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1. IL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO “Si @ lasciato intendere che la comunicazione visi- va abbia una sua immediata evidenza, una sua oggettivita che non richiede particolari mediazioni per essere compresa. Insomma, per comunicare attraverso le immagini sarebbe stato sufficiente fare affidamento su un repertorio “naturale” di capacita, su una grammatica e una sintassi spon- tanee, e non sarebbe stato necessario addentrarsi in analisi sofisticate di tipo retorico.” (B. Vertecchi) 1.1 CINEMA, LINGUAGGIO NATURALE? La nostra é la civilta dell’immagine, la cultura prevalente @ di tipo audiovisivo, ma noi continuiamo ad avere scarsa dimestichezza con i nuovi linguaggi. Ci trae in inganno Videa che cid che si vede sia chiaro di per sé, che non sia costrui- to linguisticamente in modo simile al linguaggio parlato e scritto. | messaggi audio- visivi vengono percepiti normalmente come se si trattasse di un flusso ininterrotto di immagini, in un continuum non strutturato, perché non rivelano immediatamente, alla prima lettura, la propria grammatica e sintassi, che pur esistono, anche se in forma ipocodificata. II linguaggio cinematografico usa sempre, anche se in maniera attenuata, un codice che deve essere conosciuto sia da chi invia il messaggio (emittente) sia da chi lo riceve (destinatario), il quale deve decodificare dei segni specifici (una dissolvenza o una sfocatura possono indicare un’ellissi temporale e geografica, un flash-back, un flash-forward, un sogno, una soggettiva mentale) oltre ai simboli socioculturali che si esprimono anche nei costumi, nei colori, ecc. 26 Una gionata particolare (seq. 5) REQ Schindler's List (seq. 2) 22 Il conformista (eq. 1) GQ Psyco (seq. 2) Occorre tener presente che il linguaggio cinematografico @ complesso di per sé per- ché @ formato a sua volta da altri linguaggi. La sua multimedialita fa si che il suo codice sia, in realta, un insieme di codici: immagine rimanda alle arti plastiche, 'e- spressione verbale alla letteratura, la colonna musicale alla musica. La sua versati- lita e coralita linguistica e tecnica gli permettono combinazioni altamente dialettiche nell'utilizzare questa pluralita di codici culturali ed estetici. Per questi motivi il plurilinguismo del cinema si rivela particolarmente utile per rap- presentare le contraddizioni e le schizofrenie dell'uomo contemporaneo. RL Hannah e le sue sorelle eq. 2) Anche lopera-film & quindi qualcosa di estremamente costruito e artificiale; questo implica che porsi il problema della sua comprensione significa porsi principalmente il problema del suo testo. Merito principale dei formalisti russi @ stato quello di porre al centro delle loro indagini opera stessa, nei suoi elementi testuali, prescindendo almeno in partenza dalle metodiche psicologiche, sociologiche, o filosofiche. 7 Per loro il cinema é arte, e come tale é opera dell’uomo, é costruzione dell’artista; per questo deve andare oltre la pura e semplice riproduzione della realta, ed esal- tare al contrario il proprio aspetto costruttivo. Lanalogia con la realta, la sua vero- simiglianza, allontana, pid che awicinare, il cinema dall'arte, proprio perché l'arte comincia dove interviene l'uomo con i suoi mezzi di espressione a dare un suo senso ai materiali che utilizza. Nulla @ naturale nel cinema (a cominciare dalla sua bidimensionalita che fa apparire appiattita sulla superfice dello schermo la realta tridimensionale) e tutto vi é con- venzionale, a partire dallo spazio e dal tempo cinematografici, molto diversi dallo spazio e dal tempo della realta, vere e proprie astrazioni e costruzioni retoriche. Ne consegue la maggiore importanza della forma sul contenuto, del come piuttosto che del cosa: nel testo cinematografico, come in quello letterario, bisogna guardare al modo in cui l’opera é strutturata, ai diversi elementi che l’autore ha scelto e alla loro organizzazione. Dunque Vattenzione agli aspetti formali e stilistici del film trae origine dall’esistenza di un codice cinematografico che va indagato nei suoi elementi costitutivi, nella sua grammatica e nella sua sintassi, anche per poter evidenziare il grado di novita che ogni singola opera presenta nei confronti dei modi abituali in cui il codice @ usato. Per questo @ importante conoscere la storia del cinema, come storia dei modi di costruzione linguistica dei film, appunto per poter valutare la capacita dell’artista di violare queste norme, arricchendo la stessa storia del cinema con elementi di novita, che a loro volta potranno acquistare con il tempo valore di norma e diventare cosi oggetto di successive violazioni da parte di nuovi artisti. “Questo processo continuo di stabilizzazione della norma e di sua violazione, di suo superamento costituisce per i formalisti la storia di ogni singola arte” (G. De Vincenti, op. cit., p. 41). 1.2. IL CINEMA: LINGUA O LINGUAGGIO? Nessun dubbio quindi sulla necessita dell’alfabetizzazione audiovisiva e cinemato- grafica nella scuola. Ma esiste un alfabeto del cinema? Quanto codice ha, quanto @ universale e naturale, e quanto é convenzionale e arbitrario? Come e quanto questo particolare codice & soggetto a continue trasformazioni nel tempo? Per i formalisti russi (€ tra loro Ejzenstejn), convinti assertori dell’analogia tra il cine- ma e la lingua (Ejchenbaum parla di “cine-frase” e di “cine-periodo”), il procedimen- to attraverso il quale si fa un film somiglia intimamente al procedimento attraverso il quale si costruisce una frase, un periodo, un testo letterario. Allo stato attuale ormai pid nessuno crede in una semiologia del cinema che possa definire codici rigorosi simili a quelli della lingua scritta. Il cinema non é una lingua, semmai @ un linguaggio, molto storicizzato per giunta, estremamente variabile nel tempo e nello spazio. Insegnare a leggere le immagini cinematografiche ha un senso solo se ci limitiamo ad alcune convenzioni linguistiche che si sono andate evolven- do in questo secolo, di pari passo con la sua storia e la sua cultura. Per questi motivi, secondo C. Metz, l’espressione “linguaggio cinematografico” avreb- be bisogno di numerosi commenti giustificativi, ma la si pud usare (mentre non & accettabile “lingua cinematografica’) per ragioni di comodita discorsiva, visto che si @ consolidata ed imposta nella lingua dei teorici e degli estetologi del cinema. La semiologia del cinema nasce all'inizio degli anni *6o, sviluppandosi nell’'ambito degli studi sulla comunicazione e il linguaggio. Campo di indagine é il linguaggio cinemato- grafico in quanto insieme di regole linguistiche generali e valide per tutti i film, nel ten- tativo di superare lo stadio empirico, soggettivistico e non scientific della maggior parte degli scritti sul cinema. Si trata di una disciplina giovane, dunque, che sta cer- cando di trasformare in tesi alcune delle grandi ipotesi di lavoro che ha definito. C. Metz @ stato il primo che ha cercato di individuare le forme che fanno del cinema un linguaggio, avviando una serie sempre piti numerosa di studi e approfondimenti specialistici sulle specificita linguistiche del cinema. Il suo saggio Le cinéma: langue ou langage? del 1964 ha dato awio ad un intero filone di studi. Come sappiamo, la risposta all'interrogativo @ a favore del lin- guaggio. Nonostante Ejzenstejn avesse cercato di dimostrare la capacita del cinema di signi- ficazioni anche astratte, il cinema non poteva essere una lingua, prima di tutto per- ché non possiede il tratto fondante delle lingue naturali, che @ la doppia articola- zione: un numero limitato di segni astratti, unit separate, puri e semplici suoni (fonemi) che sono privi di significato proprio, i quali, in combinazione, vanno a for- mare un vasto numero di parole o unita minime dotate di significato proprio (mone: mi). Il cinema non possiede né unita di senso fisse (ogni inquadratura é sempre un caso a sé), né unita prive di significato (ogni inquadratura possiede un senso). Per Metz l'inquadratura ha caratteristiche che la rendono vicina alla frase e non alla parola: inquadratura di una pistola in un film poliziesco non equivale affatto alla parola “pistola” ma piuttosto alla frase “ecco che entra in scena una pistola”. Inizialmente Metz cercd, inutilmente, di mettere a punto una grammatica del montag- gio, ma si accorse che il cinema era una lingua molto piti libera delle altre. E allora, lingua (come quella parlata e scritta, dotata di un codice grammaticale, morfologico, sintattico ben definito) o linguaggio (nel senso di lingua aperta, non formalizzata)? La conclusione, secondo Metz, @ che il cinema @ un linguaggio aperto. Ma questo non gli impedisce di essere oggetto di studio della semiologia: “i sistemi flessibili possono essere studiati in quanto sistemi flessibili, attraverso metodi appropriati” (C. Metz, op. cit, p. 135). Insomma Metz supera quella che era stata la sua prima conclusione, e cio che il cinema, non essendo una lingua, non pud essere oggetto di studio da parte della semiologia. Il saggio termina con: “Bisogna fare la semiologia del cinema”. Sempre da Metz viene la proposta di considerare il cinema come una pluralita intrec- ciata di codici, alcuni dei quali sono specifici del cinema (fotografia in movimento, montaggio, illuminazione, movimenti di macchina ecc.), mentre altri non sono speci- fici del cinema, cioé quelli presi a prestito da altri linguaggi e altre arti come la let- teratura 0 il teatro (codici e modelli della narrazione, recitazione, sceneggiatura, dia- loghi, scenografia, ecc.). Ci si riallaccia cosi al famoso dibattito sullo specifico filmico, che per i registi e teo- rici russi degli anni ‘20, era il montaggio. Ancora un‘altra distinzione proposta da Metz, quella tra codici cinematografici gene- rali (comuni a tutti i film: inquadratura, montaggio, illuminazione) e codici cinema- tografici particolari (specifici ad un determinato periodo o regista: montaggio sovie- tico, neorealista, espressionista, classico americano). 79 1.3. NON NORMATIVITA E STORICITA DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO Ogni lingua, secondo De Saussure, “appare sempre come una eredita dell’epoca pre- cedente”. Anche il linguaggio cinematografico non @ sempre uguale a se stesso ed @ necessario analizzare diacronicamente i cambiamenti nell'uso del codice. Una didattica moderna, necessariamente multimediale (nel senso che deve porsi il problema dei rapporti fra le diverse forme di linguaggio), deve individuare analogie tra i diversi linguaggi, senza tuttavia chiudersi in una normativa rigida. Per questi motivi dovremmo porci davanti a tali problemi in modo empirico e problematico, basandoci sull’analisi dei testi in maniera mai normativa. Quello che interessa @ la ricchezza espressiva del cinema pid che il ripetersi delle stesse soluzioni, il modo con cui si concretizzano in uno specifico testo pid che il loro funzionamento in astratto. Analogamente alla lingua scritta (anzi di pid: levoluzione e Vinvecchiamento dei codici del cinema sono particolarmente incalzanti) il linguaggio cinematografico & in continua trasformazione, per cui & importante conoscere l’evoluzione degli elementi specifici di cui @ composto: linquadratura, il montaggio, ecc. Questo lavoro non si propone di codificare un sistema di norme che funzionino come delle gabbie, ma semplicemente di offtire una casistica del “fare” di alcuni registi, delle loro specifiche e personali soluzioni. Il linguaggio cinematografico mal sopporta di farsi rinchiudere in schemi rigidi, le sue regole grammaticali e sintattiche possono essere solo “regole”, consapevoli della loro convenzionalita, storicita e parzialita. Esso @ ancora, pid di un secolo dopo la sua nascita, in continua formazione e trasformazione, un divenire senza fine. La significazione cinematografica awiene con forme e tipologie che vengono create, abbandonate, riprese, modificate senza sosta. ll cinema @ un linguaggio che sopporta a malapena qualche tenue regola grammati- cale e sintattica. Questo perché il cinema non é costituito da segni diversi dalla cosa che significano, ogni inquadratura della storia del cinema passato e futuro @ una tes- sera del mosaico del cinelinguaggio, una nuova voce di un dizionario infinito (senza neppure un ordine alfabetico perché le immagini non hanno iniziali) in continua for- mazione, in un divenire senza fine. 1.4 CONVENZIONE E TRASGRESSIONE Vi sono nella storia del cinema alcuni film che si sono imposti per la loro capacita di riassumere bene la norma codificata, altri per la loro sconvolgente capacita innovatrice. Il miglior cinema spesso @ fatto di “errori di grammatica”, che rispondono esclusiva- mente alle leggi della “grammatica della fantasia’. Le scelte delle sequenze da ana- lizzare rispondono a queste tipologie. Si tratta di due prospettive opposte, ma entrambe significative dal punto di vista del funzionamento del linguaggio. Intolerance e La corazzata Potemkin possono stupit- ci ancora per la loro freschezza inventiva, solo se sapremo storicizzarli: le loro inno- vazioni e trasgressioni linguistiche sono ben presto diventate le nuove norme di un linguaggio sempre in evoluzione e sempre alla ricerca di un suo superamento. E spesso le trasgressioni di ieri sono le convenzioni di oggi e viceversa: né pit né meno che nelle altre forme di espressione artistica. Intolerance (sea. 4) La soluzione impertinente ha forte capacita di attrazione. Il montaggio delle attra- zioni di Ejzenstejn & un montaggio impertinente. Ueducazione linguistica nella scuola ha il compito, se non vuole rinunciare allo svi- luppo della creativita, di sensibilizzare allo «scarto», all'impertinenza: deve essere quindi anche educazione stilistica. Metz mette in guardia: la narrativita filmica si é stabilizzata per via di convenzioni e di ripetizioni lungo l'arco di innumerevoli pellicole, che non hanno certamente nien- te di immutabile e che rappresentano lo stato sincronico del cinema attuale. Applicando al cinema un’idea saussuriana, si pud dire che la grammatica e la sintas- si cinematografiche possono cambiare, ma che non pud cambiarle con tanta facilita il primo venuto. “Il difetto di intellezione da una parte dei fruitori sarebbe la sanzione automatica di un’innovazione puramente individuale che il sistema si rifiuterebbe di ratificare, e Voriginalita degli artisti creatori consiste, qui come altrove, nel giocare d’a- stuzia con il codice o nell’utilizzarlo in maniera ingegnosa piuttosto che nell’aggredir- lo frontalmente o nel violarlo, e ancora meno nell’ignorarlo” (Metz, op. cit., p. 153). La storia del cinelinguaggio pud essere schematicamente suddivisa in tre periodi: 1) scoperta delle possibilita tecnico-linguistiche dello strumento; 2) creazione della grammatica e della sintassi filmica; loro sperimentazione espressiva; 3) sviluppo allinfinito di questi codici convenzionali; ogni autore @ libero di scrive- re con le immagini come vuole. Anzi ormai sono sentite come utili e necessarie le licenze poetiche, rispetto a grammatiche e codici sentiti come stereotipi. Questo lavoro evidenziera a piii riprese tale ambiguita del cinema, costantemente divi- So tra normativita e trasgressione. Per questo ho dato molto rilievo, oltre alla lingui- stica del cinema (i procedimenti codificati di significazione), anche alla sua retorica. Come giustamente osserva S. Bernardi, “(..) dopo un periodo di distacco da questa disci- plina, in seguito anche ad estetiche che, come quella crociana, privilegiavano il momen- to intuitivo e limmediatezza, sta ora subentrando una rivalutazione della retorica”. 200 I conformista (eq. 5) 1.5 PAROLA E IMMAGINE Il rapporto tra parola e immagine @ stato molto dibattuto dagli studiosi negli anni passati. Le opinioni sono diverse, anche se tutte concordano sul fatto che le imma- gini non sono assimilabili tout court alle parole e non si possono trasporre al lin- guaggio cinematografico gli stessi concetti elaborati per la lingua verbale e scritta. Non @ qui possibile render conto di tutto il dibattito sull’argomento. Mi limiterd ad un confronto tra alcune caratteristiche specifiche della parola e dell'immagine cine- matografica, relativamente ad alcune proprieta linguistiche. 1. Articolazione doppia e articolazione singola Quali sono le unita minime del linguaggio cinematografico? F. De Saussure aveva distinto nella lingua una doppia articolazione: un numero limitato di segni astratti, unita separate, puri e semplici suoni (fonemi) che sono privi di significato proprio, i quali, in combinazione, vanno a formare un vasto numero di parole o unita minime dotate di significato proprio (morfemi).. Il cinema invece, sostiene C. Metz, si avvale di una articolazione singola e non 81 della doppia articolazione della lingua. Per questo motivo significante e signifi- cato sono separati e distinti nella lingua scritta, ma simultanei nel cinema. Le conclusioni di Metz a questo riguardo sono: a) Le inquadrature sono di numero potenzialmente infinito, contrariamente alle parole di una lingua, ma analogamente agli enunciati formulabili in una lingua. b) Le inquadrature sono invenzioni del cineasta, contrariamente alle parole ma analogamente agli enunciati, che sono invenzioni del locutore. Le immagini non sono parole: non hanno un dizionario e non preesistono in un lessico. 2. Analogia con la realta e simbolicita Limmagine cinematografica possiede la proprieta, pid della pittura e della fotogra- fia, di assomigliare alla realta che riproduce, perché non @ solo riproduzione iconi- ca e fotografica della realta, ma @ anche riproduzione del suono e del movimento. Da qui 'impressione di realta che il cinema da, pid del romanzo, pid del teatro, come fosse una finestra sul mondo, che permette di assistere direttamente ad uno spettacolo reale. Tutte le pid importanti scoperte tecniche del cinema (dal sonoro, al colore, alla stereofonia, alleffetto surround) sono state motivate dal bisogno costante di aumentare limpressione di realta. REQ Salvate il soldato Ryan (seq. 2) Se le immagini e i rumori hanno un referente concreto nella realta, le parole inve- ce non assomigliano a qualcosa di reale, sono pi simboliche perché non diret- tamente referenziali, per essere comprese hanno bisogno della conoscenza di un codice (la lingua). Basterebbe questo per convincersi della alterita tra segni codificati e segni ana- logi 3. Convenzionalita e arbitrarieta Se la parola @ un segno del tutto convenzionale e arbitrario (non esiste nessun motivo per cui ad un determinato significato corrisponda un determinato signi- ficante), Vimmagine @ un segno analogico del reale, ma non @ il reale. E solo una sua rappresentazione, che contiene anch'essa un certo margine di arbitrarieta e convenzionalita. Nellimmagine il codice @ minimo e non occorre studiare, come invece bisogna fare per una lingua, per leggervi il significato. Se ne deduce che il cinema, come sostiene G. Gola (op. cit.) & un linguaggio ipocodificato. La comunicazione verbale si riferisce ad un mondo concettualizzato, cio® gia diventato pensiero, mentre immagine cinematografica fa necessariamente riferi- mento ad una realta sempre specifica. La parola “uomo” non @ legata a nessun uomo particolare, al contrario dell’immagine di un uomo, che &, in ogni caso, una realta determinata, non un concetto. Ma @ anche vero che 'uomo rappresentato nell’immagine (nelle sue dimensioni, nei suoi colori...) non @ identico all’immagine che noi avremmo ponendoci mate- rialmente davanti all'uomo in questione. Lo sperimentarono direttamente i primi spettatori dei fratelli Lumiére che scapparono alla vista del treno. Evidentemente anche immagine cinematografica si awvale di convenzioni: a) @ bidimensionale e non tridimensionale come la reat: b) limita nei bordi rettangolari dell’inquadratura una parte di tempo e di spazio assolutamente distinta dal continuum spazio-temporale del mondo fenomeni- co, praticamente illimitato e infinito; © modifica le dimensioni; d) modifica i colori con le dominanti, o li riduce a tonalita di grigi con la foto- grafia in bianco/nero. “Quando uno spazio illimitato viene trasformato in inquadratura, le immagine diventano segni, che possono significare pid di quanto raffigurano” (J. Lotman, __ op. cit, p. 53). 2EQ | quattrocento colpi (seq. 2) Adesso un film che non adopera il découpage ci appare subito “strano”, ma allora era il contrario. Raccontano che nel cinema di Hollywood, dove Griffith mostrd per la prima volta un grande primo piano, tra il pubblico si diffuse il panico per quella enorme testa mozzata. Balazs racconta che una ragazza sovietica, che non era mai andata al cinema, si era spaventata perché aveva visto “uomini fatti a pezzi”. Questo @ cid che accade quando si confonde lo spazio cinematografico con lo spazio naturale. Sugli aspetti relativi al rapporto cinema-realta, é utile consultare il film come arte di R. Amheim, che mostra molto bene come il cinema, proprio perché calco par- ziale e manchevole della realta, anche nel caso del semplice documentario, possa staccarsi dal reale ed aprirsi alla creativita. 4. Capacita sintetica e analitica Luigi Chiarini scrive: “La parola, esprimendo il concetto, ha, sotto questo riguar- do, una capacita sintetica assai superiore all’immagine, mentre quando tende a darci la rappresentazione oggettiva (e quanto pit possibile analitica) della realta, non solo non pud raggiungere mai la compiutezza dell'immagine, ma le @ impos- sibile competere con la forza sintetica di questa. Per contro "immagine non ha la possibilita di esprimere il concetto” (op. cit., p. 233). Linquadratura fornisce una quantita di informazioni indefinita, contrariamente alla parola. Da questo punto di vista, inquadratura non equivale ad una paro- la, ma assomiglia (anche se ci sono grandi differenze) ad una frase complessa di lunghezza indefinita. “Nemmeno Vimmagine ferma di un oggetto semplice potrebbe essere tradotta con la parola corrispondente dell’oggetto fotografato, perché nella sua definizio- ne si dovrebbe tener conto dell'illuminazione, dei rapporti figurativi tra la forma dell’oggetto e il contorno dell'immagine, dell’angolazione, della deformazione conseguente all’uso di un certo obiettivo, di tutti gli altri elementi che la tecni- ca offre al regista” (G. Bettetini, Cinema: lingua e scrittura, p. 44). In conclusione, la singola inquadratura pud di volta in volta avere il valore di una parola o di un’intera frase: (4 La corazzata Potemkin (seq. 2) 5. Universalita La parola @ limitata alla cerchia di coloro che conoscono una lingua, mentre limmagi- ne @ universale, nel senso che tutti hanno le stesse facolta neurologiche di vedere. Ma Vuniversalita dell’immagine si ferma qui: immagine di un uomo dice a tutti che si tratta di un uomo e non di un alberto, ma niente pid di questo, perché lo stesso uomo pud essere rappresentato da mille immagini diverse e pud essere quindi “letto” in mille modi diversi. Uimmagine cinematografica é internazionale e non conosce frontiere di lingua, di vocabolario o di grammatica. Un film & lo stesso in tutto il mondo, per quanto riguarda immagine e la colonna sonora “internazionale” (rumori e musica). 6. Astrazione e concretezza “Il segno cinematografico non é mai rapportabile, direttamente, a un’idea astratta, a un ‘nome’: non esistono nel cinema i segni di ‘bonta’, di ‘carita’, di ‘ambiguita’, ma solo immagini ambigue di fenomeni implicanti nel loro svolgimento o nella loro valutazione queste astrazioni” (G. Bettetini, Cinema: lingua e scrittura, p. 173). Allo stesso modo non esistono nell'ipotetico e impossibile vocabolario filmico i segni di “automobile” 0 “casa”, ma solo quelli riferibili a degli esemplari concreti di questi oggetti. Ejzenstejn tentd di realizzare un awvicinamento tra i due linguaggi, considerando la loro comune “concretezza”. Per dimostrarne la somiglianza, egli usd l'ideo- gramma giapponese come esempio di linguaggio ed anello mediano fra mon- taggio cinematografico e costruzione linguistica. La combinazione di due gero- glifici che rappresentano un oggetto non @ la loro somma, ma il loro prodotto, cioé la rappresentazione di un concetto: la raffigurazione dell’acqua e quella di un occhio significano “piangere”. E esattamente quello che si realizza nel cinema che, combinando inquadrature sin- gole nel significato, neutre nel contenuto, arriva ad esprimere scene “intellettuali”. EQ Ottobre Gea. 2) 7. Coniugabilita temporale Le sfumature temporali dell'espressiome scritta sono pressoché infinite, le diverse dimensioni temporali della frase sono molteplici tra il passato, il presente e futuro. Al contrario immagine cinematografica non @ coniugabile: “Nell'immagine cine- matografica si vede unicamente cid che accade dinanzi ai nostri occhi. (...) Le inquadrature riflettono soltanto il presente, non possono esprimere né il passa- to né il futuro”. (B. Balazs, op. cit. p. 118). U. Eco sintetizza: “Il cinema @ una successione di rappresentazioni di un pre- sente, gerarchizzabili solo in fase di montaggio”. 20 Non si uccidono cosi anche i cavalli? (seq. 1) CAL Tutti git per terra (seq. 1) La non grammaticalita e la non coniugabilita dell’immagine cinematografica non devono indurci a pensare di andare ognuno per la propria strada, trascurando confronti semplici con vantaggio reciproco dei due campi di indagine. E importante per gli studenti rendersi conto che anche l'immagine cinematogra- fica @ il frutto di una serie di scelte, tecniche, linguistiche, stilistiche (allo stesso modo della parola), e scoprire che una serie di operazioni di selezione e mon- taggio stanno all’origine di ogni messaggio, anche se ogni medium ha proprie caratteristiche di selettivita e montaggio. 1.6 CINEMA E LETTERATURA Lo studio dei rapporti tra cinema e letteratura non deve risolversi in un confronto esclusivamente contenutistico e ideologico tra il film e opera letteraria da cui & trat- to, ma deve comprendere lo studio comparato, della narratologia, della sintassi, della retorica dei due linguaggi, dal momento che ambedue sono strutturati secon- do delle regole interne simili, anche se non identiche. La questione principale intorno alla quale si @ discusso per molti anni @ se i due linguaggi debbano essere considerati equivalenti, complementari o antitetici. Senza soffermarsi sulle varie posizioni degli studiosi, 8 ormai condivisa da tutti la convinzione che tra questi due linguaggi esistano delle convergenze e divergenze notevolmente stimolanti da analizzare, sia per chi si interessa di cinema che di let- teratura. Scrive S. Bernardi: “E infatti solo attraverso il confronto, riconoscendo al cinema i suoi strumenti espressivi e riconoscendo i suoi alla letteratura, giocando e lavoran- do proprio su queste differenze che potremo conoscere meglio entrambe”. II visibi- le @ profondamente diverso dal dicibile, ma questo non impedisce che nello studio della narratologia cinematografica si possano efficacemente utilizzare le categorie narratologiche della letteratura. Nessuno mete pidi in dubbio che, confrontando un testo letterario con la sua trasposizione cinematografica, potremo comprendere meglio sia 'una che Valtra, le loro specificita e le loro strutture. Gia da tempo l'ana- lisi comparata tra letteratura e cinema ha portato allimpiego di una terminologia comune per descrivere gli effetti di visualizzazione prodotti da un testo letterario: “lettura”, “grammatica”, “sintassi”, “punteggiatura”, “retorica”, “scrittura filmica”. Analogamente sono entrati in uso, nelle analisi del testo letterario, termini come zoom, dissolvenza, focalizzazione: da U. Eco che descrive Vincipit dei Promessi sposi come una serie di complessi movimenti machina, a G. Genette che parla di “carrel- lata in avanti del romanzo balzacchiano”. Ma come giustamente osserva U. Eco (Cinema e letteratura: la struttura dell’intrec- cio, in La definizione del’arte, op. cit., p. 202), “(..) quando qualcuno impiega tali analogie le impiega sotto forma di metafore”. Quindi se in questo lavoro si parla di grammatica, sintassi, punteggiatura cinematografica, lo si fa prima di tutto in senso metaforico. Accade sempre pid spesso, continua Eco, che molte discipline contem- poranee individuino delle omologie di struttura tra fenomeni appartenenti a ordini diversi ma strutturalmente simili come appunto il cinema e la letteratura. Ad esempio il modo in cui Joyce utilizza il flusso di coscienza ha molto a che vede- te con limmediatezza del montaggio in alcuni autori: il passaggio di focalizzazio- ne awiene in questi casi senza marche grammaticali, il presente, il passato e il futuro sono indistinti in un flusso continuo del pensiero, come in Providence di A. Resnais (1977), vero e proprio viaggio interiore che passa continuamente dalla realta alla fantasia, dalla memoria volontaria a quella involontaria, dal presente al passato. S200 L'uomo del banco dei pegni (seq. Con questo non vogliamo negare la specificita dei due linguaggi e delle forme di rac- conto che li contraddistinguono, ma vogliamo evitare il rischio di rifugiarsi nel culto della settorialita. Non ci convincono le schematizzazioni semplicistiche che talvolta appaiono sui libri di testo e che identificano la parola all’inquadratura, la frase alla scena, il periodo alla sequenza. Ma siamo altrettanto convinti che uno studio che si basi sul rinvio, per convergenza e divergenza, non pud che migliorare 'apprendi- mento dei due linguaggi. Ad esempio una divergenza tra il racconto cinematografico e quello letterario @ che in quest'ultimo la descrizione non coincide con la narrazione. Mentre lo scrittore descrive, la diegesi e il tempo della storia si fermano; il cinema invece riassume insieme quello che la lingua é@ costretta a diluire in una successione. Per G. Cremo- nini “(..) il cinema @ una forma di rappresentazione totale: non @ costretto a sepa- rare descrizione e narrazione, ma descrive narrando”. GRE Psyco (seq. 3) L. Chiarini (op. cit:), prendendo spunto da il conformista di Moravia e dall’omonimo film di 8. Bertolucci, rifiuta l'analogia tra la nozione di immagine filmica e quella di immagine narrativa e sostiene che i procedimenti letterari sono “intraducibili” in un film. Non sono dello stesso parere, e cercherd di dimostrarlo confrontando alcune sequen- ze del film con le relative pagine del romanzo. A patto che si dia per scontato che ogni linguaggio possa raggiungere gli stessi obiettivi utilizzando le sue specifiche caratteristiche linguistiche e stilistiche, e non si pretenda un’uguaglianza meccanica e semplicistica. Spesso i film maggiormente riusciti sono quelli che fanno violenza al testo letterario, creando un testo diverso, destinato alla visione e non alla lettura. Quello che le parole dicono, le immagini devono mostrarlo. SEQ Il conformista (seq. 3, 4) La conclusione che mi sembra si possa trarre @ che sia possibile instaurare raffronti tra la forma-film e la forma-romanzo e analizzare come arti diverse operino struttu- ralmente attraverso molte e sorprendenti analogie, che a noi interessa verificare, ini- ziando dalle ben note categorie binarie della linguistica strutturale: significato e significante, denotazione e connotazione, fabula e intreccio.

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