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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 2 anno III


19 gennaio 2011

edizione stampabile

Editoriale L.B.G. MILANO DA BERE O DA SENTIRE? Primo Piano Paolo Viola - CONSUMARE MUSICA DA INCOMPETENTI Sanit Maurizio Bardi SALUTE DEI CITTADINI E RESPONSABILIT DEL SINDACO/1 Lavoro Giuseppe Ucciero - FIAT: IL PARADIGMA LIBERISTA E LO SPARIGLIO Ambiente Luca Trada UNIDEA PER EXPO: ASFALTIAMO IL BOSCOINCITT Economia - Giovanni Agnesi - FEDERALISMO FISCALE, RUBERIE E SANIT Urbanistica Mario De Gaspari - FONDI IMMOBILIARI: NOMADI E IMMOBILI Metropoli Alfredo Vigan VILLA REALE DI MONZA: UN FAVORE A CHI? Cultura Rita Bramante WIRED ITALIA: RACCONTARE IL FUTURO Feuilleton Paolo Valera UNA RUFFIANA CELEBRE

VIDEO

Luigi Corbani LA MUSICA A MILANO


MUSICA (video) UNAVVENTURA (Battisti Mogol) Canta Letizia Moratti

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA a cura di M. Santarpia e P. Schipani

Editoriale MILANO DA BERE O DA SENTIRE? L.B.G.


Volenti ma spesso nolenti viviamo immersi nella musica e con qualche notevole differenza anche generazionale. Ci sono due modi di ascoltarla: immergendovisi ed escludendo altro dalla nostra mente e dai nostri sensi o semplicemente amandola come sottofondo di altre attivit personali spesso manuali e ripetitive ma anche intellettuali. Lavvento delle tecnologie di miniaturizzazione ora permette lascolto in cuffia ovunque e senza limitazioni e solo qui si manifesta la differenza generazionale: questo tipo di ascolto concerne essenzialmente i giovani e i giovanissimi. Ma c di pi: piaccia o non piaccia ai compositori e agli esecutori la maggior parte dellascolto tra i giovani frutto di pirateria informatica. Infiniti piccoli Assange violano le barriere e mettono a disposizione della rete praticamente tutto: musica classica, leggera, passata e presente magari montati in forma di brevi video. Da ultimo tutta la musica diffusa in locali pubblici, strade, piazze, stazioni e ovunque vi sia folla da intrattenere o da attrarre. Dunque musica, musica, sempre musica. Non solo per essere ascoltata ma anche per trasmettere messaggi, soprattutto nel caso di messaggi politici, da sempre un ruolo tipico della musica popolare, dai canti di protesta espliciti ai canti di sofferenza e di rimpianto soldati, operai, emigranti alle canzoni di regime o di satira politica e di contestazione. Anche la musica operistica ha assunto questo ruolo in particolare nel Risorgimento e anche prima unocchiuta censura impediva la messa in scena di opere che in qualche modo potessero essere lette come irrisione o critica del potere costituito o della religione di Stato. Il primo a scoprire la funzione propagandistica della musica fu Mussolini, che pure per primo utilizz massicciamente la radio e oggi non gli da meno Berlusconi. In ogni caso questa funzione di veicolo per messaggi politici ora sembra essersi molto attenuata nella musica e la parte del leone la fa la televisione dove musica e immagine si fondono. Eppure la musica non ha perso interesse per la classe politica, non come veicolo di messaggio ma come occasione per fornire svago e divertimento alla gente pensando di averne un ritorno dimmagine e, di conseguenza, di voti: concerti allaperto in piazza e negli stadi ai quali accorrono migliaia di giovani, a seconda del programma e dei cantanti,ma anche i meno giovani. Probabilmente questo tipo di spettacolo, spesso a carico delle pubbliche casse, diventato attraente, quasi una forma di dipendenza legata al bisogno di avere una sorta di colonna sonora che ci accompagni dalla sera alla mattina. I sociologi urbani dovranno occuparsene: Milano nelle strade, nelle piazze, nei mezzanini e nei convogli della MM sempre pi popolata di zombi con le cuffiette che, lo sguardo perso, vagano nelle ore di punta da casa a scuola o al lavoro e viceversa. Che cosa c dietro? Forse il bisogno di una specie di quinta dimensione che aggiunga spazio al tempo reale occupato da situazioni sgradevoli, faticose ma inevitabili in una vita che non si realizza mai. Se lo guardiamo da un altro punto di vista, un tempo e unattivit cerebrale dispersi nel nulla: uno spreco. Ecco perch, come si dice in altre parti di questo giornale, leducazione musicale potrebbe riscattare questo spreco inducendo a un ascolto che non sia solamente passivo. Solo allora il chiudere le orecchie con una cuffietta e isolarsi dai rumori fastidiosi - della citt avrebbe un senso.

Primo Piano CONSUMARE MUSICA DA INCOMPETENTI Paolo Viola


Lintervista a Luigi Corbani che si pu ascoltare in questo numero di Arcipelago una boccata daria nella drammatica situazione che ci viene costantemente descritta dai mezzi di informazione, ma che possiamo riscontrare direttamente (si pensi a quanto accade alla Scala, con lintervento di Barenboim alla prima del 7 dicembre davanti al Presidente della Repubblica e con lo sciopero che ha fatto rinviare il debutto di Mario Martone nei Pagliacci e nella Cavalleria Rusticana) dalla nostra postazione di ascoltatori attenti e appassionati di musica. Corbani, che ricordiamo vicesindaco e assessore alla cultura del Comune di Milano negli anni ottanta, uno di quelle rare persone che, concluso un incarico pubblico, anzich continuare a vivere o vivacchiare di politica, si dedicato a creare una nuova cosa privata di interesse pubblico mettendosi personalmente e totalmente in gioco e investendo in essa tutta la sua esperienza di amministratore e di uomo di cultura. Nel 1993 ha fondato nientedimeno che unorchestra sinfonica privata (inizialmente fu unorchestra giovanile) che in capo a pochi anni ha assunto un rilievo di primo piano diventando una delle migliori orchestre italiane. Preparata da grandi direttori (Riccardo Chailly, Gianandrea Noseda, ma persino - in incognito - Carlo Maria Giulini), dopo anni difficilissimi durante i quali era persino sembrato che dovesse non farcela pi, oggi ha una sede propria e una stagione ricchissima, di grande qualit, che abbraccia diversi generi musicali per un pubblico vasto e variegato. Sentir dire a una persona cos ben informata che - almeno a Milano - esiste un consistente pubblico per la musica colta, che sono in costante aumento i giovani attratti e interessati ai concerti e allopera, che unofferta qualificata e una buona attivit di promozione possono far raggiungere grandi risultati, fa sperare in tempi migliori nel momento in cui sembra che siano soprattutto i Grandi Fratelli ad attrarre le grandi masse dei cittadini e fra loro proprio i pi giovani. Fermo restando che anche nel campo della produzione culturale e artistica un po di concorrenza non nuoce, certo che se le istituzioni musicali milanesi si parlassero un po di pi e coordinassero minimamente i loro programmi (per esempio senza celebrare tutte insieme i centenari e i bicentenari di nascite e di morti, fino a farci odiare gli innocenti celebrati) potremmo districarci meglio nellofferta musicale cittadina e magari avere un programma complessivo dellintera stagione musicale. Ma lintervista tocca un altro argomento, certamente pi significativo della situazione in cui vivono oggi i ragazzi, e non solo i pi giovani; sentono musica in continuazione, notte e giorno, insie-

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me o da soli, con le cuffie o in discoteca ma anche in automobile e in qualsiasi bar, e presto temo anche per le strade, sui treni, in metropolitana, in aereo ovunque. Senza che vi sia la minima educazione allascolto, senza una parvenza di cultura musicale che permetta loro di discernere fra musica e musica, di capire il senso di ci che ascoltano. Di pi, quale cultura musicale hanno coloro che impongono al pubblico musiche diffuse in modo cos ossessivo? Come potranno difendersi le masse di adolescenti che si trovano nellimpossibilit di esercitare qualsivoglia critica, costrette ad accettare di tutto, condizionate dallossessione di ritmi sparati a volume altissimo e dalle potenti operazioni di marketing che li precedono? Non avviene cos per le arti figurative, n tantomeno per la letteratura, il cinema o il teatro; lofferta molto meno

aggressiva, gli ambienti assai meno bombardati, la scuola aiuta molto di pi. Magari non bene come si vorrebbe ma un po di storia dellarte viene insegnata; ci sono i cineforum che attraggono molto i ragazzi, le scuole di teatro, di mimo, di danza, che aiutano a capire qualcosa di queste arti. Ma della musica cosa si insegna? Quando va bene si insegna a suonare uno strumento ma chi non va avanti nel suo approfondimento non sapr mai nulla di storia della musica, delle forme e dellestetica musicale, per non parlare di armonia o di contrappunto (come dire la grammatica e la sintassi della lingua che parliamo). Nulla. Non capiranno neppure che differenza passa fra la musica cosiddetta colta e quella cosiddetta leggera, tanto che molti ragazzi chiamano la prima antica e la seconda moderna! E possibile lasciare che il mondo si riempia di musica in ogni luogo e in

ogni momento, senza dare ai fruitori la possibilit di capire cosa ascoltano e sopratutto senza pretendere che chi la sceglie per noi abbia come ormai susa anche per chi vende frutta e verdura una sorta di patentino che garantisca un minimo di competenza? Perch altro mettere un disco in vendita e pubblicizzarlo (siamo nel pieno della migliore libert di mercato) altro obbligarti a sentirlo mentre fai gli acquisti al centro commerciale o quando entri in un bar per dissetarti. Per concludere, preso atto che dalla musica sembra non ci si possa pi difendere, sopratutto da quella mediocre, facciamo qualche cosa almeno per rinforzare le difese e lo spirito critico dei pi giovani e pretendiamo un po di professionalit da parte di chi nelle condizioni - ahim - di imporcela.

Sanit SALUTE DEI CITTADINI E RESPONSABILIT DEL SINDACO/1 Maurizio Bardi


Tradizionalmente il terzo posto da Il sindaco il responsabile della condizione di salute della popolazione del suo territorio. Il consiglio comunale condivide questa responsabilit. Allo stato attuale, per una modifica della legge 833/78 non sono pi i sindaci a gestire il servizio sanitario anche se a essi sono affidati dal DLg 299/99 (decreto Bindi) poteri di programmazione, di controllo e di giudizio sulloperato del direttore generale delle ASL. I compiti del sindaco sono quindi comunque ampi, soprattutto il sindaco deve conoscere lo stato di salute della popolazione, deve prendere provvedimenti se le condizioni ambientali sono invivibili, se esistono pericoli incombenti e, per la direttiva Seveso, deve informare la popolazione dei rischi rilevanti cui sottoposta. La sezione milanese di Medicina Democratica ha avviato una riflessione sul tema della salute sperando che possa essere di stimolo a un dibattito nellambito dei programmi elettorali per il rinnovo del consiglio comunale. Dobbiamo risalire al biennio rosso, nei due anni immediatamente prima del fascismo per trovare un sindaco socialista, Angelo Filippetti, medico, che ha messo al centro del suo intervento la lotta per la salute e contro lemarginazione. Non per nulla aveva fondato i circoli rionali fate largo alla povera gente. In epoca pi recente, sullonda delle lotte operaie Milano ha avuto un breve periodo nel quale la difesa della salute stata messa al centro delle preoccupazioni sociali. Gli anni 70 hanno visto, a partire dalle fabbriche, un vasto interesse per la salute; decisivo fu di nuovo un medico, anche se non era sindaco: Giulio Maccacaro, direttore dellIstituto di Biometria che ebbe fra i molti suoi meriti quello di portare lepidemiologia in Italia e di operare per la difesa della salute degli sfruttati. Unamministrazione diversa deve partire da qui, dal diritto alla salute della popolazione. La salute non certamente lunico problema di Milano, tuttavia, proprio per la condizione materiale e morale in cui si trova la citt, pu diventare una sorta di filtro, attraverso cui fare passare tutti gli altri problemi. LOrganizzazione Mondiale della Sanit (OMS) nel documento di Ottawa del 1986 indica alcuni prerequisiti senza i quali impossibile esercitare il diritto alla salute. Essi sono: la casa, la scuola, i trasporti, la salubrit ambientale, la cultura, la sanit pubblica, lassistenza sociale. Secondo questa concezione non si tratta di opzioni, dipendenti dalla entit della finanza pubblica, ma di un diritto perfetto (non di un interesse legittimo), in altri termini i servizi per dare risposte a tali bisogni essenziali costituiscono un diritto esigibile. Per lavorare su questo necessario che vi sia il coinvolgimento e la partecipazione delle forze sociali organizzate. I movimenti e le associazioni sono i principali soggetti di partecipazione di un Comune: forme di partecipazione alla vita del comune sono previste pure dalla legge 142/90. Occorre per primo identificare le cause che generano disagi, malattia e morte e cercare di formulare un piano di prevenzione per combatterle, arrivare alla loro riduzione ed eliminazione. In proposito occorre promuovere, in collaborazione con lASL unindagine sullo stato di salute della popolazione che inizi a raccogliere e ordinare i dati sparsi che gi ci sono. Ovviamente nulla di questo stato fatto finora. Forse nessuno in questi anni se n accorto ma nel Comune di Milano esiste un Assessorato alla Salute. I suoi compiti sarebbero quelli di tutelare la salute dei cittadini interagendo con le altre istituzioni effettivamente preposte allorganizzazione dei servizi sanitari: Regione e ASL. Un ruolo attivo nella prevenzione soprattutto igienico ambientale, ma non solo, e di indirizzo e di controllo riguardo alle politiche sanitarie regionali. Il Comune di Milano, che non ha nemmeno sentito lobbligo morale di costituirsi parte civile nel processo contro la clinica Santa Rita, come se la salute dei suoi cittadini non lo riguardasse per niente, deve riprendere in mano le proprie prerogative e occuparsi di quanto detto sopra anche attraverso una operazione culturale volta a fronteggiare il consumismo sanitario (funzionale a questa medicina governata pi dagli

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interessi economici che da quelli della salute), a promuovere stili e ambienti di vita e lavoro salubri (a partire dal blocco delle esternalizzazioni delle proprie competenze), a mettere a disposizione spazi e strutture per la collettivit: ad esempio reperendo locali per favorire le associazioni e la partecipazione dei cittadini e consentire a costi equi lapertura di medicine di gruppo di medici di base integrate ai servizi, favorendo la medicina del territorio sempre promossa a parole e mai sviluppata nei fatti. In un programma che si occupa di

salute nel contesto milanese non si pu tacere di EXPO 2015. Tanto pi che il titolo si propone estremamente ambizioso: Nutrire il pianeta, energia per la vita. In realt sembra che quello della alimentazione sia solo un pretesto per cementificare la citt in altri mille modi. Spese grandissime, in tempo di crisi, e educazione alimentare e alla salute bassissima. Milano appare ed la citt del cemento. Gli spazi verdi sono ben poca cosa. Pi il cemento avanza, meno la salute dei cittadini si afferma. La propo-

sta consiste nellindirizzare i fondi a favore dinterventi di educazione alimentare per la popolazione a cominciare dagli studenti, tornando a gestire in proprio le mense scolastiche, un volto fiore allocchiello e modello nel mondo e oggi gestite da Milano Ristorazione in maniera pessima e in assoluta mancanza di trasparenza. Oltre naturalmente a dedicare tempo, spazio e risorse all approfondimento delle vere cause della fame e della miseria mondiale.

Lavoro FIAT: IL PARADIGMA LIBERISTA E LO SPARIGLIO Giuseppe Ucciero


Queste note sono state scritte prima del referendum di Mirafiori, ma poco importa, non perch non ne sia evidente il grande significato e impatto, ma perch levento si situa comunque al di fuori della linea di ragionamento che intendo proporre. Vorrei ragionare su esistenza e praticabilit di un paradigma diverso dal pensiero unico di Sergio Marchionne, o meglio ancora sulla necessit di sparigliare il suo gioco. Come tutti sanno, nello scopone scientifico il susseguirsi delle mosse a un certo punto diviene quasi obbligato, e chi lo subisce ha solo un modo per sottrarsi alla sconfitta ormai certa: lo spariglio, il cambiamento improvviso e quasi temerario della trama di gioco fin l seguita. Qualche giorno fa si poteva ammirare su Repubblica il contributo di Carlo Galli, cos accurato, cos sottile nellidentificare interessi e persino psicologie degli attori in campo, nel ravvisare i presupposti e il possibile svolgimento del Teorema Marchionne, cos evidentemente amaro nel cogliere il lacerarsi di un tessuto secolare di lotte e diritti. Tanta lucidit mi apparsa alla fine come sprecata, la conferma di quel detto hegeliano per il quale la Nottola (simbolo della maturit della Ragione) spicca il suo volo solo al tramonto: cos la lucidit del pensiero democratico tocca i suoi vertici allo spirare della sua stagione ideale, quasi compiaciuto nel raccontare e spiegare cos bene quello che fanno gli altri. Perch questa pare la condizione e quindi la sfida: se si resta allinterno del paradigma liberista, non resta altro che raccontare lo svolgersi vittorioso della sua logica intrinseca: a) il capitale libero di ricercare su scala mondiale i luoghi in cui pu meglio valorizzarsi; b) misura e definisce la compatibilit ottimale (costi, ritmi, poteri) con il lavoro e la impone; c) i lavoratori possono decidere di accettare la sua proposta; d) se la proposta non accettata, gli stabilimenti chiudono e allora liberi tutti: il capitale di cercarsi altrove la sua classe operaia, e i lavoratori di cercarsi il loro capitalista. Lasimmetria dei poteri e delle facolt tra capitale e lavoro su scala mondiale ha rivoluzionato lo scenario preesistente: possiamo e dobbiamo avvertire uno spasmo allo stomaco per la rabbia, ma questa la situazione definita dalla logica del liberismo globale. E imposta dalla sua forza. Per questo, restando allinterno del suo paradigma, le due politiche sindacali in lotta tra loro appaiono come facce della medesima medaglia, entrambe rese passive dalla potenza della controparte. Certo, la differenza tra chi accetta di bere oggi lamaro calice e chi non lo intende bere eclatante, ma in definitiva poca cosa se si considera che in entrambi i casi assente un altro paradigma che ridia senso al concetto dei diritti e spazio effettivo di manovra per la loro pratica. Entrambe le strategie presentano enormi debolezze: pochi mesi fa lo strappo di Pomigliano veniva presentato dal manager col golfino come eccezionale, e ora ci si ritrova con lestensione delleccezione a tutto il Gruppo. E daltra parte, chi pu pensare realisticamente che scioperare oggi possa dare fastidio a un manager che sta gi tirando gi la claire di sua iniziativa? Qui si deve introdurre nel discorso la questione essenziale: qual leffettiva strategia della FIAT e qual il peso del comparto automobilistico nel contesto produttivo italiano? Un primo punto fermo che illustra entrambe le questioni il seguente: lItalia ospita una grande multinazionale dellauto, ma occupa solo il 9 posto nella classifica europea dei paesi produttori dauto. Ergo: FIAT la sua scelta lha gi fatta da molti anni ed una scelta di abbandono dellItalia come piattaforma produttiva. Le auto FIAT sono prodotte perlopi in Brasile, Polonia, Serbia; solo per 1/3 sono fatte in Italia. Un secondo punto fermo che FIAT viene usata dal suo management e dalla sua propriet come cavallo di Troia per costruire un player transnazionale che vivr sempre pi di vita propria, lasciando lItalia sullo sfondo, come piattaforma produttiva e come mercato. Sembra quasi di intravedere in filigrana la vicenda dellAlfa Romeo, comprata dalla stessa FIAT per distruggerla, impedendo ad altri concorrenti di impiantarsi in Italia. Allo stesso modo, oggi, FIAT come realt produttiva autoctona, come campione nazionale che coniuga forte impianto locale con una strategia globale, un discorso finito nella strategia di Marchionne. La questione allora : lItalia accetta di perdere, dopo la chimica, la farmaceutica, linformatica, la telefonia, anche lautomobile? Questo il punto. Per Berlusconi, Bossi e il centrodestra, la risposta s, per tanti motivi. Vecchi rancori proprietari, priorit culturale della piccola impresa, desiderio di assestare un colpo mortale al potere sindacale, miopia strategica. Ma per i lavoratori, per il sistema della ricerca e dellindotto, per Torino, per il PD e il Paese? In Francia e in Germania, la tutela delle maggiori imprese nazionali, perseguito e sviluppato con determinazione, risorse adeguate e, udite udite, forte presenza del Pubblico: Renault e Volkswagen sono, a diverso titolo, grandi piattaforme produttive, regolate da modelli di governance miste pubblico - private, sostenute dalle comunit finanziarie locali, condotte in stretta collaborazione con le rappresen-

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tanze sindacali. Renault dello Stato Francese (15% delle azioni), che governa limpresa, in cooperazione con un grande soggetto finanziario (Alliance) e un grande gruppo automobilistico pi vassallo che padrone (Nissan). In Volkswagen forte il Land Sassonia (20% azioni) e la governance prevede strette relazioni con le rappresentanze sindacali. Non paradisi dei lavoratori certo, ma neppure campi di esercizio della pura volont di potenza del management. E questo lo Spariglio, il paradigma territoriale e partecipativo, cui guardare in alternativa a quello di Marchionne? Forse ci si potrebbe ragionare, quantomeno potrebbe essere lo scenario in cui ricollocare gli attori e vedere le carte del giocatore italo canadese. Gli Agnelli vogliono andarsene? Bene, si accomodino pure, ma non pensino di ridurre la FIAT a un nulla per farsi gli affari propri in giro per il mondo. Se propriet e management FIAT non intendono pi sviluppare la produzione automobilistica italiana, che lascino il campo a nuovi soggetti imprenditoriali. La collettivit, e quindi la Politica, prenda liniziativa, si faccia promotore di un vero progetto, di una vera Fabbrica Italia, fondata su di un modello misto, dove energie imprenditoriali trovino sponde forti nelle banche nazionali, con il contributo dello Stato e delle Regioni, oltre che la forza e lenergia dei tecnici e dei lavoratori e, perch no, anche la partnership con qualche grande costruttore: perch poi non fare per Fiat ci che si fatto per Alitalia? Fuori da un nuovo paradigma, fuori da un nuovo protagonismo pubblico - privato, temo restino solo le querule preghiere di Bersani: va bene laccordo come lo volete voi, ma lasciateci almeno la rappresentanza. Come se una rappresentanza octroye, gentilmente concessa dal padrone dopo la disfatta, potesse avere un qualche effettivo peso nella dialettica dei poteri in impresa. E una provocazione socialista? Forse. Ma oggi, di fatto, siamo gi in presenza del socialismo di lor signori, il socialismo delle perdite: migliaia di miliardi di dollari e di euro trovati e gettati per coprire la finanza dei mascalzoni. Persi per persi, per quale motivo non gettarne

qualcuno, solo qualcuno, in direzioni pi meritevoli? PS: il paradigma la Marchionne viene giustificato da dati statistici che, pur non essendo in se stessi falsi, lo divengono per il modo tendenziosi con cui sono proposti, decontestualizzati e grezzi, a suggerire una automatica associazione tra basso numero di auto prodotte per dipendente e poca voglia di lavorare degli operai italiani. Volutamente, si confondono percentuali di utilizzo degli impianti, numero di auto prodotte per dipendente, produttivit massima potenziale di un impianto, valore prodotto per dipendente, profitto per dipendente, e infine profitto per unit di capitale (che lunica produttivit che davvero importa al padrone). I dati 2009 (*), gli ultimi disponibili a livello europeo ci dicono che gli stabilimenti FIAT italiani hanno registrato un basso utilizzo medio degli impianti. Ma il dato appunto medio e comprende sia il valore massimo di Melfi, attestato ai massimi europei sia quello di Pomigliano, pressoch fermo per Cassa Integrazione. Se ci riferiamo alla produzione di auto per dipendente, dati analoghi agli stabilimenti di Termini Imprese e Mirafiori li troviamo in Romania e Douai (Renault) e Mulhouse e Possy (Peugeot). Se approfondiamo si scopre infine che la minore produttivit determinata spesso dalla consunzione del ciclo commerciale delle auto prodotte in quegli stabilimenti. Tutto questo significa tre cose: a) con lattuale Contratto, Melfi allaltezza delle migliori performance europee; b) la bassa produttivit (utilizzo degli impianti) di altri stabilimenti FIAT dipende prima di tutto dalla cassa integrazione, a sua volta generata dalla fine del ciclo di vita del prodotto; c) si comparano impropriamente mele e pere: 1 Panda e 1 Croma, 1 Cherokee e 1 Ferrari, sono considerate tutte come 1 auto, ma ciascuna di esse il risultato di un processo produttivo altamente differenziato, in termini tecnologici, lavorativi e di costo. E quindi concettualmente scorretto, economicamente falso, e politicamente grave: a) derivare sic et simpliciter la produttivit dal Contratto Nazionale di Lavoro e dalle sue tutele; b) comparare la produttivit di impianti, e addetti, sempre in funzione con quelli

inattivi (CIG); c) comparare il numero di auto per dipendente tra uno stabilimento che produce Panda con uno che produce Croma, sia in termini quantitativi che in termini di produzione di valore. Ovviamente, in uno stesso impianto, dal basso utilizzo degli impianti consegue anche il basso numero di auto prodotte annualmente per addetto, ma non automaticamente vero, e qui si bara proprio, che al 100% di utilizzo dei suoi impianti corrisponda unalta produttivit rapportata alla media di settore: la produttivit di uno stabilimento dipende essenzialmente dalla potenza degli impianti tecnologici installati. Mirafiori non certo allaltezza di Tichy o di Betim. Ma quello che in definitiva conta la produzione di valore, la risultante finale del rapporto tra capitale investito e ricavi generati, mediata dalla complessit delle variabili appena viste e da altre ancora. In questo punto trova collocazione il tema del costo del lavoro, che, pur certamente pi alto in Italia che in Serbia o Polonia, non incide tuttavia pi che tanto (circa il 7%). Quello che veramente incide il costo del capitale fisso (impianti), quindi la capitalizzazione dellimpresa, garantita dallimprenditore privato e, se questa non basta, dallinvestimento pubblico e della politica fiscale di sostegno. E qui casca lasino: Polonia, Serbia, Brasile, hanno investito sullAuto come Stati per generare un forte ritorno alla loro collettivit nazionale. LItalia no, non almeno negli ultimi anni. E questo il motivo di fondo per cui FIAT, che sottocapitalizzata, cio finanziariamente inadeguata in quanto propriet, cerca finanza pubblica in giro per il mondo: non trovandola in Italia, opta per localizzarsi presso altre nazioni.In un certo senso, non FIAT che sceglie il Brasile, ma il Brasile che sceglie la FIAT. Questa la responsabilit grave di tutti i governi italiani degli ultimi quindici anni: lItalia non ha pi scelto la FIAT, cos come non ha pi scelto Olivetti, Omnitel, Infostrada, e ha lasciato gli operai a sbrigarsela ad soli. (*) per unottima documentazione vedere Sole 24 Ore del 26 ottobre 2010, Andrea Malan.

Ambiente UNIDEA PER EXPO: ASFALTIAMO IL BOSCOINCITT Luca Trada*

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Solo a Milano, solo in Italia, pu accadere che un Parco urbano, apprezzato in tutta Europa, vissuto da milioni di fruitori nei 36 anni di esistenza, sia messo in discussione. Questo accade con Boscoincitt, a Milano, la citt di Expo, la citt che vorrebbe nutrire il pianeta, salvandolo dalla catastrofe agro - alimentare. Boscoincitt un parco atipico nel desolante panorama milanese. Un vero bosco, gestito da Italia Nostra, con la collaborazione di centinaia di volontari e abitanti della zona, attraverso una Convenzione stipulata con il Comune di Milano. In discussione oggi non solo la Convenzione, che ha consentito negli anni lo sviluppo di unarea verde, boschiva, umida, rifugio di specie animali, unica e dinestimabile valore culturale, sociale e storico oltre che ambientale, a costo zero per chi la vive. In discussione lidea che si possa vivere il territorio, i parchi, il verde urbano svincolandolo dalle logiche del profitto e del consumo, senza attivit commerciali o ludiche a impatto ambientale, senza il ginepraio di finte associazioni che mascherano clientele politiche. Ma si sa nella Milano che cunta dum i dan questo impensabile ed altrettanto impensabile non soddisfare il sottobosco di clientelismo no profit in area Compagnia delle Opere che si sta divorando tutto quanto di

pubblico, demaniale, Nostro, esiste in questa citt. Quello che oggi potrebbe accadere a Boscoincitt, se il Comune non rinnover la Convenzione, un film che abbiamo gi visto con altri parchi, come Sempione o Trenno, sempre pi occupati da attivit private, pseudo-onlus, societ sportive. Lo abbiamo visto anche con le piscine e gli altri impianti sportivi privatizzati, in questo caso con clientele anche per gli ex-AN. Non dimentichiamo infine luso dello spazio pubblico urbano sempre pi appaltato al business di turno, soprattutto nelle zone centrali della citt, ma sempre pi negato, vigilato, mal tollerato se frutto solo della spontanea aggregazione delle persone. Questa la citt ideale per chi ha pensato un PGT, che sacrifica al privato, pi o meno profit, territorio, pezzi di citt, scelta dei progetti; un PGT applica la sussidiariet in ogni ambito possibile, dalle scelte urbanistiche e abitative alla gestione di servizi e strutture. E non un caso che, a fronte di dichiarazioni di un presunto PGT ambientalista, tanto sbandierate da Moratti, Masseroli & Co, oggi sotto attacco sia Boscoincitt, collocato in un contesto dove le residue aree agricole non edificate sono di propriet di un tale chiamato Ligresti e che a 200 mt da Boscoincitt faceva atterra-

re elicotteri laddove cera Cascina Melghera e le sue attivit agricole ora dismesse. Lo stesso Ligresti che, a becco asciutto per il momento nel business Expo, spera, vuole e preme perch il PGT compensi i suoi apppetiti. Sono anni che sulle aree che circondano Boscoincitt girano i peggiori avvoltoi della speculazione immobiliare. Far saltare il tappo, riformando le modalit di gestione del parco, la prima garanzia per i signori del mattone, che in un futuro vicino avranno meno disturbi a rivendicare cambi di destinazione duso e diritti volumetrici (con Boscoincitt ottimo parco condominiale magari). Cosa impossibile nellattuale situazione di gestione. Allora diamo alla Moratti un suggerimento: getti il cuore oltre lostacolo, lasci che Expo sia veramente e imperituramente ricordato dai milanesi e dal mondo ed esca dagli indugi. Boscoincitt incompatibile con la Milano dei grattacieli, dei tunnel, della speculazione e della rendita finanziaria: ASFALTIAMOLO. Non nutrir il pianeta, ma sa quanti posti di lavoro per un bel po di mesi.

*Comitato No Expo

Economia FEDERALISMO FISCALE, RUBERIE E SANIT Giovanni Agnesi


Nellottobre del 2008 su queste pagine avevamo ragionato sul federalismo regionale e sul federalismo fiscale per la cui realizzazione consideravamo essenziale ribadire i principi di sussidiariet, indipendenza e solidariet, superando una gretta logica localista, sviluppando una politica economico - sociale che vedesse nel regional - federalismo un importante mezzo di partecipazione ed efficienza, realizzando con questa riforma una pi completa forma di democrazia partecipata. Si chiariva inoltre che lobiettivo finale della riforma fiscale fosse quello di attribuire maggiore efficienza alla produzione di servizi pubblici locali e si suggeriva l applicazione di una tassa comunale unica, collegata al tenore di vita del cittadino, il cosiddetto previsto riccometro. Finalmente dopo tanto discutere, dalle leggi Bassanini degli ultimi anni novanta, alla riforma del Titolo V della Costituzione e allapprovazione della legge delega del 2009, che (prevede attraverso decreti legislativi la riforma dell autonomia finanziaria di regioni, province e comuni), ci si sta muovendo concretamente per realizzare la riforma entro il 2015. Massimo Bordignon, professore straordinario di Scienza delle Finanze allUniversit Cattolica di Milano, indica sinteticamente la logica del federalismo fiscale con queste parole: Gli Enti territoriali di governo devono essere finanziati sulla base del principio del fabbisogno o spesa necessaria per le funzioni che investono diritti fondamentali di cittadinanza quali sanit, assistenza, istruzione e mobilit. E viceversa, siano finanziati sulla base del principio della capacit fiscale per le restanti funzioni, su cui non esiste un interesse nazionale cos palese. In parole povere, una volta stabiliti a livello nazionale i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) sanitari, assistenziali, educativi ecc. e il loro costo standard, spetta allo Stato il loro finanziamento e la loro copertura al cento per cento; mentre per tutti gli altri interventi le singole regioni, province e comuni potranno intervenire a seconda delle loro capacit fiscali, pertanto senza alcun intervento statale. Oggi lo Stato copre totalmente le spese sostenute dalle Regioni per i LEP, ma la legge prevede entro il 2015 il passaggio dall attuale spesa storica o a pi di lista ai costi standard, cio al prezzo giusto equivalente al costo pagato dalle Regioni pi virtuose per erogare ai propri cittadini i servizi essenziali. A questo importantissimo principio di responsabilit va aggiunto il principio di equit e di solidariet, infatti entro il 2014 dovrebbe entrare in funzione un fondo di perequazione statale a favore delle Regioni con minore capacit fiscale (quelle che non ricaveranno dai propri contribuenti le risorse sufficienti a finanziare i servizi di base) e sar alimentato dal gettito prodotto nelle singole regioni. Finalmente ci troviamo di fronte a una forte volont politica, espressa dalla stragrande maggioranza dei partiti, per attuare una riforma che considero essenziale per il nostro Paese, anche se a mio avviso da parte di diversi politici e dei media viene enfatizzato quale obiettivo della riforma la riduzione dei costi,

con il rischio di ridurre le garanzie dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e peggio ancora dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA). Il fabbisogno sanitario nazionale deve essere definito sulla base non solo dei vincoli di finanza pubblica, ma innanzitutto dai livelli di assistenza da garantire. Per realizzare adeguatamente la riforma fiscale nella sanit, per esempio, necessario raccogliere le indicazioni e i bisogni dei cittadini delle diverse Regioni, poich attorno a essi che deve ruotare la riorganizzazione delle prestazioni e la loro ottimizzazione. Giustamente, come dice Pietro Cerrito sulle pagine di Conquiste del Lavoro, quotidiano della CISL: Ci sono due elementi che giocano un ruolo decisivo, che ci aiutano a comprendere che il federalismo in sanit non si caratterizza solo per la definizione dei costi standard: da una parte liniquit palese dellofferta esistente in termini di assistenza sanitaria e socio - sanitaria, derivante da vizi e virt degli attuali sistemi regionali, e dallaltra la necessit di verificare e raggiungere anche le trasformazioni che sta subendo la domanda di salute, che va modificandosi col variare della dinamica demografica. Inoltre esi-

ste la necessit di programmare e governare la spesa, ottimizzare luso delle risorse in termini di sostegno alle persone, promuovere un approccio alla salute integrato (stili di vita, fattori di rischio, abitudini alimentari), offrire unassistenza qualitativamente elevata, attraverso lutilizzo delle tecnologie e con personale adeguatamente formato e motivato; tutto ci resta dietro ai numeri che vengono ipotizzati e proiettati con la definizione dei costi standard in sanit. Oggi infatti assolutamente semplicistico se non illusorio ritenere che non ci siano costi diversi nella fornitura di servizi quali istruzione, assistenza ospedaliera, etc. a livello territoriale pur utilizzando le stesse tecnologie ovunque. La causa di questo fenomeno dipende da diversi fattori che vanno: 1) dall estensione dei vari territori regionali in rapporto alla loro configurazione pi o meno montuosa; 2) dalle caratteristiche anagrafiche delle popolazioni interessate (regioni pi giovani come la Lombardia e il Veneto o pi vecchie come la Campania con maggiori costi); 3) dagli specifici rischi di malattia e mortalit; 4) dalle diverse capacit di spesa (nelle regioni pi ricche si accede pi facil-

mente alla sanit privata con relativo risparmio dellente pubblico); 5) dal sistema infrastrutturale (infrastrutture sanitarie inefficienti e vetuste creano costi). E bene, oggi, evitare di dare i numeri sui risparmi che dovrebbero derivare dallattuazione della riforma, perch i cittadini chiedono innanzitutto recuperi di efficienza economica che si possono realizzare con interventi e investimenti adeguati necessari a ristrutturare gli ospedali dismessi, ad aumentare lofferta alternativa allospedale, ad attuare la prevenzione, a sviluppare la sanit elettronica pi aggiornata, etc. Solo dopo questi interventi, previsti entro il 2015, i costi standard saranno identificabili in termini equi e precisi, con chiarezza e trasparenza evitando false speranze di miracolistiche riduzioni di spesa e relativa diminuzione delle tasse e del peso fiscale.Il processo del federalismo fiscale specialmente nel settore sanitario deve diventare unopportunit per liberare il settore da zavorre, ruberie e sprechi affermando un diritto alla salute pieno e universale per tutti i cittadini.

Urbanistica FONDI IMMOBILIARI: NOMADI E IMMOBILI Mario De Gaspari


Il Corriere della Sera di domenica 2 gennaio conteneva un notevole articolo a firma dellottimo Mario Gerevini: Il flop immobiliare del fondo Vegagest. Mezza pagina del pi importante quotidiano nazionale dedicata a una Sgr (Societ di Gestione del Risparmio) che i cittadini di Segrate conoscono bene. E che vorrebbero conoscere meglio perch da un po di tempo non gli risponde pi nemmeno al telefono. Vegagest nella provincia di Milano gestisce due grandi operazioni immobiliari: una con il fondo Aster impegnato nell operazione Santa Monica a Segrate e laltra con il fondo Calatrava impegnato nelloperazione Miluce in via Adda a Milano. Il record di Vegagest di avere inanellato unincredibile serie di investimenti sballati con alcuni dei suoi fondi immobiliari, spiega Gerevini, dando anche conto delle relative inchieste avviate dalla Procura milanese, che presero lavvio da un esposto su scambi di quote e plusvalenze sospette. Le due operazioni immobiliari furono avviate quattro anni fa a Ferrara sotto la regia della locale Cassa di Risparmio (CARIFE), poi quasi fallita e quindi commissariata dalla Banca dItalia. Si trattava di operazioni di carattere finanziario prima ancora che edificatorio e infatti, dice larticolo, la Sopaf dei fratelli Magnoni e il gruppo Bordignoni hanno fatto bei guadagni, decine di milioni di euro, nella girandola delle quote societarie dei fondi prima che i Siano diventassero gli unici proprietari. Lesposizione della Cassa di Risparmio di Ferrara sulle iniziative targate Vegagest cos arrivata a 120 milioni (unaltra fonte parlava di 147), mentre in via Adda c solo lo scavo e i cittadini che hanno acquistato a Segrate la casa la stanno ancora aspettando. Lamministratore delegato di Vegagest, Salvatore Ciccarello, assicura che i piani di salvataggio dei due fondi immobiliari sono pronti, ma non ci dice dove prenderanno i soldi, visto che persino le fidejussioni di 30 milioni versate al Comune di Segrate a garanzia delle opere di urbanizzazione risulterebbero false. E questo non lo dice nemmeno larticolista del Corriere, che si occupa di cronaca finanziaria e non di urbanistica. Ma noi sappiamo bene da dove provengono i denari freschi per i salvataggi: provengono dalle nuove volumetrie che il piano territoriale di Pioltello elargisce sullarea dei Siano nel parco delle cascine. Gi perch i Siano, oltre che via Adda, Santa Monica, lex Galbani di Melzo e chiss cosaltro, posseggono anche un milione di metri quadrati a Pioltello. Questi signori hanno prima usato i nomadi per fare pressioni in via Adda (ricordate il famoso sgombero del 2004?) Ora hanno riqualificato col progetto Miluce, andate a vedere che spettacolo!), poi hanno fatto la stessa cosa a Pioltello, trovando sempre amministrazioni compiacenti, che col pretesto degli zingari hanno concesso volumetrie generose e accelerato la trasformazione urbanistica delle aree. Le nuove volumetrie pioltellesi possono valere giusto quei 120 milioni (in termini finanziari ovviamente): una volta riparato il buco si potr ripartire per un nuovo giro di giostra. Il territorio sar sempre pi povero, le case sempre care, e le famiglie sempre pi indebitate. Se i comuni prosperano nella penuria la colpa non tanto degli speculatori, che da sempre

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fanno il loro mestiere, ma soprattutto degli amministratori che si prestano a questo gioco. La vera domanda se si tratta solo di ingenuit. Per comprendere le motivazioni delle scelte territoriali ormai meglio leggere le cronache finanziarie che non i dibattiti sullurbanistica. La vicenda di Vegagest non per niente isolata. Le informazioni che riportano i giornali sulla ristrutturazione dei debiti delle holding di Ligresti (da leggere contestualmente alle richieste di poter costruire nel Parco Sud) sono molto istruttive, cos come la storia di Risanamento, che ha moltiplicato il valore dei suoi terreni senza nemmeno posare un mattone, o quella di Beni Stabili, ben rappresentata a Mi-

lano dallo scheletro alberghiero di Ponte Lambro, o quella di Acqua Marcia, che un tempo costruiva acquedotti e oggi costruisce quartieri su terreni inquinati (via Calchi e Taeggi). Ancora una volta per mettiamo laccento sulleffetto economico, sistemico, che linsieme di queste operazioni immobiliari ha sulleconomia nazionale. Per quanto tempo ancora il velo urbanistico potr coprire la valorizzazione finanziaria e le perdite reali del sistema bancario? Come si fa a sostenere che in Italia non sono stati dati soldi pubblici alle banche? Sono e saranno i mutui sulle case, che remunerano valori immobiliari abnormi e speculativi, a nascondere le perdite delle banche e i flop

immobiliari del paese. Questo problema ormai una vera emergenza nazionale: ambientale perch produce inquinamenti, sociale perch addossa ai cittadini il costo delle speculazioni finanziarie, ed economica perch drena capitali e ostacola la ripresa delleconomia reale. La politica territoriale non pi, ammesso che lo sia mai stata, un fatto locale. Listituzione di unAuthority nazionale, con compiti di sorveglianza e magari anche pedagogici, capace di considerare contestualmente il lato ambientale e quello economico delle politiche territoriali, forse potrebbe essere utile e in ogni caso fare qualcosa assolutamente urgente e necessario.

Metropoli VILLA REALE DI MONZA: UN FAVORE A CHI? Alfredo Vigan


Le vicende storiche antiche e recenti della Villa Reale di Monza e dei Giardini sono note. Opera del Piermarini, il Parco di pochi anni successivo. Linsieme costituisce un raro monumento di architettura, e di paesaggio. Pochi sanno che dopo la realizzazione vi fu il pericolo della sua demolizione per farne materiale da costruzione. In forme diverse la storia si ripete per ricavarne altro. Vicende, come il regicidio ne hanno accelerato luso improprio e il degrado, soprattutto nel dopoguerra. La complessa situazione della propriet (Comune di Monza, Regione dopo labbandono di Milano che resta solo per il Parco, Stato) accompagnata da gravi ritardi nelle decisioni sui riconoscimenti delle stesse, non ha favorito il recupero architettonico e funzionale della Villa e del Parco (anche quest ultimo vede compresenti le propriet citate). Dopo tentativi falliti per decenni, nel 2004 a Monza (Sindaco Faglia di Centro-Sinistra, precedente allattuale Mariani di Centro Destra), viene indetto un Concorso internazionale e proposta una Fondazione per gestire restauro e fruizione, in accordo con la Regione e lo Stato. Limminenza delle elezioni rende silenti le altre propriet. Si conclude il Concorso con la scelta del Progetto del gruppo diretto dal professor Carbonara. La spesa prevista per il Restauro rilevante (circa 120 milioni), ma compatibile dato il ruolo che potrebbe svolgere questo complesso unico: solo per le aree agricole dellExpo si spende circa il doppio. Cito lExpo perch il tema del 2015 (Nutrire il Pianeta, Energia per la vita) sembra trovare, nel Monumento storico di Villa e Parco di Monza, riferimento naturale e culturale, esempio di risanamento paesaggistico ambientale. Grande isola verde, agricola e boscata col Fiume Lambro, in un contesto tra i pi densi dEuropa anche a fini produttivi che devono cambiare. Investimenti per lExpo, ma duraturi nel tempo. Allo stato attuale la brillante idea dellExpo diffusa, che fa capo al professor Battisti al Politecnico, vede anche la partecipazione di Monza con questa proposta, Cenerentola che speriamo sposi il Principe. La nuova Amministrazione comunale (omogeneit politica di tutti gli attori istituzionali), decide di passare dallidea della Fondazione a quella del Consorzio, debole e sotto la Regione. Questultima dice che utilizza il Progetto vincente ma esclude i progettisti e passa ogni cosa alla lunga mano di Infrastrutture Lombarde che indice un Bando di concessione di Lavori Pubblici (art.144, D. Lgs 163/06, in questi giorni in conclusione anche per la seconda fase) che tra molte cose, sbaglia persino il Titolo (Ristrutturazione e non Risanamento conservativo). Si definisce un primo lotto-stralcio. La spesa pubblica (cifre confuse e non omogenee nel testo) per i lavori di 23.385.154,26 comprese spese tecniche meno lIVA). La cosa strabiliante che il denaro pubblico di 18.969.628,94 (compreso IVA), mentre al privato compete molto meno cio, circa un quarto del tutto! Ma ancora, trenta anni di Concessione (Il Consorzio ne vive venti)! 30.000 euro per laffitto degli spazi commerciali di migliaia di mq pi lo 0,5 % del fatturato! Non posso qui dilungarmi ma le perle sono molte dato che il lotto concerne solo la parte centrale della Villa (e il resto che fine fa?) I Giardini e il Parco? Negli atti il Nulla), le destinazioni spaccano importanti destinazioni in origine unitarie, la gestione economica appare difficile, confusa e con possibilit di equivoci. Alla gestione pubblica restano solo una trentina di giorni allanno o poco pi. Lidea di un grande punto di riferimento culturale di Lombardia diventa un banale affare. Non si scelta la strada maestra, confondendo le opere con la gestione e il rapporto e ruolo in queste tra pubblico e privato. Si sono cumulati ritardi e ora si sa solo che i partecipanti sono ridotti ai soliti due a giustificazione di una montagna che ha partorito un topolino che purtroppo pu rodere, come se il destino della Villa riprenda quello della sua demolizione, in questo caso culturale. I dati economici esposti per le scelte del bando raccontano di una prospettiva difficile che generer confusioni forse volute. Non semplici per privati realmente indipendenti e che si sono defilati dalla prima alla seconda fase del bando. Il tutto si svolto nel massimo segreto, perch ironicamente risaputo che quando si in pochi ci sono meno disturbi. Le critiche in Consiglio a Monza e anche nella societ civile e istituzionale a tutti i livelli sono state molte e giustificate. E sorto un Comitato che in poco tempo ha raccolto 10.000 firme allinsegna del motto La Villa anche mia. Il Sindaco ha detto che sono di Cittadini che non hanno capito niente, come i Consiglieri e la stampa. In Consiglio la maggioranza si spaccata e vi un ordine del giorno trasversale che

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chiede di fermare il Bando. Resta per ora lamarezza che un rilevante complesso monumentale e paesaggistico ambientale pubblico venga sradicato dal suo contesto territoriale e quella che era lipotesi di un ruolo e centro di pro-

duzione storica, culturale e scientifica di grande rilievo nazionale e internazionale possa divenire invece uno strumento deformato da una gestione privata totalizzante di fatto a fini economici e con una forte spesa pubblica dietro le spalle.

Resta il fatto che si proceda a spezzettare gli interventi lasciando nella totale incertezza il restauro delle altre ali della Villa e del Parco.

Cultura WIRED ITALIA: RACCONTARE IL FUTURO Rita P. Bramante


Marzo 2009, anno 1, numero 1: nasce WIRED Italia, sedici anni dopo la prima uscita a San Francisco delledizione americana del giornale che racconta il futuro e le grandi idee che cambiano il mondo (*). Un incontro al porto di San Francisco tra il creatore di WIRED USA, litaliano Louis Rossetto, e Riccardo Luna mette le ali al sogno di realizzare il magazine anche in Italia, una novit nel panorama editoriale capace di intercettare un mondo in rapidissima evoluzione e di presentare la forza durto di nuove idee e progetti. Qualche esempio tra i tanti documentati negli ultimi mesi sulle pagine di questo mensile attento alle tecnologie, ma anche alle persone, curioso di novit e start up da raccontare, a partire dall architettura. Una casa a basso costo (centomila euro) e basso impatto ambientale, una piccola centrale produttrice di energia progettata dallarchitetto Mario Cucinella: entro lanno i primi 50 alloggi saranno costruiti a Settimo Torinese in unarea per ledilizia sperimentale. Un albergo di oltre 30mila metri quadrati dentro una centrale eolica al largo di Stavanger, unarea con notevole appeal turistico della Norvegia: un progetto a firma di architetti portoghesi con lintento di sfatare lidea che gli impianti eolici deturpino il paesaggio. Architettura dinamica e nuove tecnologie nel campo della prefabbricazione: lavveniristico grattacielo dellarchitetto David Fisher - 80 piani e 420 metri di altezza - in grado di ruotare con il sole. Il primo sorger a Dubai, poi replica a Mosca. E per la tutela dellarchitettura del passato CyArk, progetto ideato dallingegnere iracheno - americano Ben Kacyra per scannerizzare i siti archeologici in pericolo a causa di guerre, cambiamenti climatici e inquinamento e accelerare le operazioni di restauro. Molti i progetti innovativi sul versante delle tecnologie dei materiali, come Cyber Tyre, il pneumatico intelligente frutto di una collaborazione tra Pirelli, Politecnico di Torino e Milano, Universit di Berkeley. Dotato di sensore interno, grande come una moneta da due euro e con la capacit di calcolo di un personal computer, sar in grado di trasmettere informazioni preziose al guidatore, pressione delle gomme, numero di giri e relativa usura, fino al rallentamento automatico della vettura in caso di fondo stradale bagnato. Evoluzioni radicali anche nel campo delle protesi per arti inferiori grazie ai risultati dellingegneria dei tessuti, che si pone lobiettivo di sostituire parti meccaniche delle protesi con componenti biologiche generate in laboratorio a partire dalle cellule staminali del paziente, rendendole biocompatibili e personalizzate. Obiettivo ultimo: costruire gambe artificiali in grado di funzionare come quelle umane e cancellare con la tecnologia la parola disabile. E ancora, nuove sfide nel campo dellimpegno sociale. Il Ready to use food, cibo salvavita ideato dalla pediatra italiana Marzia Lazzerini e prodotto localmente in Angola nelle cucine dellospedale Divina Providencia e in altri paesi africani tormentati dalla denutrizione infantile: unidea per rivoluzionare il trattamento dellemergenza alimentare, grazie a pastelle o barrette ipercaloriche composte quasi esclusivamente da ingredienti locali, dal centrifugato di noccioline allolio di palma; a smentire la denominazione di origine controllata rimane solo il latte in polvere che per ora impossibile non importare dall Europa. I bimbi denutriti possono cos essere alimentati in famiglia, evitando settimane di ricovero ospedaliero. E liniziativa formativa del Barefoot College in India, che insegna ai cosiddetti ingegneri scalzi, donne dei paesi in via di sviluppo provenienti un po da tutto il mondo, a installare impianti fotovoltaici per portare energia elettrica ai propri villaggi. Non poteva mancare anche unidea nuova per la navigazione nel cyberspazio: un motore di ricerca alternativo a Google/Bing - una tecnologia per il web capace di comprendere le stringhe di testo sulla base di una simulazione del ragionamento umano. Ideata da Lorenzo Thione e soci e venduta a Microsoft per una cifra da superenalotto. Ailati. Riflessi dal futuro Italia 2050 stato il titolo evocativo della mostra al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, a cui Wired ha collaborato facendo dialogare scienziati, pensatori e film-maker produttori di futuro, chiamati a indicare priorit e parole chiave per il nostro paese nei prossimi decenni. (*) http://www.wired.it/

Feuilleton UNA RUFFIANA CELEBRE Paolo Valera

Milano sconosciuta
Rinnovata e arricchita di altri scandali polizieschi e postribolari

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L'ho conosciuta. Era una ditta postribolare. Il suo soprannome era Zia. Tutti i ghiottoni di donne clandestine e tutte le donne venderecce si compiacevano di chiamarla Zia. morta il cinque marzo, alle quattro pomeridiane del 1902, nella sua abitazione carnimoniale di via Disciplini, 4 confortata dalla religione che l'ha assolta delle turpitudini di mercantessa di depravazione. spirata come una pia donna che avesse dedicata l'esistenza al culto della preghiera. Nella stanza non c'era traccia del mestiere infame ch'ella aveva esercitato in una citt di mezzo milione e pi di abitanti animalizzati dalle passioni carnascialesche. Adagiata nel letto di megera con la faccia assecchita e increspata dagli anni, con la croce d'ebano sul petto con le mani scarne che stringevano i fiori bianchi come per celare le sue nefandezze. Per scovare la venditrice di femmine bisognava guardarla negli occhi. Gli occhi, pur essendo asciutti, avevano conservato il guizzo malizioso della trafficatrice di libidine. Io ho provato ad alzarle la palpebra che faceva da sepolcro alle sue porcaggini e ho subto un'impressione disgustosa. Intorno la pupilla spenta era rimasto quel suo vezzo di guardare il cliente che le domandava cose proibite, un vezzo che riassumeva tutta la sua bont nel soddisfare i pervertiti o i superuomini del letto. La religione ha fatto bene a scaricarla dei peccati che le avrebbero impedito di entrare nelle grazie del Signore. Perch la zia, com'era chiamata Ermelinda Bianchi, vedova Negri, era n pi n meno che la figuraccia di una societ in cui l'amore merce. Ella trafficava sulle debolezze della carne, sui sensi, sulla concupiscenza, sui godimenti sensuali come gli altri trafficano sulle scarpe, sugli abiti. Senza femmine della prostituzione clandestina, senza uomini alla loro ricerca ella non avrebbe potuto esistere. La sua atmosfera non poteva essere infocata che dalla lussuria e dalla dissolutezza. La caratteristica della zia stata la segretezza. Nel silenzio si pu dire ch'ella continuasse la tradizione delle Matteucci, delle Mazzini e delle Daverie, illustri ruffiane andate alla ricchezza speculando sul megerismo. Anche se turbata o incalzata o martoriata dall'insistenza della polizia la sua bocca non si mai contaminata con la rivelazione del nome degli altri. La sua clientela, maschia e femmina, rimasta per tutti anonima. In casa sua primeggia il pronome, lei, o si veniva chiamati con nomi scelti di comune accordo. Cos non saprei neanche adesso come si chiamava l'adultera, che veniva condotta al postribolo clandestino e ricondotta tutti i giorni al domicilio coniugale dal marito, se non mi fossi dato la noia di pedinare la coppia che pareva innamorata l'uno dell'altra per convincermi che vi sono creature che discendono fin dove il puttanismo perde il nome. Al tempo della Negri, ma maritata dai modi signorili, era cercatissima, aveva una clientela quasi fissa e rincasava quasi sempre con settanta e pi lire. Al domicilio coniugale lui e lei passavano per marito e moglie,

modelli. Inquilini e portinaia e padrone di casa parlavano di loro con grande rispetto. La Negri aveva finito per credersi circondata dalla stima pubblica. Le si scriveva, le si stringeva la mano, la si salutava con curve e cortesie, le si parlava illustrandola con qualche aggettivo, pi di una volta le si confidavano segreti di cuore o di famiglia. Nemica acerrima del chiasso o degli scandali, se le capitava la disgrazia di qualche persona che non voleva pagare, gli faceva aprire subito l'uscio della scala e metteva mano alla propria borsa, dicendo che non era giusto che la donna perdesse il suo dovuto. Nella sua prudenza era di un cinismo spietato. Non aveva pi coscienza della sua vergogna. In lei si era sviluppata la mezzana che vive sul libertinaggio o in mezzo agli odori malsani di un ambiente di amorazzi a un tanto all'ora, senza ritorni di pudore. La sua casa stata il teatro di tutti gli accoppiamenti che inorridiscono con tutte le inversioni carnali, con tutti gli abbracciamenti lubrici, con tutti gli isterismi e con tutti i deliri. Essa ha venduto vergini, semivergini, sedotte, non sedotte, maritate, malmaritate, donne che saccheggiano l'uomo fin nel sangue, donne che ubriacano senza dar tempo alla disubbriacatura, donne che portano dovunque il dolore, la ruina e la morte dei sensi. La zia stata l'amica, la compiacente, la ruffiana dei banchieri, degli speculatori, degli aggiotatori, dei senatori, dei deputati, degli uomini maturi e degli uomini ai margini della vita, di tutta la gente che impazzisce intorno le gonnelle prezzolate. Se si potesse ripopolare la galleria della sua casa con la turpe clientela, Milano si dispererebbe nelle conclusioni. Caduta la maschera delle illusioni, essa si troverebbe alla presenza di tutto un mondo di degenerati, di tutte le folle dei due sessi che si cercano, si comprano, si vendono, si uniscono e si voltolano sul letto delle immoralit e delle abominazioni lupanaresche con tenacia spaventosa. La Negri stata fra noi come un gigantesco bubbone slabbrato che ha infettata l'atmosfera sociale. Ella scomparsa, ma i fetori sono ancora nell'aria che respiriamo. La casa della impudicizia non ha cambiato che il nome della proprietaria. L'osceno mercato continua. Sono dunque inutili le esecrazioni. Io non ho voluto che documentare i vizi di una borghesia corrotta attraverso le sue megere. Cos io l'ho veduta calare nella buca senza irritazione. La cassa, carica di carne in decomposizione, la cassa, colma di putredine, andava gi lentamente e io pensavo al mondo equivoco che l'ha mantenuta e arricchita. Zia, tu sei stata quale ti hanno voluta: n superiore n inferiore ai costumi del tuo tempo. Io avrei bisogno che una metafora hughiana, mi servisse di pietra tombale alla putredine di questa carogna sociale che ha sparso tutti gli ordinamenti locali.

RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org

Baricco e la musica contemporanea

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E dallepoca di Lanima di Hegel e le mucche del Wisconsin, un piccolo volume di cui mi permetto di raccomandare la lettura, che ammiro gli scritti sulla musica (assai pi dei romanzi) di Alessandro Baricco e mi sento suo grande debitore per le idee e le riflessioni sempre utili, spesso fondamentali. Lultima di queste sue riflessioni stata pubblicata sulla Repubblica dell8 gennaio e riguarda il difficile rapporto fra la musica dellultimo secolo (la scuola di Vienna sta compiendo adesso i centanni!) e il pubblico delle sale da concerto. Lintervento si colloca al fianco di un bel saggio di Alex Ross (lautore del poderoso volume Il resto silenzio: ascoltando il XX secolo di cui avevamo gi avuto modo di parlare in questa rubrica) entrambi mirati a spiegare come mai le arti contemporanee trovano normalmente il modo di comunicare positivamente con il loro pubblico mentre la musica colta contemporanea continua a risultare indigesta e non riesce a essere n amata n apprezzata. Per spiegare la mancanza di feeling fra autori e fruitori, Baricco aggiunge a quelle di Ross unipotesi molto suggestiva e cio che la pretesa di far passare la musica del novecento come lo sviluppo naturale della musica classica tanto assurda quanto quella di far discendere larte figurativa contemporanea direttamente da quella del Rinascimento: cos come nelle sale dei musei non si espongono uno a fianco allaltro i Pollock e i Tiziano, cos nel medesimo concerto non si devono proporre Boulez e Bach uno dopo laltro. Una di queste violenze lha proposta qualche sera fa il bravissimo Daniel Harding che, con lOrchestra Filarmonica della Scala (posso dire unorchestra modesta, senza paura di essere scomunicato?), ha eseguito prima la noiosissima Suite dellUlisse di Luigi Dallapiccola (anni 50-60) e poi la grandiosa Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss del 1915 (unopera che non risente ancora delle ricerche sul linguaggio musicale che in quegli anni impegnava Schnberg e la sua scuola). Mentre la prima non ha convinto nessuno (a dir la verit qualche snob in sala si trova sempre e gli applausi, si sa, non si negano a nessuno), la seconda potr esser stata apprezzata pi o meno ma stata sicuramente accolta con grande interesse e attenzione. Non si pu dunque non essere daccordo con Baricco, ma vorrei ag-

giungere alla sua una mia prudente e sommessa ipotesi: non per caso successo che - da un certo momento in poi, diciamo dalla met del secolo scorso le istituzioni e i critici musicali si siano rifiutati di discernere fra la buona musica e quella vuota e inutile, di indicare le opere interessanti e di denunciare le sterili ricerche di nuovi linguaggi? Non hanno per caso rinunciato a esercitare un minimo filtro nel proporre nuova musica? Non ci hanno proposto grandi sciocchezze creando cos quello smarrimento che ha finito per allontanare il pubblico da tutta la musica contemporanea? Molti ascoltatori attenti e informati hanno dedicato anni di santa pazienza e spesso anche di grande umilt ad ascoltare musica contemporanea, a cercarne la chiave di lettura, a impadronirsi di nuovi alfabeti e linguaggi. Qualcuno si mai chiesto quante opere assurde sono state loro propinate, quanto sono stati presi in giro con incomprensibili follie, a quante inutili fatiche sono stati sottoposti? E vero, ogni tanto ricomparsa la Musica (con la maiuscola!) e la loro pazienza stata premiata; ma vogliamo azzardare una statistica? Delle opere ascoltate in questi ultimi cinquantanni quante resteranno ai nostri figli e nipoti, il dieci percento? E non si dica che sempre stato cos, perch le cosiddette opere minori dei secoli passati, quelle che sono pi o meno scomparse dai repertori, che non hanno riscosso successo o che si sono poi perse per strada, anche se contrastate o fischiate sono sempre state in qualche modo accolte come opere comprensibili e legittime. A Milano esiste unistituzione grandemente meritoria che si occupa di selezionare e di proporre musica contemporanea di qualit: si chiama Milano Musica (www.milanomusica.org) e fin dal 1990 fu immaginata da tre generosi cultori di musica come Duilio Courir, Patrice Martinet e sopratutto Luciana Pestalozza che ne ancora oggi la vera anima. Quella la sede giusta in cui si pu coltivare linteresse e lamore per la musica doggi, cos come accade nei musei e gallerie darte contemporanea per le arti figurative o in alcune sale espressamente dedicate al teatro davanguardia; bisognerebbe sostenere le iniziative di Milano Musica (il Festival annuale, i Percorsi di musica, ecc.) con importanti contributi pubblici, anche per meglio pubblicizzarle e promuoverle, se non si vuole abbandonare a se stesso e lasciar languire una com-

ponente cos importante della nostra produzione culturale. E quella la sede in cui, insistendo tenacemente, si potr forse sfondare il muro della diffidenza e dellincomprensione che circonda la musica contemporanea e vincere i giochi di potere e le egemonie culturali che la soffocano. Ma chi trover mai il coraggio di buttare alle ortiche laltro novanta per cento della musica scritta dopo Schnberg?

Appuntamenti da non perdere * il 20, 21 e 23 allAuditorium di largo Mahler lOrchestra Verdi diretta da Xian Zhang eseguir la Messa da Requiem (soli, coro e orchestra) di Giuseppe Verdi * domenica 22 sempre allAuditorium ma alle 15.30, il meraviglioso Lnfant et les sortilges di Ravel dedicato ai bambini per iniziarli alle meraviglie dellorchestra * luned 24 e sabato 29 al Conservatorio, per le Serate Musicali, due ottimi concerti rispettivamente della pianista siberiana Elisso Virsaladze, con un programma tutto dedicato a Schumann, e del duo Marta Argerich e Geza HosszuLegocky, che eseguiranno tre meravigliose Sonate per violino e pianoforte: la n. 1 di Schumann, la n. 9 A Kreutzer di Beethoven e lunica ma indimenticabile - di Csar Franck * marted 25 le stesse due Sonate di Frank (che avevamo gi ascoltato poche settimane fa) e di Schumann saranno eseguite da un duo di giovanissime musiciste lombarde Francesca Dego al violino e Francesca Leonardi al pianoforte in un programma che comprende anche Mozart (K. 454) e Ravel (Tzigane); al Conservatorio per la Societ del Quartetto * mercoled 26 al Teatro Dal Verme, ancora per le Serate Musicali, il Trio di F. P. Zimmermann con A. Tamestit e C. Poltera suoner musiche di Schubert, Schnberg (opera 45, meraviglioso, ma che ci azzecca?) e Mozart (Divertimento in mi bemolle maggiore K. 563) * gioved 27 e sabato 29 (ma alle 17.00) lOrchestra dei Pomeriggi Musicali eseguir al Teatro Dal Verme un bel programma che comprende Sibelius (Valse triste, Valse romantique e Pellas et Mlisande) e la sesta Sinfonia di Dvorak opera 70 Una settimana straordinariamente ricca in cui sar difficile scegliere.

ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org
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Joseph Kosuth da Lia Rumma


Dopo la mostra di Ettore Spalletti, che inaugur il nuovo spazio della galleria, Lia Rumma, signora delle gallerie italiane, chiese a un amico di vecchia data di crearle qualcosa site specific, concepito appositamente per il nuovo, grande, enorme spazio della galleria in via Stilicone. Ecco comparire in scena Joseph Kosuth, artista concettuale americano. Lentrare nello spazio al pian terreno gi unesperienza. Un cubo tutto nero, modificato apposta per loccasione, avvolto nella penombra, in cui spiccano grandi frasi al neon, i Texts for Nothing. Frasi prese niente meno che dal lavoro di Samuel Beckett del 1954, che appunto presta il titolo anche allinstallazione. Texts for Nothing un lavoro basato su una selezione di frasi, in inglese e in italiano, composto da 19 opere singole realizzate in neon bianco a luce calda e ricoperte di nero. Alcune perfettamente leggibili, altre in modo un po sfocato, per cui lo spettatore deve cercarsi il proprio ottimale punto di vista per leggerle. Se per anni questi testi sono stati poco considerati dalla critica drammaturgica beckettiana, per Kosuth invece sono sempre stati un punto di partenza fondamentale. Un lavoro quasi parallelo, quello svolto da Beckett e Kosuth: in entrambi larte e la sua creazione mostrano un forte legame nella relazione con il significato. Beckett affronta la questione del significato a partire dalla sua assenza, Kosuth al contrario si concentra nella produzione del significato. Un lavoro peraltro senza fine, un processo che inizia ma che pu procedere allinfinito, continuando per continua assenza. Costituendo linguaggio in s, il lavoro si autodescrive come unassenza, unassenza dalla quale possono fluire le nostre domande sul significato ha spiegato Kosuth. Nessuno ha mai detto che larte contemporanea fosse facile. La mostra continua poi al primo e secondo piano con una raccolta di nove opere storiche di Kosuth, An Uneven Topography of Time/UnIrregolare Topografia del Tempo, il cui soggetto principale il tempo, dal 1971, anno in cui l'artista aveva inaugurato la prima galleria della Rumma a Napoli, a oggi. Si possono trovare quindi le famose sedie, nella serie delle Eighth Investigations, 1971; gli altrettanti celebri orologi, le definizioni di tempo, oggetto e orologio tratte dal dizionario, e ancora neon e foto su Art as Idea as Idea, 1966. Un lavoro cervellotico, difficile da capire a un primo impatto, ma cos larte concettuale e il lavoro di Kosuth, che ha dagli anni Sessanta ha esplorato il significato e la produzione del linguaggio. Una mostra sicuramente interessante, suggestiva, che porta a far riflettere sul significato di alcune categorie, come quella del tempo, e sul messaggio che larte concettuale di oggi vuole esprimere. Joseph Kosuth, Texts for Nothing, Galleria Lia Rumma, via Stilicone 19, Orari: da marted a sabato, dalle 11:00 alle 13:30 e dalle 14.30 alle 19:00 Ingresso libero.

Benvenuto, Novecento!
Dopo tre anni di lavori, progetti e polemiche si finalmente inaugurato il Museo del Novecento nello storico palazzo dellArengario, completamente rinnovato, con oltre 5 mila metri quadrati di spazio per ospitare le oltre 400 opere delle Civiche Raccolte milanesi. Grande evento mondano stata linaugurazione stessa, avvenuta il 6 dicembre, alla quale hanno partecipato volti noti della cultura e della politica milanese. Un progetto innovativo e futuristico, pi unistallazione che unarchitettura, come racconta Italo Rota, architetto responsabile del progetto. Grandi vetrate, scalone a spirale che ricorda il Guggenheim di New York, nicchie e passerelle che collegano lArengario col primo piano di Palazzo Reale. A coronamento di questo edificio lenorme Neon di Lucio Fontana, progettato nel 1951 per la IX Triennale, ed esposto in una terrazza vetrata che domina la piazza del Duomo e diviene faro e simbolo del museo stesso. E poi un ristorante nella Torre, un bookshop ben fornito e spazi per la didattica, oltre che luoghi in cui possibile sostare. Un museo come non ce nerano mai stati a Milano, ma che oltre ai pregi inconfutabili, tra cui quello di raccogliere in un solo luogo pezzi fondamentali della storia artistica milanese ma non solo, si porta dietro, quasi inevitabilmente, uno stuolo di polemiche. A cominciare proprio dallinizio del percorso espositivo. Dopo un ingresso avveniristico, con armadietti luminosi e monitor appesi al soffitto, si sale lenorme rampa spiraliforme che conduce ai vari piani del museo. Ma c un primo problema. Sulla sinistra, quando meno te lo aspetti, ecco comparire lenorme tela del Quarto stato di Pellizza da Volpedo, prelevata dalla sede storica della Galleria darte moderna e messa in una nicchia dal fondo nero. Proprio questa nicchia divenuta oggetto di questioni e polemiche. Una collocazione poco adatta, troppo poco visibile per un quadro di quella importanza, significato e dimensioni. Dovrebbe aprire idealmente il percorso storico artistico. Si trova relegato in un punto di passaggio: quasi ci si passa davanti senza accorgersene, anche per il fondo troppo scuro su cui posto. Il percorso prosegue poi in modo pi funzionale. Aprono le danze alcune opere della collezione Jucker, prima conservata a Brera; la favolosa serie dei quadri di Boccioni, Carr, Balla e degli altri Futuristi, con la famosissima scultura di Boccioni Forme uniche nella continuit degli spazi, esposte in sale con pannelli color crema e colonne di marmo. Si prosegue poi con gli anni Venti e Trenta e le sale monografiche di Morandi, De Chirico, Martini.Il percorso continua in ordine cronologico. Il ritorno allordine del gruppo di Novecento, gli antagonisti della Scuola Romana, i Chiaristi, De Pisis. Si incontrano poi, in un continuo dentro e fuori un po labirintico, Manzoni e Burri, il Gruppo T, lArte Povera, Marino Marini. Lucio Fontana ha una sala tutta per s che si affaccia sul celebre Neon e dove possibile ammirare, nel mezzanino, il famoso soffitto realizzato da lui nel 1956 per la sala da pranzo dellHotel del Golfo di Procchio allIsola dElba, decorato con segni, tagli e incisioni operati direttamente sullintonaco fresco e riempiti di colori puri. Soffitto che ha subito rocambolesche vicende e che stava per essere distrutto nel corso di un radicale intervento di ristrutturazione delledificio. Solo la Soprintendenza di Brera e la Fondazione Fontana con il loro intervento, hanno permesso il salvataggio del soffitto.

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Al centro delledificio scorre un imponente impianto di doppie scale mobili. Un po centro commerciale, un po Centre Pompidou. Una parte molto importante quella dedicata allarte davvero contemporanea, che ospitata nel piano superiore di Palazzo Reale, collegato da una passerella che conduce in sale grandi e adatte alle dimensioni fuori misura di certe opere. Rotella, Pistoletto, la Land art, la Pop art, larte concettuale, istallazioni ottiche e reali in cui lo spettatore pu entrare e lasciarsi stordire dai giochi di specchi, luci, suoni. Finalmente a Milano un museo di arte contemporanea degno di questo

nome, nel cuore della citt. Con un ultimo interrogativo. E Casa Boschi-Di Stefano? Moltissime opere esposte al museo provengono da quello straordinario ambiente espositivo che era la casa dei coniugi Boschi. Certo, questo trasferimento era gi in programma fin dai tempi della loro donazione, ma sicuramente la fisionomia di questa casa-museo radicalmente cambiata e forse anche snaturata. Rimane Savinio, simbolo della casa, ma se ne sono andati importanti e altrettanto significativi Sironi, De Chirico, Manzoni e Fontana. Come fare per non cambiare la fisionomia della casa-museo ma allo

stesso tempo permettere di avere una visione globale della storia artistica del Novecento? Questa lardua questione. Per ora ci accontentiamo di questo nuovo e veramente attuale museo, gratuito fino al 28 febbraio.

Museo del Novecento, Palazzo dell Arengario, Piazza Duomo, Orari: lun 14.30 - 19.30, mar mer ven dom 9.30 19.30 giov sab 9.30 - 22.30 Ingresso gratuito fino al 28 febbraio 2011

Al-fann. Larte della civilta islamica


A Palazzo Reale esposta, fino al 30 gennaio 2011, una straordinaria scelta di opere provenienti dalla collezione alSabah degli sceicchi del Kuwait Nasser Sabah Ahmed al-Sabah e Hussah Sabah Salem al-Sabah. Trecentocinquanta pezzi preziosi e raffinati, scelti tra gli oltre 26.000 della collezione completa. Collezione raccolta a partire dal 1975, dai due coniugi, costruendo negli anni un percorso interessante e vario, che va a coprire temporalmente e geograficamente un universo molto ampio, dal VII al XVII secolo, dalla Spagna all Oriente. E linizio di una avventura straordinaria e probabilmente irripetibile, fatta di intelligenza, amore, competenza, lungimiranza, curiosit, dice con entusiasmo il curatore della mostra, Giovanni Curatola. E nel 1983, in occasione della Festa Nazionale del Kuwait, che gli sceicchi offrono al loro Paese, e al mondo intero, il prestito permanente della loro Collezione al museo Nazionale del Kuwait, in unapposita ala destinata a ospitare milleduecento eccezionali opere darte islamica. Le opere provengono da tutto l'universo arabo, in un arco cronologico che va dall'antichit fino alle dinastie dei tre Imperi: Ottomano, Safavide e Moghul. Testimonianze che esprimono la molteplicit delle realt artistiche del mondo islamico, ispirate e contagiatesi vicendevolmente dagli influssi delle civilt susseguitesi nel corso dei secoli, in un reciproco scambio di ispirazioni e influenze. La civilt romana, quella bizantina, indiana, cinese e persiana offrono e ricevono stimoli e influssi, mirabilmente raccolti in mostra. E in mostra vari e diversi sono gli oggetti esposti, come anche i materiali, fragili e preziosi come il vetro o le stoffe antiche, ma anche saldi e possenti come la pietra dei capitelli. La mostra si divide in due parti: la prima met consiste in un percorso cronologico scandito in quattro momenti, dagli albori fino ai tre grandi imperi. Nella seconda parte si approfondiscono temi importanti e ricorrenti in tutta larte musulmana, di ogni Paese. Calligrafia, decorazione geometrica, motivi ad arabeschi fino ad arrivare allarte figurativa. Ci tiene a sottolinearlo il curatore, bisogna smentire il luogo comune di una pretesa iconoclastia musulmana. Chiude la mostra una sezione dedicata ai gioielli, incredibili e magnifici, che faranno sognare di sicuro ogni donna. Gioielli da vera regina. Insomma un percorso tra unarte diversa e lontana dalla nostra, ma che in fondo qualcosa in comune ce lha. Basti pensare alle pagine del Corano e di libri e manoscritti, mirabilmente miniate, come i nostri codici medievali, o alle iscrizioni incise nella pietra dei portali o sulle pietre tombali. Qualcosa di molto vicino alla nostra storia. Non mancano tappeti da mille e una notte, pugnali e spade in cui sono incastonate pietre di inestimabile valore, oggetti da toeletta e quotidiani, dalle posate agli scacchi. Una mostra itinerante, perch questi oggetti viaggeranno dall'Austria al Canada alla Corea, per permettere a tutto il mondo di ammirare questa incredibile collezione. Un viaggio che ha anche un doppio senso pi profondo, poich Islam e Occidente sono sempre stati caratterizzati da un rapporto dinamico, a volte pacifico, a volte meno, ma comunque sempre caratterizzato da scambi reciproci: e l'arte islamica proprio questo, un crogiuolo di culture. Perch come dice la collezionista - la cultura rapporto.

Al-Fann. Arte della civilt islamica fino al 30 gennaio 2011, Palazzo Reale, piazza Duomo Orari: 9.30-19.30, lun 14.30-19.30, giov e sab 9.30-22.30 Biglietti: intero 9, ridotto 7.50.

Filippo Lippi e il nuovo capolavoro per Milano


Per lottavo anno il Museo Diocesano di Milano porta in citt liniziativa Un Capolavoro per Milano. Una sola opera, significativa e importante, esposta in uno spazio riservato del museo, per permettere di osservare al meglio il capolavoro prescelto. Dopo nomi importanti come Caravaggio, Van Gogh e Mantegna, solo per citarne alcuni, il turno di fr Filippo Lippi, pittore fiorentino. Lopera proviene dal Museo Civico di Prato, ed la bella Nativit con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer, datata 1456 circa. Unopera su tavola, tradizionale ma innovativa al tempo stesso. Leleganza dei personaggi, avvolti in morbidi manti, lespressione tenera e assorta insieme, lelemento naturale e naturalistico dello sfondo. Elementi che rendono questa opera affascinante e misteriosa. Il nucleo della scena senza dubbio la Sacra Famiglia. Giuseppe, accovacciato, le mani giunte, in preghiera davanti

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a quel figlio cos speciale; la Vergine, bellissima col suo profilo perfetto e nobile, intreccia il suo sguardo a quello del figlio, deposto a terra sullo stesso manto della madre. Un bambino tenero e paffuto che tende le braccia verso Maria, ma con unespressione del volto severa, quasi gi conoscesse il destino che lo aspetta. Sullo sfondo pastori inginocchiati, suonatori di corni e cornamuse, cori di angeli adoranti che cantano levento straordinario, il figlio di Dio nato sulla terra. Il paesaggio stesso speciale. Una distesa di rocce, una terra arida scavata a gradoni, che fa venire in mente gli innovativi paesaggi giotteschi. La scena risulta immobile, come cristallizzata, con i personaggi fermi nelle loro pose eterne, immersa in un silenzio denso di preghiera e novit. Due per sono i personaggi che Lippi aggiunge a questa scena sacra, inediti nel tema della Nativit. Il primo San Vincenzo Ferrer, sulla destra, abbigliato con labito tipico dei domenicani, un libro aperto in mano e lo sguardo rivolto verso un Cristo clipeato. E lelemento inquietante che rompe con questa armonia silenziosa

proprio il versetto scritto su quel libro, Temete Dio perch verr lora del Suo giudizio. Un monito apocalittico, spiegabile forse con le angosce vissute da Lippi stesso. Monaco, pittore, dopo aver lavorato negli stessi cantieri toscani di Masaccio e aver conosciuto la lezione di Paolo Uccello e Donatello, nel 1456 incontra la monaca Lucrezia Buti, bellissima dicono le fonti, di cui si innamora. Da questo amore illegittimo nascono Filippino, pittore anche lui, e una figlia. Ecco il perch di un monito cos duro, che nasceva da un profondo senso di colpa, dovuto al fatto che i due amanti avevano tradito e abbandonato i loro voti monastici. E proprio Lucrezia e Filippino furono i modelli per la Vergine e il Bambino, in un continuo scambio tra amore sacro e profano, commovente omaggio alla sua famiglia. Inoltre la presenza di San Vincenzo spiegabile anche con la canonizzazione del santo avvenuta solo un anno prima e per questo motivo la sua figura fu richiesta formalmente dai committenti dell opera, i domenicani di San Domenico a Prato.

Laltra figura uno strano San Giorgio, con armatura e vessillo ma senza drago ai piedi. E proprio questo santo pu essere letto anche come un san Michele arcangelo, ma senza ali, che nellApocalisse vince il drago, simbolo del male, proprio come san Giorgio. Insomma unopera che rompe con liconografia tradizionale, densa di significati. Addirittura ci sono delle corrispondenze con le Rivelazioni trecentesche di Santa Brigida di Svezia. Una bella opera, adatta pi che mai al prossimo periodo natalizio e a una visita con la famiglia. Con un occhio di riguardo anche ai pi piccoli, per i quali vengono realizzati ad hoc laboratori e attivit didattiche la domenica pomeriggio.

La Nativit di Filippo Lippi 16 novembre 2010-30 gennaio 2011 Museo Diocesano di Milano corso di Porta Ticinese, 95 Orari: marted - domenica ore 10-18 Costi: intero 8, ridotto 5, marted 4

I nuovi volti della scultura contemporanea


Alla Fondazione Pomodoro fino al 30 gennaio 2011 in programma la mostra La scultura italiana del XXI secolo. Una mostra bella davvero, di quelle che vale la pena vedere. Ricca, interessante, interattiva, colorata. Nei grandi spazi della Fondazione si cercato di ricostruire il percorso svolto dalla scultura in questi ultimi anni. Chi si aspetta per una mostra piena di statue in marmo, gesso o bronzo, con i soliti soggetti neoclassici da museo, rimarr profondamente deluso. E sconcertato. A partire dai materiali. Chewing gum, copertoni, led, coriandoli, animali impagliati, piante, unghie finte, perfino le ombre sono incluse tra i materiali presenti nelle didascalie a descrizione delle opere. La scultura del XXI secolo pu essere fatta da qualsiasi cosa. E se il visitatore ostinato volesse mettersi a cercare qualcosa fatto con i materiali canonici della scultura (e ci sono), lo troverebbe anche, ma rimarrebbe lo stesso sconvolto dalla scelta molto poco classica dei soggetti. A cinque anni di distanza dalla mostra La scultura italiana del XX secolo ecco la sua ideale continuazione con unesposizione ospitante ottanta tra gli artisti italiani pi famosi e quelli emergenti. Una bella sfida per gli organizzatori e per chi si vuole imbarcare nellimpresa (a volte disperata) di capire in che direzione sta andando la scultura di oggi. Una mostra che vuole volutamente aprire e lasciare aperte domande e interrogativi, a partire proprio dal soggetto. Scultura il termine pi esatto per definire quello che il curatore Marco Meneguzzo ci propone? O forse non sarebbe meglio usare altri termini, da intersecare tra loro, come installazioni, architetture ed esperienze visive? Insomma una disciplina da definire di nuovo, tenendo conto dei suoi strumenti e dellibridazione dei linguaggi. Non c pi nulla di certo, non i soggetti, non di sicuro i materiali. Ci si pu cos trovare ad ammirare il cavallo tassidermico appeso al muro (senza testa) del solito Cattelan, per poi passare al bellissimo Il grande volante VIII di Corneli, creato con stampi in acciaio, lampade e ombre (quelle sul muro, che creano limmagine finale, di nessuna consistenza fisica), per giungere alluomo fatto di chewing-gum rosa shocking di Maurizio Savini (esperienza anche olfattiva). Una variet di materiali reperibili nella vita quotidiana ma soprattutto deperibili, come gli intrecci di carta di Stefano Arienti o il cubo di coriandoli di Lara Favaretto. Basterebbe un nulla per distruggerli, niente a che vedere con la solidit delle statue del passato che hanno attraversato i secoli per giungere fino a noi. Ma dopo tutto il solito problema dellarte contemporanea, in ogni sua forma. Come si fa a definire cosa arte e cosa non lo ? Ci sono ancora materiali nobili da preferire per creare unopera darte? Sicuramente no. Bisogna solo mettersi nellottica giusta, avere una mente aperta e dimenticarsi di cosa ci hanno insegnato a scuola. E finita lera del marmo, delle veneri e degli eroi mitologici. O meglio, se ci sono ancora non hanno sicuramente pi quel significato. E lora di accettare larte dei nostri tempi, non solo quella passata per una lunga e forzata storicizzazione. E non detto che si debbano per forza perdere tutti i nostri punti di riferimento. Un esempio? Il famosissimo David di Donatello presente anche qui. Solo che rosa, ha un seno abbondante e si chiama Donatella.

La scultura italiana del XXI secolo fino al 20 gennaio 2011 Fondazione A.Pomodoro via Solari, 35 Orari: mercoled - domenica dalle 11 alle 19. Gioved dalle 11 alle 22. Costi: intero 8,00 . Ridotto 5,00 Ingresso libero la seconda domenica del mese

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Dali superstar a Milano


Una folla da prima cinematografica ha invaso Palazzo Reale in questi giorni. Folla allinaugurazione, folla alla apertura al pubblico della mostra. E non poteva essere diversamente trattandosi di una super star dellarte, Salvador Dal, a Milano dopo 50 anni dallultima rassegna. La mostra, aperta il 22 e intitolata Dal. Il sogno si avvicina un interessante panoramica su un aspetto poco analizzato della sua opera, il rapporto con il paesaggio, quello della sua terra natia, la Catalogna, le scogliere dellAlto Ampurdn, il golfo di Cadaques. La mostra, divisa in stanze tematiche un viaggio alla scoperta di un Dal non solo surrealista eccentrico ma anche poeta mistico e religioso. A modo suo. Dal nasce a Figueres, vicino a Girona nel 1902. Figlio di un notaio, inizia a dipingere gi da ragazzino con una tecnica che si avvicina ai neo impressionisti. Studia allAccademia di Belle Arti di Madrid da dove per viene cacciato dopo pochi anni per il suo comportamento troppo sovversivo. Da quel momento inizia a formarsi il vero Dalpersonaggio. Baffi a manubrio, abbigliamento stravagante, uscite e dichiarazioni ancor pi eccentriche. Si lega a Bretn e ai surrealisti. I suoi amici hanno contribuito alla storia dellarte e della cultura del Novecento:conosce Picasso, incontra Freud, lavora con Bunuel, Man Ray, collabora con Hitchcock, amico fraterno di Garcia Lorca, che, disse Dal, tent di farlo diventare il suo amante. Lincontro che cambi davvero la sua vita fu quello con Gala, sua futura moglie, musa, gemella, parte mancante di lui. Incontro galeotto, perch Gala era sposata col poeta surrealista e amico di Dal Paul Eluard. Questo fu solo il primo di una lunga serie di scandali. Personaggio fuori dal comune, stato un artista straordinario, completo. Pittore, scrittore, sceneggiatore e co-regista di film, disegna abiti per famosi stilisti, fa scene e costumi per balletti teatrali, produce un suo profumo, disegna gioielli, mobili, fu vetrinista speciale in un grande magazzino di New York. Gir anche degli spot pubblicitari. La differenza tra me e i surrealisti che io sono surrealista disse. Questa dichiarazione, insieme a molte altre, gli valse il ben servito dal gruppo di Bretn. In mostra, i paesaggi aridi catalani sono usati come sfondo teatrale alla miriade delle immagini-feticcio preferite da Dal: telefoni giganti, orologi molli, grucce, formiche, giocatori di baseball, limmancabile Gala e le uova. Uova da cui era ossessionato, secondo la sua teoria del molle e del duro. E un uovo gigante infatti accoglie il visitatore in mostra, a contenitore della prima opera del percorso, una super surrealista Venere di Milo con cassetti. E pon pon di pelliccia. Nelle varie stanze prende forma un Dal meno conosciuto. Non solo il surrealista ossessionato dalla sessualit e dai fluidi corporei ma soprattutto il fine conoscitore delle tecniche pittoriche e della storia dellarte, sperimentatore delle nuove scoperte ottiche. Dal profeta del clima bellico, lui, pittore apolitico per scelta e anzi opportunista. Quando scoppia la guerra civile spagnola, nel 1939, Dal va in esilio volontario in America e in Italia, dove ha la possibilit di approfondire il Rinascimento italiano, per lui la massima espressione della perfezione. Tutte le sue opere sono disseminate di riferimenti culturali, anfore antiche, busti e statue greche, citazioni-parodieomaggio a Velazquez, Michelangelo, Leonardo. Sconvolto dal lancio della bomba atomica, si innamora dellatomo, della fisica e i paesaggi diventano post atomici, le particelle atomiche compaiono nelle sue opere. Punto forte dellesposizione la ricostruzione del salotto surrealista da abitare (la prima versione a Figueres), la stanza col volto di Mae West, la diva americana degli anni Trenta. Dopo aver visto la sua foto su una copertina Dal crea un vero salotto, in cui il visitatore invitato a sedere sul Dalilips, divano a forma di rosse labbra carnose, vero oggetto di design prodotto in serie. Intorno un camino a forma di naso e boccoli biondi come tende, mentre un proiettore permette allo spettatore di vedersi in contemporanea sulla parete di fronte. Secondo esplicita volont di Dal. Lultima stanza mostra un Dal che non ti aspetti, cattolico ma agnostico al tempo stesso, su sua ammissione. Un crocifisso sospeso, angeli in una terra apocalittica, il volto di Gala, ormai morente, a indicare la spiritualit di un uomo che anelava a toccare il cielo, a trovare una strada per comunicare con Dio. Conclude il percorso il cortometraggio animato e inedito Destino, con i disegni creati nello studio Disney nel 1946 e realizzato per la prima volta nel 2003. Un mondo surreale, popolato dalle sue fantasie e ossessioni. Una chicca per la prima volta in Italia. Le opere provengono soprattutto dal Teatro-museo di Dal a Figueres, monumento e trionfo del kitch che progett e costru lui stesso e dove volle farsi seppellire, nel 1989. Non una retrospettiva n una mostra antologica. Unoccasione per conoscere meglio un artista troppo spesso banalizzato. Dal. Il sogno si avvicina. Dal 22 settembre al 30 gennaio 2011. Palazzo Reale. Orari: marted- domenica 9.30/19.30 luned 14.30/19.30 gioved e sabato 9.30/22.30 Biglietti. Intero: 9 . Ridotto 7,5

TEATRO questa rubrica a cura di Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org


Tanti debutti questa settimana nei teatri milanesi. Il primo Cuore di Cactus, al Teatro Franco Parenti adattamento teatrale del romanzo di Antonio Calabr, che tratta della Palermo degli ultimi anni del Novecento. L'adattamento stato curato dall'interprete stesso, Fausto Russo Alesi, pluripremiato attore under 40 che ha lavorato con Sinigaglia, Ronconi, Stein e Nekrosius e tra i fondatori dell'A.T.I.R. Entrambi attore e autore hanno lasciato la Sicilia, in periodi diversi, per cercare lavoro e vita altrove e si incontrano in questo spettacolo denso di fatti personali, avvenimenti politici, misurando se stessi tra il rimanere e l'andarsene. Cuore di Cactus non uno spettacolo dedicato solo ai tanti siciliani che emigrano quasi per tradizione, ma un racconto per tutti gli Italiani che si trovano a ricercare una propria dimensione come meglio descritta da Alesi stesso: ... non credo di essere scappato, credo piuttosto di aver

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lasciato un luogo dove rischiavo di adagiarmi senza cambiare. Al Teatro Litta debutta invece Avevo un bel pallone rosso scritto e interpretato da Angela Demett, Premio Riccione per il Teatro 2009, con la regia di Carmelo Rifici. La Demett interpreta la fondatrice delle Brigate Rosse, Mara Cagol, nei dieci anni di impegno politico, trasferimento a Milano e il conflitto generazionale vissuto sulla propria pelle attraverso il rapporto con il proprio padre, uno squarcio della storia italiana ancora vivo e carico di tensione.

Per tutta la settimana lo Spazio Mohole ospita Teatro Forsennato con Le figurine mancanti 1978, dal 18 al 21, di e con Dario Aggioli. Due figure raccontano due eventi a prima apparenza distanti, un bambino racconta dei mondiali che si svolgono in Argentina, un altro il dramma dei desaparecidos una spaccatura tra chi vuole rimanere bambino e chi non lo pu pi essere. Il 22 va in scena invece Ciao Bella di Kataklisma Teatro, un'ironica Bella Addormentata tra slogan politici e jingle si mostra come metafora di questi tempi offuscati,

patinati e narcolettici. Entrambe le compagnie fanno parte del Consorzio Ubusettete, un gruppo del panorama indipendente romano composto da quattro compagnie tra i membri anche Daniele Timpano - riunite da una visione unica del teatro alla ricerca di strade nuove e autonome per esprimersi. Continua all'Elfo Puccini The History Boys fino al 23, Zaches Teatro al Pim Off e la Compagnia della Furie dal 20 al 23 allo Spazio Tertulliano. .

CINEMA
questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org

TRON LEGACY
di Joseph Kosinski [USA, 2010] con: Jeff Bridges, Garrett Hedlund, Olivia Wilde, Michael Sheen, Bruce Boxleitner
Per chi come me ha vissuto la propria infanzia negli anni ottanta, il film Tron, primo capitolo di questa saga, ha rappresentato una cassetta immancabile all'interno della propria videoteca oltre che il primo, cinematografico distacco dal mondo dei cartoni animati con una conseguente immersione in universi inimmaginabili. Uscito nel 1982, Tron stato senza dubbio un precursore per quanto riguarda l'utilizzo della computer grafica con un logico, stupefacente ampliamento delle potenzialit degli effetti speciali. Il suo successore, Tron Legacy, si fatto attendere dagli appassionati ben ventotto anni. Troppi per godere della stessa potenza innovatrice del suo antenato. Lo strumento del 3D stato magistralmente anticipato dal fenomeno globale Avatar. Il film, forse per colmare il profondo lasso temporale di attesa, ha al suo interno un'infinit di richiami e omaggi al precedente. Seguendo un filo conduttore, i creatori hanno scelto di porre la sceneggiatura e il tessuto narrativo in secondo piano rispetto allo sforzo profuso nella realizzazione grafica delle immagini e delle sequenze d'azione. Tron Legacy uno spettacolo cinematografico che vuole stupire principalmente i nostri occhi. un arricchimento del bagaglio personale di esperienze visive. Sam Flynn un ragazzo spericolato e ribelle. Suo padre, il geniale programmatore Kevin Flynn (Jeff Bridges) scomparso vent'anni prima lasciandogli in eredit il pesante fardello della maggioranza delle azioni della Encom, una delle pi importanti multinazionali informatiche a livello mondiale. L'irrisolta sparizione del padre trover spiegazione nello stupefacente ingresso di quest'ultimo all'interno della rete virtuale da lui stesso creata. Lo schema dei personaggi e lo sviluppo narrativo ripercorrono le strade ben rodate del primo capitolo della saga. Tuttavia, si scelto di approfondire e implementare la visione distopica, frutto della gestione totalitaria di Clu, il clone digitale di Flynn. Questo sistema, cos ossessivamente alla ricerca della perfezione, attinge a piene mani dall'universo orwelliano. I geometrici raduni di programmi informatici combattenti, in totale adulazione del proprio comandante, ci riportano, invece, alla storia recente e alle adunate oceaniche del terzo Reich. L'azione incessante che non concedeva pause nel primo Tron, lascia spazio ad alcuni imprevisti momenti di riflessione esistenziale dell'ascetico Kevin Flynn. lui la figura centrale del film. O meglio lo il suo sdoppiamento tra Flynn, Dottor Jekyll, e Clu, Mister Hyde. Tra il prigioniero disilluso e l'impersonificazione negativa delle proprie recondite aspirazioni di un'irraggiungibile perfezione. Marco Santarpia In sala a Milano: Cinema Orfeo, UCI Cinemas Bicocca, Cinema The Space Milano.

HEREAFTER
di Clint Eastwood [USA, 2010, 129] con: Matt Damon, Ccile De France, Frankie McLaren, George McLaren
Una vita che riguarda solo la morte non vita, dice George Lonegan (Matt Damon) stanco del suo dono di sensitivo, vissuto pi come condanna che come qualit. Il bravo Matt Damon pare rubare le parole di bocca a Clint Eastwood che con Hereafter [USA, 2010, 129] cammina sulla linea di confine tra vita e morte, guardando un po di qua e un po di l. Questa linea parecchio sottile, instabile: un percorso pericoloso sul quale facile scivolare. Eastwood, facendosi aiutare dalla sceneggiatura di Peter Morgan, lo affronta lentamente, con la parsimonia del saggio che vuole evitare gli eccessi. In Hereafter si diramano tre storie indipendenti luna dallaltra, ma destinate a convergere. Marie Lelay (Ccile De France), giornalista francese in vacanza nel sud-est asiatico, viene travolta da uno tsunami e riesce a salvarsi per miracolo; Marcus (Frankie McLaren), bambino londinese figlio di una tossi-

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comane, assiste in diretta telefonica alla morte del gemello; George Lonegan un operaio americano in grado di entrare in contatto con laldil, ma turbato dalla sua capacit che lo costringe a una vita solitaria. Tutti e tre hanno sfiorato la morte, anche se in modi differenti. Tutti e tre, ora, condividono un interrogativo sul significato della morte, e sulla possibilit di unesistenza ultraterrena. La solitudine diventa un denominatore comune per Marie, Marcus e George, abbandonati nei loro drammi alla fame di risposte. Eastwood sceglie di raccontare il loro isolamento attraverso una narrazione lenta. Forse, le risposte che cercano i tre protagonisti non sono poi cos lontane dai dubbi del regista e, per riflesso, quei dubbi, potrebbero essere anche nostri. Eastwood preferisce guardare allaldil stando di qua: non d alcuna risposta definitiva, si limita a raccontare una storia.

Hereafter non un film sulla morte, ma un film sul rapporto tra vita e morte, sullimportanza di questo rapporto per lessere umano. Non c spazio per esagerazioni paranormali o scontati dogmi religiosi. Non servono. Cos come, nel cinema classico di Eastwood, non necessario indossare occhialini speciali per emozionarsi. Nel film, come nella vita, sono le coincidenze a dettare i tempi. Piccoli eventi allapparenza insignificanti che condizionano il nostro cammino: come il cappellino di Marcus che vola via dalla sua testa costringendo il piccolo a inseguirlo, rubando quei pochi secondi necessari a prendere la metro, brevi istanti che lo salveranno da una fine certa. Sar la coincidenza a far confluire le strade di Marie, Marcus e George. Tre parabole di vita che scorrono parallele ma, come detto allinizio, il caso porter a incontrare. Confluiremo anche noi nelle storie dei protagonisti, con i

nostri dubbi e quesiti. Senza essere infastiditi da un misticismo facile da trovare affrontando argomenti di questo tipo. Eastwood propone una riflessione e non impone un punto di vista; portandoci con lui su quella linea sottile riesce a mostrare come - anche in vite ordinarie - i confini sono labili e i dubbi legittimi e, quindi, se una vita che riguarda solo la morte non vita, allo stesso modo non lo una vita che riguarda solo la vita. Paolo Schipani In sala: Plinius multisala, UCI Cinemas MilanoFiori, UCI Cinemas Certosa, UCI Cinemas Lissone, UCI Cinemas, Como, Multisala Starplex, Cinelandia Multiplex Gallarate, Cinelandia Multiplex, Ariston Multisala, Multisala Corallo-Ritz

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