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Editoriale L.B.G. MILANO DA BERE O DA SENTIRE? Primo Piano Paolo Viola - CONSUMARE MUSICA DA INCOMPETENTI Sanit Maurizio Bardi SALUTE DEI CITTADINI E RESPONSABILIT DEL SINDACO/1 Lavoro Giuseppe Ucciero - FIAT: IL PARADIGMA LIBERISTA E LO SPARIGLIO Ambiente Luca Trada UNIDEA PER EXPO: ASFALTIAMO IL BOSCOINCITT Economia - Giovanni Agnesi - FEDERALISMO FISCALE, RUBERIE E SANIT Urbanistica Mario De Gaspari - FONDI IMMOBILIARI: NOMADI E IMMOBILI Metropoli Alfredo Vigan VILLA REALE DI MONZA: UN FAVORE A CHI? Cultura Rita Bramante WIRED ITALIA: RACCONTARE IL FUTURO Feuilleton Paolo Valera UNA RUFFIANA CELEBRE
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Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA a cura di M. Santarpia e P. Schipani
me o da soli, con le cuffie o in discoteca ma anche in automobile e in qualsiasi bar, e presto temo anche per le strade, sui treni, in metropolitana, in aereo ovunque. Senza che vi sia la minima educazione allascolto, senza una parvenza di cultura musicale che permetta loro di discernere fra musica e musica, di capire il senso di ci che ascoltano. Di pi, quale cultura musicale hanno coloro che impongono al pubblico musiche diffuse in modo cos ossessivo? Come potranno difendersi le masse di adolescenti che si trovano nellimpossibilit di esercitare qualsivoglia critica, costrette ad accettare di tutto, condizionate dallossessione di ritmi sparati a volume altissimo e dalle potenti operazioni di marketing che li precedono? Non avviene cos per le arti figurative, n tantomeno per la letteratura, il cinema o il teatro; lofferta molto meno
aggressiva, gli ambienti assai meno bombardati, la scuola aiuta molto di pi. Magari non bene come si vorrebbe ma un po di storia dellarte viene insegnata; ci sono i cineforum che attraggono molto i ragazzi, le scuole di teatro, di mimo, di danza, che aiutano a capire qualcosa di queste arti. Ma della musica cosa si insegna? Quando va bene si insegna a suonare uno strumento ma chi non va avanti nel suo approfondimento non sapr mai nulla di storia della musica, delle forme e dellestetica musicale, per non parlare di armonia o di contrappunto (come dire la grammatica e la sintassi della lingua che parliamo). Nulla. Non capiranno neppure che differenza passa fra la musica cosiddetta colta e quella cosiddetta leggera, tanto che molti ragazzi chiamano la prima antica e la seconda moderna! E possibile lasciare che il mondo si riempia di musica in ogni luogo e in
ogni momento, senza dare ai fruitori la possibilit di capire cosa ascoltano e sopratutto senza pretendere che chi la sceglie per noi abbia come ormai susa anche per chi vende frutta e verdura una sorta di patentino che garantisca un minimo di competenza? Perch altro mettere un disco in vendita e pubblicizzarlo (siamo nel pieno della migliore libert di mercato) altro obbligarti a sentirlo mentre fai gli acquisti al centro commerciale o quando entri in un bar per dissetarti. Per concludere, preso atto che dalla musica sembra non ci si possa pi difendere, sopratutto da quella mediocre, facciamo qualche cosa almeno per rinforzare le difese e lo spirito critico dei pi giovani e pretendiamo un po di professionalit da parte di chi nelle condizioni - ahim - di imporcela.
interessi economici che da quelli della salute), a promuovere stili e ambienti di vita e lavoro salubri (a partire dal blocco delle esternalizzazioni delle proprie competenze), a mettere a disposizione spazi e strutture per la collettivit: ad esempio reperendo locali per favorire le associazioni e la partecipazione dei cittadini e consentire a costi equi lapertura di medicine di gruppo di medici di base integrate ai servizi, favorendo la medicina del territorio sempre promossa a parole e mai sviluppata nei fatti. In un programma che si occupa di
salute nel contesto milanese non si pu tacere di EXPO 2015. Tanto pi che il titolo si propone estremamente ambizioso: Nutrire il pianeta, energia per la vita. In realt sembra che quello della alimentazione sia solo un pretesto per cementificare la citt in altri mille modi. Spese grandissime, in tempo di crisi, e educazione alimentare e alla salute bassissima. Milano appare ed la citt del cemento. Gli spazi verdi sono ben poca cosa. Pi il cemento avanza, meno la salute dei cittadini si afferma. La propo-
sta consiste nellindirizzare i fondi a favore dinterventi di educazione alimentare per la popolazione a cominciare dagli studenti, tornando a gestire in proprio le mense scolastiche, un volto fiore allocchiello e modello nel mondo e oggi gestite da Milano Ristorazione in maniera pessima e in assoluta mancanza di trasparenza. Oltre naturalmente a dedicare tempo, spazio e risorse all approfondimento delle vere cause della fame e della miseria mondiale.
tanze sindacali. Renault dello Stato Francese (15% delle azioni), che governa limpresa, in cooperazione con un grande soggetto finanziario (Alliance) e un grande gruppo automobilistico pi vassallo che padrone (Nissan). In Volkswagen forte il Land Sassonia (20% azioni) e la governance prevede strette relazioni con le rappresentanze sindacali. Non paradisi dei lavoratori certo, ma neppure campi di esercizio della pura volont di potenza del management. E questo lo Spariglio, il paradigma territoriale e partecipativo, cui guardare in alternativa a quello di Marchionne? Forse ci si potrebbe ragionare, quantomeno potrebbe essere lo scenario in cui ricollocare gli attori e vedere le carte del giocatore italo canadese. Gli Agnelli vogliono andarsene? Bene, si accomodino pure, ma non pensino di ridurre la FIAT a un nulla per farsi gli affari propri in giro per il mondo. Se propriet e management FIAT non intendono pi sviluppare la produzione automobilistica italiana, che lascino il campo a nuovi soggetti imprenditoriali. La collettivit, e quindi la Politica, prenda liniziativa, si faccia promotore di un vero progetto, di una vera Fabbrica Italia, fondata su di un modello misto, dove energie imprenditoriali trovino sponde forti nelle banche nazionali, con il contributo dello Stato e delle Regioni, oltre che la forza e lenergia dei tecnici e dei lavoratori e, perch no, anche la partnership con qualche grande costruttore: perch poi non fare per Fiat ci che si fatto per Alitalia? Fuori da un nuovo paradigma, fuori da un nuovo protagonismo pubblico - privato, temo restino solo le querule preghiere di Bersani: va bene laccordo come lo volete voi, ma lasciateci almeno la rappresentanza. Come se una rappresentanza octroye, gentilmente concessa dal padrone dopo la disfatta, potesse avere un qualche effettivo peso nella dialettica dei poteri in impresa. E una provocazione socialista? Forse. Ma oggi, di fatto, siamo gi in presenza del socialismo di lor signori, il socialismo delle perdite: migliaia di miliardi di dollari e di euro trovati e gettati per coprire la finanza dei mascalzoni. Persi per persi, per quale motivo non gettarne
qualcuno, solo qualcuno, in direzioni pi meritevoli? PS: il paradigma la Marchionne viene giustificato da dati statistici che, pur non essendo in se stessi falsi, lo divengono per il modo tendenziosi con cui sono proposti, decontestualizzati e grezzi, a suggerire una automatica associazione tra basso numero di auto prodotte per dipendente e poca voglia di lavorare degli operai italiani. Volutamente, si confondono percentuali di utilizzo degli impianti, numero di auto prodotte per dipendente, produttivit massima potenziale di un impianto, valore prodotto per dipendente, profitto per dipendente, e infine profitto per unit di capitale (che lunica produttivit che davvero importa al padrone). I dati 2009 (*), gli ultimi disponibili a livello europeo ci dicono che gli stabilimenti FIAT italiani hanno registrato un basso utilizzo medio degli impianti. Ma il dato appunto medio e comprende sia il valore massimo di Melfi, attestato ai massimi europei sia quello di Pomigliano, pressoch fermo per Cassa Integrazione. Se ci riferiamo alla produzione di auto per dipendente, dati analoghi agli stabilimenti di Termini Imprese e Mirafiori li troviamo in Romania e Douai (Renault) e Mulhouse e Possy (Peugeot). Se approfondiamo si scopre infine che la minore produttivit determinata spesso dalla consunzione del ciclo commerciale delle auto prodotte in quegli stabilimenti. Tutto questo significa tre cose: a) con lattuale Contratto, Melfi allaltezza delle migliori performance europee; b) la bassa produttivit (utilizzo degli impianti) di altri stabilimenti FIAT dipende prima di tutto dalla cassa integrazione, a sua volta generata dalla fine del ciclo di vita del prodotto; c) si comparano impropriamente mele e pere: 1 Panda e 1 Croma, 1 Cherokee e 1 Ferrari, sono considerate tutte come 1 auto, ma ciascuna di esse il risultato di un processo produttivo altamente differenziato, in termini tecnologici, lavorativi e di costo. E quindi concettualmente scorretto, economicamente falso, e politicamente grave: a) derivare sic et simpliciter la produttivit dal Contratto Nazionale di Lavoro e dalle sue tutele; b) comparare la produttivit di impianti, e addetti, sempre in funzione con quelli
inattivi (CIG); c) comparare il numero di auto per dipendente tra uno stabilimento che produce Panda con uno che produce Croma, sia in termini quantitativi che in termini di produzione di valore. Ovviamente, in uno stesso impianto, dal basso utilizzo degli impianti consegue anche il basso numero di auto prodotte annualmente per addetto, ma non automaticamente vero, e qui si bara proprio, che al 100% di utilizzo dei suoi impianti corrisponda unalta produttivit rapportata alla media di settore: la produttivit di uno stabilimento dipende essenzialmente dalla potenza degli impianti tecnologici installati. Mirafiori non certo allaltezza di Tichy o di Betim. Ma quello che in definitiva conta la produzione di valore, la risultante finale del rapporto tra capitale investito e ricavi generati, mediata dalla complessit delle variabili appena viste e da altre ancora. In questo punto trova collocazione il tema del costo del lavoro, che, pur certamente pi alto in Italia che in Serbia o Polonia, non incide tuttavia pi che tanto (circa il 7%). Quello che veramente incide il costo del capitale fisso (impianti), quindi la capitalizzazione dellimpresa, garantita dallimprenditore privato e, se questa non basta, dallinvestimento pubblico e della politica fiscale di sostegno. E qui casca lasino: Polonia, Serbia, Brasile, hanno investito sullAuto come Stati per generare un forte ritorno alla loro collettivit nazionale. LItalia no, non almeno negli ultimi anni. E questo il motivo di fondo per cui FIAT, che sottocapitalizzata, cio finanziariamente inadeguata in quanto propriet, cerca finanza pubblica in giro per il mondo: non trovandola in Italia, opta per localizzarsi presso altre nazioni.In un certo senso, non FIAT che sceglie il Brasile, ma il Brasile che sceglie la FIAT. Questa la responsabilit grave di tutti i governi italiani degli ultimi quindici anni: lItalia non ha pi scelto la FIAT, cos come non ha pi scelto Olivetti, Omnitel, Infostrada, e ha lasciato gli operai a sbrigarsela ad soli. (*) per unottima documentazione vedere Sole 24 Ore del 26 ottobre 2010, Andrea Malan.
Solo a Milano, solo in Italia, pu accadere che un Parco urbano, apprezzato in tutta Europa, vissuto da milioni di fruitori nei 36 anni di esistenza, sia messo in discussione. Questo accade con Boscoincitt, a Milano, la citt di Expo, la citt che vorrebbe nutrire il pianeta, salvandolo dalla catastrofe agro - alimentare. Boscoincitt un parco atipico nel desolante panorama milanese. Un vero bosco, gestito da Italia Nostra, con la collaborazione di centinaia di volontari e abitanti della zona, attraverso una Convenzione stipulata con il Comune di Milano. In discussione oggi non solo la Convenzione, che ha consentito negli anni lo sviluppo di unarea verde, boschiva, umida, rifugio di specie animali, unica e dinestimabile valore culturale, sociale e storico oltre che ambientale, a costo zero per chi la vive. In discussione lidea che si possa vivere il territorio, i parchi, il verde urbano svincolandolo dalle logiche del profitto e del consumo, senza attivit commerciali o ludiche a impatto ambientale, senza il ginepraio di finte associazioni che mascherano clientele politiche. Ma si sa nella Milano che cunta dum i dan questo impensabile ed altrettanto impensabile non soddisfare il sottobosco di clientelismo no profit in area Compagnia delle Opere che si sta divorando tutto quanto di
pubblico, demaniale, Nostro, esiste in questa citt. Quello che oggi potrebbe accadere a Boscoincitt, se il Comune non rinnover la Convenzione, un film che abbiamo gi visto con altri parchi, come Sempione o Trenno, sempre pi occupati da attivit private, pseudo-onlus, societ sportive. Lo abbiamo visto anche con le piscine e gli altri impianti sportivi privatizzati, in questo caso con clientele anche per gli ex-AN. Non dimentichiamo infine luso dello spazio pubblico urbano sempre pi appaltato al business di turno, soprattutto nelle zone centrali della citt, ma sempre pi negato, vigilato, mal tollerato se frutto solo della spontanea aggregazione delle persone. Questa la citt ideale per chi ha pensato un PGT, che sacrifica al privato, pi o meno profit, territorio, pezzi di citt, scelta dei progetti; un PGT applica la sussidiariet in ogni ambito possibile, dalle scelte urbanistiche e abitative alla gestione di servizi e strutture. E non un caso che, a fronte di dichiarazioni di un presunto PGT ambientalista, tanto sbandierate da Moratti, Masseroli & Co, oggi sotto attacco sia Boscoincitt, collocato in un contesto dove le residue aree agricole non edificate sono di propriet di un tale chiamato Ligresti e che a 200 mt da Boscoincitt faceva atterra-
re elicotteri laddove cera Cascina Melghera e le sue attivit agricole ora dismesse. Lo stesso Ligresti che, a becco asciutto per il momento nel business Expo, spera, vuole e preme perch il PGT compensi i suoi apppetiti. Sono anni che sulle aree che circondano Boscoincitt girano i peggiori avvoltoi della speculazione immobiliare. Far saltare il tappo, riformando le modalit di gestione del parco, la prima garanzia per i signori del mattone, che in un futuro vicino avranno meno disturbi a rivendicare cambi di destinazione duso e diritti volumetrici (con Boscoincitt ottimo parco condominiale magari). Cosa impossibile nellattuale situazione di gestione. Allora diamo alla Moratti un suggerimento: getti il cuore oltre lostacolo, lasci che Expo sia veramente e imperituramente ricordato dai milanesi e dal mondo ed esca dagli indugi. Boscoincitt incompatibile con la Milano dei grattacieli, dei tunnel, della speculazione e della rendita finanziaria: ASFALTIAMOLO. Non nutrir il pianeta, ma sa quanti posti di lavoro per un bel po di mesi.
*Comitato No Expo
con il rischio di ridurre le garanzie dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e peggio ancora dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA). Il fabbisogno sanitario nazionale deve essere definito sulla base non solo dei vincoli di finanza pubblica, ma innanzitutto dai livelli di assistenza da garantire. Per realizzare adeguatamente la riforma fiscale nella sanit, per esempio, necessario raccogliere le indicazioni e i bisogni dei cittadini delle diverse Regioni, poich attorno a essi che deve ruotare la riorganizzazione delle prestazioni e la loro ottimizzazione. Giustamente, come dice Pietro Cerrito sulle pagine di Conquiste del Lavoro, quotidiano della CISL: Ci sono due elementi che giocano un ruolo decisivo, che ci aiutano a comprendere che il federalismo in sanit non si caratterizza solo per la definizione dei costi standard: da una parte liniquit palese dellofferta esistente in termini di assistenza sanitaria e socio - sanitaria, derivante da vizi e virt degli attuali sistemi regionali, e dallaltra la necessit di verificare e raggiungere anche le trasformazioni che sta subendo la domanda di salute, che va modificandosi col variare della dinamica demografica. Inoltre esi-
ste la necessit di programmare e governare la spesa, ottimizzare luso delle risorse in termini di sostegno alle persone, promuovere un approccio alla salute integrato (stili di vita, fattori di rischio, abitudini alimentari), offrire unassistenza qualitativamente elevata, attraverso lutilizzo delle tecnologie e con personale adeguatamente formato e motivato; tutto ci resta dietro ai numeri che vengono ipotizzati e proiettati con la definizione dei costi standard in sanit. Oggi infatti assolutamente semplicistico se non illusorio ritenere che non ci siano costi diversi nella fornitura di servizi quali istruzione, assistenza ospedaliera, etc. a livello territoriale pur utilizzando le stesse tecnologie ovunque. La causa di questo fenomeno dipende da diversi fattori che vanno: 1) dall estensione dei vari territori regionali in rapporto alla loro configurazione pi o meno montuosa; 2) dalle caratteristiche anagrafiche delle popolazioni interessate (regioni pi giovani come la Lombardia e il Veneto o pi vecchie come la Campania con maggiori costi); 3) dagli specifici rischi di malattia e mortalit; 4) dalle diverse capacit di spesa (nelle regioni pi ricche si accede pi facil-
mente alla sanit privata con relativo risparmio dellente pubblico); 5) dal sistema infrastrutturale (infrastrutture sanitarie inefficienti e vetuste creano costi). E bene, oggi, evitare di dare i numeri sui risparmi che dovrebbero derivare dallattuazione della riforma, perch i cittadini chiedono innanzitutto recuperi di efficienza economica che si possono realizzare con interventi e investimenti adeguati necessari a ristrutturare gli ospedali dismessi, ad aumentare lofferta alternativa allospedale, ad attuare la prevenzione, a sviluppare la sanit elettronica pi aggiornata, etc. Solo dopo questi interventi, previsti entro il 2015, i costi standard saranno identificabili in termini equi e precisi, con chiarezza e trasparenza evitando false speranze di miracolistiche riduzioni di spesa e relativa diminuzione delle tasse e del peso fiscale.Il processo del federalismo fiscale specialmente nel settore sanitario deve diventare unopportunit per liberare il settore da zavorre, ruberie e sprechi affermando un diritto alla salute pieno e universale per tutti i cittadini.
fanno il loro mestiere, ma soprattutto degli amministratori che si prestano a questo gioco. La vera domanda se si tratta solo di ingenuit. Per comprendere le motivazioni delle scelte territoriali ormai meglio leggere le cronache finanziarie che non i dibattiti sullurbanistica. La vicenda di Vegagest non per niente isolata. Le informazioni che riportano i giornali sulla ristrutturazione dei debiti delle holding di Ligresti (da leggere contestualmente alle richieste di poter costruire nel Parco Sud) sono molto istruttive, cos come la storia di Risanamento, che ha moltiplicato il valore dei suoi terreni senza nemmeno posare un mattone, o quella di Beni Stabili, ben rappresentata a Mi-
lano dallo scheletro alberghiero di Ponte Lambro, o quella di Acqua Marcia, che un tempo costruiva acquedotti e oggi costruisce quartieri su terreni inquinati (via Calchi e Taeggi). Ancora una volta per mettiamo laccento sulleffetto economico, sistemico, che linsieme di queste operazioni immobiliari ha sulleconomia nazionale. Per quanto tempo ancora il velo urbanistico potr coprire la valorizzazione finanziaria e le perdite reali del sistema bancario? Come si fa a sostenere che in Italia non sono stati dati soldi pubblici alle banche? Sono e saranno i mutui sulle case, che remunerano valori immobiliari abnormi e speculativi, a nascondere le perdite delle banche e i flop
immobiliari del paese. Questo problema ormai una vera emergenza nazionale: ambientale perch produce inquinamenti, sociale perch addossa ai cittadini il costo delle speculazioni finanziarie, ed economica perch drena capitali e ostacola la ripresa delleconomia reale. La politica territoriale non pi, ammesso che lo sia mai stata, un fatto locale. Listituzione di unAuthority nazionale, con compiti di sorveglianza e magari anche pedagogici, capace di considerare contestualmente il lato ambientale e quello economico delle politiche territoriali, forse potrebbe essere utile e in ogni caso fare qualcosa assolutamente urgente e necessario.
chiede di fermare il Bando. Resta per ora lamarezza che un rilevante complesso monumentale e paesaggistico ambientale pubblico venga sradicato dal suo contesto territoriale e quella che era lipotesi di un ruolo e centro di pro-
duzione storica, culturale e scientifica di grande rilievo nazionale e internazionale possa divenire invece uno strumento deformato da una gestione privata totalizzante di fatto a fini economici e con una forte spesa pubblica dietro le spalle.
Resta il fatto che si proceda a spezzettare gli interventi lasciando nella totale incertezza il restauro delle altre ali della Villa e del Parco.
Milano sconosciuta
Rinnovata e arricchita di altri scandali polizieschi e postribolari
L'ho conosciuta. Era una ditta postribolare. Il suo soprannome era Zia. Tutti i ghiottoni di donne clandestine e tutte le donne venderecce si compiacevano di chiamarla Zia. morta il cinque marzo, alle quattro pomeridiane del 1902, nella sua abitazione carnimoniale di via Disciplini, 4 confortata dalla religione che l'ha assolta delle turpitudini di mercantessa di depravazione. spirata come una pia donna che avesse dedicata l'esistenza al culto della preghiera. Nella stanza non c'era traccia del mestiere infame ch'ella aveva esercitato in una citt di mezzo milione e pi di abitanti animalizzati dalle passioni carnascialesche. Adagiata nel letto di megera con la faccia assecchita e increspata dagli anni, con la croce d'ebano sul petto con le mani scarne che stringevano i fiori bianchi come per celare le sue nefandezze. Per scovare la venditrice di femmine bisognava guardarla negli occhi. Gli occhi, pur essendo asciutti, avevano conservato il guizzo malizioso della trafficatrice di libidine. Io ho provato ad alzarle la palpebra che faceva da sepolcro alle sue porcaggini e ho subto un'impressione disgustosa. Intorno la pupilla spenta era rimasto quel suo vezzo di guardare il cliente che le domandava cose proibite, un vezzo che riassumeva tutta la sua bont nel soddisfare i pervertiti o i superuomini del letto. La religione ha fatto bene a scaricarla dei peccati che le avrebbero impedito di entrare nelle grazie del Signore. Perch la zia, com'era chiamata Ermelinda Bianchi, vedova Negri, era n pi n meno che la figuraccia di una societ in cui l'amore merce. Ella trafficava sulle debolezze della carne, sui sensi, sulla concupiscenza, sui godimenti sensuali come gli altri trafficano sulle scarpe, sugli abiti. Senza femmine della prostituzione clandestina, senza uomini alla loro ricerca ella non avrebbe potuto esistere. La sua atmosfera non poteva essere infocata che dalla lussuria e dalla dissolutezza. La caratteristica della zia stata la segretezza. Nel silenzio si pu dire ch'ella continuasse la tradizione delle Matteucci, delle Mazzini e delle Daverie, illustri ruffiane andate alla ricchezza speculando sul megerismo. Anche se turbata o incalzata o martoriata dall'insistenza della polizia la sua bocca non si mai contaminata con la rivelazione del nome degli altri. La sua clientela, maschia e femmina, rimasta per tutti anonima. In casa sua primeggia il pronome, lei, o si veniva chiamati con nomi scelti di comune accordo. Cos non saprei neanche adesso come si chiamava l'adultera, che veniva condotta al postribolo clandestino e ricondotta tutti i giorni al domicilio coniugale dal marito, se non mi fossi dato la noia di pedinare la coppia che pareva innamorata l'uno dell'altra per convincermi che vi sono creature che discendono fin dove il puttanismo perde il nome. Al tempo della Negri, ma maritata dai modi signorili, era cercatissima, aveva una clientela quasi fissa e rincasava quasi sempre con settanta e pi lire. Al domicilio coniugale lui e lei passavano per marito e moglie,
modelli. Inquilini e portinaia e padrone di casa parlavano di loro con grande rispetto. La Negri aveva finito per credersi circondata dalla stima pubblica. Le si scriveva, le si stringeva la mano, la si salutava con curve e cortesie, le si parlava illustrandola con qualche aggettivo, pi di una volta le si confidavano segreti di cuore o di famiglia. Nemica acerrima del chiasso o degli scandali, se le capitava la disgrazia di qualche persona che non voleva pagare, gli faceva aprire subito l'uscio della scala e metteva mano alla propria borsa, dicendo che non era giusto che la donna perdesse il suo dovuto. Nella sua prudenza era di un cinismo spietato. Non aveva pi coscienza della sua vergogna. In lei si era sviluppata la mezzana che vive sul libertinaggio o in mezzo agli odori malsani di un ambiente di amorazzi a un tanto all'ora, senza ritorni di pudore. La sua casa stata il teatro di tutti gli accoppiamenti che inorridiscono con tutte le inversioni carnali, con tutti gli abbracciamenti lubrici, con tutti gli isterismi e con tutti i deliri. Essa ha venduto vergini, semivergini, sedotte, non sedotte, maritate, malmaritate, donne che saccheggiano l'uomo fin nel sangue, donne che ubriacano senza dar tempo alla disubbriacatura, donne che portano dovunque il dolore, la ruina e la morte dei sensi. La zia stata l'amica, la compiacente, la ruffiana dei banchieri, degli speculatori, degli aggiotatori, dei senatori, dei deputati, degli uomini maturi e degli uomini ai margini della vita, di tutta la gente che impazzisce intorno le gonnelle prezzolate. Se si potesse ripopolare la galleria della sua casa con la turpe clientela, Milano si dispererebbe nelle conclusioni. Caduta la maschera delle illusioni, essa si troverebbe alla presenza di tutto un mondo di degenerati, di tutte le folle dei due sessi che si cercano, si comprano, si vendono, si uniscono e si voltolano sul letto delle immoralit e delle abominazioni lupanaresche con tenacia spaventosa. La Negri stata fra noi come un gigantesco bubbone slabbrato che ha infettata l'atmosfera sociale. Ella scomparsa, ma i fetori sono ancora nell'aria che respiriamo. La casa della impudicizia non ha cambiato che il nome della proprietaria. L'osceno mercato continua. Sono dunque inutili le esecrazioni. Io non ho voluto che documentare i vizi di una borghesia corrotta attraverso le sue megere. Cos io l'ho veduta calare nella buca senza irritazione. La cassa, carica di carne in decomposizione, la cassa, colma di putredine, andava gi lentamente e io pensavo al mondo equivoco che l'ha mantenuta e arricchita. Zia, tu sei stata quale ti hanno voluta: n superiore n inferiore ai costumi del tuo tempo. Io avrei bisogno che una metafora hughiana, mi servisse di pietra tombale alla putredine di questa carogna sociale che ha sparso tutti gli ordinamenti locali.
RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org
E dallepoca di Lanima di Hegel e le mucche del Wisconsin, un piccolo volume di cui mi permetto di raccomandare la lettura, che ammiro gli scritti sulla musica (assai pi dei romanzi) di Alessandro Baricco e mi sento suo grande debitore per le idee e le riflessioni sempre utili, spesso fondamentali. Lultima di queste sue riflessioni stata pubblicata sulla Repubblica dell8 gennaio e riguarda il difficile rapporto fra la musica dellultimo secolo (la scuola di Vienna sta compiendo adesso i centanni!) e il pubblico delle sale da concerto. Lintervento si colloca al fianco di un bel saggio di Alex Ross (lautore del poderoso volume Il resto silenzio: ascoltando il XX secolo di cui avevamo gi avuto modo di parlare in questa rubrica) entrambi mirati a spiegare come mai le arti contemporanee trovano normalmente il modo di comunicare positivamente con il loro pubblico mentre la musica colta contemporanea continua a risultare indigesta e non riesce a essere n amata n apprezzata. Per spiegare la mancanza di feeling fra autori e fruitori, Baricco aggiunge a quelle di Ross unipotesi molto suggestiva e cio che la pretesa di far passare la musica del novecento come lo sviluppo naturale della musica classica tanto assurda quanto quella di far discendere larte figurativa contemporanea direttamente da quella del Rinascimento: cos come nelle sale dei musei non si espongono uno a fianco allaltro i Pollock e i Tiziano, cos nel medesimo concerto non si devono proporre Boulez e Bach uno dopo laltro. Una di queste violenze lha proposta qualche sera fa il bravissimo Daniel Harding che, con lOrchestra Filarmonica della Scala (posso dire unorchestra modesta, senza paura di essere scomunicato?), ha eseguito prima la noiosissima Suite dellUlisse di Luigi Dallapiccola (anni 50-60) e poi la grandiosa Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss del 1915 (unopera che non risente ancora delle ricerche sul linguaggio musicale che in quegli anni impegnava Schnberg e la sua scuola). Mentre la prima non ha convinto nessuno (a dir la verit qualche snob in sala si trova sempre e gli applausi, si sa, non si negano a nessuno), la seconda potr esser stata apprezzata pi o meno ma stata sicuramente accolta con grande interesse e attenzione. Non si pu dunque non essere daccordo con Baricco, ma vorrei ag-
giungere alla sua una mia prudente e sommessa ipotesi: non per caso successo che - da un certo momento in poi, diciamo dalla met del secolo scorso le istituzioni e i critici musicali si siano rifiutati di discernere fra la buona musica e quella vuota e inutile, di indicare le opere interessanti e di denunciare le sterili ricerche di nuovi linguaggi? Non hanno per caso rinunciato a esercitare un minimo filtro nel proporre nuova musica? Non ci hanno proposto grandi sciocchezze creando cos quello smarrimento che ha finito per allontanare il pubblico da tutta la musica contemporanea? Molti ascoltatori attenti e informati hanno dedicato anni di santa pazienza e spesso anche di grande umilt ad ascoltare musica contemporanea, a cercarne la chiave di lettura, a impadronirsi di nuovi alfabeti e linguaggi. Qualcuno si mai chiesto quante opere assurde sono state loro propinate, quanto sono stati presi in giro con incomprensibili follie, a quante inutili fatiche sono stati sottoposti? E vero, ogni tanto ricomparsa la Musica (con la maiuscola!) e la loro pazienza stata premiata; ma vogliamo azzardare una statistica? Delle opere ascoltate in questi ultimi cinquantanni quante resteranno ai nostri figli e nipoti, il dieci percento? E non si dica che sempre stato cos, perch le cosiddette opere minori dei secoli passati, quelle che sono pi o meno scomparse dai repertori, che non hanno riscosso successo o che si sono poi perse per strada, anche se contrastate o fischiate sono sempre state in qualche modo accolte come opere comprensibili e legittime. A Milano esiste unistituzione grandemente meritoria che si occupa di selezionare e di proporre musica contemporanea di qualit: si chiama Milano Musica (www.milanomusica.org) e fin dal 1990 fu immaginata da tre generosi cultori di musica come Duilio Courir, Patrice Martinet e sopratutto Luciana Pestalozza che ne ancora oggi la vera anima. Quella la sede giusta in cui si pu coltivare linteresse e lamore per la musica doggi, cos come accade nei musei e gallerie darte contemporanea per le arti figurative o in alcune sale espressamente dedicate al teatro davanguardia; bisognerebbe sostenere le iniziative di Milano Musica (il Festival annuale, i Percorsi di musica, ecc.) con importanti contributi pubblici, anche per meglio pubblicizzarle e promuoverle, se non si vuole abbandonare a se stesso e lasciar languire una com-
ponente cos importante della nostra produzione culturale. E quella la sede in cui, insistendo tenacemente, si potr forse sfondare il muro della diffidenza e dellincomprensione che circonda la musica contemporanea e vincere i giochi di potere e le egemonie culturali che la soffocano. Ma chi trover mai il coraggio di buttare alle ortiche laltro novanta per cento della musica scritta dopo Schnberg?
Appuntamenti da non perdere * il 20, 21 e 23 allAuditorium di largo Mahler lOrchestra Verdi diretta da Xian Zhang eseguir la Messa da Requiem (soli, coro e orchestra) di Giuseppe Verdi * domenica 22 sempre allAuditorium ma alle 15.30, il meraviglioso Lnfant et les sortilges di Ravel dedicato ai bambini per iniziarli alle meraviglie dellorchestra * luned 24 e sabato 29 al Conservatorio, per le Serate Musicali, due ottimi concerti rispettivamente della pianista siberiana Elisso Virsaladze, con un programma tutto dedicato a Schumann, e del duo Marta Argerich e Geza HosszuLegocky, che eseguiranno tre meravigliose Sonate per violino e pianoforte: la n. 1 di Schumann, la n. 9 A Kreutzer di Beethoven e lunica ma indimenticabile - di Csar Franck * marted 25 le stesse due Sonate di Frank (che avevamo gi ascoltato poche settimane fa) e di Schumann saranno eseguite da un duo di giovanissime musiciste lombarde Francesca Dego al violino e Francesca Leonardi al pianoforte in un programma che comprende anche Mozart (K. 454) e Ravel (Tzigane); al Conservatorio per la Societ del Quartetto * mercoled 26 al Teatro Dal Verme, ancora per le Serate Musicali, il Trio di F. P. Zimmermann con A. Tamestit e C. Poltera suoner musiche di Schubert, Schnberg (opera 45, meraviglioso, ma che ci azzecca?) e Mozart (Divertimento in mi bemolle maggiore K. 563) * gioved 27 e sabato 29 (ma alle 17.00) lOrchestra dei Pomeriggi Musicali eseguir al Teatro Dal Verme un bel programma che comprende Sibelius (Valse triste, Valse romantique e Pellas et Mlisande) e la sesta Sinfonia di Dvorak opera 70 Una settimana straordinariamente ricca in cui sar difficile scegliere.
ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org
n. 1 III 12 gennaio 2011
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Benvenuto, Novecento!
Dopo tre anni di lavori, progetti e polemiche si finalmente inaugurato il Museo del Novecento nello storico palazzo dellArengario, completamente rinnovato, con oltre 5 mila metri quadrati di spazio per ospitare le oltre 400 opere delle Civiche Raccolte milanesi. Grande evento mondano stata linaugurazione stessa, avvenuta il 6 dicembre, alla quale hanno partecipato volti noti della cultura e della politica milanese. Un progetto innovativo e futuristico, pi unistallazione che unarchitettura, come racconta Italo Rota, architetto responsabile del progetto. Grandi vetrate, scalone a spirale che ricorda il Guggenheim di New York, nicchie e passerelle che collegano lArengario col primo piano di Palazzo Reale. A coronamento di questo edificio lenorme Neon di Lucio Fontana, progettato nel 1951 per la IX Triennale, ed esposto in una terrazza vetrata che domina la piazza del Duomo e diviene faro e simbolo del museo stesso. E poi un ristorante nella Torre, un bookshop ben fornito e spazi per la didattica, oltre che luoghi in cui possibile sostare. Un museo come non ce nerano mai stati a Milano, ma che oltre ai pregi inconfutabili, tra cui quello di raccogliere in un solo luogo pezzi fondamentali della storia artistica milanese ma non solo, si porta dietro, quasi inevitabilmente, uno stuolo di polemiche. A cominciare proprio dallinizio del percorso espositivo. Dopo un ingresso avveniristico, con armadietti luminosi e monitor appesi al soffitto, si sale lenorme rampa spiraliforme che conduce ai vari piani del museo. Ma c un primo problema. Sulla sinistra, quando meno te lo aspetti, ecco comparire lenorme tela del Quarto stato di Pellizza da Volpedo, prelevata dalla sede storica della Galleria darte moderna e messa in una nicchia dal fondo nero. Proprio questa nicchia divenuta oggetto di questioni e polemiche. Una collocazione poco adatta, troppo poco visibile per un quadro di quella importanza, significato e dimensioni. Dovrebbe aprire idealmente il percorso storico artistico. Si trova relegato in un punto di passaggio: quasi ci si passa davanti senza accorgersene, anche per il fondo troppo scuro su cui posto. Il percorso prosegue poi in modo pi funzionale. Aprono le danze alcune opere della collezione Jucker, prima conservata a Brera; la favolosa serie dei quadri di Boccioni, Carr, Balla e degli altri Futuristi, con la famosissima scultura di Boccioni Forme uniche nella continuit degli spazi, esposte in sale con pannelli color crema e colonne di marmo. Si prosegue poi con gli anni Venti e Trenta e le sale monografiche di Morandi, De Chirico, Martini.Il percorso continua in ordine cronologico. Il ritorno allordine del gruppo di Novecento, gli antagonisti della Scuola Romana, i Chiaristi, De Pisis. Si incontrano poi, in un continuo dentro e fuori un po labirintico, Manzoni e Burri, il Gruppo T, lArte Povera, Marino Marini. Lucio Fontana ha una sala tutta per s che si affaccia sul celebre Neon e dove possibile ammirare, nel mezzanino, il famoso soffitto realizzato da lui nel 1956 per la sala da pranzo dellHotel del Golfo di Procchio allIsola dElba, decorato con segni, tagli e incisioni operati direttamente sullintonaco fresco e riempiti di colori puri. Soffitto che ha subito rocambolesche vicende e che stava per essere distrutto nel corso di un radicale intervento di ristrutturazione delledificio. Solo la Soprintendenza di Brera e la Fondazione Fontana con il loro intervento, hanno permesso il salvataggio del soffitto.
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Al centro delledificio scorre un imponente impianto di doppie scale mobili. Un po centro commerciale, un po Centre Pompidou. Una parte molto importante quella dedicata allarte davvero contemporanea, che ospitata nel piano superiore di Palazzo Reale, collegato da una passerella che conduce in sale grandi e adatte alle dimensioni fuori misura di certe opere. Rotella, Pistoletto, la Land art, la Pop art, larte concettuale, istallazioni ottiche e reali in cui lo spettatore pu entrare e lasciarsi stordire dai giochi di specchi, luci, suoni. Finalmente a Milano un museo di arte contemporanea degno di questo
nome, nel cuore della citt. Con un ultimo interrogativo. E Casa Boschi-Di Stefano? Moltissime opere esposte al museo provengono da quello straordinario ambiente espositivo che era la casa dei coniugi Boschi. Certo, questo trasferimento era gi in programma fin dai tempi della loro donazione, ma sicuramente la fisionomia di questa casa-museo radicalmente cambiata e forse anche snaturata. Rimane Savinio, simbolo della casa, ma se ne sono andati importanti e altrettanto significativi Sironi, De Chirico, Manzoni e Fontana. Come fare per non cambiare la fisionomia della casa-museo ma allo
stesso tempo permettere di avere una visione globale della storia artistica del Novecento? Questa lardua questione. Per ora ci accontentiamo di questo nuovo e veramente attuale museo, gratuito fino al 28 febbraio.
Museo del Novecento, Palazzo dell Arengario, Piazza Duomo, Orari: lun 14.30 - 19.30, mar mer ven dom 9.30 19.30 giov sab 9.30 - 22.30 Ingresso gratuito fino al 28 febbraio 2011
Al-Fann. Arte della civilt islamica fino al 30 gennaio 2011, Palazzo Reale, piazza Duomo Orari: 9.30-19.30, lun 14.30-19.30, giov e sab 9.30-22.30 Biglietti: intero 9, ridotto 7.50.
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a quel figlio cos speciale; la Vergine, bellissima col suo profilo perfetto e nobile, intreccia il suo sguardo a quello del figlio, deposto a terra sullo stesso manto della madre. Un bambino tenero e paffuto che tende le braccia verso Maria, ma con unespressione del volto severa, quasi gi conoscesse il destino che lo aspetta. Sullo sfondo pastori inginocchiati, suonatori di corni e cornamuse, cori di angeli adoranti che cantano levento straordinario, il figlio di Dio nato sulla terra. Il paesaggio stesso speciale. Una distesa di rocce, una terra arida scavata a gradoni, che fa venire in mente gli innovativi paesaggi giotteschi. La scena risulta immobile, come cristallizzata, con i personaggi fermi nelle loro pose eterne, immersa in un silenzio denso di preghiera e novit. Due per sono i personaggi che Lippi aggiunge a questa scena sacra, inediti nel tema della Nativit. Il primo San Vincenzo Ferrer, sulla destra, abbigliato con labito tipico dei domenicani, un libro aperto in mano e lo sguardo rivolto verso un Cristo clipeato. E lelemento inquietante che rompe con questa armonia silenziosa
proprio il versetto scritto su quel libro, Temete Dio perch verr lora del Suo giudizio. Un monito apocalittico, spiegabile forse con le angosce vissute da Lippi stesso. Monaco, pittore, dopo aver lavorato negli stessi cantieri toscani di Masaccio e aver conosciuto la lezione di Paolo Uccello e Donatello, nel 1456 incontra la monaca Lucrezia Buti, bellissima dicono le fonti, di cui si innamora. Da questo amore illegittimo nascono Filippino, pittore anche lui, e una figlia. Ecco il perch di un monito cos duro, che nasceva da un profondo senso di colpa, dovuto al fatto che i due amanti avevano tradito e abbandonato i loro voti monastici. E proprio Lucrezia e Filippino furono i modelli per la Vergine e il Bambino, in un continuo scambio tra amore sacro e profano, commovente omaggio alla sua famiglia. Inoltre la presenza di San Vincenzo spiegabile anche con la canonizzazione del santo avvenuta solo un anno prima e per questo motivo la sua figura fu richiesta formalmente dai committenti dell opera, i domenicani di San Domenico a Prato.
Laltra figura uno strano San Giorgio, con armatura e vessillo ma senza drago ai piedi. E proprio questo santo pu essere letto anche come un san Michele arcangelo, ma senza ali, che nellApocalisse vince il drago, simbolo del male, proprio come san Giorgio. Insomma unopera che rompe con liconografia tradizionale, densa di significati. Addirittura ci sono delle corrispondenze con le Rivelazioni trecentesche di Santa Brigida di Svezia. Una bella opera, adatta pi che mai al prossimo periodo natalizio e a una visita con la famiglia. Con un occhio di riguardo anche ai pi piccoli, per i quali vengono realizzati ad hoc laboratori e attivit didattiche la domenica pomeriggio.
La Nativit di Filippo Lippi 16 novembre 2010-30 gennaio 2011 Museo Diocesano di Milano corso di Porta Ticinese, 95 Orari: marted - domenica ore 10-18 Costi: intero 8, ridotto 5, marted 4
La scultura italiana del XXI secolo fino al 20 gennaio 2011 Fondazione A.Pomodoro via Solari, 35 Orari: mercoled - domenica dalle 11 alle 19. Gioved dalle 11 alle 22. Costi: intero 8,00 . Ridotto 5,00 Ingresso libero la seconda domenica del mese
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lasciato un luogo dove rischiavo di adagiarmi senza cambiare. Al Teatro Litta debutta invece Avevo un bel pallone rosso scritto e interpretato da Angela Demett, Premio Riccione per il Teatro 2009, con la regia di Carmelo Rifici. La Demett interpreta la fondatrice delle Brigate Rosse, Mara Cagol, nei dieci anni di impegno politico, trasferimento a Milano e il conflitto generazionale vissuto sulla propria pelle attraverso il rapporto con il proprio padre, uno squarcio della storia italiana ancora vivo e carico di tensione.
Per tutta la settimana lo Spazio Mohole ospita Teatro Forsennato con Le figurine mancanti 1978, dal 18 al 21, di e con Dario Aggioli. Due figure raccontano due eventi a prima apparenza distanti, un bambino racconta dei mondiali che si svolgono in Argentina, un altro il dramma dei desaparecidos una spaccatura tra chi vuole rimanere bambino e chi non lo pu pi essere. Il 22 va in scena invece Ciao Bella di Kataklisma Teatro, un'ironica Bella Addormentata tra slogan politici e jingle si mostra come metafora di questi tempi offuscati,
patinati e narcolettici. Entrambe le compagnie fanno parte del Consorzio Ubusettete, un gruppo del panorama indipendente romano composto da quattro compagnie tra i membri anche Daniele Timpano - riunite da una visione unica del teatro alla ricerca di strade nuove e autonome per esprimersi. Continua all'Elfo Puccini The History Boys fino al 23, Zaches Teatro al Pim Off e la Compagnia della Furie dal 20 al 23 allo Spazio Tertulliano. .
CINEMA
questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org
TRON LEGACY
di Joseph Kosinski [USA, 2010] con: Jeff Bridges, Garrett Hedlund, Olivia Wilde, Michael Sheen, Bruce Boxleitner
Per chi come me ha vissuto la propria infanzia negli anni ottanta, il film Tron, primo capitolo di questa saga, ha rappresentato una cassetta immancabile all'interno della propria videoteca oltre che il primo, cinematografico distacco dal mondo dei cartoni animati con una conseguente immersione in universi inimmaginabili. Uscito nel 1982, Tron stato senza dubbio un precursore per quanto riguarda l'utilizzo della computer grafica con un logico, stupefacente ampliamento delle potenzialit degli effetti speciali. Il suo successore, Tron Legacy, si fatto attendere dagli appassionati ben ventotto anni. Troppi per godere della stessa potenza innovatrice del suo antenato. Lo strumento del 3D stato magistralmente anticipato dal fenomeno globale Avatar. Il film, forse per colmare il profondo lasso temporale di attesa, ha al suo interno un'infinit di richiami e omaggi al precedente. Seguendo un filo conduttore, i creatori hanno scelto di porre la sceneggiatura e il tessuto narrativo in secondo piano rispetto allo sforzo profuso nella realizzazione grafica delle immagini e delle sequenze d'azione. Tron Legacy uno spettacolo cinematografico che vuole stupire principalmente i nostri occhi. un arricchimento del bagaglio personale di esperienze visive. Sam Flynn un ragazzo spericolato e ribelle. Suo padre, il geniale programmatore Kevin Flynn (Jeff Bridges) scomparso vent'anni prima lasciandogli in eredit il pesante fardello della maggioranza delle azioni della Encom, una delle pi importanti multinazionali informatiche a livello mondiale. L'irrisolta sparizione del padre trover spiegazione nello stupefacente ingresso di quest'ultimo all'interno della rete virtuale da lui stesso creata. Lo schema dei personaggi e lo sviluppo narrativo ripercorrono le strade ben rodate del primo capitolo della saga. Tuttavia, si scelto di approfondire e implementare la visione distopica, frutto della gestione totalitaria di Clu, il clone digitale di Flynn. Questo sistema, cos ossessivamente alla ricerca della perfezione, attinge a piene mani dall'universo orwelliano. I geometrici raduni di programmi informatici combattenti, in totale adulazione del proprio comandante, ci riportano, invece, alla storia recente e alle adunate oceaniche del terzo Reich. L'azione incessante che non concedeva pause nel primo Tron, lascia spazio ad alcuni imprevisti momenti di riflessione esistenziale dell'ascetico Kevin Flynn. lui la figura centrale del film. O meglio lo il suo sdoppiamento tra Flynn, Dottor Jekyll, e Clu, Mister Hyde. Tra il prigioniero disilluso e l'impersonificazione negativa delle proprie recondite aspirazioni di un'irraggiungibile perfezione. Marco Santarpia In sala a Milano: Cinema Orfeo, UCI Cinemas Bicocca, Cinema The Space Milano.
HEREAFTER
di Clint Eastwood [USA, 2010, 129] con: Matt Damon, Ccile De France, Frankie McLaren, George McLaren
Una vita che riguarda solo la morte non vita, dice George Lonegan (Matt Damon) stanco del suo dono di sensitivo, vissuto pi come condanna che come qualit. Il bravo Matt Damon pare rubare le parole di bocca a Clint Eastwood che con Hereafter [USA, 2010, 129] cammina sulla linea di confine tra vita e morte, guardando un po di qua e un po di l. Questa linea parecchio sottile, instabile: un percorso pericoloso sul quale facile scivolare. Eastwood, facendosi aiutare dalla sceneggiatura di Peter Morgan, lo affronta lentamente, con la parsimonia del saggio che vuole evitare gli eccessi. In Hereafter si diramano tre storie indipendenti luna dallaltra, ma destinate a convergere. Marie Lelay (Ccile De France), giornalista francese in vacanza nel sud-est asiatico, viene travolta da uno tsunami e riesce a salvarsi per miracolo; Marcus (Frankie McLaren), bambino londinese figlio di una tossi-
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comane, assiste in diretta telefonica alla morte del gemello; George Lonegan un operaio americano in grado di entrare in contatto con laldil, ma turbato dalla sua capacit che lo costringe a una vita solitaria. Tutti e tre hanno sfiorato la morte, anche se in modi differenti. Tutti e tre, ora, condividono un interrogativo sul significato della morte, e sulla possibilit di unesistenza ultraterrena. La solitudine diventa un denominatore comune per Marie, Marcus e George, abbandonati nei loro drammi alla fame di risposte. Eastwood sceglie di raccontare il loro isolamento attraverso una narrazione lenta. Forse, le risposte che cercano i tre protagonisti non sono poi cos lontane dai dubbi del regista e, per riflesso, quei dubbi, potrebbero essere anche nostri. Eastwood preferisce guardare allaldil stando di qua: non d alcuna risposta definitiva, si limita a raccontare una storia.
Hereafter non un film sulla morte, ma un film sul rapporto tra vita e morte, sullimportanza di questo rapporto per lessere umano. Non c spazio per esagerazioni paranormali o scontati dogmi religiosi. Non servono. Cos come, nel cinema classico di Eastwood, non necessario indossare occhialini speciali per emozionarsi. Nel film, come nella vita, sono le coincidenze a dettare i tempi. Piccoli eventi allapparenza insignificanti che condizionano il nostro cammino: come il cappellino di Marcus che vola via dalla sua testa costringendo il piccolo a inseguirlo, rubando quei pochi secondi necessari a prendere la metro, brevi istanti che lo salveranno da una fine certa. Sar la coincidenza a far confluire le strade di Marie, Marcus e George. Tre parabole di vita che scorrono parallele ma, come detto allinizio, il caso porter a incontrare. Confluiremo anche noi nelle storie dei protagonisti, con i
nostri dubbi e quesiti. Senza essere infastiditi da un misticismo facile da trovare affrontando argomenti di questo tipo. Eastwood propone una riflessione e non impone un punto di vista; portandoci con lui su quella linea sottile riesce a mostrare come - anche in vite ordinarie - i confini sono labili e i dubbi legittimi e, quindi, se una vita che riguarda solo la morte non vita, allo stesso modo non lo una vita che riguarda solo la vita. Paolo Schipani In sala: Plinius multisala, UCI Cinemas MilanoFiori, UCI Cinemas Certosa, UCI Cinemas Lissone, UCI Cinemas, Como, Multisala Starplex, Cinelandia Multiplex Gallarate, Cinelandia Multiplex, Ariston Multisala, Multisala Corallo-Ritz
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