La Gestalt Della Propria Storia - Il Veltro (F. Rametta) PDF

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IL VELTRO RIVISTA DELLA CIVILTA ITALIANA 5-6 ANNO XXXII - SETTEMBRE-DICEMBRE 1988 PSICOLOGIA La «Gestalt della propria storia» nel processo di integrazione con I’am- biente Affrontando il tema della sofferen- za mi sono rivolto spesso una doman- da di fondo: « davvero possibile, ed in che misura, attuare qualche cambia- mento € migliorare la qualita della vita?» ‘A questa domanda vengono date di- verse risposte a seconda dell'approc- cio teorico di riferimento e della disci- plina che viene interrogata. Sono con- vinto che ogni risposta riflette soprat- tutto Patreggiamento che ognuno di noi ha yerso la propria ed altrui es stenza, Per quanto mi riguarda, considero la vita un’esperienza soggettivamente ripetibile, una realta unica ed eccitan- te non solo per lindividuo, ma anche per Ia comunita che lo comprende. Ricordo un amico che, ad una mia affermazione del genere, mi classificd subito come idealista € romantico. Egli sosteneva che, tutto sommato, i temi fondamentali dell’esistenza sono sempre gli stessi ¢ che, solo con qual- che differenza, si ripetono nella vita di ogni individuo: si nasce, si ctesce, si superano gli esami, si cerca un Iavo- ro, una casa, una compagnia, un amo- te, alcuni trovano quello che cercano altri no, si felici per qualche istante, ma molto di pid si softre, ci si amma- la, ed infine si muore, Al momento non seppi obiettare nulla in quanto sentivo in quelle affermazioni un qualcosa di vero: @ questo comune destino che unisce ognuno di noi a tutta /Umaniea. ‘Ma non riuscivo ad accettare del tut- to il senso di inutilita ¢ la depressione che sentivo nell’immaginare l’esisten- za umana come l’attesa, in una lunga fila, fra due eventi «marginalis: la na- scita € la morte. Fu mio figlio ad illuminarmi, anche se inconsapevolmente, ed a suggerit- miVobiezione di fondo a questa visio- 388 ne impotente; osservando il suo volto mi dicevo: due occhi, un naso, una bocca, due guancie ¢ capelli spesso pettinati in su: tutto sommato gli stes- si elementi che compongono i volti di milioni di bambini. Ma allora come mai io Io riconosco, come mai «quel vol- to» provoca in’ me sensazioni tanto speciali? La risposta fu immediata, richiaman- domi alla memoria uno dei principi fondamentali della psicologia della Ge- stalt: «il tutto non é la somma delle sin- goli partis, Cid che rende praticamen- te infinita la gamma dei volti umani non é solo la caratteristica di ogni ele- mento, ma é sopratttutto il come que- sti vari elementi si combinano fra di lo- £0, il come sono post’ in telazione gli uni con gli altri. La particolare combi- nazione di forme di cid che osservia- mo € le emozioni ad essa associate compiono il «miracolo» del ricono- scimento. Cosi come avviene per il DNA (aci- do desossiribonucieica), anche se i te- mi fondamentali si ripetono in ogni vi- ta, qualunque esistenza pud affascinar- ci per il diverso modo del «come» le singole esperienze vengono steuttura- te in «Gestalt» per creare un individu unico. Creare la propria personalita & tun processo lungo € spesso faticoso: tuna continua ricerca che ci consente di emergere dallo sfondo indifferenzia- to della nostra primitiva esistenza, dal Kaos depositario di ogni potenzialita, per diventare figura viva ¢ definita, at. traverso un proceso di scelta, di sele- zione delle nostre «caratteristiches in- dividuali. Crescere é, in fondo, passa- re dal «potenziale» all’eattuates. Come per ogni creazione artistica, opera fi- nale sari una sintesi fra le qualita intrin- seche della materia utilizzata e le capa- citi di chi la emanipolas. Riconoscere la propria creazione e diventare con- sapevoli della propria attuale «figura» non é, purtroppo, cosa facile. L'identificazione con la propria sto- tia, che ci consente di trovare la no- stra identita, non avviene con una sem- plice somma impersonale dieventi, ma con un insieme sclezionato di espe- rienze che tentiamo di mettere i lazione fra loro per trovarvi un signi- ficato unitatio. Questa «Gestalt della propria sto- ria», che raffigura i «confini dell'Io», ci guida nella lettura della nostra situa zione attuale, nell'attribuire un signi- ficato alla nostra esperienza presente, ¢ ci suggerisce le vie ¢ le modalita da seguire per afftontare il nostro futuro. ‘Ma se non vogliamo essere traditi ¢ imprigionati in confini che non ci ap- partengono dobbiamo essere consape- voli che questa é pur sempre una con- figurazione da noi organizzata, un'e- strapolazione di appunto. Per entrambe le polarita, il sistema di azioni € reazioni dipende non gia dalla realti oggettiva della relazione, ‘ma dalla reciproca «percezioner, dal di- ventare consapevoli dei propri bisog € del «come» poterli soddisfare in fun- zione dell’altro. Il rapporto dinamico fra questi bisogni opposti ma inscindi- bili, frail bisogno di appartenenza ¢ di separazione, di simbiosi di differen- ziazione, di contatto c di ritiro, segue Io svolgersi di tutta la storia dell’ Uma- nit fin dal suo nascere. | | | | ‘Ognuno di noi conosce certamente lametafora dell’Eden. Non sono un bi- blista ¢ non intendo addentrarmi in considerazioni etico-religiose. Ho ripreso questa metafora perché recentemente mio figlio mi ha tivolto una domanda che ricordo di aver fat- to anch’io, pressappoco alla sua eta: «Ma perché hanno mangiato la mela? Perch€ sono stati cosi stupidi? Poteva- no essere felici per Ieternita! Ed io avrei avuto tutto quello che desidera- vo senza dover andare sempre a scuo- Ia fare tutti i compiti». Che «illusio- nes! Come me, anche lui non ha caf to, enon avrebbe potuto vista Peta, che senza quell’errore lui stesso non esisterebbe, in quanto non esistereb- be la vita: Come ci viene rappresentata lesi- stenza di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre? Adamo aveva certamente ‘una scarsa consapevolezza di sé, era un tutt’uno con il proprio ambiente; uno dei suoi primi «insight» fu: «sono uo- mo» in funzione della creazione del ‘suo opposto: Eva. Era una situazione idilliaca, paradisiaca appunto, ma per qualche verso insoddisfacente. En- trambi non avevano consapevolezza della propria realta: non erano consa- pevoli di essere nudi ¢ con questa non conoscevano i propri limiti. E cosi il desiderio di espansione e di tiberta li portd ad identificarsi con cid che pitt amavano: Dio. II senso di onnipoten- za che ne deriva, determind 'ageres- sione incontrollata dell’ambiente, il morso alla mela, il peccato originale, la perdita delt'illusione, il castigo, la cacciata dall’Eden. In tal modo Adamo ed Eva, attraver- so la trasgressione di principi non ti- beramente scelti, acquisirono la con- sapevolezza della propria esistenza seppero di essere nudi, provarono il caldo ed il freddo, la fame ¢ la sete, il piacere ed il dolore, conobbero la «morte». E dalla morte: la evita La situazione iniziale era una realta simbiotica, del tutto confluente. Ai no- stri simpatici ed antichi parenti era concesso tutto € gli veniva solo chie- sto di adattarsi passivamente a quello che gli veniva dato con infinito «Amo- rex, Cid che gil era proibito era, in fon- do, solo crescere, differenziarsi, diven- tare consapevoli di se stessi, amare a loro volta! Probabilmente la loro scelta non fu delle pid felici, ma mi rifiuto di vede- re nel loro atto solo la disobbedienza € non anche il tentativo, per certi aspetti sicuramente inadeguato, di mo- ificare la propria realta e soddisfare il bisogno fondamentale di esistere, ci nascere. Per fortuna in questa metafo- ra, cost come in quasi tutte quelle che riguardano la Creazione, la deviazione dal progretto originario viene in parte recuperata attraverso una sristruttura- ziones, attraverso una nuova sintesi che, nonostante tutto, consente all'uo- ‘mo di entrare in un «contatto» pitt au- tentico con il proprio Creatore. Come far capire tutto questo a mio figlio: che per potersi appartenere & necessario prima separarsi? Quanta sofferenza ’é nel differenziarsi, nel di- ventare consapevole di se stessi e quanto é inappagabile il desiderio di tornare nell’ Eden, nell’utero materno, nel «Kaoss principio indifferenziato di tutte le cose. E cosi I'Uomo, per sfug- gire alla propria sofferenza, al lutto del- Ia separazione, ha spesso tentato, con droghe di ogni tipo, fisiche ¢ psichi- che, di creare paradisi attificiali che gli dessero la sensazione, Tillusione, di quello perduto. Ma la «nascita» avviene comunque; econ essa la separazione ed il cambia- mento. La staticita, come assenza di trasformazioni, pura illusione, solo un’ingenua fantasia che ci fa perdere il significato pid tangibile della nostra esistenza. Il movimento € le conse guenti mutazioni devono essere con- sapevolmente accettati ed integrati per poter fluire liberamente nella nostra vi- ta € non rappresentare una forza mi- nacciosa € destabilizzante, Percepire il cambiamento significa slevare gli ormeggiv, abbandonare la 593 sterile sicurezza di una rigida identifica- zione con Ia vecchia «Gestalt detla pro- pria storia» ed affrontare incerta ma eccitante avventura con la vita, per rifor- ‘mulare una sempre nuova configurazio. ne, una sempre nuova immagine del sé ‘Tutto questo nell'umile consapevolez za che ogni metamorfosi, sia essa vissu- tain terapia o no, é un momento estre- mamente delicato: si abbandonano le vecchie protezioni, i vecchi gusci, € non si @ ancora abbastanza forti per sfruttare appieno le nuove acquisizioni. In questo momento di passaggio la Psicoterapia della Gestalt cerca un Nota bibliografica ARIETIS., Creativitd. La sintest magi- ca, Roma 1979. Bowtsy J., Attaccamento e perdita, Torino 1976. 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