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Note, arttcolt, saggt, ARCHITETTURA CONTEMPORANEA NEGLI U.S.A. UN DIBATTITO TRA AYMONINO, BENEVOLO E TAFURT di Vittorio de Feo La recente pubblicazione sull’« Architettura del dopoguerra in USA », opera di Mario Manieri-Elia, con Ja collaborazione di Massimo d’Alessandro, contiene cosi ampia materia di argomentazione, da consentire la confluenza dei pit appassionanti interventi sull’architettura d’oggi. Un dibattito seguito alla presentazione del libro, con la partecipazione di Carlo Aymonino, Leonardo Benevolo ¢ Manfredo Tafuri, evidenzia la ca- pacitd catalizzatrice di interessi del testo. Il discorso sull’America, paradigmatico della realtd odierna, oltrepassa Patteggiamento storico filologico, per determinarsi come polemica cultu- rale immediatamente connessa alla quotidiana operazione architettonica. Carlo Aymonino, in tal senso, decisamente assume gli USA come « luogo di stimolanti esperimenti architettonici », ritrovando, esemplarmente, nella trattazione di M. ManiericElia dello sviluppo di New York e dell opera di Louis Kahn, nel contrasto tra «lo sviluppo estremamente elevato nella qua- lita tecnologica di una cittd ¢ le ricerche ¢ le precisazioni di una individua- Tita artistica », i pit. generali elementi dialettici e problematici dell’architet- tura odierna, Nel caso di New York, in particolare, nella diferente dimensione, pre- sentata dal testo, tra la cittd reale, cio’ Ia regione urbanizzata otmai im- mensa, ¢ la fittizia immagine architettonica limitata a Manhattan e ai suoi grattacieli, C. Aymonino rileva un rapporto macroscipcamente corrispondente all’antitesi, comune ad ogni centro urbanizzato, tra citta, rappresentativa del potere economico, politico ¢ sociale, e campagna, intesa come la parte quan- titativamente pit rilevante della cittd stessa, ma da questa esclusa ¢ desti- nata alla residenza delle classi maggioritarie. Ove, nel caso, la dimensione del fenomeno @ tale che « la campagna di New York & il mondo ». Larchitettura della citth di New York, peraltro, nonostante tentativi ! Dibattito svoltosi il 13 febbraio 1967 a Roma nella sala della Calcogratia Nazio- nale in occasione della presentazione del libro di M. Mantert-Et3a, L’architettura del dopoguerra in U.S.A., Cappelli, Bologna 1966, 6 Rassegna dell'Istituto di architettura e urbanistica di particolare organizzazione di alcuni edifici rispetto alla struttura viaria, tende alla completa indifferenziazione architettonica dei singoli esperimenti, ad « un'immensa gabbia di courtain wall », includente anche casi di parti- colare finezza poetica come il grattacielo Seagram di Mies Van der Rohe. In questambito @ perduto il rapporto interno-esterno del singolo c ficio, 2 annullata la possibilita « di invenzione di elementi di ristrutturazione che investano settori pitt ampi che non la semplice acquisizione di uno o pitt lotti all'interno di una maglia urbana ». Con l'estrema conseguenza dei neutri grattacieli gemelli di Yamasaki, per i quali lo stesso M. Manicri-Elia afferma: « Se 2 vero che ogni forma isolata pud acquisire una sua forza personale, la forma pit spersonalizzata non pud essere che quella ripetuta, e ripetuta due sole volte per non risuscitare in un’unit sotto forma di ritmo ». Pitt ancora che il fenomeno di crisi dell’architettura americana, interessa perd, secondo C. Aymonino, la prospettiva di una cultura architettonica dia- letticamente insorgente dall’interno sviluppo di tale crisi. Cultura tanto pitt fertile quanto pit torna a costituire un rapporto, in senso di evoluzione o di contestazione, con i protagonisti del movimento moderno. E, su questa base, appare estremamente interessante la personalita di Louis Kahn, « non tanto perché rivendica una monumentalit’, quanto per- ché rivendicandola afferma naturalmente da chi proviene ¢ tenta di avere dei seguaci » La sua affermazione: « Ho scoperto una citta che si chiama Le Corbu- siet » va intesa con tale significato. C. Aymonino tiene altresi a precisare Ia caratterizeazione anticlassica, ‘© meglio antiaccademica, di L. Kahn; evidenziata, ad esempio, dalla contrap- posizione della personalita di F.L. Wright ¢ L. Kahn sottolineata dallo stesso M. Manieri-Elia, il quale osserva che mentre « per Wright il programma & Parchitettura, ed quindi immediatamente risolto negli strumenti diretti ar- chitettonici, per Kahn all’opposto Varchitettura diviene faticosamente un programma ». Programma, afferma infine C. Aymonino, che si traduce nel soddisfare, in architettura, le mutevoli esigenze contingenti con il permanente: invenzione cio’ di oggettualita pienamente integrate con la realta « naturale » dell’uomo, con finalitd, cio’, coerenti con il progresso storico culturale. Manfredo Tafuri affronta il tema del dibattito con un’angolazione al- quanto diversa. Gli preme innanzitutto mettere in luce un rapporto storico nell’archi- tettura americana. Il primitivo divario, rilevato da M. Manieri-Elia nel te- sto, tra le correnti architettoniche della scuola di Chicago da una parte degli imitatori dell’eclettismo europeo dall’altra, si ripropone oggi, per M. Ta- furi, sia pure in un diverso rapporto di contestazione, come divergenza tra . Non perd, precisa infine L. Benevolo, evadendo il problema, creando nuove immaginarie necessitd, per isolarsi dalla lotta; inventando un tipo di architettura al riparo del contesto produttivistico, « un dominio privato, nel- Villusione che questo sia pit vero di quellaltro, mentre di fatto & sul ter- reno proprio dell’organizzazione che si gioca V'alternativa tra libert’ sostan- ziale ¢ liberta soltanto formale ». Si pud rilevare, a generale conclusione, che i tre interventi riportati, sulla materia posta cosi fecondamente da M. Manieri-Elia e M. d’Alessandro, alla comune attenzione, individuano tutti, condividendo quindi la tesi del testo pur nella diversita di accezioni ¢ di giudizio, un problema primario: il bifrontismo dell’attuale architettura in America ¢ nel mondo. Cid anche quando, come nel caso di L. Benevolo, per una particolare valutazione critica, viene minimizzata una delle parti. Su questo tema fondamentale, poiché ogni altra argomentazione risulta implicita, appare necessario fissare l'attenzione per un proseguimento del dibattito. Il problema & tanto pitt interessante in quanto analogicamente inserito in quello del pit generale atteggiamento culturale di fronte al progresso tec- nico; che, a sua volta, si traduce, agli estremi, nel bifrontismo delle posi- zioni tecnicistiche, che intravedono neutralmente implicite nello sviluppo tec- 10 Rassegna dell’Istituto di architettura e urbantstica nico le trasformazioni strutturali, e delle posizioni volontaristiche, protese al futuro ¢ fiduciose nelle possibilitt eversive individuali. Atteggiamenti ambedue sterili per incapacita di dominio della realta. Proseguire il dibattito su questo tema, alla ricerca di una posizione culturale non alienata rispetto alla storia ¢ quindi progressiva, ove non si condivida Pottimismo di fronte all’attuale realt& maggioritaria, significa gia, peraltro, avanzare una risposta positiva all'inquietante interrogativo di L. Mum- ford: « La distruzione della nostra civiltd 2 gid andata sufficientemente avanti perché si imponga il rinnovamento, o tanto avanti da impeditlo? ».

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