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S.P.G.

- I Convegno Nazionale di Psicologia Giuridica


Bari – Palazzo Ateneo - 25/27 Settembre 2008

Il Protocollo a Doppia Valutazione Alternativa


(PDVA)
Una proposta pragmatica e deontologica per la psicodiagnosi
nei casi di presunto abuso sessuale collettivo

Dr. Corrado Lo Priore, PhD, PsyD


Psicologo, Psicoterapeuta
Docente a contratto al Master in Psicopatologia e Neuropsicologia Forense,
Università di Padova

Pubblicato sotto licenza


Creative Commons
www.lopriore.it

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/ corradolopriore.wordpress.com
Abstract
I casi di presunto abuso sessuale collettivo ritualizzato (PASCR) su gruppi di bambini, possono
rispondere a due verità fattuali tra loro alternative ed inconciliabili: l’ipotesi dell’abuso e l’ipotesi
della suggestione (o falso abuso). Fino alla formulazione di una verità processuale definitiva, non
rientra nel ruolo e nelle possibilità degli operatori psicosociali coinvolti (consulente tecnico,
terapeuta, operatore assistenziale ecc.) quella di sciogliere la riserva sui fatti traumatici presunti,
neanche a fronte di indizi percepiti come evidenti. Ciò ostacola la valutazione psicodiagnostica,
esplicita o implicita nell’intervento.
Nella prassi, si è finora preteso di risolvere questa empasse con un appello alla neutralità: nella
presente relazione si argomenterà rispetto alla assurdità logica di tale soluzione, ispirata ad una
astratta correttezza di maniera, tuttavia intraducibile in scelte diagnostiche e interventi viabili. La via
della neutralità epistemologica è una chimera; a dimostrazione di tale assunto verranno analiticamente
disegnati i due distinti campi di possibilità diagnostica (secondo criteri DSM-IV-TR), evidenziando la
netta biforcazione e l’assenza di aree di sovrapposizione.
Si concluderà che, laddove l’astensione dalla valutazione sarebbe deontologicamente corretta, ma
pragmaticamente inaccettabile (sul fronte degli interventi psicologici comporta assoluta inoperabilità),
di contro la formulazione di una qualsiasi valutazione psicologica univoca non può che comportare
pregiudizialità (sebbene nascosta) ed assunzione di responsabilità improprie.
Nella seconda parte della relazione, verrà proposto un nuovo Protocollo a Doppia Valutazione
Alternativa (PDVA) come soluzione originale dell’empasse, scientificamente e deontologicamente
valida, nonché pragmaticamente mirata a fornire una completa informazione diagnostica e
prognostica al committente (giudice, servizio, famiglia), congrua a trasferire a quest’ultimo l’onere
delle decisioni critiche.
Focus PDVA: psicodiagnostica
abusi sessuali collettivi presunti
Ambito CLINICO Ambito FORENSE

Psicologi, Perito, CTU


Psicoterapeuti (del GIP, del PM)
Medici, NPI
Assist. sociali
Non si applica:
(SSN + privati +
centri antiabuso) C.T. di parte
Carta di Noto (1996)

• 5. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività


dell’indagine, l’esperto avrà cura di individuare,
esplicitare e valutare le varie ipotesi alternative, siano
esse emerse o meno nel corso dei colloqui.
Ipotesi A: Ipotesi B:
ABUSO SUGGESTIONE
DIAGNOSI DIAGNOSI

Nessun
D.P.T.S. disturbo
(contagio
Altre nevrosi dichiarativo)

d’ansia reatt. Disturbo


fittizio o
Disturbi per procura
dissociativi (Munchausen)

Altre possibilità rare negli abusi collettivi:


•Gravi disturbi pensiero (psicosi/autismo)
•Isteria di conversione
•Simulazione
3 ostacoli
• DIAGNOSI DIFFERENZ. IMPOSSIBILE
(no sintomi patognomonici; no test
dirimenti; indagine giudiziaria come imprescindibile
atto diagnostico)
CARTA DI NOTO (1996):

8. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere


considerati di per sé come indicatori specifici di abuso sessuale,
potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre
la loro assenza non esclude di per sé l’abuso.

9. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione


relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e
ipotesi di reato di violenza sessuale è necessario che l’esperto
rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali
conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di
compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti
eventi traumatici. L’esperto, anche, se non richiesto, non deve
esprimere sul punto della compatibilità né pareri né formulare
alcuna conclusione.
Soluzioni “deboli”

• Appello a:
– neutralità
– obiettività
– impersonalità

• “Non esprimere un giudizio personale, ma solo i fatti”

• Terapia/intervento senza esplicitare la diagnosi


3 ostacoli
• DIAGNOSI DIFFERENZ. IMPOSSIBILE
(no sintomi patognomonici; no test
dirimenti; indagine giudiziaria come imprescindibile
atto diagnostico)

• SCELTA DELLA TERAPIA MAI NEUTRA


(no terapie/interventi ambi-efficaci e innocui)
Ipotesi A: Ipotesi B:
ABUSO SUGGESTIONE
TERAPIA / TERAPIA /
DIAGNOSI DIAGNOSI
SETTING SETTING
Nessun M: tempo sereno
D.P.T.S. disturbo
M: psyter/individ (contagio G: counseling +
dichiarativo) controllo d’autorità
Altre nevrosi + tempo sereno
d’ansia reatt. M: tempo sereno +
Disturbo allontanamento(?) +
G: counseling
Disturbi fittizio o sostegno(?)
dissociativi per procura
(Munchausen) G: psichiatria+
provv. restrittivi
Altre possibilità rare negli abusi collettivi:
•Gravi disturbi pensiero (psicosi/autismo)
•Isteria di conversione
•Simulazione
Terapie per Terapie per
traumi da abuso disturbi fittizi

Terapie per Terapie per


traumi da abuso disturbi fittizi
3 ostacoli
• DIAGNOSI DIFFERENZ. IMPOSSIBILE
(no sintomi patognomonici; no test
dirimenti; indagine giudiziaria come imprescindibile
atto diagnostico)

• SCELTA DELLA TERAPIA MAI NEUTRA


(no terapie/interventi ambi-efficaci e innocui)

• NON SI PUO’ ASPETTARE


(la salute è un diritto urgente)
CISMAI (2007):

“Il diritto alla cura in particolare non può essere disatteso come
condizione pregiudizievole in vista della raccolta della
testimonianza, e il giudizio dei terapeuti sui tempi in cui il
bambino può rendere testimonianza deve essere tenuto in conto,
pena la violazione del principio costituzionale del diritto alla
salute e del principio del superiore interesse del minore,
previsto dalla Convenzione ONU, ratificata anche dall’Italia”.
“Neutralità”: 3 ostacoli = utopia

1. Scelta diagnostica impossibile,


nonché proibita

3. Non esiste la panacea Empasse


irrisolvibile

5. Non c’è tempo per aspettare, la


salute è un diritto urgente
La proposta: PDVA
• CARTA DI NOTO (1996)
• 5. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività
dell’indagine, l’esperto avrà cura di individuare, esplicitare e
valutare le varie ipotesi alternative, siano esse emerse o meno
nel corso dei colloqui.

“condurre separatamente un percorso valutativo/propositivo


completo per ciascuna delle ipotesi alternative (almeno
due, di cui almeno una postuli un vero abuso sessuale, e
almeno una postuli un meccanismo puramente suggestivo)”.

“par condicio” vs. falsa neutralità


PDVA: elementi cruciali
• Valutazione (almeno) doppia, su ipotesi alternative
• Par condicio: due valutazioni equipotenti, entrambe
complete (ipotesi eziologiche, elementi osservativi,
diagnosi, prognosi, proposta terapeutica dettagliata)
• Non anticipare la rottura della “simmetria diagnostica”
(spostamento di ogni ipotesi decisionale sulla diagnosi,
rigorosamente a dopo la doppia relazione scritta)
• Consenso informato al trattamento (trasferimento
dell’onere decisionale, dal clinico, a chi detiene la
tutela: genitori, ente affidatario, curatore speciale…)
Codice Deontologico degli Psicologi

Articolo 7
(…) lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al
contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e
fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le
ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati
(…).

Articolo 24
Lo psicologo (…) opera in modo che chi ne ha diritto possa
esprimere un consenso informato (…).
2 vantaggi “collaterali”

Lo specialista “sa” fin dall’inizio che dovrà


scrivere due relazioni di segno opposto:
– costringe gli operatori a formulare fin da subito
congetture in entrambe le direzioni, cercare riscontri
per entrambe (dichiarazioni, sintomi, segni, ipotesi)
ed interpretarli in ambo i sensi;

– costringe gli specialisti alla formazione


professionale in entrambi i campi del sapere
(abusologia; fenomeni suggestivi)
Gli appelli servono?

Protocollo di Venezia (2007)


2. Gli esperti che accettano gli incarichi di indagine
psicosociale in materia di abuso sessuale collettivo,
tanto se scelti in ambito pubblico quanto se scelti in
ambito privato, devono essere professionisti
specificamente formati in ambito psicogiuridico,
essere in possesso di titoli specialistici e di
comprovata competenza in ambito professionale e/o
in ambito di ricerca scientifica.
PDVA: linee di prossimo sviluppo

• Estensione ed adattamento della prassi suggerita dal


PDVA, anche alle valutazioni condotte in sede
forense/peritale sul minore presunta vittima di abuso
sessuale, da parte dei consulenti incaricati dal magistrato
(due risposte ad ogni quesito peritale?)

• Discussione sulle possibilità di estendere i principi e le


prassi del PDVA anche alla psicodiagnosi ed alle
valutazioni su minori presunte vittime di abusi non-
collettivi.
Conclusioni

La prassi psicodiagnostica e valutativa suggerita dal Protocollo a


Doppia Valutazione Alternativa (PDVA) viene sottoposta
all’esame ed alla validazione da parte della comunità scientifica.

Conseguentemente, essa viene proposta per l’inclusione nei futuri


aggiornamenti delle principali linee guida sulla valutazione del
minore vittima di presunto abuso sessuale, tra cui:
•Linee Guida della SINPIA
•Carta di Noto
•Protocollo di Venezia
•Documento di Consenso del CISMAI
Appendice:
Codice Deontologico Psicologi (estratto)
Articolo 3 - Lo psicologo (…) in ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle
persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed
efficace (…).

Articolo 4 - Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla


riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue
prestazioni (...). Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua
collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. (…) In tutti i casi in cui il destinatario ed il
committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela
prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

Articolo 5 - Lo psicologo (…) riconosce i limiti della propria competenza (…). Lo psicologo (…)
non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

Articolo 7 - (…) lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di


validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone,
all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su
casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza
professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.
Articolo 24 - Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al
gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e
comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse (…). Pertanto, opera in
modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato (…).

Articolo 31 - Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente,


subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. (…) Sono
fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in
strutture legislativamente preposte.

Articolo 32 - Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta


di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in
causa la natura e le finalità dell’intervento.

Articolo 37 - Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie
competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il
ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro
collega o ad altro professionista.

Articolo 39 - Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria (…) competenza.


Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e
consapevole giudizi, opinioni e scelte.

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