You are on page 1of 14

Giobbe 28 e la Sapienza

Maurice GILBERT
(Pontificio Istituto Biblico)

Giobbe 28: Bibliografia

ALMENDRA, Luísa Maria, “Horizons of mystery and wisdom of God (Essay of Rhetori-
cal Biblical Analysis of Job 28)”, Didaskalia (Lisbon) 38/2 (2008), 95-122.
AMZALLAG, Nissim, “The Forgotten Meaning of `apar in Biblical Hebrew”, JAOS 137
(2017) 767-783 [Jb 28:2, 6: “metallic ore” = “minéraux métalliques”].
CLINES, David J.A., “«The Fear of the Lord is Wisdom» (Job 28:28, in Ellen van Woude
(ed.), Job 28. Cognition in Context (Biblical Interpretation Series 64), Leiden,
Brill, 2003, 57-92.
ESTES, Daniel J. “Job 28 in Its Literary Context”, Journal of the Evangelical Study of
the OT [JEOT] 2 (2013) 151-164.
FIDDES, Paul S., “Where Shall Wisdom be Found? Job 28 as a Riddle for Ancient and
Modern Readers”, in J. Barton - D.J. Reimer (eds.), After the Exile. Essays in Ho-
nour of Rex Mason, Macon, GA, 1996, 171-190.
FISHER, Loren R., The Many Voices of Job, Eugene, OR, Cascade Books, 2009, xx-112
p. [Jb 28 add.].
GELLER, Stephen A., “Where is Wisdom? A Literary Study of Job 28 in Its Settings”,
in J. Neusner, B.A. Levine, E.S. Frerichs (eds.), Judaic Perspectives in Ancient
Israel, Philadelphia, Fortress Press, 1987, 155-188. = ID., “Where is Wisdom?”,
in ID., Sacred Enigmas: Literary Religion in the Hebrew Bible, New York, Rout-
ledge, 1996, 87-107, 207-213.
HANKINS, Davis, “Wisdom as an Immanent Event in Job 28, Not a Transcendent Ideal”,
VT 63 (2013) 210-235.
IONESCU, Laurentiu G. “Job 28 desde la perspectiva de la lingüistica cognitiva y la cri-
tica del discurso”, Davar Logos (Argentina) 14/2 (2015) 21-41.
JONES, Scott C., Rumors of Wisdom: Job 28 as Poetry (BZAW 398), Berlin - New York,
de Gruyter, 2009, xx-293 p.
JONES, Scott C., “Lions, Serpents, and Lion Serpents in Job 28 and Beyond”, JBL 130
(2011) 663-686.
LEUENBERGER, Martin, “Die personifizierte Weisheit vorweltlichen Ursprungen von Hi
28 bis Joh 1. Ein traditionsgeschichlicher Strangzwischen der Testamenten”, ZAW
120 (2008) 363-386.
LÉVÊQUE, Jean, Job et son Dieu (EtB), Paris, Gabalda, 1970, 593-606.
LONG, Philips V., “On the Coherence of the Third Dialogue Cycle in the Book of Job”,
in Geoffrey Khan - Diana Lipton (eds.), Studies on the Text and Versions of the
Hebrew Bible in Honour of Robert Gordon (VTSup 149), Leiden, Brill, 2012, 113-
125.
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 2
 
MCKANE, William, “The Theology of the Book of Job and Chapter 28 in Particular”, in
Markus Witte (ed.), God and Mensch im Dialog. FS Otto Kaiser (BZAW 345),
Berlin, de Gruyter, 2005, 711-722.
MIES, Françoise, L’espérance de Job (BETL 193), Leuven, Peeters, 2006, 253-258, 535-
537.
NEWSOM, Carol A., “Dialogue and Allegorical Hermeneutics in Job 28:28”, in Ellen
van Wolde (ed.), Job 28. Cognition in Context (Biblical Interpretation Series 64),
Leiden, Brill, 2003, 299-305.
NICCACCI, Alviero, “Giobbe 28”, Liber Annuus 31 (1981) 29-58.
PINKER, Aron, “A New Interpretation of Job 28:4”, AusBR 63 (2015) 29-41.
SAUR, Markus, “Das Hiobbuch als exegetische und theologische Herausforderung”, TZ
66 (2010) 1-21 [Jb 28 add., effort pour saisir le problème de Job et la souverainteté
de Dieu].
VAN DER LUGHT, Peter, “The Form and Function of the Refrains of Job in Job 28”, in
W. van der Meer – J.C. De Moor (eds.), Structural Analysis of Biblical and Ca-
naanite Poetry (JSOT.S 74), Sheffield, 1988, 265-293.
VAN OORSCHOT, Jürgen, “Hiob 28: Die verborgene Weisheit und die Furcht Gottes als
Überwindung einer generalisierten HOKMAH”, in Willem A.M. Beuken (ed.),
The Book of Job (BETL 114), Leuven, Peeters, 1994, 183-201.
VAN WOLDE Ellen (ed.), Job 28. Cognition in Context (Biblical Interpretation Series
64), Leiden, Brill, 2003, ix-375 p [12 contributions, dont celle de Clines].
VAN WOLDE, Ellen, “Towards an ‘Integrated Approach’ in Biblical Studies, Illustrated
with a Dialogue between Job 28 and Job 38”, in AndréLemaire (ed.), Congress
Volume Leiden 2004 (VTSup 109), Leiden, Brill, 2006, 355-380 [les mines: cf.
ANET; Jb 28 monoculturel; Jb 38: biodiversité].
VAN WOLDE, Ellen, “Ancient Wisdoms, Present Insights: A Study of Job 28 and Job
38”, Svensk Exegetisk Årsbok (Uppsala) 71 (2006) 55-74.
YEM HING HOM, Mary Katherine, “Water, Wisdom, and Life: Literary Insights on the
Use of ljn in Job 28:4 with Reference to 28:1-28 and 38:22-30”, VT 67 (2017) 1-8.
ZERAFA, Peter Paul, The Wisdom of God in the Book of Job, Rome, Pioda, 1977, 156-
225 [Pont. Com. Bibl.].
Testo di Giobbe 28

Traduzione di Gianantonio Borgonovo (1985)


dallo spagnolo di Luis Alonso Schökel - José Luis Sicre Diaz,
Job. Comentario teologico y literario (1983)

1
Per l’argento ci sono miniere,
per l’oro un luogo di raffinazione,
2
il ferro si estrae dal suolo,
fondendo minerali, ne esce il bronzo.
3
L’uomo impone un confine alle tenebre,
esplora gli antri più profondi, le grotte più lugubri;
4
un popolo straniero perfora gallerie,
dimentichi dei piedi, penzolano
sospesi lontani dagli uomini.
5
La terra da cui proviene il pane
è turbata con un fuoco sotterraneo:
6
le sue pietre son giacimenti di zaffiro,
le sue zolle celano pepite d’oro.
7
Lo sparviero non ne conosce il sentiero,
neppure lo scorge l’occhio dell’avvoltoio,
8
non lo battono le bestie feroci,
né lo calcano i leoni.
9
L’uomo pone mano alla selce,
sovverte le montagne dalle radici;
10
nella roccia trivella gallerie,
perscruta la sua occhiata ogni prezioso,
11
sbarra le sorgenti dei fiumi
e porta alla luce ciò che ch’è occulto.
12
Ma la Sapienza donde si estrae?
Dov’è il giacimento della prudenza?
13
L’uomo non ne conosce il prezzo,
non la trova sulla terra dei vivi.
14
Dice l’Oceano: «Non è in me!»,
risponde il Mare: «Neppure con me».
15
Non si scambia con oro massiccio,
né si pesa l’argento come suo prezzo,
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 4
 
16
non si uguaglia l’oro di Ofir,
o preziosa onice o zaffiro,
17
non si paga con oro né con cristallo,
né si baratta con vasi d’oro fino,
18
non contano le gemme e i coralli
a acquistarla costa più delle perle;
19
non la equivale il topazio di Nubia,
né si compara con l’oro più puro.
20
Ma la Sapienza donde proviene?
Dov’è il giacimento della prudenza?
21
Si cela agli occhi delle bestie,
e s’asconde agli uccelli del cielo.
22
Mare e Abisso confessano:
«Conosciamo la sua fama per sentito dire».
23
Dio solo ne discerne la via,
Lui solo ne conosce il giacimento,
24
perché contempla i confini dell’universo
e vede quanto esiste sotto il cielo.
25
Quando fissò al vento il suo peso
e definì la misura delle acque,
26
quando impose alla pioggia la sua legge,
e una rotta al lampo e al tuono,
27
allora l’osservò e la misurò,
la scrutò e la fissò.
28
E disse all’uomo:
«Venerare il Signore è sapienza
fuggire il male è prudenza».
Giobbe 28 e la Sapienza

Da due secoli almeno, il capitolo 28 del libro di Giobbe è sottoposto a inter-


pretazioni contrastanti da parte degli esegeti. Qui vorrei segnalare dove sono i
problemi, cercando di capirli, pur offrendo una possibilità di soluzione che mi
convince di più.
Tra gli esegeti, distinguo quelli che conoscono bene il libro di Giobbe per in-
tero e quelli che, come me, non sono chiaramente esperti riconosciuti di questo
libro biblico. Tra gli esperti, annovero i più famosi commentatori, cioè Franz
Delitzsch (1864), Samuel R. Driver e George B. Gray (1921), Paul Dhorme
(1926), Georg Fohrer (1963), Robert Gordis (1978), Luis Alonso Schökel
(1983), Victor Morla Assensio (2017). Aggiungo due esegeti che hanno scritto
studi fondamentali sul libro di Giobbe, Jean Lévêque, Job et son Dieu (1970), e
Françoise Mies, L’espérance de Job (2006).
Molti altri esegeti di cultura biblica riconosciuta o forse anche meno hanno
pubblicato articoli su Gb 28. Nella bibliografia da me stampata con queste pa-
gine, ne annovero quasi trenta.
Consultare tutti questi lavori è deludente. Non c’è nessun accordo tra gli au-
tori su nessun punto e penso che nessuno sarà d’accordo o quasi sulle mie pro-
poste.

1. Per cominciare, voglio chiedermi come Gb 28 s’inserisce nel suo contesto.


Questo capitolo non è introdotto da alcuna indicazione testuale di un interlo-
cutore. Per un certo numero di esegeti, Giobbe stesso sarebbe dunque il locutore
di Gb 28, poiché il suo nome introduce il testo precedente, Gb 27. Per altri, Gb
28 è un testo indipendente, autonomo, scritto da uno sconosciuto, diverso
dall’autore del poema drammatico, iniziato in Gb 3.
A me pare che questa seconda posizione sia la sola da ritenere. Propongo a
questo proposito le osservazioni seguenti. I tre cicli di dialoghi vanno dal più
lungo (Gb 3–14) al più breve (Gb 22–27). Inoltre il terzo ciclo è normale sia per
l’intervento di Elifaz (Gb 22) che per la risposta di Giobbe (Gb 23–24), ma ciò
che segue, cioè Gb 25–27, è anomalo: non solo Gb 25 e Gb 26 sono troppo
brevi, ma l’annuncio dell’intervento di Giobbe in Gb 26,1 e 27,1 fa si che non vi
sia più nessun intervento di Sofar. Di fronte a questi indizi letterali, molti esegeti
hanno tentato di ricomporre il terzo ciclo dando così la parola a Sofar. Altri,
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 6
 
invece accettano il testo come sta – e sono adesso i più numerosi; considerano
allora che i dialoghi tra Giobbe e i tre amici non conducono a niente, sono dialo-
ghi tra sordi, dove ciascuno rimane nella sua posizione. Ora Gb 28 spiega che
gli uomini non hanno accesso alla saggezza, ciò che proprio Giobbe e gli amici
hanno esperimentato e provato: non sono riusciti a spiegare per quale motivo un
giusto soffre. Nessuno di loro se ne è neppure reso conto.
Mi pare che Lévêque (Job ou le drame de la foi, p. 80) ha ragione quando
scrive che l’apologia conclusiva di Giobbe in Gb 29–31, la sua auto-giustifica-
zione non avrebbe senso se Gb 28 fosse stato già un suo discorso.
Ne segue che Gb 28 sia un testo aggiunto da un altro poeta, brillante, certo,
ma posteriore. Si può proporre una data? Certamente prima di Bar 3,31-32 e di
Sir 1,6-9 che si riferiscono a Gb 28,23.27, cioè prima del 200 a C.

2. Gb 28 sta nel posto giusto nel libro o forse sarebbe meglio spostarlo?
Nel 2003, David J.A. Clines, nel suo articolo su Gb 28,28, ha proposto di
spostare tutto il capitolo dopo i quattro discorsi di Eliu (Gb 32–37), i quali dove-
vano seguire immediatamente Gb 27. L’ordine sarebbe allora questo qui: Gb 27;
32–37; 28; 29–31; 38.... Il motivo per questi trasferimenti sarebbe la somi-
glianza tra Gb 28,28b e il verso finale dei discorsi di Eliu, Gb 37,24. Ora il testo
ebraico di questo versetto è difficile e molti esegeti lo correggono (Fr. Mies,
2006, p. 508, n. 103), ma senza mai arrivare a un testo vicino o simile a Gb
28,28b. Prendendo la versione greca della Settanta di Gb 37,24 si leggerebbe:
“Perciò lo temono gli uomini, lo temono i saggi di cuore”: questa proposta non è
veramente simile a Gb 28,28, così che essa non regge.

3. All’interno di Gb 28, ci sono forse delle aggiunte?


Questa idea si fonda sul fatto che nella Settanta 12 stichi mancano tra 28,3a
e 28,9b, poi 12 altri stichi tra 28,13 e 28,20, e ancora mancano 28,21b-22a e
28,26b-27a, cioè quasi la metà del capitolo 28 ebraico. Si sa, però, che il tradut-
tore ha tralasciato molti versetti del libro ebraico, forse perché non capiva il vo-
cabolario poetico ricercato dell’autore o forse anche perché la sua versione non
era fatta per l’uso nelle sinagoghe, ma per lettori di cultura ellenistica.
P.P. Zerafa (nel 1977, p. 164) segnala che alla fine dell’800, solo due esegeti
seguivano il testo greco di Gb 28 e che furono anche gli ultimi. Già prima, J.
Lévêque (1970, p. 595) indicava alcuni biblisti che, nel secolo scorso, hanno
soppresso alcuni versetti di Gb 28, ma l’esegeta non li segue; considera solo Gb
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 7
 
28,28 come un’addizione a questo capitolo. Anche questo è oggi in discussione;
su questo torneremo.

4. Qual è la struttura di Gb 28.


La prima osservazione è relativa alla ripetizione quasi letterale della que-
stione sull’origine della sapienza e sul suo luogo in Gb 28,12.20. Sembra che la
risposta a queste due questioni venga in Gb 28,28bc dalla bocca di Dio. Questa
osservazione condurrebbe a dividere Gb 28 in tre strofe. Una prima proposta di
tre strofe, cioè Gb 28,1-12.13-20.21-28, mettendo le due questioni alla fine delle
due prime strofe, dal fatto che la risposta conclude la terza. Così fanno C. Lar-
cher per la Bible de Jérusalem fin dal suo inizio e St. Virgulin per la Nuovissima
versione della Bibbia. Nel 2003, Kamps procede ancora così.
Altri mettono il ritornello di Gb 28,12.20 all’inizio della strofa seguente e
propongono dunque questa divisione: Gb 28,1-11.12-19.20-28. A. Niccacci
(1981), Geller (1996) e Hankins (2013) procedono così. Altri, come G. Fohrer e
J. Lévêque, propongono una struttura diversa, ma più complicata.
Sottile come di solito, G. von Rad (Israël et la Sagesse, 1971, p. 171, n. 2) si
chiedeva se i ritornelli di Gb 28,12.20 sono all’inizio o alla fine delle strofe. L.
Alonso Schökel, nel suo commento del 1983, p. 396-397, non prendeva posi-
zione su questa questione. E se l’idea di cercare delle strofe fosse erronea? Poi-
ché Gb 28 non è proprio un salmo, ma una composizione libera, pur avendo un
certo ordine, come la maggioranza degli interventi del libro di Giobbe. Prima di
Alonso Schökel, A. Niccacci aveva osservato un certo ordine ripetitivo in Gb
28: Si parla di luogo in Gb 28,1.12.20; della limitazione o dell’ignoranza per al-
cuni esseri viventi in Gb 28,7-8.13-14.21-22, e si descrive un’attività in Gb
28,9-11.15-19.23-28. Penso che Alonso Schökel abbia percepito il movimento
del capitolo quando lo sintetizza con queste espressioni latine: homo faber (Gb
28,1-12), homo œconomicus (Gb 28,13-20); Gb 28,21-28 conduce all’homo reli-
giosus, invitato ad essere homo sapiens.

5. Quale sarebbe il ruolo di Gb 28,28?


Gb 28,28 recita: “E [Dio] disse al Adam: Ecco, il timore del Signore, questo
è saggezza / e scostarsi dal male, intelligenza”.
Questo proverbio non è nuovo. Si legge già in Gb 1,1.8; 2,3, con le stesse
parole a proposito di Giobbe prima della sua rovina: “Teme Dio e si scosta dal
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 8
 
male”. Secondo Gb 28,28, Giobbe è allora il tipo perfetto dell’uomo, il vero sag-
gio e tutti lo devono imitare.
Ma nel libro dei Proverbi, si leggono espressioni vicine. Pr 8,13a recita: “Ti-
more del Signore: odio del male”, un proverbio che considero come un’aggiunta
nel capitolo (cf. mio art. su Pr 8). Ci sono ancora tre proverbi vicini a Gb 28,28:
Pr 3,7: “Non essere saggio ai tuoi occhi! / temi il Signore e scostati dal male!”;
Pr 14,16, ellittico: “Il saggio teme [il Signore] e si scosta dal male”; Pr 16,6:
“Con il timore di Dio, si scosta dal male”. La formula di Gb 28,28 non è dunque
originale: s’inserisce nell’orientamento del Prologo del libro e, nel libro di
Giobbe, la formula s’ispira di alcune espressioni del libro dei Proverbi. Gb 28,28
potrebbe dunque essere posteriore ad ambedue libri.
Ma questo versetto è forse anche posteriore ai primi 27 versetti di Gb 28?
Chiediamolo di modo diverso: se il capitolo Gb 28, una autentica addizione, fi-
nisce con il versetto 27, quale sarebbe la funzione e il senso del versetto 28? Qui
affrontiamo il senso di questo inno.
Né la tecnica dell’uomo nelle miniere né le sue capacità economiche rie-
scono a dare la sapienza. Inoltre nessun altro essere vivente la conosce né sopra
né sotto (Gb 28,21-22), ma Dio solo l’ha conosciuta quando ha messo ordine nel
mondo (Gb 28,25-26). Questa interpretazione ha senso, ma il versetto 28 ha an-
che un altro scopo, poiché all’homo faber e all’homo œconomicus si deve dare
una risposta accettabile dal lettore. Gb 28,28 riempie questa funzione: né la tec-
nica industriale né l’economia rendono l’uomo saggio, solo il comportamento
moralmente giusto.
Ora, in Gb 28,28, il locutore è il Signore: si mettono nella bocca di Dio sen-
tenze proverbiali dei saggi che hanno raccolto e organizzato sia la prima colle-
zione salomonica del libro dei Proverbi, sia l’introduzione dell’edizione postesi-
lica di questo libro. Gb 28,28 attribuisce dunque a Dio sentenze di saggi antichi
e recenti. Dietro questo procedimento, c’è la convinzione di quello che ha scritto
quest’ultimo versetto del capitolo che le parole dei maestri di saggezza sono pa-
role di Dio, cioè che le loro parole sono ispirate da lui.
Aggiungo ancora qualcosa (cf. van Wolde, 2006). La prima parte del di-
scorso teofanico di Gb 38–39, specialmente Gb 38, potrebbe essere all’origine
tematica di Gb 28, perché nel suo discorso di Gb 38, il Signore fa sentire a
Giobbe la sua ignoranza e la sua incapacità di fronte al mondo che solo egli Dio
a creato ben prima di Giobbe. Gb 28,28 ricorda ad ogni essere umano che solo il
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 9
 
timore di Dio, cioè il suo amoroso rispetto, e la fuga dal male sono il suo com-
pito, se vuol essere saggio.

6. Di quale sapienza si parla in Gb 28,28?


Non abbiamo ancora finito con Gb 28,28. Negli stichi bc, nel binomio sag-
gezza e intelligenza, che si leggeva già in Gb 28,12.20, i due termini sono quasi
sinonimi. Dico “sinonimi”, perché, spesso nella Bibbia, si trovano legati in-
sieme: 5 volte nei Proverbi (Pr 1,2; 4,5a.7; 9,10; 16,16), 2 altre volte nel libro di
Giobbe (Gb 38,36; 39,17), 2 volte nel libro d’Isaia (Is 11,2b; 29,14b), una volta
in Dt 4,6 e in Dan 1,20. Dico anche “quasi”, perché la “saggezza”, che sia
Giobbe (Gb 13,2; 15,2) che i suoi amici (Gb 15,8-10) pretendono di possedere,
significa buon senso, frutto dell’esperienza di vita, e “intelligenza” ricopre una
capacità di risolvere un problema difficile, cioè qui quello della sofferenza
dell’innocente.
D’altra parte, Gb 28,28b preso da solo (“Il timore del Signore è sapienza”)
ricorda un motto classico nell’ambiente sapienziale d’Israele: Pr 1,7; 9,10; Sal
111,10; in Sir 1,14-20, il timore del Signore è detto principio, pienezza, corona e
radice della sapienza: senza un minimo di timore di Dio, non c’è un minimo di
sapienza e il saggio provato è anche uno che teme il Signore (cf. inoltre Sir
19,20a ; 21,11b).
Ora, quando Giobbe se la prende con Dio e quando i suoi amici accusano
senza motivi veri l’uomo sofferente, pensando di difendere l’onore di Dio, si ri-
velano né saggi né veramente intelligenti. Sarebbe stato meglio per Giobbe tor-
nare al suo atteggiamento di prima, nella sua vita anteriore alla sua sciagura (Gb
1,1.20-22; 2,10), e per gli amici, consolare Giobbe nella sua disgrazia inspiega-
bile, come pensavano comportarsi all’inizio (Gb 2,11).
Perché Gb 28,12.20 chiedono dove sta la sapienza e l’intelligenza dopo aver
descritto i successi dell’homo faber e dell’homo œconomicus? Gb 28,12 nega
che l’ingegneria mineraria e l’operosità nelle miniere siano saggezza: queste
idee non sono quelle dei tempi antichi in Israele. Basta ricordarsi che i migliori
artigiani sono stati scelti dal Signore per la costruzione del tempio a causa della
loro “sapienza di cuore” (Es 31,1-11; 35,30–36,1). Salomone costruttore è stato
lodato (1 Re 5,15–7,51). Qohélet si rallegra dei lavori realizzati nella sua pro-
prietà, pur considerando alle fine che questo era un inseguire il vento (Qoh 2,1-
11).
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 10
 
Gb 28,20 nega che il commercio e l’acquisto del metallo raro e delle pietre
preziose siano frutto di sapienza e d’intelligenza. Ora Ezechiele critica il re di
Tiro che, con la sua sapienza e competenza, si era arricchito grazie al commer-
cio (Ez 28,4-5); il suo vestito era coperto di pietre preziose, ma il suo commer-
cio era stato fonte d’ingiustizia (Ez 28,12-16).
Si potrebbe pensare alla Satira dei mestieri egiziana e a Sir 38,24-34, ma Gb
28,1-11.15-19 si riferisce a mestieri di una società industriale e ricca. Di più, sia
le miniere sia il commercio hanno come oggetti il cosmo e i suoi prodotti che
solo l’uomo conosce. Questo sarà sviluppato quando si tratterà di Dio secondo la
teologia della creazione (Gb 28,23-27), tipica dei maestri di saggezza.
Queste osservazioni fanno capire come l’autore di Gb 28 non pensa più
come gli autori del libro dell’Esodo o come l’autore delle memorie di Salomone.
L’autore di Gb 28 è ancora più negativo sul la competenza tecnica etsul com-
mercio che arricchisce. Ezechiele fa intervenire la moralità come criterio di sa-
pienza, criterio che viene esplicito in Gb 28,28: non c’è sapienza autentica senza
vita moralmente onesta.
Ora, questa vita moralmente onesta deve esser nutrita da un atteggiamento
religioso, cioè dal timore del Signore.

7. Dio e la Sapienza secondo Gb 28,23-27


Il rapporto tra Dio e la Sapienza è descritto in Gb 28,23-27. Il testo, però,
non è semplice e parecchi propongono una traduzione diversa di quella che pro-
pongo qui. Uno dei problemi è quello del kî ebraico all’inizio di Gb 29,24a.
Molti, come Larcher nella Bible de Jérusalem o Fohrer nel suo commento fa-
moso e come la maggioranza dei commentatori e traduttori preferiscono rendere
quel kî con un più comune perché. Ora, preferisco seguire Dhorme e Gordis che
mettono un quando temporale. Ecco allora la mia traduzione letterale, dove, con
Gordis, distinguo due tappe nel procedimento:

23
Dio ne ha intuito la via
e lui ha conosciuto il suo luogo,
24
quando volgeva lo sguardo alle estremità della terra
e vedeva tutto ciò che sta sotto i cieli.

25
Per fare al vento un peso
e fissare le acque alla misura,
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 11
 
26
nel fare una legge alla pioggia
e una via al brontolio del tuono,
27
allora la vide e la computò,
la stabilì e anche la scrutò.

La prima strofa (Gb 28,23-24) spiega la prima percezione della Sapienza. La


seconda (Gb 28,25-27), la collaborazione desiderata e l’incontro. Grammatical-
mente, la prima strofa si compone da una sentenza principale, seguita da una su-
bordinata temporale; la seconda, da due subordinate che indicano il progetto, se-
guite da una sentenza principale.
Tutti gli sforzi umani di inventariare il mondo per approfittare delle sue ric-
chezze nascoste non conducono alla sapienza. Infatti gli uomini non ne cono-
scono il luogo.
Secondo Gb 28,23-24, Dio invece ha percepito e conosciuto il luogo dove si
trova quando ha volto lo sguardo sulla terra, questa terra che interessa tanto gli
imprenditori e i commercianti per i suoi segreti.
Secondo Gb 28,25-27, però, l’interesse di Dio è diverso: egli cerca soltanto
di mettere ordine nelle forze cosmiche che dominano la terra, cioè le forze che
sono sopra la terra. I quattro elementi citati, il vento, le acque, la pioggia e il
tuono devono formare una stessa sequenza, nelle quale le acque devono essere
non quelle dei fiumi e del mare, ma le acque di sopra (cf. Gn 1,7; 7,11) che il
vento porta da un luogo a un altro. Questa interpretazione viene da Dhorme e mi
pare l’unica coerente. Rimando a questi testi vicini che parlano tutti di Dio:

Costruisce sulle acque le sue stanze;


fa delle nubi il suo carro;
cammina sulle ali del vento,
delle fiamme guizzanti i suoi ministri (Sal 104,3-4).

Fa salire le nubi dall’estremità della terra;


produce le folgori per la pioggia,
fa uscire i venti dalle sue riserve (Sal 135,7).

Chi ha raccolto il vento nelle sue palme?


Chi ha racchiuso le acque nel mantello? (Pr 30,4bc).
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 12
 
Quando emette la sua voce
è un rumoreggiare di acque in cielo,
fa salire nubi dall’estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e fa uscire il vento dai suoi ripostigli (Ger 10,13 = 51,16).

La sentenza principale di Gb 28,27 è il culmine dell’inno. Senza la Sapienza,


Dio non avrebbe messo ordine nelle forze cosmiche. Qui si ritrova la teologia ti-
pica dei maestri di saggezza. Guardando attentamente la Sapienza, finalmente
scoperta, e soltanto adesso (“allora”: Gb 28,27a) Dio riesce nel suo progetto.
Inoltre, Gb 28,25-26 aggiunge a ciascuno stico una precisione; ogni ele-
mento cosmico è temperato in modo tale da non permettere il ritorno del caos
primitivo: un peso per il vento; una misura per le acque di sopra, una legge o un
limite per la pioggia e un cammino preciso per il temporale. L’ordine nel cosmo
che cerca il Signore è un ordine adattato all’essere umano. L’umanità ha bisogno
di un mondo ordinato, non caotico, un mondo nel quale vivere sia possibile, nel
quale ciascuno possa trovare il suo cibo e la sua bevanda, un posto sicuro per
stabilirsi con la famiglia e godere di pace con altri.
Capito così, il brano di Gb 28,25-27 è abbastanza simile a quello di Pr 8,27-
29 dove si spiega come in presenza della Sapienza, il Signore ha stabilito le di-
verse parte del cosmo. Pr 8 insiste sul tema del fissare, del consolidare; Gb
28,25-26 insiste sul rifiuto del caos, imponendo alle forze cosmiche un limite
alle loro capacità. Inoltre, se Pr 8,22 canta la relazione paterna tra il Signore e la
Sapienza, Gb 28,27 non ne parla: si accontenta di una relazione di prossimità vi-
suale.
Mi sembra che quando gli uomini approfittano delle ricchezze nascoste della
terra, Dio la rende fertile per il nutrimento di tutti, non solo dei ricchi e dei do-
tati. È proprio allora che egli vide la Sapienza. Essa ha dunque un compito umile
con una dimensione universale.
Visto così, Gb 28,23-27 rivela un Signore Dio preoccupato di tutti gli esseri
umani, del loro bene, della loro sopravvivenza, quando l’interesse degli impren-
ditori e dei commercianti era solo il loro arricchimento.
L’ultimo versetto, Gb 29,27 rimane misterioso. Secondo l’interpretazione
dei versetti precedenti qui proposta, Dio intendeva dare alle forze cosmiche di
sopra – quelle dell’inverno – uno statuto ordinato, non più caotico (Gb 28,25-
26). Con questa intenzione, aveva già capito dove si trovava la Sapienza che
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 13
 
poteva aiutarlo a realizzare il suo progetto (Gb 28,23). È proprio a questo mo-
mento che Egli vide la Sapienza: in questa apodosi, l’avverbio “allora” all’inizio
del versetto 27 indica una sfumatura enfatica (Joüon, Grammaire de l’hébreu bi-
blique, § 166, l, nota 2).
Quanto ai quattro verbi del versetto, a me pare che i due stichi vadano visti
uno dopo l’altro: nel primo stico, l’idea è quella di prendere coscienza di essere
in presenza della Sapienza e di rendersi conto della sua ampiezza; nel secondo
stico, il Signore agisce su di essa “stabilizzandola” in modo tale da poter “scru-
tarla”, cioè dominarla e ammaestrarla in vista dello scopo che aveva in mente,
scopo indicato nei versetti precedenti, cioè in Gb 28,25-26.

8. Come definire la Sapienza?


Il Salmo 115,16 recita:
I cieli sono i cieli del Signore
ma la terra l’ha data ai figli dell’uomo.
Gb 28 oppone la terra che l’uomo perfora al cielo regolato dal Signore per
l’inverno: opposizione tra il basso e l’alto. Ci sono anche altre differenze.
L’uomo si arricchisce e Dio assicura la disponibilità della terra per tutti. L’uomo
non raggiunge la Sapienza che Dio, riconoscendola, utilizza ai suoi propri fini
Per l’autore di Gb 28, la capacità umana nell’ordinare il suo lavoro tecnico e
commerciale non può essere chiamato sapienza; al contrario, quando Dio regola
i fenomeni atmosferici, lo fa grazie al contributo della Sapienza.
Ma chi è dunque questa Sapienza?
Per chiarire chi è la Sapienza in Gb 28 e il suo ruolo, propongo di parago-
nare questo testo con Gen 1 e Pr 8,22-30a. Secondo il racconto di Gen 1, la crea-
zione non è concepita come ex nihilo, poiché prima dell’intervento divino, la
terra era un tohû wabohû tenebroso, sottoposto a un vento impetuoso (Gen 1,2).
Il Signore procedette alla creazione della luce, poi alla separazione tra luce e te-
nebre, quelle delle origini.
In Pr 8,22-30a, la creazione è presentata diversamente. Prima di tutto, il Si-
gnore generò la Sapienza, prima di ogni elemento del cosmo; poi quando il Si-
gnore volle fissare questi elementi, la Sapienza era accanto a lui e lo ispirava
(´amôn: Pr 8,30a). Sono del parere che in questo testo, la Sapienza è il pensiero
del Signore, il suo progetto primordiale del mondo.
In Gb 28,23-27, mi sembra che ci sia anche un elemento cosmico anteriore
all’intervento della Sapienza. Diversamente da Pr 8, la Sapienza di Gb 28 non è
M. GILBERT: Giobbe 28 e la Sapienza [24 gen 2020] 14
 
generata da Dio, ma soltanto scoperta (Gb 28,23), poi vista integralmente, in
modo tale che Dio potesse rendere le forze cosmiche di sopra la terra non più
caotiche, ma ordinate, misurate, temperate, senza eccesso. Questo significa che
la Sapienza è secondo Gb 28 l’unica realtà che mette ordine nel mondo e che
Dio sia l’unico ad avere accesso a essa. Di più, questa Sapienza, per opera di
Dio, è intrinsecamente presente nel mondo e lo rende ordinato.

Concludendo, si potrebbe dire che solo Dio ha potuto inserire la Sapienza


nel cosmo, rendendolo ordinato. L’ordine del mondo è il risultato della contem-
plazione attiva della Sapienza da parte di Dio. Gb 28 non ci dice da dove esce la
Sapienza: questo silenzio, in confronto con Pr 8,22-23, fa parte del mistero di
questo capitolo. Infine, l’uomo non ha mai accesso a questa misteriosa Sapienza.
Gb 28,28 lo fa capire.

Maurice GILBERT, S.J.


Pontificio Istituto Biblico
24 gennaio 2020

You might also like