
A tal fine i sacerdoti più anziani si dedicarono con forza alla preghiera.
Lì vi era un giovane di diciotto anni di nome Tsurumaru, servitore di Yoen Risshi, prete di
Mudoji, che immediatamente cadde in trance: sia il corpo che la mente erano in travaglio e il sudore
scaturiva dalle membra, poiché il Juzenji Gongen stava entrando in lui, e parlò così:"Nonostante sia
un'epoca degenere, come osano mandare un mio sacerdote in esilio in terra lontana? Il mio cuore è
stato gettato via, quindi non vi è più alcun motivo per cui dovrei fermarmi ai piedi di questo monte
d'ora in poi." Ed egli si mise le maniche sugli occhi e pianse.
Stupita da questo portento la moltitudine sacerdotale esclamò: "Se questo è davvero l'oracolo di
Juzenji Gongen, che questo sia il segno: restituisci questi al legittimi proprietari!" e quattro o
cinquecento dei sacerdoti più anziani gettarono i rosari che tenevano tra le mani nella veranda del
santuario di Juzenji Gongen.
Allora il ragazzo, illuminato, corse in giro, li raccolse e senza errori li distribuì ai proprietari.
Tutti i preti strinsero le mani e gridarono per la gioia di questo miracolo che la divinità aveva
manifestato nuovamente. "Andiamo a riprendercelo!" gridarono levandosi e muovendosi come una
grande nube, mentre un'altra moltitudine marciava sulla strada costiera che da Shiga porta a
Karasaki e un'altra ancora prese una nave sul lago tra Yamada e Yabase.
Vedendo ciò gli ufficiali incaricati dell'espulsione dello Zasshu si dispersero fuggendo in ogni
direzione. La moltitudine arrivò a Kokubunji, dove l'emerito Zasshu con grande stupore esclamò:
"Ho sentito che colui che è esiliato dall'Imperatore non può più vedere lo splendore del sole e della
luna, come posso io, a cui è stato ordinato di partire immediatamente dall'Imperatore Emerito,
andarmene da questo luogo? Vi supplico, tornate ai vostri templi." Poi, avanzando verso la fine
della veranda del tempio, si rivolse a loro così: "Da quando ho lasciato la principesca reggia di mio
padre e sono entrato della scuola della setta di Tendai, ho studiato ampiamente i suoi precetti,
imparando sia le dottrine di Tendai che di Shingon, preoccupandomi solo della prosperità di

8 Cinque Difetti: (o gli Ostacoli) Secondo l'Hokke-kyo le donne sono incapaci di divenire Indra, Brahma, Mara,
Tchakravarti o Buddha.
9 Ryozen: Ghridhrakuta, il Picco dell'Avvoltoio, famoso per le caverne abitate da asceti. Ai suoi piedi c'era
Radjagriha, una città di palazzi reali dove vissero i Principi Magadha da Bimbisara ad Asoka.
10 Gesshi: l'India.

Pag. 20
Hieizan, non trascurando di pregare per il benessere della nazione e dedicandomi profondamente
all'educazione dei monaci: mi siano testimoni le divinità di Koya e Hieizan.
Non vi è alcuna colpa in me, ma innocente di ogni crimine ho ricevuto questa pesante sentenza di
esilio. Non provo odio verso il mondo, gli uomini, gli Dei o i Buddha; in verità, lasciate che esprima
la mia gratitudine per la vostra buona intenzione nel venire fin qui." ed egli torse le maniche della
veste, bagnata di lacrime. Anche i sacerdoti piansero nelle maniche delle loro armature, e dietro di
loro vi era un palanchino e lo invitarono ad entrare, ma l'emerito Zasshu rifiutò e continuò: "Un
tempo ero il capo di trecento preti, ma ora sono divenuto un semplice esiliato, come potrei essere
portato sulle spalle di discepoli così nobili e di monaci così profondamente edotti? Se dovessi
tornare lo farei camminando calzando dei sandali come un comune prete."
Vi era un prete disordinato della Sala di Saito, chiamato Kaijobo-no-Ajari Yukei, un seguace più
alto di 2 metri, vestito con un'armatura di cuoio nero dai pezzi molto lunghi e di metallo cucita
malamente. Toltosi l'elmo lo dette ad uno dei suoi fratelli sacerdote e con la bianca elsa della sua
alabarda si fece largo nella folla, giungendo davanti allo Zasshu. Lo fissò con gli occhi spalancati
per un po' e poi disse perentoriamente: "È a causa di certi pensieri che questa sfortuna è calata su di
te. Ora entra immediatamente!"
Allora lo Zasshu, temendolo, entrò subito nel palanchino.
Gioendo per averlo soccorso, solo i preti più nobili e i suoi discepoli si alternarono nel trasporto,
escludendo quelli di basso rango, ma nessuno si sostituì a Yukei, che davanti a tutti teneva sia un
manico del palanchino che la propria alabarda con tale vigore che quasi sembrava dovessero
rompersi in mille pezzi. Così attraversarono il versante orientale della montagna come se stessero
marciando in pianura. Messo giù il palanchino nel cortile del Daikodo, si discusse ancora in questo
modo: "Ora siamo andati a Awazu e riportato qui il nostro Zasshu, ma come possiamo avere per
nostro capo uno su cui pende una sentenza di esilio da parte dell'Imperatore?" Allora Kaijobo-no-
Ajari Yukei ancora una volta avanzò e disse: "Questa nostra montagna è un luogo sacro senza pari
in Giappone, un luogo di sacri insegnamenti che proteggono la nostra nazione, con la potenza di un
Dio veramente maestosa. Buddha è eguale in autorità all'Imperatore. Quegli uomini non tengono in
considerazione nemmeno l'opinione del più basso dei preti, figuratevi quella del ben più nobile capo
di trecento monaci, santo e virtuoso padrone dell'intera montagna.
L'essere punito senza colpa non richiama forse l'ira sia di Hieizan che della capitale e la derisione
da parte di Kofuku-ji e Onjo-ji?
Quanto sarebbe triste la perdita del più grande maestro della legge di Tendai e Shingon, e per i
nostri studenti che dovrebbero abiurare i loro lunghi studi. Fatemi vostro condottiero, e anche se
fossi imprigionato o esiliato o decapitato questo sarebbe un ottimo memoriale in questo mondo e
nel prossimo." Così disse, piangendo veemente, e i migliaia riuniti assentirono alle sue parole. Da
quel momento in poi Yukei fu chiamato Ikame-bo e il suo allievo Eikei Risshi fu soprannominato
dalle genti Ko-Ikame-bo.

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Cap. 2 IKKO AJARI

Ora i preti portarono il loro emerito Zasshu a Myoko-in, che si trova nella valle a sud del Toto (o
Pagoda Orientale). Forse nemmeno un Gongen può evitare una sfortuna come la sua.
Nei tempi antichi, in Cina, Ikko Ajari, Cappellano di Corte dell'Imperatore Genso della Dinastia
To, fu elevato a tale titolo grazie alla fiducia e alla confidenza con l'imperatrice Yokihi e, allora
come oggi, nei paesi grandi e piccoli la gente mormora e, anche se erano solo chiacchiere ed erano
accuse infondate, fu esiliato nella terra di Kara.
Per raggiunger questo paese c'erano tre strade: quella chiamata Rinchi-do, la Via Imperiale, la
Yuchi-do sulla quale viaggiava la gente comune, e la Anketsu-do (via della grotta buia) battuta dai
criminali; visto che Ikko Ajari aveva commesso un grande crimine, dovette andare per la Anketsu-
do, e la percorse per sette giorni e sette notti senza vedere il sole o la luna.
Poiché era così buio e non c'era alcun abitante, perse l'orientamento: vagò sulla riva di un lago e
attraversò la fitta foresta di una montagna, udendo solo la voce di un uccello proveniente da un
umido anfratto.
Mentre piangeva lì tanto da bagnare i suoi abiti come fossero muschio, un Dio ebbe pietà di lui,
esiliato senza causa, e lo liberò mostrandogli i nove astri del cielo.
Poi Ikko, morsosi un dito della mano sinistra, tracciò i nove astri sulla manica sinistra con il
sangue. È per questo motivo che sia in Cina che in Giappone il Mandara 11 dei Nove Astri è il
principale oggetto di culto della Shingon-shu.

11 Mandara: figura circolare nella quale è dipinta una rappresentazione dei vari paradisi, dei Buddha e dei Boshisattva.

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Cap. 3 L'ESECUZIONE DI SAIKO

Quando l'Ho-o apprese che i preti di Hieizan avevano evitato l'esilio dello Zasshu fu molto
turbato; allora Saiko-hoshi disse: "Da tempo i monaci di Hieizan hanno l'abitudine di protestare
disordinatamente, non è la prima volta, ma ora sono andati troppo oltre, e se non verranno puniti in
maniera esemplare d'ora in poi il governo sarà sempre instabile."
Così disse, ignaro della sua prossima scomparsa, incurante della volontà manifestata dal Dio
della Montagna, turbando l'Imperatore Emerito con le sue parole.
"Colui che mal consiglia l'Imperatore porta il caos nel paese."
Questa è la verità; se si cerca di coltivare molte orchidee, il vento dell'autunno le distruggerà
tutte, e così se i governanti desiderano la chiarezza nelle loro menti un ministro mistificatore parlerà
in modo da portare oscurità nel loro pensiero.
Presto si diffuse la voce che l'Ho-o avesse ordinato al Shin-Dainagon Narichika-no-Kyo di
riunire i suoi servitori e di attaccare Hieizan, e che alcuni preti della montagna pensassero di essere
soggetti all'Imperatore, che quindi non fosse giusto resistere ad un suo ordine, e segretamente
intendevano obbedire. L'emerito Zasshu, che viveva ora a Myokobo, sentendo che le menti dei preti
erano divise, fu molto turbato, chiedendosi quale nuova sfortuna si sarebbe abbattuta su di lui; ma
per il momento non fu presa alcuna decisione in merito alla sua sentenza di esilio.
Così, a causa della condotta dissoluta di Hieizan, l'accurato piano dello Shin-Dainagon per il
rovesciamento degli Heike fu rimandato.
Qualche disegno e qualche preparativo era stato fatto, ma erano solo ipotesi, e poiché pareva che
il tutto non avesse probabilità di successo, Tada Kurando Yukitsuna, a cui erano stati affidati i
preparativi, pensando evidentemente che fosse inutile andare oltre, usò i tessuti, datigli per
fabbricare custodie per archi, per confezionare 'hitatare' e 'katabira' per i suoi seguaci. Del resto,
considerando la palese prosperità degli Heike, sembrava veramente un'impresa impossibile da
compiere e, se la cosa fosse trapelata, lui per primo sarebbe stato giustiziato: così pensò che era
meglio tradire, prima che lo facesse qualcun altro, e avere così salva la vita.
Così il ventinovesimo giorno, a mezzanotte circa, andò al palazzo del Nyudo a Nishi Hachijo
dicendo di avere degli affari importanti. Visto che Yukitsuna non era solito visitarlo, il Nyudo,
chiedendosi il motivo della sua presenza, mandò Shume-no-Hangwan a interrogarlo.
Yukitsuna comunque replicò che non lo avrebbe detto a nessun altro, così il Nyudo stesso uscì nel
corridoio del cancello di mezzo. "È mezzanotte," disse "cosa mai avrai da dirmi a quest'ora?" "Di
giorno ci sono molte persone in giro, " rispose Yukitsuna, "quindi devo venire col favore delle
tenebre. Cosa pensi dei preparativi per la guerra al Palazzo dell'Ho-o?" "Penso che l'Ho-o pianifichi
un attacco a Hieizan." replicò Kiyomori con noncuranza.
Allora Yukitsuna gli si avvicinò sussurrandogli: "Non è questo il motivo, è contro la tua casa che
fanno questi preparativi." "L'Ho-o ne è a conoscenza?" chiese il Nyudo. "Senza dubbio lo sa. È con
la sua autorità che Shitsuji-no-Betto Narichika-no-Kyo sta radunando le sue forze." E continuò
spiegando cosa stavano facendo Yasuyori, Shinkwan e Saiko, dopo di che si ritirò e il Nyudo
richiamò a gran voce tutti i suoi samurai.

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Yukitsuna, dopo aver detto ciò che era meglio tacere, temendo di essere chiamato a dimostrare le
sue parole, cinse la sua hakama e fuggì dalla cinta anche se nessuno lo inseguiva, sentendosi come
chi ha paura di avvampare nel fuoco da lui stesso appiccato.
Dunque il Nyudo, chiamato Chikugo-no-Kami Sadayoshi, gridò: "La capitale è piena di traditori
che complottano per rovesciare la nostra casata, sbrigati a rivelarlo a tutti i membri del clan e
raduna velocemente i servitori, che tutti debbano sentire!" Subito Udaisho Munemori, Sammi Chujo
Tomomori, To-no-Chujo Shigehira, Sama-no-Kami Yukimori e altri parenti si presentarono in
armatura e con gli archi sulla schiena, assieme ad un'innumerevole moltitudine di samurai.
Quella notte si radunarono al palazzo del Nyudo a Nishi Hachijo circa sei o settemila uomini
armati. Il giorno seguente era il primo giorno del sesto mese e, mentre era ancora scuro, Kiyomori
chiamò Abe-no-Sukenari e gli ordinò di dirigersi verso il Palazzo dell'Imperatore Emerito e che,
chiamato Taizen-no-Taiyu Nobunari, gli disse quanto segue: "C'è un complotto dello Shin-Dainagon
Narichika-no-Kyo e di altri seguaci dell'Ho-o per rovesciare la nostra casata e gettare l'impero della
confusione: arrestateli tutti e indagate su di loro; l'Ho-o è evidentemente a conoscenza del
complotto."
Sukenari in tutta fretta si corse a Palazzo e, chiamato Nobunari, gli dette il messaggio.
Egli, impallidendo, andò subito a dirlo all'Ho-o. "Ah, qualcuno ha rivelo il segreto" osservò "ma
anche così, come è potuto trapelare, mi chiedo?" Ed egli non dette una risposta.
Sukenari, ritornando immediatamente, riportò tutto al suo padrone. A quel punto il Nyudo replicò
che evidentemente Yukitsuna aveva detto il vero e che se egli non avesse rivelato il complotto le
loro vite sarebbero state in serio pericolo. Allora ordinò a Chikugo-no-Kami Sadayoshi e Hida-no-
Kami Sadaie di arrestare tutto coloro che erano implicati; quindi, prendendo un manipolo di due o
trecento cavalieri, andarono in perlustrazione e li sequestrarono tutti. Egli mandò anche alcuni fanti
al palazzo dello Shin-Dainagon a Naka-no-Mikado-no-Karasu-Maru con l'ordine di presentarsi
immediatamente innanzi a lui.
Il Dainagon pensava che la cosa non avesse nulla a che fare con lui, credeva che Kiyomori
intendesse impedire all'Ho-o di attaccare Hieizan, ritenendo inutile l'uso della forza. Indossò con
grazia un abito dai materiali delicati e montò su un elegante carro, accompagnato da tre o quattro
seguaci, dai servitori, trainato da buoi, risultando più cerimoniale del solito; solo per scoprire ben
presto che sarebbe stata l'ultima volta!
Quando giunsero nei pressi di Nishi Hachijo per quattro o cinque cho non videro altro che uomini
armati ed egli provò un po' di ansia, chiedendosi perché fossero così numerosi, ma quando
arrivarono davanti al cancello e gli fu ordinato di entrare, videro che dentro vi era un numero ben
più grande di soldati. Al cancello intermedio stavano molti guerrieri con fare minaccioso, i quali,
vedendo entrare il Dainagon, urlarono: "Dobbiamo prenderlo e legarlo?" Quindi il Nyudo,
osservando da dietro ad una tenda, rispose: "Non è necessario."
Così quattordici o quindici soldati lo circondarono e lo afferrarono per i polsi, portandolo nella
veranda e chiudendolo in un piccolo appartamento. Il Dainagon, come fosse in un sogno, non
riusciva a capire cosa stesse accadendo. I samurai che erano con lui, non potendo opporsi ad un
potere così schiacciante, fuggirono in differenti direzioni e i servitori e i guidatori costernati
abbandonarono il carro coi buoi e si dileguarono.
Poi anche Omi-no-Chujo Nyudo Renjo, Hosshoji-no-Shugyo Shunkwan Sozu, Yamashiro-no-
Kami Motokane, Shikibu-no-Taiyu Masatsuna, Hei Hangwan Yasuyori, So Hangwan Nobufusa e
Shin Hei Hangwan Sukeyuki furono arrestati e condotti lì. Nell'udire ciò, Saiko-hoshi, temendo di

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essere implicato anche lui, si diresse in tutta fretta al Palazzo dell'Ho-o. Sulla strada, comunque,
incontrò dei soldati da Rukuhara che gli si accostarono e dissero: "Lei è richiesto a Rokuhara, si
diriga lì immediatamente!" ma lui replicò di avere degli affari da compiere al Palazzo dell'Ho-o e
che solo dopo avrebbe fatto come ordinatogli. "Cos'è che hai da dirgli, oh più inutile dei sacerdoti?"
chiesero, quindi lo trascinarono giù da cavallo e lo portarono legato a Rokuhara. Essendo stato
l'ideatore del complotto fin dall'inizio lo legarono saldamente e lo misero agli arresti in un piccolo
cortile.
Allora Kiyomori, stando sulla veranda di sopra, lo fulminò con uno sguardo feroce e poi esclamò:
"Questo è i modo con cui si tratta la feccia che, come te, complotta contro di me. Portatelo qui!"
Quindi lo portarono all'estremità della veranda e il Nyudo, schiacciandogli la faccia con la
calzatura: "Tu, che eri all'inizio uno dei cortigiani di più basso rango, fosti elevato per il favore
dell'Ho-o ad un'alta, immeritata carica di corte; tu e tuo figlio vi siete comportati in maniera
oltraggiosa e avete procurato l'esilio all'innocente Zasshu di Tendai e, non contenti, avete preso
parte ad un complotto contro di me e la mia casata. Ora confessa tutto immediatamente e riporta la
verità!"
Ma Saiko, uomo di grande coraggioso, impavido e calmo, che difficilmente veniva preso alla
sprovvista, replicò con una risata: "Come intimo servitore della Casata dell'Ho-o non posso dire di
non aver preso parte all'incremento di forze dello Shitsuji-no-Betto Narichika-no-Kyo. Infatti gli ho
dato una mano. Perché dici cose che non mi competono?
Davanti ad altri non importa, ma in mia presenza non dovresti parlare così. Sei il figlio maggiore
ed erede del defunto Gyobu-no-Kyo Tadamori, e non sei entrato a Corte finché non hai compiuto
quattordici o quindici anni, e poi sei stato al servizio del passato To-Chunagon Kasei-no-Kyo di
Naka-no-Mikado, quando anche i bambini della città ti chiamavano Takaheita.
Ma nel periodo Ho-en hai arrestato tre capi dei pirati e fosti ricompensato con un carica da quarto
rango. Quando sei stato nominato Hyoe-no-Suke di quarto rango la gente disse che era troppo per
te, uno che viene dalla linea di sangue di un uomo che non aveva diritto di entrare a Corte. Ma ti sei
elevato fino ad essere Dajo-Daijin.
Fin dai tempi passati, per chi proviene da una famiglia guerriera come la mia, si possono ottenere
feudi e detenere cariche tra i Kebiishi. Ma non promozioni più alte."
Così parlò, con coraggio, senza paura, e il Nyudo non poté né frenare la sua furia né pronunciare
una parola di rabbia, dopo un po' vi riuscì: "Non prendete ora la sua testa, interrogatelo per bene
finché non scopriremo tutto il complotto; poi portatelo al fiume e decapitatelo."
Matsuura-no-Taro Shigetoshi si occupò della tortura, schiacciandogli braccia e gambe.
Saiko non resistette alla fine, tanto fu dolorosa la tortura subita. Dopo aver scritto la sua
confessione su quattro o cinque fogli di carta, la sua bocca fu tenuta aperta per ordine di Kiyomori e
fu giustiziato a Shujaku, sulla riva occidentale del Gojo.
Fu ordinato che anche suo figlio maggiore Kaga-no-Kami Morotaka, che era stato sollevato dalla
sua carica e bandito a Idota, a Owari, fosse giustiziato da Oguma-no-Gunshi Koresue di quella
provincia.
Anche il figlio più giovane, Kondo Hangwan Morotsune, fu prelevato dalla sua cella e messo a
morte.
Furono decapitati, in egual modo, il suo terzo figlio, Saemon-no-Jo Morohira, con altri suoi tre
seguaci.

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Questi uomini erano emersi da umili posizioni e interferito in questioni nelle quali non avevano il
diritto di immischiarsi: avevano procurato l'esilio dell'innocente Zasshu di Tendai e così sono andati
incontro al loro destino, raggiunti da una punizione come se essa fosse la vendetta della divinità di
Hieizan.

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Cap. 4 LA FLEBILE AMMONIZIONE

Lo Shin-Dainagon, confinato in una piccola camera, era talmente terrorizzato che sudava freddo
in ogni sua parte del corpo e pensava tra sé e sé: "Ah, questo è il risultato della soffiata di qualcuno.
Chi può aver passato l'informazione? Dev'essere stata una delle Guardie di Palazzo dell'Ho-o."
Mentre continuava a rimuginare ansiosamente su ogni cosa nella sua mente, sentì un passo
pesante avvicinarsi da dietro e credette fossero i soldati venuti ad ucciderlo. Invece era il Nyudo in
persona che marciava rumorosamente sul pavimento in legno e improvvisamente aprì lo shoji della
stanza.
Vestiva una corta veste di seta bianca e avanzava a grandi passi grazie ad un lungo okuchi-
hakama12. Portava una spada senza decorazioni sul fodero. Kiyomori, pieno d'ira, guardò il
Dainagon con fare minaccioso. "Ti avrebbero dovuto giustiziare ai tempi della rivolta Heiji, ma
Shigemori ti ha salvato il collo. Questa gentilezza te la sei dimenticata. Quale risentimento ti ha
spinto a desiderare la distruzione della mia casa? Capire la gratitudine è una parte dell'uomo, ma chi
la dimentica è solo un animale. Visto che la mia casata non è ancora destinata a cadere, ho voluto
portarti qui per sapere cosa è successo di recente."
"Si sta sbagliando in pieno," replicò il Dainagon, "qualcuno deve aver calunniato contro di me,
quindi, la prego, indaghi meglio." A questo punto Kiyomori lo interruppe esclamando: "Oh, entra!"
Immediatamente comparì Sadayoshi: "Prendi la confessione che ha fatto il compagno Saiko"
ordinò il Nyudo, e, avutala, la lesse diverse volte al Dainagon ad alta voce. "Ora, canaglia, che hai
da dire?" gridò, lanciandogli il documento in faccia, poi sbatté violentemente lo shoji e se ne andò.
La sua rabbia non passò, così chiamò Tsuneto e Kaneyasu e disse loro di gettare il Dainagon nel
cortile. Però essi obiettarono dicendo che Komatsu-dono non avrebbe approvato un simile
trattamento. "Cosa?" chiese Kiyomori, "prendete ordini da Shigemori, e non ascoltate i miei?
Sembra che io non conti più nulla."
Ma loro alla fine, pensando che non era consigliabile non obbedire, presero il Dainagon da
entrambe le mani e lo gettarono nel cortile. Allora il Nyudo, esultando per la sua vendetta, gli
ordinò di buttarlo a terra e di picchiarlo fino a farlo urlare; allora i due, volendo risparmiargli la vita,
sussurrarono all'orecchio del Dainagon di sbrigarsi a gridare, e così, gettato a terra, egli lanciò degli
urli diverse volte.
Sembrava una scena nel Meido13, quando coloro che hanno peccato in questo mondo di Shaba 14
sono torturati da diavoli dopo essere stati pesati su una bilancia e le loro malefatte esaminate in uno
specchio di puro cristallo.
Similmente in Cina anche Sho e Han furono chiusi in prigione, e Kan e Ho furono uccisi con i
familiari fino alla terza generazione; anche Choso fu giustiziato e Shugi punito. Di questi uomini i
primi quattro erano tutti fedeli sudditi dell'Imperatore Koso, ma a causa delle calunnie di uomini
privi di valore furono ingiustamente disonorati.

12 okuchi-hakama: una varietà di hakama, i tradizionali pantaloni giapponesi.


13 Meido: La Via Oscura, il mondo sotterraneo, in sanscrito è detto Nirika. Qui gli uomini erano giudicati da Emma-O
o Yama Raja e dai suoi sottoposti (Ahora Setsu) tramite una bilancia e da uno specchio che rifletteva ogni cosa.
14 Shaba: mondo della sofferenza, in sanscrito Sahaloka. Ciò che è soggetto alla trasmigrazione, popolarmente è usato
per indicare il nostro mondo.

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In questo momento, per lui così tragico, il primo pensiero dello Shin-Dainagon fu per il destino di
suo figlio Tamba-no-Shosho Naritsune e degli altri figli più giovani.
Poiché era il sesto mese faceva estremamente caldo, e non poteva levarsi i pesanti abiti da
cerimonia, le sue condizioni divennero così insostenibili da farlo ansimare e si sedette madido di
sudore e di lacrime. Benché pensasse che Komatsu-dono non lo avrebbe perdonato, non aveva più
alcuna notizia.
Passate alcune ore Komatsu-dono, composto sia nel bene che nel male, arrivò a Rukuhara con
suo figlio maggiore Gon-no-Suke Koremori che cavalcava dietro al carro. Con lui vi erano quattro o
cinque guardie e due o tre servitori ma nessun uomo di scorta, e il suo portamento era del tutto
calmo e impassibile.
Il Nyudo e la sua famiglia erano sorpresi di vederlo arrivare così, e quando arrivò al cancello
intermedio Sadayoshi avanzò e disse: "Perché viaggia senza una scorta armata visti i tempi così
critici?" "Critico è una parola che dovrebbe essere usata solo per gli affari della nazione" replicò il
Ministro "non possiamo usarlo per le nostre liti private."
A sentire ciò la folla di samurai che stava lì armata fino ai denti sembrò un po' a disagio.
Shigemori allora si mise a cercare tra le molte stanze dove era stato confinato il Dainagon, alla fine
arrivò ad uno shoji che era stato bloccato da travi e da corde come la tela di un ragno. Ordinò che
fossero rimosse per scoprire l'interno dove stava il Dainagon. Stava seduto soffocato dalle lacrime,
senza alzare lo sguardo, ma essendo ben accolto da Shigemori il suo volto si illuminò come quello
di un peccatore all'Inferno che vede l'arrivo di Jizo Bosatsu.
"Non so per quale motivo" disse "ma stamane sono caduto in questa brutta situazione; però ti sei
degnato di venire da me, e io ho fiducia che tu sarai in grado di tirarmene fuori. Quando nel periodo
Heiji stavo per essere giustiziato fu la tua compassione a salvarmi la vita e da allora sono avanzato
fino ad essere un Dainagon e ho ottenuto il secondo Grado di Corte, avendo poco più di
quarant'anni.
Anche se non potrò mai ripagare la tua gentilezza, ti prego di salvare la mia inutile vita ancora
una volta. Se questo mi sarà concesso mi ritirerò dal mondo, e seguendo la via del Buddha mi
ritirerò in qualche remoto villaggio lontano, in cui io possa offrire tutta la mia mente per
raggiungere l'illuminazione come Buddha nella vita futura ".
"Non penso " rispose Shigemori,"che si spingeranno fino al punto di ucciderti, ma se vorranno
farlo, io stesso sarò garante per la tua vita, quindi rilassati." Poi cercò suo padre Kiyomori e così gli
parlò: "Ti prego di riflettere attentamente su quello che fai prima di mettere a morte il Dainagon: da
quando il suo antenato Shuri-no-Taiyu Akisue divenne Cortigiano dell'Imperatore Emerito
Shirakawa lui è stato l'unico della sua famiglia ad essere promosso Dainagon del secondo grado più
alto. In più, lui è tra i favoriti del suo maestro, l'Ho-o, quindi non è bene metterlo a morte. Sarà
sufficiente espellerlo dalla capitale.
Kitano Tenjin, a causa delle calunnie del Ministro Tokihira, spese i suoi ultimi giorni in tristezza
e in esilio nel mare occidentale, e il Ministro Nishinomiya, per la traduzione del Tada-no-Manchu,
spese i suoi ultimi giorni nell'amarezza tra le montagne nebbiose del Sanyo, entrambi senza aver
commesso alcun crimine.
Tutto questo fu durante la giusta era di En-ki, e la tradizione chiama ciò 'L'ingiustizia del Mikado
di An-wa', quindi se queste cosa sono accadute in un periodo così grande, a maggior ragione
possono verificarsi in un'epoca malvagia come questa, no? Anche un saggio capo fa degli errori;
molti più di una persona ordinaria. Dal momento che lo hai già arrestato, non hai di che

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preoccuparti se gli risparmi la vita. Il saggio cinese disse: 'Concedi 15 il beneficio del dubbio
all'imputato quando è in questione la colpa, ma dagli credito quando è in questione il merito'.
In aggiunta devi considerare un'altra cosa, io ho sposato la sorella minore di questo Dainagon,
mentre mio figlio Koremori la figlia, quindi, vincolati da un rapporto così intimo, dovresti capire
perché parlo in questo modo.
Anche se non sarà questo il caso, ti scongiuro, risparmialo per il bene dell'Imperatore, del nostro
paese e di questo tempo.
Ricorda quanto estremo fu considerato il gesto del passato Shonagon Nyudo Shinsei, all'epoca
reggente, quando ripristinò la pena di morte che non era stata più applicata da quando Uhyoe-no-
Kami Fujiwara Nakanari fu giustiziato, ai tempi di Saga Tenno, venticinque generazioni fa e
disseppellì il cadavere di Uji-no-Akusafu (Sadaijin Yorinaga) e lo decapitò. E se allora la gente
disse che, giustiziati i capi, i ribelli sarebbero spariti tutti, tuttavia soltanto due anni dopo Hogen ci
fu la ribellione di Heiji, quando il corpo di Shinsei, che era stato sepolto, fu dissotterrato, la testa
tagliata ed esposta; è veramente un esempio da valutare: ciò che fece durante Hogen è ricaduto sulla
sua testa.
Ora, quest'uomo non è un ribelle contro il trono, dovresti esitare nel metterlo a morte. Non penso
che la nostra famiglia sia all'apice della sua prosperità, ma spero che la sua gloria continui ancora
per molte generazioni; eppure, così come gli atti buoni e malvagi dei padri ricadono sui figli,
sappiamo che 'accumulo di buone azioni produce felicità, mentre la sfortuna attende alla porta di
casa di chi ne accumula di malvage.' Quindi per ogni evenienza lui non deve essere decapitato
stasera".
Allora il Nyudo, ammettendo la ragionevolezza di queste parole, rinunciò a giustiziarlo.
Quindi Shigemori uscì dal cancello intermedio e si rivolse ai samurai: "Non è necessario mettere
a morte il Dainagon, anche se vi è stato ordinato di farlo. Quando il Nyudo è infuriato è propenso a
fare cose avventate di cui successivamente si pentirà. Fate in modo di non commettere errori dei
quali poi possa dispiacersi".
A queste parole tutti gli uomini armati tremarono con apprensione. Shigemori continuò: "Questa
mattina Tsuneto e Kaneyasu hanno trattato il Dainagon duramente e con violenza: questo è un
comportamento da ruffiani. Non hanno avuto paura che io lo venissi a sapere? I samurai di
campagna sono tutti così." Allora anche Namba e Seno si misero a tremare di paura, mentre
Shigemori, avendoli così ammoniti, ritornò al Palazzo di Komatsu.
I servitori del Dainagon erano tornati alla svelta alla residenza del loro signore a Naka-no-
Mikado-no-Karasu-Maru, e riportarono l'accaduto, dopodiché la loro padrona e le dame gridarono e
piansero. Allora i servitori, raccontato dell'imprigionamento dell'erede e degli altri membri più
giovani della famiglia, suggerirono che si nascondessero velocemente.
"A questo punto" disse la moglie del Dainagon, "anche se vivessimo in pace, che futuro
potremmo avere? Tutto ciò che desidero ora è morire con mio marito come le gocce di rugiada che
svaniscono la sera stessa. Ahimè! Come avrei potuto sapere che il nostro incontro di stamattina
sarebbe stato l'ultimo?" e gettati gli abiti si buttò a terra nella disperazione.
Dopo un po' comunque si cominciò a vociferare dell'arrivo dei soldati degli Heike e, non volendo
che la vedessero in quelle misere condizioni, prese la figlia di 10 anni, il figlio di 8, salì su una
carrozza e fuggì senza sapere dove.

15 Concedi il beneficio del dubbio [...]: brano presente in molti classici dell'epoca.

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Non potendo continuare senza meta salì a Omiya e raggiunse l'Urin-in, un tempio sulle colline
settentrionali. Poiché coloro che erano con lei temevano per la propria vita la lasciarono prima degli
edifici e tornarono in città.
Che triste situazione era quella per lei, lasciata lì, con dei bambini piccoli, senza nessuno ad
aiutarla con saggezza e comprensione. Quando vide scendere le ombre della notte, riflettendo sulla
possibilità che la vita del marito fosse svanita come la rugiada della sera, desiderò di rendere
l'anima.
Alla residenza del Dainagon molti servitori e dame erano andati via, ma si preoccuparono più di
agguantare il cibo che non di chiudere le porte, e nessuno pensò di dar da mangiare ai numerosi
cavalli chiusi nelle stalle.
In precedenza, fin dai primi albori, ci sarebbero state file di carrozze al cancello e innumerevoli
ospiti sarebbero venuti a trascorrere la giornata tra feste e danze, come se non esistessero le
preoccupazioni della vita, mentre i loro sottoposti non avrebbero nemmeno osato alzare la voce in
loro presenza.
Questo stato di noncuranza era continuato fino al giorno prima, ma tutto cambiò in una sola breve
notte.
Come sono umiliati i potenti!
Ora siamo in grado di apprezzare il detto del Kosho-Ko 16: "Il dolore arriva quando il piacere è al
suo apice."

16 Kosho-Ko: Oe Tomotsuna. L'intero verso recita: "Coloro che vivono, devono morire, nemmeno un Buddha può
sfuggire ai fumi del sandalo. Il dolore arriva, quando il piacere è al suo apice. Anche gli angeli hanno i loro cinque
fallimenti".

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Cap. 5 IL SHOSHO SOTTO LA RESPONSABILITÀ DEL
SAISHO

Quella notte Tamba-no-Shosho Naritsune rimase nel Hojujiden, il Palazzo dell'Imperatore


Emerito, e non uscì assolutamente. I seguaci del Dainagon cavalcarono in fretta verso il Palazzo e lo
richiamarono, e in merito all'arresto di suo padre rispose: "Perché finora il Saisho non mi ha
informato su una cosa come questa?"
Ma appena finì di parlare arrivò un messaggero dal Saisho. Ora, questo Saisho era il fratello
minore di Kiyomori e la sua abitazione era presso il cancello esterno di Rokuhara, per questo veniva
chiamato Kadowaki-no-Saisho, ed era anche suocero di Tamba-no-Shosho.
"Non ne conosco il motivo," disse il messaggero, "ma mi è stato ordinato di condurla a Nishi-
Hachijo." A sentire questo il Shosho chiamò le dame di compagnia che stavano sempre con lui e
disse: "La scorsa notte ho sentito dei tumulti fuori e ho pensato che fossero i monaci della montagna
scesi in città, invece pare sia qualcosa che riguarda i miei affari. Così come il Dainagon sarà messo
a morte questa sera, anch'io riceverò la stessa condanna. Vorrei visitare l'Ho-o ancora una volta, ma
poiché mi ha colpito questa sfortuna, devo rinunciare."
Le dame allora andarono dall'Ho-o ad informarlo. L'Ho-o, capito dal messaggero di Kiyomori
giunto in mattinata che il piano segreto era stato rivelato, mostrò l'intenzione di voler vedere il
Shosho, e così fu. L'Ho-o, piangendo, non disse nulla, mentre il Shosho, anch'egli soffocando le
lacrime, rimase in silenzio.
Così, dopo un po' di tempo, si ritirò dal suo cospetto e l'Ho-o, vedendolo andare via, da una certa
distanza disse: "Com'è triste quest'epoca degenere! Questa è l'ultima volta che lo vedo." e non poté
frenare le lacrime. Quando il Shosho si ritirò dal cospetto dell'Ho-o, tutti i cortigiani e le dame di
corte erano molto rattristato nel separarsi da lui e lo tiravano per la manica piangendo, cosicché
nessuno aveva gli occhi asciutti.
Quando arrivò a casa del suocero, il Saisho, scoprì che sua moglie era in travaglio, e che, a causa
della forte emozione per i tumulti del mattino, sembrava stesse per spirare. Dopo la sua partenza dal
Palazzo dell'Ho-o non aveva smesso di piangere, e ora, vedendo la condizione di sua moglie, cadde
completamente nello sconforto.
Anche la nutrice del Shosho, di nome Rokujo, venne da lui in lacrime e disse:"Da quando sono
venuta qui come nutrice io ho cresciuto il mio signore fino ad ora, e nell'allevarlo non mi sono mai
rattristata per i miei anni che passavano, ma ho solo gioito nel vedere il mio signore crescere e,
anche se non lo è ancora del tutto, quest'anno ha raggiunto i ventun anni. Non sono mai stata
separata da lui per più di mezz'ora, quando andava al Palazzo dell'Ho-o era sempre in ansia se
tardava; ma ora, alla fine, che disgrazia ha mai incontrato?"
Allora il Shosho tentò di consolarla, assicurandole che, essendoci anche il Saisho, molto
probabilmente avrebbe avuto salva la vita. Ma ciò non bastò e si mise a piangere violentemente
nonostante ci fossero altre persone.
Nel frattempo arrivarono diversi messaggeri da Nishi-Hachijo e il Saisho decise che non c'era
altro da fare se non andare, qualunque cosa fosse accaduta, e partirono: il Shosho prese posto dietro
al suo carro.

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Dai periodi Hogen e Heiji la casata degli Heike non ebbe altro che prosperità e non incontrarono
alcuna disgrazia sulla loro strada, salvo per questo Saisho che soffrì molto a causa del suo infelice
genero.
Quando giunsero alla residenza di Nishi-Hachijo e chiesero cosa fare, gli fu detto che il Shosho
non doveva varcare il cancello, così il Saisho entrò lasciandolo alle cure di alcuni samurai. Quindi
gli uomini di Kiyomori circondarono il Shosho da ogni lato e lo sorvegliarono stretto, ed essendo
stato così separato dal Saisho. sul quale contava, il cuore gli venne meno e si sentì sconsolato.
Il Saisho andò al cancello intermedio ma il Nyudo non venne a riceverlo, quindi dopo un po'
dettò queste parole a Gendaiyu-no-Hangwan Suesada: "Mi spiace di essere imparentato con questo
tizio fastidioso, ma non può essere aiutato: sua moglie è ormai malata e questa mattina la disgrazia è
caduta su di lui in modo così violento che lei è ormai sul punto di morte. Se fosse nelle mie mani
non gli permetterei di fare alcuna scorrettezza, quindi ti prego: che d'ora in poi sia sotto la mia
responsabilità."
Quando Suesada riportò questo al Nyudo, Kiyomori rispose solo:"Questo sfortunato Saisho non
deve essere discriminato." e non si espresse sulla richiesta.
Poi però disse a Suesada: "Il Shin-Dainagon Narichika-no-Kyo e altri seguaci Imperiali
intendevano distruggere la nostra casata e sconvolgere la pace del paese, e questo Shosho è il figlio
maggiore di quell'uomo. Non posso sapere quanto lui fosse profondamente coinvolto, ma se questa
rivolta fosse stata portata a termine tu sei sicuro che saresti rimasto illeso?"
Quando il Saisho udì questo sembrò del tutto mortificato e rispose: "Da Hogen e Heiji ho
rischiato la mia vita in battaglia molte volte al tuo fianco e ho anche allontanato dalla tua persona il
forte vento dell'avversità. Benché sia vecchio ho molti figli piccoli e anche loro possono divenire
una forte protezione, tuttavia quando ti porgo questa richiesta, e cioè di mettere il Shosho sotto la
mia protezione, tu non vuoi concedere il tuo consenso.
Questo perché pensi che anche io sia implicato nel disegno. Se non hai fiducia in me non ho più
motivo di vivere in questo mondo, così mi ritirerò e diventerò un monaco, in isolamento a Koya o
Kogawa, e pregherò sinceramente per una rinascita in un mondo migliore. In verità la parentela con
questo mondo non è di alcuna utilità. Quando si è nel mondo si ha la speranza, ma quando l'oggetto
della speranza non può essere raggiunto, sorge la cattiveria. Non c'è niente di meglio che
disprezzare questo mondo fugace per entrare nella via di Buddha".
Allora Suesada ripeté a Kiyomori le parole del Saisho, aggiungendo che sembrava convinto di
ciò che diceva, e supplicò il Nyudo di accogliere la sua richiesta: "In verità sarebbe stupido da parte
sua ritirarsi da questo mondo, quindi metterò il Shosho sotto la sua responsabilità" replicò Kiyomori
e Suesada ritornò ad informare il Saisho.
"Ah!" esclamò, "non è bene prendersi la responsabilità per il figlio di un altro; se non fosse il
marito di mia figlia non mi sarei sforzato tanto." e uscì. Il Shosho che lo stava aspettando chiese
come fossa andata e lui rispose: "Il Nyudo era molto infuriato e non mi ha ricevuto, ripetendo che
non avrebbe accolto la mia richiesta, ma quando ho minacciato di farmi monaco ha acconsentito che
tu fossi sotto la mia responsabilità; ma temo che sia una decisione temporanea."
"In ogni caso per un po' ho ottenuto una tregua grazie a Lei," disse il Shosho, "e, a proposito, ha
sentito nulla in merito al destino di mio padre, il Dainagon?" "In verità" rispose il Saisho " ho solo
potuto mettere una buona parola per te, non potevo certo spingermi oltre."
Allora il Shosho, scoppiando in lacrime: "Temo per la mia vita, è vero, ma quanto vorrei vedere
di nuovo mio padre. Questa notte il Dainagon verrà giustiziato, quindi perché dovrei vivere?

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Desidero condividere il destino di mio padre qualunque esso sia, quindi, La prego, informi il Nyudo
del mio volere."
Il Saisho, molto turbato da questa prospettiva, replicò: "Ho parlato per la tua persona in verità,
ma di più questo non mi sono spinto, però ho sentito che Shigemori, il Naidaijin, questa mattina ha
avvisato suo padre di non ucciderlo, quindi le sue circostanze non sono così sfavorevoli." Senza
nemmeno aspettare di sentire altro il Shosho giunse le mani e pianse di gioia.
Chi, se non un figlio, sarebbe in grado di dimenticare ogni ansia per se stesso e quindi rallegrarsi
per la salvezza del proprio padre? Infatti il legame di parentela tra padri e figli è il legame più forte.
Quanto è necessario avere dei figli!
Poi il Saisho e il Shosho tornarono al palazzo del Saisho nella stessa carrozza proprio come se ne
erano andati: le dame di corte e i servitori piangevano e si rallegrarono al loro arrivo come se
fossero tornati dall'aldilà.

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Cap. 6 IL MONITO

Nonostante i numerosi arresti effettuati, il prete-laico Cancelliere non sembrava ancora


soddisfatto.
Giunto minaccioso al cancello intermedio del suo palazzo, si mise a chiamare a gran voce
Sadayoshi. Era vestito di un 'hitatare' ricamato di rosso, indossato sopra un armatura nera dalla
corazza ornata con finiture in argento, e teneva sotto il braccio un'alabarda corta dal manico in
argento donatogli molti anni prima dal Dio di Itsukushima, quando, mentre era ancora solo noto
come Aki-no-Kami, fu oggetto di un messaggio divino in sogno, e che teneva sempre sotto il suo
cuscino.
Subito il Chikugo-no-Kami si presentò davanti al suo signore. Era vestito di un 'hitatare' di colore
rosso giallastro e la sua armatura era scarlatta.
"Che ne pensi, Sadayoshi? Nel periodo Hogen, Taira Uma-no-Suke Tadamasa e più della metà
della nostra famiglia andarono in aiuto del nuovo Imperatore Emerito (Sutoku Tenno) e Ichi-no-
miya (Shigehito Shinno) era figlio adottivo di mio padre il defunto Gyobu-no-Kyo Tadamori, così
che era difficilissimo per me non sostenerlo; a dispetto di queste cose, però, seguendo le istruzioni
del defunto Imperatore (Toba Tenno), parteggiai per l'Imperatore (Go-Shirakawa,l'Ho-o)*.
Questo fu uno dei servigi che feci per la Casa Imperiale.
Quando ci fu la rivolta di Nobuyori e Yoshimoto, il dodicesimo mese del primo anno di Heiji, il
Palazzo fu messo sotto sequestro e con esso la Corte al suo interno, il paese quindi cadde nel
disordine e a rischio della mia vita ho guidato i ribelli e arrestai Tsunemune e Korekata.
Da allora, molte volte misi la mia vita a disposizione della Corte Imperiale, cosicché per quanto
la gente possa diffamarci, la Casa Imperiale non può che schierarsi con la nostra famiglia fino alla
settima generazione. Eppure l'Ho-o ha dato ascolto a un paio di mascalzoni come Narichika e Saiko.
Il piano per la nostra distruzione, che pare favorito dall'Ho-o, non deve essere portato a termine.
Temo che d'ora in poi basterà una falsa accusa perché l'Imperatore scelga di conferire un mandato
per la nostra distruzione, e se noi fossimo nuovamente proclamati nemici dell'Imperatore non
potremmo più riscattarci, anche in caso di nostro pentimento.
L'Ho-o, un tempo, fu trasferito al Palazzo Nord di Toba, nell'attesa che la pace fosse ristabilita nel
paese; che ne pensi se ora lo portassimo qui a Rokuhara? Se lo facessimo alcuni della Guardia
Imperiale potrebbero fare una resistenza armata, quindi dobbiamo dire ai nostri seguaci di tenerci
pronti, io non servirò più l'Ho-o. Sella il mio cavallo e porta fuori la mia armatura da generale!".
Allora Shume-no-Hangwan Morikuni corse a tutta velocità alla residenza di Shigemori e
immediatamente gli disse cosa stava accadendo. Senza nemmeno sentire tutto per intero il Naidaijin
esclamò: "Ahimè, hanno tagliato la testa a Narichika-no-Kyo."
"Non è così," replicò Morikuni, "ma il Nyudo ha preso l'armatura da generale e sta guidando i
suoi seguaci al Palazzo dell'Ho-o a Hojuji, dichiarando che, finché non verrà ristabilita la pace,
sposterà l'Ho-o al Palazzo Nord di Toba, oppure a Rokuhara, ma crediamo che in realtà voglia
bandirlo ai confini occidentali del paese."
Allora il Naidaijin, dubitando che fosse realmente così, ma pensando anche al comportamento
folle tenuto del padre quella mattina, salì velocemente sul suo carro e si diresse a Nishi-Hachijo.

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Giunto ed entrato dal cancello vide il Nyudo nella sua armatura con decine di cortigiani e nobili
della sua famiglia, tutti in armature e hitatare di varie fogge e colori, seduti in due file dalla veranda
al cancello intermedio, oltre una folla di signori di provincia, guardie del corpo e ufficiali di ogni
rango accalcati in un cortile sottostante. Gli stendardi erano sfoggiati, i sottopancia dei cavalli e le
cinghie degli elmi scintillavano, come se fossero in procinto a partire.
Komatsu-dono, vestito soltanto con un naoshi, il suo largo hakama e un eboshi in testa, entrò con
il fruscio pacifico delle sue vesti di seta che contrastava tutti gli altri. Kiyomori, abbassando lo
sguardo, imbarazzato, pensò in cuor suo: "Ah, con quale indifferenza si comporta questo ministro,
come se fosse un uomo disinteressato al mondo. Pare proprio opportuno rimproverarlo."
Comunque, anche se era suo figlio, era alla presenza di un uomo che rispettava i Cinque Divieti e
non contrastava in alcun modo le Cinque Virtù: era caritatevole, gentile ed educato in tutte le sue
azioni. Si vergognò di farsi trovare in abbigliamento da battaglia, così, chiuse leggermente lo shoji,
e frettolosamente indossò sopra la sua armatura una veste sacerdotale bianca, sistemando il grembo
in seguito per nascondere il metallo lucente del pettorale.
Il Naidaijin prese posto sopra a quello di suo fratello minore Munemori, senza che lui o il Nyudo
proferissero parola. Dopo un po' il silenzio fu rotto da suo padre: "La rivolta di Narichika è una cosa
di scarsa importanza, ma è un fatto grave che sia stata pianificata dall'Ho-o. Quindi che ne pensate
di trasferirlo al Palazzo Nord di Toba o, altrimenti, di tenerlo qui finché la questione non si placa?"
Senza aspettare altro il Naidaijin scoppiò in lacrime. "Qual è il problema ?" chiese sorpreso il
Nyudo.
Quindi Shigemori, reprimendo le lacrime, rispose: "Se devo giudicare le tue parole devo supporre
che la prosperità della nostra casata stia volgendo al termine, perché da sempre è quando le persone
toccano il fondo che commettono i crimini. Il tuo aspetto in questa veste mi sembra solo
un'illusione.
Sebbene sia probabilmente per questo che la nostra terra è un regno remoto e stretto, da quando è
amministrato dalla stirpe di Ama-no-Koyane-no-Mikoto sotto la sovranità dei discendenti di
Amaterasu-Omi-Kami, coloro che hanno ricoperto la carica di Dajo-daijin non sono mai stati così a
loro agio nel comparire in abbigliamento da battaglia.
Soprattutto tu, un prete laico, pronto a togliersi le sacre vesti dei Buddha dei tre mondi, l'abito di
chi si è liberato dalle passioni17, e ad indossare l'armatura e ad impugnare arco e frecce. Questo non
è solo trasgredire ai Cinque Divieti e rendersi colpevole di un reato spudorato, ma è anche
trascurare le Cinque Virtù! Non è piacevole parlare così, ma non posso più tacere quello che ho in
mente. A questo mondo abbiamo quattro vincoli di fedeltà, sia in Cielo che in Terra: all'Imperatore,
al Padre, alla Madre e ai Compagni,; e quello dell'Imperatore è il più importante.
Tutta la terra è sotto il dominio dell'Imperatore. Sappiamo di quei due saggi in Cina: uno si lavò
le orecchie delle acque dell'Eisen e l'altro mangiò le felci sulle montagne di Shuyo, e di come
insegnarono la difficoltà di opporsi all'Imperatore. Quanto può esserlo per uno che è avanzato fino
all'alta carica di Dajo-Daijin, da una famiglia tra i quali non vi erano precedenti? Anch'io, nella mia
ignoranza e stupidità, sono divenuto ministro, e più di metà paese è soggetto ai nostri ordini. Tutto
questo non è un buon motivo per sentirsi in debito con l'Imperatore?
Ma tu, incurante di questo grande impegno, stai per trattare la persona dell'Ho-o con violenza,
una cosa contraria al volere di Hachiman e Amaterasu. Il Giappone è la terra degli Dei, e gli Dei
non permettono scortesia. Così i piani dell'Imperatore non sono senza ragione. Che la nostra casa

17 liberato dalle passioni: in giapponese "gedatsu", in sanscrito "Vimokeha" o "Mukti"

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per diverse generazioni abbia soggiogato i nemici dell'Imperatore e pacificato le rabbiose onde dei
quattro mari è segno di grande patriottismo, ma ciò che per noi è vanto per altri è nullità.
Tra i diciassette articoli della costituzione di Shotoku Taishi si trova scritto: 'Ogni uomo ha una
mente, e ogni mente un proprio volere. Alcuni dicono che una cosa è buona, altri il contrario, quindi
chi può decidere ciò che è giusto? C'è saggezza e follia in entrambi, è proprio un circolo vizioso; ed
essendo così se uno è infuriato deve innanzitutto criticare sé stesso.'
Ma poiché non è ancora destino che nostra casa cada, questo piano è già stato rivelato: tanto più
che abbiamo già preso in custodia Narichika, quindi non c'è bisogno di affannarsi su ciò che farà
l'Imperatore.
Dopo aver opportunamente punito queste persone bisognerà spiegare la questione al Ho-o.
Servendo così l'Imperatore e trattando le persone con comprensione si riceve la protezione degli Dei
e non si disobbedisce alla volontà di Buddha. Se siete favoriti dagli Dei e Buddha, l'Imperatore
cambierà l'opinione che ha su di noi.
Se comparo l'Imperatore con te, non c'è distinzione tra i due per l'affetto che provo, ma quando si
compara il giusto con lo sbagliato uno deve necessariamente preferire il giusto. Poiché il giusto è
dalla parte dell'Imperatore, io proteggerò il Palazzo dell'Ho-o come meglio potrò, visto che la mia
ascesa da una bassa posizione al rango di Daijin-no-Taisho è solo dovuto alla benevolenza
dell'Imperatore.
Quando considero la grandezza di questo favore, lo trovo più grande di diecimila volte diecimila
ammassi di gioielli, sì, e più profondo del viola tinteggiato due volte. Quindi devo andare al Palazzo
dell'Ho-o, e i miei samurai, che hanno promesso di dare la propria vita per me, in qualsiasi
momento, verranno con me senza dubbio e se io li radunerò per andare a proteggere il Hojuji-den
allora avverrà una grande crisi.
Quanto sono infelice! Se rimango leale all'Imperatore devo dimenticare la gratitudine che ho
verso mio padre, che è più alta dei picchi del Monte Meiro 18. In vero la mia scelta è difficile:
perseguire una condotta filiale mi porta a diventare un suddito ribelle e disobbediente
all'Imperatore. Non so da che parte stare, perché è difficile decidere tra l'uno e l'altro.
Ti supplico allora, ordina per la mia decapitazione, così non potrò andare con voi contro l'Ho-o,
né potrò essere al suo fianco per proteggerlo.
In Cina Shoka ottenne meriti superiori a qualunque uomo ordinario e divenne Primo Ministro, gli
fu permesso così di entrare a Corte indossando scarpe e portando la sua spada, ma in un'occasione
disobbedì, e l'Imperatore Koso lo punì severamente.
Considerando questo precedente, anche se un uomo ottiene grandi ricchezze, gradi, prosperità,
favori Imperiali e alte cariche, non è così difficile poi cadere. Se una casata ricca e nobile come la
nostra accumula stipendi e gradi così facilmente è come un albero che porta troppa frutta ed è
fragile alle radici.
Ahimè! Speravo di non vivere così a lungo da vedere il mio paese in un tale disordine. Nato in un
epoca così degenerata per incontrare tali disgrazie, questo è proprio un destino crudele! Come
sarebbe facile ordinare ad uno dei tuoi samurai di portarmi fuori nel cortile e lì colpirmi in testa.
Rifletti nel tuo intimo su tutte queste cose!".

18 Monte Meiro: in sanscrito "Sumeru". Meraviglioso monte al centro dell'Universo che supporta i vari livelli dei cieli
e attorno al quale ruotano i vari corpi celesti. È descritto come un'enorme piramide a base quadrata: un lato era
d'oro, uno d'argento, uno di lapislazzuli e uno di vetro.

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E asciugandosi le lacrime con la manica del suo naoshi, pianse amaramente, e anche tutti gli
Heike, seduti fila dopo fila, alzarono la voce e si misero a piangere.
Il Nyudo, che aveva riposto tutta la sua fiducia in Shigemori, udendolo parlare così sentì un colpo
al cuore, e rispose: "In verità, non ho mai riflettuto su simili cose, ma io temo solo cosa possa
accadere se l'Ho-o applicasse i piani di quelle canaglie."
"Qualunque errore possa essere perpetrato" replicò il Naidaijin "come possiamo alzare le mani
contro l'Ho-o?" Poi, improvvisamente, al cancello intermedio si rivolse ai samurai: "Penso che
abbiate sentito tutto ciò che ho detto. Ero qui fin da questa mattina e ho cercato di placare questo
tumulto, ma questo è oltre i miei poteri, quindi devo tornare a casa. Non marciate contro l'Ho-o
finché la mia testa sarà sulle mie spalle!"
Allora, chiamati i suoi servitori tornò al Komatsu-den.
Arrivato lì chiamò Shume-no-Hangwan Morikuni e lo istruì così:"Stamane ho appreso che il
Paese è in una situazione estremamente critica, quindi lascia che coloro che si considerano fedeli
seguaci si armino e si uniscano a me."
A questo punto tutti pensarono che quella decisione presa con tale rapidità da uno famoso per la
sua lentezza nell'agire dovesse essere di estrema importanza e si affrettarono ad obbedire. I seguaci
si riversarono fuori dai villaggi di Yodo, Hatsukashi, Uji, Okanoya, Hino, Kwanjuji, Daigo,
Ogurusu, Mamezu, Katsura, Ohara, Shizuhara, e Serifu; alcuni in armatura ma senza elmo, alcuni
con frecce e senza arco, alcuni con un solo piede nella staffa e alcuni con nessuno, tanta era la fretta
e il disordine.
Sentito dell'attività a Komatsu-den, le diverse migliaia di cavalieri di stanza a Nishi Hachijo si
diressero là senza informare il Nyudo, cosicché nemmeno un guerriero restò nella casa di Chikugo-
no-Kami, che, rimasto solo, fu chiamato da Kiyomori: "Perché Shigemori ha chiamato tutti? Può
essere che voglia attaccarmi come ha detto questa mattina?" Sadayoshi in lacrime rispose: "Simili
cose dipendono dal carattere di un uomo; lui non ne sarebbe in grado, starà già rimpiangendo ciò
che ha detto stamattina."
Kiyomori comunque pensò che non era il caso di litigare col figlio, il Naidaijin, dunque rinunciò
ad azioni violente contro l'Imperatore Emerito. In tutta fretta si levò l'armatura, indossò la veste e i
paramenti sacri e si dedicò alle sue preghiere, le quali, tuttavia, in nessun modo provenivano dal suo
cuore. Nel frattempo, a Komatsu-den, fu ordinato a Morikuni di calcolare il numero dei servitori
che avevano radunato, e si trovò che vi erano più di diecimila cavalieri.
Dopo aver ispezionato questa moltitudine inaspettata, Shigemori uscì dal cancello intermedio e
disse questo ai samurai riuniti: "Sono commosso dal fatto che vi siate radunati tutti qui così in
fretta, senza riguardo per i vostri affari personali.
In Cina vi è un esempio come questo. Yu-o, della dinastia Shu, aveva una consorte preferita di
nome Ho-ji, e lei era la più grande bellezza del regno, ma in una cosa lei non soddisfaceva Yu-o:
non rideva mai, non accennava mai nemmeno un sorriso. Ora, è abitudine in Cina che quando
scoppia una rivolta l'esercito accenda fuochi di segnalazione e batta sui tamburi per radunare i
soldati, e all'epoca scoppiò una rivolta, quindi vennero accesi molti fuochi e quando questa consorte
li vide esclamò: "Oh! Quanti ce ne sono." e sorrise per la prima volta.
E quando sorrideva la sua espressione era molto seducente e Yu-o ne fu deliziato a tal punto da
far accendere i fuochi molte volte senza motivo, e così i generali accorrevano per scoprire che non
c'era alcuna urgenza, e se ne andavano. Questo accadde molte volte, finché non accorsero più.
Accadde poi che un nemico di un paese vicino fece un'incursione e attaccò la capitale di Yu-o.

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Questi accese i fuochi, ma poiché pensarono che fosse per il divertimento della consorte, nessuno
dei soldati rispose alla chiamata, quindi la capitale cadde e Yu-o stesso fu ucciso, mentre la consorte
si trasformò in una volpe e scappò via.
Stando così le cose, venite qui in fretta ogni volta che vi chiamo, come avete fatto oggi. Vi ho
radunato qui perché questa mattina ho sentito che ci sarebbe stata una grande crisi, ma dopo aver
indagato più a fondo mi sono convinto che i rapporti erano sbagliati: quindi potete tornare ai vostri
alloggi".
Quindi i servitori se ne andarono. Ora, pare che Shigemori non credesse realmente che ci fosse
una crisi, ma dopo il rimprovero di suo padre quella mattina era ansioso di sapere se i soldati si
sarebbero schierati al suo fianco oppure no, e pare non intendesse nemmeno attaccare Kiyomori, ma
solo dissuadere il padre dall'interferire con l'Imperatore con questo stratagemma.
Come disse Confucio: "Anche se l'Imperatore non si comporta da Imperatore, i sudditi devono
comportarsi da sudditi, e anche se un padre non si comporta da padre, un figlio deve comportarsi da
figlio: la lealtà verso l'Imperatore è come la pietà filiale di un figlio".
Quando l'Ho-o venne a sapere questo esclamò: "Non è la prima volta che provo sconcerto al
cospetto del Naidaijin, colui che ripaga l'animosità con la gentilezza."
I suoi contemporanei lo elogiarono, dichiarando che si trattava di una cosa molto fortunata che un
tale uomo fosse diventato Daijin-no-Taisho, che era superiore a tutti in cortesia ed educazione, oltre
ad essere ineguagliabile in intelletto e capacità: "Se c'è un ministro che osa dare consigli
all'Imperatore, allora il Paese sarà in pace, e nella famiglia se c'è un figlio che esorta il padre, quella
casa sarà solida. Felice è il Paese che ha un tale ministro: era vero nei tempi antichi e lo è ancora
oggi".

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Cap. 7 L'ESILIO DELLO SHIN-DAINAGON

Il secondo giorno del sesto mese trasferirono lo Shin Dainagon Narichika-no-Kyo nella sala di
ricevimento del palazzo e gli fu servito il pasto, ma il suo cuore era così gonfio che non toccò nulla.
Poi la sua guardia Namba-no-Jiro Tsuneto fece chiamare il suo carro e lo invitò a salire: il
Dainagon lo fece a malincuore. Espresse il desiderio di rivedere Shigemori ancora una volta, ma
sfortunatamente non gli fu concesso.
Guardandosi attorno alla scorta che lo circondava, non vide nessuno dei suoi uomini.
"Ah," esclamò, "anche ad un esiliato per un grave crimine dovrebbe essere concesso almeno uno
dei suoi servitori." Quando le guardie lo sentirono le loro lacrime scesero fino agli avambracci.
Avanzarono lungo la riva ovest del Shujaku verso sud. Egli vide solo da lontano gli edifici della
Corte che lo accoglievano un tempo, e i servitori e i bovari che lo conoscevano bene affondarono le
facce nelle maniche e piansero.
Quanto deve essere stato ancor più triste lo stato di sua moglie e dei figli lasciati in città.
Passando dal Palazzo di Toba gli tornarono in mente i momenti in cui accompagnava l'Ho-o
quando veniva a visitarlo. Procedendo vide il suo luogo nativo, Suhama, in lontananza.
Oltrepassati i cancelli meridionali di Toba-den si affrettarono per prendere la nave. Allora
supplicò di essere ucciso lì, ancora vicino alla capitale. Chiese il nome del servitore incaricato di
accompagnarlo e i samurai gli dissero che era Namba-no-Jiro Kaneyasu.
Allora il Dainagon domandò se uno dei suoi servitori fosse presente, poiché aveva qualcosa da
dirgli prima che si imbarcasse, ma quando Tsuneto si mise a cercare non ne trovò nessuno.
Allora singhiozzando il Dainagon esclamò: "Ah, ai tempi della mia prosperità avevo due o
trecento seguaci, ma ora nessuno è qui, nemmeno per vedermi un'ultima volta prima della mia
partenza." inducendo i rudi soldati a inumidire le maniche delle loro armature. Anzi, in verità fu un
vero diluvio di lacrime a seguirlo.
In passato, quando andò a visitare i santuari di Kumano e Tenno-ji, vi si recò con
un'imbarcazione di grande magnificenza accompagnato da venti o trenta altre navi, ma ora dovette
imbarcarsi su un grossolano vascello con solo una grande tenda, scortato da soldati stranieri.
Quel giorno lui lasciava la capitale un'ultima volta per salpare oltre l'orizzonte del mare, e si
possono solo immaginare i suoi dolorosi sentimenti.
Fu solo grazie al prezioso intervento di Komatsu-dono che la sua condanna a morte fu tramutata
in un esilio.
Quel giorno raggiunsero la costa di Daimotsu nella provincia di Settsu. Il giorno dopo, cioè il
terzo, un messaggero da Kyoto arrivò di corsa in quel luogo, al che il Dainagon pensò che sarebbe
stato giustiziato là, ma il messaggero aveva portato solo l'ordine che dovesse essere esiliato a
Kojima, a Bizen.
C'era anche una lettera di Shigemori in cui vi era scritto: "Erroneamente credevo di riuscire a
mandarti in un posto di campagna vicino alla capitale, ma, ahimè!, così non può essere, e non ho

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così tanto potere per comandare altrimenti. Comunque sono almeno riuscito a salvarti la vita, quindi
rilassati."
Vi era anche un messaggio per Namba-no-Jiro, che lo pregava di avere grande rispetto per la sua
condizione, di prendersene cura e di non opporsi ai suoi desideri, aggiungendo anche indicazioni
dettagliate sui preparativi per il viaggio.
Ah! Dove andrà, lasciando l'Ho-o al quale deve così tanto, e separandosi dalla moglie e dai figli
dai quali non si era mai allontanato prima nemmeno per un istante? Mai più egli tornerà a vedere la
sua famiglia.
Una sola volta, tempo addietro, era stato esiliato per appello di Hieizan, ma l'Ho-o, avendo avuto
compassione di lui, lo richiamò di nuovo da Nishi Shichijo: allo stesso modo della sua attuale
punizione non era stato per volontà imperiale.
"Perché è successo?" ansimò, alzando gli occhi al cielo e giù di nuovo a terra: per quanto
piangesse era tutto inutile. Ripartirono appena venne l'alba e durante il viaggio non fece altro che
piangere e sembrò che non volesse più vivere, ma la sua vita fugace non era ancora destinata al
termine.
Come bianche onde abbandonate nella loro scia la capitale si allontanava, sempre più. Mentre i
giorni passavano uno dopo l'altro, la remota meta era sempre più vicina.
Quando arrivarono a Kojima di Bizen lo condussero da un contadino insolente la cui casa aveva
il tetto coperto da arbusti.
Le montagne alle spalle e il mare di fronte, la solitudine dell'esule, il suono delle onde e la brezza
sui pini delle costa lo riempirono di un sentimento di tristezza e abbandono.

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Cap. 8 IL PINO DI AKOYA

Lo Shin-Dainagon non era l'unica persona condannata all'esilio, molti dei suoi compagni patirono
la stessa sorte. Fu deciso che Omi-no-Chujo Nyudo Renjo fosse bandito a Sado, Yamashiro-no-
Kami Motokane a Hoki, Shikibuno-taiho-Masatsuna a Harima, So Hangwan Nobufusa a Awa e
Shinkei-no-Hangwan Sukeyuki a Mimasaka.
All'epoca il Nyudo stava nella sua residenza di Fukuhara. Il ventesimo giorno il suo messaggero
Settsu-no-Kami Morizumi raggiunse il Palazzo Kadowaki, residenza del Saisho Taira Norimori e gli
ordinò di portargli rapidamente Tamba-no-Shosho, che aveva in custodia, perché aveva intenzione
di stabilire quale atteggiamento tenere con lui.
Dunque il Saisho rispose: "È molto triste che io debba essere ancora amareggiato da questo,
sarebbe stato meglio che si fosse deciso qualcosa prima!", ma egli ordinò comunque che si portasse
il Shosho a Fukuhara.
Il Shosho pianse lungo il cammino, e sua moglie e le dame di compagnia lo pregarono di
chiedere ancora una volta l'intervento del Saisho, visto che non c'era altro che loro potessero fare.
"Da parte mia ho fatto quello che potevo" replicò il Saisho, "non posso fare altro, se non lasciare
questo mondo. Che posso dire di più? Ovunque ti porteranno verrò a trovarti finché vivrò."
Il Shosho aveva un figlio di 3 anni ma, essendo giovane lui esso, non aveva ancora avuto alcuna
particolare attenzione per suo figlio; ora comunque, trovandosi in quella situazione gli divenne
molto caro e pensò che avrebbe dovuto rivederlo ancora una volta.
La nutrice glielo portò immediatamente e il Shosho, ponendoselo sulle ginocchia, gli accarezzò i
capelli e pianse "Ahimè, avrei desiderato condurti alla Corte Imperiale quando tu avresti avuto 7
anni, ma ora tutto è vano. Se, per destino, tu sopravviverai, devi divenire prete e pregare per la mia
felicità nella prossima vita."
Il bambino ovviamente non poteva comprendere quelle parole, ma quando il padre finì di parlare,
egli annuì con la testa, cosicché il Shosho, la madre, e anche la nutrice e gli altri che erano lì, anche
il più insensibile, scoppiarono tutti in lacrime.
Quella sera il messaggero di Fukuhara gli ordinò di dirigersi a Toba, ma il Shosho chiese se
almeno quella notte avesse potuto sostare nella capitale, visto che non sarebbe rimasto a lungo:
questo non gli fu però consentito e così, abbandonando la speranza, andò a Toba quella notte stessa.
Il Saisho era talmente addolorato che non lo accompagnò, e il ventiduesimo giorno dello stesso
mese arrivò a Fukuhara, al che il Nyudo diede ordine a Seno-no-Taro Kaneyasu che veniva da
Bitchu di portarlo in quella provincia.
Kaneyasu, temendo che il Saisho ne venisse al corrente, non lo trattò con alcun astio, ma fu molto
gentile con lui sulla strada. Il Shosho, nonostante questo, si rifiutò di essere consolato, ma notte e
giorno invocò il nome del Buddha, pregando e intercedendo tramite suo padre.
Lo Shin-Dainagon Narichika-no-Kyo era già a Kojima di Bizen ma, poiché non era un posto a lui
consono, essendo vicino ad un porto, fu portato al villaggio di Niwase ai confini tra Bizen e Bitchu
e andò ad alloggiare in un tempio di montagna chiamato Ariki-no-Bessho a Kibi-no-Nakayama.
Quindi non era a più di 50 cho da Seno di Bitchu dove era il Shosho. Lo Shosho contava di
ricevere notizie dal padre essendo in zona.

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Chiamando dunque Kaneyasu si informò dove fosse quell'Ariki-no-Bessho, ma Kaneyasu,
pensando che non fosse saggio dirglielo, gli rispose che era a dodici o tredici giorni di viaggio.
Piangendo il Shosho rispose: "Il vecchio Giappone aveva trentatré province ed ora è diviso in
sessantasei; quelle che ora chiamiamo Bizen, Bingo e Bitchu una volta erano tutte un solo paese.
anche Dewa e Mutsu nell'area orientale formavano una sola provincia composta da sessantasei
distretti, ma ora dodici di quei distretti sono stati separati e chiamati Dewa.
Quando Sanekata-no-Chujo fu bandito a Mutsu desiderava vedere il famoso pino di Akoya; girò
l'intera provincia ma tornò senza averlo trovato, poi incontrò un anziano sulla strada a cui rivolse
queste parole: 'Vedo che sei anziano, allora dimmi: dove può essere il pino di Akoya di questa
provincia?'
'Non è in questa provincia' replicò il vecchio 'ma nella provincia di Dewa.'
'Quindi nemmeno tu sai dov'è.' rispose il Chujo 'In questa malvagia epoca la gente ha dimenticato
persino i luoghi celebri della loro provincia.' e fece per andarsene quando l'anziano gli afferrò la
manica e disse: 'Quando chiedi del pino di Akoya di questa provincia, tu pensi a questi versi:

Oh pino di Akoya nel Mutsu!


possente tu oscuri il cielo:
la luna non sorge per intero!

Ma questa poesia fu scritta quando le province, unite, erano conosciute con un solo nome:
quando i dodici distretti furono separati gli fu dato il nome di Dewa.'
Allora Sanekata-no-Chujo andò nella provincia di Dewa e vide il pino di Akoya."
"Da Dazaifu a Tsukushi," continuò il Shosho, "i corrieri che portano il pesce all'Imperatore
impiegano quindici giorni di viaggio, così un tragitto di quindici giorni da qui ci porterebbe lontano
fino a Kyushu, non è vero? Anche i siti più distanti in Bizen, Bitchu e Bingo non possono essere a
più di tre giorni di viaggio, e tu dici che è lontano solo perché non vuoi rivelarmi dove risieda mio
padre, il Dainagon."
Dopo questo, nonostante desiderasse vederlo, non chiese più di lui.

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Cap. 9 LA MORTE DELLO SHIN-DAINAGON

Nel mentre Hoshoji-no-Shugyo Shunkwan Sozu, Tamba-no-Shosho Naritsune e Hei Hangwan


Yasuyori erano stati tutti esiliati sull'isola di Kikaigashima, nella baia di Satsuma.
Questo luogo è raggiungibile dalla capitale solo con molta difficoltà e solcando mari tempestosi.
È un luogo che persino i marinai non riescono a trovare se non sono certi della direzione, ed è
un'isola quasi disabitata.
Ci sono delle persone, è vero, ma non vestono abiti, non sono come la gente della terraferma, e
nemmeno capiscono la nostra lingua. I loro corpi sono coperti da peli e sono neri come buoi. Gli
uomini non vestono 'eboshi' e le donne non hanno i capelli lunghi.
Poiché non hanno nulla da mangiare devono uccidere gli animali; non coltivano i campi e quindi
non hanno né riso né grano, e non coltivano i gelsi, quindi non hanno la seta.
Su quest'isola c'è un alto monte bruciato da un fuoco eterno e la terra è piena di zolfo, per questo
l'isola è anche chiamata Iogashima. I fulmini cadono in continuazione dalla cima della montagna e
ai suoi piedi piove in abbondanza. Non è possibile viverci nemmeno per un istante.
Lo Shin-Dainagon ora era molto più rilassato, ma sentendo che suo figlio Tamba-no-Shosho
Naritsune era stato esiliato a Kikaigashima della baia di Satsuma con altri due, pensando che non
era più il momento di temporeggiare, informò Shigemori tramite un messaggero del suo desiderio di
rasarsi il capo e divenire prete.
Questo fu riportato anche all'Ho-o che dette il suo assenso. Dunque, gettando le splendenti vesti
della prosperità, abbandonò questo mondo fugace e si calò nel nero abito del recluso.
La moglie del Dainagon, ritiratasi nelle vicinanze di Unrin-ji, sulle colline settentrionali, non solo
trovava dolorosa una simile vita per lei, ma non aveva nulla da fare per tutto il giorno e si sentiva
estremamente infelice. Nella sua precedente residenza aveva avuto molte dame di compagnia e
molti servitori, ma ora tutti avevano paura o avevano vergogna di farle visita, tranne un solo
servitore di nome Gensaemon-no-Jo Nobutoshi, che ebbe pietà di lei e veniva a trovarla
continuamente.
Un giorno lei chiamò questo Nobutoshi e gli ordinò questo: "Il mio signore è così lontano, a
Kojima di Bizen, ma ultimamente ho sentito che è stato trasferito a Ariki-no-Bessho. Ah! Quanto
vorrei mandargli una lettera e ricevere una risposta."
"Da quando ero bambino," replicò Nobutoshi, scoppiando in lacrime, "quanti benefici ho ricevuto
da Lei, e ancora non riesco a lasciarLa. Ho sempre obbedito ai Suoi ordini, e ho sempre seguito i
Suoi consigli. Quando il mio signore è sceso verso la provincia occidentale lo avrei seguito, ma
Rokuhara non me lo ha permesso e così non ho potuto, ma ora certamente gli consegnerò il Suo
divino messaggio, nonostante le difficoltà che potrò incontrare."
La sua padrona era felicissima per quelle parole e immediatamente scrisse la lettera. Anche il suo
figlioletto e la figlia scrissero un messaggio, e Nobutoshi li prese con sé, scendendo verso Ariki-no-
Bessho, nella lontana provincia di Bizen.
Interrogò la guardia Namba-no-Jiro Tsuneto; e il guerriero, rispettando la leale condotta di
quell'uomo, lo portò ben presto nel punto in cui si trovava il suo signore.

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Il suo padrone, il Nyudo Dainagon, in quel momento, come sempre, stava meditando tristemente
sulla sua casa nella capitale e, vedendo Nobutoshi arrivare da Kyoto, distinse a fatica la realtà dalla
visione di un sogno, poi balzò in piedi e lo esortò a entrare immediatamente.
Nobutoshi avanzò, ma nel vedere la condizione del suo signore, il suo umile alloggio e le sue
nere vesti sacerdotali, gli si dolse il cuore e non poté trattenere le lacrime. Poi, contenendosi in
qualche modo, raccontò tutto ciò che aveva detto la sua padrona, e gli presentò la lettera.
Il Dainagon la aprì e lesse i caratteri offuscati dalle lacrime. Leggendo di quanto i figli fossero
rattristati per lui, per non parlare del dolore e dell'ansia insopportabili di sua moglie, capì che i suoi
desideri passati non erano nulla dinnanzi all'angoscia presente.
Passarono quattro o cinque giorni e Nobutoshi chiese di rimanere al fianco del suo padrone fino
alla fine, ma il soldato che lo vigilava non poteva permetterlo, e il Dainagon stesso lo dissuase
dicendo: "Poiché tu non puoi restare più a lungo, ti prego, torna ancora una volta. Sento che la mia
fine non è lontana e quando udirai della mia morte spero che tu possa pregare per il mio bene nel
mondo che verrà."
Così Nabutoshi ricevette una risposta alla sua lettera e ripartì, promettendo di tornare presto.
"Ah," replicò il Dainagon, "Penso che non ce ne sarà bisogno: tu non mi vedrai mai più." e
dolendosi e rammaricandosi per la separazione chiamò Nobutoshi ancora e ancora, ma ormai non
c'era più nulla da fare e il servitore, trattenendo il dolore, ritornò alla capitale e consegnò la lettera
alla sua signora.
Quando lei l'aprì subito percepì il cambiamento di condizione del marito: dentro la pacchetto
c'era una ciocca dei capelli che si era tagliato. Lei non dovette leggere ulteriormente ed esclamò:
"Ah! Quando doloroso è questo momento!" portando le mani al volto e gettandosi a terra. Anche i
suoi figli gridarono e piansero.
Il diciannovesimo giorno dell'ottavo mese dello stesso anno il Dainagon fu messo a morte a
Ariki-no-Bessho di Kibi-no-Nakayama, nel villaggio di Niwase, nella provincia di Bizen.
Per quanto riguarda il come, si dice che inizialmente gli misero del veleno nel vino, ma poiché
non sortì alcun effetto, piantarono dei tridenti nel terreno sotto un precipizio di sei metri e lo
gettarono di sotto; così lui ne restò infilzato e morì.
Che morte penosa! Quando sua moglie ne venne a conoscenza esclamò: "Finora non ho cambiato
la mia condizione, divenendo monaca, perché pensavo di poterlo rivedere un giorno, ma ciò non
sarà più possibile." e ritirandosi in un tempio chiamato Bodaiin divenne suora e offrì sé stessa alla
vita religiosa.
Questa donna era la figlia di Yamashiro-no-Kami Atsukata, ed era molto amata dall'Ho-o Go-
Shirakawa, essendo dotata di grande bellezza, ed poiché anche il Dainagon era molto caro all'Ho-o
alla fine gli andò in moglie.
Da allora i suoi giovani figli passarono i loro giorni portando fiori e versando acqua per le offerte
a Buddha e pregando per il benessere del padre nel mondo che verrà.
E fu così che la sorte di quel periodo cambiò proprio come quando gli angeli scagliarono la
maledizione dei cinque simboli del declino19.

19 cinque simboli del declino: cinque cambiamenti o degenerazioni. Questi dovevano essere: 1° appassimento dei fiori
sulla loro testa; 2° sudore sotto l'ascella; 3° estinzione del loro alone; 4° perdita della vista; 5° scontentezza del loro
posto in cielo.

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Cap. 10 IL DAINAGON TOKUDAIJI VA A ITSUKUSHIMA

Visto che il Dainagon Tokudaiji Sanesada-no-Kyo era stato scavalcato da Taira Munemori,
secondogenito del Nyudo, nella carica di Taisho, si era ritirato dalla sua carica di Dainagon e viveva
da recluso, osservando la piega degli eventi. Quando fu ormai convinto di diventare prete tutta la
sua casa si addolorò e si lamentò a lungo. Tra questi vi era uno che aveva il titolo di Shodaibu, di
nome To-no-Kurando-no-Taiyu, un uomo capace di qualsiasi cosa.
In una notte di luna Tokudaiji-dono si era steso con la sua stuoia sul lato meridionale e stava
cantando alla luna quando venne da lui questo To-no-Kurando. "Chi è?" chiese il Dainagon.
"Shigekane" fu la risposta. "È il chiaro di luna, cosa ti ha spinto a venire qui?" "Stanotte la luna è
molto chiara e così sono venuto a placare il mio spirito contemplandola."
"È ammirevole che tu sia venuto stanotte," replicò il Dainagon, " provo malinconia oltre ogni
misura e le ore sono veramente tediose." Dopo aver parlato un po' del passato e del presente il
Dainagon disse: "Considerando la prosperità degli Heike, il figlio maggiore Shigemori e il
secondogenito Munemori sono diventati generali, di destra e di sinistra, e ci sono ancora il terzo
figlio Tomomori e il nipote Koremori. Se entrambi li sostituiranno quando arriverà il loro turno non
ci sarà speranza per alcuno di alcun'altra famiglia di divenire Taisho. È la fine per me. Andrò in
clausura."
To-no-Kurando singhiozzando replicò: "Se Lei diventa monaco non ci sarà più nessuno nella
nostra famiglia a guidarla. Ultimamente ho pensato ad una strategia. Sa che Itsukushima, ad Aki, è
riverita oltre ogni limite dalla famiglia Heike. Vada a visitarla. In quel santuario ci sono molte
eleganti danzatrici, che hanno il titolo di Naishi20, e La intratterranno in modo molto interessante."
"Ma per cosa dovrei pregare?" chiese il Dainagon. "Dica loro la reale situazione" rispose Shigekane
" e quando tornerà porti una o due Naishi di alto grado con Lei alla capitale. E allora loro
certamente vorranno andare a Nishi-Hachijo, e quando il Nyudo chiederà il perché sono lì gli
riferiranno tutta la vicenda, e Lei sa quanto è interessato a queste cose, è un'ottima occasione per
ottenere i suoi favori."
"Non avrei mai pensato ad una cosa simile," replicò il Dainagon " ma certamente agirò come mi
hai suggerito, immediatamente." e subito si purificò e partì per Itsukushima. Al suo arrivo trovò
effettivamente molte bellissime danzatrici, e loro dichiararono che da quando i signori Heike erano
soliti venire lì, altri cortigiani erano rari, e quindi erano state molto interessate dal suo
pellegrinaggio.
Quindi dieci delle Naishi principali gli tennero compagnia notte e giorno e lo intrattennero molto
piacevolmente. Quando queste Naishi gli chiesero perché fosse venuto lui rispose che era stato
scavalcato nell'assegnazione della carica di Taisho da un'altra persona, ed era venuto a pregare per
quel motivo.
Così egli trascorse là sette giorni, e loro suonarono musica sacra e ballarono la danza chiamata
Kagura, così come eseguirono anche molti canti sacri e danze locali, mentre l'intrattenimento
chiamato Bugaku fu fatto tre volte.
Poi, quando iniziò il suo viaggio di ritorno, le dieci Naishi prepararono delle barche e andarono
con lui seguendolo per un giorno e Tokudaiji, rimpiangendo di lasciarle, le convinse di seguirlo per

20 Naishi: titolo delle Signore di Corte, ma qui significa le assistenti del Santuario o anche Miko, le danzatrici sacre.

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un altro giorno, poi due, e alla fine vennero con lui a Kyoto. Nella sua residenza le intrattenne e fece
loro molti regali. Le Naishi, dichiarando che visto che erano venute da così lontano nella capitale
dovevano per forza visitare i loro protettori, i signori Heike, si diressero a Nishi-Hachijo con quel
proposito.
Il Nyudo, che era uscito a riceverle, chiese perché avessero fatto tutta quella strada per venire a
Kyoto, quindi gli spiegarono che Tokudaiji-dono aveva fatto visita al loro santuario, e che avevano
preparato le barche e deciso di andare con lui per un giorno per salutarlo e ritornare, ma lui le aveva
persuase a seguirlo ancora e ancora finché alla fine erano venute alla capitale con lui.
Allora il Nyudo domandò perché Tokudaiji fosse andato a Itsukushima, e loro dissero che aveva
pregato perché era stato scavalcato durante l'elezione del Taisho. Udendo ciò il Nyudo approvò col
capo e disse tra sé: "Ammirevole che abbia fatto un pellegrinaggio in un santuario così lontano
come Itsukushima, che io venero più di ogni altro, invece che andare nei molti influenti e potenti
santuari e templi della capitale. Se il suo desiderio è così forte, allora vedrò."
Così ritirò Shigemori, il Naidaijin, dalla carica di Sadaisho e elevò Tokudaiji-dono al suo posto,
al di sopra di suo figlio Munemori, l'Udaisho.
Che atteggiamento intelligente! Com'è triste che lo Shin-Dainagon non adottò un piano come
questo, invece di fare una rivolta inutile che comportò la distruzione di sé stesso e dei suoi
discendenti.

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Cap. 11 LA DISTRUZIONE DI HIEIZAN

L'Ho-o, divenuto discepolo di Kogen Sojo di Miidera, stava studiando le dottrine segrete di
Shingon, aveva letto i tre sutra occulti chiamati Dai-nichi 21 Kyo, Kongo-cho22 Kyo e So-shitsuji23
Kyo, e il quarto giorno del nono mese si stava per sottoporre alla cerimonia del Kwancho.
All'udire ciò i sacerdoti di Hieizan si infuriarono e dissero: "Dai tempi antichi è stata usanza
eseguire il Kwancho nel nostro tempio. Ed è per lo speciale scopo di ammonimento e di battesimo
dell'Imperatore che il Dio si manifesta su questa montagna. Se invece la cerimonia si terrà a Miidera
tanto vale bruciare il nostro inutile tempio."
L'Ho-o, considerando sconveniente la sua idea, rinunciò alla ricezione del Kwancho, e chiese
solo di effettuare una cerimonia di purificazione. Ma ritornato sulla sua intenzione originaria,
chiamò Kogen Sojo e andò a Tenno-ji dove eresse un tempio chiamato Gochiko-in, e decise di usare
le sacre acque del pozzo di Kamei per il battesimo. Quindi, portati a termine i suoi studi dei sutra,
ricevette il battesimo nel sacro luogo originario del Buddismo in Giappone.
Ma sebbene il Kwancho non fosse stato svolto a Miidera per pacificare gli animi dei monaci di
Hieizan, le differenze di opinioni tra i Doshu e i Gakusho portò a degli scontri che videro la
sconfitta dei Gakusho. La distruzione di Hieizan e il disastro per la casata Imperiale sembrava
inevitabile.
Questi Doshu erano giovani servitori dei Gakusho divenuti sacerdoti, o preti che svolgevano
lavori umili ai templi. Quando Kakujin Gon-Sojo, lo Zasshu di Kongo-ju-in, era alla testa di
Hieizan, venivano chiamati Geshu e risiedevano nelle tre pagode, incaricati di offrire fiori davanti ai
Buddha.
Col passare degli anni comunque furono chiamati Gyonin, e, incuranti dei sacerdoti di alto
livello, presero il potere con la forza. Quindi quando questi Doshu, disobbedendo agli ordini dei
grandi sacerdoti, pianificarono una rivolta, i loro superiori si appellarono ai nobili di Corte perché li
punissero e chiesero ai samurai di compiere l'esecuzione.
Allora il Nyudo, agli ordini dell'Ho-o, mandò Yuasa Gon-no-Kami Muneshige della provincia di
Kii con circa duemila uomini del distretto di Kinai per attaccare i Doshu collaborando coi Taishu.
I Doshu in quel momento stazionavano nella struttura chiamata Toyobo, ma quando sentirono di
questo attacco scesero a Sanga-no-shorin Omi per radunare le forze con le quali ritornarono a
Hieizan, dove eressero una fortificazione a Sobisaka e presero posizione.
Il dodicesimo giorno del nono mese, nella prima parte dell'ora del drago, tremila uomini dei
Taishu con altri duemila uomini dell'esercito Imperiale, cinquemila in tutto, attaccarono Sobisaka,
lanciando con vigore i loro gridi di guerra.
Quelli nel forte però scagliarono frecce e sassi su di loro, agendo come un solo uomo. Certi della
vittoria finale, i Taishu cercavano di mandare avanti le forze Imperiali e viceversa.

21 Dai nichi: Vairochana, il Buddha della luce senza confini, prima delle tre rappresentazioni del Buddha, identificati
in Giappone con Amaterasu, la dea del sole, la figura centrale della setta Shingon.
22 Kongo: Vajrapani, una divinità molto evocata nel buddismo Yogacharya praticato dalla setta Shingon in Giappone.
23 So-shitsuij. Il Susiddhikara Sutra, un altro testo della scuola Tantra.

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Questa assurda competizione li divise sulla strategia e non furono in grado di combattere
efficacemente.
In più il Doshu era composto da mascalzoni quali ladri, briganti, banditi di montagna e pirati,
tutti consumati dalla brama d'oro e che combattevano per sé stessi, senza nulla da perdere. Per
questo, in precedenza, il Gakusho aveva avuto la peggio in battaglia.
Dopo questi eventi Hieizan cadde inesorabilmente in rovina.
Ad eccezione delle dodici branche della setta Zen, ben pochi monaci rimasero a viverci; le letture
nella valle vennero gradualmente abolite, non si svolsero più le cerimonie religiose, le accademie
per l'apprendimento furono chiuse e la sala per la meditazione Zen divenne deserta.
La fragranza del fiore di Tendai svanì, e la luminosa luna delle sue chiare dottrine fu velata. Più
nessuna luce dalla sacre lanterne rimaste accese per trecento anni. Il fumo dell'incenso perpetuo
cessò. Mai più svettarono le costruzioni dalle alti torri, che fendevano il cielo azzurro coi loro tre
enormi piani, con le loro travi di immensurabile altezza e i puntoni che a malapena si scorgevano
nella bianca nebbia.
I Buddha furono adorati solo dalle raffiche montane. Le loro statue d'oro bagnate da fangosi
scrosci di pioggia. I raggi lunari filtrano tra le fessure del tetto sulle loro lampade sacre e i loro
seggi di loto sono incrostati con l'adamantina rugiada dell'alba. In quest'epoca sacrilega e degenere
la Legge Buddista, un tempo suprema in tre Paesi, decadde.
Pensate a ciò che resta del Buddismo nella lontana India: le fondamenta rimaste del Chiku-rin
Shoja24 e del Gitsu-kodoku-on25, dove un tempo si predicava la dottrina del saggio Lax, non sono
forse ora covi di lupi e volpi? Le acque del lago di Hakuro si sono prosciugate e la vegetazione ne
ha preso il posto. I pilastri di Taibon e Gejo 26 sono coperti di muschio e prossimi a cadere. Anche in
Cina Tendaisan, Godaisan, Hakuba-ji e Gyokusen-ji sono ora fatiscenti e abbandonati, e i sacri testi
del Mahayana e dell'Hinayana stanno marcendo sul fondo delle loro scatole.
Così anche nel nostro Paese i sette grandi templi di Nara sono devastati. Sette, sì perché
dell'ottavo e del nono non ne è rimasta traccia. Un tempo a Atago e Takao le sacre sale e le pagode
svettavano coi loro alti tetti, ma è bastata una notte per mandarle in rovina e divenire residenza per
Tengu. Come è possibile che allo stesso modo la nobile legge di Tendai sia stata abolita in questa
epoca di Jisho? Non c'era nessuno tra gli uomini edotti che non se ne lamenti.
Non sappiamo chi l'abbia scritto, ma su un pilastro di uno dei monasteri fu trovato questo
versetto:
A questo si è giunti?
Le pendici boscose rosate
dalla folla devota in preghiera
si sono ora mutate
in spoglia, deserta brughiera.

24 Chiku-rin Shoja: Karanda Venuvana o il Parco di Bambù, donato a Buddha da Bimbisara, re di Magadha, quando fu
da lui convertito.
25 Gitsu-kodoku-su: Il Jetavana Vihara.
26 Taibon e Gejo: due stupas, pilastri o tumuli memoriali, posti da Buddha sulla strada, quando egli si trovava presso
Gridhrakuta.

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Queste parole si rifanno forse alla preghiera27 di Dengyo Daishi quando eresse questi templi:
"Tutto è benedetto28 dalla mente illuminata del Buddha".
È veramente toccante. Chiunque lo abbia scritto è degno di ammirazione.
L'ottavo giorno era la festa di Yakushi, ma non c'era il suono delle invocazione da udire. Il quarto
mese era il giorno dell'incarnazione di Sakya Muni, ma non vi era nessuna sacra offerta di seta e
denaro. La rossa recinzione del santuario si scrosta con l'età, nulla è rimasto se non la corda di
paglia degli Dei.

27 preghiera: in riferimento ad una famosa preghiera di Dengyo Daishi, le cui parole riecheggiano in questo versetto.
28 benedetto: un titolo del Buddha.

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Cap. 12 L'INCENDIO DI ZENKO-JI

In quel periodo bruciò il tempio di Zenko-ji di Shinano.


Il Tathagata di questo tempio era una collezione di tre Mida 29 lunghi mezzo braccio, senza pari
nei tre Paesi.
Erano stati ottenuti, grazie a Mukoren Choja30, dalla fusione di una grande quantità dell'oro di
Enbudan31, che la vedova di Gekkwai Choja prelevò nel Palazzo del Re Drago, quando anticamente,
a Shae32, al centro dell'India, cinque diverse malattie sterminarono i preti e numerosissime persone.
Dopo che il Buddismo si diffuse ad oriente le statue furono portate a Kudara e, dopo mille anni,
Seimei, imperatore di Kudara, e Kemmei Tenno, imperatore di questa questa terra, li portarono in
Giappone, riponendole a Naniwa-no-Ura, nella provincia di Settsu.
Poiché sprigionavano costantemente raggi dorati quell'epoca prese il nome di Konko.
Il terzo mese del terzo anno, nell'arco dei primi 10 giorni, Honda Yoshimitsu di Omi di Shinano
salì verso la capitale per vedere le statue e portarle con lui nella sua terra: di giorno Yoshimitsu
trasportava le statue, ma di notte le statue portavano lui. Arrivato a Shinano le alloggiò nel distretto
di Mizunouchi.
Da allora erano trascorsi 500 anni, e questa era la prima volta che divampò un incendio.
Si diceva che se i principi monarchici fossero stati distrutti, prima sarebbero stati preceduti dalla
abolizione del Buddismo.
Per questo la gente credeva che la distruzione della sacra montagna e dei suoi numerosi templi
erano il presagio di un prossimo rovesciamento della monarchia.

29 Mida: Amida o Amitabha con Kwannon e Seishi (Mahasthama) forma un trio di statue; sono forse le più antiche in
Giappone.
30 Mokuren Choja: Mahamaudgalyayana, il discepolo di sinistra di Buddha. Choja, anziano. In sanscrito S'rechthi.
31 Enbudan: in sanscrito Djambudvipa, il continente situato a sud del Monte Sumeru.
32 Shae: in sanscrito S'ravasti, o Kosala, uno dei sedici potenti antichi regni dell’India. Includeva Kapilavastu, luogo
di nascita di Buddha.

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Cap. 13 LA PETIZIONE DI YASUYORI

I tre che erano stati esiliati a Kikaigashima non davano alcun valore alla loro vita, che tremava
come rugiada in bilico sulla punta di una foglia, quantunque cibo e vestiti venivano inviati a Tamba-
no-Shosho dal feudo del suocero Taira-no-Saisho Norimori a Kase di Hizen, e ne beneficiavano
anche Shunkwan e Yasuyori . Inoltre Yasuyori dopo l'esilio era diventato sacerdote lungo la via a
Murozumi di Suwo, ed era ormai conosciuto con il nome religioso di Shosho. Poiché aveva
intenzione di diventarlo già in precedenza, compose questo distico per l'occasione:

Or che infin rinunzio a questa dolorosa vita,


nel cuor sol un rimpianto: non aver rinunziato prima.

Poiché Tamba-no-Shosho e Yasuyori erano sempre stati seguaci del Dio di Kumano 33
desideravano costruire sull'isola un tempio per supplicare i tre Gongen affinché li riportasse alla
capitale. Shunkwan, invece, scettico per natura, non ne prese parte. Quindi i due, concordi,
perlustrarono l'isola per trovare un luogo simile a Kumano.
Trovarono un posto arrivandoci con una zattera: una scogliera ricoperta di rampicanti come un
ricamo rosso. Un altro luogo era un meraviglioso picco nascosto tra le nuvole con uno scenario
variegato come un verde damasco disteso, il panorama delle montagne e gli splendidi boschi
superavano tutto ciò che aveva visto finora.
Verso sud si estendeva il mare fino a perdita d'occhio, le sue onde distanti si dissolvevano nelle
nuvole e nella nebbia. Sul lato nord una cascata saltava dal precipizio per un centinaio di metri con
un eterno ruggito. Il vento soffiava tra i pini fin dall'epoca degli dei. Era un luogo che assomigliava
grandemente a Rachi , con la sua cascata sacra al Gongen.
Quindi gli diedero il nome di montagna di Nachi, e chiamarono i picchi Hongu e Shingu, e altri
luoghi con il nome di altre divinità. Allora il Nyudo Yasuyori, e Tamba-no-Shosho con lui, li
visitarono ogni giorno seguendo lo stile del culto di Kumano, pregando per il loro ritorno sicuro alla
capitale.
"Namu34 Gongen Kongo Doji, manda su di noi la tua pietà, noi ti preghiamo: che possiamo
ancora una volta far ritorno alla capitale e rivedere di nuovo le nostre mogli e i nostri figli."
I giorni passarono e, non avendo vestiti di ricambio, si misero degli indumenti di canapa, si
purificarono nelle acque della palude fingendo di trovarsi tra le correnti dell'Iwata di Kumano, e
salendo una collina pensarono di inerpicarsi sull'Hosshin-mon 35. Quando il Nyudo Yasuyori faceva
il suo pellegrinaggio al Sansho Gongen recitava il sacro 'norito' e non avendo carta per il 'gohei'
sventolava fiori tra le mani con queste parole:
"In questo primo giorno di Jisho, anno del gallo, secondo giorno del decimo mese dello stesso,
trecentocinquantesimo giorno del nostro soggiorno, scegliendo un giorno favorevole e un'ora

33 Kumano: il famoso santuario di Kii, dove erano adorati Amida, Yakushi e Kwannon. La dea del santuario non è
Izanami-mikoto.
34 Namu: in sanscrito Nama, adorato in umiltà.
35 Hosshin-mon: il cancello di Kumano. Urin: forma cinese di Shosho.

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propizia, noi, Urin Fujiwara Naritsune e il prete Shōshō, fedeli adoratori del Sansho Gongen di
Kumano, che detta efficace legge in tutto il Giappone, e della Sacra Legge del grande Bosatsu della
cascata, facciamo umilmente una petizione con fervore e veramente concordi con tutto il cuore, con
il corpo, con la mente e con le parole.
Oh, Shojo Dai-Bosatsu, Signore della Legge, che dona aiuto a coloro che implorano nel mare del
dolore di questo mondo, Saggio Re e Perfezione tra le Tre Manifestazioni, Puro Rubino che dimora
nel Quadrante Orientale, Medico Divino, Nyorai che sana ogni malattia, e Tu, che dimori a sud,
Kwannon, l'esortatore che si manifesta nel Fudaraku 36, Gran Maestro di Nyujugen-mon, Principe
che è Signore Capo di questo Benevolo Maestro 37, mostraci il tuo volto nel mondo, tu che ascolti le
petizioni di tutte le creature.
Tu che riversi ogni mattina e ogni sera sull'Imperatore e i suoi sudditi la pura acqua santa,
lavando via lo sporco di questo mondo; che essi possano avere la pace in questo mondo e la felicità
in quello a venire, voltandosi ogni sera verso la tua montagna e invocando il tuo prezioso Nome,
affinché la tua misericordia non venga mai meno.
La tua bontà è infinita come le alte montagne e la tua pietà profonda come le vallate; così
potremo salire sopra le nebbie e oltre la fredda rugiada. Come dovremmo percorrere questi sentieri
impervi se non facendo affidamento che questi luoghi ospitino il tuo spirito, e se non avessimo visto
la bontà del Gongen come potremmo andare verso questa ripida montagna?
Pertanto, oh Shojo Gongen e Hiryu38 Dai-satta39, rivolgete verso di noi i vostri occhi di loto ricchi
di grazia e ascoltateci con le vostre orecchie che tutto odono, ecco il nostro ardente zelo ed esaudite
tutte le nostre petizioni. Guidate i bisognosi che sono illuminati nella Legge e salvate quelli che
sono ancora nell'ignoranza, lasciando a dimora il vostro gioiello e nascondete i vostri 84.000 fasci
di luce, mostrate voi stessi nella polvere delle Sei Vie e delle Tre Regioni40.
Sinceramente innalziamo le nostre mani insieme in preghiera per richiedere l'assoluzione dei
nostri peccati di una precedente esistenza e per richiedere una benedizione di lunga vita,
sventolando il 'gohei' senza sosta, vestiti con gli abiti di purificazione e offrendo i fiori che
simboleggiano la conoscenza della Via, facendo vibrare il sacro suolo col nostro zelo, e offrendo
acqua pura con mente sincera che possa riempire il lago da cui sgorgano i tuoi favori.
Così possiate ricevere la nostra petizione e soddisfare tutti i nostri desideri.
Così guardando verso l'alto abbiamo una petizione per i dodici Gongen, che con la salvezza delle
loro ali, ci facciano attraversare il cielo sopra questo Mare del Dolore, che ci possono restituire le
nostre posizioni precedenti, e rapidamente e in un tempo prossimo possiamo noi tornare alle nostre
case. Ci inchiniamo due volte innanzi a voi".
Tali erano le parole della preghiera di Yasuyori.

36 Fudaraku: in sanscrito Putchekagiri, una montagna dove apparve Kwannoro Avalokitesvara.


37 Benevolo Maestro: Dai Nichi Nyorai.
38 Hiryu: spirito della cascata.
39 Dai-satta: in sanscrito Mahasattva, perfetto Bodhisattva.
40 Sei Vie e Tre Regioni: in sanscrito Gati, sei Regni della Ruota della Rinascita, cioè Dei Celestiali, Spiriti Angelici,
Uomini, Animali, Spiriti Demoniaci, Dei Infernali. Tre Regioni: in sanscrito Trailokya, Mondo senza forma
(Beatitudine), Mondo della forma e Mondo del desiderio.

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Cap. 14 IL SOTOBA GALLEGGIANTE

I due, sempre pregando davanti ai Tre Gongen, a volte trascorrevano lì tutta la notte; così accadde
che una sera cantarono Imayo e ballarono fino al mattino; verso l'alba, stremati, si concessero un
momento di riposo e in sogno videro una piccola nave con vele bianche che remava al largo: da lì
vennero verso riva venti o trenta dame di corte in hakama scarlatto, suonando i tamburi e cantando
in coro:
Un'unica preghiera a Kwannon delle Mille Mani
più che invocare Buddha per mille e mille volte:
da piante appassite e da spighe senza grani
rinascon fiori e frutta, e le messi son raccolte.

Dopo aver ripetuto questo canto per tre volte scomparvero. Allora il Nyudo Yasuyori, destatosi
dal suo sogno, pensò che quello fosse un segno prodigioso: doveva essere stato mandato dal Dio
Drago. Considerò che uno dei Tre Gongen di Kumano, quello chiamato Nishi-no-Gozen, era
Kwannon delle Mille Mani in India, e che il Dio Drago dei mari doveva aver assunto la forma
provvisoria dei ventotto servitori di Kwannon: senza dubbio i loro desideri sarebbero stati esauditi.
Passarono lì un'altra notte, e in sogno videro due foglie volteggiare in una brezza che proveniva
dal mare per poi infilarsi nelle loro maniche, e quando le osservarono videro che erano foglie
dell'albero Nagi41 di Kumano. Sulle foglie del Nagi i morsi degli insetti avevano composto questo
messaggio:
Le vostre preghiere a Dio sono state grandi e sincere,
che alle vostre case presto tornerete, e senza temere.

Yasuyori desiderava così tanto tornare a casa che per consolarsi fece mille sotoba e scrisse su di
essi la lettera A42 in Sanscrito, il giorno del mese e il suo nome laico e religioso, aggiungendovi
anche queste frasi:
Qui, ahimè, giaccio, isolato al largo di Satsuma:
venti marini, sostenete questi versi fino a mio padre!

e
Ricordo: tormentato da nostalgia in un viaggio neanche tanto lungo,
il mio cuore supplicava solo di tornare nuovamente a casa.

41 Nagi: Podocarpus Nageia, conifera dall'attraente fogliame di colore verde-scuro.


42 lettera A: la prima lettera dell'alfabeto sanscrito, molto venerata dai buddisti, specialmente dalla setta Shingon.

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Poi, gettandole dalla scogliera una ad una tra le bianche onde, pronunciò questa invocazione:
"Namu Kimyo Chorai, Oh Shaka Nyorai e i Quattro Grandi Re Celesti e Tu, Dio del Cielo e della
Terra, e tutte le divinità che proteggono questa terra Imperiale, specialmente il Gongen di Kumano e
le divinità di Itsukushima di Aki. Possano farvi piacere garantendo che una di queste possa
raggiungere la capitale."
Dopodiché andò a farne ancora altre e le gettò in mare. Più i giorni passavano più il numero dei
sotoba saliva, e che siano stati i venti o gli Dei o Buddha, uno dei mille sotoba fu ritrovato sulla
costa dinnanzi al tempio di Daimyojin a Itsukushima.
Per di più, volle il caso che un prete, che conosceva il Nyudo Yasuyori, era appena arrivato a
Itsukushima per un pellegrinaggio verso la parte occidentale del Paese, e questo prete aveva
l'intenzione di andare sull'isola appena possibile per informarsi su come trovare il Nyudo.
Lì un servitore uscì dal santuario vestito con un kariginu, apparendo una persona ordinaria, e
durante una conversazione il prete disse: "È vero che gli Dei appaiono nel mondo sotto diverse
forme per salvare i mortali, ma per quale motivo il Dio di questo luogo appare come un Drago del
Mare43?" "Perché la terza figlia del Dio Drago di Shakatsura 44 si manifestò qui come Taizokai"
replicò il servitore del santuario. "Da quando la dea apparì in questo luogo lei ha continuato ad
aiutare i mortali fino ai giorni nostri e sono avvenuti molti eventi miracolosi, per questo motivo
questi otto santuari si innalzano con i loro tetti sulla riva del mare, la luna brilla sul cambio della
marea: quando sale il grande torii e il recinto rosso brillano come smeraldi, e quando scende, anche
durante una notte estiva, la sabbia di fronte è coperta di brina."
Allora il sacerdote, meravigliato, offrì doni al santuario con animo sereno, e quando sorse la luna,
al cambio della marea, nel crepuscolo vide un sotoba venire a galla tra le alghe verso riva, e
pigramente lo raccolse finché vide il versetto su di esso, e, dato che i caratteri erano intagliati nel
legno, essi non erano stati lavati via dalle onde: spiccavano chiaramente.
Ritenendola una cosa molto strana, lo ripose nella sua sacca da pellegrino e ritornò a Kyoto. Lì
seppe che la vecchia madre di Yasuyori, sua moglie e i suoi figli vivevano in ritiro a Murasakino, a
nord di Ichijo. "Ah!", dissero tristemente, "perché venire qui, invece di andare verso la più vicina
Cina, per rinnovare il nostro dolore alla sua vista?" Il fatto arrivò all'orecchio del Ho-o, e quando
vide il sotoba esclamò, piangendo "Ahimè, quanto è crudele che un uomo così infelice sia ancora
vivo." Inoltrò il sotoba a Komatsu-dono, e lui a sua volta lo inviò a suo padre.
Tra i versi famosi vi è la poesia che Kaki-no-moto Hitomaro compose nella 'la nave che
scompare tra le isole', pensando con affetto della sua terra natia, e quella di Yamabe-no-Akahito che
evoca il 'canto di gru nel canneto'. Inoltre il Dio di Sumiyoshi scrisse versi sul 'tetto di scandole del
suo santuario', e il Miojin di Miwa sui 'cedri del cancello del suo tempio' quando era lontano da casa
sua.
Poiché Susanoo-no-Mikoto è stato il primo a comporre un componimento di trentuno sillabe,
anche gli Dei e Buddha hanno voluto esprimere i loro sentimenti nello stesso modo.

43 Drago del Mare: il terzo degli Otto Re Draghi. In sanscrito Sagara.


44 Dio Drago di Shakatsura: in sanscrito Nags, probabilmente gli Otto Dei Draghi vennero importati dal Buddhismo
Cinese. La figlia del Re Drago è ben nota nella leggenda giapponese in connessione con le storie di Hohodemi e
Urashima.

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Cap. 15 SOBU

Il Nyudo, non essendo né un pezzo di legno né un blocco di pietra, fu commosso e provò


compassione, e non ci fu nessuno a Kyoto, di alto o basso rango, vecchio o giovane che non
parlasse delle strofe degli esuli di Kikaigashima. Anche se avevano realizzato mille sotoba, erano
delle foglie molto fragili, quindi era incredibile che quei versi fossero giunti a Kyoto dalle lontane
coste della baia di Satsuma.
Quando si pensa a questo fatto non si può non ricordare uno simile avvenuto molto tempo fa in
Cina.
Quando in passato il re di Han fece guerra ai barbari, Rishokei fu dapprima fatto generale e poi
messo alla testa di un'armata di trecento mila cavalieri. Le sue truppe erano comunque troppo deboli
e furono schiacciati dall'esercito nemico e Rishokei fu catturato dal re barbaro in persona. Allora
Sobu si lanciò all'attacco con cinquecentomila cavalieri, ma ancora una volta l'armata si dimostrò
debole e i barbari ancora vittoriosi. Catturarono seimila prigionieri e tra questi anche lo stesso Sobu.
Tra i più valorosi di questi ne scelsero seicentotrenta e ad ognuno tagliarono una gamba, lasciandoli
andare. Alcuni morirono immediatamente, altri qualche tempo dopo: solo Sobu sopravvisse.
Avendo solo una gamba, si tenne in vita mangiando i frutti degli alberi di montagna e
raccogliendo bacche di nezeri45 nei campi o le spighe nei campi di riso in autunno. Lo fece per così
tanto tempo che le oche selvatiche che abbondavano nei campi di riso smisero di temerlo, e
guardandole e meditando sul fatto che potessero sorvolare la sua amata terra natia, alla fine scrisse i
suoi pensieri su carta e. catturatane una, le legò il messaggio sull'ala e, dopo aver pregato
sinceramente affinché il re ricevesse il documento, la lasciò andare.
In modo alquanto consuetudinario, come era sua natura, l'oca selvatica sorvolò la capitale da sud
e nel mentre Sho46, re di Han, intento a camminare nel giardino imperiale in presa a una strana
tristezza, stava guardando il cielo fosco al crepuscolo. Uno stormo di oche selvatiche attraversò quel
cielo e una di loro, che volava basso, lasciò cadere una lettera da una delle sue ali; subito un
funzionario la raccolse e la portò al re che l'aprì e lesse quanto segue:
"Ho speso i primi tre mesi dell'anno in una caverna tra le rocce, ora vago ramingo tra gli stretti
sentieri dei campi di riso, sopravvissuto su una sola gamba tra i barbari del nord. Anche se lasciassi
il mio corpo esanime in questo paese straniero, in eterno il mio spirito continuerà a servire il mio
Imperatore."
(Per questo motivo, da allora, una missiva è spesso chiamata 'Gasho' o 'Gansatsu', ovvero 'scritto
d'oca' o 'nota dell'oca'.)
"Ah! Che pena," disse il re, "Sobu è ancora vivo, e quanto è onorevole questa dichiarazione!"
Allora mandò un'armata di un milione di cavalieri agli ordini del generale Riko e questa volta le
forze di Han furono vittoriose e l'esercito barbaro sconfitto. All'udire la vittoria, Sobu uscì
strisciando dai campi e proclamò il suo nome e titolo.
Con una sola gamba, invecchiato dal freddo di diciannove inverni, tornò al suo paese su di una
lettiga. Quando si era lanciato contro i barbari all'età di sedici anni si era avvolto nello stendardo
45 Nezeri: Oenanthe Stolonifera. Piccola pianta palustre simile al prezzemolo.
46 Sho: Sobu fu catturato durante il Regno di Bu e tornò nel sesto anno di Sho. La storia qui differisce alquanto da
quella cinese.

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consegnatogli dall'Imperatore, ed ora, levatoselo, lo poté mostrare ancora una volta alla presenza
imperiale, al che sia l'Imperatore che gli altri presenti si riempirono di somma ammirazione per lui.
Come ricompensa per la sua grande e meritevole condotta Sobu ricevette vasti territori e fu elevato
all'alta carica di Tenshoku-koku.
Rishokei rimase nel paese barbaro e non fece ritorno, e sebbene non facesse altro che lamentarsi
e cercare un modo per tornare a casa, il re barbaro non glielo permise e quindi non poté attuare i
suoi intenti. Il re di Han comunque non ne aveva idea, e pensando che Rishokei fosse un suddito
traditore, disseppellì i cadaveri dei suoi genitori e li decapitò; i suoi sei parenti più prossimi, il
padre, la madre, i fratelli maggiore e minore, la moglie e il figlio, furono tutti bollati come
criminali. Quando Rishokei lo venne a sapere ne fu estremamente addolorato e scrisse una lettera
nella quale dichiarò che egli non era stato in alcun modo sleale, ma che al contrario desiderava
ardentemente tornare nel suo paese, e la spedì al re di Han.
Il re la lesse ed esclamò: "Ah! Com'è triste, in verità non è un traditore!" e si dispiacque molto di
aver disseppellito e dissacrato i corpi di suo padre e di sua madre.
Così come Sobu di Han fissò una lettera all'ala di un'oca e la spedì alla terra natia, così fece
Yasuyori in Giappone inviando i suoi versi a casa, usando le onde come corrieri: uno con un
messaggio scritto, l'altro con un paio di strofe, uno in un'epoca remota e l'altro in una recente, uno
in una barbara terra lontana e l'altro a Kikaigashima: i tempi erano diversi, ma lo spirito fu lo stesso.
Sono veramente entrambi degni di lode.

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