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omenica D

La
DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011 / Numero 344

la memoria

La prima danza dei nostri amici Maori


MASSIMO CALANDRI

cultura

di

Repubblica

In viaggio con Virginia Woolf


VIRGINIA WOOLF

AUTOSCATTO
D
MICHELE SMARGIASSI
he cosa avranno cantato i garibaldini dello sguardo, svegliandosi allalba del 17 marzo scorso, baciando la morosa addormentata, Addio mia bella addio / il fotografo se ne va / e se non scattassi anchio / sarebbe una vilt? La sacca sullmero, non camicia rossa ma foulard tricolore, a bandoliera non un fucile Chassepot bens una Nikon digitale superaccessoriata, ma nel cuore la stessa passione: fare lItalia. O almeno, farla vedere: che nella civilt delle immagini pi o meno la stessa cosa. Di questa nuova spedizione dei Mille, che stavolta erano quattro volte di pi, non si sono accorti in tanti; eppure stata unimpresa di dimensioni inusitate, una giornata davvero particolare, a suo modo epica, entusiasmante, impensabile. (segue nelle pagine successive)

ITALIA
ora in mostra, un gigantesco ritratto di un Paese dalle mille facce
ILVO DIAMANTI

Migliaia di foto-amatori il 17 marzo 2011 hanno festeggiato a modo loro il centocinquantesimo dellUnit. Il risultato di quel clic simultaneo,

spettacoli

on facile dare un volto allItalia. Tanto meno agli italiani. Fissarli in una immagine, un ritratto. Lo dimostrano le foto scattate lo scorso 17 marzo in occasione della prima (e speriamo non ultima) Festa dellunit nazionale. Per iniziativa della Fiaf, che le ha raccolte e selezionate. Fra decine di migliaia. Ne esce non un autoritratto, ma, come scrive Michele Smargiassi, uno smisurato mosaico di ritratti, un caleidoscopio. E non potrebbe essere altrimenti. Perch raffigurare lItaliano Medio una riduzione arbitraria, perfino dal punto di vista statistico. Certo, (come mostrano i sondaggi di Demos) nove italiani su dieci, circa, si dicono orgogliosi di essere tali. Cio: Italiani. E altrettanti considerano lunit nazionale una conquista positiva. (segue nelle pagine successive)

Ron Galella, il re dei paparazzi


ANGELO AQUARO

le tendenze

Viva gli anni Quaranta


LAURA LAURENZI e SIMONE MARCHETTI

lincontro

Antonia S. Byatt, Le mie possessioni


SEBASTIANO TRIULZI

Repubblica Nazionale

FOTO TRICOLORE ORIZZONTALE, PORDENONE 10:22 - STEFANO CONSOLARO

38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA

DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011

la copertina
Autoscatto dItalia

17 marzo 2011, un allegro esercito di foto-amatori immortala la vita quotidiana della nazione che compie i suoi primi centocinquantanni
Ne viene fuori non un ritratto unificante, ma un gigantesco caleidoscopio di volti, gesti e luoghi. Che esposti

in duecento mostre raccontano che cosa siamo diventati

Una giornata particolare


MICHELE SMARGIASSI
(segue dalla copertina) uel giorno, mentre lItalia festeggiava i 150 anni della sua unit di nazione indipendente, prendeva forma il pi imponente autoritratto collettivo simultaneo che un paese si sia mai regalato nella storia della fotografia. Bastano un po di cifre a dare lidea. Forse un milione di foto scattate nellarco di ventiquattrore, pi di dieci al secondo, dalle Alpi al Lilibeo, da oltre 4500 foto-amatori; 34.789 immagini scelte trasmesse al quartier generale, schedate per luogo, minuto e secondo della ripresa, poi ripartite in oltre 200 mostre locali e una nazionale (al Centro italiano della fotografia dautore di Bibbiena, Arezzo) che saranno aperte tutte assieme sabato 24 settembre. Quando i dirigenti della Fiaf, storica associazione tra i circoli fotografici italiani, cominciarono a carezzarla come contributo alle celebrazioni, lidea non pareva troppo originale. Negli anni Settanta due americani, il fotografo Rick Smolan e leditore David Elliot Cohen, serano gi inventati la formula A Day in the Life of..., una serie di libri fotografici realizzati da qualche decina di fotografi professionisti sparsi nello stesso giorno in una singola nazione (c anche il volume sullItalia, del 90), ed ebbero poi molti imitatori. Ma il livello di ambizione del nuovo progetto cambiava tutto. Un reportage di massa, unimpresa iconografica corale, popolare: migliaia di fotografi in missione per conto del popolo italiano. In poche parole, una follia. Ma sono i progetti spericolati che hanno successo, come le imprese garibaldine. Due anni di preparazione meticolosa e spontaneista insieme. Volontari reclutati uno per uno, lasciati liberi di scegliere il proprio soggetto da una griglia molto ampia: le celebrazioni, i luoghi del Risorgimento, ovvio, ma soprattutto la vita comune, il lavoro, la socialit, il paesaggio, i volti degli italiani in quel preciso giorno. Quasi un censimento visuale, che precede di pochi mesi quello demografico, e ha quasi la stessa ambizione di capillarit. Sponsor per coprire le spese, kit del volontario: distintivo, maglietta, accrediti e permessi, fazzoletto tricolore col logo, e un pacco liberatorie per affrontare la tremenda ossessione per la privacy. Una prova generale, il 2 giugno 2010, a scala ridotta, trecento fotografi, dimostr che si poteva fare. La scelta del D-day era inevitabile: il 17 marzo, giorno anniversario. Con parziale deroga al 16 per chi aveva scelto di fotografare luoghi di lavoro, scuole e negozi, dopo che un governo ti-

Chiara fotografa la sua classe, Walter il centro commerciale di Faenza, Valentina i suoi nonni

Marco da Recanati scrive nel blog: Cero anchio


tubante ebbe deciso in extremis che il 17 doveva essere festivo. Strappo necessario alla maestosa unit di tempo: dallimpresa doveva uscire il ritratto di unItalia quotidiana, non uno di quegli album di vacanza al mare dove sempre festa col sole che splende. Non splendeva, infatti. Alla mezzanotte del 16, quando il direttore del progetto, Roberto Rossi, eroicamente fradicio sotto una pioggia scrosciante, diede il via alloperazione Passione Italia con un solenne alzabandiera nel cortile del museo di Bibbiena, nessuno sapeva come sarebbe andata a finire. Porcamiseria e governoladro, a Torino piove!, messaggi tra i primi, alle 7.47 di mattina, il disperato fotogaribaldino Marco. Ma gi qualche ora dopo, sul blog creato apposta per coordinare la campagna, piovevano invece rapporti rassicuranti dal fronte, perfino entusiasti. Ladrenalina funziona, bilancio positivo, scriveva Cinzia da Falconara. Chiara ha preso un giorno di ferie per fotografare i suoi alunni a scuola, Domenico crede di essere in un telefilm americano gi-

LA RASSEGNA
Il 24 settembre la rassegna, Passione Italia 17 marzo 2011 Una giornata italiana , sar inaugurata presso il Centro Italiano della fotografia dautore di Bibbiena (Arezzo) e in oltre 200 sedi locali dislocate su tutto il territorio nazionale Lesposizione presenter oltre mille immagini, scattate il 16 e 17 marzo 2011 in tutta Italia da oltre 4.500 foto-amatori (www.fiaf-net.it/passioneitalia)

ROMA 13:47
Una delle bandiere sventolanti al Vittoriano di Giuseppe Farcomeni

rando con la polizia stradale, Walter al centro commerciale di Faenza in cerca di non luoghi, Valentina ha fotografato i suoi nonni... , riferiva la dislocazione delle truppe il luogotenente Andrea da Forl. E verso sera gi si scivolava dal militaresco al romanticopatriottico, Antonino dallAlto Adige: Cos la Patria se non un progetto che ci raccoglie?. Marco da Recanati: stato come essere convocato in Nazionale. Luciano da Cormons: Sar un ritratto della Nazione e potr dire cero anchio. E com venuto, dunque, lautoritratto? Be, non proprio un ritratto. uno smisurato mosaico di ritratti, alcuni somiglianti, alcuni immaginari. E questo il suo valore. Una singola icona pu sintetizzare il carattere di una nazione, e probabilmente sar uno stereotipo; decine di migliaia no, possono solo restituire il volto degli italiani come dentro un caleidoscopio: dipende da come lo giri, e leffetto cambia. Migliaia di gesti, di volti, di luoghi non si lasciano ridurre a uno, sono refrattari al calcolo della media matematica, alle categorie dellentomologo, alla retorica dellItaliano con la I maiuscola. Nel mercatino di frutta, nella fabbrica di lavatrici, nella stazione allora di punta, tra i banchi multietnici di una scuola, in molte di queste immagini possiamo riconoscerci, in tutte no. Non hanno fotografato litalianit, i fotogaribaldini: hanno fotografato lunica cosa possibile, un bel po di italiani. Alla fine dellimpresa, lunica possibile immagine dellItalia sono le fotografie delle molte Italie, spesso ritoccate dal desiderio, volentieri condizionate dallorgoglio dellautoscatto. Perch non dobbiamo essere ingenui, la fotografia non dice mai tutta la verit. Le mille immagini selezionate (le Mille: anche loro partite dallo scoglio di Quarto, che la prima foto del catalogo), come tutte le altre, dichiarano con sincerit la loro appartenenza alla cultura fotoamatoriale, a quellarte media fatta di colori saturi, composizioni equilibrate, soggetti rassicuranti da cui i lati oscuri, il malaffare, la sofferenza sono esclusi o attenuati, la Grande Crisi invisibile, le arroganze dei poteri legali e illegali pure: ma non sono facili da fotografare. S, ci sono i rifiuti per strada, ci sono le periferie degradate: un certo sforzo di sincerit visibile. Ma limpeto del desiderio, altrettanto. Il peccato originale del fotoamatore che ama quel che vede, e lo abbellisce, li difende con affetto il presidente Fiaf, Claudio Pastrone, ma in questo voler vedere il meglio c anche una ribellione civile di fronte al peggio che ci circonda. Gigantesco e utile documento, allora, non dellItalia, ma di una visione dellItalia, n del tutto veritiera n del tutto irreale: di una speranza di Italia, dolce, problematica ma non drammatica, che trasuda voglia di normalit. Riposeranno nel museo di Bibbiena, tutte e trentacinquemila, queste immagini volontarie e volonterose. E ai posteri, un giorno, racconteranno lutopia generosa dei garibaldini dello sguardo in due parole: Noi vedevamo. Noi volevamo vederci cos.
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Repubblica Nazionale

DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011

LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39

ROMA 10:30
Fratellanza nel tricolore di Alberto Placidoli

LIVORNO 11:36
43 minuti al mercato: borsone rosso di Vito Lo Piccolo

TERRASINI (PA) 09:18


Piccoli ma grandi di Salvatore Trupiano

Il paese dei paesi Uniti nonostante


ILVO DIAMANTI
(segue dalla copertina) uttavia, quando si tratta di definire cosa significhi essere italiani, il quadro si complica. Diventa, appunto, un caleidoscopio. Oppure un collage. Perch gli italiani non riconoscono istituzioni comuni e unificanti. Solo il presidente della Repubblica da pochi anni, peraltro. Ma si sentono lontani dallo Stato. Ammettono, loro per primi, di avere scarso sentimento civico. Mentre si sentono profondamente divisi, dal punto di vista territoriale e culturale. I nordisti considerano quelli del sud una palla al piede per lo sviluppo del Paese. I sudisti li ricambiano, definendoli egoisti e aridi. Mentre quelli che vivono nelle regioni del centro, per non far torto a nessuno, considerano i sudisti un peso e i nordisti avidi, oltre che aridi. Insomma, tutti contro tutti. Come in politica, daltra parte. Difficile trovare in Europa un Paese altrettanto diviso. Basta osservare quel che avviene in politica. Da una parte: lanticomunismo senza il comunismo. Dallaltra, lantiberlusconismo. Daltronde, il tentativo di Berlusconi di unire il Paese offrendogli uno specchio in cui riconoscersi, appare una riduzione per cos dire maggioritaria. Quando Berlusconi parla a nome del popolo che lha eletto, fa riferimento a una quota di italiani ampia. Ma ampiamente minoritaria. Nel 2008, infatti, ha vinto le elezioni a capo di una coalizione che ha ottenuto circa il 47 per cento dei voti validi (cio, meno del 35 per cento degli elettori). Compresa la Lega e gli altri alleati. Ma oggi, a leggere i dati dei sondaggi, il suo partito raggiungerebbe a stento il 25, la sua coalizione il 35. Mentre la fiducia personale nei suoi confronti espressa da poco pi di due elettori su dieci. Difficile per Berlusconi proporsi come specchio dei desideri dellitaliano medio. Anche perch i riferimenti che gli italiani stessi utilizzano per distinguersi dagli altri popoli (lo ricaviamo, ancora, dai sondaggi di Demos) li differenziano, prima ancora, tra di loro. Lattaccamento alla famiglia e alla comunit locale. Larte di arrangiarsi. Laspirazione a fare da s, nel lavoro e nella vita. Riflettono un Paese di paesi. Di campanili e di municipi. Che ha vinto la miseria e conquistato il benessere, nel corso del dopoguerra, grazie al lavoro autonomo, alle piccole imprese, alla fatica e al risparmio delle famiglie. Daltronde, gli italiani indicano, tra i principali motivi di orgoglio: il patrimonio artistico, il paesaggio, la cucina locale. Quanto di pi lontano dalla mediet informe, incolore e insapore. Noi italiani: cosi vicini e cos lontani. Cos uniti e cos diversi. Carlo Azeglio Ciampi, che da presidente della Repubblica restitu dignit alla festa della Repubblica e al Tricolore, era solito ripeterlo. LItalia unita dalle sue differenze locali e regionali. Dalle sue mille e mille citt. Ognuna distinta dalle talora opposta alle altre. Cos, questo collage di immagini che raffigurano tante Italie e tanti italiani, in fondo, ci restituisce lunico autoritratto possibile del nostro Paese. Dove tutti o quasi si dicono orgogliosi di essere italiani. Ma stentano a spiegarne le ragioni. Perch ciascuno si sente italiano a modo suo e, per questo, diverso dagli altri. Un popolo di italiani nonostante, per citare un italiano nonostante indimenticato come Eddy Berselli. Un Paese dove diversamente da quanto sentenziava DAzeglio gli Italiani ci sono. Hanno volti e identit differenti. Ora basta (ri)fare lItalia.

RAVENNA 12:43
Festeggiamenti a scuola di Oscar Zaganelli

CASERTA 12:07
Festeggiamenti 150 anni di Unit di Barbara Cantiello

BIELLA 12:17
Su Nuraghe, alla comunit sarda di M. Ferraro

PESARO 11:34
Alzabandiera di Antonio Floriani

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MILANO 12:59
Basilica S. Lorenzo. Immigrati filippini di Cesare Colombo

NAPOLI 11:40
Frecce tricolori di Michele Angelillo

FERRARA 11:38
Senza titolo di Marco Merighi

BASSANO DEL GRAPPA (VI) 13:41


Ponte vecchio di Stefano Martin

PISA 09:07
Tricolore di Giovanni Morbidelli

Repubblica Nazionale

40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA

DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011

la memoria
Ka mate, Ka ora

I nativi neozelandesi nella Seconda guerra mondiale furono al fianco degli Alleati su pi fronti. Un libro ne racconta la leggenda e il passaggio in Italia. Storcevano il volto in espressioni
indemoniate, quasi in stato di trance, proprio come gli All Blacks,

i guerrieri dellovale padroni di casa alla Rugby World Cup 2011

Ventottesimo Maori
1944
GENNAIO

Il battaglione che danz sul campo di Cassino


MASSIMO CALANDRI

12

Inizia la prima battaglia di Cassino

FEBBRAIO

4 5/6 15 17/18 19

Si forma il Corpo dei neozelandesi che d il cambio alle truppe americane uscite da Cassino Il Battaglione Maori si muove verso il fiume Rapido Ha inizio la seconda battaglia di Cassino con il bombardamento del monastero Le Compagnie A e B danno lassalto alla stazione ferroviaria Il Battaglione Maori abbandona il fronte di Cassino

MARZO

15 16 19 23

Inizia la terza battaglia di Cassino con il bombardamento della citt I kiwi entrano nelle rovine di Cassino Il Battaglione Maori si getta a capofitto nella battaglia La terza battaglia di Cassino in un punto di stallo

26-27 Il Battaglione Maori abbandona la citt APRILE

2-3 5-6

Il battaglione entra di nuovo in citt Il battaglione abbandona definitivamente la cittadina

uella mattina di pioggia i guerrieri maori si sono disposti in semicerchio, secondo la tradizione. Hanno cominciato a gonfiare le guance come rospi, a strabuzzare gli occhi. A sbuffare, emettendo dei gemiti inquietanti. A contorcere il viso in un delirio di espressioni indemoniate, mostrando la lingua ed entrando in una sorta di trance. E tutto cominciato. Un urlo: Ka mate, ka ora ( la morte, la vita). Allunisono si sono battuti il petto, hanno piegato le gambe e picchiato i piedi per terra, stretto i pugni, contratto i muscoli. Hanno alzato le braccia verso il cielo, invocando i loro idoli prima di unaltra battaglia. Era la haka, la danza di guerra resa celebre in tutto il mondo dagli All Blacks, i giocatori di rugby neozelandesi. Era la prima volta che veniva eseguita in Italia. Ed era la primavera del 1944. Terminato il rito, i guerrieri hanno imbracciato i fucili con le baionette e risalito il colle, sulle macerie di Cassino. Incuranti delle cannonate dei tank della Decima armata tedesca. Datemi il Battaglione Maori, e vincer la guerra, confessava Erwin Rommel, la Volpe del deserto, il generale comandante dellAfrika Korps nazista. Sbalordito e affascinato dal coraggio, dallorgoglio e dalla straordinaria attitudine alla lotta di questi uomini. Nati per combattere, come sanno bene gli appassionati di sport e in particolare di palla ovale. Indomabili e avventurosi. Giunti per primi dalla Polinesia alle isole della Nuova Zelanda, lultima terra emersa, meno di un migliaio danni fa. Sbarcati dopo una traversata infinita, settimane in mare a bordo di canoe con le sole stelle a tracciare la rotta. Viaggio e battaglia. Pronti gi a scendere in campo in Europa nella Prima guerra mondiale come cittadini britannici a fianco dei pakeha, i neozelandesi bianchi, quelli che nellOttocento si stabilirono nelle loro terre e con cui latavica diffidenza dicono non sia mai stata risolta. Nel secondo conflitto furono i capi trib a spingere perch il governo di Wellington istituisse un corpo speciale di fanteria composto solo da nativi: il Ventottesimo Battaglione, ribattezzato il Battaglione Maori, aggregato alla Seconda divisione neozelandese e schierato per sei anni con le forze alleate su diversi fronti, dallInghilterra alla Grecia, dalla Tunisia allEgitto. AllItalia. Dal 1940 al 1946, tremilaseicento uomini provenienti da regioni e centri dai nomi evocativi come Tairawhiti, Waikato, Rotorua, Maniapoto. La leggenda del Battaglione Maori raccontata in maniera esemplare da un libro, Nga Tama Toa: The Prize of Citizenship(I guerrieri: il prezzo della cittadinanza)che raccoglie fotografie e testimonianze dei protagonisti di allora e in Nuova Zelanda ha un eccezionale e comprensibile successo, perch questo un pezzo di storia di una delle pi giovani nazioni del mondo. Anche un pezzo della nostra storia, se vero che due lunghi capitoli sono dedicati alla campagna dItalia. Cominciata il 22 ottobre del 1943 con lo sbarco a Taranto, dopo i primi anni passati prima

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DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011

LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41

LE IMMAGINI
Nella foto grande, soldati maori durante una haka, la danza rituale che precede la battaglia. In alto a sinistra, cerchiato, il luogotenente Nepia Mahuika con il Battaglione Platoon in Italia. In alto a destra, alcuni soldati e ufficiali del Battaglione Maori di stanza in Italia: da sinistra verso destra Rauaroha Tureri; Mai Tutu Wi Repa; Hone Te Hauru Kaa; Pekama Hunia; Brownie Ngata; Harold Kirk; James Richardson; Te Kooti Reihana; Jack Reedy; John Waititi; Sam Painora; Te Rauwhiro Tibble; Nepia Mahuika; Hape Paringatai; Kaiaho Rehu; James Reedy In basso: il men realizzato dalla compagnia C del Battaglione Maori alla fine della campagna italiana ad addestrarsi tra Folkestone e Dover, poi in Grecia, dalle Termopili a Creta, in Egitto ad El Alamein e Marsa Matrouth (247 italiani fatti prigionieri), e ancora Takrouna in Tunisia. I guerrieri maori risalgono la penisola con gli Alleati, quattrocento chilometri per raggiungere lOttava armata e sfondare la linea Gustav. Prima con i gurkha indiani sotto la pioggia battente oltre il fiume Sangro, in prima linea a dicembre nelle battaglie per conquistare le strade e la linea ferroviaria nei pressi di Orsogna e Ortona (11 morti, 222 feriti), poi una sosta a SantAngelo dAlife e di nuovo in marcia verso la valle del Liri. Montecassino, la seconda battaglia del 17 febbraio per conquistare la stazione ferroviaria. Il capitano Matarehua Wikiriwhi, quello che dicono guidasse la haka e che alla fine avr una gamba ciano Ravagnani, storica firma del giornalismo ovale. Poi Udine e Trieste, dove sfiorano lo scontro con gli uomini del maresciallo Tito e poi vengono inviati a Prosecco, pronti se necessario ad affrontare gli jugoslavi con le armi. Ed in queste pagine che i maori confessano tutta la loro empatia con gli italiani. Che parlano una lingua dai suoni per certi versi simili, niente a che vedere con linglese. Alla maggior parte degli italiani, specialmente nel sud, non importa la differenza nel colore della pelle scrive un giornalista neozelandese dellepoca Anche nel nord sono sempre benvoluti, i pakeha sono invidiosi del loro successo. Sono generosi, ma non comprano lamicizia. Le donne italiane di tutte le et amano i maori, e non una questione di sesso. La verit che si assomigliano, sembrano pensare nello stesso modo. I maori hanno un approccio diretto che piace agli italiani. E la loro indipendenza, la loro fisicit, fanno una grande impressione. Massimo Valli un ragazzino di Faenza, e ricorda di fronte a palazzo Pancrazi una battaglia a palle di neve con quei signori dalla pelle scura, che erano generosi e avevano delle chitarre, amavano la musica e imparavano presto le nostre canzoni. Nepia Mahuika racconta che a Camerino uno dei suoi commilitoni, Wharehinga, si innamora di una ragazza. Si fa accompagnare nella casa del padre di lei da un altro maori che parla italiano, ma anche quello finisce per innamorarsi della stessa giovane. E quando Wharehinga danza una haka di benvenuto per il futuro suocero e questo si lamenta (Mi rovina il tappeto), linterprete traduce apposta voglio che danzi sul mio tavolo. Wharehinga salta sul tavolo e viene cacciato di casa, lasciando campo libero al rivale in amore. Allinizio dellestate del 1945, il Battaglione Maori lascia Trieste su di un treno senza sedili. Ci sono tante ragazze alla partenza, ma il comandante Awatere irremovibile: Perch volete portarle con voi? Molte wahine (ragazze) vi aspettano in patria. Tornate a casa e sposatevi. Alcuni vengono trasferiti nei pressi del Trasimeno. Ma la maggior parte vuole continuare a combattere e chiede di andare sullultimo fronte ancora attivo, quello asiatico, perch il Giappone non si arreso. Non ancora. Dal 9 settembre la Nuova Zelanda sta ospitando i campionati mondiali di rugby. Jim Love, che stato giocatore di valore e buon allenatore in Italia prima di tornare nella sua Rotorua dove dirige lAccademia giovanile ha scommesso sulla vittoria degli All Blacks. la tradizione marziale dei maori ha detto, aggrottando un po la fronte a proposito dellabilit tattica dei connazionali pakeha Lasciateci combattere e vedrete come finir. Non ci saranno prigionieri. Giuro. A guidare la haka che precede ogni battaglia in campo Piri Weepu. Un maori. Un antico guerriero che contorce il viso, strabuzza gli occhi, tira fuori la lingua. Come settantanni fa, a Cassino.
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amputata (quando tutto sar finito torner a casa dal capo trib, Takarua Tamarau, per dirgli che suo figlio Hori gli aveva salvato la vita proteggendolo col corpo dal fuoco nemico), che chiede ai suoi uomini di tornare indietro Non possiamo combattere i carrarmati con le baionette ma quelli non vogliono sentire ragioni. La terza e la quarta battaglia. La vittoria finale, a un prezzo altissimo: 340 uomini del battaglione muoiono, altri milleduecento rimangono feriti. Il sacrificio e la prova di coraggio dei maori, la loro determinazione nei combattimenti corpo a corpo, risultano decisive. I militari dopo tanti mesi si concedono il primo hangi, il pranzo tradizionale, carne e tuberi stufati. Riprendono lavanzata e i racconti, ma con il passare dei giorni alla febbre della battaglia si sostituisce quella del viaggio: Firenze, Camerino, il secondo inverno sul fiume Senio e il Santerno. Mio nonno, che era di Granarolo, li vide giocare a rugby sotto la neve, a Faenza, ricorda Lu-

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42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA

DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011

CULTURA*

Il Partenone che si infiamma al tramonto, le colline di Epidauro, la costa che ricorda le scogliere della Cornovaglia: mentre visita le meraviglie

della Grecia, allinizio del Novecento, la scrittrice ripensa con nostalgia alla sua Inghilterra

E intanto impara il mestiere. Come racconta nei diari di viaggio che escono adesso in Italia

VIRGINIA WOOLF

uando leggo questo taccuino, come faccio a volte a Londra nelle calde serate domenicali, vengo colpita dalla sommariet delle affermazioni che vi sono contenute la trascuratezza delle descrizioni la ripetizione degli aggettivi e in poche parole lo considero un lavoro molto precipitoso, ma mi giustifico ricordando in quali circostanze stato scritto. Dopo unescursione di un giorno, o quando avevo una mezzora libera, o come diversivo a qualche tragedia greca stato scritto in momenti diversi, e in stati danimo differenti, e sono certa che se mi fossi imposta qualunque altra condizione il diario non avrebbe mai visto la luce. Non lho forse portato in Cornovaglia a Pasqua, e non ho forse deciso di verificare se vi fosse qualcosa di utilizzabile e non vi ho forse scritto persino il mio indirizzo? Perci, ancora una volta, torno al vecchio metodo, affermando semplicemente di essere consapevole dei suoi difetti la protesta della vanit. Ma era tutto cos nitido e ordinato e greco; si nota una certa austerit nel paesaggio, nonostante tutta la sua grazia. Non riesco a trovare altre parole se non quelle che stasera mi occupano i pensieri, ed particolarmente inutile ostinarsi su unimmagine cos perfetta con aggettivi poco appropriati. Potrei dire di aver scritto questo a Corinto, e c una comitiva di donne lamentose che cantano sotto la mia finestra. Piangono forse la rovina del paese, o qualche dolore privato, oppure stanno semplicemente festeggiando il nuovo ristorante inaugurato stasera con i fuochi dartificio? [...] C cos tanto da cogliere ad Atene che non occorre tentarne alcuna descrizione. Camminando placidamente, dando unocchiata qua e l con comodo, lentamente si compone un quadro compatto. Non cercher di riprodurlo qui per intero; ma come una libera donna inglese affronter senza fretta le avventure quotidiane, significative o irrilevanti che siano. E dopotutto, ogni passo si posa su una terra sacra. Si arriva ad Atene lungo la riva del mare, cos che dal finestrino del treno si vedono in basso piccole baie dove si infrangono le onde chiare; e questa ansa tranquilla Salamina, e l, sulla cima di quella scogliera di fronte, sedeva Serse (cos si dice) duemila anni fa, in un pomeriggio di settembre come questo. Avrebbe potuto essere un tratto di costa della Cornovaglia, perch lacqua era tersa e lucente come lAtlantico nel pieno dellestate, ma le colline erano montagne, e il luogo sembrava cesellato come una statua. [...]

ta la Cornovaglia. Inaspettatamente le strade strette di Atene ci hanno fatto venire in mente St Ives. Tre ronzini tristi hanno tirato la nostra carrozza per tutte le venti miglia; abbiamo superato molti greggi di capre, molti muli da soma, molti carretti stracarichi di otri di vino. Ma cerano solo due paesini, e nessun segno delle comodit della civilt inglese.

Virginia Woolf Un t sullAcropoli


scurit emergeva un enorme sperone roccioso, bruno e solcato dalle ombre, sul quale sorgevano due gruppi di colonne, uno bruno come la roccia, laltro bianco e delicato. In verit, sul precipizio cerano altre colonne, ma sapevamo che quelle scure erano il fior fiore del luogo, il Partenone. Quando ti avvicini, vedi che il Partenone di gran lunga il pi imponente di tutti i templi; e vedi anche che la superficie delle colonne scheggiata e graffiata. I danni sono terribili, ma ciononostante il Partenone ancora giovane e splendente. Le sue colonne si ergono come belle membra rotonde, arrossate per il vigore. Tuttavia, quando labbiamo visto per la prima volta, la luce era cos violenta che siamo riusciti a stento a sollevare lo sguardo verso il fregio: anche a causa di tutto quel marmo disseminato ai nostri piedi lastre di marmo, rocchi di marmo, schegge di marmo sembravano inviarci lampi di luce dal basso. [...] Abbiamo inoltre visitato lAcropoli al tramonto. E quando si parla del colore del Partenone, ci si piega semplicemente alle esigenze della lingua; un pittore che usasse la propria arte per descriverlo confesserebbe di avere gli stessi limiti. Il Tempio si accende di rosso; lintero frontone occidentale pare infiammarsi, come per la prima volta, nel tramonto che gli sta di fronte: irradia luce e calore, mentre gli altri templi bruciano di un fulgore bianco. Nessun luogo appare pi energico e vivo di questo palco di antiche pietre morte. [...]

LAcropoli Quando spuntato il giorno, siamo andati ciascuno alla propria finestra e abbiamo visto che dallo-

Epidauro Ci troviamo adesso nella terra delle rovine e dei resti preistorici; non vi sono statue n templi, perci dobbligo un altro tipo di interesse. Oggi ad esempio abbiamo viaggiato per venti miglia (e io scrivo, stupidamente, affacciata su una strada in pieno schiamazzo serale) verso Epidauro. Il paese, quando penetri allinterno della spoglia linea costiera, strano e bello. Ci sono lunghe strade rosse che attraversano campi rossi accidentati per via delle pietre, e coltivati a ulivi contorti, o a vigne nane; ci sono colline ininterrotte, ma nellinterno sono coperte da piccoli cespugli verdi, e gli avvallamenti tra cui oggi abbiamo viaggiato ci hanno ricordato ancora una vol-

Micene Le parole che ho affibbiato a Epidauro in modo affrettato e brutale sono particolarmente inadeguate, e quando penso a Micene, la mia prossima prova, potrei anche lasciare la pagina in bianco. Dove comincia questo posto dove finisce che cosa non raccoglie lungo il percorso? Non c mai stato un sito, credo, meno facile da trattare; viaggia attraverso tutte le cavit del cervello, risveglia strani ricordi e fantasie; preannuncia un futuro remoto; racconta nuovamente un passato remoto. [...] Limmaginazione ti fa continuamente credere, mentre cammini, che il posto sia affollato e raccolto; vero invece che c poco da vedere e niente da ascoltare. Ma le pietre immense non devono essere ignorate, e i due leoni che sorvegliano lingresso ti ammettono ancora consapevolmente in qualcosa di augusto che si trova al di l. Tremo al pensiero di scrivere dei classici greci, perch potrebbe ricordare laccenno superficiale di una guida turistica, ma avevo il gusto di Omero in bocca. In realt, questo il vantaggio di vedere le cose sul posto; le parole dei poeti cominciano a cantare e a incarnarsi. [...] Quando ripensi alla campagna inglese trovi molto di cui sorprenderti in quella greca. Dovremmo chiamare le colline di qui luoghi dinteresse e percorrere miglia e miglia per visitare ci che vi di pittoresco, poich se da un lato abbiamo le nostre bellezze, dallaltro abbiamo anche vasti spazi uniformi. Ora, la Grecia sempre in uno stato di fermento ed effervescenza; ogni viaggio che intraprendi pare condurti per luoghi di campagna belli, o maestosi o romantici. Non vi quiete, ma un continuo curvare e fluire, come se la terra scorresse liquida e vivace come il mare. [...] Penso in particolare alla baia di Salamina come labbiamo vista questa sera dai finestrini del treno. Adesso la ferrovia corre su una sporgenza rocciosa lungo la scogliera, e si pu guardare dallalto una strada che costeggia la baia, e poi direttamente lacqua. E questa sera la luna sorta prima che il sole tramontasse, cos si avuto un insolito sposalizio tra due luci; il tenue argento della luna, e il colorito rubicondo del sole; e mentre la luna giaceva delicata e bianca sul mare, le acque scintillavano letteralmente, azzurre, pure e tenere, e vive sotto di lei. Cos che lintera baia era luminosa, e calda, come se fosse piena fino allorlo di un qualche liquido vivo, proprio nel momento in cui diventava unombra. [...] Alle cinque del mattino ci siamo ritrovati davanti alla Locanda di Calcide in attesa della nostra carroz-

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IL MANOSCRITTO
A sinistra, il manoscritto di alcuni diari di Virginia Woolf. Nella pagina accanto, al centro, la scrittrice in un disegno di Richard Kennedy

IL LIBRO
Diari di viaggio. In Italia, Grecia e Turchia di Virginia Woolf (Mattioli 1885, 118 pagine, 17,90 euro) esce per la prima volta in Italia il 5 ottobre I diari sono stati scritti durante il tour che la scrittrice fece allinizio del Novecento nel Mediterraneo, con i suoi fratelli. Poco dopo pubblic il suo romanzo desordio

za, mentre la pioggia cadeva a dirotto. Persino cos siamo riusciti a vedere le barche, trasportate dalla corrente, e i grandi piroscafi che vi scivolavano accanto. Con il sole sarebbe stato bello; in mezzo alla fanghiglia era tutto indefinito e poco accogliente come un sogno. [...] Cera una nebbiolina scozzese abbastanza cupa. Abbiamo rifocillato i cavalli in una locanda lungo la strada, che abbiamo quindi potuto esaminare con interesse. Era un fienile, con un muro che lo divideva in due stanze. Una era la stalla, laltra la camera da letto sala da pranzo salotto ecc. di marito e moglie e figli. Abbiamo sbirciato attraverso linferriata, e abbiamo visto la donna in un angolo, intenta a filare la rocca; era seduta su una stuoia. Accanto a lei, i bambini giocavano; cera un buco nel camino, e un mucchietto di cenere sul pavimento, e su alcune assi pane e cipolle. Ecco lInghilterra del XIV secolo; era buio e probabilmente cera puzza: negli angoli baluginavano pentole di stagno e piatti. Un uomo che pareva un servo ci ha portato pane e acqua. Ma abbiamo proseguito oltre, e alle due in punto ci siamo ritrovati allingresso di un paese forse il primo che abbiamo incontrato. Cerano delle catapecchie ammassate in una vallata, e in mezzo si ergeva una casa bianca squadrata. La presenza di persiane e terrazze indicava che eravamo giunti alla meta; cos siamo scesi e ci siamo ritrovati in un salotto inglese. I salotti inglesi, vero, in genere sono arredati in modo pi sontuoso; ci sono tappeti sui

Tremo a scrivere dei classici In un pomeriggio frivolo perch potrebbe sembrare qui ad Atene pensi alle lande dello Yorkshire, profumi una guida turistica, ma avevo il gusto di Omero in bocca che soffiano dalla brughiera
pavimenti, e molte sedie. Questa stanza faceva pensare che le finestre fossero perennemente aperte, e dato che i suoi proprietari vivevano allaria aperta, non cera bisogno di tanti orpelli, ma solo che la casa fosse fresca e semplice. Eppure, per quanto aperto e sgangherato, il posto aveva leffetto di farti sentire come se fossi finalmente arrivato nel luogo in cui si svolgeva la vita, dopo aver lambito per lungo tempo un esterno fittizio. Qui la gente viveva, non si limitava a stare. E questa impressione rimane; per la prima volta la Grecia diventa davvero un luogo umano articolato, casalingo e familiare, invece di una splendida superficie. Abbiamo camminato lungo un viottolo che avrebbe potuto trovarsi in Inghilterra perch aveva una siepe, ed era fangoso, per andare a vedere un accampamento di pastori valacchi. [...] Ci siamo diretti verso la costa, a circa cinque miglia di distanza. I contadini stavano lavorando pacifici nei campi, e mentre passavamo ci hanno augurato buona giornata. La costa molto ripida, e grigia, come le scogliere della Cornovaglia; le rocce grigie macchiate di licheni gialli spiccano nellacqua assolutamente cristallina. E allorizzonte si vedono i delicati profili delle isole. [...] Non sorprende, se dovessi mettere per iscritto tutte le circostanze del caso; di certo non colpa della Grecia il fatto che esclamiamo tutti: Ah, se fossimo in Inghilterra!. un po strano come la nostalgia aumenti e che cosa desideri; si nutre di nomi, e la semplice parola Devon diventa pi bella di una poesia; da unumida strada londinese, trae immagini migliori di qualunque visione della Grecia, con la luce dei lampioni deformata sul marciapiede. E sei righe di descrizione Era una notte dinverno e le stelle si levavano soprai campi spogli susciteranno lacrime,lo giuro. Eppure non siamo patriottici; in verit divertente leggere i giornali e scoprire quanto poco ci si possa interessare a tutto ci che continua a friggere e ribollire nella nostra isola. [...] Il Timesperde la sua

imponenza: il giornalino privato di una piccola colonia di isolani, il cui schiamazzo efficacemente confinato nella loro prigione. Ma non la gente che bramiamo; il luogo. Conserva la sua magia, con tale forza che pare inviare scosse attraverso lacqua. In un pomeriggio frivolo, qui ad Atene poich la strada tagliata in colori netti e lavata nellaria luminosa ha una certa leggerezza pensi alle lande desolate dello Yorkshire; profumi freschi che soffiano dalla brughiera, case di pietra, una luce o due nella valle. O pensi a una grande piazza londinese, dove sono state appena accese le lampade, e tutte le finestre si stagliano rosse, pronte per una serata virtuosa. Oppure pensi ai chiari mattini dautunno, con il sentiero di foglie bruciate nel vento, una pagina nuova sulla scrivania, e un fuoco vivace nel caminetto. Ci sono molte immagini; emergono, una dopo laltra, finch devi smettere di pensare, perch prima devi percorrere molte leghe di questo oriente inospitale. LInghilterra ha un riverbero di tutto ci che pulito e sano, e serio; inoltre, un luogo semplice, pieno di bellezze nuove. Ah, s, torneremo a casa e le scopriremo tutte; non esistono bellezze simili da nessunaltra parte. Traduzione Francesca Cosi e Alessandra Repossi 2011 Mattioli 1885 Spa
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SPETTACOLI
Marlon Brando gli ha buttato gi i denti, Jackie Kennedy lo ha quasi spedito in galera, Andy Warhol lo adorava e lo seguiva ovunque
A ottantanni e con una serie di mostre in tutta Europa Ron Galella, il fotografo pi amato e odiato dalle star, si racconta a Repubblica

Paparazzo
1

Ilpigrande
ANGELO AQUARO

del mondo
MONTVILLE (New Jersey)

Mio padre faceva il falegname Specialit: le bare. Abitavamo nel Bronx. Scendevo in citt per trovare il lavoro: mostre, party, Broadway. Poi tornavo a sviluppare stata una fortuna. Fossi stato ricco non avrei cercato la verit per strada

WINDBLOWDOWN
In alto, il re dei paparazzi nel suo archivio mostra la sua foto pi famosa: Windblowdown Jackie La foto dellex first lady cost a Galella una citazione in tribunale e una diffida ad avvicinarsi ancora alla famiglia Kennedy

Del film di Fellini non mi piaceva proprio quel personaggio: troppo cinico. Io non sono cos Mi riempirono di soldi per volare nel Principato di Monaco al funerale di Grace Kelly.No grazie, dissi, preferivo ricordarla bellissima

arlon Brando gli ha rotto il muso, Jackie Kennedy voleva spedirlo in galera e Frank Sinatra prima gli grid guappo! e poi lo ringrazi con un biglietto: Viva lItalia!. Sotto il fuoco della sua Nikon F2 obiettivo Ascor 1600 passata tutta la dolce vita dAmerica. Ma Ron Galella, il paparazzo pi famoso del mondo, ha un rammarico solo: aver mancato il suo maestro. Henri Cartier-Bresson: da lui ho imparato tutto. Lo inseguii alluscita di un museo. Dovevo assolutamente conoscerlo. Certo, con la macchina fotografica in mano. Mi appostai allingresso: cera una bella limousine. Invano. Usc dallaltra parte. Eh Eh Eh. A ottantanni Galella non ha perso quella risatina che faceva indiavolare le sue prede: eh eh eh. Ma sotto lintercalare nevrotico anche i paparazzi piangono. Per il suo compleanno la moglie Betty gli ha organizzato a luglio una festa a sorpresa: e come segnaposto i dolcetti a forma dItalia con lo zucchero colorato di bianco rosso e verde. Pap parlava broken English, linglese sporco degli immigrati. Era arrivato da un paese che si chiama Muro Lucano e in fondo tutta la mia vita ha avuto davvero un obiettivo solo: scavalcare quel muro. La povert mi ha aiutato. Non avevo soldi per aprirmi uno studio. Mio padre faceva il falegname. Specialit: le bare. Abitavamo nel Bronx: 12 miglia da Manhattan. Cos scendevo in citt per trovare il lavoro dovera: mostre, party, Broadway, cinema. Poi tornavo a casa a sviluppare. stata la mia fortuna. Fossi stato ricco mi sarei fatto lo studio in citt. Invece di cercare la verit per strada. Oggi il Bronx lontano due ore. Il fotografo celebrato da una caterva di mostre due in Spagna questa primavera e questautunno un tour tra Londra, Parigi e Montecarlo vive nascosto in questo angolo di campagna del New Jersey. Una villona a tre piani che ha disegnato lui stesso allinsegna di uno dei suoi idoli italiani, Palladio. LItalia mi ha dato tutto. Michelangelo, Raffaello. Eh eh eh. La casa per la verit cos gioiosamente pacchiana che i produttori de I Soprano volevano usarla nei telefilm. Eh eh eh. Qui c tutta la mita. Alle pareti appeso il secolo di celluloide. Tutti gli scatti di Galella. Liz Taylor. Madonna e Sean Penn. John e Yoko. Sinatra. Bruce Springsteen. Lo impari dai grandi pittori: la composizione tutto. Vedi quella? David Bowie e John Lennon. Bowie la moglie e Lennon il marito. Scusi? Non puoi avere due sguardi nellobiettivo. la tecnica delle foto di nozze: lo sposo che guarda la moglie che guarda in camera. E in questo caso la moglie sarebbe Bowie? Eh eh eh. La foto che vale di pi naturalmente quella di Jackie davanti a Central Park: cinquemila dollari la copia firmata. La seconda? Robert Redford alla fontanina del Village. La terza? Boh: so benissimo qual la mia preferita. Vedete Sophia Loren? Era luna del mattino in quel locale di Hollywood. Aveva appena incrociato lo sguardo di Omar Sharif: Dicono che gli italiani hanno gli occhi pi belli del mondo: nessuno s mai soffermato su quelli degli egiziani. Paparazzo la parola che Galella rub a Fellini per descrivere il suo stile: Ma di quel film meraviglioso non mi piaceva proprio quel personaggio: troppo cinico. Io non sono cos. Mi riempirono di soldi per volare nel Principato di Monaco al fune-

FOTO JAMES LEYNSE/CORBIS

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SCATTI CELEBRI
1. Brooke Shields, Michael Jackson ed Emmanuel Lewis ai Grammy Award del 1984; 2. John Travolta acclamato dai fan, 1976; 3. Jean-Michel Basquiat e Andy Wharol in un party di beneficenza, 1984; 4. Sophia Loren alla prima del Dottor Zivago, New York 1965; 5. Mick Jagger e John Lennon, 1974; 6. Marlon Brando seguito da Ron Galella con un casco da football come provocazione, 1974 7. Salvator Dal, Guy Burgos e Naty Abscal, 1969 3

FOTO GETTY

FOTO GETTY

rale di Grace Kelly. No grazie. Preferivo ricordarla bellissima. Non che mi vergognassi di saltar fuori ai funerali. A quello di Jimmy Durante beccai Marlon Brando fuori dalla chiesa. Con lui cera stato quel contenzioso.... Contenzioso? La celebrit di Galella bollata da due cause: quella persa con Jackie e quella vinta con Marlon. Mi fece saltare due denti. Per carit: boxing con le star in questo mestiere normale e ci ho fatto anche uno dei miei dieci libri. Ma quella volta non so che gli prese. Spesso tra noi la lite una finzione: un gioco per farsi pubblicit. Vedi l Mick Jagger che in auto mi fa il dito medio? Lo scatto successivo sarebbe stato: ciao Ron! Ma quella volta Marlon.... Un anno dopo Ron lo insegu provocatoriamente col casco. Ebbi questa idea e chiamai dietro un mio amico. Mi presentai con un casco da football e cominciai a scattare. Della serie: e adesso colpiscimi. la foto di me che ha fatto il giro del mondo. Il paparazzo col casco? Oggi diverso. Anche perch non ci sono pi i divi di una volta. Soprattutto le dive. Guarda questa foto: Nicole Kidman una delle mie ultime. Alta, snella. Ma le altre? Madonna piccolina. Mariah Carey piccolina. Anche Liz Taylor era piccolina: ma due tettone... Eh eh eh. Lady Gaga? Mai incontrata, ma s che mi piacerebbe. E poi italiana: e si vede. Una che ha fegato, il coraggio dellesibizionismo. Del trucco. Del travestimento. Quello il divismo vero. Cos si fa. Che cos il divismo glielha insegnato il suo amico pi grande: Andy Warhol. Avevamo la stessa malattia: io la chiamo malattia sociale. Se cera un party, una festa, un evento noi ceravamo. Ma la storia di Ron Galella la storia della donna che gli ha cambiato la vita: Jackie. Smash his camera!: rompigli la macchina! Lordine dellex first lady agli uomini del servizio segreto diventato perfino il titolo di un film di Stuart Schlesinger. E la foto di Jackie capelli al vento unicona indimenticabile. Io la chiamo la mia Monna Lisa. In studio non avresti mai ottenuto un sorriso simile. Quanto

tempo ho passato sotto casa? 1400 Fifth Avenue. Angolo 85esima. Praticamente lavoravo l. Ricordo ancora quel giorno: 7 ottobre 1971. Arrivo e lei esce dalla porta di servizio. La seguo? Non lavrei mai beccata. Prendo un taxi al volo. Quello le arriva sotto sotto e quasi non ci crede che Jackie. Fa tutto lui: strombazza pow pow! Jackie si gira e... zac!. La sventurata sorrise. La storia di quel tormento finisce a processo un anno dopo. Ma non per colpa di quello scatto. Lei non tollerava che lavessi beccata con John John. Capisco. Ma allora erano altri tempi. La causa diventa una copertina di Life: Jackie contro il cacciatore di Jackie. 31 marzo 1972. Per Ron il trionfo. Ma anche la condanna: Mai pi un suo scatto. Mi fossi avvicinato ancora a lei o John o Caroline rischiavo ventimila dollari. E sette anni di carcere. Lultima volta che si avventura sotto quellindirizzo mitico proprio lultima. 19 maggio 1994. Il giorno della morte. Fu quasi un pellegrinaggio, un dovere. E senza macchina fotografica, ci mancherebbe. Hanno detto che era il mio amore segreto, ma va. Unossessione s: di bellezza. Ricordo ancora quella sera alluscita di un ristorante. Mi inchiod con lo sguardo, la sigaretta in mano: Sono tre anni che mi tormenti. Per in casa aveva il libro che realizzai con i suoi ritratti. E le foto ora sono alla Kennedy Library di Boston. Altri tempi. Oggi i paparazzi sono tutti uguali: soldi soldi soldi. La morte di Lady Diana ha cambiato tutto? Forse. Ma la colpa non loro: quellautista era ubriaco. A Lady D i paparazzi piacevano. Lho vista farlo anche con me: ragazzi non ora. E dopo era lei stessa a presentarsi. Magari quella sera se glielo avessero chiesto lei avrebbe risposto come al solito: ragazzi non ora. Certo che lavrebbero inseguita comunque, ma non a duecento allora in quel tunnel della morte. La principessa sembra annuire con un sorriso, incorniciata sul muro di fronte. Poi Ron Galella spegne la luce anche su di lei.
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le tendenze
New Old Look
CHIC
Metallo pi strass per il collier chic firmato Azzaro

POCHETTE
Pelle verde smeraldo con inserti in coccodrillo verde scuro e tracolla in metallo la pochette Night Soho di Borbonese

BLU CHINA
in suede blu Cina con chiusura metallica e nappina laterale la borsetta Harper di Diane von Furstenberg

BRILLANTE
In oro con cinturino in satin e quadrante in madreperla brillante lorologio Harry Winston

CLOCHE
Ecco la cloche in feltro rasato con fiocco piatto laterale. la proposta della maison Borsalino per linverno

PREZIOSA
in oro con zaffiri, smeraldi e diamanti la spilla di Bulgari

FRANCESINA
Francesina in suede nero con applicazioni di foglie colorate con cucitura a contrasto Di Ferragamo

Il rigoroso tailleur che la Bergman indossa in Casablanca, ma anche liper-femminile abito nero che sfogger poco dopo in Notorius. Sono i due volti di uno stesso decennio, fatto di guerra e di pace, di fame e paillettes. Oggi la moda
ne decreta il ritorno, reinventandosi ampie scollature e maniche lunghe, gonne dritte e giacche corte

Austere ma fatali il carattere conta


LAURA LAURENZI ndietro tutta: tornano gli anni Quaranta, anni dalla doppia anima, contraddittori. Ci fu la guerra ma poi la ricostruzione. Ci fu la crisi pi nera ma poi la pace, il sogno del lusso e dellabbondanza. La donna in uniforme conviveva con la pin-up, lesigenza di nascondersi con la voglia di mostrarsi. Ed proprio a una decade cos traboccante di icone femminili che la moda di oggi, nelleterno gioco dei corsi e dei ricorsi, vuole attingere, mixando tutto: la guerra e la pace, il tailleur militare cucito con poca stoffa e labito sfarzoso e opulento ispirato al New Look di Dior, le materie prime povere e autarchiche, le zeppe di sughero, i gioielli di rafia o di legno e lo scintillio dei brillanti, veri o falsi, nelle clip che trattenevano le scollature quadrate dei vestiti da sera. Lispirazione arriva come sempre da Hollywood. Laustero e impeccabile tailleur di foggia maschile indossato da Ingrid Bergman in Casablanca, anno 1942, il capo di vestiario pi venduto nella storia delleconomia tessile americana. Certamente il pi imitato, copiato, clonato, allora come oggi, a reinventare le linee rigorose dellabbigliamento in divisa. Ma anche labito nero, scollato a maniche lunghe, semplicissimo tranne per la cinta gioiello che la Bergman, elegantissima, sfoggia nella scena della festa in Notorius, anno 1946, divent rapidamente un archetipo, che mantiene oggi tutta la sua contemporaneit. Due anime, dunque: i tailleur da giorno improntati al razionamento gonne dritte, giacche corte, borse a cartella e la femminilit fatale del tutto nero, le stampe dantan, le cascate di pois, le spalle importanti, il ritorno di accessori come il manicotto, gli occhiali a gatto, i cappelli a falde larghe ma anche i turbanti stile Carmen Miranda, le pettinature a onde morbide alla Veronica Lake, il rossetto scarlatto come quello di Ava Gardner, la stola di volpe argentata da diva. Oggi come allora la moda vuole dare laddio al minimalismo e ai suoi limiti cupi e punitivi. Il rilancio del vintage ci consente di razziare nel guardaroba delle nostre nonne ma soprattutto di lasciare che siano gli stilisti a farlo, riproponendo e reinterpretando nostalgicamente tutti gli stilemi di un decennio tanto ricco di suggestioni. il decennio delle dive in bianco e nero, alcune delle quali elegantissime, come Lauren Bacall, che non a caso nasceva indossatrice, o come lineguagliata Katharine Hepburn, icona assoluta di uno stile semplificato nel disegno, basta vedere la classe con cui indossa il nero trench maschile strizzato in vita sopra un abito lungo in Prigioniera di un segreto, film del 1942. Ma anche Alida Valli con le sue scollature stilizzate e severe; anche Rita Hayworth dai femminili guanti lunghi che le donne torneranno a indossare la sera; e anche Silvana Mangano, chic oltre che supersexy anche nei panni di una mondina pull aderente e shorts attualissimi in Riso amaro, 1949. Gi da due anni a Parigi Christian Dior, in mezzo a molte polemiche, era riuscito nellimpresa di rivoluzionare la moda di un decennio tanto complicato, introducendo uno stile del tutto nuovo, appunto il New Look: spalle arrotondate e non pi imbottite, gonna lunga, ondeggiante, molto ricca che arrivava a venti centimetri da terra, busto e crinoline ma soprattutto metri e metri di tessuti costosi e raffinati che sostituirono il panno utilizzato negli anni bellici e decretarono la ripresa dellindustria tessile non solo francese.

BICOLORE
Soprabito antracite in crpe su cui spicca il collo bianco. Miu Miu

GESSATA
Alla giacca gessata in lana Ralph Lauren abbina gonna a tubo e sandali

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GIOIELLO
In cuoio lavorato al laser le scarpe Fendi con tacco rosso fuoco: gioiello da giorno

Lintervista /Antonio Marras

Ho trovato ispirazione nellarmadio di mia madre

C
VERTIGINE
Tacco vertiginoso per le scarpe stringate proposte da Gaultier in suede e lana grossa spigata

FIOCCO
Dcollet aperta in pelle verde petrolio con zeppa e fiocco applicato Twin-Set

SIMONE MARCHETTI i sono argomenti per cui la moda non sente ragioni. Uno di questi il look anni Quaranta, decennio terribile per il mondo, ma periodo doro per lo stile. Ne parliamo con Antonio Marras, lo stilista sardo che a questa decade ha dedicato unintera collezione per il prossimo autunno. Da dove viene la fascinazione per gli anni Quaranta? Lo spunto stato unoccasione affettiva per me molto importante: gli ottantanni di mia madre. Per celebrarla, ho deciso di ripensare da capo il suo guardaroba, di rispolverarne le stampe, i tagli, le silhouette. La fine degli anni Quaranta, poi, fu un periodo magico: nellaria cera voglia di rinnovamento e di ricostruzione. E questa forza, questo desiderio di nuovo si notava anche nellabbigliamento. Cosa le piace, nello specifico, di questestetica? La moderazione e lattenzione ai dettagli. Penso che in questi anni leleganza femminile abbia raggiunto i vertici del glamour. Forse solo gli anni Venti competono con i Quaranta in fatto di perfezione del look. Le donne, in questi periodi, avevano chiaro cosa significasse abbigliarsi, ovvero completare la propria figura e il proprio carattere con abiti e accessori. Non a caso, il pezzo cardine di questa estetica proprio il tailleur, completo che veste alla perfezione. Fu anche il periodo del mitico New Look di Christian Dior, con le giacche strizzate e le gonne a ruota. Nel guardaroba di ogni donna, poi, non mancavano guanti, cappelli e stole. Tutto, per, senza mai esagerare, senza uscire dalle righe. Lequilibrio, infatti, la cosa pi sorprendente di questo periodo. Quali sono gli interventi fatti sulle creazioni originali? Ho iniziato recuperando vecchie giacche da uomo che poi ho scomposto e ricostruito sul busto femminile. Questi pezzi sono stati quindi arricchiti di jais, di ricami, di piume per renderli pi preziosi. In realt, la tendenza a costruire abiti dai tessuti di scarto era una consuetudine in quegli anni di rinascita a causa del razionamento delle materie prime. Era un modo mirabile di creare bellezza dal nulla, di arrangiarsi con grande stile. Perch il look anni Quaranta ancora molto apprezzato dalle donne oggi? Non ho una risposta. Dal canto mio, ho scelto di riproporre questestetica per il potere che continua ad avere su di me. Da una parte c il mio interesse per il passato e per la riscoperta di un mondo che ha molto da insegnare a quello di oggi. Dallaltra, forse, c la mia passione per il cinema che, in quel decennio, produsse risultati incredibili. Se penso al neorealismo italiano, a Visconti, a De Sica, a Rossellini. Ma anche al grande cinema internazionale, come quello del primo Hitchcock o gli esiti sublimi di John Huston... beh, allora capisco che impossibile sottrarsi allattrazione di quellestetica cos raffinata e perfetta. La mia moda, poi, ragiona pi con il cuore che con il pensiero freddo. E gli anni Quaranta restano una passione intramontabile, una di quelle suggestioni che non conoscono ragione.
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AUDACE
Abito di Gucci con dettagli in satin: audace color ciliegia, collo in pelliccia

FASHION
Coprispalle in lapin e casacca in seta sulla gonna. Blugirl

RIGOROSA
Lana purissima per gonna e maglia di Antonio Marras Con cintura. Vince il rigore

SEVERA
Austero abito matelass in lana e lurex, colletto in pelle. Louis Vuitton

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i sapori
In bianco

Fritto in pastella, soffiato, rivestito di cioccolato


Il cereale delle mondine da simbolo di fatica e povert diventato col tempo sfizio gustoso per grandi e piccini. E se la sua farina una salvezza per i celiaci

golosi, il suo latte perfetto per chi trova indigesto quello vaccino. Di qui linizio di una sua terza vita

Gelato
Vaniglia e scorza di limone nel latte dove bollire il riso a bagnomaria Tolte scorze e stecca si frulla il composto con zucchero, poi in gelatiera
LICIA GRANELLO
ompagniroditori, fatico a pedalare, bisogna sgranocchiare il dolce Ciocor. Pi goloso che ideologico, il castorino protagonista della pubblicit televisiva ideata nel 1978 stato il primo testimonial delle proto-barrette per lalimentazione sportiva. Perch altro non era il Ciocor, mix di riso soffiato e cioccolato, originariamente incartato nella stagnola e limmagine di un bambino col cappellino di carta di giornale come etichetta. Fino a quel momento met degli anni Cinquanta il riso in versione dolce si limitava a poche ricette dal nord al sud: cotto nel latte, fritto in pastella, assemblato in torta. Preparazioni figlie di unItalia povera ma molto pi attenta di oggi nella gestione della dispensa. Grazie alla bellezza sfrontata e dolente della mondina Silvana Mangano in Riso amaro, il riso era diventato un simbolo della quotidiana fatica di guadagnarsi il cibo, tanto da essere cooptato (gli arancini!) anche al sud, dove le risaie non esistevano. Primo fra tutti i piatti in bilico tra dolce e salato c il riso e latte, considerato quasi come un pasto completo, grazie ai carboidrati, grassi, proteine e vitamine. Le torte e le frittelle invece, hanno avuto il compito di sanare lincompatibilit tra cibo avanzato e budget mensile. Del resto, rispetto alla pasta, che ammette

Latte
Per la preparazione casalinga, riso bianco (o integrale) cotto lentamente e a lungo in acqua. Colare e filtrare prima che si raffreddi Zuccherare a piacere

Riso dolce
Bavarese
Latte con vaniglia, un pizzico di sale e riso per mezzora. Dentro gelatina ammollata, acqua darancia e zucchero A freddo, panna montata e riposo in frigo

Quando il chicco diventa merenda


una sola cottura e regge al massimo la trasformazione in frittata il giorno seguente, il riso pretende s nevrotiche cotture al secondo per i risotti, ma sa anche rilassarsi, fino a diventare crema in ricette altrettanto sfiziose. A cominciare dai dolci. Il Ciocor custodito nella tasca esterna della cartella (per non finire spiaccicato tra quaderni e sussidiari) con il suo riso etereo, impalpabile supporto al cioccolato, ha segnato lo spartiacque tra indigenza e godimento, necessit e piacere, fame e sfizio, mentre laltro riso, dalle minestre in gi precipitava nelloblio dei cibi legati a tempi da dimenticare. A riscoprirlo in tutta la sua possibile dolcezza altra impossibilit per la pasta lavvento della dietetica, con la sua scia di intolleranze, allergie e comandamenti light. Priva com del minaccioso glutine, la farina di riso diventata la chiave alimentare per i celiaci golosi, perch rende loro accessibili gallette e biscotti, creme e tortini, budini e crostate. Discorso analogo per il latte, completamente estraneo a colesterolo, grassi animali, glutine e lattosio, e dotato di un tocco zuccherino, che lo rende perfetto per chi trova indigesto quello vaccino ma non vuol rinunciare a bevande e gelati. Per supplire alla mancanza di calcio e Vitamina D2, lindustria alimentare la addiziona ai preparati confezionati (pur senza trascurare le differenze con le fonti nutrizionali naturali). Se amate il riso, allonda o imprigionato nelle zeppole, non fatevi sfuggire gli eventi che punteggiano la stagione della raccolta, tra settembre e ottobre, come la Fiera del Riso nel centro di Isola della Scala, alle porte di Verona. Il riso nasce nellacqua e muore nel vino, recita un detto popolare. In caso di frittelle, regalatevi un bicchiere di Recioto di Soave e brindate allinizio dellautunno.
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Budino
Riso cotto lentamente nel latte, coperto e senza mescolare finch asciuga Poi, tuorli montati con lo zucchero e bianchi a neve Cottura a bagnomaria

LA RASSEGNA
Appuntamento goloso oggi al Castello Sforzesco di Vigevano, Pavia, con la seconda edizione di Rice, i sapori del riso In programma, degustazioni, laboratori didattici, mercato contadino e cene a tema, che vedranno coinvolti alcuni tra i migliori cuochi delle terre del riso, ovvero larea che si estende tra Piemonte e Emilia Romagna

Ciocor
Pari dosaggio di riso o farro soffiato e cioccolato (bianco, al latte, fondente) sciolto a bagnomaria, ben mescolati Raffreddare in frigo in teglia bassa

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itinerari
Vercelli
Biscotti
Burro morbido, zucchero e uova da mescolare con la farina di riso Dopo una pausa in frigo, met impasto si addiziona con chips di cioccolato o canditi

Frittelle
Riso lessato con uova, zucchero, uvetta, scorza di limone, poca farina, un pizzico di sale A cucchiaiate nellextravergine bollente Poi zucchero a velo

Zeppole
Riso cotto in acqua e latte, poi raffreddato Dentro poca farina, lievito, scorza darancia Riposo in frigo e frittura in bastoncini Rifinitura con miele

Riso&latte
Riso sbollentato in acqua, poi cotto nel latte gi bollente, con zucchero e vaniglia. Variante golosa con cioccolato bianco aggiunto prima di fine cottura

Torta
Secondo lArtusi, riso cotto sodo nel latte, e poi mandorle pestate, zucchero, uova e canditi Riposo dopo il forno e zucchero a velo al momento di servire

DOVE DORMIRE
IL GIARDINETTO Via Luigi Sereno 3 Tel. 0161-257230 Camera doppia da 90 euro colazione inclusa

DOVE MANGIARE
CINZIA (con camere) Corso Magenta 71 Tel. 0161-253585 Chiuso luned, men da 40 euro

DOVE COMPRARE
PASTICCERIA TAVERNA & TARNUZZER Piazza Cavour 27 Tel. 0161-253139

Pavia
DOVE DORMIRE
HOTEL AURORA Viale Vittorio Emanuele 25 Tel. 0382-23664 Camera doppia 105 euro colazione inclusa

DOVE MANGIARE
OSTERIA DELLA MALORA Via Milazzo 79 Tel. 0382-34302 Chiuso luned, men da 30 euro

DOVE COMPRARE
AZIENDA BIO AGRICOLA CASCINE ORSINE Via Cascina Orsine Localit Bereguardo Tel. 0382-920283

Verona
DOVE DORMIRE

Crema di riso, gelatina di carote e ghiacciato di lime


Ingredienti per 4 persone

RESIDENZA SAN FAUSTINO Corticella San Faustino 7 Tel. 045-9690400 Camera doppia da 80 euro colazione inclusa

LA RICETTA

Omar Allievi il giovane chef del ristorante milanese Bianca La sua rivisitazione del riso e latte sar presentata a Taste of Milano, la manifestazione di cucina in corso questo fine settimana allIppodromo del Galoppo di San Siro

CREMA

70 grammi di riso Basmati litro latte litro panna 100 grammi di zucchero
SORBETTO

250 grammi di succo di lime 100 grammi di glucosio litro acqua 200 grammi di zucchero

GELATINA

200 grammi di carote 200 grammi di zucchero 350 decilitri dacqua 15 grammi di gelatina 9 grammi di agar agar

DOVE MANGIARE
AL BERSAGLIERE Via Dietro Pallone 1 Tel. 045-8004824 Chiuso domenica e luned men da 35 euro

DOVE COMPRARE
STORICA RISERIA FERRON Via Torre Scaligera 9 Localit Isola Della Scala Tel. 045-7301022

Cuocere mezzora il riso con latte, panna e zucchero Frullare e raffreddare. Bollire succo, glucosio, acqua e zucchero. Raffreddare in freezer girando spesso. Cucinare le carote a pezzetti con zucchero e acqua. Frullare, aggiungere gelatina e agar agar, portare a bollore, spianare Caramellare dello zucchero di canna con granella di nocciole e riso soffiato. Servire la crema con gelatina a tocchetti, cucchiaini di sorbetto e granella caramellata

Quel profumo parrocchia e tinello della torta della festa


CORRADO BARBERIS

igliadi un piatto il riso al latte caro ai deboli di stomaco, la torta di riso pu considerarsi unestrema propaggine del biancomangiare medioevale. Estrema, si detto, perch lungo il cammino ai due elementi fondanti (un litro di latte, 200 grammi di riso) molte appendici si sono aggiunte: lo zucchero, tante uova con sovrappi di tuorli, una scorzetta di limone, qualche pezzetto di cedro e molte mandorle dei due tipi. I loro frammenti devono evocare, in punta di lingua, quelli del cereale, ancora ben visibili ma non pi palpabili nellimpasto comune. Torta sociologica, o quantomeno sociale. A Bologna costituiva leccellenza gastronomica degli Addobbi, ossia delle feste per la decennale eucaristica organizzate a rotazione parrocchia per parrocchia un anno dopo laltro. I proprietari delle case provvedevano a ridipingerne le facciate, assicurando lavoro a muratori e imbianchini. Le strade erano pavesate di striscioni e in cucina si preparavano torte il cui contenitore era tondo ma il contenuto veniva tagliato a losanghe. Si prelevavano dal piatto grazie a uno stecchino, col risultato di lasciare sui bordi qualche rimasuglio non squadrabile, ma molto utile al gioco dei complimenti tra la padrona di casa, incalzante perch lospite si servisse ancora, e costui che se ne schermiva. Quei ritagli erano cos il compromesso fra una nuova losanga e il rifiuto totale. Concepire un Addobbo senza una torta di riso sarebbe stato impossibile. Era come lasciamo la parola ai cronisti di fine Ottocento ipotizzare un banchetto politico senza il discorso conclusivo del deputato di turno. E del resto, per tor-

nare allispirazione medievale del biancomangiare, non era proprio detta adouber la cerimonia con cui i neocavalieri venivano vestiti e investiti delle loro responsabilit? Unaria di buona volont, di serena apertura al mondo circolava magari con qualche sopportazione nelle vie delle parrocchie festeggianti. I portoni e le porte delle case interessate alla vicenda rimanevano aperti perch ogni passante potesse, stando sul limitare o salendo una rampa di scale, ricevere la preziosa losanghetta. Una straordinaria civilt, un esemplare costume urbano. Purtroppo questi rivoli di umanit non esondavano da qualche domenica e dalle mura cittadine. Con ogni probabilit i chicchi necessari a confezionare le torte provenivano dalle risaie della vicina Molinella, data la precariet dei trasporti che imponeva quel chilometro zero degli alimenti oggi postulato dalle nuove strategie di sviluppo. A Molinella, per, imperversava la lotta di classe. Tra un proletariato agricolo indigeno deciso a mantenere il monopolio dei posti di lavoro anche durante gli scioperi e una folla di disoccupati forestieri che vedevano, con lappoggio degli agrari, una occasione per soppiantare i nativi. In questi conflitti ogni tanto ci scappava un morto. In localit Guarda nel 1913 se ne contarono ben sei. Difficile, in queste guerre tra poveri, misurare col bilancino le ragioni delle due parti. Il dolce della gastronomia si mescolava cos con lamaro della storia. Quanti torti per una torta
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1,56 mln
le tonnellate di riso prodotte in Italia nel 2010

410
le calorie ogni 100 grammi di frittelle di riso

5,5 kg
il consumo pro capite di riso in Italia

Repubblica Nazionale

50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA

DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011

lincontro
Lady di ferro

Antonia S. Byatt

Linfanzia segnata dallincubo della Seconda guerra mondiale, leducazione protestante, un padre giudice e una madre insegnante perennemente arrabbiata. Lautrice di Possessione, ora che a settantacinque anni una tra le voci pi importanti della letteratura inglese, confessa: Non mi piaceva affatto essere una bambina Sapevo fin dallinizio che da adulta sarei stata molto meglio. E avevo ragione
quando gli sparavano addosso si scoprivano al fuoco nemico. A questo tipo di marionette ne sono collegate altre, e questo un esempio di come un romanzo pu venir fuori dalla storia. I romanzi, scrive in uno dei saggi presenti in On Histories and Stories, nascono dalle mancanze, dalle carenze della storia: Perch lo scrittore osserva cose diverse dallo storico. Sto leggendo prosegue la Byatt, lisciando con la mano il copritavolo di stoffa le biografie di surrealisti e psicoanalisti, ma i dettagli che metto nei miei appunti sarebbero daltro tipo se dovessi prepararmi per una conferenza. Sia i surrealisti che gli psicoanalisti formavano dei gruppi molto chiusi, con al centro una figura dominante, Breton per gli uni, Freud per gli altri. Di volta in volta, secondo uno schema che si ripeteva, qualcuno veniva escluso. Un giorno Freud era a un convegno di psicoanalisti a Monaco, ne venne espulso uno ma quando uscirono tutti dallalbergo il borsello di Freud si incastr nella maniglia della porta e il poveretto che era stato cacciato dovette ritornare per liberare il maestro. Questo particolare, che pu apparire secondario, in un romanzo diventa essenziale. Quando era pi giovane non possedeva il senso della forma, dice, dovevo riscrivere i libri venti o trenta volte, poi ho capito che devo trovarlo prima di iniziare perch lunico modo per controllare la scrittura. Comincio a lavorare alla struttura di un romanzo molto prima di pensare a personaggi, dettagli, eventi o relazioni fra le cose. In questo modo posso rendermi conto in una maniera quasi matematica se c qualcosa che non funziona. Fin dagli esordi continuano a comparire nei suoi romanzi due figure, il naturalista e lumanista accademico, questultimo ritratto con non poca cattiveria: Per il primo la ragione principale che bisognerebbe guardare al mondo esterno a noi invece che al mondo interno a noi. Coleridge dice che siamo tutti ununica vita. Prima di distinguere tra Dio e il mondo dovremmo essere capaci di ricostruire ununit di cui faccia parte anche lambiente. La parola umanista, chiarisce, significa in Gran Bretagna qualcosa di completamente diverso che da voi. Gli umanisti rappresentano una setta, sono per lo pi autoreferenziali. Pensano che lessere umano sia la migliore e la pi importante forma di vita sulla Terra. Guarda cosa succede al mare per colpa dellintervento delluomo. Forse in meno di sessantanni distruggeremo tutte le forme vitali intorno a noi. Ma per allora con ogni probabilit io sar morta. Al romanzo realista preferisce il romance, un genere che ha le sue origini nella mitologia, nella fiaba, nelle novelle popolari: Credo nella verit ma penso daltra parte che gli esseri umani abbiano bisogno di storie. Fiaba e realismo possono contaminarsi. Il sottotitolo di Possessione - A romance viene da Hawthorne, e lui la usava per definire il suo capolavoro, La lettera scarlatta. Questo gli dava, diceva, una latitudine per inventare. Anche lui scriveva fiabe e racconti fantastici. Un altro rapporto conflittuale quello che si instaura tra pittura e scrittura: nel romanzo che lha consacrata, Possessione, vengono descritti una serie di ritratti del suo poeta immaginario, il vittoriano Henry Ash (dietro cui si cela, almeno in parte, Robert Browning), senza che se ne colga bene la figura: Per lui mi sono ispirata anche al ritratto che Manet fa di Zola. Credo di amare la pittura perch silenziosa e perch d lidea che non ci sia il tempo spiega. I pittori guardano al mondo in una maniera completamente diversa, per me i quadri sono immagini provenienti da un altrove che non ci appartiene. un po come le chiocciole, di nuovo ritorna qualcosa il cui centro non sei tu ma ci che sta fuori di te. Al tentativo di rintracciare una verit ontologica unita anche lidea di fondo della sua narrativa: raccontare come funziona la mente umana, nellipotesi suggestiva di tracciarne una grammatica: vero. Siamo proprio allinizio del metodo con il quale possiamo guardare con la neuroscienza alla grammatica della mente. Quando ero una bambina pensavo che cera qualcosa dentro la testa, qui dietro, che ti guardava. Oggi, pi correttamente, limmagine con la quale si comincia a guardare alla grammatica della mente un albero, con diverse radici e ramificazioni, e una struttura matematica molto precisa.
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SEBASTIANO TRIULZI

ttorno ad Antonia S. Byatt, seduta al tavolino di un bar in campo Santo Stefano, a Venezia, si stringe un piccolo gruppo di amici italiani. Le gote arrossate, il leggero affanno tradiscono una camminata che deve essere stata rapida. Non lontano c lappartamento con affaccio sul Canal Grande che le stato messo a disposizione dalla Fondazione Musei Civici e da Incroci di civilt, manifestazione culturale organizzata dalla Ca Foscari; in cambio dovr scrivere un testo ispirato al suo soggiorno veneziano. Originaria del South Yorkshire, pi precisamente di Sheffield, la citt dellacciaio, dove nata nellagosto del 1936, la Byatt considerata una delle pi importanti scrittrici e critiche inglesi. Due mestieri che nei suoi romanzi si compenetrano senza sosta. Refrattaria a parlare di s, confessa daver accettato recentemente di fare alcune interviste con la British Library sulla sua vita, con lunico scopo che cos, finch campo, nessuno potr scrivere una mia biografia. Un modo, forse, per non soffermarsi su episodi dolorosi come lincidente stradale in cui mor il figlio undicenne Charles. E allora preferisce parlare di s stessa. La sua infanzia, racconta, stata segnata dallincubo della Seconda guerra mondiale e insieme da una educazione fortemente protestante: I quaccheri hanno un senso morale molto profondo oltre che un altissimo rispetto per la verit. Nelle riunioni spiega si tutti seduti e chiunque voglia dire qualcosa ha il diritto di alzarsi e parlare. Non credono molto nellarte. Ci che ricordo per limportanza data al silenzio. E il fatto che non esiste la punizione. allinterno di ciascun individuo che si realizza di essere stati colpevoli e ci si autopunisce.

VENEZIA

Repubblica Nazionale

FOTO DI GRAZIANO ARICI/BLACKARCHIVES

Era tutto piuttosto faticoso, aggiunge ironica, ridendo solo con i suoi occhi azzurri. Assicura di non essere mai stata una seguace del movimento fondato da George Fox nella met del Seicento, mentre mio padre lo divent dopo che venni iscritta nellistituto quacchero in cui insegnava mia madre. Era un giudice, ma questi due forti principi morali non configgevano. I quaccheri non giurano sulla Bibbia e quando doveva fare giuramento diceva semplicemente: Prometto che far bene il mio lavoro. Questo per lui era sufficiente. Il padre, che si chiamava John Frederick Drabble, apparteneva alla classe borghese, la madre, Kathleen Marie Bloor, a quella operaia. Di questa donna nervosa e nevrotica, costretta a rinunciare alla carriera accademica, stese un ritratto assai severo la sorella minore della Byatt, Margaret Drabble, scrittrice e biografa assai popolare in Inghilterra, in un romanzo uscito nel 2001, The Peppered Moth. La rivedo, sempre arrabbiata, mentre porta delle cose fuori dalla cucina: pentole, padelle, piatti. Io bisbiglia la Byatt in italiano ho paura della cucina. Forse pensando a quando soffriva dasma o si nascondeva negli armadi per non fare ginnastica, confida, a sorpresa, che non le piaceva neppure essere una bambina. Lo sapevo fin dallinizio che da adulta sarei stata molto meglio, e avevo ragione. Ora sto scrivendo un libro sui miti, una parte dedicata al ciclo del Ragnark. Sono riuscita ad andare avanti solo mettendo al centro una bambina molto magra che vive la guerra attraverso la saga nordica, e questo lunico modo in cui lei pu accettare quella tragica realt. Al tempo in cui era professoressa a Cambridge mia madre studiava la letteratura islandese e i miti del Nord, io scelsi litaliano e Dante. C un suo bellissimo racconto, inserito nella raccolta La cosa nella foresta, in cui una donna si tramuta lentamente in pietra, esempio inusuale se guardiamo alla sua narrativa in cui il fantastico sopravanza il reale: In Una donna di pietra laspetto reale mi sembra ancora pi importante che in tutti i racconti o romanzi che abbia mai scritto. Perch era una storia sul dolore, su una donna che si trasforma in bellissime pietre. Solo attraverso la fantasia, in maniera indiretta, potevo affrontare questo argomento cos personale. Lattenzione al multiforme femminile non comunque preminente nelle sue opere anche se, precisa, la parola metamorfosi nella sua radice imparentata con la parola metafora. E la mia mente funziona per metafore. Preponderante invece lu-

so enciclopedico delle discipline letterarie e scientifiche, inclusa lattenzione per la vita delle formiche o lo studio delle chiocciole: afferma che la forma di tutti i suoi romanzi, anche della pi realistica quadrilogia fondata sullalter ego Federica Potter, nasce da una metafora dominante: le lumache ne La torre di Babele, i burattini ne Il libro dei bambini,forse i sogni dettagliatissimi dei surrealisti nel prossimo romanzo: Ci che si cercava al tempo della Torre di Babele, cio un linguaggio universale, oggi lo abbiamo: il dna, che ha la forma di una doppia elica. Una delle parole latine per lumaca per lappunto helix. Ecco a me piace fare delle idee qualcosa di solido, di concreto. Per lultimo romanzo, Il libro dei bambini, rivela di aver razziato la biblioteca sulla Prima guerra mondiale del marito Peter in cerca di qualcosa che mi potesse servire come metafora. Gli inglesi costruirono dei burattini di soldati bidimensionali che comandavano con dei fili. I tedeschi li scambiavano per soldati veri, e

Non sopporto chi dice che lessere umano la pi importante tra le forme di vita
Tra mezzo secolo avremo distrutto tutto, e meno male che io probabilmente sar gi morta

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