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| | (© 2001 Kdizioni Angelo Guerini e Associa SpA viale Filippets, 28 ~ 20122 Milano ‘hap://nweegueriniit entail guerini@ioLit ‘Prima edizione: settembre 2001 Ristampa: vay mn 1 2001 2002 2005 2004 2005 Printed in Italy ISBN 885955.2207 2 vietata la riproduzione, anche parziale, con qualslasl merzo effewuata, snon autorizzata, compresa la fotocopia. L'Bditore potra coucedere a page ‘mento lautorizzazione a siprodurre una porzione non superiore al 13% ddl presente volume. Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all’ Aseo- aT (© Ean’ Angelo Guar fateco La otocopla nen drat ego 23 ¢ la cultura sono due forme simboliche semiologicamente di- verse. Ci sembra che Nattiez, in questo caso, esageri nel pren- dere nel senso pid stretto una correlarione che Blacking pro- pone tra produzione del linguaggio € della musica (Nattiez 1999, p. 161). In conclusione, @ evidente che il lavoro di Merriam ¢ di Blacking ha accentuato il rapporto tra l'etnomusicologia Yantropologia, che come vedremo in seguito, & sempre esisti- to, ma del quale, sino a qualche decennio fa non si erano trat- te le conseguenze sul piano conereto della ricerca. Non @ difficile, a questo punto, per il letwore, individuare tra lc ipotesi di definizione dell'antropologia della musica proposte all'inizio del capitolo la «ricerca dei fondamenti del- Ta musicalit& umana» come quella che maggiormente si ap- prossima all’oricntamento di ricerea che ha in Alan Marriam ¢ John Blacking i suoi principali punti di riferimento. Paralle- Iamente, se si considera l'affermazione di Blacking secondo la quale «sotto certi aspetti, letnomusicologia é una branca del- Fantropologia cognitivas (Blacking 1986, p. 123) pud essere vicina alla sua impostazione anche V'affermazione secondo la quale ’antropologia della musica @ una «branca dell’antropo- Jogia che s'interessa delle diverse culture musicali» Orientamenti dell osservacione: emico ed etico ‘Una problematica che attraversa molte delle questioni che ab- biamo discusso riguarda il punto di vista che il ricercatore de- ‘ve assumere nell’osservazione ¢ nella descrizione delle cultu- re, Queita problematica é stata spesso sintetizzata nell’ opposi- zione dei due concetti di emico ed etico. La distinzione tra emico ed etico @ siata elaborata in ambito linguistico, in particolare da Kenneth Pike, in relazione all'op- posizione tra fonema ¢ suono, rappresentata nei duc termini Phonemic phonetic da cui emico ed etico (Pike 1954) In questa dicotomia, il termine phonetic si riferisce all'at- teggiamento del ricercatore che affron‘a i fenomeni linguistici da un punto di vista fisico ed esterno a sistema, mentre quel- lo di phonemic definisce un atteggiamento in cui lo studioso si colloca all'interno della cultura osservata ¢ tenta di attenersi ai 24 termini del sistema di conoscenza dei nativi, dando valore = senziale ai tratti pertinenti di una determinata cultura. La problematica a cui fa riferimento opposizione emi- co/etico era gid presente in Antropologia nei lavori di Boas (siveda a p. 28) e riguarda, sostanzialmente, 'atteggiamento e il punto di vista che il ricercatore assume nei confronti di tuna cultura, L’approccio etico utiliza, nell’analisi e nella conoscenza delle culture, delle categorie € concetti ritenuti universali ¢ che non tengono conto dei giudizi espressi dai membri detla cultura stessa. L’approccio emico, al contrario, presuppone che il ricer- catore decida di attenersi al sistema di conoscenza della cul- tura oseervata, che adotti Ie configurazioni culturali degli informatori con cui entra in contatto e affidi, in gran parte, il gindizio finale sull'adeguatezza del suo lavoro ai membri del- Ja cultura osservata. E evidente, da quanto abbiamo scritto, come I’assunzio- ne, da parte del ricercatore, di un orientamento piuttosto che dell'altro possa modificare profondamente i risultati della ricerca, cosi come, per quanto riguarda 'ambito speci- ficamente etnomusicologico, hanno messo in luce Boilés Nattiez (Boils e Nattiez 1977) che peraltro tendono verso un’integrazione delle due prospettive. Resta comunque il daty veity cle la prospertiva emica & quella che prevale nelle ultime tendenze dell’antropologia culturale e dell'antropologia della musica, anche in relazione alla concezione di una co-costruzione della descrizione etno- grafica tra antropologo ¢ informatore (si vedano a questo pro- Posito i capitoli 2, 4 e 5) Gonfromtare le culture musical: la musicologia comparata 1 sorgere dell'interesse per le culture musicali extraeuropee per la comparazione tra di esse ¢ con Ia musica europea risale agli ultimi decenni dell’ottocento, in corrispondenza, non ca- suale, con la nascita di quel vasto campo di studi che trovera ‘una dizione unificante nel termine di antropologia, Wk gs LL (© Gon Angst Guin e Asstt. La tecopia ron aut Hegde | cy Infatti, fu con Ie prime relazioni e raccolte di informacion che provenivano dai continenti extraeuropei che iniziarono a giungere in Enropa le prime testimonianze sulle pratiche e i sistemi rausicali di popoli lontani importante rilevare, tuttavia, che almeno in una prima fasc Vinteresse per le culture musicali non curopee fu so- stenuto da motivazioni di carattere prevalentemente psico- logico. Carl Stumpf, psicologo e filosofo che operava presso VIstituto di Psicologia dell’ Universita di Berlino inizié infat- tia raccogliere ¢ usare esempi musicali di provenienza ex- traeuropea nell’ambito dei suoi studi di psicologia del suo- no destinati a sostenere Ia teoria dell’«unita della mente umanay. Nel giro di pochi anni tuttavia, Stumpf fu affiancato, per la ricerca musicale, da Otto Abraham ¢ da Erich von Horn- hostel ¢ gid nel 1905 nacque il Phonogramn-Archio di Berlino, che divenne un punto di incontro e di riferimento fonda- mentale per i ricercatori sino ai primi anni trenta, quando la maggior parte dei suoi animatori (in particolare Hornbostel ¢ Sachs) furono costretti a trasferirsi negli Stati Uniti, in se- guito all'avvento del nazismo. Un altro contributo alla nascita della musicologia compa- rata @ considerato il lavoro del matematico inglese Alexander John Ellis che pubblicd nel 1885 Vedizione definitiva ai un suo studio comparativo sulle scale musicali di differenti popo- Ji: On the musical scales of Various Nations: Questo studio, basato sulla divisione delfottava in 1200 cents, dimostra che ogni sistema musicale ha dei propri inter- valli e delle proprie scale; Ia scala musicale, quindi, non é uni- ca né naturale. Questa affermazione, oggi scontata, ebbe tut- tavia il merito di aprire la via allo studio delle diverse musiche a partire dal loro specifico sistema di organizzazione scalare € intervallare, Va infine ricordato che proprio negli anni a cavallo tra l'ot- to ¢ il novecento, si inizid a impiegare sul campo il fonografo Edison; cid diede la possibilita di disporre di materiali regi- strati e non solo di testimonianze e di trascrizioni, con un evi- dente sviluppo delle potenzialita di analisi ¢ comparazione dei materiali sonori. B bene ricordare, infatti che buona parte dei musicologi che si occupavano, al tempo, delle musiche extraeuropee non, conducevano ricerca sul campo € lavoravano su materiali rac- colti da altri (Viaggiatori, missionari ecc.) che spesso non ave~ vano competenze musicali di livello professionale. Lintrodu- zione del fonografo costitui quindi un'innovazione di gran- dissima importanza, Lorizzonte di ricerca alPinterno del quale si mossero gli studiosi all’incirca sino alla seconda guerra mondiale fu quel- lo della cosiddetta musicologia comparata, termine che abbiamo gid introdotto ma che necessita di qualche chiarimento. La di- Zione di musicologia comparata, evidentemente, contiene in sé gid la dichiarazione detl’obiettivo della disciplina, vale a di- re la compararione delle diverse musiche e sistemi musicali, Sulla definizione del campo e degli obiettivi di tale disciplina ebbero un’influenza decisiva le teorie evoluzioniste e poi dif- fusioniste che dominarono la cultura e in particolare Pantro- pologia sino agli anni venti. Come 2 noto, Darwin pubblicd nel 1859 L’origine delle specie € nel 1871 Lorigine dell woine, & ben noto il significato che eb- ero queste opere sulla definizione di un nuovo paradigma scientifico nello studio della storia dell’uomo. Parallelamente all’idea che 'uomo fosse il frutto di un lento ma continuo processo di evoluzione e selezione naturale, gli antropologi ‘evoluzionisti erano convinti che Ia storia delle culture potesse essere assimilata a quella della specie umana. ‘Questi antropologi, il cui esponente pit noto fa Edward Burnett Tylor, pensavano che l'evoluzione delle societa uma- ne potesse essere rappresentata con una linea ascendente continua sulla quale si collocavano le diverse forme di orga- nizzazione sociale, dalle pitt semplici alle pid complesse. Le societd erano cost concepite come risultato di un proceso evolutivo caratterizzato da una crescente complessita organiz- zativa; al vertice della linea evolutiva stava la societa europea che poteva offrire ricchezza e progresso a tutti gli uomini Anche se le teorie evoluzioniste finiscono, in ultima analisi, con l'avallare Tidea che esistano popoli «inferiori» e popoli ssuperiori», cio’ pitt avanzati nella linea evolutiva, si deve tut- tavia considerare che esse davano comunque dignita a tutte le 7 OP MET oo (© Edin Anglo Gun Assoc La fotacpla non atria epale 7 culture, anche a quelle «primitive», che venivano viste sempli- cemente come stadi precedenti dello stesso percorso della so- cieta europea (e in particolare di quella vittoriana). Conse- guentemente, gli evoluzionisti si opposero tenacemente alla vi sione del «seWvaggior come essere degradato, csito dell"imbar- barimento ¢ di fenomeni di «regresso culturale», esempio vi- ‘vente ed estremo della colpa contratta con il peccato originale. Le tesi «degencrazioniste» trovarono ampio riscontro, in Gran Bretagna, in diversi esponenti religiosi e furono, ovviamente, anche usate @ scopo politico per giustificare le violenze colo- niali (ma, in seguito, il colonialismo si approprié anche delle tesi evoluzioniste per giustificare il colonialismo come =porta- tore di civilta» a popoli che erano fermi a un grado inferiore di evoluzione sociale). id che ci interessa maggiormente, in questa sede, per le sue influenze sull’etnomusicologia, sono soprattutto altre due conseguenze importanti delle teorie evoluzioniste. Anzitutto, la convinzione che, compiendo tutte Je civil il medesimo cammino dal pid semplice al pitt complesso, lo studio della mu- sica dei possa costituire una via anche per la cono- scenza delle origini ¢ della storia della musica europea. La se- conda, invece, riguarda l'esistenza di strutture universali della musica che sarebbero presenti in tutte le culture. Conseguentemente a tali convinzioni, il metodo che veniva seguito dai comparativisti era sostanzialmente quello di rileva- re un tratto caratteristico di una musica (per esempio un dise- gno melodico) per poi generalizzarlo ad arce culturali diverse (un esempio di tale procedimento @ riscontrabile in Sachs, 1979). Questo metodo declinera parallelamente alle teorie evoluzioniste in antropologia, cedendo il passo allo studio de- scrittivo di specifiche aree culturali e musicali. Due rilievi restano ancora da porre, # conclusione della d- scussione sul percorso della musicologia comparata, II primo Figuarda il fatto che, come ha osservato Francesco Giannatta- sio (Giannattasio 1992) il comparativismo privilegia un meto- do sostanzialmente deduttivo, in cui la ricerca viene indirizza- ta verso la conferma di una teoria a priori della musica; inol tte, a causa dell'attenzione incentrata esclusivamente sull'a- spetto storico-musicale, la comparazione condotta in labora- 28 torio diviene attivita quasi esclusiva rispetto alla ricerca sul i eecondoriieo riguarda proprio Vasenva della sul campo nel lavoro dei comparativisti. I! lavorare quasi esclusiva- mente su materiali registrati, da analizzare a prescindere dal contatto con le culture che ne erano espressione porta evi- dentemente i comparativisti (e segnatamente la scuola di Ber~ lino, di cui abbiamo ripercorso le circostanze della nascita) a soprawalutare il puro fenomeno sonoro a scapito della ricerca sui comportamenti musicali, La scelta di lavorare quasi esclusi- vamente «a tavolino», motivata senz’altro da una convinzione teorica ma dovuta, in parte, anche a ragioni pratiche, quali la difficolta, i costi e i tempi degli spostamenti, nei primi decenni del novecento, verso i continenti extraeuropei, rendeva quasi impossibile condurre un’analisi contestuale dei materiali so- nori. Questi materiali, raccolti con i criteri pid vari e disparati, sovente da non specialisti, con informazioni contestuali pres. soché nulle, costituivano solo dei frammenti della complessa realta culturale di cui erano parte ed espressione. Cid anche se si deve comunque rilevare che non mancaro- no trai musicologi della scuola di Berlino segnatamente da parte di Hornbostel tentativi di apertura verso l'antropologia € la ricerca sui contesti della produzione musicale, che tutta- via non furono imamediatamente raccolti e sviluppati, forse an- che a causa della mancanza, in ambity euupey, di adeguatl pundi di riferimento nell’antropologia culturale, A’partire dalla seconda meta degli anni quaranta lo svilup- po.della ricerca antropologica pose definitivamente in crisi il paradigma comparativista, ‘Trai contributi decisivi offerti in questo senso dall'antropo- logia @ necessario citare quello di Franz Boas, critico tenace rigoroso del metodo comparativo in antropologia. Boas sostie~ ne Vimpossibilita di ricondurre Pevoluzione della cultura a un unico processo unitario, sostenendo invece che i tratti cultura- 1i simili presenti in popoli lontani tra loro hanno un’origine storica indipendente. A sostegno della sua tesi Boas propone numerosi esempi di fenomeni culturali simili presenti in cul ture diverse che hanno tnttavia origini storiche e soprattutto si- gnificato differente all'interno dei contesti culturali di cui so- j i i ! i i f i no parte. Secondo Boas, cid che conta yeramente & Gd che ef. fettivamente si rileva attraverso Vosservazione dirctta sul carn po e in effetti é impossibile, attenendosi ai fat, vale a dive quanto effettivamente rilevato nel lavoro etnografico, stabilize una causalité comune di fenomeni appartenenti a culture di verse tra loro. Il «particolarisnio storico», come fu denominato a poste- riori il metodo proposto da Boas sostiene quindi la singolarisa di ogni cultura ¢ l'assoluta necessita de! lavoro sul campo, I lavoro di Boas ebbe una significativa influenza sulla ricer- ca musicale, per la quale egli dimostrd una notevole attenzio- ne, introducendo la problematica musicale nell’antropologia americana ¢ raccogliendo in prima persona musiche ¢ canti, In particolare Boas, proprio attraverso I'affermazione della «sul campo» spinse i musicologi a uscire dai laboratori per conducre in pri- sma persona la raccolta dei materiali musicali all'interno del lo- ro contesto di produzione. Questo passaggio significa eviden- temente avere la possibilita di conoscere ed esaminare le di- verse produzioni musicali nelle loro relazioni con Ia cultura nel suo complesso, evitando di limitarsi alla sola analisi del ma- teriale sonoro. Inoltre, la puntuale contestazione boasiana del comparativismo orientd Ia ricerca verso la descrizione e ana- lisi delle culture musicali nella loro singolarita e specificita, evi- tando quindi le generalizzazioni a volte forzate che carattetiz- zavano la musicologia comparata. Si pud quindi certamente sostenere che Boas diede un con- tributo importante alla costituzione della disciplina a cui negli anni cinquanta fu dato il nome di etnomusicologia. Non va di- menticato, peraltro, che l'influenza di Boas sugli studi musico- logici si esercitd anche attraverso il lavoro di alcuni studiosi che seppero mediare le suc teorie nell’ambito musicale ¢ che seppero contemperate le esperienze europe con le cone: ni dell’antropologia americana. Tra questi, particolarmente ri- levante @ il nome di Georg Herzog, che si cra trasferito negli Stati Uniti sin dal 1925 e che, come allievo di Boas, i pud con- siderare come il tramite tra la musicologia comparata di origi ne tedesca ¢ la nascente etnomusicologia americana. 30 Cultura e societd Enecessario, a questo punto, compiere un passo indietro per tornare rapidamente all opera di Edward B. Tylor. ‘Anche in un testo orientato specificamente verso l'ambito musicale e modellato sulle esigenze formative degli educato- i, non pud mancare, infatti il riferimento a Tylor come au tore della prima ma ancora valida definizione antropologica i cultura. Pur se é vero che negli ultimi anni, nel dibattito antropolog co, sono stati avanzati dubbi persino sull’opportunita di utlizza- re ancora il termine di «cultura», la definizione di Tylor ha an- cora un'indubbia efficacia orientativa. Secondo Tylor: fee a el st cc Etat Pi sullnione complewo che incude Te cosencen I ere: | SAMSTineTte mena, ite, comme qual ra co ~ SSM’ e abtadine che uomo sequsbee come membre una oengen hor 190, p. La definizione di Tylor costitul, nel momento storico in cui fu coniata, un passo avanti molto importante, rappresentando Facquisizione di un modello moderno e scientifico dell’an- tropologia. Le definizioni precedenti crano sostanzialmente legate all'idea di musicali), L'idea di Mantle Hood é che per accedere a una cultura musicale sia importante, se non necessario, farne pratica in modo diretto, anche suonandone gli strumenti. Il dibattito tra Merriam ¢ Hood ha animato il confronto, soprattutto, ma non solo; negli Stati Uniti, tra la scuola pit, marcatamente antropologica e quella che si potrebbe defini- re, con una certa approssimazione, musicologico-formalista: questo dibattito potrebbe anche essere interpretato come una differenziazione tra un'impostazione meggiormente legata al- Je scienze sociali (Merriam) e una di orientamento pitt uma- nistico (Hood), Non vanno infine dimenticati altri orientamenti che, nel variegato € multiforme mondo dell’etnomusicologia, hanno comunque prodotto studi e ricerche di indubbio interesse, co- me quelli di tendenza linguistico-semiologica. Dr 84 ‘Tuttavia, nell’ambito di un testo in cui l'antropologia della musica viene presa in esame soprattutto in ragione del suo contributo all’educazione ¢ alla formazione degli educatori, gli orientamenti maggiormente significativi e riechi di sugge- stioni sono quelli volti all’approfondimento della dimensione umana della musica ¢ dellattivita musicale, del suo significato ¢ delle sue funzioni nella societa ¢ nelle diverse pratiche che Ia animano. Lioggetto di studio: le musiche delaliro ‘le musiche del nostro mondo Un altro grande tema di discussione nel dibattito etnomusico- logic @ quello relativo alla definizione e delimitazione dei confini geografici della ricerca. In altre parole, la domanda & di quali culture e di quali musiche si debba occupare I’antro- pologia della musica. Abbiamo citato come momento di nasci- ta della musicologia comparata la fondazione del Phonogramm Archiv di Berlino e la pubblicazione del saggio sulle scale dei diversi paesi di Alexander John Ellis. Si tratta dei due punti di riferimento che vengono assunti da quasi tutti i lavori storici sull'etnomusicologia (anche se una vera storia sistematica del- Ja disciplina non é mai stata scritta), In realta la scelta di tai punti di riferimento riffette limpostazione storica che fu data alla musicologia comparata negli anni dei suoi albori e all'e- gemonia culturale esercitata proprio dalla scuola berlinese Tale scuola promosse un paradigma in cui l'oggetto della musicologia comparata era la musica extraeuropea; questa impostazione ebbe importanti conseguenze per vari decenni, estendendosi anche, in parte, al periodo in cui la musicologia comparata era gia diventata emomusicologia. La scelta di comprendere nella musicologia comparata solo le musiche extraeuropee ebbe come conseguenza la rinuncia al contribu- to culturale ¢ metodologico delle ricerche condotte in Euro- pa da coloro i quali venivano definiti folkloristi che studiavano il patrimonio popolare europeo. In effetti, gli studi sulla musica popolare europea crano ini- ziati gia nell’ottocento, anche sotto la spinta delle correnti ro- non sutras Mega (© Eszioni Argo Guo AasoiaLa ota 35 mantiche, ¢ della loro rivalutazione dei patrimoni popolari nax ionali. In tale contesto, furono pubblicate anche in Italia di- verse raccolte di canti popolari (Nigra, Bitré), purtroppo, in ge- nere, limitate alle sole parole, senza trascrizione delle musiche. Solo molti anni piti tardi I'ltalia conoscera un lavoro etno- musicologico approfondito attraverso le figure di Diego Car- pitella e Giorgio Natalewti. Tuttavia, gli suidi sulla musica po- polare europea raggiunsero livelli moto importanti proprio negli anni in cui si sviluppava il progetto della musicologia ‘comparata, in particolare nell’Europa dell’Est, con il lavoro, tra gli altri, di Béla Bartok e di Constantin Brailoiu. Questi ri- cercatori, come altri, non furono per lungo tempo considera- ti come emomusicologi proprio perché interessati prevalente- mente alla musica popolare europea. Un destino abbastanza singolare se si considera, per esempio, che Béla Bartok con- dusse ricerche non solo in Europa orientale ma anche in Al- geria c presso i lapponi. Giustamente, Brailoiu contest la ri- gida separazione tra studi sul folklore ed etnomusicologia an- che a partire dal lavoro di Bartok (folklorista in patria, etno- musicologo altrove?). Brailoiu osservd anche, correttamente, ‘come alcune culture musicali fossero di difficile collocazione in una divisione netta tra Europa ed «extra Europa, facendo riferimento, per esempio, alla Sicilia, alle Baleari, alla Spagna meridionale ¢ ai loro rapporti con l’Africa (Brailoiu 1978). Con queste osservazioni, Brailoiu sembra anticipare di molti anni, almeno per quanto riguarda alcune culture musicali di

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