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Archeologia Marittima - RELITTO RAVENNA
Archeologia Marittima - RELITTO RAVENNA
Stefano Medas
UNIBO-DBC
k m ca
7,3
Rinvenimento: novembre 1998, durante la realizzazione dell’impianto di captazione delle acque di drenaggio
del Parco di Teodorico, che fa parte dei parchi urbani del Comune di Ravenna. La ditta ITER di Ravenna,
esecutrice dei lavori, avvisò tempestivamente la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Quota di rinvenimento: tra -6 e -7 m dal piano di campagna attuale.
Intervento di scavo e recupero: dicembre 1998-febbraio 1999.
Direzione scientifica: Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna: Soprintendente, Dott.ssa
Mirella Marini Calvani; Direttore archeologo, Dott.ssa Maria Grazia Maioli.
Collaborazione: Istituto Centrale per il Restauro del Ministero per i Beni Culturali, Dott. Costantino Meucci.
Ditta esecutrice dello scavo e della documentazione: La Fenice Archeologia e Restauro S.r.l., Bologna,
Dott.ssa Cristina Leoni.
Consulenza archeologico-navale e analisi dello scafo: Dott. Stefano Medas.
Collaborazioni: ditta di restauri ARTEA, Roma, per la collaborazione al recupero dei materiali, prima pulizia
dello scafo per predisporlo al sistema di protezione, stabilizzazione con sagome e supporti in spugna di
gomma. Ditta SOLERI, Marina di Ravenna, per la realizzazione del doppio guscio di contenimento del relitto
(gomma siliconica a contatto col legno, primo strato in lana di vetro, guscio in vetroresina con setti di sostegno
e canaline con prese esterne).
Il contesto geomorfologico
e sedimentologico
Anna Correggiari
Lo scavo
Il principio di base: conservare il relitto nella sua giacitura originale
I materiali
Circa 60 reperti sono stati rinvenuti durante lo scavo. Per la maggior parte erano situati sul fondo dello
scafo, in qualche caso negli spazi vuoti tra il fasciame esterno e quello interno. Alcuni reperti, soprattutto i
frammenti di anfore, giacevano anche all’esterno del relitto. L’inquadramento cronologico è coerente e
consente di collocare l’abbandono della barca nella seconda metà del V secolo. La maggior parte degli
oggetti è riferibile a produzioni orientali o, in parte, a imitazioni locali.
• un gancio di ferro a S;
• due pentole a corpo ingrossato e orlo piatto, in ceramica da fuoco, annerite dall’uso sulla superficie
esterna;
• un tegame di ferro con lungo manico, in cattivo stato di conservazione;
• un probabile tagliere da cucina, ricavato dal riutilizzo di una lastra di marmo;
• una ciotola di legno;
• due lucerne in terracotta, con beccuccio annerito dal fuoco;
• un elemento rettangolare di cuoio, forse parte di una borsa;
• Un bastone di legno con sommità ingrossata.
Oggetti riconducibili al carico:
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Pomey-Boetto 2019
Bon Porté, VI sec. a.C. Nin, II sec. a.C.
Pur avendo conosciuto antecedenti importanti (Uluburun, fine XIV sec. a.C.), il sistema costruttivo ‘a
tenone e mortasa’ si afferma dopo la fine dell’epoca arcaica, diventando quello in assoluto prevalente fino
all’epoca tardo-antica, fatto salvo il caso tutto particolare del versante occidentale dell’alto Adriatico, dove
il sistema ‘a cucitura’ conobbe lunga continuità, convivendo con quello ‘a tenone e mortasa’.