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Testo Adattato Buzzati
Testo Adattato Buzzati
Testo Adattato Buzzati
Benché io apprezzi l’eleganza nel vestire, non bado, di solito, alla perfezione o meno
con cui sono cuciti gli abiti dei miei simili. Una sera tuttavia, durante una festa in una
casa di Milano conobbi un uomo, dall’apparente età di quarant’anni, il quale
letteralmente risplendeva per la bellezza del vestito. Ignoravo chi fosse, lo incontravo
per la prima volta, e alla presentazione, come succede sempre, capire il suo nome fu
impossibile. Ma a un certo punto della sera mi trovai vicino a lui, e cominciammo a
discorrere. Pareva, a un primo sguardo, un uomo gentile con un velo di tristezza.
Forse con esagerata confidenza lo elogiai per la sua eleganza e osai perfino chiedergli
chi fosse il suo sarto. L’uomo mi rivolse un sorrisetto curioso, quasi che si fosse
aspettato la domanda.
«Nessuno lo conosce», esordì, «però è un gran maestro. E lavora solo quando ha
voglia. Si chiama Corticella, Alfonso Corticella, via Ferrara 17.»
Non ebbi tempo di ribattere perché l’uomo andò via.
In via Ferrara 17 raggiunsi l’abitazione del sarto. Appena arrivato mi aprì la porta un
vecchietto, coi capelli neri, sicuramente tinti. Gli spiegai come avevo avuto
l’indirizzo, lodai il suo lavoro e gli chiesi di farmi un vestito. Scegliemmo la stoffa e
lui prese le misure, poi gli domandai il prezzo. Non c’era fretta, replicò, ci saremmo
messi d’accordo.
Dopo una ventina di giorni il vestito era pronto. Una volta che indossai l’abito
constatai piacevolmente che mi stava alla perfezione.
Trascorsero un paio d’ore e in ufficio mi accorsi che nella tasca destra della giacca
c’era un biglietto. Di regola nella tasca destra della giacca io non metto niente, le
carte le tengo nella tasca sinistra. Questo fatto mi lasciò di stucco e mi chiesi cosa
potesse essere. Forse il conto del sarto? No. Era un biglietto da 10 euro. Restai
interdetto. Io, certo, non ce l’avevo messo. Forse era un biglietto falso? Lo guardai
controluce, lo confrontai con altri. Più vero di così non poteva essere. L’unica
spiegazione possibile era una distrazione del sarto. Magari era venuto un cliente a
pagare un conto, il vecchietto in quel momento non aveva con sé il portafogli e, per
non lasciare il biglietto in giro, l’aveva infilato nella mia giacca, appesa ad un
manichino.
Poco dopo, e tuttora mi sfugge il motivo, infilai di nuovo la mano nella tasca. Mi
venne un colpo. Nella tasca, le dita avevano incontrato gli angoli di un altro foglietto,
che pochi istanti prima non c’era.
Solo pochi secondi dopo mi azzardai estrarre il foglio dalla tasca. Era un altro
biglietto da dieci euro. Allora provai una terza volta. E una terza banconota uscì. Il
cuore mi batteva fortissimo.
Col pretesto di non sentirmi bene, lasciai l’ufficio e tornai a casa. Avevo bisogno di
restare solo. Chiusi le porte e cominciai a estrarre le banconote una dopo l’altra dalla
tasca che pareva inesauribile, con la massima velocità e con la paura che il miracolo
finisse da un momento all’altro. L’importante adesso era nasconderle: vuotai un
vecchio baule pieno di tappeti e sul fondo deposi i soldi. Erano cinquantotto milioni
abbondanti.
Ma una singolare coincidenza raffreddò il mio gioioso delirio e mi fece inorridire. Sui
giornali del mattino era riportata la notizia di una rapina avvenuta il giorno prima. Il
camioncino di una banca che stava portando alla sede centrale i versamenti della
giornata era stato assalito e derubato da quattro banditi. Uno dei malviventi, vedendo
accorrere molta gente, sparò sulla folla per riuscire a scappare e un passante era
rimasto ucciso. Ma soprattutto mi inorridì la cifra rubata: esattamente cinquantotto
milioni (come i miei). Poteva esistere un rapporto fra la mia improvvisa ricchezza e la
rapina avvenuta quasi contemporaneamente? Sembrava insensato pensarlo e la sera
stessa mi rimisi a lavoro. Ormai avevo una bella somma: quasi cento milioni di euro.
Quella notte non riuscii a chiudere occhio, avevo uno strano presentimento. Alle
prime luci dell’alba mi precipitai fuori in cerca di un giornale. Quando lessi la
notizia, mi mancò il respiro: un incendio terribile aveva semidistrutto uno stabile
nella centralissima via San Cloro. Fra l’altro, erano state divorate dalle fiamme le
casseforti di un grande istituto immobiliare, che contenevano circa cento milioni in
contanti. Nell’incendio, due vigili del fuoco avevano trovato la morte. Ormai avevo
appurato che i soldi che la giacca mi procurava venivano dal crimine, dal sangue,
dalla disperazione, dalla morte, venivano dall’inferno ma nonostante questo dentro di
me rifiutavo di ammettere una mia responsabilità, supponevo fossero eventi casuali e
allora la tentazione riprendeva. E dov’era il sarto? Gli telefonai per chiedere il conto,
ma nessuno rispondeva. In via Ferrara, dove andai a cercarlo, tutti mi riferirono di
non averlo mai visto. Era innegabile che, senza saperlo, io avevo stretto un patto col
demonio.
Basta, basta! Dovevo sbarazzarmi della giacca. Non cedendola ad altri, perché
l’obbrobrio sarebbe continuato. Era indispensabile distruggerla. In macchina mi recai
in una valle delle Alpi, parcheggiai l’auto su uno spiazzo erboso e mi incamminai
verso un bosco. Non c’era anima viva. Qui bruciai la giacca maledetta e in pochi
minuti non rimase che la cenere. Ma all’improvviso, dietro di me – pareva a due o tre
metri di distanza – risuonò una voce umana: «Troppo tardi, troppo tardi!».
Terrorizzato, mi voltai ma non si vedeva nessuno.
Nonostante lo spavento provato, ridiscesi al fondo valle con un senso di sollievo.
Libero, finalmente. E ricco, per fortuna. Ma sullo spiazzo erboso, la mia macchina
non c’era più. E, ritornato in città, la mia lussuosa villa era sparita; i soldi depositati
in banca, non mi spiegai come, completamente esauriti. E polvere, nient’altro che
polvere, nel vecchio baule. Adesso ho ripreso a stento a lavorare, e, quello che è più
strano, nessuno sembra meravigliarsi della mia improvvisa rovina. E so che un giorno
suonerà il campanello della porta, io andrò ad aprire e mi troverò di fronte il sarto
della malora.
(Adattato da D. Buzzati, La giacca stregata, in La boutique del mistero, Mondadori, Milano)
Attività n°1 Scegli la risposta corretta
2. Il sarto è:
3. Il protagonista pensa che sia strano avere un foglio nella tasca della giacca
perché:
ogni volta che produce denaro legge sul giornale brutte notizie
la giacca smette improvvisamente di creare banconote
i soldi scompaiono nel nulla
Z S E
P
E
B E Z
E O B
N D
ORIZZONTALI VERTICALI
Attività n°3 Trova nel testo i verbi e le espressioni che l’autore usa per:
raccontare un dialogo:
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